CONTO CORBENT^POSTALE ! I Ù *"rt ' ^ 4$49imum«oclit,^.;;:,C'‘L _-r * ' I I •; / ,': - U H L IB R O D i G R A N D E SUCCESSO L U | HJTTE LE B U I C C h / H LAY £LO ! g I O N ■ I C LIBRERIE M E O M O T E E IH ,. E jfw ' ' I D N T I : |lflj|§ l|| m < t o ’""-sS L i I D I Z I O N S D ’ I T A L I A 1 - Antonelli: Il dramma, la com 44 - Massa: L’osteria degli im 90 - Tonelli: Sognare! media o la farsa. mortali. 91 - Crommelynck: Lo scultore di 2 - Alvarez e Seca: Il boia di Si 45 - Borg: Nuda. maschere. viglia. 92 - Lengyel: Beniamino. 46 - Bonelli: Il topo. 3 - Falena: Il buon ladrone. H 93 - Rèpaei: L’attesa. 47 - Nivoix: Èva nuda. 4 - Giachetti: il cavallo di Troia. 48 - Goetz: Giochi di prestigio, 94 - Martínez Sierra: Dobbiamo 5 - Goetz: Ingeborg. esser felici. 49 - Geyer: Sera d’inverno. 6 - Bernard e Godfernaux: Tri- 50 - Savoir: Passy: 08-45. 95 - Rosso di San Secondo: Le < plepiatte. esperienze di Giovanni Àree, 1 - BirabeaU: Peccatuccio. 7 - Gandera e Gever; L’amante 5 filosofo. Q 52 . Giachetti: Il mio dente e il immaginaria. 96 - Bajard e Vailler: La tredice cuore, w 8 - Molnar: L’uffioiale della guar. 53 - tuo sima sedia. Falena: La regina Pomarè. dia. 97 - D’Ambra: Montecarlo. 54 - Gabor: L’ora azzurra. 9 - Verneuil: Signorina, vi voglio 5 r i 98 - Maneusc e Zucca: interno 1, 5 - Molnar: Il cigno. sposare. interno 5, interno 7. 56 - Falcóni e Biancoli: L’uomo 99 - Apel: 10 Gandera: I due signori della Giovanni l’idealista. f i di Birzulah. 100 . Polloek: Hotel Ritz, alle otto! signora. 5 7 Arnie!: Il desiderio. 11 - Aniante: Gelsomino d’Arabia. 58 - Chiarelli: La morte degli 101 - Veneziani: L’antenato. f i 102 - Duvernois: La fuga. 12 - Conti e Codey: Sposami! 103 - Cenzato: La maniera forte. 13 - Fodor: Signora, vi ho già vi 59 . amanti. Vanni: Hollywood. 104 - Molnar: 1, 2, 3 e Souper. sta in qualche luogo! P 60 - Urvanzof: Vera Mirzeva. 105 - Sturges: Poco per bene. 14 - Lothar: Il lupo mannaro. 61 - Saviotti: Il buon Silvestro. 106 - Guitry: Mio padre aveva ra 15 - Rocca: Mezzo gaudio. f i gione. 62 - Amiel: Il primo amante. 16 - Delaquys: Mia moglie. 3 - Danza: il peccato. 107 - Martínez Sierra: Noi tre. 17 - Ridenti e Falconi: 100 donne 6 64 . Birabeau: Il sentiero degii 108 - Maugham: Penelope. nude. scolari. Vajda: Una signora che vuol O 18 - Bonelll: Il medico della si 65 - Cenzato: La moglie innamo 109 - divorziare. gnora malata. rata. 10 - Wolff: La scuola degli amanti. 19 - Roger Ferdinand: Un uomo 86 - Romains: Il signor Le Trou- 1 111 - Renard: Il signor Vernet. S hadec si lascia traviare. d’oro. 67 - Pompei: La signora che ru 112 - Wexley: Keystone. 20 - Veneziani: Alga marina. 113 - Engel e Grunwald: Dolly e il bava i cuori. 21 - Martinez Sierra e Maura: 68 - Ciapek: R. U. R. suo ballerino. < Giulietta compra un figlio! 69 - Gian Capo: L'uomo in ma 114 - Herczeg: La volpe azzurra. 22 - Fodor: Amo ur, attrice. M schera. 115 - Falena: Il duca di Mantova. 23 - Cenzato: L’occhio del re. 70 - Armoni e Gerbidon: Audace 116 - Hatvany: Questa sera o mai. 24 - Molnar: La commedia dei avventura. t i Quintero: Tamburo e sona buon cuore. 71 - De Angelis: La giostra del 117 - glio. peccati. 2 5 Madis: Presa al laccio. 118 - Frank: Toto. t i 26 - Vanni: Una donna quasi one 72 - Ostrovski: Signorina senza 119 - Maugham: Vitioria. dote. sta. - Casella: La morte In vacanza. 27 - Bernard e Frémont: L’atta- 73 - Mazzolotti: Sei tu l’amore? 1120 74 - G. Antona Traversi: I giorni 21 . Quintero: Il centenario. < ché d’ambasciata. 122 - Duvernois: Cuore. più lieti. 28 - Quintero: Le nozze di Qul- 75 - Natanson: Gli amanti ecce- 123 - Fodor: Marghertia di Na nita. varra. zionali. r i 29 - Bragaglia: Don Chisciotte. 76 - Armont e Gerbidon: Una don 124 - Veneziani: La finestra sul 30 - Bonelli: Storienko. mondo. nina senza importanza. 31 - Mirande e Madis: Simona è 77 - Rossato X e Giancapo: Delitto e 125 - Kistemaekers: L’istinto. fatta cosi. 126 - Lenz. I! profumo di mia mo 32 - Molnar: Prologo a re Lear . 78 - castigo. glie. Ciilumberg: Si recita come si Q Generalissimo - Violetta di 127 - Wallace: Il gran premio di può. bosco. Ascot. La moglie di en 33 - Veneziani: Il signore è ser 79 - Donaudy: 128 - Sulliotti, Fiorita e Carbone: trambi. t i vito. L’armata del silenzio. Il venditore di 34 - Blanchon: Il borghese ro 80 - Napolitano: 129 - De Benedetti e Zorzi: La re w fumo. mantico. sa di riti. 81 - Devai: Débauché. 35 - Conty e De Vissant: Mon bé- 82 - Rocca: Tragedia senza eroe. 130 - Falena: La corona di Strass. f i guin piazzato e vincente. 83 - Lonsdale: La fine della signo 131 - Gherardi: Ombre cinesi. 132 - Maugliam: Circolo, J6 - Solari: Pamela divorziata. ra Cheyney. 133 . Sardou: Marchesa! Ì7 Vanni: L’amante dei sogno. 84 - Falena: Il favorito. r i 134 . Gotta: Ombra, la moglie bella. Ì8 - Gherardi: Il burattino. 85 . Chiarelli: Le lacrime e le 135 - Molnar: Qualcuno. 19 - Paolieri: L’odore del sud. stelle. 136 . Mazzolotti: La signorina Chi 10 - Jerome: Fanny e I suoi do 86 - Cenzato: La vita in due. 2 mera. mestici. 87 - Achard: Non vi amo. 88 - Ostrovski: Colpevoli senza 137 - Benavente: La señora ama. 11 - Colette: La vagabonda. 138 - Harwood: La via delle Indie. colpa. 12 - Antonelli: La rosa dei venti. 2 13 - Cavacchioii: Corte del mira 89 - Cavacchioii: Cerchio della 139 - Maugham: Colui che guada gna il pane. morte. coli. I numeri arretrati dai N . 1 al N . 3 0 costano lire cinque la copia; dal N . 3 1 al N. 70, Isre tre la copia; o tutti gli altri una lira e cinquanta la copia. I numeri 1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 10, 12, 21, 22, 23, 24, 33, 37, 49, 65, 73, 74, 77, 101, sono esauriti. y ____________ _A . V V E . R T E . M Z A . '~ ■' • Ogni richiesta di copie arretrate dev’essere accompagnata dall'importo. Non si spedisce contro assegno; r i non si dà corso alle richieste telegrafiche so non quando è pervenuto anche l’importo. Si prega di scrivere chiaramente II proprio nome e l’indirizzo. r i o n a l (iro o a im o n u m e r o ■ L Renato Simoni ha scritto nel CORRIERE DELLA SERA: «La dolce intimità» ha avu to un vivissimo successo di 'ilarità e di ap plausi; ed è una commedia che diverte senza avere precisamente un soggetto. Per cèrti aspetti, ricorda gli « Innamorati » di Goldo ni: guerre e paci d’amore; dall’accordo più tenero è lieto, ecco spuntare imprevisto l’ap piglio per fa discussione acerba, per il li tigio aperto; poi baci, e poi insulti; ipoi an cora miele, e strilli, e schiaffi, e pugni, e morsi, e piatti spezzati sulla testa, e caprio le per terra, e una successione di corpo a corpo, uno più buffo dell’altro. Come si ve de, il piccolo puntiglio degli innamorati gol doniani è superato con una baldanza e una vigoria sportiva che non era compatibile con la permalosità fanciullona di essi. La commedia è graziosissima; e, sebbene pro ceda su quel ritmo di botte, è elegante, pie na di esilaranti controsensi, di parole e di gesti umoristicamente esagerati ». A D I N T O I M C o m m e d ia in N O C E L G ra n d e RENZO L I T O C E À ir e a ffi W A R s u c c e s s o R IC C I - EVI ’ di D d i M ALTA G L IA T I - M A R G H E R IT A B A G N I M A R IO B R IZ Z O L A R I A»m c V ili1 C j u d m i* 5 g i u g n o 1 9 3 2 jd L w f t o d x c y r o u n d s . L U C J k . d ) > a c c m I O R I D i M . 139 o c v r c m 6 , c U E N jQ T £ U M o ì U s * d im I U F F IC I. V IA . & IA C O M O B O V E . 2 - T O R IN O - T e l . S3 - 0 5 0 UN FASCICOLO L. 1.50 - A B B O N A M E N T O A N N U O L. SO - ESTERO L. 60 C o f i e r t i n a Renzo Ricci, attore intelligente, dopo essersi reso conto, in diverse forma, zioni artistiche capitanate da altri, delle necessità teatrali di oggi, ha S O M E R S E T M A U & H A M formato una Compagnia per rappre V ITTO R IO G U E R R IE R O £ c lu i clic ftuada^na ài pane sentare commedie nuove di grandi iSI cerca u n parere precide autori. Ha scelto Guitry, Fodor e Coward, cioè coloro che per originalità d’invenzione e per abilità di dialogo sono più adatti a mettere in rilievo le possibilità artistiche di un gruppo di giovani. Anche nello scegliere i suoi compagni Renzo Ricci ha avuto la mano felice. Evi Maltagliati è l’at trice più moderna, sicura, elegante, spigliata, divertente che abbiamo in momento: lo ha dimostrato GIUSEPPE B E V IL A C Q U A questo recitando incomparabilmente, insie C A M P I O N A R I O @$Menii aà canà delle cemmcàie mieve me a Ricci, « La dolce intimità » di Coward, commedia diffìcilissima e originalissima che pubblicheremo al prossimo numero; Margherita Bagni, soave e perfetta; Mario Brizzolari, at tore di grandi possibilità e di sicuro avvenire, hanno concorso alla com pleta riuscita di questa « formazio ne » che potrà certamente in avve nire allargare il proprio repertorio e trasformarsi in « Compagnia » re T E R M O C A U T E R I O golare. Lo auguriamo a Renzo Ric T E R M O C A U T E R I O e ai suoi giovani collaboratori SUaccàonia d’im p e rlin e n ie ci poiché hanno dimostrato, ottenendo (^facedcmiA «l’im p c rfin e n s e ovunque un vivo successo e un lar go consenso di critica e di pubblico, di saper superare quelle difficoltà — oggi necessarie — per allontanarsi dalla tradizione. Poiché è della tra dizione, monotona ed esasperante, che il pubblico non vuole più sapere. uaaaaaa.ui waaaaaaaaa.inmi iimaauafciaamaai i im m m a a u a i uaaaamuaaaaaaa La nostra copertina è stata eseguita col nuovo sistema TIPOCALCON 3 dalla Zincografia CONFAI.ONIERI di Torino, Via I . Monti, l i C O L G U A I L U I D P C A A G N H E N A E C O M M E D IA IN 3 ATTI D I W M . S O M E R S E T A U G H A M Questa commedia, come tutte le al tre di questo grande commediogra fo ormai notissimo al nostro pubbli, co e particolarmente ai nostri lettori per le sue opere che abbiamo pub. blicato, ha avuto il successo al qua le Somerset Maugham è ormai abi tuato. Successo pieno e completo per. chè anche in «Colui che guadagna il pane» si trovano sottigliezze ed eleganze senza precise sfumature spirituali ma che diventano « posi zioni » psicologiche. Questi sono i caratteri e le virtù di questa com media antiromantica, a quel che pa. R a p p r e s e n t a t a c o n g r a n d e s u c c e s s o d a re, ma in fondo romantica. Il tea. vuole gli arzigogoli che questo IR M A G R A M A T IC A - L U I G I C A R I N I tro autore ama fare dei suoi personaggi, ma devono essere — come questi sono —• fini, intelligenti, curiosi e ingegnosi. Dell’interpretazione, a onore della nostra grande attrice Irma Gramática, un critico illustre ha scritto: « Che recitazione net ta, sincera, epurata da ogni superfluità, quella di Irma Gramatical Un’arte così aristocratica è una rarità oramai. Ogni battuta, detta da lei, riluce, tersa come il cristallo; e il personaggio, serbando una grande e sorridente signorilità affabile e scherzosa, rivela tutte le faccettature dello spirito, anche il dolore, anche la collera; con una incisività mirabile. Luigi Carini dà sempre ai personaggi che interpreta, sim. patia, calore, bontà. Trova modo di essere comico senza ostentarlo, con discrezione, e verità, e buon gusto». COLUI CHE GUADAGNA IL PANE ì» E R S O W A .G -C rK Carlo Baéàle r Maarjilneriia IBafíle tr Swe~ lin a r P a iris io v A -lireào G-range »■ Emma ü ra n fje r Spiana y ^Ltaclroa Salotto della casa di Carlo Battio, a Londra, decorosamente ammobiliato in stile moderno, ma senza eccessiva eleganza. Un ambiente ario. so, chiaro, quasi agreste. Dalle finestre, infatti, si guarda sull’ampio giardino suburbano. AlVaprirsi del velario, Evelina e Patrizio sono già in scena. Patrizio è in costume da tennis. E’ un ragazzo piacente, diciottenne. Sdraiato sul divano, sfoglia con interesse un giornale illustra to. A ltri giornali e riviste del genere sono spar pagliati sul pavimento, intorno al divano. Eve lina ha diciassette anni. E’ bionda, leggiadra, disinvolta. Anch’essa indossa il costume da ten nis. E ’ in piedi, accanto a un grammofono, sul quale ha collocato un momento prima un nuo vo disco. Quantunque i due fratelli parlino con quasi incosciente spregiudicata disinvoltura, esprimendo idee, opinioni, criteri balzani, as solutamente in contraddizione con la loro gio vanissima età, non urtano i nervi di chi li ascolta e ispirano anzi una certa indulgente sim patia. Lo stesso dicasi fin da ora per i loro due amici Diana e Andrea. — Evelina carica e met te in movimento il grammofono, a coperchio chiuso. Lo strumento riproduce il motivo più in voga. Patrizio (senza alzare gli occhi dal giornale) — Tutankamen! Non ne hai fin sopra i capelli? Evelina — Che dici? E’ nuova! Nuovissima! Della settimana scorsa. Il disco è in vendita sol tanto da ieri. Patrizio —- Può darsi! Il pubblico è così idiota! Una musica del genere era già di moda quando ero a balia. Anzi... ricordo. Mamma la faceva suonare perchè non strillassi, (piando mi appiccicavano il biberon! Evelina — Criticone! Fa venir voglia di bal lare, invece. Smettila... Vieni... (Scende vicino al divano e tenta di far alzare i l fratello). Patrizio (non si lascia smuovere) — No, gra zie; ci vuol altro! Evelina — Marmotta, va! Patrizio — Almeno quei due sciagurati ve nissero presto! (Continua a sfogliare il gior nale). Evelina — Che ora è? Diana mi ha promesso die sarebbero fila ti, subito dopo colazione. Patrizio -— Prova a telefonare e raccomanda loro di sbrigarsi. Evelina — To’ ! Bella ! Telefona tu, se ci tieni tanto. (Passa dietro il divano e accenna mollemente a qualche movimento di danza). Patrizio — Che lumaca! Evelina — A proposito, lo sai? Andrea tor nerà in collegio, per un altro anno. La sua aspirazione era di andare almeno come uditore a Cambridge, per stare con te. Ma Alfredo si è opposto, facendo sfoggio di tutta la sua au torità paterna. Pretende che prenda la licenza liceale e lo costringe a far anche l ’ultimo corso sotto chiave! (Continua ad accennare i passi di danza). Patrizio — Del resto ha soltanto diciassette anni. Evelina —- Niente affatto! Ne avrà diciotto in dicembre ! Patrizio — C’è un’enorme differenza fra l ’aver diciotto anni compiuti oggi e compierli invece soltanto in dicembre. Non ci vuole una intelligenza fenomenale per capirlo. Evelina (guarda attraverso la finestra al cen tro, in fondo). — Ah! Sono qui. Eccoli. (Corre alla porta e la spalanca) Diana! (Ritorna un at timo, per alzare il coperchio del grammofono). Diana (dal di fuori) — Salute! Evelina — Siamo qui. Venite. Portate pure le racchette. Diana (sempre dall’esterno) — Sta bene! ( I l grammofono cessa di suonare. Così si può udire benissimo i l dialogo che i due fratelli Diana e Andrea fanno a ll’esterno, prima di entrare). Diana — Non dire assurdità. Andrea — Ma no! T i assicuro che Tilden ha ripetuto il colpo esattamente sette volte. Diana —- E se Tilden è stato capace di farlo, anche tu pretenderesti di riuscirvi? Esageri, caro! Andrea —- E perchè no? In fin dei conti, è un uomo anche lui, come tutti gli altri. Diana — Vedi, per conto mio preferisco Borotra ! Che bel ragazzo ! prova a essere sedu cente come lu i! Andrea — Credi di essere spiritosa? Sei sce ma da morire! Diana — Di veramente scemo non c’è che il tuo modo di giocare il tennis. Andrea — Cretina! (Entra. Diana. E’ una ragazza bruna, grazio sa, che ha compiuto da poco i diciotto anni. Oc chi vivacissimi e carnagione fresca. Porta la rac chetta. E’ in costume da tennis. La segue il fra tello Andrea, che ha quasi un anno meno di \Y. SOMERSET MAUGHAM lei. E’ un giovanetto abbastanza alto, bruno. Indossa una maglia a vivaci colori e, scimmiot tando i grandi campioni del tennis, ha buttata attorno al collo, ma non annodata, una sciarpa. Porta due racchette). Patrizio (si alza) — Ciao, Diana! Benvenuta! Diana — Ciao, Patrizio! Come va? Patrizio — Ci si (là un bacio? Diana — No, caro. A l balli soltanto. Sotto Pinfluenza delle melodie languide e delle cop pe di spumante. Qui, a quest’ora... che gusto ci sarebbe? Patrizio — Buongiorno, Andrea. Novità? Andrea — Ben tornato, Patrizio. Si vive. E’ già molto. Patrizio (accennando alle due racchette) — Dico... Che idea? Andrea — Naturalissima. Per gluocare sul serio occorrono sempre due racchette. Patrizio — Aspiri a diventare anche tu un c: asso »? Diana — Giusto. Coppa Davis. Wimbledon. Caso contrario non si degna. Una faccia tosta! Patrizio — Ho saputo che per un anno tor nerai ancora in collegio... Andrea — E ’ bestiale... lo so. (Si siede sulla seggiola a sinistra) Alfredo diventa ogni giorno più retrogrado. Patrizio (ai due fratelli) — Ah! Vostro padre come sta? Andrea — Lui? Crede di essere un uomo di spirito e ci gode un mondo! Diana — Dio ci liberi dalle persone soddisfat te di se stesse! Pochi comprendono come sia insopportabile avere in casa una persona che abbia l ’istinto e il piacere dell’umorismo! Patrizio — Noi due, grazie al cielo, siamo esenti da questa tortura. Bisognerebbe mano vrare un’accetta per ficcare in capo a mio padre la voglia di sorridere. Evelina (siede sul tavolo che è dietro il di vano) — Uh! Povero papà! Umorista, lu i! Sa rebbe un disastro! Andrea — Nemmeno l ’alcool non giova? Patrizio — Macché ! E ’ astemio. Diana — Tu, Patrizio, quando sei arrivato? Patrizio — Poco prima di colazione. Andrea — Noi, al liceo, abbiamo chiuso avant’ieri. Diana (a Patrizio) — Sei contento di aver preso la licenza? - Patrizio -— Lo credo bene ! Non dico cbe lag giù si stesse male... Ma adesso... Cambridge!... L ’Università... Giuro che mi voglio divertire! Evelina — Che ne dici, Diana? Non sembra anche a te che da Pasqua in poi Patrizio sia molto cresciuto? Patrizio — Non sembra: è. Me ne sono ac corto dal frac! Domani vado a ordinarmene uno nuovo. Andrea — Da chi? Patrizio — Mah! E’ un guaio! Ho ragione di temere che papà abbia ancora la pretesa assur da di farmi vestire da quello sciagurato del suo sarto ! Andrea — Oh ! Dio ! Ma è ignobile ! Patrizio — E lo dici a me? Tenterò una le vata di scudi. Per spiegargli cbe se il suo sarto è fin troppo elegante per lui, non lo può essere abbastanza per me. Andrea — Hai ragione. Diana (scuotendo la testa) — Andrea, presta mi il tuo pettine. Andrea (fruga nelle tasche) — Accidenti... L ’ho lasciato in camera mia. Evelina — Patrizio, su, dalle il tuo. Patrizio (toglie di tasca un finissimo pettine) — To’ , si chiama « torna a casa ». (Diana prende un minuscolo specchio dalla sua borsetta e vi si guarda, pettinandosi). Evelina — A me, prego. (Toglie il pettine d i mano a Diana e se ne serve a sua volta). Andrea — Per che facoltà ti sei deciso? Legge? Patrizio — S’intende. Dopotutto è Punica che lasci aperta la strada a una quantità di. carriere. Sarà divertente venire sovente a Lon dra, la sera. M i occuperò anche di politica, lo sento. Diana — Che partito hai scelto? Patrizio — A dire la verità, non ho ancora deciso. Papà è sempre stato liberale. Ma ades so è giù di moda. Minestre riscaldate! Non ci «i guadagna più un soldo ! Son persuaso che l’unica risorsa sia ancora quella di fare il la burista. (Andrea si avvicina a Evelina. Le pren de i.1 pettine e si ravvia i capelli, nonostante che essi siano perfettamente iti ordine. Rende il pettine a Patrizio che compie la stessa opera zione, doj>o di che rimette il pettine in tasca). Diana — Io lo sono laburista, e me ne vanto. Patrizio — In fin dei conti, è evidentissimo. Quella gente ha bisogno di tip i come noi, intel lettuali, usciti dalle università; altrimenti non tira avanti nemmeno essa. Andrea — Beato te! Sei libero di scegliere l ’attività che meglio ti garba'. Io, invece, dovrò entrare negli uffici decrepiti di Alfredo. COLUI CHE GUADAGNA IL PANE Diana — Non devi volergliene, però. Ha uno studio antico, rispettabile. E ’ umano, no? che desideri collocarvi il suo unico rampollo. E’ sempre stato così, di padre in figlio. Andrea — Me ne infischio delle tradizioni, io! Mi immaginate nelle vesti di un avvocato procuratore, voi? Patrizio — Perchè no? Mi immagino anche le parcelle salate che mi manderai. Andrea — Però una cosa è sicura. Non vivrò in casa coi miei; nemmeno a legarmi. Patrizio — M i pare che nessuno possa pre tenderlo. A me, per esempio, non me ne im porta di venire qui a passare le vacanze se non mi si offre l ’occasione di un soggiorno più dilet tevole. Ma non appena mi stabilirò a Londra, farò valere il mio buon diritto ad abitare in un appartamento di mia esclusiva proprietà. Andrea — Magari, se mi aspetti, lo si potrà prendere insieme. Patrizio — Perchè no? Con assoluta libertà da ambo le partì. Io ho un debole per Albermarle Street. (Accende una sigaretta). Andrea — Perbacco! Piace immensamente anche a me. Del resto, basta che sia al centro, e qualunque strada è buona. (Si sdraia sulla poltrona). Diana — Anch’io sono stomacata della peri feria. Evelina — Verissimo. Non son mai riuscita a capire perchè i nostri si impuntino a vìvere in luoghi prim itivi come questi. Patrizio — Le debolezze romantiche di mam mà! Ci sì trova come in paradiso, lei! Evelina — Sarà andato benissimo, non lo ne go, quando eravamo bambini. Occorreva aria fresca, il giardino, gli alberi e tutto il bagaglio delle solite assurdità. Ma ora basta. Siamo cre sciuti a sufficienza. Cosa vogliono di più? Diana — Eppure, a sentire Emma, la posizio ne è quasi centrale. Quando protesto e le dico ohe siamo agli antipodi della vita civile, so stiene che con soli 12 minuti dì metropolitana si raggiunge Piccadillv! Dodici m inuti: per lei, uno zuccherino! Per me un’eternità. (T utti ridono convinti). Patrizio — I genitori... Un problema tremendo! Sapete, i nostri non sono ancora riu sciti a convincersi che non siamo più quelli di una volta! Evelina — Mammà pretenderebbe ancora di scegliere lei i miei vestiti! Diana — No! Evelina — Figurati! Ho dovuto fare una sce- nataccia, pochi giorni òr sono, per ottenere fi nalmente un mensile fisso! Andrea — E’ forte! Sia detta a onor del ve ro, Alfredo, da quando abbiamo compiuto i quindici anni, ci ha sempre passato un asse gno... mica molto... ma, insomma, da poter v i vere... Patrizio (va alla sinistra, presso la finestra) — Mi aspetto una discussione feroce con papà, per via del mio mensile a Cambridge. Gli do manderò almeno 50 sterline. Andrea — Perdinci! Non esageri? E credi che te le passi? Patrizio — Magari! Me ne darà sì e no qua ranta. Ma se ne domandassi 40 me ne darebbe probabilmente 35 ! Andrea — E ’ così tirchio? Non l ’avrei detto. Patrizio — Non ha certo il diritto di esserlo. Dopo tutto non sono stato io a chiedergli il fa vore di mettermi al mondo. E’ stato lu i a to gliersi questo gusto! A suo tempo io sono stato per lu i una fonte di divertimento... Oggi deve rassegnarsi a pagarlo. Andrea (giocherellando con le racchette) — Niente di più giusto. Patrizio — Quando mi stabilirò a Londra, 50 sterline jl mese saranno il minimo indispensa bile. Tutti sanno che prima dei trent’annì un professionista che si rispetti non incassa un centesimo ! Andrea — Se Alfredo passasse altrettanto a me ci sarebbe modo di aggiustarci abbastanza bene. (Infila le racchette nella custodia). Diana — Francamente, mi urta sentire voi maschi discorrere di un appartamento indipen dente in città. Noi, cosa siamo? Piacerebbe an che a noi averne uno. Che ne dici, Evelina? Evelina — Con lo stesso diritto che vantate voi. Diana — Ne ho fin sopra i capelli di vegetare in casa! Patrizio — Perchè non ti sposi? Diana — Bravo... Dalla padella nella brace! Fino a 25 anni, niente matrimonio. Prima me la voglio godere. Evelina — 25 anni forse è troppo tardi. Una imprudenza. Io preferirei a 22. Patrizio (a Diana) — Perchè non fai ad A l fredo la tua brava domanda, per l ’apparta mento? Diana — T i figuri il muso che farebbe? (Scimmiottando il padre) — « Ho messo insie me con in fin iti sacrifici una casa comoda e gaia per le mie creature, e tu osi?... E il pudore... W. SOMERSET MAUGKAM e la morale?... ». Perchè Alfredo ed Emma, po verini, sono in buona fede! Credono sul serio che in casa nostra ci si stia da padreterni! (Tutti ridono). Patrizio — Ingenui... incorreggibili! Diana — Oh! Dio! Con questo non voglio mica dire che Alfredo non sia un buon diavo laccio. Le sue Intenzioni sono buone. Ma è il suo modo di pensare che è rancido, che non combina più con la realtà della vita! Andrea — Ride e scherza troppo, però. Si rende indigesto anche a noi! Diana — Secondo me, i figli dovrebbero es sere non solo gli amici, ma anche i consiglieri dei propri genitori. Alle volte trovo patetiche le loro illusioni e m i viene una voglia matta, invece che di aprir loro gli occhi, di essere in dulgente, di lasciarli credere e sperare. Patrizio — Yale a dire recitare la comme dia. Grazie tante! M i avvilisce. Ne so qual cosa. Andrea — Anche con tuo padre? Patrizio — E come! Andrea — Come sta? Evelina — A l solito. Diana (re Patrizio) — Non l ’hai ancora ve duto ? Patrizio — No. Suppongo che a momenti rin casi. E che gli umori siano propizi. Mi interes sa soprattutto perchè spero che mi vada bene il colpo della macchina. Andrea — Te la fai regalare? (Con entusia smo) Magnifico! Patrizio — Ho detto « spero ». Poiché, infi ne, mi pare anche di aver dalla mia parte la logica. Adesso che son libero cittadino, l ’auto mobile può e deve costituire per me uno stru mento di lavoro, più che uno svago. E* assurdo che me ne debba ancora andare in "irò nell’au tobus di famiglia. (A Evelina) Ne bai parlato a mammà? Che ne pensa? Evelina — Sì. Ha risposto che tutto dipende dal come si metteranno le cose in Borsa. Patrizio — Scuse... Finché al mondo esiste ranno imbecilli, i banchieri e gli agenti di cam bio dovranno far quattrini. Diana — Sa], Patrizio, tuo padre mi piace assai. Patrizio — Non è un’aquila. Tuttavia... Diana — Non sarà un’aquila, come dici tu. Ma è distinto, simpatico, fine. Insomma, ba un non so che, un fascino che Alfredo nemmeno se lo sogna. Patrizio — Fortunatamente noi non lo ve- diamo quasi mai, eccetto a pranzo. Quando c’è lui, è come se si mangiasse in una cella frigo rifera. Vero, Evelina? Evelina — Farebbe ridere se non facesse piangere! Papà, seduto a un capo del tavolo, muto, serio, duro come una montagna. Dall’al tro capo mammà che cinguetta, senza tregua, allo scopo nobilissimo di perfezionare la nostra cultura con lezioni di lettere e di arti. Diana — Qtiesto, su per giù, è lo spettacolo in tutte le case cosidette per bene. Patrizio — Ecco perchè io ne sono saturo, da scoppiarne. (Pausa) Credete che noi, quan do avremo la loro età, saremo snervanti come loro ? Evelina — Speriamo di no. Andrea — Quanti anni ha tuo padre? Patrizio — Mah! Credo quarantadue. Tu, Evelina, lo sai di preciso? Evelina — So che si è ammogliato relativa mente giovane, a ventitré anni. Diana — Magari uno dei solili, paradossali matrimoni di guerra. Evelina —- No, devono essersi sposati un po’ prima. Patrizio ha diciott’anni compiuti. Diana — E va bene. Quando è ebe vi fu la guerra? (Sfoglia un giornale). Andrea — Per carità, non parliamo della guerra. Cile barba! L ’argomento più scocciante che io conosca! (Si avvicina aVa tavola). Evelina -— E le persone che ci sono state, dove le metti? Le più noiose, le più scorbu tiche dell’universo! Patrizio — Schiaccianti, addirittura. Andrea — Tutte le generazioni anteguerra dovevano essere insopportabili. Piene di boria e nient’altro. Quando qualche reduce eroe si riunisce in casa nostra a far della poesia epica mi vien voglia di gridare che me ne infischio e che vadano all’inferno, loro e la guerra. Diana — Però, non dimenticate... Se la guer ra non ci fosse stata, di quelle generazioni, quanti esemplari sarebbero rimasti a deliziare il mondo, a ingombrarci la strada! Andrea — Gente finita. Una cosa sola deve capire. Che tutte le loro storie non c’interes sano, che tutte le loro pose ci urtano, perchè l ’avvenire è nelle nostre mani. Evelina — Sicuro. Dobbiamo essere noi gio vani a finirla con cpiesta ubbriacatura del l ’eroismo. Patrizio (facendo la spola fra Diana od Eveli na) — Soprattutto dobbiamo far loro capire che lo spirito del mondo è mutato e che noi ne COLUI CHE GUADAGNA IL PANE siamo i rappresentanti legittimi. Siamo obbiet tivi. Passati i quarantanni, a che servono gli esseri umani? A dare impiccio ai giovani, a creare sventure. La vita, per loro, non lia più promesse. E ’ sostenuta soltanto da un egoistico senso di conservazione. Dannoso, ben inteso. Diana — D’accordo! Ma che ci possiamo fa re? Sopprimerli non è permesso, e... Andrea — E’ scientificamente dimostrabile che attualmente si vive troppo a lungo. Patrizio — Infatti! Se la natura fosse orga nizzata più razionalmente tu tti si dovrebbero spegnere quetamente a quarantanni. Diana — E immagini die sarebbero contenti? Patrizio — Perchè no? A quarantanni si è vissuto interamente il proprio giorno. Si è fatto tutto quanto si era capaci di fare. Guardate i poeti, i grandi uomini, gli artisti, gli scienzia ti... Che cosa hanno inventato, che cosa hanno prodotto dopo i quarantanni che valga la pena di essere ricordato? Che scopo c’è di tirare avanti a dispetto di tutto, per forza, costituendo un peso per sè e per gli altri? Molto meglio scomparire come le mosche, ai prim i freddi. Evelina — Io non vivrò fino a quarantanni. Per una donna deve già essere spaventoso arri vare ai trentasei. Trenta è la data giusta. Diana — Hai fatto testamento? Evelina — Taci! E ’ uno dei miei rimorsi! Non ancora ! Andrea — Caso mai, favorisci lasciarmi i tuoi bottoni di giada. Ne farei un paio meraviglioso di gemelli da polso... Evelina — Oh! No! Lascerò scritto che mi si seppellisca con tu tti i miei gioielli! Patrizio — Quanto siete scemi! Io, invece, parlo sul serio. Secondo me, in uno Stato ben organizzato, ciascun cittadino, giunto a una cer ta età, dovrebbe essere eliminato a termini di legge, mediante un procedimento indolore. (Si distende sulla poltrona a destra). Diana — Senza eccezioni? Patrizio — Assolutamente. Diana — Però, quando toccasse a uno dei no stri, volere o no, sarebbe sem'pre uno strazio; non ti pare? P a trizio — Senza dubbio. Ma i singoli avreb bero il sacrosanto dovere di comprimere i pro pri sentimenti personali per il bene comune. Prendiamo il nostro caso, ad-esempio. Evelina ed io vogliamo bene ai nostri genitori. Non è vero, Evelina? Evelina — Oli! Dio! Sì. Quanto se ne può volere ai genitori. Patrizio —- Ciò nonostante, non chiudiamo gli occhi davanti ai loro difetti e ai loro erro ri. Mammà è infatuata senza rimedio di arte, di letteratura e simili scemenze... Papà, pove retto, è ormai una cariatide priva di qualsiasi efficace vitalità. Evelina — D’accordo. Perfettamente. Diana — Alla grazia. Una cariatide. Ma se è un uomo seducentissimo, che vorrei ce ne fos sero tanti così... Patrizio — Esteriorità. Taci, che è meglio. Tutti e due sono sempre stati abbastanza pre murosi con noi. E noj li abbiamo doverosamente ricambiati. Tutto sommato, credo che debbano essere abbastanza orgogliosi di noi. Evelina — E avrebbero torto marcio, se non lo fossero. Patrizio — Ma oggi, è evidente, la loro mis sione è finita. Nel futuro non ci saranno più di aiuto, ma di ostacolo. Ormai slamo arcimaturi per la nostra insindacabile libertà. Andrea — I l tuo è un ragionamento che non fa una grinza. Eccellente. Sottoscrivo. Patrizio — Lo so, grazie. Non sono abituato a parlare a vanvera. Ho riflettuto molto. Dun que, dicevo... Siamo giunti al punto in cui ci spetta di avere e di godere ciò che in definitiva è nostro. I l mondo è davanti a noj e ci si offre. Nessuno ha il diritto di... di... qual’è la parola esatta? Diana — Di calpestarci... Evelina — D’imbavagliarci... Patrizio — No, di soffocarci, con l ’incubo continuo dei doveri famigliali. Andrea — Oltre al resto, sarebbe anche uiir prepotenza inutile. Patrizio — Preferirei dire semplicemente; un’ingiustizia madornale! Essi hanno goduto il loro tempo. Basta! Tocca a noi, ora. I l danaro ci è necessario, perchè la nostra è l ’età più adatta per trarne il debito piacere. Per loro, ormai, a che serve? Diana — Lo spendono così male, poi! Patrizio — Papà ha lavorato in Borsa, senza rimetterci certo la pelle, per parecchi anni. E anni grassi. Deve aver da parte un gruzzolo con siderevole. E’ paradossale che Evelina e io si debba incanutire prima di potercene servire. Diana — Però, malgrado tutto questo, la tua teoria di eliminare i vecchi, così, senz’altro, è abbastanza arrischiata, no? Evelina — Avresti il coraggio di farlo, tu, se ti dicessero di incominciare? Patrizio — E dagliela! Non ho detto questo. W. SOMERSET MAUGHAM Non c’entra il sangue freddo, o la crudeltà del singolo! E ’ allo Stato che toccherebbe interve nire, con una legge speciale, destinata a porre ime alla miseria di chi è sopravvissuto alla pro pria utilità! Ma nod purtroppo non viviamo in uno Stato così saggio, e temo che non ci vivre mo mai! Andrea — Chi lo può prevedere? La nostra generazione avrà pur da dire la sua parola. Ver remo anche noi al timone dello Stato ! Patrizio — Per conto mio, sarei anche dispo sto a procedere per gradi, sulla base di compro messi. Diana — Sarebbe a dire? Patrizio — In un primo tempo mi acconten terei dì far ritirare dalla circolazione tutte le persone che abbiano oltrepassato i quarant’annì, con l ’obbligo di consegnare ai figli il rispet tivo patrimonio. Salvo a percepire un piccolo assegno per i bisogni materiali. Nei casi di nul latenenza dei vecchi, lo Stato avrebbe l ’obbligo di intervenire, sia per ì figli, sia per i genitori collocati a riposo. Andrea — Ben congegnato. Bravo! Patrizio — Evelina e io saremmo disposti a passare a papà e a mammà duecentocinquanta sterline l ’anno. Una somma rispettabile se non erro. L i sì spedirebbe in campagna. Mammà po trebbe fare delle orge di contemplazione e di poesia bucolica e papà, sempre muto e severo, si dedicherebbe alla pesca, alla caccia e alla flo ricultura. Vivrebbero felicissimi, ne sono sicuro. Evelina — Per mammà, questo genere di vita costituisce l ’ideale! (Va alla finestra in fondo). To’ ! Eccola che viene. Patrizio — Sarà meglio levarci di qui. An diamo al caniiio. Andrea — Hai ragione. Andiamo. Evelina — Come ci si inette per la prima par tita? (Mentre i quattro ragazzi si accingono a uscire, entrano dal giardino le due mamme, Margherita ed Emma. Margherita è una bionda assai graziosa, solo leggermente appassita. Ma ancora seducentissima. Emma è bruna, come sua figlia, e nasconde con successo la sua età. Sono tutte e due sulla quarantina, elegantissime e pa recchio truccate). Margherita —- Fannulloni che non siete al tro! Perchè non siete, a giocare? Evelina — Stavamo appunto combinando le coppie, mammà! Patrizio —- Complimenti, zia Emma! Emma — Oli! Patrizio! Tu!? Come sei cre sciuto ! Margherita — Vero? Non ti sembra enorme? Emma (bacia Patrizio sulla guancia. E maliziosamente gli dice) — Però non so se Alfredo mi approverebbe vedendomi baciare un giova nottone di questa fatta! Patrizio — Siete o non siete mia zia? Emma —- Eh! Non precisamente. Finche eri piccolo! Ma tua madre e io siamo appena cu gine. Diana — Ciò significa, mammà, che se non cì fosse Alfredo a far da terzo incomodo, tu e Patrizio potreste anche sposarvi! Emma — Non dire stupidaggini, Diana, ti prego ! Andrea — E’ mica un’idea malvagia! Patri zio, mi figuro che saresti un ottimo padrigno per me! Patrizio — Comìncerei intanto a proibirti di chiamarmi col nome di battesimo. Insisterei per essere chiamato regolarmente papà... Margherita — Finitela. Andate. Lasciateci un po’ tranquille. Andrea — Venite, tesori! (Esce per il primo, seguito da Diana ed Evelina). Patrizio (avviandosi) — Arrivederci, zietta. O cugin'ètta. Come vuoi tu! Ma il prossimo ba cio lo voglio un po’ diverso. (Emma lo minac cia, non senza civetteria. Poi le due signore, qua si a prepararsi al solenne rito della conversazio ne, si seggono, estraendo dalle rispettive borsette gli specchi, la matita per le labbra, ecc., com piendo rapidamente le operazioni di restauro). Emma — Che magnifico figliuolo si è fatto il tuo Patrizio! Stai attenta, cara. Occhio alle donne. M argherita — Oh! Non ho paura. E’ inno cente come un angelo! E mi confida tulio. Emma — Forse bai ragione tu a non darti pensiero. Oggigiorno i ragazzi parlano di un mucchio di cose difficili. Ma, in sostanza, di ciò che veramente preme, credo non sappiano nem meno la metà di quanto si sapeva noi all’età loro! Margherita — Però è un bel fastidio vederli crescere così in fretta, come i rampicanti in p ri mavera. Quando stamattina Patrizio è arrivato e l ’ho visto così diverso, lo confesso, sono rima sta maluccio. Emma — Io, invece, non me la prendo. Per fortuna, oggi non è come prima della guerra. La gente invecchia più lentamente dì allora. Mi è capitato, e non una volta sola, uscendo con Diana, che la gente ci abbia preso per sorelle... M argherita — Oh! Per te è facile! T i con- COLUI CHE GUADAGNA IL PANE servi che è davvero un miracolo! Sei bruna c questo è un enorme vantaggio. Noi bionde, in vece, invecchiamo più presto. Emma — Caso mai, tu faresti l ’eccezione del la regola. Proprio ieri sera, a pranzo, ti guar davo. Eri una meraviglia! Deliziosa! Specie i tuoi capelli ! Margherita — Sono diventati molto più scu r i di quando ero ragazza. Ricordi? Credi che si accorgerebbero se di tanto in tanto me li facessi ritoccare un po? Emma — Forse renderebbero meno morbida l ’espressione del tuo viso. Non te lo consiglio. M argherita — Non dico mica di tingerli, questo no! Soltanto dar loro qualche riflesso clorato. A ttillo, il parrucchiere, mi ha dato la sua parola d’onore che nessuno dubiterebbe del l ’autenticità. Emma — Non ce n’è bisogno. Conosco una persona alla (piale piaci immersamente anche così, come sei. Margherita — Andiamo, Emma... Cosa vuoi dire con questo? Emma — Precisamente quello che tu pensi. Credi che non abbia occhi, io? Era talmente chiaro, ieri sera! Margherita — Non dirai sul serio, spero! Emma — Chiaro per me, sia pure. Ho una voglia matta di sapere ciò che ti ha detto. Che uomo interessante! Margherita (si alza un momento, dà uno sguardo fuori della finestra e poi riprende il suo posto) — Non vorrei che i ragazzi... Emma — Giocano. Non preoccuparti di loro. M argherita — Ebbene, sì. Lo ammetto. Mi ha parlato. Mi ha detto che da tanto tempo de siderava dirm i ciò che sentiva per me. Ma che aveva conosciuto Carlo in borsa e non aveva più osato... Che aveva sofferto e che lo perdonassi se me lo confessava, ma che era più forte di lui. Emma — Tutto questo, durante i l pranzo, o dopo? Margherita — Ha cominciato durante il pranzo, ma così, prendendo le cose alla lontana, quasi scherzando. E’ diventato serio dopo, quan do si ballava. Emma — Balla bene? Margherita — Come se non facesse altro in vita sua. Emma — Ha agito con molta diplomazia, stu diando pian piano come avresti reagito tu. Un nomo come lu i non si può esporre al pericolo dj mi fiasco. Continua. M argherita — Ecco. Naturalmente io, in principio, ho riso. Sai, gli ho detto che sono madre di due figli, ormai, si può dire, adulti. Ha risposto che non mi credeva, si è dichiarato di sposto a scommettere mille sterline che non avevo un giorno di più di 25 anni. Buffo, no? Emma — Tira via. E poi? M argherita — Gli ho detto: « V i giuro che ho una ragazza di 17 anni ». Non ho detto l ’età di Patrizio. Se gli fa piacere crederlo piìi gio vane, padronissimo. Emma — Brava. Hai fatto bene. Margherita — Allora lu i ha soggiunto: « Vuoi dire che vi siete maritata quasi quando eravate ancora a balia! ». Io ho sorriso e ho ammesso: « E’ vero, ero poco più di una bam bina! ». Emma — Guarda. So esattamente come l ’hai detto! Abbassando le ciglia pudicamente. Te l ’ho visto fare una dozzina di volte, ieri sera. Gli uomini ci cascano, immancabilmente. Margherita — Proprio senza volerlo, te lo giuro. Non per posa, o per calcolo. Poi... lui... mi lia preso la mano e mi ha sussurrato: « Io mi domando se voi comprendete tutta la sedu zione che esercitate su di me. V i amo e vi desi dero, perchè siete donna, completa, fisicamente e spiritualmente ». Emma — Gli uomini dicono sempre così e sono sinceri. Preferiscono le donne come noi, se appena hanno un briciolo di intelligenza. Le ragazzine li annoiano. E dopo? Margherita — Mi ha domandato che cosa fa Carlo alla domenica. « Va a giuòcare al golf », ho risposto. « E’ un brav’uomo », ha esclamato. Poi, dopo una breve pausa, mi ha invitata ad andare con lui, in macchina, a fare un giro i aperta campagna. Emma —- Hai accettato? Andrai? Margherita — Oh! No, davvero. Lo conosc appena. Emma — Non puoi pretendere di conoscerlo meglio, se non lo vedi mai! M argherita — Mi dispiace, per i ragazzi. Emma — Sei curiosa! Carlo se la batte e si diverte giuocando al golf! I piccoli se la spas sano tranquillamente tutto il giorno. Non vedo perchè dovresti rinunciare a fare un po’ di auto mobilismo, se ti piace! Margherita — Cosa vuoi, sono fatta così. Tu mi conosci. Emma —• T i conosco!? Per modo di dire. Di una cosa sono convinta : che tu non sei così fredda come vuoi darla ad intendere. M argherita — Forse no. Ma Carlo, ne son 'Y. SOMERSET MAUGHAM persuasa, non ha mai guardato un’altra donna, da quando ci siamo sposati. Non vorrei comin ciare io a dargli un dolore. Emma — Che dolore, se non lo verrà mai a sapere? Non dico di giungere agli estremi! Ma per un flirt, che male c’è? Niente al mondo fa ringiovanire una donna, quanto avere un uomo che le fa la corte. Margherita — Non lo nego. Emma — In diciannove anni di matrimonio, non ho mai « completamente » tradito Alfredo. Ma ho avuto un’infinità di corteggiatori. Ciò mi ha servito a mantenermi fresca, agile, mo derna . Margherita — Oh, Dio! Un compenso per tu tti i fastidi della vita coniugale sembrerebbe alla fine legittimo anche a me. Emma — Mio marito è una bravissima perso na. Mi è sempre stato fedele. Ma non sarei mai e poi mai riuscita a sopportare il suo carattere se non avessi trovato altrove, in segreto, qual cosa di più seducente! Margherita — E’ già una benedizione che i mariti se ne vadano ogni giorno per i fatti loro, a lavorare. Guai se ci fossero sempre qui in casa, fra i piedi! (Accende una sigaretta). Emma — Come è stato Carlo, in questi ultim i tempi? Margherita — Lui? Come sempre. Non ha mai mutato... Emma — Da un secolo me ne sono accorta. D i’ la verità, Carlo ti annoia! Margherita — Diciannove anni di matrimo nio sono lunghi! Emma — A chi lo dici! E troppi, aggiungo io! Margherita — Però avrei torto di lamentar mi. Mi dà tutto quello che voglio. Emma —. Non litigate mai? Proprio mai? Margherita —■In vita mia non l ’ho visto una volta nervoso, o irritato, o alterato! Mai! E ’ sempre allo stesso livello! Per questo son per suasa che sia un mediocre. Emma — Come l ’enorme percentuale degli uomini, del resto. Margherita — Sta di fatto che nulla lo inte ressa. Nè l ’arte, nè la letteratura, nè la musica. Nemmeno le donne. Quando viene in casa qual cuno che si eleva un tantino dalla media eomuKe. diventa un estraneo. Emma — Me ne sono accorta. E ’ sempre cor tese, s’intende. Un gentiluomo. Ma non lo si può definiremn padrone di casa brillante. M argherita — Ah! No, per carità! Tuttavia, sento di far male a trovargli tanti difetti! Figu- rati! E’ ancora innamorato di me, oggi, come il giorno che ci sposammo! Straordinario! Ti sembra? Emma — Straordinario! A ogni modo, che c’entra trovare difetti. Si tratta semplicemente di raccontare di una persona, com’è e come non è. Una persona poi con la quale si convive da un numero incalcolabile di anni... Margherita — Mi vien freddo, pensando a ciò che succederebbe se egli sospettasse che io... si... che io... da molto tempo... non sento più nulla per lu i! Emma — Questo è un privilegio di noi don ne: vedere... capire... sentire... Gli uomini non vedono, non sentono, non capiscono nulla. Margherita — Non dico con questo di non volergli bene. E ci penserei due volte prima di dargli un dispiacere. Ma sono una donna Intel ligente, con dei nervi e con un cuore... e non posso fare a meno di... Emma — Trovarlo insopportabile. Perchè lo è. Carlo manca essenzialmente di temperamen to, mentre, ahimè, Alfredo ne ha troppo. Margherita (pausa. Siede accanto al divano) — Sto per d irti una cosa orribile. Ti sei mai domandata che cosa faresti se diventassi vedova? Emma — Tutti i giorni, si può dire. Qual’è la donna maritata che non se lo domanda? Margherita — Se accadesse una disgrazia a Carlo, senza dubbio, mi sembrerebbe dì impaz zire. Piangerei tutte le mie lacrime. Al princi pio sentirei molto la sua mancanza. Emma — Naturale. Sei sempre stata una don na con un cuore più grande di te. M argherita — Ma una volta passata la prima emozione... non so... ma credo clic sarei molto felice ! Emma —- S’intendo. E poi, alle bionde, il lutto dona in modo incantevole! Margherita — Ma non mi rimariterei, no. Mai più! Secondo me una donna che si rispetti sposa una volta sola. Emma — Non sono di questo parere. A me piace avere un uomo, fisso, in casa. Da sola, mi secco. Margherita — Ma io sospetto, anzi, sento in me, finora inutilizzate, infinite risorse. Deve essere magnifico fare quello ohe si vuole senza consultare anima viva, senza dover render conto a nessuno! Avere i propri amici, che ci com prendono. Essere liberi di correre a Parigi, o in Riviera, senza aver la noia dì pensare che Carlo è legato a filo doppio con Londra e senza di me non è capace di muovere un passo! E COLUI CHE GUADAGNA IL PANE poi... e poi... Ognuno ha una personalità pro pria e un giorno o l ’altro, presto o tardi essa cerca di svilupparsi. I l matrimonio, la persona lità di noi donne intelligenti, la abbrutisce, la sopprime! Emma — A proposito di Riviera. Hai già par lato con Carlo, per le vacanze? M argherita — E’ una faccenda seria! Si è impuntato a ritornare, come per il ¡lassato, al Tamigi. Vuol fare la spola tu tti i giorni, fra campagna e ufficio. Un modo assurdo di inten dere la villeggiatura. Emma — Ma guarda! O perchè non si metto no d’accordo Alfredo c lu i per andarsene in sieme? Io, già, ho sempre sostenuto che tanto per una moglie, come per un marito, passare ie vacanze l ’uno accanto all’altro, oltre che tut to il resto dell’anno, è un mezzo infallibile per mandare a rotoli qualsiasi piacere e per m olti plicare la reciproca sazietà. Margherita — La Riviera, per i ragazzi, sa rebbe mi toccasana. Emma -— E ci libererebbero da qualsiasi fa stidio. Fra i bagni, il canottaggio, i l tennis, il ballo e gli altri sports, sarebbero continuamente occupati. Sono ancora troppo piccoli per pren der gusto alla roulette. Sarebbe la terra promes sa! Finalmente un’oasi deliziosa nella nostra vita tetra e pesante, un po’ di paradiso! M argherita — E ’ un sogno troppo bello. Non facciamoci illusioni ! Emma — Va’ là! In Bond Street ho visto dei pigiami che sono un amore! Orinai, alla spiag gia, non si va che in pigiama. Magari cambian done due, tre in un giorno... Margherita — Eh! Lo so. Tuttavia mi im magino che i l viaggio e un discreto soggiorno in Riviera verrebbero a costare parecchio e... Emma — Mi sai dire a che servono i quat trini? Se non si spendono? Per giunta si può facilmente provare ai nostri mariti che se c’è i l dilettevole, in questo caso, c’è anche l ’utile. Per i figli, dopotutto, viaggiare significa farsi una cultura... (Entrano Patrizio e Andrea). Patrizio — E ’ un’indecenza, mamma! I l campo non aveva i corridoi segnati. Come si fa a giocare in queste condizioni? M argherita — Oli! Davvero? Mi dispiace! Patrizio — E’ la negligenza sistematica del giardiniere. Non glie l ’ho mandato a dire. L ’ho investito come un treno diretto. Ma al giorno d’oggi non si sa mai con chi si abbia a che fare. Sfacciato! Mi ha risposto che non aveva avuto ordini. Margherita — Oh! Forse non ha torto- Ave vo, difatti, l ’intenzione di avvertirlo, sicuro; ma poi devo averlo dimenticato! Sicuro... Abbi pazienza! Patrizio — Un fatto è positivo. Me assente in questa casa c’è il caos. Margherita — Ma adesso, almeno, sta lavo rando ? Patrizio — I l giardiniere? Si degna! (Entra no le ragazze). Ma ne avrà per mezz’ora. Non so perchè Evelina non se ne sia occupata lei... Che ci sta a fare, qui? Evelina — Eh! Calma! Sta’ a vedere che, se condo te, io me ne sto lunga e tirata nella bam bagia... Stamattina, per esempio, ho avuto un mucchio di impegni e ti assicuro che il campo di teimis era molto meno interessante di essi. Patrizio — Scuse magre. Voi donne salvate il mondo, a chiacchiere! Ma soltanto a chiac chiere ! Margherita — Non sono ancora due ore che sei arrivato e cominci con le cattive maniere. M i pare che esageri. Patrizio — Non capisco perchè non si possa avere una buona volta un campo battuto decen temente. Orinai sull’erba non giuocano più che i rammolliti. Andrea — Già parecchie volte ho latto pre sente ad Alfredo la necessità di costruire da noi un campo battuto a regola d’arte, sul quale ci si possa allenare sul serio. Patrizio — Hai sentito, mamma? Tocca a te parlarne a papà! In fondo, è anche logico... Vuole che si viva in casa? I l meno che possa fare è di provvedere ai più urgenti bisogni della nostra esistenza. M argherita — Ma lo sai che è una spesa enorme? Ho fatto fare un preventivo dal capo tecnico del circolo, e... Andrea — Si può avere un campo in perfetto ordine con 400 sterline. (Siede sul tavolo). Patrizio — Una miseria. Non c’è da esitare. Che ne farebbe papà dei suoi quattrini se non l i cacciasse fuori per noi? Margherita — Anche questo è vero. ( Alla porta squilla il campanello). Evelina — Chi sarà? Oh, Dio! Visite? M argherita — Ho lasciato detto che non sono in casa per nessuno. Patrizio — C’è ancora un luogo, in Inghil terra, dove è in vigore la tortura medievale del le visite: casa mia! E io devo continuare a vi verci ! Margherita — Scemo! Fra i nostri vicini ci YV. SOMERSET MAlìGUAM nono delle persone intelligenti ed estremamente interessanti. Non si fanno visite. Col pretesto di una tazza di tè si fa un po’ di conversazione ed è una festa per lo spirito! Alfredo (dall’esterno) — Sono io. Per me la signora Battle è in casa... Emma — To’, è mio marito, se non sbaglio. Margherita (chiama) — Alfredo, siete voi? A lfredo (sempre di fuori) — In carne e ossa. Son io! Margherita — Entrate, c’è qui Emma... (A l fredo entra. E ’ un uomo alto, tarchiato, di mez za età, colorito in viso, di carattere gioviale). A lfredo (stringendo la mano a Margherita) — Salve, dèa del nostro Olimpo! (Scorgendo Patrizio) Ma guarda chi c’è! il virgulto primo genito! Qual buon vento ti ci ha portato, e quando ? Patrizio — Stamattina, poco prima di cola zione. A lfredo — A li! Briccone! (Gli dà un colpet to sul ventre). E hai subito fatto onore ai patri lari, con una copiosa mangiata! Bene, perbacco! Patrizio (sostenuto) — Difficilmente ho ap petito, io! A lfredo — Povero caro ! Stacci attento, allo ra! Dunque, ohe effetto ti fa a sentirti libero cittadino? Patrizio — Non mi lagno. A lfredo — Eppure, bisogna confessarlo, i giorni più belli dell’esistenza sono quelli pas sati laggiù, in collegio! E, ahimè, non vale rim piangerli. Non tornano 'più. Non si possono te ner ferme le lancette d’un orologio fino al gior no del giudizio universale. Peccato! Così va il mondo. Questo p...overo mondo! Che, poi, può essere anche meno brutto di quanto sembra. Ba sta prenotarsi un posto in prima fila e poi stare all’erta, che nessuno ti imbrogli e riesca a sof fiartelo. Andrea — Stai rievocando i piii pedestri luo ghi comuni, caro mio ! Emma — Andrea! Con tuo padre!... Ma dove siamo ? Alfredo — Risparmia le tue materne rimo stranze, o mia diletta! Lascia che la cicala f r i nisca! Abbasso il rispetto e tu tti gli altri animinicoli. Siamo camerati. Non è vero? Andrea (prendendo il padre a braccetto) — Ma va’ là! Fai il tonto per non pagare il dazio! T i conosco, mascherina! Fuori... 'parla... pro nunciati... Che cos’hai deciso per il campo di tennis nel nostro giardino? Si fa o non si fa? Avevi promesso ! Alfredo — Ohibò, viscere mie! Occorre un diabolico mucchio di biglietti da mille., laon de... ragion per cui... Andrea — Sei di una spilorceria repugnan te. Andiamo, per una volta tanto, sii capace di un bel gesto. Lo dico per il tuo bene... A lfredo (solleticato, allegro) — C’è della di plomazia nel tuo procedere. Non sei dunque così bestia come t i credevo! Forse sarà oppor tuno, fra me e te, cercare un modus vi vendi... (Ride e gli altri lo imitano). Andrea — Mica male! A lfredo (ad Evelina) — Oli! Evelina, piccola sirena, come vai? (Agli altri, indicandola) La mia passione segreta... (A Evelina) Perchè tanto taciturna? Evelina — Io? Non ini pare... Alfredo — Forse è l ’amor che l ’anima tor menta? Evelina — No, no. Per carità! A lfredo — A quando i confetti? Evelina — Proibito pensarci! A lfredo — E perchè? Evelina — Per una ragione semplicissima. Non c’è un cane che mi voglia! Alfredo — Piramidale! Invece la mia pulzel la... (indica Diana) fa collezione di domande di matrimonio. Due tre la settimana. Gli uomi ni fanno a pugni. Vero, Diana? Diana — Quanto sei stupido... Non te ne ac corgi ? A lfredo — Niente affatto. Nulla sfugge invece alla mìa vigile perspicacia! Pater familias, co me dicevano i romani! (Ride). Ma non voglia mo la soave Evelina negletta e solitaria! (A suo figlio Andrea) Vieni qua, tu, ganimede. Doman da la mano di Evelina. Per conto mio, vi bene dico. Andrea — Non voglio espormi a un rìschio simile. Sarebbe capace di accettare. Evelina — Brutto muso! Emma — E’ lecito domandarti perchè hai la sciato lo studio così di buon’ora? A lfredo — Mi punse vaghezza, a ll’improvvi so, di rivedere la mia matura, ma ben conser vata metà ! Emma — Tu non li senti bene, Alfredo. A lfredo — Benone. Ma è più forte di me. E ’ la mia natura. To’ ! (Dà un colpetto sulla schie na della moglie) Scherzi a parte, ho bisogno di veder Carlo... Margherita — Non c’è. E ’ ancora in Borsa... Alfredo — Eh? Ci sono passato, e anche al Banco. Non c’è. Nessuno l ’ha veduto. COLUI CH15 GUADAGNA II. PANE Margherita — Strano! A lfredo — Forse meno di quanto sembra. Devo dire la verità? Ebbene, stavo un 'po’ in pensiero. Margherita (sorpresa) — Perchè? A lfredo — A voi non ha detto nulla? M argherita — No. Ma... E’ successo qual cosa? Alfredo — Forse prevedeva che tutto si sa rebbe aggiustato e ha pensato elle non fosse il caso di annoiarvi. Perchè... già... se non fosse riuscito... si sarebbe saputo anche troppo pre sto... M argherita — Dio, Alfredo! Spiegatevi... Di che si tratta! Alfredo — Niente di straordinario... Forse ho fatto male a parlarne. Patrizio — Qualche corbelleria? Si rimbam bisce così facilmente alla sua età! A lfredo — Voi, ragazzi, fareste bene ad an dare in giardino. Tu, Emma, rimani. Patrizio — Qualunque cosa sia accaduta, po tete dirla anche a noi. Fra noi e mammà non ci sono segreti. Ci racconterebbe subito. Diana — Ma noi, non c’entriamo, vero? (Ad Andrea) Vieni, Andrea. (Agli altri) Quando avrete finito, ci chiamate. (Diana e Andrea escono). Margherita — Non sarà mica uno dei vostri soliti tiri, Alfredo! A lfredo — Magari ! Purtroppo stavolta è una cosa seria... (Siede sul divano, a destra) Ricor derete certamente che un certo Tom Avon venerdì scorso si è ucciso. M argherita — Sì! Terribile! Era un nostro buon conoscente. L ’anno scorso eravamo andati insieme alle corse di Ascot! Patrizio — Chi era precisamente? Che cosa faceva? A lfredo -— Era molto ben introdotto nel mondo degli affari. Un cliente di tuo padre. Un buon camerata, anzi uno dei migliori. Ma la fortuna, dal giorno alla notte, gli ha voltato le spalle. Temo che abbia lasciato in cattive ac que... Margherita -— Ma io ho sempre creduto che Carlo sì occupasse di affari sicuri, senza spe culare... A lfredo — Appunto perciò gli sono andate sempre tutte bene. Anche nel caso di Avon, chi mai poteva prevedere? Credo di non essere un cretino: ebbene, io non avrei esitato a mettere magari un milione nelle sue mani, con cieca fiducia. Ben inteso, se lo avessi avuto. Evelina — Ma, in sostanza, che cosa è avve nuto? A lfredo — Non lo capireste bene, anche se ve lo spiegassi. L ’essenziale si è che oggi è il giorno decisivo. Se Carlo, entro oggi, non sarà riuscito a trovare qualcuno che lo sostenga, sarà squalificato in piena Borsa... sarà... « martel lato »! Evelina — « Martellato »? Che cosa significa? M argherita (interrompe con un grido di spa vento) — E noi? Cosa faremo noi? Emma — No, cara. Fatti coraggio. Non c’è nulla di sicuro. A lfredo — Fortunatamente Carlo ha ottimi amici che hanno tutto l ’interesse a tenerlo a galla. S’intende che dovrà sacrificare la sua for tuna personale. Sono baratri che si spalancano improvvisamente e che inghiottiscono tutto. Ma se gli sarà riuscito di racimolare in fretta un certo capitale liquido, saprà resistere alla bu fera. Patrizio — Così... dovremo lasciare la casa... rinunciare all’automobile? A lfredo — Questo non lo so, figliolo ! Lascia che se la cavi. Ritengo che, dal punto di vista del reddito, non ci sarà poi gran differenza. Il banco è solido. Egli, personalmente, ha sempre goduto di una riputazione invidiabile, e... Patrizio — Dunque, non c’è da disperarsi. A lfredo — Tuttavia... una ragione bisognerà farsela. A l patrimonio, non è più il caso di pen sare. Quello, probabilmente, è sfumato. Per Carlo si tratterà di lavorare, ancora di più, per vivere e possibilmente per rifarsi. M argherita — Ma allora... Supponiamo... Se qualche disgrazia gli dovesse succedere... se non potesse più lavorare... se... mi capite... Tutti noi si rimarrebbe sul lastrico, senza un soldo... Patrizio — Non preoccuparti. E’ forte come un cavallo. Conosco il mio uomo. Stavo appun to dicendo, qui, poco fa, che ha tutta l ’inten zione di campare per altri cento anni! Avrà tempo ad accumulare un’altra fortuna! Margherita — Ma da che cosa dipende che egli possa resistere? A lfredo — In poche parole: dipende da A r turo Latter. Se si decide a finanziarlo in questo momento critico... Patrizio — Chi sarebbe questo Arturo Latter? Alfredo — I l Presidente del Consorzio ban cario. Ieri sera doveva dire di sì, o di no... Margherita — Adesso capisco perchè ieri se ra Carlo è tornato a casa appena in tempo per vestirsi. Pranzavamo al Savoia... VV. SOMERSÈT MAUGHAM A lfredo — E di che umore crai1 Margherita — Come ai solito... Alfredo — Non è verosimile. Doveva avere J’inferno nell’anima. Proprio in quelle ore il suo destino era in gioco! Delle due Duna: o di chiarar fallimento, o ricominciare da capo, ma gari povero, ma con tutte le carte in regola! M argherita — Non mi sono accorta di nul la. Temevo anzi di far tardi 'per il pranzo ed ho insistito perchè si sbrigasse. Alfredo — E stamattina? M argherita —< Ha preso il caffè in camera da pranzo. Anzi, per un momento, Eveiina gli ha tenuto compagnia... A lfredo (a Eveiina) — Era abbattuto... t r i ste... o come? Evelina —• A dire la verità, non ci ho badato. Lui leggeva i l suo giornale e io il mio. Alfredo — C’è da picchiare la testa nel mu ro, parola d’onore! Con me aveva un appunta mento alle 10 e noni s’è fatto vedere! Si trat tava di una pratica importantissima, per lui, più che per me! Capirete adesso se ho ragione o no di essere preoccupato. Evelina — E’ uscito alle nove e mezzo. M argherita — E — avete detto — non è sta to in ufficio in tutta la mattinata? A lfredo — E’ così. Patrizio (agitandosi) — Dico... non si sarà mica... (Si alza, nervosamente. Tutti lo guar dano. Ciascuno pensa nello stesso attimo che Carlo potrebbe essersi ucciso). M argherita (allarmata, quasi convulsa) — Oh! Dio! No! E’ impossibile. Non può aver fatto una cosa tanto cattiva. Per me... per noi... Evelina — Però... son qui che mi domando se stamattina non fosse veramente un po’ diverso... un po’ strano. Già... bisognerebbe ammetterlo. E, proprio mentre noi stavamo allegramente a tavola... o giocando il tennis... lui... (si alza) si sarebbe... Margherita — Evelina, sta’ zitta, per carità. Sta’ zitta. No! No! Una vigliaccheria senza mo tivo e senza scuse... Malgrado tutto, non ne sa rebbe stato capace! Patrizio — Siamo pratici, piuttosto. Tu, zio Alfredo, di’ francamente il tuo pensiero. Cre di che sia possibile? Una debolezza improvvi sa... una follìa... il cervello annebbiato... A lfredo — Che cosa vuoi che dica! Confes so che venendo qui era un’idea fissa. E più tentavo di cacciarla, più mi si inchiodava nel la testa! Ho tentato di scherzare con voi, come sempre, ma non mi riusciva. C’era iui non so che, una specie di tenaglia che mi stringeva al collo. Forse ve ne siete accorti. Carlo è sem pre stato puntuale fino all’esagerazione. For malista e scrupoloso all’eccesso! Non saprei r i cordare, in tutto il tempo che ci conosciamo, che si sia dimenticato una volta sola di un im pegno, o che sia arrivato a un appuntamento con cinque minuti di ritardo! Mai! M argherita — Ebbene, no... no! Sarebbe abbominevole! Oh, Dio! Ha paura! Emma — Ma non fare così! Non torturarti senza ragione! Dopo tutto, che bisogno c’è di pensar male... Un po’ di calma c di pazienza, e vediamo cosa si può fare. M argherita — Ma non capisci che tutto com bina? Perchè non è andato in banca, perchè non s’è fatto vedere in borsa, perchè non s’è trovato con Alfredo? Proprio oggi, quando la sua presenza era più che mai necessaria? A lfredo — Niente di più giusto! Occorreva salvare il salvabile! Emma — Le ipotesi sono tante. Magari pel lame una: può darsi che camminando sopra pensieri sia stato investito, che so io, da un taxi, che sia stato ricoverato fuor di senno in qualche ospedale. M argherita — Neppure questo sarebbe mol to consolante. Patrizio — Ma 1:011 possiamo stare qui, con le mani in mano ! Ev e lin i — Cos’è! Avresti la pretesa di dra gare il ! aurigi? Patri-iO — Guanto sei stupida! Bisogna cer care... informarci... telefonare... M argherita ( abbattuta) — Non mi faccio troppe illusioni. Lo conosco. Era orgoglioso, infatuato di se stesso. Piuttosto dì affrontarci a viso aperto, per confessare la sua disgrazia e per annunciarci la rovina... è chiaro... ades so mi è chiarissimo... ha preferito... Emma — Ma no! Tu sogni... Corri con la fantasia ! Patrizio — E se ci rivolgessimo alla polizia? A lfredo — Non ancora. Se poi, improvvi samente, tornasse, si farebbe una figura rid i cola ! Emma — lo ritorno sulla mia idea e propor rei di telefonare agli ospedali. M argherita — Qualunque cosa... ma purché si faccia, lo sto diventando pazza! A lfredo — Non precipitiamo! Attenti ai ma li passi! Se stasera non tornerà... allora prov vederemo... Patrizio — Non si potrebbe far lanciare un COLUI CHE GUADAGNA IL PANE appello dalla radio? Ormai è un sistema alla portata di tu lli... Evelina — Non gli sarebbe molto utile se si fosse annegato o se si fosse cacciata una palla nel cervello... M argherita — Cdie orrore! E che macchia per il nostro buon nome! Poveri figlioli! Emma — Ti scongiuro, non fare le cose più brutte di quello che sono! In tu tti i casi, c’è Alfredo. Prowederebbe lu i a far emettere una perizia d’infermità mentale! Patrizio — Potrebbe anche darsi che sia r i masto vittima di un improvviso smarrimento della memoria. Dopo la guerra, casi simili se ne sono verificali parecchi... Magari fra due o tre giorni lo troveranno in qualche luogo. Evelina (sarcastica) — Già... A l manico mio... Generalmente è là che vanno a finire. (Tutti guardano Evelina). Emma — Ma tu, Alfredo, perchè non telefo ni al signor... sì, a quel signore che si era of ferto di aiutarlo? Secondo me, egli è l ’unico dal quale potremo sapere se Carlo aveva ragio ne di commettere qualche passo disperato. A lfredo — Arturo Letter! Come se fosse fa cile afferrare a quest’ora il presidente di un Consorzio bancario londinese... E se anche ci riuscissi, temo che mi manderebbe bellamente all’inferno. (Va a sedersi presso la finestra). Emma — Si può tentare. Margherita Per pietà, Alfredo, fatelo. Sono in uno stato... lo vedete... A lfredo (si alza) — E sia pure. Che Dio me la mandi buona. Dopo tutto, non mi potrà m i ca mangiare! (Esce da sinistra. Pausa). M argherita — I l dubbio; l ’incertezza... ec co ciò che vi ha di peggio al mondo ! Patrizio (si avvicina al tavolo. Prende dei cioccolatini e comincia a sgranocchiarseli ner vosamente. Molto serio) — Quando è uscito... aveva in testa il cilindro? Evelina — Non essere così sciocco. Non è il momento di scherzare, questo. Patrizio — Perfettamente. E non ho nessu na voglia di farlo. Tengo quindi che si rispon da alla mia domanda. Evelina — M i pare. Anzi, ne sono sicura... Patrizio — Allora, al momento in cui usciva di casa, escludo nel modo più formale che me ditasse il suicidio. Margherita — E perchè no? Patrizio — Non c’è uomo nel pieno possesso delle sue facoltà mentali che possa suicidarsi portando il cilindro. Evelina — Dimentichi che 99 volte su 100 coluti che si uccide non si trova nel pieno pos sesso delle sue facoltà mentali. Patrizio — Che ne vuoi capire, tu, degli uo mini? Un individuo che ha l ’intenzione di ucci dersi esce di casa con un berretto da viaggio, o, al massimo, col cappello floscio. M argherita — In l'atto di abbigliamento, tuo padre è sempre stato così meticoloso! Non sa rebbe mai uscito in città con l ’abito e il berretto, neanche se fosse impazzito all’improvviso! Mai... Patrizio — Dài ragione a me. Se è uscito col cilindro, non si è ammazzato. E’ chiaro. Evelina— Per conto mio, non vedo l ’impor tanza di questo argomento. Constato invece che i l tempo passa e... Emma — E’ vero. Che diamine fa Alfredo? M argherita — E’ atroce. Pensare che pochi momenti fa eravamo tu tti così felici! Si faceva perfino if programma per il viaggio in riviera... senza preoccupazioni, senza tim ori... E ora? La sventura è piombata sulla nostra casa! Evelina — Così va il mondo... (Siede sulla sedia a destra). Patrizio —. Signore Iddio, Evelina... Sta’ a vedere che ci troveresti gusto, tu, a vivere il ro manzo della giovane povera! Alfredo (entra di corsa) —■ In allo i cuori, ragazzi! Buone notizie! M argherita — Oli! Dio ve lo renda, Alfredo! Dite... dite! Alfredo — Ho detto chi ero e mi han messo subito in comunicazione con Arturo Letter. Non ho accennato a nulla di quanto succede qui. La discrezione è uno dei ferri dei mio mestiere. Ci potete contare. Patrizio — Tira via. Su, avanti. A lfredo — Mi ha detto di aver visto Carlo ieri sera, in casa sua. Che, tenendo conto del l ’onestà personale di Carlo e della reputazione della ditta, aveva acconsentito a un finanzia mento tale da far fronte a tutti i bisogni. Margherita — Che cara persona. E che deli catezza! T u tti — Dio sia lodato! — Evviva! —- Sia mo a posto! A lfredo — Uscendo da casa Letter, Carlo aveva già hi tasca l ’assegno. M argherita (si siede nuovamente a sinistra e prende la mano di Emma, invitandola a fare altrettanto) — Finalmente respiro! Emma — Chissà poi perchè oggi non è stato a ll’ufficio! VP. SOMERSET MAUGHAM Alfredo — Non ha importar «a. Probabil mente avrà avuto da girare nelle varie banche, per i saldi. Ce lo dirà al suo ritorno. L ’essen ziale è che l ’uragano si sia calmato. Patrizio — Allora... non siamo rovinati. Be ne a sapersi! Alfredo — Alla lettera, no... Ma la scossa c’è stata... e tremenda! La vecchia casa ha refistito. Forse tuo padre, fra qualche anno, po trà ritornare a essere quello che era ieri. Dovrà lavorare come un negro, questo sì! Evelina — E credete che ne soffrirà? Non ama che il suo lavoro. Magari, a sentir lui, non tutto ij male sarà venuto per nuocere. Patrizio — Veramente alla sua età che altra ambizione può avere? Margherita — Io avevo sempre disapprovalo che si interessasse esclusivamente dei suoi affari. Dopo quanto è successo, meglio così! Alfredo — Però... dovete stare a ll’erta... Per uni po’ di tempo, anche per dargli la sensazione che gli siete vicini nella disgrazia, bisognerà stringere la cintola. In certe situazioni, senza economia, non la si spunta. Patrizio — Appunto. Ci stavo pensando. Rinuncerò alla macchina. Ci accontenteremo di quella della comunità. Vero, Evelina? (Si siede'). Evelina — Sono disposta anche a muovermi in metrojjoliitana. M argherita (ritoccandosi labbra e guance) —- Chiama gli altri, Evelina. Non c’è ragione che restino ancora là fuori! Evelina — E’ vero, poveretti! (Va alla fi nestra) Diana, Andrea... venite! M argherita — Combinate una bella partita ! Evelina — Dopo tutte queste emozioni, non sarei capace di colpire una palla... A lfredo (corre alla finestra e dice ad alta voce) — Si gioca, ragazzi? Se aspettate, faccio un salto e vado a cambiarmi. Voglio darvi una lezione, dimostrarvi che la vecchia guardia, anche sull’orlo della tomba non si arrende. Gio ventù fiacca e presuntuosa! Patrizio ed Evelina — Bum! Bum! Bum! Diana e Andrea (dal di fuori) — Bum! Bum! Bum! (Diana e Andrea entrano). Evelina — Oh! Diana! Se sapessi! Abbiamo avuto paura! Figurati! Papà è scomparso... Tut ti noi abbiamo sospettato un suicidio. Era tanto come dire la rovina completa... la vendita al l ’asta di tutta la nostra roba... Fortunatamente è arrivata una buona notizia a mettere le cose a posto e... Diana — Mica per criticare... Ma... C’era b i sogno di farci stare mezz’ora fuori, per poi raccontarci tutto? Tanto valeva, no?... Evelina — Giusto. Ma non sono stata io. Pec cato che non abbia assistito! I l momento era solenne! Mamma ha tenuto con dignità il ruolo di sposa infelice e quasi vedova... Patrizio, sen tendosi già un tantino nelle vesti del capofa miglia, aveva delle mosse irresistibili... Diana — Dunque... Un falso allarme. Andrea — Probabilmente uno dei tanti scher. zi senza capo nè coda di mio padre. L ’avevo immaginato. Dovreste conoscerlo oramai! (A suo padre) Ma esageri. E sarebbe tempo di fartela smettere ! Alfredo — Olà! Pulcino! Chiudi il becco! Patrizio — No... no.. Siamo realmente rovi nati. Evelina — Secondo e conforme... Non potrai avere un’automobile tutta per te, subito. Sia pu re. Dovremo riunciare alla Riviera, forse. Aspet teremo. I l tempo sufficiente, perchè papà rifac cia if perduto. Andrea — Scusate se è poco! Patrizio (cotn una certa rudezza) — Non sia mo i prim i a trovarci in questa situazione. L ’es senziale è rimanerci il minor tempo possibile. Una partita perduta, come a Wimbledon, non significa la sconfitta! A lfredo — Bravo... Bravissimo... Hai dei ner vi tu... e mi congratulo. Mi fa piacere. La pren di da vero sportman! Così va fatto... Diana — Ma, intanto, Carlo, dov’è? Patrizio — Beh! Questo non Io sappiamo. M argherita — Tutti vorremmo saperlo. C’è da .smarrire la ragione! Evelina —■ Per via di induzioni, sdamo ve nuti nella persuasione che a ll’improvviso abbia perduto la memoria e che g iri per le strade, sen za mèta fissa! Magari nei sobborghi del sud! Margherita — Uh! Che orrore! Un genti luomo come il vostro povero papà, anche se avesse perduto il ben dell’intelletto, noni an drebbe mai a insudiciarsi laggiù. Impossibile! (Si sente il rumore della porta che si apre. Car lo entra, tranquillamente. E ’ sulla quarantina, molto distinto, di irreprensibile e severa ele ganza, fisicamente piacentissimo. Porta il tait, con calzoni di stoffa rigata. Ha in testa il ci lindro). M argherita — Carlo... Tu? Carlo — Sì, io! (Si toglie il cilitidro con un largo gesto di saluto) Salute a me e a voi! F in e d e l p r im o a ffo S E C O N D O A T T O Continua l ’azione interrotta dal chiudersi del velario. Carlo (ripete la sua frase di saluto) — Sa lute a me e a voi ! Margherita (agitatissima) — Dove sei stato? Eravamo tu tti in pena! Non è bello da parte tua! Carlo — Che cosa? Non capisco! Margherita — Una situazione angosciosa! Non sapere... Almanaccare... E’ terribile. Emma — E’ vero. Niente dii peggio che il dubbio. Carlo (freddamente) — Perchè, poi!? Che cosa è successo? Oh! Patrizio! Ben tornato. Cominciano le vacanze? Patrizio (intim idito} — Sì, papà... Buon gior no, papà... Carlo — Vedo che stai benone. Bravo. Segno che l ’ultimo trimestre non è poi stato tanto brutto. Patrizio — Oh! No, papà. Carlo (agli filtri) — E voialtri? Tutti in gam ba? Son contento. (Ad Alfredo) Tu, caro mio, hai lasciato lo studio più presto del solito. Che diamine t i ha preso? Un attacco di poltronite? Alfredo (scoppiando) — Senti, Carlo! T i pa re possibile ? Mi fai il favore di dirm i dove sei stato? E’ tutto il giorno che ti cerco! Carlo — Io? Semplice! Sono stato a fare una magnifica passeggiata a Hanstead Heath! A lfredo — Una passeggiata!? Proprio oggi!? (Sorpresa generale}. Margherita — Da stamattina, da quando sei uscito, fino adesso? Carlo (sempre con un tono glaciale) — No! cammin facendo ho scovato una trattoria, molto carina, molto pulita, con giardino. Mi son fer mato a fare colazione. Una porzione di arrosto, con contorno, una bottiglia di birra, formaggio e frutta. Eccellente! Alfredo — Ma... (come non credendo a se stesso) ina perchè non sei passalo al Banco!? Evelina — Ormai, qui, tutti eravamo convin ti che fosse accaduta una disgrazia! Patrizio — E ci disponevamo a cercare... Carlo — Sarò tardo di comprendonio... Ma, davvero, non ci arrivo... A lfredo — Lasciami dire, caro mio. E’ inu tile fare la commedia. Te lo confesso. Ho parla to. Perchè? Eh! Fai presto, tu! Non sei andato al Banco... Non sei comparso in Borsa... Hai mancato l ’appuntamento che avevi con me... Avevo il cuore in gola... Come dovevo fare? Carlo (impassibile) — Già., vedo... (Coll ima leggera intonazione di ironica amabilità) Ebbene... Sapete... Non c’è molto da aggiunge re... No? Patrizio — Sì. Sappiamo pure che fortuna tamente tutto si è aggiustato. A lfredo — Mi spiego. Eravamo tu tti così spaventati che parla, discuti, proponi... sta di fatto che mi hanno spinto a telefonare ad Artu ro Letter. E lui, gentilmente, mi mise al cor rente di ciiò che aveva fatto in tuo favore... Carlo — Molto generoso, da parte sua, non ti pare? Evelina — Papà__ è vero... che senza quel signore... si andava in rovina? Carlo — Esatto. Non mi trovavo più in gra do di far fronte ai miei impegni. Oggi, ini Bor sa, il martello avrebbe lavorato per me. Evelina — Che cosa significa questo? Carlo — Quando uno di noi rimane anche per un minuto insolvente, viene radiato, espul so dalla Borsa e... martellato. Alfredo —> E gli è interdetto di occuparsi oltre di affari... Carlo (indifferente, ma cortese) —- Oh! Em ma... Come va? Avete un cappellino nuovo. Molto grazioso! W. SOMERSET MAL] Gli AM Emma — Davvero? V i piace? Come siete Mato gentile ad accorgervene! (Si tocca il cap pelluto, con un gesto di compiacimento). A lfredo — Ascoltami, Carlo. Noi due dob biamo parlare. E magari anche alla presenza dei tuoi che ormai sanno. Andrea... Tu e Diana fa reste bene ad andarvene. Andrea — Figurati... Subito. Patrizio — Oggi ti ci hanno abituato, no? Andrea — Non darti pensiero. Son pratico anch’io di tragedie domestiche! (Cario guarda fissamente i due giovanetti). Patrizio — A proposito di quanto si diceva poc’anzi... Le gioie della famiglia! (Diana ed Andrea escono). Emma (alzandosi a metà) — Forse è meglio ohe me ne vada anch’io. Credete? (Si è alzata). M argherita (si alza a sua volta) — Ah! No! Te ne prego. Tu rimani. Ho il presentimento che qui debba succedere qualcosa di grave. Vi sono dei momenti nei quali una donna ha biso gno dell’appoggio di un’altra donna. Emma — Come vuoi, cara. A lfredo — Adesso, Carlo... Fammi la grazia di spiegarti. Dove sei stato? Che hai fatto? Ho telefonato a mezza Londra sperando di af ferrarti in qualche posto. Ma inutilmente! Carlo —• Ma se l ’ho detto! Sono stato a fare una passeggiata. A lfredo — Assurdo! Se ini avevi avvertito di farmi trovare alle dieci! Carlo — Non offenderti. Non te lo puoi certo immaginare. Ma questo appuntamento era una noia terribile. A lfredo — Grazie. T i faccio nuovamente no tare che eri stato tu a desiderarlo! Margherita — Ma a Heath che cosa hai fatto, oltre la colazione? Carlo — Io? Ah, sì! Ho camminato, natu ralmente. Ho pensato ai casi miei. Ho ammi rato il paesaggio. Bellissimo. A lfredo (scattando) — Ah! Perdio! Ma a chi vuoi contarla? Proprio quando ogni minuto che passava aveva un’importanza capitale? Carlo — Anzi, non sei mica tenuto a cre derci, sai, ma questo aggiungeva un fascino stra no all’ambiente e al panorama! Patrizio — Non vorrei turbare la riunione con un commento inopportuno. Mi sembra però che papà, oggi, caso più unico che raro, sia in vena di scherzare! M argherita — Taci. Papà non è così. Lo sap piamo. Fa, soltanto, così. Ma deve dirci il mo tivo. Carlo (sempre impassibile, come se narras se di cose altrui) — I l giorno in cui Tom Avon si uccise... Lo sapete? Fu una faccenda seria... (Fa questa confessione, di proposito, fredda mente, come se non annettesse al fatto alcuna importanza). A lfredo — Lo sappiamo, infatti. Tutto som mato non gli restava altra via d’uscùta. A meno di andare in galera per una quindicina di anni. Carlo — La sua morte mi è costata molto cara. Alfredo — Non sei stato il solo. Una mezza dozzina di miei clienti ci hanno rimesso le penne. Carlo — In verità, ero superbo della ditta Carlo Battle! Ero felice che in Borsa e fuori il mio nome fosse quotato così alto. Che ognu no ini additasse come esempio di probità, di energia, di solidità. Carlo Battle, dicevano, è saldo come la Banca d’Inghilterra! A lfredo — Appunto per questo Arturo Letter si è deciso ad aiutarti. Mica l ’ha fatto per à begli occhi di nessuno! C’è sempre un interes se a sostenere la buona riputazione degli altri! Carlo (rivolto ad Evelina) — Quando si av vicinò il crollo, la mia unica preoccupazione fu quella di salvare la ditta. Ero pronto a sacri ficare ogni mio avere, pur di tenerla a galla. E ho fatto tutto ciò che ho potuto. A lfredo — Lo riconosciamo, non temere. Carlo —• Ie ri sera, stanotte, si può dire, ci ero riuscito. La salvezza era un fatto compiuto. Confesso che ne provai un enorme sollievo. A lfredo — Lo credo bene! Carlo — Questo doveva essere un giorno decisivo. La fine di un incubo. Dunque... Sta notte seppi che avrei potuto soddisfare tutti i miei impegni. Significava scaraventare nel poz zo senza fondo tutti i miei risparmi, magari anche il puro necessario. Non importa! La mia ditta era illesa, il mio buon nome senza mac chia. Che cosa strana, l ’onore! Non vi pare? E quanta importanza vi attacchiamo! Dev’esse re la forza dell’abitudine. Evelina —- Sei stato meraviglioso, papà! Nes suno di noi, vedendoti, avrebbe potuto ¡indovi nale ciò che tu provavi. Vero, mamma? M argherita — E’ vero. Chi mai si sarebbe sognato una cosa simile? Carlo — Bene. Temevo invece di essere stato noioso. M argherita (con grazia) — Oh, Dio! Non più del solito. Carlo — Stamattina, quando sono uscito di COLUI CHE CUADAGNA IL PANE casa, ero sereno. Mi settinrava di aver guada gnalo un patrimonio, invece che di averlo per duto. Come sempre, mi sono avviato verso la metropolitana. Ho salutato un paio di conoscen ti. Tutti se ne andavano al lavoro, come me. Alla stazione, la solita folla frettolosa. Improv visamente sentii una formidabile stretta al cuore ! Evelina — Perchè? Carlo (si alza e va verso Evelina) —• Brava! Perchè? Oh! Mia cara! Non puoi capirlo. (Bre ve pausa) Non una, ma mille volte, durante quest’ultima settimana, io ho disperato di vii> cere. Di notte, solo, steso sul letto, con gli occhi aperti, col corpo indolenzito, pensando e ripensando alla situazione, studiavo cosa diavo lo avrei potuto fare se la rovina fosse venuta. Una indescrivibile quantità di progetti! Era già un conforto tentare di convincermi che dal male si sarebbe ancora potuto ricavare qualche bene! Poi... la tempesta si è calmata. Stamane mi tro vavo nella condizione di poter ricominciare da capo. Perciò... Perciò... Ecco: avrei potuto con tinuare il consueto tran tran sino alla fine della mia regolarissima esistenza, facendo quello eh" ho fatto da dodici anni a questa parte, andando in Borsa, contrattando, comprando e vendendo titoli. Prospettiva affascinante! Fu come un lam po! Compresi che per me la rovina significava vita e libertà. E che, a] contrario, quel treno che si infilava nelle gallerie buie, carico del suo fardello di umanità affannata, conduceva alla schiavitù e alla morte. La volevate sapere? Questa è la ragione per cui sono andato a fare una bella passeggiata ad Ilamstead Heath ! M argherita — Io, questo lo chiamerei sem plicemente un attacco di nevrastenia. Un feno meno che dopo la guerra è abbastanza frequen te. Tutti, chi più chi meno, ne andiamo sog getti. Io stessa ne so qualcosa! Alfredo — Carlo, guarda la realtà, obiettiva mente. A>‘iche nella disgrazia, malgrado tutto, confessa che la tua vita non è mancata e che moltissime risorse ti restano a disposizione. Pos siedi una casa più che decorosa, potrai conti nuare a tenerti la macchina, hai mantenuto e manterrai la tua famiglia corda stessa comodità di prima, come esige la tua posizione sociale. I tuoi figli hanno avuto un’educazione eccellen te, in istituti di prim ’ordine. Se non sono in discreto, suppongo che tu abbia fatto parecchi risparmi. Carlo — Oh! Figurati... 50.000 sterline, all ’irchra... Alfredo — Accidenti! Ammettiamo pure che tutta questa cospicua disponibilità liquida vada sommerga e non per colpa tua. E’ iniquo, spa ventoso, lo ,so... Ma non irreparabile. Ci vuol sangue freddo. Ma tutto il resto rimane. Ed è una base solida, mi sembra, per riedificare. Carlo -— D’accordo. Ma il mio problema, og gi, è un altro. Non mi è forse permesso doman darmi ,se i l mio destino sia proprio quello di servire? Patrizio — Servire? Chi? In che modo? Carlo (guarda prima Patrizio, poi, lunga mente, l ’orologio) — Tu, ragazzo, non ci sei mali stato in Borsa, non è vero? Peccato! Ho fatto male a non condurti almeno una volta. C’era di che istruirti! Evelina — Ma, papà, agli estranei è permes so entrare? Carlo (rispondendo alla domanda frìvdla che riassume la scarsa comprensione degli interlo cutori, Carlo sembra prenda gusto a protrarre il suo intimo tormento) — Verissimo. E ’ probabil mente una misura prudenziale. In quel piccolo mondo di forsennati si verrebbero a trovare a mal partito. Alla fine, pei'ò, sarebbe una specie di terno al lotto per i cappellai, perchè, uscen do, tutti avrebbero bisogno, perlomeno, di un cappello nuovo! A lfredo — Io I lio visto. E’ uno spettacolo sorprendente. Carlo — Una bolgia dell’inferno in piena me tropoli. A lfredo — I l concerto più assordante che mente umana riesca a immaginare. Carlo — La quotidiana prova generale dello spettacolo della pazzia collettiva. Tuttavia, nel l ’insieme, vi è anche qualcosa di veramente in teressante. Tutta quell’atti viltà frenetica impone con prepotenza una profonda sensazione di vita. A lfredo — Non discuto. Carlo —• Eppure... E’ impressionante, te lo giuro. Quando scoccano le tre del pomeriggio... (In quel momento Vorologio che è sul canili, netto batte le tre) To’ ... proprio come le balte il nostro orologio... (Guarda Corologia. Brevis sima pausa) Due uscieri compaiono sulla tribuna centrale e si tolgono il cappello con compun zione, come davanti a una bara. Con un martel lo di legno picchiano tre colpi sulla balaustrata. Tutta la folla, pochi secondi prima ancora ur lante e congestionata, si volta, si ferma, si r i compone e guarda in su. Così, di colpo, come se in ognuno un meccanismo avesse cessato di funzionare. I] silenzio è così profondo che si W. SOMERSET MAUGHAM sentirebbe cadere uno spillo. Per quanto ci si aia fatta l ’abitudine, il rintocco sordo di quelle martellate, nella calma tragica del salone, dà sempre un brivido atroce. Sulla predella del mercato dei tito li statali un funzionario della direzione legge i l comunicato. Su quella del mercato dei titoli Industriali, dirimpetto, un col lega gli fa eco. « Signori! I l nominato Carlo Battle, fino a oggi agente in proprio e per conto della Ditta Wargrave, Battle e C., non è più in grado di far fronte ai suoi impegni! ». Una pausa... lunga... senza fine... In tanti anni di mestiere, forse, il cuore è diventato duro come i l bronzo. Ma... non si può lare a meno, in quel momento, di sentirselo stringere, come da un artiglio. La maggior parte degli agenti di cambio e degli uomini d’affari è più sentimen tale di quanto comunemente si creda. Sono dei bravi camerati! Soffrono quando uno dei loro è abbattuto. C’entra, oltre al resto, il capriccio della fortuna. C’è, è vero, citi addenta un pezzo più grosso di quanto ,sia capace di masticare. Ma c’è, al contrario, chi non ha voluto divorare, ina soltanto vivere e far vivere. Chi1 è forte può concedersi il lusso dii compatire e deplo rare la sventura del collega caduto. Chi sta appena appena in equilibrio, si domanda impau rito se la prossima volta non toccherà a lui. Per un attimo la disperazione li attanaglia. Ma su bito dopo, fulmineamente, come era cessato, il pandemonio ricomincia. Carlo Battle, ex agente di cambio fra i più stimati in Borsa, la ditta Wargrave, Battle e C. sono dimenticati. Un sepolcro si è chiuso su creature ancora vive. Ma il mondo tira avanti e non si ferma a pen sarci. (Una pausa. Improvvisamente, in antica mera squilla il telefono). Margherita — Evelina, va’ a sentire chi è... Carlo — Se vogliono me, non sono in casa. Anche se fosse urgente. Evelina — Sì, papà. (Esce). Alfredo (si alza e poi va a sedersi accanto a Carlo. Con forzata allegria). Bene, caro mio, segui il mio esempio, chè io l ’allegria non Elio mai persa... Sono contento, però, che questa tortura e questa offesa t i sia stata risparmiata. Niente recriminazioni. E pensiamo solo all’av venire... Emma (si alza e va a destra del tavolo) — Non essere seccante, Alfredo. Lascialo tranquillo. (A Carlo) Povero amico... Che brutti giorni avete p assato ! M argherita — Però... Non capisco... Perchè non mi hai detto nulla? Carlo — A che scopo? Evelina (rientra) — E’ il signor Turner. De siderava di parlare con te, papà. G li ho detto die non eri in casa e, da quanto ho potuto capire, è rimasto molto male... Carlo — Bene. Cosi volevo. Brava. Hai sapu to mentire. Farai fortuna. Tuttavia, a onor del vero, Turner è gentile. Evelina — Aspetta. Poi ha chiesto dove avrebbe potuto trovare zio Alfredo. Gli ho r i sposto che è qui. Zio, corri, ti sta aspettando. A lfredo — Che cosa potrà volere da me? Emma — Va’, non perdere tempo... lo saprai. (Alfredo si alza ed esce rapidamente). M argherita (rivolgendo la domanda all’am biente e non direttamente a Car'lo. I l seguente dialogo frivolo, prora dell’egoismo spensierato delle due dorme e dei loro figli, si svolge quasi come se Carlo fosse assente, anche se certe frasi gli sono indirizzate) — Tutto questo influirà sul nostro programma per le vacanze dell’estate? Emma — Già... Bisognerebbe saperlo. Per chè.. Margherita e io pensavamo che un cam biamento d’aria farebbe molto bene ai ragazzi. In Riviera, per esempio. Emma — Non dico che il Tamigi mi dispiac cia, questo, no. Ma è certo che un viaggio al Mediterraneo gioverebbe ai figli, anche dal pun to di vista dell’istruzione... Evelina — Oli! Mamma! E’ un’idea divina! Diana (rientrata poco prima. A sua madre) — Anche noi, vero, mamma? Emma (rivolta a Carlo che continua a osserva re freddamente la loro azione) — Non ne ho an cora parlato ad Alfredo. Sapete, per ora è un semplice progetto di noi mamme. Margherita — Naturalmente prima che tut to questo avvenisse... Emma — Suppongo che voi, Carlo, non pos siate allontanarvi. É’ logico. Avrete un muc chio di impegni. (A Margherita) Ma non vedo perchè dovrebbe opporsi alla tua partenza. Po tremo andare in qualche pensione modesta, a buon mercato. Io, per mio conto, ci sto. La vita costerà magari meno cara che in Inghilterra. M argherita — E io... trovo sempre modo di far delle economie! Evelina (con vezzo di bimba) — Oh! Papà! Sii buono, di’ di sì! Non negarci questa gioia! Saremo buoni, vero, Patrizio? Patrizio — Almeno... Faremo del nostro me glio per esserlo... (In questo momento Alfredo si precipita nella stanza, eccitatissimo). COLUI CHE GUADAGNA IL PANE Alfredo (gridando) — Carlo!... Carlo! Non è possibile... E’ mostruoso! Dice che sei stato... « martellato » ! ( Patrizio balza in piedi). Carlo (glaciale) — E con questo? A lfredo — E ’ fuori di sè anche Turner... Era convinto che oramai tutto fosse in regola... Car lo... In nome di Dio... spiègati... Dimmi che non è vero... Carlo (interrompendolo, con gelido sarcasmo) — Vero... vero... verissimo... (Pausa) Sì, caro mio! Gli uscieri del sacro tempio oggi hanno picchiato tie volte, e ben forte, coi loro martel li. Carlo Battle è finito... finito... così... A lfredo — Tu menti... Oppure non sai quel lo che ti dici! Ti scongiuro, ragiona! Margherita — Carlo, per carità! Parla... Che è successo? Carlo (come ispirato) — La rovina... la liber tà... la vita!... Alfredo — Sei diventato pazzo. Non c'è r i medio, sei pazzo! Carlo — Niente affatto. Nel preciso momento in cui stavo descrivendovi qui, con enfasi abba stanza teatrale, ciò che capita a un galantuomo allorquando viene squalificato in Borsa, i due martelli stavano appunto lavorando per me. R i cordate? V i ho fatto notare che battevano le tre. Patrizio — Se questo è uno scherzo, papà... credi, è di cattivissimo gusto. Evelina — Già... abbi pazienza se te lo dico... ma (il talento umoristico non è il tuo forte! Carlo — Brava. Ben detto. (Pausa) Sapete? Un fatto curioso. Quando ho sentito avvicinarsi le tre... e sapevo ciò che sarebbe accaduto... mi sono trovato terribilmente solo ad Hamstead Heath. Improvvisamente mi afferrò un deside rio tormentoso di venire in mezzo alla gente. E son ritornato a casa. Margherita — E’ fantastico. E’ certo un brut to sogno. Carlo — Dicono che il vecchio bufalo, quan do sente avvicinarsi la fine, abbandoni il suo branco... (guarda fissamente Patrizio ed Eveli na) e si r itir i lontano, in solitudine. Io, oggi, non ho imitato il bufalo morente. Alfredo — Sono stordito. Non riesco più a connettere. Perdio! Ma sì! Tutto era sistemato! Potevi benissimo coprire il deficit, completa mente, e non solo quello della liquidazione fine mese! Come miai, allora? Carlo — Mah! Ho preferito non farlo! Alfredo — E avevi l ’assegno di Arturo Letter in tasca? . , , , Carlo — L ’ho ancora! (Toglie l assegno dai portafogli e lo passa ad Alfredo) Anzi... Fammi il piacere. Riportaglielo. Digli che lo ringrazio e che lo saluto. Ma che ho deciso di non appro fittare della sua grande gentilezza. Alfredo — Non so. Temo di capire fin trop po. Dunque lo hai fatto proprio... e di pro posito! Ma, perchè, perchè? M argherita — Allora, Carlo... Allora siamo rovinati. Ci hai rovinati? Emma — Oli! Margherita, sii calma. E’ terri bile, lo vedo. Coraggio. A lfredo (imperioso, a Emma) — Emma, la sciaci... Emma — Come vuoi... (A Margherita) Resto in giardino. Nel caso ti occorra qualcosa, chia mami... Vieni, Diana... Margherita (con voce semispenta) — Grazie! (Emma e Diana escono). Evelina — Zio Alfredo, volete che usciamo pure noi? Carlo — No... Farete anzi bene a rimanere. Ho da dirvi qualcosa che vi interessa... Patrizio (quasi irruente) — C’è dell’ajtro? Di peggio ? Carlo — Eh ! Siamo nell’acqua fino al collo, ragazzo mio... (Quasi ridendo) Non c è più scampo... Patrizio ■ — E malgrado questo tu sei quasi al legro ! Alfredo — E’ inaudito! E avevi in tasca tanto da salvarti! C’è della gente che ha perduto e rifatto mezza dozzina di volte la propria for tuna. Vivendo negli affari bisogna sempre es serci preparato. Patrizio (ironico) — Questione di cervello e di carattere, lo capisco anch’io! Carlo (con un sorriso) — Benone, figlio mio! D’ora in avanti avrai tu la buona occasione di mettere alla prova ài tuo cervello ed il tuo ca rattere! (Evelina si avvicina a Patrizio). Alfredo — E hai sacrificato la tua azienda, distruggendo ini un’ora la tradizione di rispet tabilità di tutto un secolo! M argherita (enfatica) — Oh! Se il tuo po vero papà potesse aprire un momento gli occhi! Lui che era così orgoglioso del suo nome e di te! Che disperazione! Alfredo — D i’ almeno che cosa intendi fare, adesso... Carlo (indifferente) — Me ne andrò all’e stero... M argherita (con improvviso terrore) — Ma... allora... Carlo! Una fuga? E ci sarebbe il mo- V?. SOMERSET MAUGHAM tivo? Avresti anche commesso atti delittuosi? voi non siete altrettanto annoiati di me? (Ac C’è già il mandato di cattura? cende i l sigaro). Carlo — Nemmeno per sogno! La mia con Patrizio — E’ un’altra cosa. Tu sei nostro dotta può anche essere disonesta... Non dico di padre! no... Ma non Ito latto nulla che sia contrario Carlo — Non vedo la differenza! alla legge! Patrizio — I figli sentono sempre un certo Margherita — Non si sa mai! Oh! Dio! An disagio di fronte ai propri genitori! E’ untano! che questa ! Carlo — Oh, guarda! Davvero? A lfredo (gesticolando) — Un uomo come te Patrizio —- E’ la loro mentalità cormervatrice non si sopprime per il gusto di fare un bel ge che automaticamente si urta con la nostra. Que sto! I l tuo modo di agire è assurdo! Cose del stione di età, di temperamento. l ’altro mondo. Hai il dovere di spiegarci. Carlo — E non ti sei mai accorto che il me Carlo — La spiegazione è semplicissima ! Sta desimo fenomeno si produce in senso inverso? mattina, riflettendoci ben bene, ho concluso che Patrizio — No. ron ne valeva la pena... Carlo — Eppure, è così. A lfredo — Di1che? Patrizio — La gioventù non può annoiare! Carlo — ...di fare la vita che da tanto tempo Carlo — Sei tu che lo dici! sto facendo. Per dodici anni sono uscito di casa, Patrizio — Ha dalla sua le idee nuove, è ho lavorato, son rientrato, eccetera eccetera. moderna, sente i l segreto e la poesia dell’av Sulla stessa falsariga del primo armo... mac venire. Non è vero, mammà? ché... del primo giorno. Un capolavoro di mo M argherita — Sì, caro, hai ragione! notonia. I l mondo Ira continuato a girare e io Patrizio — Che cosa sarebbe questa casa, non ho avuto il tempo e i l modo di accorger senza di noi? Un mortorio! Noi siamo l ’anima, mene. Ora è finita. Sono stufo. Non ne posso la vita, qui dentro! Evelina, dico bene? più! Non voglio essere la bestia da soma e por Evelina — Esatto. tare il basto della rispettabilità! Guardate. Patrizio — E non sono il solo a dirlo. Do (Prende i l suo cilindro) Questo, si può dire, è mandalo a lu tti i vicini, ai conoscenti. Tutti ci i l simbolo della mia esistenza passata. Liscio... ammirano per la nostra intelligenza, per la no lucido... rigido... impassibile... Rappresenta in stra signorilità. Se tu ci giudichi diversamente, certo senso, e specie da noi in Inghilterra, i dipenderà dalla tua insufficienza c non dalla poteri brutali della ricchezza che sovrastano i nostra ! sogni incorreggibili ma generosi della povertà. M argherita — Patrizio, andiamo! Con tuo A ll 'in Terno ! (Scaraventa il cappello sul pavi padre! Misura i termini! mento e gli assesta uni formidabile calcio). Patrizio (fuori di se) — Se l ’è voluta! Mi ci . Margherita — Carlo! Carlo! Per amor di ha tirato per i capelli ! Del resto è sempre me Dio! Tu sei impazzito! E... che cosa faremo noi glio dire una buona volta ciò che si ha sullo adesso? (Raccatta il cilindro, lo strofina, col go stomaco... mito e lo rimette con cura sul tavolo). CARLO (imperturbabile) — Voi due non siete Patrizio (cinico) — C’è del melodramma in più insopportabili di quanto non lo sia la mag ciò che fai, papà! E’ per partito preso? gior parte degli altri giovani della vostra età. Carlo — In certi momenti ci si cade, senza Probabilmente è perchè vi conosco meglio che volerlo, mio caro superuomo. (Toglie di tasca mi seccate di più! il portasigari). Patrizio — E proprio oggi, dopo quel po’ po’ Evelina — Ma, noi, papà... che sarà di noi...? d’ avventura, tu dài sfogo al tuo disprezzo per Carlo (lentamente e tranquillamente) — Sto i giovani? E non capisci che ormai essi soli sa per lasciarvi... ranno capaoi di realizzare? Patrizio — Per quanto tempo? Carlo — No, non lo capisco. Da voi due, Carlo (semplicissimo) — Per sempre. non ho mai sperato nulla. Siete chiacchieroni, Patrizio (con vivo stupore) — Perchè? banali, prepotenti e presuntuosi. Avete tutte le Carlo (con sempre uguale naturalezza} — Per- prerogative del parassita che, sputando senten che voi m i annoiate... da morire! te, si alvi tua a vantare d iritti. Non sapete nem Patrizio (trasecolato) — Noi? Ti annoiamo? meno essere spensierati, allegri, divertenti. Con Carlo — Mortalmente, Ubo detto. E forse voi ho cercato di aver pazienza, non ricavando COLUI CHE GUADAGNA IL PANE alcuna gioia. Ma adesso faccio punto e vi dico: addio! Evelina — Ma, allora, tu non ci vuoi bene... Carlo — No; come intendete voi, no. Margherita — Ma è mostruoso, Carlo, ciò clic dici! Come non si può voler bene ai propri fi gli? Carlo — Mali! Da piccoli, mi piacevano. Co me piacciono dei cuccioli, dei gattini. In tutto avevano bisogno di me, e ciò mi commuoveva e mi svagava. Hanno avuto il torto di crescere. Oggi sono degli estranei. Patrizio — Questo è un oltraggio! Puoi non amarci. Ciò riguarda il tuo carattere e la tua coscienza. Ma non hai il diritto di offenderci! Evelina (più dolce) — Però... papà... Per esempio, se noi morissimo, non soffriresti? Carlo — Oh! Sarebbe uno strazio. Quando uno di voi ha avuto anche un malanno insi gnificante, sono stalo con Pannila in pena per notti e giorni interi. Ma, che volete? Porse è una fatalità che entrambi abbiate oggi una sa lute di ferro!... Patrizio — Non puoi pretendere che si di venti rachitici per guarire Panemia del tuo sen timento paterno ! Carlo — Dio me ne guardi! M i congratulo, e oggi soprattutto, con me stesso, di aver con tribuito a dotarvi del fisico che possedete... Patrizio — E io che credevo! A scuola son sempre stato fra i prim i in classifica. Son ca pitano della mia squadra di calcio; al liceo ero campione assoluto di nuoto e di scherma. Do vresti sentirti fiero di me. Ogni giudice impar ziale ammetterebbe che io t i ho sempre fatto e die continuo a farti onore! Carlo — Essere orgogliosi dei propri figli, in realtà significa soddisfare un particolare egoi smo. Non ho pretese nè vanità di questo ge nere. Patrizio — Tutti i gusti son gusti. Carlo — Ma tu... a me... vuoi proprio bene? M argherita — Son domande da farsi? Sicuro che te ne vuole! Non ho mai visto due figli più affezionati, più rispettosi dei nostri! Cario — Va’ là! E’ meglio che risponda da sé. Patrizio — Non capisco a che cosa tendi... l i voglio bene come ogni creatura, per legge na turale, vuol bene a quella che l ’Ila messa al mondo. Ecco tutto. Del resto, il tuo modo di agire non è il più adatto a rendermi pazzo dii .amore per te. Carlo — Se morissi? Suppongo che piange- resti un pochino. E’ la tua legge naturale. Sa rebbe molto gentile e molto opportuno eia parte tua. Ma... ahimè, son vivo e tiro calci. Fran camente parlando, la mia presenza non costi tuisce una tremenda seccatura per te? Non ti urta per esempio dover ricorrere continuamente a me per aver quattrini e sentirti magari inter rogare circa il modo clic hai escogitato per spen derli? Patrizio — Non nego. Però è logico che ogni giovane della mia età abbia il bisogno di sen tirsi indipendente, di essere finalmente padrone di se stesso. Carlo — Un altro esempio. Non hai mai pen sato come sarebbe bello .avere un appartamento tutto a sua disposizione? Patrizio — Ma, scusa, che c’entra tutto que sto con... Carlo — C’entra, e come! Tanto per dimo strarti come la famiglia, i l suo ambiente rac colto, la solidarietà cosciente e la premura af fettuosa non sono il tuo forte. Patrizio — Non puoi pretendere di cambiar faccia alle cose. E’ nella natura umana che i genitori ¡amino moltissimo i figli e che questi li ricambio in misura molto minore. Margherita — Oh! Patrizio... Clic cosa ti salta in mente? Carlo — Interessantissimo. Veniamo alla con clusione. Ed è che due ragazzi sani, intelligenti, attivi come voi, possono fare egregiamente a meno di uni rudere par mio. Siccome ciò mi conviene, vi metto senz’altro in grado di realiz zare i vostri intim i desideri. Patrizio — Una parola! Ma come potremo vivere? Soprattutto E velina? Vuoi che diventi una mala femmina? E velina — Ohe! Non dire stupidaggini! Che ne sai tu di me? Patrizio — Se papà ci abbandona, senea un soldo, mi sai dire che cosa sarai capace di fare? Son curioso! E io? Forse che potrò ancora iscri vermi all ’universi l à? Carlo — To’ ! Hai sempre l ’intenzione di studiare, di farti eleggere deputato a tutto onore e gloria del partito laburista? Patrizio — Almeno l ’ho sperato fino a questo momento... Carlo — E non credi che i laburisti comin cino ad averne piene le scatole di ger le come te che si è loro accodata quando sembrava van taggioso c che poi ha fatto man bassa di tutto ciò che c’era di meglio? Patrizio — tarmi. Te lo giuro! Ciò che faccio mi costa... mi costa molto. Mi sembra di aver l ’anima come uno straccio... Ma è necessario. Alfredo — Non è tormentarti che voglio. E’ semplicemente capirti. Capire il tuo gioco, poi ché non vorrai darmi a intendere che il tuo non sia un terribile gioco d’azzardo. Ebbene, metti le carte in tavola. Lo puoi fare con tutta fiducia! Carlo (ricomponendosi, freddo) — Ora sono io ohe non ci arrivo. A lfredo (molto affettuosamente) — Su, avan ti, sii buono. Io soro anche per te un vecchio zio. Lo zio Alfredo. Confidati. In tutto questo inverosimile pasticcio... c’c una donna. Non ne garlo. Sarebbe inutile! Carlo (cadendo dalle nuvole) — Una dorma? Lo nego... Lo nego... Alfredo — Proprio mi credi così ingenuo? Un progetto pazzesco come il tuo, quello di permet tere, anzi quasi di volere che gli affari vadano alla malora, quello di piantare in asso la fa miglia, gli amici, tutto questo non lo si escogita, non lo si attua se non sotto l ’influenza malefica di una femmina. Mangio quel tavolo, se mi sbaglio! Carlo (fa un gesto, come per mettergli a dis posizione il tavolo) — Accomodati, mangialo! A lfredo — Andiamo! Perchè questa diffi denza? Sono un uomo di mondo, che diamine! So benissimo che sei ammogliato da 19 anni! Forse non lo sono anch’io? Anch’io, come te, sento più sovente che 1:1011si creda, l ’irresistibile desiderio di cambiare... di distrarmi. Sono anzi parentesi salutari: la vita è breve e quando si è morti, lo si resta probabilmente per molto tempo. Ma tutto questo si risolve molto più co modamente, senza mandare a rotoli una fami glia, un’azienda ed anche se stessi. Non so se mi spiego! I l gioco, poi, spesso non vale nem meno la candela. Non Io fare, sei ancora in tempo. Richiama Turner. Carlo — Si vede che sei un competente in materia di avventure extraconiugali. Bravo! A lfredo (con sufficienza, un po’ maliziosa) — Oh! Sai... La mia professione mi mette so vente a contatto con certi casi pietosi... o per lomeno... interessanti. Sono di carne e ossa an ch’io, dopo tutto, e ne approfitto. (Serio) Ma non mi è mai accaduto che ciò avesse influenza sui miei rapporti con la mia famiglia. Onesta è sacra, come il dovere. I l resto è piacere... un po’ di profumo che inebria. Carlo — E ’ mai accaduto che epiesta polvere e questo profumo, fatti persona in qualche a ca so pietoso od interessante », si dichiarassero di sposti ad allietare l ’esistenza di un uomo non più giovane e con pochi soldi all’almo di ren dita? A lfredo — Appunto, m i sto domandando se non sia fondato il sospetto di tua moglie. Carlo — Sospetto? Quale? A lfredo — Che tu abbia un altro capitale nascosto! Carlo — Ma guarda che delicatezza! Bellis simo! Parola d’on... (non finisce la parola « onore » ma fa una smorfia) non ho un soldo. A lfredo — E credi di poter vivere con po chi centesimi il giorno? Te la senti? Carlo — Sono più che sufficienti per un tet to e per un pezzo di pane. L ’agiatezza, pare impossibile, ci insegna a far volentieri a meno di molte cose che si son godute. Se non avessi mai posseduto un’automobile, sarei morto dal desiderio di averla. Me ne sono invece servito ogni giorno, per dodici anni. D’ora in avanti sarò felicissimo di andare a piedi. Ma non vo glio più sprecare 11 mio tempo in un lavoro COLUI CHE GUADAGNA IL PANE monotono, asfissiante, idiota, che tende all'u nico scopo di mandare avanti una baracca di cui intimamente m i vergogno e che mi dis gusta. A lfredo — E credi clic a me, che agli altri faccia tanto piacere lavorare? Ci si rassegna, ecco tutto. E certe volte si giunge perfino a dire: guai se non ci fosse il lavoro! Carlo — Non voglio più far cose che mi ur tano, per assicurare soltanto la beata comodi tà di persone che non m ’interessano e che di me si infischiano, malgrado la continua ridicola commedia della fedeltà coniugale e dell’affetto filiale. M i son proposto di far compagnia sol tanto a me stesso. E ’ più divertente e meno pericoloso. Niente donne... ah, no, perdio! Ho la coscienza di aver fatto tutto ciò che dovevo per coloro che dipendono da me. I l mio avve nire, lo voglio per me solo! Alfredo — E che farai? Carlo — Non so... Vedrò poi. (Guarda fuori della finestra). A lfredo — Ma qualche progetto ce l ’avrai pure ! Carlo — L ’hai detto poco fa: la vita è bre ve. Quando mi volto per un istante indietro e mi fermo a pensare a tu tti i bravi compagni che sono morti in guerra, allora comprendo perfettamente la necessità di fare un uso m i gliore della mia. A lfredo — Queste sono romanticherie! Tienti alla realtà. Vuoi fabbricare con le tue mani un destino? Alla tua età? Farai un buco nel l ’acqua. Credi che io, certi giorni, non mi senta stanco, annoiato come te? Emina è una brava donna, tutto sommato; i ragazzi sono sani e allegri. Ciononostante ci son dei mo menti nei quali m i dànno ferocemente ai ner vi. Ma io mi domino, mi rimprovero, mi sti molo. E, anche contro voglia, fingo sempre di essere lieto e felice. Vale a dire che prendo la vita com’è, senza rompermi la testa contro i l muro che io stesso ho contribuito ad alzare. Carlo — E la ricompensa? Ah, già! La sti ma di tua moglie, il rispetto... ehm... ehm... dei tuoi figli, la simpatia dell’opinione pubbli ca. Tre magnifiche invenzioni della debolezza umana! A lfredo — Che avverebbe della società se tutti agissero come te? Sarebbe la fine della morale, l ’inutilità di ogni progresso Si vivreb be in ima gabbia dì matti! Carlo — No, no. Sta’ tranquillo. La maggio- ranza è soddisfatissima di marciare sulle ro taie della regolarità, dalia culla fino alla tom ba. Io non la biasimo. Me ne guardo bene! In fondo, la invidio. Ma non mi sento più, in coscienza, dì farne parte! A lfredo — E... quando ti sei deciso? Sol tanto sotto l ’impressione della disgrazia ? Da pochi giorni? Carlo — Con la testa, da poche ore. Ma col cuore e coi sensi, da almeno dieci anni ! A lfredo — Te ne pentirai. Carlo — Arrischio. A lfredo — Tu non sei capace di essere fe lice. Carlo — Perchè? Al contrario. Domando così poco! Emma (fa capolino alla porta. Entra e va dietro il tavolo) — Scusate se vi interrompo. Margherita vuole sapere che cosa sta succe dendo... Carlo — E’ lei che vi ha mandata? Emma — Sì. A lfredo (quasi implorando) — Carlo! Carlo (fa un gesto brusco e si avvia rapida mente verso l ’uscita) — In pochi minuti me la sbrigo. Salgo a cambiarmi vestito e a fare il bagaglio. Emma (sbalordita) — E volete andarvene? Proprio adesso? (Lo insegue e lo prende per il braccio). Carlo — Sì, amica mia. Quando si è deciso di fare qualcosa non bisogna mai perdere tempo. A lfredo — Ma non oggi, in nome dì Dio, non oggi! Carlo — Perchè no? Mi basta una valigia! Alfredo — Ma non pensi alla situazione del l ’azienda? E’ imbrogliatissima! Ci son mille pratiche da mettere in ordine... Carlo — Niente che io non possa lasciare nelle tue mani. Sei il mio liquidatore di fi ducia. Ho già lasciato scritto in proposito. Alfredo — E non hai preveduto che questa tua fuga provocherà uno scandalo? Hai il do vere di rimanere e di affrontare tutto e tutti a fronte alta! Carlo (sorridendo) — T ’inganni, lo sono persuaso invece che sia molto più elegante sci volar via in silenzio. Per la porta di servizio. A fra poco! (Alfredo ed Emma si guardano costernati. Carlo esce rapidamente. I l velario si chiude). ¿ e ì * e c c a» «I « » i i o ___________ m T E R Z m O A T T O L ’azione continua. Emma — Hai potuto scoprire qualche cosa? Alfredo — Se è vero che conosco un tantino la natura umana, debbo arguire che ci sia di mezzo una donna. Emma — Glie l ’hai detto? A lfredo — Sì. Lo nega. Emma — Come farebbe qualunque gentiluo mo. E ’ logico. A lfredo — Margherita e lui, negli ultim i tempi, andavano d’accordo? Non li hai mai osservati ? Emma — Benissimo, come sempre. Natural mente, lei viveva a suo talento. Lui era sempre in ufficio. Già... non sono dei passionali, nè l ’uno, nè l ’altra! (Si siede). Alfredo — A me pareva una coppia mo dello... Emma — Anch’io l ’ho sempre giudicata tale. A lfredo — Si è mal visto Carlo andare in giro con qualcuno? Emma — Ch’io sappia, no. A lfredo — Prova a chiedere a Margherita se, per caso, non ha qualche sospetto. Emma — Uh! Me lo avrebbe detto. Siamo intime. Non mi nasconde nulla! A lfredo — Eppure una ragione c’è! La mia esperienza di avvocato mi ha sempre convinto che due cose soltanto hanno valore per l ’uomo normale: il danaro e la donna! Emma — E’ fuor di dubbio che tu, per esemplo, sei un uomo normale! Alfredo — Che c’entro io? Credi tu che esista qualche altra cosa? Emma — Una crisi d’anima, per esempio. A lfredo — Una manifestazione morbosa, quindi. Può anche darsi! Emma — Morbosa? Non esagerare. Per pro porsi un nuovo ideale non è indispensabile impazzire! A lfredo — Tira via. Non complicare le co se. Hai letto troppi romanzi. Un uomo d’affari ha poca familiarità con gli ideali. Emma — Però da quando è ritornato dalla guerra è stato sempre un po’ chiuso, quasi as sente; ben diverso a ogni modo da quel che era prima. Alfredo — Ma un gran galantuomo. Per que sto gli voglio bene. E mi fa pena vederlo com promettersi così! Emma — Che possiamo farci? Alfredo — Mah! Ormai l ’unica persona che possa intervenire mi sembra sia Margherita! Peccato che. non sia un pochino più intelli gente! (Guarda Emma). Emma — Per una donna non è molto facile essere intelligente con un uomo che non l ’ama più! A lfredo — Cerchi almeno di non dargli fa stidio. Cerchi di commuoverlo... di... Emma —- Capisco. (Con cinismo e civette ria) Ma... le cinque pomeridiane... non è l ’ora più adatta per certe emozioni. A lfredo (sorridendo) — Non lo diresti se avessi trattato, come me, tante cause di divor zio. Parlale tu. Insegnale come deve fare. Io non sarei capace. Vuoi? Vado a chiamarla. Emma — Figurati! Farò quello che potrò! (Alfredo esce. Emma si alza e va un attimo a guardare se Alfredo fa le scale. Poi prende una fotografia che rimette al suo posto quando ¡entra Diana:. Emma guarda sua figlia, poi prende un giornale e mi mette a sedere). Emma — Che fai qui? Diana — Cercavo lo zio Carlo... Emma — Perchè? Diana —• Volevo salutarlo... Emma — A li! Vai via? Diana — No. Ma ho sentito che se ne va lu i! Emma — Lasciami, cara. Ho molto da fare. Se vi sarà qualche cosa d’interessante, te lo COLUI CHE GUADAGNA IL PANE dirò dopo... (Margherita entra rapidamente e Alle prime parole di lei, Diana esce). Margherita — E ’ vero che vuoi parlarmi? Emma — Sai. è Alfredo che lo ritiene utile. Prima che tu veda tuo marito. Margherita — Dov’è Carlo? Emma — Di sopra. Sta facendo la valigia. Margherita (stupefatta) — La valigia? Ma sul serio vuole partire? Emma — Temo di sì. Margherita — Oggi... subito? Emma — Così ha detto. Margherita — Lo so. Ma non ci avevo fatto troppo caso. Ho creduto che cercasse soltanto un motivo per fare una scenata. Emma — Non prenderla troppo tragicamen te. Vedrai, passato il temporale ritornerà. Margherita — A che scopo? I l banco verrà chiuso. Non avremo nemmeno il puro neces sario per vivere. Emma — Ma tu non hai proprio avuto mai il sospetto ohe le cose non andavano bene? Margherita — Egli sapeva che io detestavo gli affari e non me ne parlava mai. Emma — No. Non dico fuori. In casa! Margherita — In casa? Affatto! Era sempre lo stesso. Io, poi, non gli badavo mica molto! Perchè Pavrei dovuto fare? Emma — Anche questo è vero. Margherita — E’ un enorme egoista, niente al tro ! Emma — Credi possibile che sia innamorato di un’altra donna? Margherita — Oli! Nemmeno per sogno! Me ne sarei accorta! Sarebbe stato così buffo! Emma — Eppure, guarda, molte volte io stessa ha avuto l ’impressione che egli deside rasse qualcosa di « diverso ». Non so... Margherita — Diverso... da me? Sono stata per lu i una moglie perfetta. Emma — Non lo metto in dubbio. Ma può darsi che, senza volerlo, tu non abbia portato nella sua vita tutto ciò che egli si attendeva e desiderava. Specie in bontà e in bellezza! Margherita (piccata) — La tua è una scorte sia che non mi merito. E hai scelto un brutto momento, anche. No, cara! Io l ’ho circondato di bontà e di bellezza. Opere di carità... qua dri... statue, musica, lib ri. Ne poteva trovare fin che ne voleva. E invece schivava tutto, come un orso, e perfino fuggiva, come un lebbroso! M i umiliava davanti ai miei amici, continua mente, che lo reputavano un filisteo senza un briciolo di spirito e di temperamento. Oggi, tu stessa puoi giudicare. Mi ha messa in una si tuazione insopportabile, ben sapendo che v i viamo in mezzo alle malignità del nostro pros simo. Se una donna lascia il marito, trova sem pre l ’approvazione del mondo : tu tti dicono che lu i è un bruto! Ma quando il marito abbando na la moglie... il mondo si diverte e giudica: tanto peggio per lei... che non è stata capace di tenerselo... Emma — Cosa gli dirai? Margherita — E ’ sempre stato un uomo ra gionevole. Mi rivolgerò al suo buon senso, ai suoi sentimenti di onestà e di decoro. Per me, per i figli... E’ necessario che resti... Lo deve ben capire! Emma — Mali! Cara mia, non illuderti. Car lo è un uomo. E gli uomini non sono ragione voli nel senso che tu dici. Non c’è che un modo di influire su di essi, ed è quello di commuo verli, facendo perdere loro il sangue freddo. I l vantaggio che abbiamo noi donne è che essi, in certe circostanze, diventano deboli e senti mentali. Dura poco, è vero. Bisogna quindi approfittare del momento opportuno. A l tuo posto io sarei patetica, umile, disperata. Mi avvinghierei alle sue ginocchia e piangerei co me una bambina. M argherita — E’ una disdetta! Non sono mai stata capace di farmi venire le lacrime agli occhi come fanno tante altre con lui la facilita! Emma — Sforzati! Capisci quello che voglio dire? Bisogna lusingarlo nella sua vanità. Sii dolente, amorosa, tenera. Oh! Se fossi io nei tuoi panni! Saprei farlo, te io assicuro! Margherita — Mi sembrerebbe perfino rid i colo, dopo tanti anni! Temo che si metterebbe a ridere. Senti... Non ci riuscirei... impossi bile! 0, almeno, non così, subito. Aspetta. La scia che scenda. E resta tu qui. Parlagli... trattienilo. Emma — Ma non posso già essere tenera e amorosa per conto tuo ! M argherita — Non dico questo. Soltanto do vresti prepararlo. Prima di tutto, digli che io sono ancora e sempre innamorata di lui. Che tu lo sai, perchè ti confido tutto ! Emma — Fin lì, ci posso arrivare. M argherita — Forse hai ragione tu. Ilo tra scurato troppo di solleticare la sua vanità ! Emma — E, con gli uomini, è fatale! (Si al za e passa a sinistra) Sta bene. Lo chiamerò. Margherita — Per carità, aspetta! Lascia prima che me ne vada. Scendo in giardino. (Esce dalla porta che mette al giardino). Vi. SOMERSET MAUGHAM Emma (si avvicina alla porta che dà stille scale) — Carlo? (Diana entra nella stanza e va, in punta eli piedi, lungo la parete di fondo. Sentendo però la voce di sua madre, scappa via rapidamente) Carlo?! Volete usarmi la corte sia di scendere? Ho una parola da dirvi... (R i torna a destra del tavolo. Compie Voperazione del rossetto alle labbra e della cipria sul viso. Sii guarda attorno. Sospira. Entra Carlo. Si è cambiato il vestito e ne porta uno grigiastro, già abbastanza consumato). Carlo — Eccomi a voi... Emma (con solennità, come se parlasse di un avvenimento inalidito) — Poco fa... qui... ho avuto im lungo colloquio con Margherita. Carlo — A li! Sì? Emma — E ’ molto, molto infelice! Carlo — La parola non è esatta. Sarà offesa, esasperata. I l che è ben diverso! Emma — Voi non la conoscete! Carlo — Dopo 19 anni di matrimonio? Non fatemi l ’ingenua! Sapete benissimo che cono sco Margherita quanto è possibile a un essere umano conoscerne un altro! Emma — E’ una donna seria! Carlo — Perfino flemmatica, aggiungo io. Emma — Siete crudele! Carlo — Niente affatto. Non è una qualità disprezzabile in una moglie. Contribuisce no tevolmente alla pace domestica. Emma — Mi chiedo se proprio sapete valu tare i suoi sentimenti a vostro riguardo. Carlo — L i peso fino al milligrammo ! Favo rite quindi di non venire a raccontarmi che Margherita è pazzamente innamorata di ine, eccetera. Non attacca! Emma — Ebbene, sì. Lo sostengo. V i adora. Carlo — Fate male a mentire così. Voi sa pete come lo so io, badate bene, con assoluta certezza, che mia moglie, di me, se n’infischia. Emma — No, no ! Siete ingiusto ! Siete catti vo! Dunque... la vostra decisione è... Carlo (interrompendola, con un leggero cambiamento di tono) — Serissima. Definitiva. Vi avverto, amica mia. Nulla di ciò che vi sforzerete di dirm i avrà effetto. State sciupando i vostri polmoni e il mio tempo! (S’incammina). Emma (lo segue e, con voce velata di com mozione) — Carlo... Non saprei mai perdonar m i di non aver fatto tutto quel che potevo per trattenervi. Carlo — Scusate... ma a voi... che ve ne importa ? Emma (con languore) — Molto! (Gli prende la inano e glie la accarezza) Carlo, io so perchè ve ne andate! Carlo — Non mi sorprende. \'isto e conside rato che mi sono sgolato un’ora a spiegarlo! Emma — Non v’illudete ch’io creda a tutte le vostre chiacchiere sulla libertà e sull’improv visa smania di cambiar paese e lavoro! Carlo — Tuttavia... l ’unica verità è questa. Emma — Santo Dio! Ho due occhi per ve dere! Carlo — E bellissimi, anche. Dei quali fate un uso eccellente! Emma — Sono io, vero? E ’ per colpa mia! Caria) — Per colpa vostra? Che cosa? Emma — Che partite! Lo sapevo. Carlo — Sarebbe a dire? Perchè? Emma — Da molto tempo lo avevo notato, lo avevo sentito! Nei vostri sguardi che mi cer cavano continuamente! Ieri sera, ricordate, mi avete baciata in un modo strano. Carlo — Niente di speciale. Vi avrò baciata un migliaio di volte, a dir poco, come si usa fra parenti, fra amici intimi. Emma — Ma non come ieri sera ! Carlo — Se è come dite... V i giuro che non ne avevo l ’intenzione! Emma— Appunto per questo vi siete tradito. Carlo — Mia cara amica... Emma (impedendogli di parlare) — Tacete. Lasciate che parli io. So benissimo ciò che vo lete dire. Che Alfredo è il vostro amico più fedele, che Margherita è mia cugina, che ci sono i ragazzi, e via di seguito. E... che questa dura realtà deve uccidere ogni speranza! Da tempo, senza che ve ne accorgeste, vi osservavo. Capivo che meditavate sull’umiliante miseria delle vite che son fatte per intendersi e son te nute lontane dal destino. E ne ho sofferto. Carlo (sempre più sorpreso, un tantino di vertito, tenta di rialzarsi, mentre Emma gli si stringe sempre più al fianco) — Sentile, Emma. Voi ini state mettendo in una posizione abba stanza imbarazzante. Emma — Forse io non lo sono in una posi zione imbarazzante? Credete che non sia r i masta scossa, intuendo ciò che tormentava il vostro cuore e i vostri sensi? Margherita non vi ha mai capilo. Io ero la donna fatta per com prendervi, per starvi accanto, per aiutarvi e allietarvi... Questa convinzione che mi è venu ta a poco a poco, mi ha dato una tristezza in finita! E uno scoraggiamento doloroso, sapen do di non poter far nulla! Oh! Carlo! ditelo voi, che possiamo fare? COLUI CHE GUADACNA IL PANE Carlo — Intanto, parlare a voce più bassa. Emma (attenuando i l tono della voce) — Oh! State tranquillo. Non c’è nessuno. Carlo — Beh! E poi, spiegarmi perchè pro prio adesso in i dite tutta questa roba... Emma — Perchè so che mi amate! Carlo — Io? Voi? Curioso! E come lo sa pete? Emma — Sono donna... Carlo —• Non ne dubito... Emma — Parecchie volte vi ho visto im palli dire di desiderio quando toccavate la mia mano. In certi momenti vi mordevate le lab bra per non parlare! Ho ammirato la vostra forza d’animo e non ho mai avuto i l coraggio di spingervi a confessarmi tutto. Ma oggi, che im porta? Non posso lasciarvi partire, senza dirvi che so. Non mi chiedete di dirvi che forse anch’io vi amo. No, non lo fate... per cari tà... no! Carlo — Niente paura! Non farò mai una cosa simile! Emma (continuando, come se non avesse udi to la poco lusinghiera promessa di Carlo) — Non so... Nel mio cuore c’è una lotta terribile! Carlo — Povero cuore! Mettetelo in pace! Emma (finge un’altra volta di non aver udi to) — Quando vennero a dirm i che partivate, fu come un fulmine! Compresi che era per causa mia. E mi domandai: « Che debbo fa re, mio Dio? ». Accettare il vostro sacrificio? Impedirlo? M i è parso d’impazzire. Carlo —• Accettare il sacrificio... senz’altro... Emma — Sia pure. Ma non avete un’idea del come sia triste e umiliante per me. Mi detesto, perchè sono una donna debole. Se non lo fossi, getterei via tutto e verrei via con voi. (Gesto di comico terrore da parte di Carlo) Così sento che dovrei fare. Non mi domandate di farlo. No... no! Non mi tentate! Carlo — State tranquilla. V i obbedisco. Emma — Come fate voi a essere così padrone dei vostri nervi? Siete straordinario, voi! Vor rei avere anch’io del coraggio. Certo mi di sprezzate. No, Carlo. Abbiate pietà di me! Carlo (comincia a essere seccato) — Tutto quello che volete. Ma vi prego di non dimenti care che con Alfredo siete una moglie felice! Emma — Felice, io? Ah! Che errore! Se po teste leggermi in fondo all’anima! Sono triste... triste da morire! Carlo — E invece la vita è tanto gaia ! Emma — Siete amaro! Capisco. V i ho dato ima delusione. Mi avreste creduta e apprezza- ta se m i fossi decisa. Ma... Come è possibile? Ragionate. Nella vostra situazione, come si po trebbe vivere? (Insinuante) E ’ vero che vi re stano soltanto cinque sterline la settimana? Carlo (sorridendo beatamente) —- E’ vero, per fortuna. Verissimo. Emma — Voi mi giudicherete frivola, attac cata alle comodità e al lusso. Invece non è così. Ma io so che l ’amore e la miseria non vanno mai d’accordo. Sono crudele più per i l vostro bene che per il mio... Carlo — Vedo... Brava! Emma (sempre insinuante) — Oh! Se aveste pensato a tenervi almeno qualche diecina di migliaia di sterline in deposito presso una ban ca svizzera! Un uomo come voi! Sappiamo co sa significa i l danaro ! Carlo — To’ ! Guarda. Anche voi! Questa è una delle caratteristiche più divertenti del vo stro sesso. La previdenza! Emma — Forse, fra qualche anno, c’incon treremo ancora. A Parigi, in Italia. Chissà do ve! E io vi dirò: « Carlo, abbiamo aspettato fin troppo. Rimane poco temilo davanti a noi. Accettiamo la felicità che i l destino ha messa misteriosamente sulla nostra strada... ». Carlo (si alza e s’incammina per uscire; Emma si alza a sua volta e lo fenna) — Non avete finito? Se non vi dispiace ritorno in ca mera mia a fin ir la valìgia. Emma — No. Prima di partire... voglio che abbiate di me un ricordo buono... bello! Ba ciatemi sulla bocca. (Carlo, seccato, guarda in giro per la stanza. Si vede che, pur di finirla, è disposto ad asse condare il desiderio di Emma. Infatti la bacia sulla bocca. Poiché Emma intanto gli stringe forte le braccia intorno al collo, egli le prende energicamente le mani e si libera). Emma — Carlo, ti ho dato qualcosa di più che il mio corpo! T i ho dato tutta Fanima mia! Portala con te! Addio, Carlo, per sempre! (Esce rapidamente con passo melodrammatico, dominando eroicamente la propria emozione. Carlo rimane un istante fermo, sorridendo sar donicamente. Si passa un dito fra collo e col letto, come se quest’ultimo lo stringesse trop po forte. Poi leva dalla tasca un foglio di carta bollata sul quale è n;i testo dattilografato. Vi scrive poche parole e fa una firma. In quel mo mento entra Diana. Carlo si volta). Carlo — Salute, bella figliola, che fai qui? Diana — Ho gironzolato qui intorno da mez z’ora, aspettando che quella pìttima di mia W. SOMERSET MAUGHAM madre se ne andasse. Zio Cario, ho da dirti una cosa. Carlo — Fuori... T i ascolto. Diana — Ha tentato di sedurti? Carlo — Chi? Diana — Emma, 'perbacco! Carlo — Sarebbe arrivata troppo tardi. Diana — Eppure scommetto mille contro uno che è persuasa che tu pianti Margherita per chè sei innamorato di lei! Carlo — Sei stata a origliare alla porta! Diana — Non ho bisogno di ascoltare alle porte per sapere le sciocchezze che dice mia madre. Carlo — Un caso di telepatia allora! Ecco gli inconvenienti delle famiglie troppo unite! Diana — Emma ha ormai raggiunto in pieno l ’età pericolosa, in cui le donne son convinte ciré tutti gli uomini s’innamorino di loro al primo incontro. Hanno la dolce manìa di essere fatali! Diventano intrattabili e mancano di pun tualità ! Carlo — Perchè? Diana — Cominciano a dipingersi e dopo un’ora esclamano : « Dio, oggi il mio viso è spaventevole! » E ricominciamo da capo. Carlo (intanto ha collocato il foglio sotto il libro che è sul tavolo) — Bimba mia, ho an fora da sbrigare parecchie cose. Vuoi dirmi ciò che ti preme? Diana — Oh! (Lo prende per le mani e lo costringe dolcemente a sedere sulla sedia a de stra. In tutto i l dialogo che segue deve risul tare chiaramente che la spregiudicatezza di Diana può sorprendere, ma noni offendere) Ec co, volevo parlarti da solo a sola. Carlo (con un gesto come per dirle che sia breve e chiara) — Puoi farlo. Bada però che devo partire fra poco. Diana — T i piacerebbe che venissi con te? Carlo — Tu? A che fare? Diana —• A tenerti compagnia ! Carlo — E’ un pensiero molto carino. Gra zie. Ma non ne ho proprio bisogno. Diana — Non soffrirai di nostalgia? Non ti sentirai solo? Carlo — Dopo 19 anni di matrimonio? E ’ inverosimile. Diana — Una ragazza come me è un po’ di versa da una moglie. Carlo — Non ne dubito. E’ dieci volte più ingombrante... Diana —• Saprei come comportarmi. Non so no una scema. E non ti darei fastidio. Carlo — Chi ti ha messo in testa una fanta sia simile? Diana — A casa ammuffisco. Ho diciotto an ni, mi hanno insegnato a essere come sono, a ragionare sulle cose in modo da non illudermi troppo. Non vedo a che scopo io debba vegeta re così. Voglio andare per il mondo e fare ma gari un mestiere... Carlo — C’è forse del buono nel tuo proget to. Ma significa andare alla ventura. Un uomo che ha passato i 40 amai non è il compagno più adatto per riuscire... Diana — Perchè no? Carlo — Malgrado tutto, io sono un po’ vec chio stile, mia modernissima fanciulla! Temo che sarebbe assai difficile convincere la gente che fra noi due non esistono altri rapporti che quelli correnti fra zio e nipote... Diana — Nemmeno per sogno. Naturalmente verrei per essere la tua amante! Carlo (che ormai non si sorprende più di nulla) — Nobile proposito! Non me l ’ero im maginato. Diana — Male, perchè sei intelligente! Carlo — Beh! T i devo dire la verità? Non voglio avere amanti. Diana — Lo dici... ma non lo farai. Sei an cora ti'oppo giovane! Carlo — Preferisco che i miei... chiamiamoli così... i miei svaghi amorosi siano di natiu-a assolutamente transitoria. Diana — Senza impegno da ambe le parti. Potrai sempre lasciarmi quando sarai stanco di me! Carlo — Le donne sono peggio delle carte senapate! Diana — Non ti piaccio? Carlo — Moltissimo! Diana — Saresti... il primo... Lo credi? Carlo — Eh! Mi pare... Sarebbe enorme che... Diana — Adagio! Molte ragazze per bene della mia età sono già delle maestre in ma teria ! Carlo — Cosa vuoi... sono vecchio! Ma tro vo che il pudore e la virtù sono due doti anche oggi mollo apprezzabili in una giovanetta che comincia appena a vivere. Diana •— Sei un passatista da museo. Ma non vi accorgete proprio di nulla? Che i nostri tem pi sono assolutamente diversi dai vostri? Però, sai, anche mio fratello finora... niente. E’ r i masto casto e pino. Buffo, no? Carlo — Non m ’interessa. COLUI CHE guadagna i l pane Diana — Dice che vuole aspettare le propo ste di qualche moglie di Putifarre, 'per procu rarle una piacevole sorpresa! Carlo (come se si ricredesse per un istante e parlasse a se sfesso) — Mah! L ’innocenza ha forse il suo fascino... in teoria. E’ fuor di dub bio che in pratica l ’esperienza ha 11 soprav vento. Diana — Ben detto. Ciò significa che non r i fiuti. Carlo — Oli! Sicuro che rifiuto! Diana — Tu pensi forse che io non capisca bene a che cosa mi espongo. Errore. Non devi aver timori di questo genere. Ho gli occhi aper ti e so dove mettere i piedi. Carlo — Non pensavo a te. Pensavo unica mente a me stesso. Dovrei saltare da una pa della appena tiepida nella brace più ardente. Diana — T i giuro che sarebbe delizioso! Carlo — Sarebbe assurdo, inaudito. L ’amore non può andare d’accordo con la miseria. E ’ una massima, questa, da Vangelo. Diana — Ma che massima! Questa è una del le frasi più cretine di mia madre. Nemmeno originale, poi! Roba da medioevo! Le hai pro posto di scappare con te? (Si appoggia con mos sa felina alle ginocchia di lui). Carlo — Io ? Ah, no, perdio! Diana — Sono contenta. Mi piaci ancora di più. Ascolta il mio piano. Spero che oramai tu non abbia più degli stupidi pregiudizi tanto da trovare indecoroso per un uomo di farsi mante, nere dalle donne. (Gli stringe le ginocchia). Carlo (con comico cinismo) — Io? Anzi! Son persuaso che andando innanzi di questo passo, nella futura vita sociale il nuovo ordine di cose al quale tu accenni sarà messo in pra tica rigorosamente. Le donne, con la loro abi lità esecutiva, e avendo a disposizione un’industriosità naturale di prim ’ordine, si arrabatte ranno da mattina a sera, e noi uomini saremo liberi di dedicarci alle arti belle, alle lettere, e alle prove meno violente dell’atletica! Diana — Ih! Che spirito! Avevo ragione io. Tu sei meno orso di quanto li si creda! No, sai. Io parlo sul serio. Tutti dicono che ballo me ravigliosamente. E che potrei avere grande sucmesso se mi esibissi al pubblico. Perchè non po trei andare sulle scene come ballerina di pro fessione? Non mi mancherebbero le scritture nei famosi varietà in Francia, in Germania, in Italia... Carlo — Ehm! Dubito però che ci sia molto da guadagnare. Per conto mio ho sempre insi- W. SOMERSET MAUGHAM stito nel pensare che Se dovevo diventare il mantenuto di una donna, avrei dovuto farlo in gl ande stile. Diana — Ingenuo... I l varietà non sarebbe il fine, bensì il mezzo. (Si alza e scivola graziosa mente sulle ginocchia di Carlo) Offre una quan tità di occasioni. M olli uomini ricchi lo fre quentano. Quando mi riuscisse di accalappiar ne qualcuno... al momento psicologico tu com pariresti, a difendere l ’onore di tua figlia. Mi capisci? Carlo (celando il suo stupore e la sua ribel lione) — Ci vuol poco, mi pare. Tutto questo, però, va bene nei films educativi americani... nei romanzi... sul teatro... ma nella vita reale finisce per mandare in galera. Diana (alzandosi) — Tutto sommato, di me non vuoi saperne. Carlo — Perfettamente. Diana — E ’ una delusione che non mi aspet tavo da te. Carlo (bonario) — Nei tuoi panni, io aspet terei che un bravo giovane si innamorasse di ine e mi sposasse. Soltanto dopo, caso mai, se non fossi felice, mi deciderei. Diana — Sì, aspetta cavallo!... E poi... con gli esempi che ho intorno a me! Tanto vale il rischio... Manco a farlo apposta mi attacco a te che sei infarcito di scrupoli come lo si era all’età della pietra. Carlo — Ma credi che sarebbe molto pulito se io scappassi con la figlia minorenne del mio miglior amico, con una ragazza appena uscita di collegio? Diana — Se è soltanto per questo! Saresti un imbecille! E’ forse molto pulito ciò che fai coi tuoi clienti, coi colleghi, con la famiglia? Ep pure te ne infischi. Dimmi invece francamente che non ti piaccio, che il mio fisico non t i per suade. Certo non è una cosa che mi può far pia cere. Ma è una disgrazia contro la quale non c’è rimedio. E dirò: pazienza! Carlo — Per un uomo della mia età è imba razzante dire una cosa simile a una bella donna della tua età. Diana (avvilita, si volta verso la parete e le spinitano le lacrime agli occhi) — Oh! Hai sa puto dirla... e come! Se sapessi che pena! Carlo — Piangi? (Preoccupato) Che diavolo ti prende, Diana!? Ma perchè? Diana (vinta, semplice, senza la spregiudica tezza di prima) — T i amavo tanto! Carlo (stupefatto) — Tu? Me? E ine lo dici adesso ? Diana —- Non volevo che tu mi giudicassi una ragazza infatuata e sentimentale. Perciò ti ho fatto la mia proposta, come se si trattasse di un affare. Sono diversa, sai! La ragione è che ti amo. Carlo (incredulo, ha uno scatto di rabbia e Vafferra per le spalle) — Oh! Tu! Piccola stre ga! Con chi credi di giocare? Chi t i ha inse gnato simili stupidaggini? Diana — No, non sono stupidaggini. T i vo glio tanto bene! Di nascosto, da molto tempo... Carlo (rasserenandosi) — Voler bene allo zio Carlo è molto carino! Ma lo zio Carlo, se non avesse tanta fretta, si dovrebbe mettere di per sona a sculacciare la nipote che dice delle cose che non stanno nè in cielo nè in terra ! Diana (sorridendo, fra le lacrime) — Come sai essere dolce! (Gli mette un braccio intorno al collo). Carlo — Ah! Perdio, no, eh! (Toglie bru scamente il braccio di Diana e le dice, fra il serio e il faceto) No, Diana. Non essere stupi da! Figurati! Innamorarsi di una carcassa vec chia e sciupata come me! Dovresti vergognarti. Diana — Invece, no! Tu sei il mio orgoglio. E ’ più forte di me! (Teneramente, carezzan dolo). Sei Punico uomo che mi abbia fatto de siderare l ’amore! Carlo — T i risveglierai da questo sogno di adolescente irrequieta. E tu stessa ne riderai. Però, t i ringrazio. Non volermene, piccola mia! Sii molto ragionevole. Ho per te molta tene rezza e ti auguro di essere felice! Diana (triste, ma rassegnata) — Almeno... vuoi darmi un bacio? Carlo — Sì, cara! (Diana lo prende per ma no e lo fa alzare. Egli le si avvicina e sta per abbracciarla. Diana guarda attentamente le lab bra di lu i, le sfiora con l ’indice, e lo fiuta). Diana — Vorrei che mia madre non usasse quelle sue o rrib ili matite per le labbra. Puli sciti le labbra, caro ! (G li porge il fazzoletto ed egli si pulisce le labbra. G li passa il braccio al collo e gli offre la bocca. Carlo le prende la bel la testolina fra le mani e la bacia affettuosa mente sulle guance. Diami, intimorita, sospira ed egli la lascia) Addio, Carlo... Carlo — Addio, cara! (litu i breve pausa). Dove saranno Evelina e Patrizio? Diana — Evelina è in giardino. Patrizio, non so. Carlo (va alla finestra e chiama) — Evelina! Diana — M i mandi via... E ’ naturale... Cer ca di non dimenticarmi, vuoi? COLUI CHE CUADAGNA IL PANE Cablo — Te lo p ro m e tto ,M a ... ora... Vai.,, vai... {Diana, a capo chino, esce. Carlo prende sul tavolo Vorario delle ferrovie c lo consulta. Poco dopo entra Evelind). Evelina — Mi hai chiamato, papà? Carlo — Sì. Dovrei parlare un poco con tua madre. Ma il tempo che mi resta è brevissimo. T i prego. Sali a dare un’occhiata se Giacomo sta terminando di fare il bagaglio. Ho messo sul letto tutto ciò che occorre. Evelina — Va bene. Carlo — E quando tutto sarà pronto, ordina che carichino sulla macchina. Evelina — Vuoi che guidi io fino alla sta zione ? Carlo — No, grazie. Meglio Giacomo. Dov’è Patrizio? Evelina — Si è chiuso in camera sua. Però si è fatto portare il tè. E’ di 'pessimo umore. Carlo — Come capo famiglia, comincia un pochino troppo presto! Evelina — Siamo giusti. L ’hai maltrattato... Carlo — Forse facendogli del bene... Evelina — Lo spero, papà. Nemmeno a me, sul momento, ha fatto molto piacere sentirmi dire certe cose da mio padre. Ma, poi... ho r i flettuto. Devo dirlo? Per me, tu sei stata una rivelazione. Non ti conoscevo così! Ora son con vinta che tu hai un temperamento, un cuore, una volontà vibrante, mentre prima mi appa rivi come una stalattite in movimento. E, quel che più conta, son convinta che tu sai anche ridere, dal di dentro, osservando con gusto la stupidità umana! Carlo — Oh! Tutto questo è molto piace vole, detto da te. Evelina — Prego ! I l primo sentimento, per la verità, fu di disagio. Mi era venuto il sospet to che tu, durante anni interi, fingendo di star tene appartato e di non interessarti a noi, ci abbia invece spiato, ridendo alle nostre spalle. I l sospetto è poi diventato certezza. Perciò, ve di, è straordinario. Mi sento molto più affe zionata a te... Carlo — Credo di capire! Evelina — Non so. Forse perchè l i stai com portando male verso di noi, m i sembri più umano. Carlo — Ehm! C’è dell’intelligenza in quel lo che dici. Evelina — Tu mi conosci molto poco, papà. Già... io sono del parere che padri e figli non si conoscono inai. Carlo — Forse gli altri si conoscono? Evelina — Lo credono, quando si amano. Carlo — Ed è allora che si ingannano di più... Evelina — E ri innamorato della mamma al tempo del vostro matrimonio? Carlo — Pazzamente! Evelina — E pensavi allora che l ’amore po tesse durare eterno? Carlo — Forse, no! V i è una sola vera tra gedia nella vita! Questa! La morte? Tutti sap piamo che un giorno o l ’altro essa verrà... Ma quando si ama non si può pensare che deliba morire anche l ’amore! Evelina — Secondo te, per quale ragione l ’amore non dura? Carlo — Mah! Il microbo dell’abitudine lo avvelena e lo uccide. Evelina — Sovente abbiamo discusso in pro posito, le mie amiche e io. Poste di fronte al problema del matrimonio, siamo unanimi nel giudicare che la soluzione migliore sia sempre quella di farsi im amante. Carlo —■ Non è peregrina ! Un legame, di qualsiasi genere esso sia, finisce per abbrutire le vittime. Evelina — Peccato che te ne vada così pre sto! Avrei voluto chiederti un'’infinità di infor mazioni. Carlo — Perchè non me le hai mai chieste prima ? Evelina — Cosa vuoi! Parlare di certi argo menti col proprio padre sembra assurdo. Oggi non ti considero più come mio padre. Sei ai miei occhi, adesso, semplicemente un simpatico gentiluomo che mi ha colpito per le sue qua lità morali e fisiche veramente interessanti. Carlo (divertito) — Allora, caso mai, in av venire, ci dovessimo incontrare, sarà opportuno dimenticare la nostra parentela! Bene! Tu sa rai una graziosa e intelligente signorina che ho conosciuto per combinazione e io un vecchio impiegatocelo in ritiro e di conseguenza in bol letta che un giorno, nel remolo passato, non si sa come, ha conosciuto tua madre! Evelina — Prevedo fin d’ora che i nostri con vegni saranno piacevolissimi ! Carlo — Per conto mio rinnoverò sempre con molta soddisfazione la conoscenza che oggi ab biamo fatta in modo così impreveduto! (Si alza e con gesto franco di cavaliere le bacia la mano). Evelina (seria) — Papà... Perchè te ne vai? E’ per la pace della tua anima, vero? Carlo — Ci sarebbe forse un tantino di pre sunzione) se Io affermassi. W. SOMERSET MAUGHAM Evelina — Non importa. Ci tengo a saperlo da te. Carlo (serio, convinto) — Ebbene... Forse è proprio per questo. Credo che mi restino pochi anni da vivere. Voglio che siano perfetti, il più possibile. (Evelina si volta verso di lu i) Hai mai avuto davanti a tc un subisso di lettere da scrivere e soltanto dieci minuti a disposizione prima che parta il corriere? Sì? Ebbene... in tanto imbarazzo, quali lettere bai scritto? Le più importanti dal punto di vista morale ed eterno? Nemmeno per sogno! Quelle magari banali, in significanti, che li facevano più comodo per i tuoi meschini interessi immediati... (Prenden do la mano di Evelina) D’ora in avanti, te lo giuro, non scriverò più che le prime lettere. Evelina — T i si è offerta l ’occasione. Faresti male a lasciartela scappare! Io non ti condanno. Al tuo posto farei come te! Carlo — Sei molto buona, figlia mia!! Evelina — E t i sono anche grata. Poiché mi hai insegnato qualcosa e hai creato anche per me 1'’occasione che ho sempre sospirata. Detesto la mia condizione di signorina di buona famiglia. Nè carne nè pesce. Passeggiate, conferenze, ten nis, tè e ricami... il tutto condito con la salsa insipida del frasario convenzionale. Ho una mia personalità... lo sento... e la voglio sfruttare. Ho deciso di dedicarmi al teatro. Carlo — Nessuna professione, a priori, è da sconsigliarsi. Ma... dimmi francamente... bai vo glia di lavorare? Essere attrice ed artista non si gnifica imparare a memoria un cerio numero di parti e poi andare a cena, dopo lo spettacolo, nei ristoranti di lusso... E’ una fatica, una feb bre, un’ansia per le quali occorre sacrificare tut ta se stessa, consumarsi d’incontentabilità e di smania di perfezione. Evelina — Questo è anche il mio credo. La vorerò, non dubitare. Carlo — Bene! E cerca di non tradire mai un principio che è fondamentale: quello della na turalezza ! Evelina — Oh! Non mi sarà difficile! Carlo — Meno facile di quanto credi! La na turalezza, invece, è il risultato di cure infinite e grevi, perchè è la vittoria della verità inerme contro le forze agguerrite dell’ artificio. Ricor dati che il pubblico ti considera come l ’oggetto del suo capriccio e che se per avventura andrai giù di moda diventerai il bersaglio del suo stu pido rancore. H pubblico, più che l ’alcool, ha distrutto la carriera di un numero considerevole di eccellenti artisti. Fa’ in modo che le luci del la ribalta, almeno spiritualmente, non abbaglino 'il tuo cammino. Queste sono le ultime racco mandazioni che un padre sussurra a ll’orecchio di sua figlia, mentre sta per dirle addio e per sempre. Evelina — Per sempre? Nossignore! Quando sarò un’attrice celebre con paghe principesche e tu, vecchio reprobo, ti nasconderai stanco e forse .scoraggiato, ti chiamerò per nome. E tu verrai. Vivremo accanto... senza darci fastidio... da buoni amici. Carlo — C’è molta fantasia, ma anche molta grazia in ciò che m i dici. Te ne sono ricono scente. (Dalla finestra si vede Margherita che attraversa il giardino e sta per entrare). Evelina — Guarda che c’è la mamma! Carlo — Scappa via, cara! E quando lutto sarà pronto, vieni a chiamarmi... Evelina — Sì, papà... Che Dio ti accompa gni! Ricordati di me. Carlo — Altrettanto a te, figlia mia. (Si diri, no un lungo bacio. Evelina esce. Breve pausa. Margherita entra dal giardino. Carlo molto gen. tilmente le va incontro e la prende per inano) Vieni e siediti, Margherita. M argherita — E’ vero che parti oggi stesso? Carlo — Sì. Margherita (melodrammatica) — Ti sei dun que prefisso di spezzarmi il cuore! Carlo — Ascolta. Per la prima volta in vita vostra noi faremo un discorso serio. Perciò è meglio che ambedue ci mettiamo d’accordo e di impegno a dire senza ipocrisie soltanto ciò che realmente sentiamo. Margherita (c. s., ma un po’ meno) — Però non puoi pretendere che io soffochi la mia emo zione. T i amo, Ciarlo. Carlo — Cominciamo male! Perchè questa è ima bugia. Se fossi assolo talli erte certo che tu provi ancora per me quel sottile desiderio delPaninia che si chiama amore, probabilmente non avrei il coraggio di lasciarti. Un tempo tu mi amavi... come io ti amavo. Non credere che io l ’abbia dimenticato. M argherita — E’ logico che jo sia un po' mutata. Son passati 19 anni. Sarebbe ridicolo se ciò non fosse. Carlo — Ridicolo e opprimente, eli? Margherita — L ’amore non è tutto. V i è l ’af fetto, la buona compagnia, la confidenza reci proca. Sono stata per te una buona camerata. In. tanti almi non ho avuto altra opinione che la tua. Carlo —■Se fosse vero, mi domanderei come COLUI CHE GUADAGNA IL PANE bai fatto a resistere! Non ti sei inai accorta, d’altra parte, che due persone devono essere profondamente indifferenti l ’una all’altra se non trovano mai un motivo per contraddirsi? Margherita — La tua ingratitudine è inaudi ta! Non capisci che il nostro accordo dipendeva quasi esclusivamente dal mio tatto... Carlo -— 0 dalla tua finzione... M argherita (come se non avesse, udito) — E non è sempre stalo facile. Dalla guerra tu sei ritornato che eri un altro! Carlo — Tutti e due eravamo cambiati. 0 for se niente affatto. Soltanto, dopo un interruzione di cinque anni, ci vedevamo forse per la prima volta, tali e quali siamo in realtà. Margherita — Non capisco niente. Certo, du rante la guerra io mi ero fatta più donna, ecco tutto! Carlo — E io, più uomo. Però l ’uno per 1al tro eravamo diventati estranei. Abbiamo dovuto rifare la nostra conoscenza, da capo a fondo. E non ci siamo più piaciuti. M argherita — Ammetto che sovente mi hai delusa. Ma per fortuna mi aiutavo con un po' di fantasia. Avevi perduto il tuo bell entusia smo, il senso di poesia, l ’inclinazione per le cose belle. Eri diventato rude, bevitore e per fino i tuoi discorsi erano scurrili, sudici. Carlo (leggermente ironi co) — Riconosco che bai avu to pazienza e ti ringrazio. Margherita — Me l ’ero im posto, come un dovere. E cre dilo... In Inghilterra si son venute a trovare allora nella stessa situazione migliaia e migliaia di povere donne. L ’unico mio orgoglio è di es sere sempre stata una moglie fedele. Carlo — Forse è stato an che questo il nostro torto. R i manerci fedeli ad ogni costo. Vedi, per esempio? G li indi geni della Tasmania non co noscevano l ’adulterio. La loro razza è oggi completamente estinta! Margherita — Non m’inte ressa. Ed è una prova della tua insensibilità scherzare in questo brutto momento. Carlo (sìncero) — Non de- vi supporre che non rad dispiaccia darti questa noia! M argherita — La chiami noia, tu? Carlo — Sì. La mia partenza offende sol tanto la sua vanità. Il tuo cuore, fortunatamente, non c’entra. M argherita — Vuoi che ti ripeta che ti amo, se per partito preso non eredi alle mie parole? Carlo — Ti crederò quando dirai la verità. M argherita — Ma che verità! Devo forse tro varla, così, da un momento all’altro, dopo il tuo colpo di scena che nessuno poteva preve dere? Ero certa che tu ti sentivi felice... Pen savo, in piena buona fede, che tu considerassi il nostro come un matrimonio ideale... E dav vero non so che cosa potessi pretendere di più! Carlo — Semplicissimo. Non essere il quarto incomodo fra voi tutti! Margherita (sostenuta) — Non dovevi aspet tarti che il matrimonio fosse una cosa diver tente! Se lo fosse, la legge non lo proteggerebbe e la Chiesa non lo santificherebbe! Ti immagini clic noi donne lo troviamo piacevole? Le donne ne sono annoiate a morte da mille e mille ge nerazioni. I l novanta per cento delle donne che conosco sono così stanche dei rispettivi m ariti che, se dicessero la verità, ogni volta che se lo vedono fra i piedi, lo spedirebbero all'inferno. V/. SOMERSET MAUGHAM Carlo — Perchè mentono e perseverano? Margherita — Perchè la maggioranza lo fa ! Perchè il matrimonio è così. Ed è sempre l ’uni co modo di foggiarsi un’esistenza rispettabile. E infine, perchè quasi sempre ci sono dei figli. Ohe cosa faranno adesso Patrizio ed Eveli ria? Carlo — Sono giovani e sani. Si guadagne ranno i l pane... da soli. Sarà più saporito. Margherita — E’ assurdo. Carlo — Credi proprio che sia mio dovere sgobbare senza tregua per procurare a mia mo glie e ai miei figli, non i l necessario, ma un lusso del quale potrebbero fare a meno? Margherita (imperiosa) 1 — E’ quanto si ha il diritto di attendere da un uomo della tua condizione. Tutto .sommato, il lavoro non è una pena ! Ho sempre predicato ai ragazzi: «Non sarete mai felici se non lavorerete ». E, modestia a parte, ho dato loro, ogni giorno, l ’esempio! Carlo (guardandola ironicamente) — E’ do loroso constatare che si continui a rimpinzare la testa dei giovani con simili ciarlatanerie! Far credere loro che il lavoro valga qualche cosa, per se stesso, è poco meno di un delitto.. Il lavoro, specie quello cui è costretta la maggio ranza degli individui, è un tormento, perchè non, ha che il miserabile scopo di assicurare le co modità. Margherita (cattedratica) — Le comodità non ¡ri valutano se non le si guadagna. V i è tanta bellezza nel compiere il proprio dovere in qua lunque condizione la provvidenza ci abbia vo lito mettere! La bellezza è ciò che conta quag giù. E ogni giorno che nasce ce ne porta quanta :ne vogliamo! Carlo — Dimenticavo che sei una letterata di non comune levatura. M argherita (enfatica) — No, so benissimo che sono una povera donna! Ma non sono una scema presuntuosa. Sono un’idealista. Non un’egoista come te. E’ sacrificando se stessa che la creatura umana giustifica la sua presenza fra le altre sue simili. E’ dando tutto di sè che essa risolve l ’enigma della vita e fa dell’esistenza quotidiana un’opera bella! Carlo (trattenendo a stento il riso) — Sei im pagabile! Evelina (entra da sinistra) — Papà! M argherita — Aspetta. Non vedi che tuo pa dre e io stiamo parlando? Evelina — Son venuta soltanto per avvertire papa che tutto è pronto. Giacomo ha già messo la valigia in macchina... Carlo (dando un lungo sguardo in giro) — Bene... Allora non ci resta altro che dirci addio... Margherita — Adesso... subito? Carlo — Eh, sì! Margherita — Non puoi, non devi... Non ho detto la metà di ciò che ti volevo dire! Non ho ancora cominciato! So che ti potrei costringere a rimanere se mi riuscisse di trovare la cosa giu sta da dire. Carlo — E' vero. Ma io so che tu, questa cosa giusta, non riuscirai a trovarla. Perchè? Perchè, in fondo al tuo cuore, non desideri af fatto che io rimanga. Anzi per mille e una ra gione sei ben contenta che io mi allontani. Ad dio. Me ne vado senza rancore. Lasciandoti l i bera, con un tranquillo sentimento di indulgen za, per te e per la tua smania di avventura. In terrogati e... senza parlare... risponditi. Margherita — Vuoi dire dunque che è inu tile piangere. Carlo — Appunto. E’ inutile. (La bacia sulla guancia. ERa glie la porge con meccanica indif ferenza, come ha fatto per tanti anni di seguito). Evelina — Papà. Giacomo insisteva che tu non volevi portare il frac. Ma io gli ho ordinato di metterlo. Carlo — Perchè? Non in i servirà. Evelina (scherzosa) — Noni si sa mai! Potresti anche deciderti a fare il cameriere! Carlo —* Perbacco, hai ragione. Non ci avevo pensato. Margherita — Non scenderai così in basso, spero! Carlo — Mah! Per ora ho un altro progetto. Voglio fare il piazzista! M argherita (sprezzante) —-Bell’idea! Un me stiere pieno di dignità! Evelina — In che articolo? Carlo —- Romanzi popolari! Margherita — Poco pratico! Carlo — Ma divertentissimo. Addio! Evelina (corre verso di lui) — Addio, papà, buona fortuna! (Carlo la bacia, poi la spinge dolcemente verso la madre. Esce rapidamente. Breve pausa. Si sente il rumore della macchina che si mette in marcia). Margherita — Evelina... Sai dov’è la Ta smania ? Evelina — Io? No! Margherita — Per piacere.. Sali a prendere l ’enciclopedia... alla lettera T. F IN E D E L L A ^ O M M E D IA A nimali, anche sulle ribalte di prosa, se ne soli visti pa recchi: cani, gatti e scìmmie con maggior frequenza. E, in furi la crisi o tramonti il gran de attore, subentri al teatro realista quello surrealista, il regista sbanchi il capocomico, le bestie, in teatro, non si sop primono. Se le è appropriate anche il cinema e in un filili che sta per uscire da H olly wood, protagonista è un gatto: ammaestrato, pulito, addolcito come 11 amava Gautier e li sprezzava Baudelaire che li vo leva ineducati, felini, selvag gi, per trovarli più somiglialiti alle donne. Dànno dei dispiaceri, che, per quanto addomesticale, be stie sono e rimangono e il lo ro galateo è l ’istinto, il quale scappa fuori quando meno te l ’aspetti, con tutta la sua auto crazia. Anche il gatto di H olly wood, si comportò con obbe dienza sino agli ultim i quadri, avendo sorrisi e carezze da di rettori e operatori; poi, in una scena del finale, cominciò a far le fusa e se la diede a gambe — a quattro, naturalmente — rifugiandosi su di uno spi golo di grondaia, renitente a ogni invito, sinché lardo e for maggio non ebbero ragione della sua indisciplina, ria tti randolo sotto il fuoco degli ob biettivi. Pure a Maddalena Soria, la bella interprete di « Ro manzo » che all’cc Athenée » lo recita da 150 sere, è occorso una settimana fa un certo di sappunto per via di una scimmietta, Adelina, che nel secon do atto smorfieggia sulle sue languide braccia e quindi si ro tola sui cuscini a civettare con le oche, ricamate in raso. Ade lina scomparve dal camerino dell’attrice e la delicata Soria per poco non ruppe lacrime e per poco non si ricusò d’es sere di scena; il direttore, lì per lì, dovette procurarle un facsimile, di lana e stoppa, ma Soria recitò triste e svogliata; poi confessò che non sentendo più palpitare tra le dita il cuo ricino della sua Adelina, mi che di funereo e di squallido A T A I T E C N A T N I I s’era impossessato del suo animo. Talora i dispiaceri sono di tu tt’altra specie e anche avvie ne che scaturiscano da rivalità professionali vere e proprie: cosa comprensibile se riguarda gli attori, che non possono am mettere confronti e che hanno comunque una concorrenza da tutelare. Ma un caso singolare si è avverato in questi tempi; persino degli autori si sono al larmati e per ottenere giustizia e far sì che gli animali non li diminuiscano o soppiantino, si sono rivolti al Tribunale Civile della Senna. Due scrittori pari gini, difatti, hanno intentato causa all’attrice Maud Loty che avendo da recitare in una lo ro commedia nella quale deve prodursi anche un cane, è riu scita a procurarsi una bestiola così brava, ma così brava, le pida, espressiva e divertente, da accentrare su di sé — sin dalle prove — tutto l ’interesse del lavoro. Gli autori doman dano che Maud Loty disdica il contratto o si decida a cambia re il cane, di modo che la loro reputazione e la loro comme dia non siano compromesse. Da parte sua la Loty resiste, che un cane stupido non lo sa tro vare. Checché ne pensino i giudi ci della Senna i quali si pronunceranno Ira breve, la storia del teatro sta a testimoniare che cani illustri sì sono succe duti alla ribalta senza che gli autori si siano sentiti offesi, traendone, viceversa, lauti pro fitti. Lion, jl memorabile Lion, protagonista del melodramma « Les chiens du Mont Saint Bernard », s’ebbe l ’onore di un feuilleton di Teofilo Gautier. Di gran lunga superiore fu Emilio, un cane lupo dal pelo screziato come mi grifone, che in un dramma di Laloue e Comberousse, « Le chien des Pyrénées », entusiasmò l ’inte ra Parigi. Emilio era un inter prete eccezionale: serviva a ta vola il padrone con maggiore compitezza di un cameriere di Poccardi; si trasformava in fat tore, pompiere, gendarme, portalettere, poliziotto, con una versatilità sorprendente: ora sornione e mellifluo, ora spavaldo e aggressivo, poi ge neroso, poi crudele e anche eroico ; salvava un fanciullo dalle fiamme, si nascondeva in un armadio per sorvegliare un ladro, rubava la chiave del car cere, liberava l ’innocente, fa ceva precipitare da un ponte il suo persecutore e nelle cascate di Gavarnia pescava, infine, un portafogli che conteneva la prova di un tenebroso misfatto. Più tardi la gloria di Emilio è stata offuscata da Moustaohe e questa è storia recente clic si allaccia alle scene e alle tradi zioni del nostro secolo. Ma questi precedenti pare non convincano i due autori parigini, che insistono più clic mai perchè sparisca dalla loro commedia il cane della signo rina Loty. Fossimo noi i giudi ci della Senna, respingeremmo senz’altro l ’assurdo ricorso, e lo respingeremmo proprio in nome dell’Arte. Ma come? Si deve condannare, cioè espelle re dal teatro, cioè impedire la professione a un artista — si tratti pure di un cane — per chè troppo bravo? I due auto ri parigini, affetti da una sìmi" le suscettibilità, recitino il « mea culpa»: dovevano ac contentarsi di attori-uomini e non pretendere anche attoribestie. Autori, attenti ai cani! 6S& c ^ ^ c M a Sk. a? e sp e y p & e c & s G La gloria è la donna fatale del Paese del Vocabolario. Tutti gli uomini sognano la sua stretta eterna. In realtà, si tratta di un’avventura molto effi mera e alla quale bisogna, Invece, accordare una fiducia molto anemica. L eternità della gloria è una illusione dall’area spaventosamente limitala. Sono appena centodieci anni cbe Napoleone è morto, nella tragica cartolina ad effettaccio di Sant’Elena. Fu vera gloria? La risposta al punto interro gativo di Manzoni è già arrivata. Alla testa di un ostile plotone di filosofi della storia, Jacques Bainville e Leon Daudet urlano già, con le tonsille irose, che era molto meglio, per la Francia, se Napoleone non fosse mai esistito. Sul'pianerottolo dell’arte, le cose vanno ancora peggio. In letteratura, ancoia più in fretta. A vent anni di distanza dalla loro prima edizione, tutti i grandi successi dell’inchiostro hanno la muffa, tutte le centomila copie di tiratura mostrano la ruggine. A teatro, la fretta con la quale il capolavoro entra in stato comatoso è ad dirittura della velocità a rompicollo. La tosse a centomila repliche della Si gnora dalle Camelie si limita, oggi, a essere una prova del nove della vasta imbecillità delle generazioni, che hanno preceduta la nostra. Un giornale americano si è divertito, recentemente, a fare alla gloria uno scherzo di cattiva lega. Il giornale ha chiesto ai suoi lettori: « Perchè siete andati a teatro ieri sera? ». Su cento spettatori, quarantotto hanno risposto di essere andati a teatro, perchè lo spettacolo era stato loro raccomandato. Naturalmente, queste rac comandazioni non erano tutte dello stesso suono. Alcune erano basate sulla profondità filosofica della tesi sostenuta dal lavoro: altre, sulla perfezione ero gena delle gambe della prima attrice. Dodici spettatori hanno dichiarato: « Siamo andati a teatro, perchè siamo abituati ad andarci quasi ogni sera, dopo aver cenato. I l fattoi che si rap presenti Amleto o La Presidentessa non ha nessuna importanza. I pensieri di Shakespeare e gli equivoci di Pierre Veber facilitano egualmente bene la digestione serale ». Otto spettatori hanno dichiarato di essere andati a teatro, dopo aver Ietto, nei giornali, i resoconti critici del lavoro. Anche qui i pareri si sono dimostrati piuttosto dissonanti. Due spettatori sono stati ispirati dal fatto, che un critico aveva scritto: « I l lavoro è una acuta disamina psicologica». Agli altri sei spettatori aveva, invece, fatta molta impressione una stroncatura del lavoro, che diceva testualmente: « I l lavoro è spaventosamente ardito. La brutalità delle sue situazioni e l ’audacia della sua tesi fanno pensare, nello stesso tem- po, al dovtor Freud e al Marchese di Sade. I l lavoro non è certamente racco mandabile alla gioventù ». Sei spettatori erano andati a teatro, per ammirare i loro attori preferiti : le donne, per lasciarsi estasiare dal cerone del primo attor giovane; gli uo mini, per farsi ispirare dal sex-appeal della prima attrice. Quattordici spettatori erano stati trascinati a teatro dalla presenza, nelle loro tasche, di un biglietto di favore. La prepotenza della pubblicità aveva condotto, fino allo sportello, il portafogli suggestionabile di altri otto spet tatori. Due spettatori hanno cinicamente dichiarato di essere andati a teatro, perchè quella sera si era messo a piovere, proprio cinque minuti prima delle nove. Due soli spettatori su cento hanno confessato di aver comperati i loro biglietti, in segno dj omaggio all’ingegno artistico dell’autore. # * * Accanto alla critica della gloria, esiste la gloria della critica. La critica, come tu tti sanno, è quell’assieme piuttosto vago di articoli, che appaiono nei giornali, dopo una prima rappresentazione. Coloro, che redigono questi ar ticoli, si chiamano critici. Per ottenere un posto da fattorino postale, bisogna affrontare un esame di coltura generale. Per diventare critico teatrale, questo esame non è necessario. I l giornale parigino It’Imcige, in una saporosa rubrica settimanale, che si intitola Cercate un po’ di farvi un’opinione precisa, confronta meticolosa mente fra di loro i pareri dei più eminenti critici teatrali di Parigi. A proposito della commedia Sposiamoci, 11 famoso critico e mettinscena Antoine scrive nell’Information: «Nella commedia, non c’è. nemmeno l ’om bra di un’azione, nemmeno l ’ apparenza della gaiezza ». Viceversa, il critico Michel Rouzé scrive nell’Ordre, a proposito della stessa commedia : « Un la voro dall’azione Indiavolata, pieno di movimento. Gli equivoci e le situazioni comiche si inseguono a rotta di collo, lungo tutto il testo. Una calda atmosfe ra di allegria traversa la commedia, dalla prima fino all’ultima replica ». L ’operetta II mio amante ha ispirato al critico Robert Kemp, il seguente parere, apparso nelle colonne della Liberte: « Tutta la grazia di questa ope retta è nella sua musica semplice, insinuante e melodiosa. Quanto al soggetto, mi si permetterà, spero, di non cadere in estasi ». Invece, il critico Jean Armody afferma in Comoedia: « Di questa deliziosa operetta, la cosa più divertente e più piacevole è, senza dubbio, il libretto, il cui testo si muove intorno ad una trovata molto originale. Disgraziatamente, questo testo è sot tolineato da una musica scialba, assonnata, indifferente ». Un autore drammatico di molto ingegno, André Paul Antoine, die ha re centemente rivoluzionato Parigi, con i tre atti satirici e violenti della sua commedia La prossima guerra, si è divertito ad elencare i nomi degli scrit tori celebri di tu tti 1 tempi e di tu tti i paesi, ai quali i diversi critici lo hanno rispettivamente paragonato. André Paul Autoine è stato successivamente pa ragonato a Pierre Veber, a Courteline, a Sant Agostino, a Feydeau, a Nietz sche, a Sardou, ad Aristotele, a Tristan Bernard, a Schopenhauer, eccetera. In complesso, gli sono state attribuite trentadue diverse discendenze spiritua li. E’ piuttosto difficile essere padre di trentadue figli. Ma è ancora più dif ficile essere, figlio di trentadue padri. I pessimisti hanno torto. La vita è un’avventura democratica, molto di vertente. V i i f c i f i o G-tves: s v ie rà Andrée — Sono felici di es sere sfuggite a quel grande nau fragio che è la solitudine... Umberto — Ce ne 6ono al cune che si mettono a piange re dalla gioia. i a m m a n o Andrée (ridendo) — Hanno torto. Le lagrime non sono co se moderne. Ñon si portano più. d e lle c o m m e d ie n u o v e Umberto — Le lagrime sono stile rococò? 1 . S P O S I A M O C J offrire a sua nipote una dote Andrée — Accessori del vec sensazionale. Malgrado Vinter chio tempo in cui si credeva Commedia in 3 atti di Germaine vento del denaro, tutto finisce Acremant - Parigi . Teatro Sarah per il meglio. Umberto di G uil ancora al chiaro di luna, al let sposa la donna del suo cuo l ’usignuolo sul ramo, alla let Bernhardt re; i l ricco avvocato giura fe teratura di De Musset... Critica. — Germaine Acre de eterna alla signorina di R i Umberto -— Voi non pian mant sa come si fabbricano le beyrac e la annosa baronessa gete mai ? commedie a grande successo. sposa l ’ex ammiraglio. Andrée — No, io sono una La sua commedia famosa Quel Soggetto della scena-cam donna dell’epoca sport. Non le signore dal cappello verde pione. — La scena mostra Um ha fatto parecchie volte il giro berto di Guillet, giovane mo porto neppure la borsetta. Per del mondo. La specialità di derno, e Andrée, signorina, al ciò niente fazzoletto. E quan do una donna non ha un faz Germaine Acremant consiste la moda. Andrée ha già detto nell’osser vare ¡fli ambienti alla baronessa di non avere af zoletto per piangere, natural provinciali e nella loro carica fatto l intenzione di sposare {l mente non piange. tura sorridente. vecchio avvocato. La barones Umberto — Evidentemente. Argomento. — La baronessa sa ha accolto molto male i l r i Andrée — Io vorrei essere si De Chaillon non accoglie nel fiuto. Durante una serata pi ca cura che vostra zia mi ha per suo sdlotto di provincia la gio sa della baronessa, Umberto donata. .. ventù di ambo i sessi, che per cerca eli spiegare ad Andrée la Umberto — Ma sì che vi ha confezionare dei matrimoni. O- situazione. perdonata, ve l ’ho già detto. gnuno ha la sua mania. Ma Andrée — Dovete riconosce Andrée (ironicamente) — non è così facile come si crede, dare della felicità ai propri Vostra zia non mi sembra trop re che avevo ragione. Non pos contemporanei. Non basta d i po desiderosa di vedermi. so, per far piacere a vostra zia, re : amatevi. L ’amore è capric Umberto — Ma dal momento sposare quel vecchione dell’av cioso e disobbediente. La baro che sono contento io, va tutto vocato Brocart... nessa spinge tuttavia suo nipo bene. E poi non pensate sem Umberto — Avete ragione. te Umberto di Guillet verso la pre a mia zia! Andrée — Non si può pren signorina. Luciana di Ribeyrac Andrée — Se non mi aveste dere un marito con la stessa e, nello stesso tempo, cerca di unire la. graziosa Andrée De- portato le scuse della signora facilità con la quale si prende mibour al ricco avvocalo E r De Chaillon, vi assicuro che un tram... Alla mia età sposa nesto Brocart. Le due coppie non sarei più venuta qui. re un celibe inveterato... sono incile assortite, per il sem Umberto — E avreste avuLo Umberto — Perchè invete plice fatto che Umberto di torto. rato? Guillet. vuol bene ad Andrée Andrée — Perchè? Credete Andrée — Perchè dai qua Demibour. Disgraziata mente, forse che mi diverta a vedere ranta ai cmquant’ auni, tutti i nessuno dei due innamorati è tutte le signorine del paese che celibi sono inveterati. abbastanza ricco per affrontare. Umberto — Ignoravo che i I avventura matrimoniale in vengono qui a cercare un ma tempo di crisi. I l denaro non rito? V i assicuro che l e loro signori celibi fossero divisi in costituisce la felicità: è cosa evoluzioni mi fanno piuttosto categorie. pena. ormai risaputa. Ciò malgrado Andrée — Vi spiego... Da lo zio dì Andrée, ex ammira Umberto — Già, ma quando trenta a trentacinque anni, so glio dèlia Marina inglese e per- arrivano ,al traguardo, sono tut no celibi senza aggettivi. Da sonaggÌQ molto ricco, pensa di te felici. trentacinque anni, sono celibi DELLE COMMEDIE NUOVE ostinati. Dopo i quaranlacjn. que sono celilo inveterati, rin forzati, corazzati, refrattari a qualunque tentativo matrimo niale. Umberto — E io che sono un celibe d i soli ventisei anni, in che categoria debbo iscriver mi? AndrÉE — Un, uomo di ven tisei anni è ancora un bambino. Umberto — Siete uscita di collegio solamente l ’ anno scor so e volete già giudicare gli uomini? Andrée — Ma poiché voi siete ancora un bambino... Umberto — Ci tenete molto alla vostra parola? Andrée — Molto. | Umberto — Ebbene, signori na. Sebbene io non sia che un bambino, sono però in grado di annunciarvi il mio prossimo matrimonio. Andrée — Volete sposarvi, a ventisei anni? Che orrore! D i vorziereste fra tre mesi al mas simo... Umberto — Invece \ i assicu ro che sarò felice. Andrée — E chi è questa ragazza così sventata? Umberto — Siccome finire ste prima o poi col saperlo, preferisco dircelo : siete voi. Andrée — Che cosa? Umberto — Voi! Eh, che co sa ne dite? Un’idea divertente, non è vero? Andrée — Soprattutto origi nale... Umberto — La vita è piena di buone idee, che nessuno si degna di raccogliere. L ’idea di sposarvi mi è sembrata eccel lente e l ’ho presa al volo. Andrée (squadrandolo) — Adesso che vi osservo, mi accor go che siete meno bambino di quanto credevo. Umberto — Allora vedete che non è necessario essere una ragazza sventata per dirmi di sì... Andrée — Riconosco onesta mente che si può essere nello stesso tempo una ragazza ragio nevole e dirvi di sì. Umberto (con un gesto spor. rivo) — Allora è inteso? Andrée — Inteso. (Stretta di mano maschia e sportiva. An drée, però, perde la sua sicu rezza e volta. la testa da un’al tra ¡yurte). Umberto — Perchè vi allon tanate? Andrée — Così... Niente... Umberto — C’è qualcosa che non va? Andrée (imbarazzata) — No. No... Va tutto bene... Umberto — Mi sembrate co sì turbata! Andrea — Ma no... Umberto (fissando acutamen te Andrée) — Andrée... Perché piangete ?... Andrée (soffocando un sin gulto) — Ma no, non piango... Sono contenta... (Prende il faz zoletto dal taschino di Umber to e si asciuga gli occhi). Umberto — Avete ragione... I l chiaro di luna... L ’usignolo che canta sul ramo... Andrée (co?j. accento since ro) — V i giuro che se si trat tasse di un altro, non piange rei... Umberto — E con me, inve ce... Andrée — Con voi, sono con tenta... (China il capo sulla spalla di Umberto, che la ba cia). Umberto — Mia piccola An drée... Andrée (dopo una ¡musa) — Sapete, quello che ho detto pòco fa non conta, non è vero... LTmberto — Che cosa non è vero ? Andrée — Che divorzierete al massimo fra tre mesi... 2» H v ia g g io d i C io n g Li Commedia in 2 atti di Sacha Guitry Parigi - Teatro della Madeleine Critica. — Una commedia ariosa e poetica, tutta avvilup pata di musica ipnotica e nella quale Sacha Guitry ha diffuso ancora una volta i suoi doni miracolosi. Argomento. — Un piccolo racconto filosofico, che si svol ge. in Cina. Ciong L i parte in viaggio e lascia 7« sua bella sposa Nino. Prima di partire, promette dj. portarle un o<‘l re galo: un pettine. Per ricordar si della sua promessa, gli baste rà guardare la luna. Arrivato al mercato, Ciong L i guarda la luna; ma siccome la bina è rotonda, finisce col compera re uno specchio, invece di un pettine. Con lo specchio, Nino vede tutta la sua bellezza, c sua madre, invece, si accorge che ha torto a voler fare anco ra la civetta. Soggetto della scena-cam pione. — Ciong L i ha detto al cune crudeli verità a sua suo cera; una donna che vuole an cora civettare e che non ama suo genero. Poi spiega Vacca duto « sua moglie Nino, prima di partire. Cionc L i (prendendo sua mo glie fra le braccia) — Ho par lato un po’ brutalmente a tua madre; ma credi, fedamente per il suo bene. Tutti gli es seri umani sono deboli. Nessu no di noi vuole ammettere che la causa di quasi tu tti i nostri dispiaceri è la nostra negligen za volontaria. Noi dimentichia mo di conoscerci, e invece que sta conoscenza di noi stessi è la base unica della saggezza. Niao — Le tue parole sono ingiuste, Ciong Li... Ma non si potrebbe nello stesso tempo insegnare agli uomini la ma niera più rapida di esprimere i pensieri ? CAMPIONARIO CiONG L i — Mia cara, il no. atro cervello possiede qualcosa di meglio: possiede la facoltà lucravi gl io sa di poter passare da un soggetto all’altro senza aver bisogno di nessuna tran sizione. Noi non dobbiamo ignorare questa nostra meravi gliosa facoltà. Niao — Prova un po’ a pas sare da un soggetto all’altro... Ciong Li — I miei bauli so no pronti ? Niao — Sì... Adesso cambia argomento. Ciong Li — Credo che per il mio viaggio, il tempo si mo strerà clemente. Niao — Sì... Cambia ancora argomento. Ciong L i — Non avevo mai visto il vestito die porti que st’oggi... E’ grazioso. Niao — Andiamo, continua! Ciong L i — Niao, ti voglio bene... Niao — Adesso non cambia re più argomento... Lo dici co. sì bene... Torna a dirlo... Ciong L i — Ti voglio bene. Niao — Cinque minuti p ri ma della sua partenza, un ma rito non ha il diritto di dire cose sim ili! (Si ode un colpo di gong). Ciong L i — Hai ragione... Ecco l ’ora di partire... Niao —- Peccato!... Fra le tante cose che mi bai detto, ce n’è una che non ho capito be ne... Me la spiegherai quando ritorni... Ciong Li — Te lo giuro... Vuoi che ti comperi qualcosa al mercato di C-anton? Niao — No, niente... Ah! sì !... Ciong L i — Che cosa? Niao — Vorrei avere un pet tine nuovo per i miei capelli. Ciong L i — Un pettine? E’ inteso... Te lo porterò... Niao — Ma vorrei un pettine di forma speciale... Ciong L i — Un po’ curvo. Niao — Sì... Un pettine che avesse la forma esatta della mia testa. Ciong L i —- Te ]o porterò... Spero soprattutto di non di menticarmene ... Niao — Se vuoi ricordartene, non avrai che da alzare gli oc chi verso il cielo. Ciong L i — Perchè verso il cielo ? Niao — T i ricordi l ’altra notte, quando eravamo insieme ir., giardino... Abbiamo guar dato la luna... Ciong L i — Ricordo... Somi gliava a un pugnale della Man. ciuria... Niao — Sembrava una fetta di pesca... Ciong L i — Un graffio fatto con l ’unghia del pollice... Niao — Ebbene, vorrei un pettine fatto così. Ciong L i — Semplicissimo... La sera del mio arrivo a Canlon, andrò a guardare la lu na... Vuoi nient’altro? Niao — Sì, voglio che tu r i torni da Canton sempre più in namorato di me. Ciong L i — E per non d i menticare questa seconda com missione quale astro debbo guardare? Niao — Un astro che trove rai in te stesso... Ciong Li —- Addio, mio pic colo amore... Niao — Addio... Sono gelo sa, sai... Ciong L i — Gelosa? E per chè? La gelosia di una moglie è un sentimento assurdo, inam missibile. Un marito ha il di ritto di essere geloso, perchè sua moglie è il suo tesoro... Ma tuo marito, invece, non è il tuo tesoro: è il tuo padrone... Quando ti ho sposata, io non ho abdicato .affatto alla mia volontà. Quando tu non avrai più la grazia squisita della giovinezza, sai bene che cosa ti attende... Dovrai diventare La mica e la domestica della donna che ti succederà... Niao — Sì, lo so, ma non trovi che si tratta di una cosa crudele? Quando un marito non è più innamorato di sua moglie, dovrebbe ridarle la l i bertà... Ciong L i — La libertà?... Ti spiego... Più un marito ama suo moglie e più la tiene con sè... Più la tiene con sè e più il volto della moglie appassi sce, si distrugge... Niao — Questo volto appas sito potrebbe piacere a un al tro uomo... Ciong L i — Già, ina secca sempre a un marito far sapere a un altro uomo che egli si contentava di un volto appas sito... Niao — Non credi che un giorno questa usanza sarà sop pressa?... Non credi che un giorno le donne saranno libe re? Ciong L i — Quel giorno il inondo andrà molto male... Niao — Già, ma oggi le don ne non sono felici. Niao — E secondo te, invece, non possono esserlo? Ciong L i — No... non le amo... Tanto è vero che ne ho il meno possibile... Ne ho una sola... Niao — Ma quella, almeno, la ami? Ciong L i — Sì, quella la amo... E la desidero, come se fosse ]a moglie di un altro... E adesso metti la tua voce nella conca del mio orecchio... Vo glio che durante il viaggio, la tua voce mi accompagni... F y " - — — — Non vestirmi? Affatto? 4P Una ragazzina di buona famiglia si presenta a — Voglio dire... un vestitino semplice... Ruggero Lupi e timidamente gli esprime il suo de — Ne ho uno solo. siderio di «entrare in arte ». — Basterà... non fa tanto freddo... Lupi studia cdn attenzione la bella figliola «tut ta ingenuità » e le rivolge qualche domanda di cir- « Quando Luigi Chiarelli passò da Parigi fu invi tato a un pranzo diplomatico, e gli ven/aero presen costalnza. tate due gentili signore: una di una certa età, l'al — E’ figlia unica? tra giovanissima, deliziosissima, incantevole. — Sì. — Elle est charmante cornine un petit, oiseau! — dis — Bene. Dov’è nata? se il severo diplomatico che presentava la fanciulla. — In Toscana. Sorrisi estasiati di Chiarelli. Verso la fine della — Bene. Quanti anni ha? serata, il nostro commediografo si avvicina al di — Diciassette. plomatico e gii dice sottovoce: — Bene. E’ fidanzata? — Sì, signore, avete ragione. Elle est jolie cornine — Sì. un petit oiseau, mais c’est moi qui suis en cage... — Bene, bene, bene. Spero che interverrete al nostro matrimonio. — Allora, signore, potrei aspirare? f j Appena Luigi Cimara salì; i primi gradini della — A preludere marito? Sì. E al più presto, cara! celebrità, pensò bene di comperarsi un’automobile $ Antonio Gandusio cosi definisce il teatro: « Il teatro è una curiosa lotteria: l’autore scrive l>er arrivare più presto alla gloria. Un giorno, a Roma, pilotando la sua macchina una commedia, gli attori ne recitano un’altra, e il appena acquistata, urtò allegramente contro un’al pubblico ne capisce una terza! ». ■f. Guido Cantini, immerso in ulna pila di vecchie tra macchina ammaccandola lievemente. — Ma impari a guidare! — urlò, furioso, l ’auto commedie straniere, legge attentamente, con la spe mobilista investito. ranza di trovarsi a tu per tu con l'ispirazione. E Gigelto Cimala soavemente: Finalmente gli càpite di leggere una commedia — Non vede? E’ quello che sto che va bene per lui, che risponde facendo. al suo genere di teatro, che va •f Si sa che Douglas Fairbanks d’accordo ' con la sua maniera di è il più burlotie e il più simpa scrivere, e annota in rosso, al mar tico degli attori cinematografici. gine della prima pagina: « Biso /A b b o n a m i a \ Alcune settimane fa, passando gna che inventi questo soggetto ». lungo una spiaggia californiana, 12 FASCICOLI \ w Frattini ha conosciuto una scorse per terra gli indumenti bella signora e siccome tutti san appartenenti a sei belle figliolino di quali poteri di seduzione che facevano il bagno senza co disponga l’autore di «Tua moglie stume. Zitto zitto scelse la più mi' vuol bene », tutti sono anche bella delle sei camicie, se la mi persuasi che la signora sia su se nel portafoglio e se ne andò. bito caduta tra le sue braccia. l Q U IN D IC I / L’indomani fece pubblicare su Ecco un breve dialogo tra Frat tutti i giornali che avrebbe resti tini e la signora, ascoltato da un \ ^ i b m / tuito la camicia alla sua proprie amico indiscreto: taria al solo patto di sposarlo, — A stasera, dunque, è inteso... pronto a divorziare per l’ignota e non vestirti... TERMOCAUTERIO bellezza che non aveva avuto paura di bagnarsi nuda. i , .j j L’indomani una bella figliola bussò alla porta del la casa, e richiese la propria camicia. — Sapete a quali condizioni io restituisco l'indu mento che ho rubato? — Sì. La mamma sarà felicissima. — E perchè la mamma? —• Pensate che è rimasta vedova abbastanza gio vane e -che sogna continuamente di rimaritarsi... —Ma si tratta di voi, non di vostra madre! Scusate, signore. La camicia che avete rubato è della -mamma. Me l ’aveva prestata per quel giorno... E Douglas non ha divorziato. w Pensieri immediati di Anton Giulio Bragaglia: «Diventa sempre più urgente nascere con molti quattrini ». + Ebbene, — chiede un amico a Braga-glia, — si vende il tuo nuovo libro? — Sì, — risponde Anton Giulio, — si vende. Non so se lo si compra, però. Y II pittore Carboni cena in compagnia di una pic cola attrice che ha conosciuta per caso al momento del vermut e che gli si è attaccata come un’ostrica fino all’ora del pranzo. Carboni, spigliatissimo, parla con molta vena e intrattiene la signora con una con versazione attraentissima, mentre la signora sorride, tace, e mangia. D’un tratto Carboni chiede il permesso alla signora, e corre incontro all’attore Melinati entrato in quel momento. — Di’, Melnati, se tu pranzassi con una signora che conosci poco ti sentiresti imbarazzato? — Al momento di pagare il conto, sì. — Ahimè, — sospira Carboni, — anch’io... Mura ci ha raccontata questa, raccolta .a un Luna Park provinciale. Davanti a un baraccone un imbonitore gridava alla folla di contadini che lo ascoltavano a bocca aperta: Signori e signore, entrando assisterete ad uno spettacolo -unico al mondo: in questa rappresenta zione il professore Negus taglierà in due una donna! Entrate! A una sola lira l ’ingresso! Una sola lira! E un contadino presente mormora all’orecchio di sua moglie, con aria «fina»: Dev’essere uno scherzo. Altrimenti il biglietto costerebbe di più! x Tatiana Pavlova distribuisce le parti di una nuo va commedia che sta per essere messa in prova. Ma una piccola attrice che non è contenta della parte affidatale, si lamenta con la sua capocomica. Signora, perchè mi ha dato questa particina? — Ma come, -cara, non siete contenta? E’ una parte di amorosa adattissima per voi! — Quattro battute al primo atto e basta... Come, bastia? E la scena madre del secondo non la contate, piccina mia? — ?!?! Una scena, -cara piccina, durante la quale parlo venti minuti di seguito, sempre con voi! f i Ugo Chiarelli accompagna la sua bella amica a teatro promettendole di tornare a prenderla alla fine dello spettacolo. Nel frattempo conta di fare una scappata al giornale per rivedere le bozze d’un suo articolo. Ma per la strada un’avventura vestita da 48 donna lo atirae e senza troppo riflettere si prendo l ’avventura sottobraccio e se la porta a casa. Espansioni, affettuosità, esclamazioni, tenerezze. La bella amica, seccatissima della commedia che si rappresentava, preferisce andar via, e torna a casa, da dove conta di telefonare ai giornale per avvertire ¡1 suo Ugo affinchè non faccia la strada inutilmente Ma qual è il suo stupore, quando, entrando in casa, le giungono esclamazioni che noin lasciano alcun dubbio. Corre alla porta del salotti no e spalanca. Stupore di Chiarelli e dell’avventura. Poi, sempre presente a se stesso, Ugo si alza, si aggiusta la cra vatta, s’abbottona la giacca e dice con molta confu sione ma anche con molta dignità: — E’ vero, mia cara amica, purtroppo le apparenze sono tutte contro di me! x Questa storiella non è nuova, ma poiché ce la manda Ciccillo Coop della compagnia Za-bum N. 8, affermando che è autentica poiché è proprio capitata a lui «l ’altro giorno », dobbiamo credere che la vita si ripete... iNon c’è perciò da meravigliarsi se noi ri petiamo una storiella. Ciccillo Coop, sceso in un albergo d’una piccola cit tà, domanda che gli sia assegnata una camera. Glie ne mostrano una che gli piace. Tutto contento sta per far scrivere il suo nome sul registro della,1bergo, quando — orrore! — scopre una cimice tra i fogli del «Libro viaggiatori ». Riprende il cappello, riafferra la valigia e senza dire una parola, via di corsa inseguito dal padrone che gli chiede, sgomento: —Ma perchè ve ne andate, signore? — Ah, -caro mio, — esclama Coop senza fermarsi, — non vorrete farmi dormire in uh albergo dove le cimici vengono a domandare il numero della mia camera?! f i Uno scrittore milanese coi capelli troppo lufighi, l’impermeabile troppo corto e accollato, la sigaretta troppo penzoloni, sale in un’autopubblica e dice in fretta al conducente: — A San Fedele! Ha fretta di parlare con un cronista per dna in formazione che gli è necessaria. Pensa di tornare a casa in fretta per riprendere il lavoro interrotto. Giunti a San Fedele, balza dall’automobile e dice al l’autista: — Aspetti. Cinque minuti e torno. L’autista lo guarda male, poi, dopo una esitazione, io richiama: — No, no, signore! L’altro giorno un tipo come lei m’ha detto che tornava subito e l ’hanno messo den tro per tre anni. Non mi fido! Uà autore novellino parte da Bologna per venire a cercare protezione e raccomandazioni da Oreste Biancoli, bolognese. Non trovandolo alla pensione va a cercarlo ih casa di Dino Falconi, dove i due autori stanno scrivendo in collaborazione. La cameriera in troduce il giovanotto in uno studio dove un ragaz zone grande e grosso, curvo sulla scrivania, sta lavora|ndo. — Il signor Biancoli? — Sono io! — risponde Dino Falconi, distratta mente. L'altro che sapeva come il suo concittadino fosse smilzo e sottile, guarda stupefatto la larga quadra tura del fratello siamese in letteratura di Biancoli. — Non si meravigli, sa, — esclama Falconi coh un giocondo sorriso, — se mi trova ingrassato. Quando sono in casa faccio i miei comodil proprietà’ le tte ra ria E ARTISTICA riservate A-Pì-S (Anonima Roto-Stampa) Via Monti, 9-11 • Torino — funesto sciai.pi, responsabile V IT T O R IO C l t ì l U ì i li 5 giugno sarà messo 'in vendita puntualmente in tutte le edicole di città e di stazione il nuovo fascicolo di CRIMEN, recante il N. 15. S A L L Y 2 D ;0 O t E Y L À N U C M A E B R O I N A 1 9 La letteratura poliziesca ha in Sally Dooiey un accorto dosatore di in gredienti adatti a complicare una vicenda criminale. Ma una volta in catenato il lettore, con logica serra ta, ai casi dei personaggi immagi nati, scioglie gli enigmi non a caso, tanto per concludere, ma con abili tà di romanziere astutissimo ed urna, no. I libri polizieschi di questo scrit tore raggiungono in America ed in Inghilterra tirature formidabili. L A V IT A D L E F G U E R R IE R O S E G R E T A I L M Il film ha dato battaglia aU’ipo. crisia dell’uomo. Noi non sappia, mo quasi nulla dei gesti, dei gu sti e delle ansie delle società uma ne che ci precedettero. La stessa biografìa di Napoleone, pur cosi relativamente vicina a noi, non è che un groviglio incomprensi bile di « si dice ». I nostri poste ri, invece, grazie ai giornali fil. mici di attualità sapranno tutto. L’archeologo del 4932 saprà facil mente che Briand aveva la forfo ra, ohe Dekobra portava imper meabili da cento franchi, che Hi. tler aveva un barbiere impossi bile, che il sorriso di Tagore era senza denti, che Rokefeller giuocava al golf con lo stesso succes. so col quale lo avrebbe giuocato la Venere di Milo e che il pingue delizioso umorista Tristan Ber nard portava dei colletti numero 54. Faust voleva fermare l’attimo fuggente. Il film lo ha addirit tura ammanettato... — VITTORIO GUERRIERO. Questo fascicolo del più gran de interesse è stato messo in vendita il 20 maggio EU o < I— 0 a. U! ce 111 Û z ◄ OS O 1 o* co z o ce O X u OS ni U L ' A C O P N L A S L A L’APEROL è u n a p e r itiv o a ro m a tic o d i g u s to s q u is ito p o c o a lc o o lic o . V ie n e p re p a ra to c o n C h in a , G e n z ia n a , Ra b a rb a ro ed e rb e s titu is c e p e r c iò a r o m a tic h e , e c o la s in te s i dei a n tic h i c u r a tiv i v e g e ta li. p iù A p P e E R E R I N C A M P IO N E G R A T IS E L V A E A E OPUSCOLO A R IC H IE S T A r R O I T o l I V O

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Il dramma : rivista mensile di commedie di grande successo. - Torino : Grandi firme, 1925-1992.

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