a m m o s x . M . m s lL & r « 1 * 5 0 * ' & IV & N O h m jq «sat*® emaatmr* rosTsuc I 4» <0M n«a¡« a i tfr*» 4 « *m«c«/ 4 > 'Ê $ *W Æ Ê Ê î >--i .#■•••&’i^ai^mT^mS^^StlÉlÉKm&iítÉ^SSx&^^VKXiáñ^KyfáÉxi U ttl« ¥ i!c i E D I T R I C E « L E G r B J V M W , « I «» » é £ W F I R M E ” - T O R I N O ^ ” ” $ 1 t i B ^ T T E O T A I C L B B U P O M I A B B A C H E . I E D E M M O C E L 1 - Antonelli: li dramma, la 55 . Molnar: Il cigno. 107 . Martínez Sierra,: Noi tre. commedia e la farsa. 56 . Falconi e Biancoli: L’uomo 108 - Maugham: Penelope. 2 - Alvarez: Il boia di Siviglia, di Birzulah. 109 - Vajda: Una signora che vuol 3 - Falena: Il buon ladrone. 57 - Amiel: Il desiderio. divorziare. 4 - Giachettd: Il cavallo di Troia. 58 - Chiarelli : La morte degii rio - Wolff: La scucia degli a. 5 ■ Goetz: Ingeborg. amanti. manti. 6 . Bernard: Tripeplatie. 59 - Vanni: Hcilywootd. 111 - Renard: Il signor Vernet. 7 - Carniera e Geyer: L’amante 60 - Urvanzof: Vera Mirzeva. 112 - VVexley: Keystone. immaginaria. 61 - Saviolti: Il buon Silvestro. 113 - Engel e Grunwald: Dolly e il 8 . Molnar: L’ufficiale della guar 62 - Amiel: Il primo amante. suo ballerino. dia. 63 - Lanza: Il peccato. 14 - Herczeg: La volpe azzurra. 9 - Vernerai: Signorina, vi vo 64 - Birabeau: il sentiero degli 1 115 - Falena: Il duca di Mantova, glio sposare. scolari. 116 . Hatvany: Questa sera o mai. 10 - Gandera: I due signori della 65 . Cenzato: La moglie innamo. 117 . Quintero: Tamburo e sona signora. rata. glio. 11 - Amante: Gelsomino d'Arabia. 66 - Romains: li signor Lè Trou- 118 - Frank: Toto. hadeo si lascia traviare. 12 . Conti e Codey: Sposami! 119 - Maugham: Vittoria. 13 - Fodor: Signora, vi ho già vi 67 - Pompei: La signora che ru 120 - Casella: La morte in vacanza. bava i cuori. sta in qualche luogo! 121 . Quintero: Il centenario. 63 - Ciaipek: R. U. R. 14 - Lothar: Il lupo mannaro. 22 - Duvernois: Cuore. 69 - Gian Capo: L’uomo in ma 1 15 - Rocca: Mezzo gaudio. 123 - Fodor: Margherita di Na schera. 16 - Delaquys. Mia moglie. varra. 17 - Ridenti e Falconi: 100 donne 70 - Armoni: Audace avventura. 124 - Veneziani: La finestra sul 71 - De Angelis: La giostra dei nude. rnOndo. peccati. 18 - Bonelli: Il medico della si. 125 - Kistemaekers. L’istinto. 72 - Ostrovski: Signorina senza 1 gnora malata. 2 6 l.enz: Profumo di mia moglie. dote. 19 - Ferdinand: Un uomo d’oro. 127 - Wallace: Il gran premio di 73 - Mazzolotti: Sei tu l’amore? 20 - Veneziani: Alga marina. Ascot. 21 - Martinez Sierra e Maura: 74 - G. Antona Traversi: I giorni 128 - Sulliotti, Fiorita e Carbone: più lieti. Giulietta compra un figlio! del silenzio, 75 - Natanson: Gii amanti ecce- 120 . L’armata 22 - Fodor: Amo un’atirice. De Benedetti e Zorzi: La re zionali, 23 - Cenzato: L’occhio dei re. sa di Titì. 24 - Molnar: La commedia de! 76 - Armoni e Gerbidon: Una don. 130 - Falena: La Corona di Strass, nina senza importanza. buon cuore. 1 3 1 Gherardi: cinesi. 77 - Rossato e Gianeapo: Delitto e 132 - Maugham: Ombre 25 . Madis: Presa al laccio. Circolo. castigo. 26 - Vanni: Una donna quasi one. 33 . Sardou: Marchesa! 78 - Chlumberg: Si recita come si 1 sta. 134 - Gotta: Ombra, moglie bella, può. 27 - Bernard e Frémont: L’atta135 - Molnar: Qualcuno. 73 - Donaudy: La moglie di en. 136 che d’ambasciata. - Mazzolotti: La signorina Chi trambi. 28 - Quintero: Le nozze di Quimera. 80 . Napolitano: Il venditore di 137 - Benavente: nita, La señora ama. turno. 29 - Bragaglia: Don Chisciotte. 13S . Harwood: La via delle Indie. 81 - Devai: Débauché, 30 - Bonelli: Storienko. 139 Maugham: Colui che guada 2 - Rocca: Tragedia senza eroe. 31 - Mirande e Madis: Simona è 8 gna il pane. 8 3 Lonsdale: La fine della si fatta cosi. 140 - Coward: La dolce intimità. Chèyney. 32 . Molnar. Prologo a re Lear . 84 . gnora 141 . Mari e Braddel: Nelle miglio Falena: Il favorito. Generalissimo - Violetta di 85 - Chiarelli: Le lacrime e !e ri famiglie. bosco. 142 . De Stefani: L’amore canta. stelle. 33 - Veneziani: Il signore è ser 86 - Cenzato: La vita in due. 143 - Fodor: Roulette. vito. 144 - Amiel: Tre, rosso, dispari. 87 - Achard: No i vi amo. 34 - Blanchon: Il borghese ro- 88 - Ostrovski: Colpevoli senza 145 - E. Garda e Muñoz-Seca: I mantico. milioni delio zio Peteroff. colpa. 35 - Conty e De Vissant: Mon bé- 89 - Cavaccliioli: Cerchio della 148 - Goedili: Oltre l’oceano. 147 - G. Zorzi e G. Sclafani: La guin piazzato e vincente. morte. fiaba dei Re Magi. 36 - Solari: Pamela divorziala. 90 . Tonelli: Sognare! 37 - Vanni: L’amante del sogno. 91 - Crommelynck: Lo scultore di 148 - Halàsz: Mi amerai sempre? 38 . Gherardi: Il burattino. 149 - Maugam: Gran mondo. maschere. 39 - Paolieri: L’odore del sud. 150 - John Colton: Sciangai. 92 - Lengyel: Beniamino. 40 - Jerome: Fanny e i suoi do 93 - Rèpaci: L’attesa. 151 - E. Carpente!': Il padre celibe. mestici. 94 . Martinez Sierra: Dobbiamo 152 . Eger e Letraz: 13 a tavola. 41 - Colette: La vagabonda. 153 - De Benedetti: Non ti conosco esser felici. 42 - Antonelli: La rosa dei venti. 95 - Rosso di San Secondo: Le più. 43 . Cavaccliioli: Corte dei mira. esperienze di Giovanni Aree. 154 - Fodor: Il bacio davanti allo coli. specchio. 96 - Bajard e Vailler: La tredicè 155 - Jerome K. Jerome: Bobina in 44 - Massa: L’osteria degli im sima sedia. cerca di marito. mortali. 97 . D’Ambra: Montecarlo. 45 - Borg: Muda. 98 . Mancuso e Zucca: Interno 1, 156 - Alessi: Il colore dell’anima. 1 5 7 Ladislao Bus Fekete: La ta 46 . Bonelli: li topo. Interno 5, Interno 7. 47 - Nivoix: Èva nuda. baccheria della Generalessa. 99 - Apel: Giovanni l’idealista. 48 - Goeiz: Giochi di prestigio. 100 - Pollock: Hotel Ritz, alle otto! 158 - Cesare Vico Lodovici: Ruota. 159 - Michel Mourguet: Amicizia. 49 - Gej^er: Sera d’inverno. 101 - Veneziani: L’antenato. 160 - Molnar: Armonia. 50 - Savoie: Passy: 08-45. 102 . Duvernois: La fuga. 51 - Biraibeau: Peccatuccio. 161 - Enrico Roma: La corsa dietro 103 - Cenzato: La maniera forte. 52 . Giachetti: Il mio dente e il 104 - Molnar: 1, 2, 3 e Souper, l’ombra. 105 - Sturges: Poco per bene. tuo cuore. 162 - Ferdinando Nozière: Quella 106 . Guitry: Mio padre aveva ra 53 - Falena: La regina Pcmarè. vecchia canaglia... 51 - Ga.bor: L’ora azzurra. gione. 163 . LonsdaJe: Aria nuova. I numeri arretrati dai N, 1 ai N. 30 costano lire N, cinque 31 al N.la70,copia; lire tre dal la copiai tutti gli altri una ¡ira e cinquanta la copia. I numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 16, 17, 18, 20, 21, 22, 23, 24, 32, 33, 37, 40, 42, 49, 65, 73, 74, 77, 83, 96, 101, sono esauriti. Ogni richiesta di copie arretrate dev’essere ac. oompagnata dall'importo anche in francobolli, ma non mai marche da bollo. Non si spedisce assegno. 1 r N E L P R O S S IM O C O M M E D IA IN N U M E R O 3 A T T I D I P U B B L IC H E R E M O A L D O RAPPRESENTATA C O N G R AN D E SUCCESSO D A A R M A N D O F A L C O N I Di questa commedia, Silvio Giova, ninetti ha scritto nel GIORNALE DI GENOVA: M. T. : Milizia Territoriale. C’è sem pre stato un po’ di umorismo intor. no al fante dai capelli grigi, dall’a spetto irrimediabilmente borghese, adibito per lo più a servizi di retrovia, ma era un umorismo bonario ed umano, irradiantesi in ¡specie dai commilitoni meno anziani, che cir condava la sua figura di una cordia lità serena. Il motivo spirituale del lavoro lo avvicina alla guerra, mo strandocene uno scorcio in azione sènza esser perciò un lavoro di guer. ra vero e proprio. Pittura di almo, sfera guerresca, più che altro, — pri ma, durante e poi — con interferen. ze quasi occasionali di satira sociale (il dopoguerra, il contrasto tra gio vani e vecchi, l’animata descrizione dell’atmosfera prebellica); pittura so prattutto pregevole, mi sembra, pel disegno, vivacemente comunicativo, di una figura creata con simpatia e con emotività; e per la teatrale effica cia delle macchiette, delle invenzioni sceniche. Piacevole, chiaro, italianis simo lavoro: che raggiunge un inten to celebrativo e didascalico senza a. venie l’aria: e che bisogna ascoltare. 2 D E B E N E D E T TI IX ù M v d ±° m y A a n L d c / n à L U U F F IC Ii V IA U N FASCICOLO a i@ 3 3 ~ X l d k , d M . 163 i . d C I O R I D E N k T M o M r U n d m I & IA G O M O B O V E , 2 - T O R IN O E. 1,50 - A B B O N A M E N T O A N N U O E. 30 C o - - T e l. 5 3 -0 5 0 ESTERO E. 60 a U saa fe © v à c M e l n a l i E’ uno di quegli attori ai quali la Fortuna ha concesso il passaporto del. F E D E R IC O E O N S B A E E la celebrità dopo averlo fatto molto penare. Non è in queste poche righe s.' a a che diremo le ansie e i sacrifici di Malnati prima giovinetto e poi uomo, ai quale non si voleva — per infinite ragioni — riconoscere quei meriti che aveva e gli spettavano; ma potremo accennare, anche con poche parole, a M A R IO & R O M O quando tre anni fa ebbe in mano quei «Sa vccaslsne a lla pjfo»a passaporto ideale che è valido su tut te le ribalte e per tutti i pubblici. Non ottenne —, da allora — ohe successi: ogni parte diventò una « creazione »; io fecero cantare, applaudendolo co me un « divo »; lo condussero davanti macchina di presa ed ottenne la E R N E S T O M U R O E O alia popolarità sullo schermo; igli posaro Clic cito avvenne a lla no un microfono vicino alle labbra e m ia psriewa commedia tutte le discoteche si arricchirono di un suo disoo. Della nuova generazio ne di attori è il primo; del pubbli co della nuova generazione è ¡1 pre diletto. Poche settimane fa, ritor M ARCEE P A & N O L nando a Milano, all’Odeon, la Com éSajaeic a p p la u d ire a ieafsro? pagnia Zabum N. 8 delia quale fa parte, il teatro era stipato fino al l’inverosimile. Quando Melnati com parve alla ribalta lo accolse un «ap plauso di sortita» lunghissimo e fra goroso. il pubblico milanese questi entusiasmi li dimostra soltanto ai L U IG I A N T O N E E E I grandi attori. Melnati, attonito, ap profittò di quell’istante necessario ad &È. 1 1 è inchinarsi, ringraziando, per inghiot. tire una lacrima. La prima, di gioia; finalmente! V A B E N T IN O 6 -A V I si^aoire in poUruna V IT T O R IO G UER RIER O É rcnaca à i Paiflg» EB &A R 'S V A E E A C E diceva cKe anche i l feafee g ia lle è a rie M IC H E L M O U R C .U E T favore ascoltale... T E R M O C A U T E R IO iSflaceclonia d’im petrlinenze La nostra copertina è stata eseguita col nuovo sistema IlrUCALCUN dalla Zincografia CONFALONIERI di Torino, Via Vincenzo Monti, 11 ó C O M M E D IA F E D L O N (T raduzione IN E TRE A T T I D I R S D di Àda I C O A I E Salvafnr*») Di questa commedia Silvio d’Amico ha scritto nella TRIBUNA: Per spiegare com’è fatta la schiena del somaro, Belli diceva oh’è fatta a schiena d’asino. Non altrimenti, per dare una idea di questa commedia inglese, biso. gnerebbe dire ch’è una commedia inglese. E cioè essenzialmente di quél tipo che l’età viltcriana rifece a suo modo dall’Ottocento francese, gravando la mano, accentuando ne le forme convenzionali ritenute « neces sarie » al teatro, esasperando gli eterni con trasti fra l’ipocrisia del mondo ufficiale e la sua intima corruzione, e arrivando attra vèrso al solito motivo britannico — la paura dello « scandalo » — al morale e lieto fine. Quanto all’esito, diremo che almeno da principio il pubblico fu alquanto meravi gliato di trovare Zabum impegnata in una satira d’intenti così serii, edificanti, a mo menti quasi predicatorii. Ma poi col progre dire della azione ci s’è accorti quanto va lesse il nuovo impegno del bravi attori che, così agili nel campo della parodia e dell’i ronia, stavolta si provavano in quello della Commedia col C maiuscolo. E bisogna ag giungere chè Giuditta Rissone, protagonista inquieta, smarrita e infine amorosamente vinta, e la Chetimi nei turbolenti tratti del la femmina da strada, mantennero la loro interpretazione in note piacevoli. Donde moltissimi applausi, a scena aperta e alla fine d’ogni atto, e palesi approvazioni alla tesi morale, e insomma successo pieno. R a p p re s e n ta ta c o n g ra n d e s u c cesso d a lla Z A B U M N. 8 c o n G IU D IT T A R IS S O N E - A M E L IA C H E L L I N I - V I T T O R I O DE S IC A - U M B E R T O M E L N A T I FRANCESCO COOP ARIA NUOVA P E R S O N A G G I M ftrtfh c ri^ a Sam.es r E r n e s t Sleele * R ic e&rdtf Sames * W a lie rs / L ad y G ia n n a W a làam r B aldo 'Wells r Roberto T V illtam s r C ealania G ilìte s r F a n n y * S c ila C o llcn Una stanza in casa di Riccardo Sones. Quando si alza il sipario Ernesto Steele si sta curvando su Margherita, la quale siede su una poltrona in centro a sinistra. E ’ evidente che sta per baciarla. Ma la porta si apre e Walters, il cameriere, entra con aria indifferente e si avanza tranquillo. Ernesto riprende un at teggiamento normale e si allontana un po’ a sinistra. W alters •—- I l signore ha telefonato incari candomi di dire alla signora che sarà a casa al le sette precise. Margherita — Va bene. ( Walters esce. Mar gherita si alza di scatto agitatissima). Avrà v i sto? (Va verso destra). Ernesto (in centro. Scuote la testa) — Che cosa c’era da vedere? Margherita — Non dovete farlo mai più, Ernesto. Ernesto (scuote nuovamente il capo) — Co me gentiluomo, non posso promettervelo. Margherita — Vi prego! I l pensiero che in questo momento la mia servitù parla di me, è insopportabile. Non potete immaginare come in i disgusta. Ernesto (ride. Va a destra) — Walter ha troppo l ’abitudine di servire nelle famiglie rispettabili per compiere una simile scorrettezza. Personalmente, poi, gli sono riconoscentissimo. Margherita — Perchè, riconoscente? Ernesto — Perchè in avvenire busserà prima di entrare. Margherita —- Mi dà fastidio e mi disgusta che egli sappia. (Siede sul divano a destra). Ernesto (guarda attorno, alle pareti) — Per. chè non avete nessun ritratto della Regina V itto ria, Margherita? Margherita —1 A che proposito, la regina Vittoria? Ernesto (ride) — Così. Dicono che era un’epoca stupida, ma molto contegnosa. Margherita (con aria di riflettere) — Credo di essere io molto contegnosa. Ernesto — Moltissimo; ma non mi piacereb be affatto che mutaste. (Dietro al divano) D i rei quasi che un contegno come il vostro è un refrigerio, al giorno d’oggi. Aumenta le vostre attrattive... (Si curva su lei; Margherita si vol ta a guardare verso la porta) V i assicuro che non è il caso di turbarsi; ora che sa, non entrerà mai più senza bussare. Margherita (guardando Ernesto) — Sa... che cosa? Ernesto — Che ho perso la testa per voi... che vi adoro... che non penso che a voi... e che voi... (si ferma. Sta per baciarla. Marghe rita si scansa). Margherita — Che voi...? Continuate. Dite ciò che stavate per dire. Ernesto — Approfittate di ogni pretesto per impedirmi di baciarvi. (Si allontana verso il centro). Margherita (scuote la testa) — Non è questo. E ’ sempre difficile per una donna come me fare per la prima volta... (sembra che cerchi la parola), qualche cosa... sapete bene... Ernesto — Per la prima volta? Ma certo avete baciato degli altri uomini? Margherita (guarda) — Mio marito. Ernesto (sorride) — Vostro... Margherita — Che c’è da ridere? Ernesto — Nulla. Ditemi, da quanti anni siete sposata? Margherita — Dieci. Ernesto —- E non avete baciato nessun altro uomo che vostro marito? Margherita — Mai. Ernesto — Straordinario! Se fosse scritto in un libro, nessuno lo crederebbe. Margherita — Sciocchezze. Conosco una quantità di donne che non hanno mai baciato altri che il marito. Ernesto (ride) ■ — Ma no! Conoscete sempli cemente molte donne... che non hanno mai avu to occasione di baciare altri. Margherita — Siete spaventosamente cinico! Ernesto — Non lo sono affatto, e mi dispia ce che voi crediate questo. Ditemi... (Siede a sinistra di Margherita sul divano) Perchè vi ho conosciuta solo sei mesi fa? Margherita — Non andavo mai in nessun luogo, prima. Stavo sempre in casa, ad ascoltare le conversazioni di mio marito e dei suoi intel ligentissimi amici. Ernesto — Ora che ci penso : che significa quell’avvertimento di vostro marito « sarò a ca sa alle sette precise »? Margherita — Non ne ho nessun’idea. Ernesto — L ’altra sera, a pranzo, ¡ha dimo strato chiaramente che non approvava le vostre amicizie. FEDERICO LONSDALE Margherita — E’ ingeneroso da parte sua. Ho sopportato le sue per nove anni. Ernesto -— Straordinario! Margherita — Nove anni di persone in telli genti che modestamente non parlavano che di eè stessi. Oh, quelle serate! Ma non posso più. Ora, che mi son fatti i miei amici e la vita è di ventata così divertente, non potrei più. Ernesto — Capisco. M i crederete se vi dico qualche cosa? Margherita — Senza dubbio. Ernesto — Non so che cosa farei se non do vessi più vedervi. Siete così diversa da tutte le donne che ho sempre conosciute. La vostra com pagnia, i l vostro modo di considerare ogni co sa... Adoro stare con voi e parlare di voi. M argherita — Davvero? Ernesto — Non penso' che a voi. (Le prende le mani) Non desidero altro. V i adoro, e adoro tutto ciò che vi circonda. Farei qualunque cosa voi mi chiedeste di fare. Margherita — Proprio? Ernesto (traendola a se) — Voglio che mi cr e diate quando vi dico che non ho mai voluto be ne a nessuno, nella mia vita, come voglio bene a voi. Ernesto ( parlando con serietà) — A v ille mi vien fatto di pensare a quegli anni della vo stra vita in cui avete appartenuto a un altro, non so dirvi con precisione che cosa provo; ma so... (La prende fra le braccia; essa dà l ’im pressione di cedere a malincuore. Sta per ba ciarla, quando si sente bussare alla porta. Si separano in fretta. Margherita attraversa rapi damente la scena e va a sedere su di una poltro na in centro a sinistra). Margherita — Avauti. (Entra Walters da de stra). W alters —- Hanno portato questo biglietto, signora. (Si avvicina a Margherita porgendo glielo). Margherita — Grazie, Walters. (Walters at. tende presso la porta a destra. Margherita apre il biglietto, indifferente. Si volge ari Ernesto) Irene è a letto, infreddata, e non può venire a pranzo stasera. Ernesto — Oh, mi dispiace. M argherita — Non c’è risposta, Walters. (Walters s’inchina ed esce). Margherita (si alza; irritata) — Come mai si è permesso di bussare? Ernesto — E ’ stata una fortuna... Del resto, ve lo avevo detto. Margherita — Non è mai accaduto, prima Uh d’ora... Oh, è una cosa che m i spaventa in un modo... (Ernesto ride) Siete odioso, a ridere così. Ernesto ■ — E ’ tutta colpa vostra. M argherita —- Perchè? Ernesto — V i ho pregata di venire a pranzo da me, nel mio appartamentino, dove si rimar rebbe indisturbati per delle ore, e non avete voluto. (Va verso di lei; parla con eccitazione) Perchè non avete voluto? Margherita — No, Ernesto, no! Vi prego! Ernesto — Non mi volete bene. Margherita — Non è questo! Non so spie garvi! Forse sono stupida, antiquata, qualun que cosa, ma... Perchè sorridete? Ernesto — Perchè vi amo appunto per que sto: è porche siete antiquata o — come dite — «qualunque cosa». Margherita — Vuol dire che capite quello che sento? Ernesto — Senza dubbio. E so che, quando crederete giunto il momento, verrete. Sarò fe lice di aspettare finché vorrete. Margherita — Siete molto carino, Ernesto. Ernesto — Vorrei potervi esprimere tutta la mia gratitudine per queste parole. (Entra da destra Sofia Collen. E ’ una signo rina fra i 20 e i 25 anni. Ha l ’aria stanca; e si direbbe che appare meno giovine di quel che è in realtà). Sofia — Cara Margherita! (La bacia). Margherita — Come stai, cara Sofia? Sofia —- Stanchissima! Come sei bella oggi. (A Ernesto) Ciao, voi! (Siede a destra del di vano) Mi pare che mi abbiano picchiata, sai! Erano le cinque meno dieci, stamane, quando sono andata a casa; m i sono alzata alle nove e mezza... in giro tutto il giorno... Che vita! Mar gherita, tesoro, ti prego : un cocktail con un po’ d’absinthe! Margherita —1 Ernesto, mi fate il favore di suonare? (Siede a sinistra del divano). (Ernesto suona il campanello). Sofia — Perchè non sei venuta alla colazione di Memmo Somers? M argherita — Gli dissi ieri sera che avevo un altro impegno. Sofia — E’ stata una cosa divertentissima. Memmo ha mandato via Giacomo dal bar e ha preparato lui stesso i cocktails. Dio solo sa che cosa ci ha messo dentro: so soltanto che la po vera Gianna non riusciva più a salir le scale: morivamo tutti dalle risa! (Walters entra). M argherita — Per favore, i cocktails. ARIA NUOVA W alters — Subito, signora. ( Via a destra). Ernesto (guardando Sofia con disapprova zione) —1 E poi, sciampagna in boccali, imma gino ! Sofia — Certamente! E’ i l solo modo di berlo ! Ernesto — Memmo dovrebbe vergognarsi di far bere in questo modo una bimba di vent’anni come voi! Sofia — Oh, state zitto! E ’ la gente seria co me voi che ci ha insegnato a mettere lo sciam pagna nei boccali, in modo che sembra birra. Ora non andate a dirlo alla mamma! Ernesto >— State tranquilla, non le dirò nulla. Sofia (a Margherita) — Ti saresti divertita! Giovannino Dale Ira raccontato le storie più spaventose che si siano mai udite; poi Memmo ha letigato per il conto, ha giurato che non met terà mai più piede nel locale, e ha fissato subito una tavola per domani a colazione. Ah, mi ha dato mia commissione per te. (Pensa un poco) Dimenticato ! Margherita — Non importa; tanto, pranza qui. Sofia — Già, non me ne ricordavo. Dopo pranzo vieni con noi agli «Ainbassadors?». Margherita -— Ho promesso di sì. (Entra Walters. Sene i cocktails. Margherita ne prende uno. Ernesto rifiuta. Sofia ne prende uno. Walters posa i l vassoio coi bicchieri e gli shakera su un tavolinetto a destra all’estremità del divano ed esce). Sofia —■ Grazie, caro Walters. M i avete sal vato la vita. (Beve il cocktail). Alla vostra sa lute, ragazzi. (Posa i l bicchiere) Che differenza fa una goccia di absinthe! (Rientra Walters da destra). W alters — Lady Gianna Walton. (Gianna entra. Va a salutare Margherita, la bacia). Gianna •— Carissima! Margherita — Come stai, cara? Gianna — Non troppo bene. Credo di aver mangiato qualche cosa che mi ha fatto male... Sofia ■ — Stupida! Bevi un cocktail! Gianna — Non dire sciocchezze. Sofia •— Credevo che tu fossi andata a met terti a letto, Gianna. Gianna — Ho incontrato Baldo, invece (Siede su una poltrona a sinistra) e mi sono fatta com prare un cappello nuovo. Sofia — Baldo fa risparmiare molti quattrini a tuo marito. Gianna —‘ Non essere volgare, Sofia. Sofia — Non posso farne a meno, cara: mio zio è duca. Margherita — Perchè Baldo non è venuto con te? Gianna — Adesso viene; l ’ho lasciato giù che paga il tassì. Povero caro, non ha indovinato neppure un cavallo in tutto il giorno. Ernesto 1 — Oh, beh! In ogni caso, ha una rendita di ventimila sterline per far fronte alle perdite. (Ernesto prende il bicchiere di Margherita, va dietro al sofà, posa il bicchiere sul vassoio). Sofia — Mi piacerebbe conoscere qualcuno, con molti soldi, che fosse disposto a morire per me. Ma quelli che conosco sono spiantati e vo gliono sposarmi. M argherita — Se ce n’è uno simpatico, per chè non lo sposi? Sofia — Non essere antiquata, tesoro! Credi che io voglia sacrificarmi a vent’anni? Neanche per idea! Mi voglio divertire con parecchi uo mini ammogliati prima di decidermi a sposare qualcuno. Ernesto (è rimasto a ll’estremità del divano. Guarda Sofia) — Non posso negare, bimba mia, che siete molto sincera. Sofia — Non posso negare, vecchio mio, che non lo siete affatto! (Entra Baldo Wells. Ha circa quarantanni. Ha Vespressione dell’uomo annoiato della vita, in atteggiamento fiacco, quasi letargico. Va ver so il centro. Margherita è seduta a sinistra del divano). Margherita — Ciao, Baldo. Baldo — Come va? Ernesto — Che avete, Baldo? (Sofia versa un cocktail e viene verso il cen tro). Baldo — Piuttosto giù... in giro tutto i l gior no, annoiato da morire, niente da fare, nessuno con cui parlare... terribile! Gianna — Bisognerebbe che foste innamo rato. (Sempre seduta nella poltrona a sinistra). Baldo — Non lo sono di voi, forse? Sofia — La amate, non è vero, Baldo? (Gli porge il cocktail). Baldo — Alla follia! (Siede su una sedia in centro). Gianna (a tutti) — Carino, non è vero? (Si volge verso Baldo e gli getta un bacio) Amore! Baldo — Tesoro. (Beve). Sofia — E’ una bella fortuna avere un ma rito simpatico e un amico ricco. FEDERICO LONSDALE Gianna — Non essere volgare. BaLdo — M i piace, piuttosto, lusingarmi che sarei amato dalla mia Gianna, anche se fossi senza un soldo. Gianna — Senza dubbio, Baldo ! Sapete bene che vi amerei lo stesso. (Fa un cenno a Sofia). (Entra Roberto Williams. E ’ un giovinotto di ventidue anni, vestito con eleganza). Roberto (n Margherita) — Amica bella! (Le bacia la mano). Margherita — Ciao, Roberto. Roberto — Come siete carina! (Prende un cuscino) Delizioso! Che meraviglia di cuscino! Voglio procurarmene uno eguale! Baldo (si alza, va verso destra) — Dio mio! Roberto — Posso prendere una sigaretta? Margherita — Senza dubbio. Roberto — Nessuno di voi può immaginare come sono sconvolto. Sofia — Che vi è successo? (Tende a Rober to la sigaretta che aveva appetta accesa). Roberto — Ho avuto una lite tremenda col mio camiciaio. (Sofia prende un’altra sigaretta) Era tanto che cercavo delle magliette di un co lore speciale; e quell’imbecille le aveva final mente fatte venire. Siccome a Ruggero Vale so no piaciute, le ha date a lui. Non potete imma ginare che cose atroci ho detto a quell’animale. Sono furibondo! (Siede). (Sofia va al tavolinetto, prende un altro cock tail, siede sul divano a destra). Ernesto (a Baldo, alludendo a Roberto) — Che razza d’individuo! Baldo — Come mai, poi, piacciano alle donne! Ernesto — Mah!... Dicono loro delle cose che gli altri non dicono. Baldo — Sarà così. (Sofìa ha quasi riempito il suo bicchiere ed Ernesto tenta d’impedirle di colmarlo). Gianna — Ho un invito per voi, Roberto, per una sera della prossima settimana. Roberto — Davvero, cara? Spero che non ci sarà nessuno dei mefitici. Baldo — Mefitici! Clic diamine sono? (Va a destra di Roberto). Roberto — Gente da temere e da evitare. Le persone serie. Non ne posso più di vederne dal la mattina alla sera! (Baldo raggiunge Ernesto. Roberto si volge a Margherita) A proposito: spero che vostro marito non pranzi qui stasera? M argfierita (ridendo) — Temo di sì. (Sofia si versa ancora da bere e siede sul di vano a destra di Margherita). Roberto — Oh, che seccatura! Quell’uomo mi odia; mi chiama sempre « signorina » (Baldo ride) e poi si scusa. Sofia — Non ve la prendete! Ci detesta in massa. Margherita — Ma no, non è vero! Gianna — E’ verissimo. Ci disapprova e cre do che ci disprezzi anche un poco. Ci considera come i tentatori che cercano, cara Margherita, di trascinarti fuori dal retto sentiero deRa r i spettabilità. Margherita — Sciocchezze! Roberto — Vedrete che un giorno o l ’altro vi dirà che non dovete più vederci. Margherita —• Non me lo dirà : e in tutti i casi, ciò non porterebbe la più piccola diffe renza. Sofia — Sarebbe molto bello, però, se uno di noi riuscisse a disfarsi di lui. Gianna —- Sarebbe magnifico. Sofia — Ti secca, Margherita, se cerco di se durlo ? Margherita (rid e )— T utt’altro! Sofia — Pensate che soddisfazione : conqui stare il gran romanziere. Gianna — Non darti pena : il tuo genere non gli piace. Sofia — No; ma sono disposta a cambiare per un po’ di tempo. A diventare riservata, timida, astemia; seduta ai suoi piedi, dirgli languida mente « sì », « no », e « siete straordinario ». E’ un sistema che riesce con tutti gli uomini. Roberto — Avreste dovuto essere un giovi notto, Sofia. (Ernesto si avvicina a Sofia, la quale si sta versando un altro cocktail). Ernesto — Non avrete l ’intenzione di bere ancora? Sofia — No, se vi contraria. (Beve, tenendo Ernesto discosto con Valtro braccio) Non potete credere quanto mi dispiaccia contrariarvi. (Entrano da destra Memmo Somers e Costanza Gillies. Costanza stringe la mano a Margherita sopra la spalliera del divano). Costanza — Ciao. Mf.mmo — Buongiorno a tutti! Costanza —- Non vi scandalizzate, ma Mem mo, povero caro, sviene se non beve subito un cocktail. Come stai, Margherita? (Memmo versa due cocktails; ne porge uno a Costanza). Margherita — Benissimo. Servitevi, Mem mo. Voi non ne volete, Roberto? Roberto — No, grazie: mi rovina la pelle! ÀRIA NUOVA Sofia — Au revoir, Margherita; alle otto e Baldo (quasi fra se) — Buon Dio! mezza ! (Tutti ridono). Margherita — Ciao, cara. Gianna — Non ci badate, Roberto; noi vi vo Roberto (a Baldo, nel passargli davanti) — gliamo bene! Roberto — Non mi curo di ciò che dicono Se fossi in voi, farei a meno dei c'ochtails; rovi nano completamente la pelle. gli altri e non me ne sono mai curato. Baldo — Imbecille! (Roberto va a sinistra e si siede. Costanza va Sofia — A più tardi! (prende il braccio di a stringere la mano a Gianna). Ernesto (a Costanza) — Ho visto vostro ma Roberto ed esce). Gianna — Sono sicura che quella stupidina rito stamane al Circolo; mi ha detto che va ad avrà il vestito più bello. Baldo, dovreste evi. Aix per un mese. Costanza — Ah, sì, va ad Aix? Sapevo che tarlo. Baldo — Che posso fare? andava in qualche luogo. Spero che non sia a Gianna — Se foste gentile con Roberto, otter Parigi domenica; sarebbe capace di chiedermi di andare in giro con lu i e io detesto rifiutare, reste da lu i qualunque cosa. Baldo — Preferisco pagare il doppio facendo perfino a un marito (siede in centro). A propo a meno del suo intervento. (Gianna e Baldo sito, vieni anche tu, Margherita? escono a destra). Margherita — Non sono ancora sicura. Costanza — Venite, Memmo! (Va verso de Gianna —- Devi venire, cara! stra dietro il divano) Dì, Margherita : tuo marito Costanza — Assolutamente! Gianna — Sarà così piacevole: io e Baldo, Co pranza qui stasera? Margherita — Credo bene. stanza e Memmo, te ed Ernesto! Costanza — Sono sicura che è una carissima Sofia — E io, non vengo? Gianna — Ma sì, può accompagnarti Roberto! persona, ma il nostro genere gli dà sui nervi, Sofia — Non ho nessuna voglia di venire a vero ? Margherita (un po’ imbarazzata) —-Ma... mi Parigi per dover poi prestare a Roberto la ci dispiace... pria e i l carminio... Costanza — Cara, non ti sei mica offesa! (Va Roberto •—• Niente di tutto questo, perchè non posso venire. Ho promesso di andare do verso Margherita). Tesoro, non lo avrei mai det menica all’esposizione dei modelli di May to, se avessi saputo! Margherita — Non essere sciocca, via, Co Stuart. Gianna — Se ne vedete uno: che è adatto per stanza. Costanza — Allora, tanto meglio. (Bacia me, volete farmi il favore di prenderlo, Ro Margherita, si volge a Ernesto) Possiamo accom berto? pagnarvi a casa? Costanza —- E anche per me? Ernesto — Grazie, vado al Circolo. Roberto — Sarete servite! Costanza — A rivederci, cara, a ora di pran Gianna — Giurate di non dimenticare! zo. (Andando verso la portò) Venite, Memmo. Roberto — Lo giuro! Memmo — A più tardi, Margherita. Sofia — Ragazzi, guardate l ’ora! (Tutti si Margherita —- Au revoir. alzano). (Costanza e Memmo via). Gianna — A che ora si pranza, Margherita? Ernesto — Un po’ avventata, la nostra Co Margherita — Alle otto e mezza. stanza. Ma non voleva dir nulla che potesse di Costanza (va a sinistra, posa il bicchiere). Memmo (dietro al divano, a destra) — Veni spiacervi . M argherita — Ne son sicura. Le voglio mol te poi a cena con noi agli « Ambassadors »? to bene. Margherita — Con piacere, Memmo! Ernesto — Ditemi : pensate di venire a Parigi (Va verso Costanza a sinistra). Sofia — Venite, Roberto; vi riconduco a ca domenica ? Margherita —1E ’ un po’ difficile dirlo ades sa. (Va verso la porta). Gianna (mentre Roberto le passa davanti) — so; ma non credo che potrò. Ernesto — Desidero saperlo soltanto perchè, Non vi lasciate convincere a prendere per lei il se non ci siete voi, io non ho nessuna ragione di migliore di quei modelli! Roberto — Non sarò mai capace di comprare andarvi. Margherita — Che assurdità! Vi divertirete! un abito per qualcuna a cui non si adatti. FEDERICO LONSDALE Ernesto — Senza di voi? Margherita — Certamente. Ernesto — Sarebbe una giornata insoppor tabile... Ma se venite voi sarà deliziosa. Volete fare colazione con me, domani? Margherita — Con piacere! Ernesto — Benissimo! Non invito nessun al tro perchè chiunque sciuperebbe. A ll’ima, al Ritz. M argherita — A ll’una. Sarò puntuale. Ernesto (guarda Vorologio) —- Quasi le sette! Non avevo idea che fosse così tardi! A rivederci, cara Margherita. (Margherita gli getta un bacìo. Egli si ferma, sta per tornare accanto a lei; Margherita ride e lo ferma col gesto. Ernesto esce a destra. Mar gherita lo segue con lo sguardo. Va alla tavola a sinistra, accende una sigaretta; Vorologio co mincia a suonare le sette. A l terzo colpo, siede. Riccardo entra da destra). R'iccardo (sorride a Margherita) — Per quan te qualità negative i tuoi amici vogliono trovare in me, non potranno mai dire che ho i l vizio di essere troppo puntuale o di non esserlo abba stanza. (Posa il cappello su un tavolinetto a de stra della finestra). Margherita — Vuoi avere la bontà di spie garmi perchè mi hai mandato quel ridicolo mes saggio per telefono? Riccardo —- Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere sapere a che ora sarei tornato. Dovresti esser grata, perchè molti m ariti non sono così gentili. Margherita ( indifferente) — Non so nulla dei m ariti delle altre. Riccardo — Nè del tuo. Margherita ■ — —• Dunque continua a trattarli e lascia che io abbia i miei amici. Riccardo — Quella gente ha tanta importan za, per te, che non puoi rinunciare a loro? Margherita — Non vedo perchè lo dovrei. Riccardo — Questa non è una risposta. Margherita — Allora, ti dirò che nulla potrà indurmi a rinunciare alle mie amicizie. Riccardo — Adesso capisco a che punto siamo. M argherita — Me lo auguro. Finalmente po trò sperare che queste scene siano finite. (Sie de su una poltrona a sinistra). Riccardo —- Te lo prometto. (Trae di tasca due biglietti, le si avvicina). Margherita (guarda) — Che cos’è? Riccardo —1Due biglietti per il mezzogiorno della Francia. Partiamo sabato; staremo via sei mesi in tutto. Margherita — Credo di non aver voglia di partire. Riccardo — La risposta è ovvia; ma cercherò di persuaderti. Margherita — Perdi il tuo tempo. Non ho intenzione di lasciar Londra, per ora. (Alzan dosi) Dio, com’è tardi! (Va verso la porta a sinistra, si ferma, si volta, sembra riflettere. Torna lentamente verso Riccardo) Sono molto spiacente di una cosa. Riccardo — Quale? Margherita — Ho fatte veramente troppe spese. Ti prometto che questo non accadrà più. Riccardo — Sono molto contento che dica così. Margherita — Perchè? Riccardo — E’ incoraggiante. Vuol dire che non sei. inaccessibile alla persuasione. (Trae nuovamente di tasca i biglietti). Margherita — Non parto, Riccardo. Riccardo — No? Margherita — No! Riccardo (guardandola mentre esce) — Ve dremo. (Margherita esce. Riccardo siede e sembra r i flettere profondamente; poi si alza e va verso la tavola di sinistra. Walters entra da destra e prende il vassoio. Guarda Riccardo). W alters — E’ già tardi, signore. Non va a vestirsi? Riccardo — Cosa? No! W alters — Va bene, signore. (Fa per an dare). Riccardo — Walters! (Walters si volta) Da quanti anni state con me? W alters —. Sono entrato al suo servizio cin que anni prima che lei si sposasse. Riccardo — Sono quindici anni, allora. Cerio, quando due 'persone vivono insieme per quindici anni, ci dev’essere fra loro qualcosa di più di quel che c’è di solito fra padrone e ser vitore, no? W alters — Sì, signore. Riccardo — Mi pare che ciò dia quasi il d irit to di fare una domanda confidenziale: ditemi, se vedeste la persona, che amate più di tutto al mondo, fare qualche stranezza che può cagio narle gravi dolori, esitereste dinanzi a qualche cosa per salvarla? W alters — Dinanzi a nulla, signore. Farei l ’impossibile. Riccardo —- E ’ ciò che penso anch’io, Wal ters; perciò compirò qualche cosa di molto ar rischiato. Datemi il cappello. W alters — I l signore esce di nuovo? Riccardo — Sì, ma tornerò presto. (Walters gli dà il cappello) Per quante persone avete ap parecchiato? W alters — Per nove, signore. Riccardo — Allora, apparecchiate per dieci. (Riccardo esce a destra. Walters si volta e lo guarda mentre esce). F in e d e l p r im e « H e Sala da pranzo in casa di Sones. La tavola è elegantemente apparecchiata per il pranzo. AlValzar del sipario Walters è affaccendato a ter minar di disporre i fiori. M argherita (entra da sinistra in mezzo) — Siete sicuro che mio marito non abbia lasciato detto che non viene a pranzo? W alters —• Sicurissima, signora. Margherita — Oh, Walters! W alters — Signora? M argherita (guardando la tavola) — Perchè avete apparecchiato per dieci? W alters — Me lo ha detto i l signore. Margherita — V i ha detto di apparecchiare per dieci? W alters — Sì, signora. Margherita — Ha invitato qualcuno a pran zo? W alters — Non me lo ha detto, signora. Margherita ( irritata) — Ma deve pur aver detto qualche cosa! W alters — — Che cosa ho fatto adesso? Margherita — Se penso agli anni di vita che ho sciupato con te, mi vien voglia di urlare tanto da far venire giù la casa. Pensare che so no tua moglie da dieci; anni e solo stasera ti ho conosciuto ! Riccardo — Scusa la frase poco originale, ma... « Meglio tardi che mai ». Margherita (al lato sinistro del divano) .—, E dire che sei stato capace di quel che mi hai fatto stasera e poi, mentre io ero col cuore infranto, tu te ne stavi tranquillamente a guar dare una partita a bigliardo! Riccardo — Ma il bigliardo mi diverte. M argherita (viene in mezzo) — Mascalzone! Riccardo — Non so perchè tu rimanga alzata a discorrere con me. Margherita —1 Seno sicura che tu hai porta to qui quella donna unicamente per raggiun gere il tuo scopo. Riccardo — Cioè? Margherita — Sapevi che dopo mi simile ge sto io non ti avrei più voluto bene, e questo sarebbe stato il mezzo migliore per farla finita. Riccardo ■ — Per essere sincero, devo dire che fino a un certo punto è vero. M argherita — Lo hai fatto per questo? Riccardo — T i ho detto che fino a un certo punto è vero. Margherita ■ — Perchè sei stanco di me? Riccardo — Questa è una domanda alla qua le mi è difficile rispondere. Margherita — Vuoi dire che sei contento che ioi t i lasci? Riccardo — Sono tanto contento quanto lo sei tu. Margherita — Allora, sei felicissimo. Riccardo ■ — Allora, sono felicissimo. M argherita •— Ah, vattene, vattene! T i odio! Riccardo •— Vado. (Le tende la mano) Buo na notte. Margherita — Buona notte. Riccardo •— Non m i dai la mano? Margherita > — No! Riccardo — Mi dispiacerebbe pensare che anche non volendoci più bene, non possiamo rimanere amici. Margherita — Non ti parlerò mai più finché vivo. Vattene ai tuoi maledetti bigliardi. Riccardo — Va bene. Buona notte. (Va alla porta di destra, l ’apre e senza usci re la richiude. Margherita piomba sulla poltro na a sinistra e si nasconde il volto fra le mani). Riccardo — Margherita! Margherita — Credevo che te ne fossi an dato. Riccardo — Lo so. Margherita — Che vuoi, adesso? Riccardo —- Sono tornato indietro per dirti ima cosa. Margherita — Che cosa? Riccardo ■ — Che sono un bugiardo. Margherita — Come? Riccardo — Detesto il bigliardo! Margherita — Perchè hai detto che ti diver tiva? Riccardo — Perchè, se tu mi volevi bene... Margherita — Ma non te ne voglio. Riccardo — Mi dispiace. Sai qual’è la cosa più bella che tu abbia fatto da che t i conosco? M argherita — Quale? Riccardo — Quella che hai fatta quando hai creduto che io me ne fossi andato. (Si avvicina, siede accanto a Margherita, l ’abbraccia con te nerezza) Cara! Cara! i i i i B E L L A C O M M E D IA Q l m i L A V O C A Z IO N E Oggi il desiderio di cimen tarsi con l ’apparecchio di r i presa è sempre più frequente tra i giovani, e specialmente tra i giovani artisti. I l pittore è spinto a vedere la cornice dello schermo come destinata a inquadrare le sue composi zioni in movimento, da lu i sorvegliate in ogni tonalità di bianco e nero; lo scultore e l ’architetto vi vedono la possi bilità di effetti addirittura plastici, anche se il cinema an cora ignori la terza dimensio ne; e lo scrittore, infine, vi scorge soprattutto la tentazio ne di sottili ricerche narrative, d’accostamenti imprevisti. Pit tori o scrittori che siano, il ci nematografo li attrae, l i sedu ce, li tenta. Sono, del cinema, i « tifosi » intellettuali. E poi ché la loro sensibilità si è già acuita, sorvegliata, provata in altri campi, credono a buon diritto di poter dire una loro parola anche sullo schermo. Guai a chi volesse trasfor mare il cinema in pittura, o scultura, o, quel che è peggio, in letteratura; a queste aber razioni intellettualistiche fin i remmo presto per preferire le più banali aberrazioni « com merciali ». Ma se molte di queste aspirazioni sono soltan to pretese, o illusioni, o vani tà, è però certo che da questa giovanile aristocrazia il nostro cinema potrebbe avere consi derevoli apporti. Bisogna aprire le porte a questi aspiran ti d’eccezione; e non a questi soltanto. La vocazione del ci nema, come qualsiasi altra, ha bisogno di esser messa alla prova; ma è questo sempre, purtroppo, un esperimento as sai costoso. Se le nostre Case A L L A P R O V A editrici devono largheggiare di ospitalità verso questi cc prati canti », i giovani che si pre sentano non devono però sol tanto affidarsi alle loro speran ze o alla loro presunzione. Si ha giustamente il diritto di pretendere da loro un’adegua ta preparazione. Quanti sono, oggi, in Italia, i direttori cine matografici degni più o meno di questo nome? Si contano sulle dita delle due mani. E potrebbero, o saprebbero, o vorrebbero insegnare q u e l molto o quel poco che sanno ai nuovi sopravvenuti? Accan to ad ogni direttore, intento al suo lavoro, è noto che si può mettere un aiuto-diretto re, al massimo due; e questi cc aiuti » devono già sapere rendersi u tili. Inoltre le nostre Case editrici sono tutte accen trate lalla Capitale; e ben po chi tra i molti aspiranti po trebbero traslocarvi le loro va li ge e le loro speranze. I l problema più urgente per il nostro cinema, e non lo ripetiamo soltanto da oggi, è quello dei quadri. In questi ultim i tempi qualche lodevole tentativo è stato comiputo. Ma i l problema è assai vasto. I l cosidetto cc passo ridotto » può essere un’ottima incubatrice; ma nulla di più. Occorrono scuole di cinematografia, dove non s’insegnino i principii dell’arte — che questa non si insegna, nè in molte nè in po che lezioni —• ma dove s’im partiscano nozioni indispensa b ili e possano essere tentati esperimenti concreti. La tecni ca della ripresa, dell’illumina zione, della scenografia, della sceneggiatura: i l sapere tutto questo non vuol dire essere ar tisti: vuol però dire, cinema tograficamente, non essere più analfabeti. Dove sorgesse una scuola cinematografica, l ’Isti tuto L.U.C.E., che è già ricco di tante benemerenze, potreb be assumersene un’altra, non certo tra le sue m inori; e aiu tare la scuola, con i suoi tec nici e con i suoi apparecchi -— tecnici ed apparecchi già oggi dislocati in ogni centro importante italiano. Si verreb bero così a creare vaste riser ve, e questa volta di aspiranti legittim i; preparati, provati. Molti dei quali, assai proba bilmente, allora più non pen serebbero di farsi assumere al più presto da una grande Ca sa editrice : ma desiderosi di dire una loro parola, di non esser legati dalle malinconiche strettoie industriali e commer ciali, darebbero certamente vita a piccole cooperative di produzione. L ’importante è di fare dei film, il più in telli gentemente possibile. Una pic cola cooperativa di produzione vedrebbe diminuiti fino a un quinto, fino a un sesto, i costi che tanto pesano sulle sorti delle grandi Case editrici; e quali difficoltà pratiche non è sempre riuscito a superare un autentico amore per l ’arte? E’ soltanto da libere iniziative private, quasi personali, che il nostro cinema potrà avere il massimo soccorso di nuove e di fresche energie. A c c o r d i in b ia n c o e n e ro Oggi il cinema ha forse raggiun'o il vertice della sua pa rabola «industriale»: del pe riodo che un giorno sarà ricor dato come quello di gigante schi organismi che nei varii Paesi avevano un vero e pro prio monopolio del film. Già nelle Case editrici americane — le più imponenti, le più mammouth — corre la parola d ’ordine del « decentramen to ». Scindere ogni attività in non vasti gruppi indipendenti, facente ognuno capo a un di rettore: proprio in questi giorni tale criterio è stato se guito da due fra le principali Case di Hollywood. I l tentati vo è osservato con qualche t i more e con molte speranze; se i risultati dovessero rivelar si soddisfacenti, dopo il perio do di un’industria si profilerà quello di un artigianato. Ciò potrebbe apparire un procedere alla rovescia; ma accentramenti e lavorazioni « in serie » sono infatti un as surdo, se applicati al cinema in quanto arte. Questo nuovo mezzo espressivo deve servire un’opera autonoma, indivi duale, quella del direttore — il vero « autore » del film ; e il valore di una pellicola co stata decine di m ilioni può es sere artisticamente nullo in confronto a quello di un fil metto dal costo assai modesto. L ’arte e l ’ingegno non possono dipendere dall’esistenza di ci fre con molti zeri; nè si creda che chi voglia provarsi a fare del cinematografo debba sem pre varcare le soglie di un’a nonima. Oggi si può dimostra re di possedere autentiche at titudini cinematografiche con mezzi assai semplici, anche se ancora relativamente costosi; con piccoli apparecchi che im- propriamente, e soltanto per essere a formato ridotto, sono stati chiamati per « dilettan ti ». E ’ da questi « dilettanti » che sono sorti alciuii dei diret tori più noti; è a questi « di lettanti » che è in parte affi dato l ’avvenire dell’rt/fe cine matografica. Ili questi giorni, ai varii G.U.F. e ai varii Dopolavoro, è giunto dalla Segreteria del Partito l ’ordine di adunare in gruppi gli operatori a formato ridotto e di procedere a una intensa propaganda tecnico artistica riguardante i princi pali problemi del cinemato grafo. La disposizione ha una vitale importanza. Può ringa gliardire propositi per ora sol tanto vagheggiati, può risolve re vocazioni latenti. Lo stu dente, o il giovane impiegato, o il giovane operaio che si senta votato a essere poeta, deve soltanto procurarsi un po’ di carta e di inchiostro. Scriva : si vedrà quel che sa prà fare. Ma olii senta in sè il desiderio di tentare la cosidet ta « arte » cinematografica, se non è provvisto di mezzi fi nanziari adeguati, di solito si rassegna a essere un « tifoso » dello schermo e nulla più. Si adatterà ad essere un ottimo cliente dei cinematografi. La nostra cinematografia ha soprattutto bisogno di nuove e fresche energie. Uno dei pro blemi più gravi da risolvere è per l ’appunto quello dei qua dri; oggi, agli elementi super stiti della nostra vecchia guar dia si affiancano pochi, po chissimi giovani; ed è sol tanto dai giovani che ci potrà giungere una nuova parola. Vorremmo che, d’ora in poi, i l giovane che si sente spinto ad accostarsi allo schermo, subito non pensasse alla gran de Gasa editrice per subito averne a disposizione, da un giorno all’altro, teatri di posa e interpreti, operatori e sce nografi; dovrebbe invece sa pere che ha innanzitutto biso gno di prepararsi, di saggiare le sue forze, i suoi propositi; e, d’ora in poi, questo lo po trà fare: non avrà che da r i volgersi al suo G.U.F. o al suo Dopolavoro. L ’azione da svolgersi non è delle più facili. Eliminare implacabilmente ogni snobismo e ogni dilettan tismo, in questi, per ora, « di lettanti » per definizione; of frire nozioni e saggi dimostra tivi che disperdano malintesi e ignoranze; ammettere gli elementi più consapevoli a ten tativi concreti, fornendo loro gratuitamente apparecchi e materiali sensibili; bandire concorsi periodici, soprattutto a temi obbligati; segnalarne autorevolmente i risultati più significativi; costruire, in un secondo tempo, nei centri più importanti, regolari scuole se rali di cinematografia; e giun gere, infine, alla costituzione di piccole cooperative di pro duzione. Non si tratta di sostituire l ’apparecchio a passo ridotto a quello fotografico per le so lite riprese di quadretti più o meno familiari, di ricordi di gite, di semoventi e troppo sor ridenti ritra ttin i; s’incoraggerebbe.ro allora pigrizie ed esi bizionismi, lo strumento si tra sformerebbe in un giocattolo. I l « 16 nini. » dev’essere ado perato per tentare nuovi accor di in bianco e nero, suggeriti dalla realtà che ci attornia; l ’apparenza più banale e inerte può essere sempre interpretata da uno sguardo che sagace sap pia scrutarla, e intenderla, per infine « fissarla » con l ’occhio dell’obbiettivo. Elisa {seduta ad una piccola tavola sta facendo la colazione del mattino). Orlandi e Ricci {siedono muti e compunti su due poltrone). IN P O L T R O N A La cameriera {che ha servito caffè, latte e biscotti alla padrona) — Comanda nulla, signorina? U n a lto di Elisa — Nulla. V A L E N T IN O G A Y ! La cameriera {via). Elisa {intinge un biscotto nel caffè-latte e mangia soddisfatta. Poi P E a S O M A & G I a bocca piena, rivolgendosi ai due amici che le stanno di fronte, si E lis a G io rg i r Matfco Pa»« lenziosi) — Scusate, vero? Ho una faine! Un vuoto dentro... {Si cicasi * 5‘«K"à£> y Os-tasacìi r preme una mano sullo stomaco) Non vi sono ¡più die le mie costo, R ic c i r ca.Kffles’icsra lette, e... v’assicuro, davvero spolpate! {Ride). Ricci — Oli, per me, ci sarebbe polpa sufficiente... Elisa — V i proibisco i sottintesi... {Continua la sua colazione con gioiosa avidità) Piuttosto ditemi cosa vi ha spinto fin qui di buon mattino... Ricci — A ll’alba delle undici... Elisa — Oli, non fatemi il moralista! Orlandi — Ma no: voleva dire una spiritosaggine. Elisa {ride di cuore, si alza da tavola e va ad allungarsi su d’una dormeuse. Accende una sigaretta, poi guarda i due amici che ap paiono impacciati. Dopo una pausa) — V i giuro che stamane siete funebri e misteriosi. Che è successo? {Scherzosa) Deve trattarsi di cosa grave se Ricci non mi fa neppure la corte... Ricci — In quanto a quello... Orlandi — Zitto! {Con tono grave a Elisa) Si tratta infatti d’un avvenimento che può impensierire. Elisa — Oli! Meno male che prima mi avete lasciato mettere lo stomaco in pace. Orlandi — E’ in casa, Furio? Elisa — No. Non l ’ho più visto dopo una scenata d’ieri mattina. Ricci {crucciato) — Una scena di gelosia? Elisa — Ma sì! E ’ diventato di un carattere impossibile ed io sono stufa... Rìcci {con improvvisa gioia) — Siete stufa di lui? Orlandi — Zitto! {a Elisa) E la causa di questa gelosia? Elisa — Sciocchezze: sempre la poltrona N. 112. Ricci — E’ geloso di una. poltrona? Elisa — V i ho già detto che ho un ammiratore ini teatro che oc cupa tutte le sere la poltrona N. 112. Fin qui nulla di male. Io sono attrice, gli piaccio; padronissimo di venirmi ad applaudire e a... binoccolare. V i pare? I l guaio si è che da un po’ di tempo mi spedisce, ora a casa ora in teatro, delle missive d’amore. Per me sarebbe un passatempo, ma Furio invece è un ragazzo e non ci scherza su. Ie ri mattina, mi aveva ormai salutata, che doveva as sentarsi da Roma per un mese, quando la cameriera arriva con una lettera. « Di chi è? Chi ti scrive? Voglio sapere... ». Una tempesta. Apro la busta e dò in una franca risata. Si trattava, come sempre, della poltrona N. 112. Ma Furio invece di ridere, mi minaccia. Dite, ho colpa; io se piaccio? Ricci (con un sospiro) — E come piacete! Orlandi — E dopo se n’è andato e non ha più fatto ritorno? Elisa — Proprio così. Orlandi -— Ora mi spiego tutto... E la cosa ini pare che si faccia grave davvero. U N S IG N O R E UN SIGNORE IN POLTRONA Elisa — Oh Dio!... Si tratta dunque di Fu rio? Orlandi — D i lui. E lisa (si mette a sedere sulla dormeuse per prestare una maggiore attenzione) — Dite... dite... Orlandi — Ecco... ieri sera a tetro... duran. le la prima recita della commedia di Piran dello... Elisa (ad un tratto) — A proposito: che ne dite della mia particina? Ricci — Siete stata seducentissima... insupe rabile... Orlandi (un po’ stizzito) — Volevo dire... durante la recita... dal nostro palchetto di se conda fila... abbiamo notato uno scambio di biglietti da visita tra Furio... Ricci — Che aveva preso posto accanto al si gnore della poltrona N. 112... Orlandi •—• Appunto: tra Furio e il vostro adoratore. E lisa (alzandosi inquieta) •— Forse si tratta di un duello? O rlandi — Forse. Elisa — Ah! Ma voialtri, amici miei, dovete impedirlo. Ricci (si alza e si batte un forte colpo sul petto colla mano larga) — Ci penso io ! Orlandi — Ma che vuoi fare, tu? (Si è alza, to a sua volta. A Elisa) Solo voi potrete in qual che modo evitare lo scontro. Elisa — Farò tutto il possibile, ma voialtri aiutatemi a rintracciare Furio. Orlandi — Questo si. Anzi, m i metto subito all’opera. (Bacia la mano a Elisa che l ’accom pagna a ll’uscita e va via). Ricci (rimasto intenzionalmente indietro) — I l duello non si] farà. Ci penso io... A tutto so trovare rimedio, quando si tratta di voi. (Esce a grandi passi). Elisa (ritorna in mezzo alla scena, siede su d’una poltrona e resta qualche istante assorta nei suoi pensieri). Furio (treni’anni. Saldo, tozzo, esuberante, in complesso un bel giovane. Entra senza farsi udire. Porta con se il soprabito e una piccola valigia. Ha un fare allegro e soddisfatto. Scorgen do Elisa, le si avvicina in punta di piedi, le giunge alle spalle e le scocca improvvisamente un bacio sul collo). Elisa (balza in piedi con un piccolo grido di spavento, poi scorgendo l ’amante, si ferma ad osservarlo ansiosamente) — Tu?... Furio... Furio — Io... Trovi strano che venga a salu. tarti prima di partire? Elisa — Te ne vai? Furio —• Non dovevo assentarmi da Roma? E lisa •—- Sì, ma... Furio — Oh, cara mia! So cosa vuoi dire, ma non temere: finalmente parto tranquillo. E lisa —■Parti tranquillo? Furio — Sì, sì... Più nessuna gelosia per la poltrona N. 112. Elisa — Dunque, non ti batti... con lui? Furio (dà in una risata) — Ah! Ah! Non è proprio il caso. Elisa (delusa) — Niente duello? A li! Come uri sento ¡loco amata! Furio — T i ripeto che non c’è motivo... Elisa — Eppure tu hai conosciuto i l si gnore... Furio — Appunto per questo ho messo il cuore in pace. Elisa — Ma dimmi dunque... Che è avve nuto fra di voi? Furio (siede su d’una poltrona sorridendo per l ’ansia di Elisa). Elisa (siede su d’un cuscino per terra, vici no a Furio e incrocia le braccia sulle ginocchia di lui) — Raccontami cosa vi siete detto. L ’hai insultato, vero? E lu i, vile, non si vuol battere! Furio — Ma niente affatto. Siamo diventati buoni amici. Ecco qui, (trae di tasca una carta da visita e la depone sul tavolino) mi ha lascia to anche il suo indirizzo di casa. Elisa •—. Ah! Come siete falsi voi uomini! (Si alza indispettita e va a sedersi lontana da lui) Racconta. Voglio sapere tutto. Tu, ieri se. ra, sei andato a teatro per provocare quell’im becille, newero? E poi... e poi? Furio -— Infatti. Ed ho preso posto nella poltrona accanto alla sua per accertarmi s’era uomo che potesse piacerti. T i dico subito che non è il tuo tipo... Troppo lisciato... troppo pallido... troppo effeminato... E lisa — Potrebbe anche riuscirmi simpati cissimo. Chi sa? Furio — Ecco, anch’io mi son detto: chi sa? Ed allora ho voluto entrare in conversazione per studiarlo meglio. Ho cominciato a interro garlo con una banalissima frase: « Bel teatro, vero, stasera? ». Elisa — E che ti ha risposto? Furio — « Puah! ». Elisa — « Puah! »? Nient’altro che «puah»? Furio — Nient’altro. Allora, per interessarlo di più, parlai di voialtre attrici... VALENTINO GAVI Elisa (incuriosita, ritorna e sedere sul cu scino, vicino a Furio) — Ebbene!? Che ti ha detto ? Furio — a Puah! ». Elisa •— Di nuovo « puah ! » ? Furio •—' Naturalmente io ho aggiunto: « Qualche bel tipo c’è. Ha notato quelFamoro. sa? ». E gli ho fatto il tuo nome. Elisa (crucciata) -— E lu i: « puah! ». Furio — No... no... Elisa (improvvisamente raggiante) — Che ha risposto ? Furio; — Cosi: « Non la ricordo! ». Elisa — A li! MalscaJzone! E che viene a fa re tutte le sere a teatro? Impostore! Furio — Durante il second’atto mi presi cu ra di farti notare per scoprire s’era sincero o se proprio voleva burlarsi di me. Egli ti ha os servata lugamente con il binoccolo, poi mi ha risposto... (S’interrompe, indeciso). Elisa — Parla... parla.. Furio — Mi ha risposto: « Non mi piace. Ha la carnagione d’un bruno sporco... ». Elisa ( esasperata) — Ah! E tu?... Furio — « Come, sporco? » gli ho detto ir r i tato. E lu i, impassibile : cc Sì, non ha un bel bruno ambrato... dà creola... Eppoi che ino. venze! Sembra una gattina in amore. Pose... pose... Guardi che maniera d’accavallare le gambe... Le mostra fin sopra il ginocchio... E non sa che proprio lì, al ginocchio, le ha di fettose !... E lisa (è balzata in piedi, accesa di bile) — Questo ha detto? Questo? E tu non l ’hai schiaf feggiato ? Furio — Io ero annichilito. Ed egli continua va: « La raffinatezza della donna magra è tu t ta nella caviglia e nel ginocchio. Quella mi fa pensare d’essere magra soltanto per mancanza di nutrizione! ». Ah! Ah! Ah! (Ride). Elisa (s’è seduta su d’una poltrona e lacera un jazzolettino colle dita nervose). Furio —1Non ridi, tu? Elisa (c. s. non risponde). Furio — T i rincresce di non piacergli? E lisa —orge) Ecco, signore. (R i mane in piedi, compunta comicamente). Marco (rigira fra le mani quelle lettere, sen za capire, quindi guarda sbalordito Elisa) — Ma... Elena — Lei sarà tanto intelligente da capire che la sua è carta sprecata. Marco (è sempre più meravigliato) — Ma... Elisa ■ — Non la voglio mortificare, con que sto. Solo la prego, la smetta nel suo scherzo e... buoni amici. Marco (in piedi, completamente smontato, indietreggia verso l ’uscio, pronto ad andar via mogio, senza capire). La Cameriera (entra portando il vermouth). Elisa (con un piccolo grido di falsa mera, viglia) — Oh! La Cameriera (prepara il tavolino con il ver mouth ed esce). Marco (la guarda senza fiatare). Elisa — La mia cameriera sa che a que st’ora offro il vermouth ai miei amici, quan do ci sono. Si vede che ha messo anche lei nel numero. La prego dunque... s’accomodi... Marco (rinfrancato) — Grazie, grazie signo rina. (Ritorna alla sua poltrona e siede) Così avrò modo di giustificare... Elisa ( versando il vermouth) — Che? le sue lettere? Marco — Quali? E lisa — Oli bella! Quelle che ha in mano... Le sue dichiarazioni d’amore! Marco — Le mie... Elisa — Credo bene: non c’è il suo nome, ma c’è il numero della sua poltrona a teatro... Marco — La. mia poltrona? Elisa — Ma sa che è un bell’originale, lei? Prima mi manda un fascio di lettere, poi le r i cusa! Si può sapere infine perchè tutte le sere viene a teatro? Marco — Sono innamorato... Elisa (interrompendolo) — Oh! Le proibisco di continuare. Dichiarazioni d’amore me ne ha già fatte troppe per iscritto, nelle sue lettere... quotidiane! Marco — No, scusi, volevo dire, sono inna. morato del teatro di prosa. E lisa — Ah! Marco — E queste lettere che mi vuol rega lare non le accetto, perchè sono cose intime che riguardano lei e che io non desidero conoscere. Elisa — A li! (Dopo una pausa, fissando il suo interlocutore, come per capirlo) No, non mi risponda così freddamente. Non ho voluto offenderla, creda. Aggiungerò, anzi, che le sue lettere erano diventate per me una dolcissima compagnia. Le attendevo ogni mattina con una curiosità sempre crescente. E sa perchè? Non creda ch’io sia innamorata di lei... Oh no! Ma mi piaceva leggere le sue frasi d’amore perchè erano scritte bene. Non solo: mi sembrava che quella persona in teatro, che mi amava sempre dalla solita poltrona, fosse come la « mascotte » della mia carriera artistica. Lei non sa quanto in palcoscenico si diventi superstiziosi! Vede, quando per caso una mattina non ricevevo la sua lettera, ero certa di passare una pessima giornata. E così se lei fosse mancato una sera a teatro, sarei stata presa da tale panico da im- VALENTINO GAVI paperarmi ad ogni battuta! E’ mai salilo, lei, in palcoscenico? Marco — Sì, due volte. Elisa •— Era ramante d’ un’attrice? Marco — No: la prima volta avevo vent’anni e desideravo far leggere una mia commedia da una grande attrice. E lisa — Oli ! Marco — Ma non sono stato neppure ricevu to. Allora ho bruciato il copione ed ho cambia to carriera. Sono diventato un grande indu striale. Elisa — E la seconda volta? Marco — Ecco, sono ritornato in palcosceni. co a cercare della stessa grande attrice, non più come autore, ma nella mia notoria veste di ric co commerciante... Elisa — Ed è stato ricevuto? Marco — Oh! Questa volta, sì. Come dubi tarlo? Elisa — Non le domando il nome dell’attri ce, ma non aveva un’anima romantica, certa mente. Marco — Ecco: non aveva la sua anima ro. nrantica. Per questo è diventata grande attrice moderna. E lisa — Come si vede che è in collera con me. Mi parla con cinismo, ma io so invece che le piaccio. Confessi che vuole ritirare le sue di chiarazioni d’amore per il timore d’un rifiuto. Marco (come colpito da un’idea improvvisa, prende a parlare con calore sempre più inten so) — No, signorina, io non ritiro le mie pro teste d’amore, le confermo dinanzi a voi an. che in ginocchio... (Cade ginocchioni ai piedi dì lei). Elisa (dà in una risaia) — Ah! Ah! Ah! Marco — Ridete? V i burlate di me, dunque? Elisa — No, ma ecco... vedervi prostrato al le mie ginocchia... con quel po’ po’ di male che ne andate dicendo... Marco (si alza turbato, ma deciso a non per dere terreno) — Ebbene, signorina, è vero, ho detto cose ingiuste e false... Ma speravo che voi avreste capito che mentivo per scaltrezza, per non compromettermi e non compromettervi. Elisa (lusingata, cominciando a interessarsi) — Dunque... sapevate... Marco •— Tutto. Sapevo che il signore che mi stava accanto ieri sera a teatro era il vostro amante, gelosissimo, e vi ho appunto denigra ta per toglierlo da ogni sospetto. Elisa (con accentuato disprezzo) — Il mio amante, quello? Dite un mio amico. Marco — Che amate? Elisa (con un sospiro tragico da prim ’attri. ce) ■ —- No! Marco (facendosele vicino, incoraggiato) — L ’ho capito subito! Elisa (meravigliata) —■ Come? Marco — Sì... non è il vostro tipo. Elisa (bìricchìna) — Anche lui ha detto così di voi. Marco — Credete a me. E’ troppo giovane, troppo focoso, non so... è un egoista, nel suo modo d’ainarvi. Elisa — Bravo! Un egoista. Gliel’ho detto anch’io. Marco (con accento sempre più avvincente) — Per voi ci vorrebbe una persona più com pita, più vissuta, più moderna che vi offrisse, oltre l ’amore, tutto ciò che occorre a un’attrice per emergere: abiti, gioielli... Elisa (ascolta inebriata) — Voi non me lo avete mai scritto, nelle vostre lettere... Marco ■ —• Lasciate stare le lettere ed ascol tate invece la mia voce. Voi non sapete che una semplice genericlietta può, d’un balzo, diven tare prim ’attrice se fa rivestire le forme divine del suo corpo... (le cinge con un braccio l ’esile vita) dalle prime case di moda? Non avete os servato quale importanza va acquistando sui cartelli teatrali i l nome della sarta che ha for nito i modelli all’attrice? Elisa (socchiudendo gli occhi dal piacere) — Chi farebbe tanto per me? Marco (col viso chino su quello di lei, dolce mente) — Io. Elisa — Dunque, mi amate? Marco — T ’adoro!... Elisa (con un soffio di voce) — T i piaccio? Marco — Sono pazzo di te. (La bacia sulla bocca lungamente). La cameriera (dal di fuori, battendo al l ’uscio) — E ’ permesso? Elisa (si allontana da Marco) — Avanti. La cameriera (entra) — C’è il signor Ricci... Elisa (seccata) — Non ricevo. La cameriera — Dice di doverle comunica re ima cosa confortante, di grande urgenza. Elisa -—. Auff! Fatelo passare. (A Marco) Volete passare un solo istante di là... (ìndica la porta a destra). Marco — Un minuto, non di più... (Esce). Ricci (entra disinvolto e contento) — Ecco mi a darvi tuia bella notizia! Posso sperare nel. la ricompensa? E lisa — Che c’è? Dite... Ricci - I l duello non si farà. Elisa (ironica) — Davvero? Ricci — Ho trovato Furio alla stazione. Gli ho confessalo tutta la verità. Elisa — Quale verità? Ricci — Sicuro, perchè le lettere d’amore della poltrona N. 112... Elisa — Ebbene? Ricci — Le ho scritte io! Elisa — Voi? Ricci — Sì... Era runico mo do per farvi leggere le parole del mio amore... Se le avessi firmate col mio nome non vi avrebbero interessato. (Con to no passionale) Ora che sapete, ora... Elisa (fuori di se) — Ab, d:te che non è vero! (Si lascia cadere su d’una poltrona, sve nuta). Ricci (spaventato, grida) ■ — E ’ svenuta... muore... un po’ d’acqua... (Via di corsa). Marco (entra cautamente e si avvicina ad Elisa. Con voce ca rezzevole la chiama) — Elisa ! Elisa (apre un occhio, vede Marco, apre Valtro occhio e balza in piedi, fremente) — Ah! Così mi prendete in giro? Marco — No... non dire... Elisa — Sostenete ancora che quelle lettere sono vostre? Marco — Non sono mie... (Prende Elisa per la mano e la fissa negli occhi con intensa passione) Non sono mie... ma parlano d’amore... ed hanno servito ugualmente a farci co noscere. Elisa (vinta, gli si abbando na fra le braccia). Ricci (compare sull’uscio reggendo una caraffa d’acqua. Vede i due abbracciati, lascia cadere la caraffa e fugge via in vestendo e mandando ruzzoloni la cameriera accorsa dietro di di lui). Vrfslejiaiàss.© C rii v i P E R i m i A S C O L T O . . . I servizi di pubblicità delle ca COME F U N Z IO N A N O GLI se produttrici di cinematograUFFICI PUBBLICITÀ DELIE fra asfissiano i giornalisti, rifi lando loro delle indiscrezioni CASE CINEM ATO G RAFICHE destinate ad entusiasmare e ad eccitare il pubblico. Più esattamente, ad incuriosire il pubblico a pro posito dei film che le case produttrici preparano. Alcuni esteti ben stipendiati attribuiscono delle battute, generalmente molto stupide, alle vedette di moda. Si parla delle mille paia di calze della vedetta Ics, della passione della vedetta Zeta per gli spaghetti e altre appassionanti indiscrezioni. Sappiamo ancora che la vedetta Ipsilon guadagna un certo numero di milioni la settimana, il che riempie di ammirazione le sartine, le portinaie e i commessi delle salumerie. Io mi permetto di portare il mio modesto e indiscreto contributo a questa scienza della propaganda cinematografica. Come tutti sanno, quando il o la protagonista di un film deve com piere un esercizio sportivo o audace, gli o le viene sostituito, per que sto compito, un acrobata di professione o un povero diavolo che ha fame e che rischia il colpo. In seguito, gli applausi e l’ammirazione del pubblico andranno all’attore che, invece, è rimasto tranquillamente se¿luto in una bella poltrona di vimini, vicino al?apparecchio cinematografico, a guardare il suo sostituto che rischiava la vita in sua- vece. Bisogna riconoscere che. qualche volta, gli attori hanno chiesto di ri schiare spontaneamente il colpo (come Marlene Dietrich che si e ferita recentemente, cadendo da cavallo), ma di solito le case produttrici proi biscono la cosa per contratto. Ci sono degli specialisti della caduta da cavallo, degli specialisti del salto, dell’accidente automobilistico, della caduta dall’aeroplano. Ma siccome il loro lavoro, sebbene ìndispensabile, è anonimo, questa fatica è di solito molto mal retribuita. Il salano dipende dalla generosità del regista o del produttore. Permettetemi, adesso, di raccontarvi una piccola storia autentica. Si è girato in questi giorni, a Nizza, un nuovo film II regista e un certo Ermolieff. La vedetta è il signor Mosjoukme. Per obbedire alle necessità del soggetto, quest’ultimo doveva tuffarsi in mare, da un al tezza di dieci metri, dalla cima di una roccia e nuotare in seguito, sotto l’acqua, per una diecina di metri. Si chiamò un sostituto, vale a dire un povero russo che aveva molto appetito, taceva freddo, li tutto era difficile. Il regista Ermolieff è un uomo previdente ed astuto. E fece firmare al sostituto eroico di Mosjoukine il seguente grazioso contratto che trascrivo fedelmente: « Dichiaro, con la presente, di assumere su di me tutti i rischi che potrebbero intervenire, durante la scena cinematografica di domani, 13 marzo, e elle comporterà un tuffo in mare. Mi impegno ad eseguire il tuffo nella località che mi sarà indicata dal regista e in sostituzione detrattore signor Mosjoukine, per il film La mille e seconda nofi e. « Mi obbligo, inoltre, a contentarmi della paga di franchi 125 che mi è stata fissata per questo lavoro e a non chiedere, in seguito, ne supplementi, nè risarcimento di spese o di danni. « Resta inteso che, qualora il regista lo ritenesse necessario, mi impegno a ripetere il tuffo fino a tre volte e fino a che la fotografia ne sia perfetta. Vogliate gradire lutti i miei umili ossequi ». Come si vede, non c’è male. Cento venticinque franchi. Rischi a suo carico. Per giunta, gli si chiedono anche gli umili ossequi. Il disgraziato dovette eseguire ¡1 tuffo Ire volte. Se la cavò con un raffreddore gigantesco. Coi 125 franchi guadagnati, si curò il raffieddore. E adesso non dimenticate di andare ad applaudire La mille e secon da notte, quando sarà proiettala. Saprete però che l ’eroico tuffo dell at tore Mosjoukine è costato 125 franchi soltanto. M -'rlie l ui tu L ’arte di Jean GirauNella piccola cittadina, si mette improvvisa doux è un prodotto U mente a regnare sulle cose una specie di ordine r&a molto preciso della no soprannaturale. Alla lotteria della domenica m a, stra epoca. Non ne pro dove, di solito, il primo premio è incassato dal duce la fisonomía, ma milionario locale, sono invece i poveri che co « ne denuncia la disacco minciano a vincere. I l garzone del fornaio ot ¡as rata temperatura. E ’ il tiene quella stessa motocicletta che, di solito, ÉÈI trionfo assoluto dell’in 0 telligenza che rinuncia era vinta dalla Madre Superiore del Convento. ti Tutto, insomma, va sottosopra. Per giunta si 50 a ll’orgoglio delle grandi viene a sapere che, ad' ogni crepuscolo, presso i O creazioni, per divertire confini della foresta, Isabella ha dei colloqui z gratuitamente se stessa animati con uno spettro. Naturalmente, Io spet > sulle altalene della sotti tro non esiste che nella fantasia di Isabella. n > lità. Jean Giraudoux è Preoccupato da questo stato di cose, l ’Ispet un filosofo che ha spes tore della Provincia sospende Isabella dalle sue S so vergogna dei suoi funzioni di istitutrice e la sostituisce con il Con pensieri e die ama tra P A l S G Ì vestirsi da clown. I suoi trollore dei Pesi e Misure. Non c’è nessun bi sogno di dare del tu a Bergson, per intuire che personaggi — parlo di quelli teatrali che qui, l ’Ispettore rappresenta la ragione ufficiale ra soli, ci interessano — sono sempre molto intel gionante e che Isabella rappresenta, invece, il ligenti. Non sono quasi mai veri. Sono delle mistero, la poesia, la sottilità della vita. I l Con macchinette per pensare : somigliano raramente trollore comprende Isabella, ma è disposto a a degli uomini. I l più delle volte si limitano ad seguire i suoi sogni solo fino ad un certo limite. esseie dei meravigliosi fonografi, di cui l ’autore I l suo buonsenso si oppone, sì, al rigidismo si serve per imporre ai suoi contemporanei i mentale dell’Ispettore, ma conta nel tempo stes fini aforismi e le poetiche constatazioni dei suoi so di limitare ragionevolmente gli in fin iti di dischi mentali. Sarebbe molto ingenuo andare Isabella. I l Controllore, infatti, finisce col far a cercare dell’umanità allo stato puro nei fan si voler bene da Isabella e le offre una vita, tocci letterari di Jean Giraudoux. in cui i l sogno e la logica avranno il loro equi Sigfrido, che i pubblici italiani hanno gustato librio. Lo spettro si accorge della sua sconfitta a suo tempo nella pensosa interpretazione di e si evapora. I l tutto si termina in un allegro Ruggero Ruggeri, era una assurda marionetta fracasso da commedia italiana dell’arte o, se che, però, diceva ed udiva delle cose molto bel si preferisce, con un happy-end da film ameri le. Tutto il mondo ha avuto ragione a lasciarsi cano. incantare. I l secondo componimento teatrale di Intorno allo scheletro di questo aneddoto Giraudoux si intitolava Anfitrione 38 ed offriva trasparente, Jean Giraudoux ha costruito uno meglio le sue meraviglie al silenzio della lettura dei m igliori edifici del suo inchiostro. Da ogni che al chiasso della ribalta. Seguì poi una Giu dialogo, direi quasi da ogni replica, di questo ditta che non incontrò troppi Oloferni fra il testo senza confronti esala un’ironica ed indi pubblico. Dopo un biennio di silenzio diploma menticabile poesia. Le parole di ogni personag tico in tutti i sensi (Jean Giraudoux è, nella gio sono degne di essere imparate a memoria. vita di tutti i giorni, un altissimo funzionario Sergio Tofano che, per la qualità sottile ed in del Ministero degli Esteri), Giradoux è tornato tellettuale dei suoi mezzi scenici, è l ’attore ita alla ribalta con i tre atti di Intermezzo, ai quali liano che più somiglia a Jouvet, dovrebbe im 1 abile attore Louis Jouvet Ira regalato un clima possessarsi di questo testo ed offrirlo agli ita scenico preciso nel suo Teatro degli Champs- liani. Garantisco della poeticità dell’offerta. Elysées. Se si vuole, quando, a sipario definitivamente Contrariamente al solito, vai la pena di rac calato sui tre atti di Intermezzo, si vanno a t i contare quel che succede in questi tre atti così rare le somme estetiche di questo eccezionale ricchi di sottintesi poetici, così densi di ironia trattenimento, si può anche sospirare : questo in sordina e così stellati di parole intelligenti. non è del vero teatro. Ma qual’è, per favore, il Trasferiamoci subito nelle stratosfere della fa. vero teatro? vola e dell arbitrio. Isabella è una giovane isti tutrice di provincia che ama la vita e che vor- I^O N sono certo del vero teatro (nel senso che rebbe fare della vita una cosa molto bella e questa sfingetica locuzione vogliono inflig molto giusta. I l caso sembra favorirla. gere i cosidetti specialisti) i tre atti di La feru PARIGI: ORE 21 C i si trova invece, con molta probabilità, di rimpetto al vero teatro nella sala popolare dell’Ambigli, dove una Compagnia di attori di second’ordine, capitanata da Henry Krauss, offre ogni sera, per pochi spiccioli, i venticinque quadri di una riduzione scenica dei Miserabili di Victor Hugo. Gli scrittori intellettuali, accelerano, ogni se ra, l ’agonia del teatro, pugnalandone la reale essenza con i loro testi sopraffini. I l vero tea tro è invece, con molta probabilità, questo ve loce succedersi di scene a grande effetto, scara ventate l ’una addosso all’altra da un’azione uni ca, senza languori, senza soste. Due anni or sono, a questo stesso teatro, La Tour de Nesle di Dumas padre ci aveva incantato per la sua bella ingenuità di melodramma senza aforismi. Gli attori, dal palcoscenico, saettavano delle battute di un imprevisto senza confronti. — Donna di tutte le voluttà, a me l ’ultima! — tuonava il capitano Buridan in un orecchio di Margherita di Navarra. E il guardiano della cinica Torre esclamava, in un’altra scena: — Tempesta nel cielo e nei cuori! Triste presagio! P itig rilli, che assisteva alla rappresentazione, delirava di entusiasmo. L ’anno scorso, la Por tatrice di pane ci rinnovò l ’incanto. Quest’an no, i Miserabili. A l diavolo, per una sera, i distillatori di pro blemi centrali, i chimici dell’intimismo psichi co, i registratori di subcoscienti! Evviva, in vece, questo teatro semplice, onesto, perpendi colare, dove ogni scena contiene un avvenimen to incredibile ed inatteso, dove l ’emozione cer ca i suoi effetti in nome del cuore eterno del P AUL Raynal il presuntuoso autore della l ’uomo e se ne infischia di Freud! Tomba sotto l ’Arco di Trionfo, aveva u lti In fondo, quando riassumo la mia carriera di mati da un pezzo i tre atti di La Francerie per la spettatore teatrale, sono convinto che le più dol Comédie Française. Si giurava da tutte le parti ci e perfette gioie sceniche le abbian date ai che la rappresentazione avrebbe provocata una miei sensi i cattivi, perfidi, ingenui attori del tempesta di scandali. Nulla di simile ha avuto Teatro San Ferdinando di Napoli, dove ogni luogo. La Francerie è una conferenza politica, sera •—■ fino ad alcuni anni fa — l ’asma ot enfatica, nazionalista e molto noiosa, che è re tantenne di Federico Stella offriva al piccolo citata sotto forma di dialogo da tre conferen pubblico di Porta Capuana dei grossi drammi zieri, anziché da uno solo. Come tutte le confe dai tito li imbecilli e meravigliosi. I l barcaiuolo renze che durano tre ore e che, in novanta, m i d’Amalfi, La spigolatrice del Pendino, La fi nuti, vorrebbero risolvere definitivamente i d i glia del condannato, La fondazione della ca versi problemi insolubili della misteriosa ani morra, tito li che ancora si muovono in fondo al ma umana, la Francerie esala tuia noia vasta jnio cuore per ingioiellarlo. Che fosse quello il ed irresistibile, della quale la voce e l ’abi vero teatro, di cui i raffinati cercano la defini lità di Yonnel, di Marie Bell e dell’attrice zione esatta nei cassetti segreti dell’estetica? Parigi, maggio ’33. Korène tentano, invano, di limitare la sopo V i ii e t f ie G u e r ir ie ifc rífica area. 4MMI*U * .......- - ~«*» WèM*U*m**bl. me en blanc che Marcel Achard ha presentati al Théâtre Michel. La femme en blanc è un testo dialogato, di una ispirazione filmica mol to evidente. L ’arioso e leggero autore di Jean de la lune e di Domino, la cui fortuna è senza dubbio molto più vasta della sua sottilità psico logica, frequenta da un paio d’anni, con molta assiduità, la produzione cinematografica fran cese. Una intelligente signorina, che si chia ma Manuela e che è già stata educata con molto modernismo da un padre vedovo, si in namora perdutamente di un amico di suo padre che si chiama Ramon. A pochi giorni dalle noz ze, Manuela viene a sapere che sua madre è stata, molti anni prima, l ’amante di Ramon. Il perfido Ramon l ’ha fatta soffrire e, forse, è stato lu i a spingere la mamma di Manuela fino al suicidio. Ramon cerca di giustificarsi. I l suo racconto, che comincia alla fine del primo atto e nel 1932, conduce lo spettatore in un secondo atto che si svolge nel 1910. Proprio come suc cede ogni sera al cinematografo. Questo atto trae un grande profitto scenico e poetico dal suo sapore retrospettivo. (Si ride di gran gusto, come davanti all’A mor mio non muore, i l ce lebre firn 910, con smorfie di Lyda Borelli e sospironi in primo piano di Mario Bonnard). Al terzo atto, si rientra nel calendario normale e Manuela sposa Ramon. Questa spiegazione amorosa in tre atti, mira bilmente recitata da Pierre Fresnay e da quella deliziosa parigina di Palermo che è Gaby Morlay, fa trascorrere una intelligente serata, ma lo spettatore gusta un piacere intimo che deve al cinematografo la sua eccellente qualità. « Melodramma » è la parolai ohe lasciò cade re con disinvoltura un certo tipo di critico. Es si descrissero The Calendar come un « melo dramma », sebbene ogni persona intelligente lo riconoscesse per una commedia. Essa non ha infatti che una sola caratteristica del melodram ma: il fatto che l ’orchestra suona durante una scena. In questo senso è un vero melodramma. Ma non è ciò, io credo, quel che intendono i miei critici. I l dramma giallo è in realtà un dramma di sociologia. Tratta di condizioni che sono pene trate nella vita durante gli ultim i trentanni. Il detective del palcoscenico è l ’ultimo dei tipi caratteristici dell’avventura. Il cacciatore di bu fali appartiene al periodo di tempo in cui l ’Ovest era selvaggio ed acquitrinoso. I pirati dell’oceano spagnolo sparirono con il sorgere E D G D IC E V A CHE ANCHE La mentalità di un certo tipo di critico è molto difficile da intendere. In una settimana due drammi furono rappresentati a Londra. Uno, un dramma di tipo sensazionale — non era mio -— e l ’altro una traduzione dal russo. Per lungo tempo tenni inchiodati su colonne parallele i giudizi di tre critici scelti. La commedia russa aveva a protagonisti per sone che analizzavano le loro emozioni in pub blico, erano grossolanamente immorali anche in pubblico e discutevano argomenti che si tro vano di solito nei lib ri di testo psico-patologo. Due degli attori si suicidavano, uno diventava pazzo; vi erano due uccisioni: ima sul palco scenico ed una al di fuori di esso. I l dramma sensazionale aveva una uccisione. Era divertente leggere con quale disprezzo quel « melodramma » era trattato e con quale ampiezza quei gentiluomini estatici scrivevano intorno alla « realtà, la verità e anche la bel lezza » di quella sordida piccola commedia di vita di contadini russi. Non vi era uno di quei critici che fosse mai stato in Russia, che avesse mai visto i villaggi russi, che avesse la minima conoscenza della psicologia russa e, per dir il vero, fra tutti gli scrittori russi io ne conosco uno solo che abbia riprodotto con fedeltà la vita del derevnya. I penso che essi avessero conoscenza con qua si tutti i particolari del dramma giallo. Cono scevano i tipi, avevano letto fatti simili a quelli che erano riprodotti sul palcoscenico. IL A R TEATRO W A L L A C G IA L L O È E ARTE dei battelli a vapore e dei cannoni a lunga por tata. Le avventure nell’Africa sconosciuta di vennero luogo comune quando la ferrovia rag giunse Ttìnganyka e Khartum e le vie per le automobili comparvero tra le Cascate di Stan ley ed il Sudan. E la gioventù ha un desiderio ardente d’av ventura, apprezza il valore del forte nella sven tura, il trionfo della virtù sopra la malvagità, l ’emozione della lotta fra donne buone ed uo mini malvagi. V i è un solo tipo riconosciuto intorno al qua le possano essere scritte queste storie : il mo derno detective. Esso è l ’àncora che lega il so gno al romanzo, e molti sognano talvolta. I l meno romantico di noi, leggendo un libro di questo tipo, scioglie la briglia alla sua imma ginazione, in modo da porre se stesso al posto dell’eroe perseguitato e dare in modo indipen dente una soluzione all’avventura. Se non è quella dell’autore, meglio ancora. La storia gialla ed il dramma giallo ci rendono tu tti no vellieri. Sia in America che in Germania è stato spesso chiesto : La tendenza della storia o del dramma giallo è di volgere la gioventù verso una vita di delitto? La mia risposta ad essi è : La storia del fìgliuol prodigo induce molta gente a pascolare con i porci? Si era soliti leggere i resoconti dei giornali su di un ragazzo selvaggio e corrotto i cui pa renti in lacrime dicevano al magistrato che il DICEVA CHE ANCHE IL TEATRO GIALLO e’ ARTE loro figliolo era stato sviato dal leggere storie di scassinatori, ma negli ultim i anni il biasimo per la deficienza mentale è stato gettato sulle figure. 10 fio incontrato un solo criminale che m i ab bia detto che fu tratto sul sentiero del delitto dal leggere uno dei miei lib ri. Egli mi raccon tò una storia patetica del come era un inno cente fanciullo del coro, o qualche cosa di egual mente stupido, ed un giorno una copia di un mio libro gli cadde fra le mani. Immediatamen te fu infiammato dall’ambizione di emulare i protagonisti maggiori del racconto. Chiese cin que pounds per andare fuori del paese, nel Ca nada, dove aveva intenzione di ricominciare la vita. Non li ottenne perchè la storia che nominò come la causa della sua rovina non era stata scritta da me affatto, ma dal mio distinto e brillante amico, sir Arthur Conan Doyle, ed an che perchè io non avevo cominciato a scrivere storie, e Conan Doyle neppure, al tempo della gioventù di quel vecchio peccatore. Credo, tut tavia, che se voi fate un eroe del vostro crim i nale, rendete un assai cattivo servizio all’uma nità. 11 romanzo a 50 centesimi del tipo della sto ria di « Niclc Carter » ebbe in America, come antecedente, un tipo di storia che, ne sono per fettamente sicuro, fece molto male. La storia fu evidentemente concepita per la rovina dei ragazzi. Fu scritta nel peggiore e nel più gros solano dei linguaggi, e vi fu invariabilmente del sarcasmo in favore del criminale ed il più delle volte le forze della legge e dell’ordine fu rono dipinte; come emananti da uomini corrotti ed ignoranti. Ciò non è bene e l ’America sta esperimentando il risultato di questa deliberata glorificazione dell’illegalità. Francamente, credo che Raffles — uno dei m igliori drammi sulla delinquenza — fosse per nicioso nei suoi insegnamenti. Io non posso avere una ammirazione completa per Raffles, per quanto divertente possa essere « Bunny ». Racconti di questo tipo, così lontani dalle no velle psicologiche e sessuali, hanno un’immen sa influenza sulla psicologia nazionale. Se voi sapete ciò che fece Dickens per l ’Inghilterra vittoriana e quanta poca influenza ebbe Thackeray, quantunque sia stato un più forbito scrittore, potete comprenderlo. Un dramma sulla delinquenza può essere educativo. Può non soltanto interessare ponendo dinanzi agli occhi ciò cihe è pittorescamente de scritto come il « mondo dei bassifondi, ma r i velare ai cittadini che obbediscono alle leggi, metodi con cui combattere i furfanti ». Una vol ta ebbi l ’idea di porre sul teatro un numero di scene nelle quali le frodi più comuni, come gli inganni di uomini di fiducia, ecc., erano ripro dotti, ma non perseverai. Ciò faceva parte di quella serie di quadri della vita reale, mio dei quali divenne la Scena della Camera del Mag giordomo in The Calendar. Ma un dramma giallo, per aver qualche valo re in questo senso, deve essere il più possibile vicino alla vita. Fortunatamente, la tendenza del teatro è verso una riproduzione della vita quale essa è e non quale è foggiata dalla con venzione drammatica. V i è tuttavia il rischio che più ci si avvicina alla vita, più si diventa incre dibili. Un mio lavoro sui gangsters, tratta del la vita a Chicago e vi è a mala pena una linei e nessuna situazione che non trovi la sua corri spondenza in un fatto presente. Si potrebbe por re un asterisco ad ogni linea, fare una postilla che le conferisca autorità. E ’ una storia così sorprendente — almeno pare sorprendente a me — così incredibile, che sto pensando che cosa i miei amici critici di ranno di essa. Sono in dubbio se essi diranno che tali cose non possono essere, perchè, a di spetto di tutto ciò che amministratori, attori ed altra gente facilmente annoiata potran dire, e nonostante la loro ossessione di designare tutto ciò che scrivo come un melodramma, essi sono una ben riconoscibile specie di uomini. I l dramma e la storia della delinquenza non produrranno nè incoraggeranno mai la crimina lità. Essi sono vere storie morali, e la morale è che l ’uccisore finisce male e le frodi non por tano fortuna. E ’ un fatto certo, sebbene questa sia la mo rale di tu tti i lib ri che ho scritto, che essi sono più richiesti fra gli uomini che subiscono la pu nizione in una casa di pena che non i lib ri che cercano apertamente di migliorarli. Difatti la domanda è stata così grande in due prigioni di Londra, —1 Holloway e Wandsworth — che, temendo che questo gusto potesse essere segno di natura perversa, le autorità locali ces sarono di far circolare i miei lib ri nelle loro biblioteche! Gli autori hanno una ben grave responsabilità. Essi non sono mai troppo circospetti nello scri vere di delitti e di atti illegali: essi devono far attenzione di non incoraggiare le abitudini de- scritte, di non insegnare il metodo mediante il quale tali atti possono venire commessi con si curezza. Io ricevo di continuo lettere di rimprovero e di biasimo da tecnici che mi dicono che il mio metodo di fabbricare carbone monossido è sba gliato, e che ciò che io intendo in realtà è il carbone biossido. A ltri scrivono e mi dicono che nella Farmacopeia non esiste una droga come il « butylaconal », e nessuno di essi sembra com prendere che ho deliberatamente falsificato il metodo di ottenere il gas velenoso e che ho in ventato una droga fittizia per prevenire esperi menti di giovani òhe provino l ’effetto su di se stessi. Non vi è in Inghilterra un uomo più affasci nante e più osservante delle leggi di Sir Arthur Conan Doyle — glande scrittore, persona distin ta e uomo dabbene. Tuttavia io oso dire che « Sherloek Holmes » spinse all’uso della cocai na più di ogni altro libro prima pubblicato. E’ vero che Watson era sempre presente a belare pateticamente sui tristi effetti della droga, ma il lettore scorgeva soltanto la mente di Sherlock Holmes sotto l ’influenza di essa, vedeva che il suo corpo acquistava nuova vita e la sua energia si moltiplicava. Io penso che il dramma o la storia sulla de linquenza è di triste effetto se mette in ridicolo la polizia. V i è un tipo di racconto, il cui pro tagonista è un superuomo che ha per compito di spiegare il delitto. Questo gentiluomo ha in variabilmente per contrapposto uno stupido uf ficiale di polizia di Scotland Yard, che non ha cervello per vedere se non ciò che è di manife sta chiarezza. Così, se egli trova qualcuno chino sul cadave re di un uomo colpito da poco a morte, con una pistola scarica fra le mani, e questo ucciso re apparente si allontana di furia, questo uomo senza cervello gli corre dietro e lo accusa del delitto, mentre in realtà, come prova il super uomo, l ’uccisore fu un tale mascherato da al bero. Noi non possiamo saper troppo intorno al delitto, od ai metodi adoperati per prevenirlo e per scoprirlo. La delinquenza è tra noi, è parte del nostro sistema sociale, nna continua m i naccia alla sicurezza della vita e della proprie tà. Lo studio del delitto è vitale come lo studio dell’igiene. Ed il teatro serve ad un utile scopo se può al tempo stesso divertire ed istruire i non miziati in questo problema sociale. All’Argentina di Ro. ma è stata rappresen tata dalla Compagnia Tofano-Merlini-Cimara, la nuova commedia di Luigi Antonelli « Av ventura sulla spiag gia » che i nostri let tori vedranno pubbli cata fra pochi numeri in « Il Dramma ». La commedia e piaciuta, e non ha sollevato nè contrasti, nè disappro vazioni. Prodotto della IN T E L L IG E N Z A ironia antonelliana, è D I A N T O N E L L I uscita dalla sua tecni ca consumatissima di uomo di teatro, ma non aveva nulla di costruttivo, come alcune tra le sue opere più note, ove lo spirito borghese del tem po è rovesciato in fuori come la manica di una giacchetta dalla fodera sdrucita. Però, ecco ciò che scrive l’autore di questa commedia, recando un giu dizio che non solo appare copie un essenziale con tributo alla critica di se stesso, ma anche il prodot to genuino di quello spirito canzonatore che costi, tuisce l’asse lirico di tutta l’opera antonelliana. Ec co la critica : « L’autore ha voluto dare a questa avventura l ’an damento di una storia improvvisata. Infatti tutto pare che avvenga per incontri fortuiti, come se la commedia fosse sempre da fare. Da questo vagabon dare dei personaggi, la vicenda nasce quasi per ca so, essendo abolita ogni parvenza di costruzione tea trale. « Tuttavia quando la materia scenica è lieve e si vuole andare avanti senza costruire, la possibilità di sviluppi viene a mancare. Il difetto della com media è nella sua levità, che tanto era cara all’au tore. Al terzo atto, quando l ’avventura è conchiusa, l ’azione si è come vuotata bruscamente. Occorreva, per una commedia tutta fatta di vagabondaggi, una maggiore fantasia comica che creasse alla fine qual che cosa di nuovo che sorprendesse lo spettatore. Invece è accaduto che i personaggi, i quali avevano poco fiato non ostante la loro eleganza da giocolie ri — e io devo pur tributare un omaggio al tecnici smo e alla virtuosità dialogica dell’autore — sono arrivati al traguardo sfiancati. Questo dimostra che il teatro è teatro, ossia costruzione, e voler fare delle acrobazie per abolirlo è una virtuosità che co sta cara. E Antonelli, che ha sempre costruito piut tosto solidamente, se ne ricorderà per l’avvenire. Commedie simili costano lai fatica che ci vuole per farne tre, almeno, invece di una, e sono come le gi randole che abbagliano per il loro improvviso splen dore, ma poi si annientano nel buio ». co > "O m —i m > TJ no I— > g m A T E A T R O Fra le reazioni dello spetta tore, l ’approvazione con le ma ni è forse la più dimostrativa del suo carattere. Certo vi so no m olti modi di applaudire, ma tutti si riducono a due at titudini essenziali : V i sono coloro elle muovono le braccia con ostentazione. In questo genere, bisogna di stinguere le persone che fanno risalire il movimento fino alle spalle •—< segno di eccessiva semplicità — e coloro che si accontentano di scostare i go m iti dal corpo, agitando gli avambracci con un movimento sussultorio, che è segno di fa l sità e di presunzione. Fra costoro la parte rappre sentata dalle mani è seconda ria; Lappiamo è maldestro e sgraziato. Potranno anche esse re vagamente commossi, ma non sono mai dei sensibili o dei cerebrali. Più complicata, invece, è l ’a nima di coloro che applaudono con finta discrezione. Le mani assumono un atteggiamento che può essere molto significa tivo. Questa categoria presenta una quantità infinita di sogget ti; dalla signora inquieta che con due dita solletica la linea del cuore della sua sinistra, guardando distrattamente il primo attore; fino al grosso (o magro) critico, dalle palme in cavate e dalle mani immobili, sempre altezzosamente indiffe rente a ciò che avvieme nella sala. Sembra che dall’alto del suo castello di carta e in virtù di una poltrona gratis e di una colonna di giornale a disposi zione, dica agli spettatori plau denti e condiscendenti: « Do mani, una mia parola cancelle rà queste vostre approvazio ni! ». Fortunatamente, non sempre questo gli riesce. Abbiamo l ’esempio quotidia no di commedie disapprovate dalla critica e applaudite calo rosamente in una serie di inter minabili repliche. La maniera più franca, più netta e precisa di applaudire consiste nell’alzare le mani quasi all’altezza del viso, come i bambini, e di unirle battendo dolcemente in modo che le pal me si uniscano trasversal mente. Questa posizione non è mol to elegante, ma denota un ca rattere accomodante, tuia gran de bonomia, una mediocre im maginazione. Alcuni compiono questo stesso movimento, ma all’altezza dello stomaco. Si tratta di persone complicate, di cerebrali, di appassionati. L ’applauso più curioso e an che meno diffuso è prodotto da una mano die batte l ’ altra tesa aperta e immobile. La violenza dei colpi, la du rata dell’applauso, l ’attitudine generale ddlo spettatore non rivelano nulla. Ho notato che in questo caso la forma delle dita e della palma servono a poche e incomplete indicazio ni. Bisogna ricorrere alla chi romanzia. L ’applauso più inutile è quello delle donne. Se sono donne del popolo non sanno ap plaudire perchè non hanno mai capito che è la palma destra che deve poggiare e battere sul la sinistra. Esse compiono que sto gesto sempre ali’incontrario, come quando scendono dal tram, e allora il loro entusia smo si smorza nell’aria e 1 ap plauso diventa un gesto inuti le. Se sono invece donne ele ganti, applaudono non solo al contrario, ma sulla punta delle dita e con i guanti. Non saprei davvero chi po trebbe beneficarsi di un simile applauso. A parer mio le don ne non dovrebbero mai mani festare la loro opinione; nè a parole; nè coi gesti. Ma allora, mi direte voi, co me bisogna applaudire? Non posso indicarvelo. Infatti noi applaudiamo secondo il nostro gusto e la nostra intelligenza. Se si studia di stabilire un accordo fra lo spettatore e sè stessi, la spontaneità distrugge ogni controllo e si pensa troppo tardi a modificare la propria attitudine. Se, al contrario, la conve nienza o lo snobismo ci vietano di battere le mani, noi tradu ciamo sempre in maniera più o meno elegante la nostra esita zione. Ed è precisamente per evitare l ’instabilità impacciata degli spettatori ohe si è inven tata la cc claque ». Fortunamente, questa è af fidata a persone di tale bassezza morale da stabilire un prezzo all’entusiasmo come alla ver dura, e ottiene l ’effelto contra rio. Un teatro della periferia im piegò come capo-claque im ta le, ex-lottatore, che per aver lasciato una gamba sotto un tram fu costretto a lasciare contemporaneamente anche la lotta. Una sera, alla rappresenta- zione di un dramma popolare, due personaggi si insultano e si accapigliano. Alla fine era stabilito un lungo applauso al vincitore, ma il capo-claque, di menticando il suo nuovo me stiere e tutto fremente per quella lotta che si svolgeva sot to i suoi occhi, alla fine — in vece di applaudire — gridò al vincitore : « T i sei battuto come un salame! Non ti appi andò a costo di farmi cacciar via! ». Pronostico che si avverò imme diatamente. Noi abbiamo tu tti un po’ l ’i stinto d’essere attori. In virtù di questa naturale disposizione e a nostra insaputa, noi giudi chiamo — attraverso coloro che sono sul palcoscenico — noi stessi. Eppure esiste un luogo dove non si ha l ’abitudine di applau dire: il cinematografo. La cau sa è forse data dal fatto che il cinema ci presenta un’azione continuata, della quale si pos sono seguire tutti gli aspetti senza avere i l tempo di com mentarli? Oppure il cinema, con le sue immagini, non si av vicina mai al nostro cuore? La fotografia animata ha avuto da qualche anno anche la voce, ma noi non riusciamo ugual mente ad accostarci a queste immagini. La differenza fra i personaggi della ribalta e quelli dello schermo è che i prim i vivono per noi in quel l ’istante; gli altri hanno vissuto molto tempo prima, a nostra insaputa. Ora li vediamo an che noi, ma non ci riguardano. i l teatro è la vita; il cinema tografo è l ’avventura. Per tra sportarci dalla vita all’avven tura occorre della fantasia; e voi sapete che non tu tti i cer velli sono disposti a questo la voro di superproduzione. M a r c e l P ’a g s a c l M*«««M*QUn»* » una nelle unirne superstiti della gloriosa falange di attrici e di at tori che resero fastosa la nostra scena napoletana è anch’essa rientrata nell ombra dell infinito : «donna Amalia» De Crescenzo è morta a ot tantanni. Io ho un ricordo personale di questa attrice, che recava nella vita e sulla scena una spiccata signorilità ed un umorismo sottile, tutto napo letano, fatto di brevi considerazioni sottolineate da certi suoi particolari sguardi e sorrisi inimitabili... L’ebbi testimone in un... « incerto del mestiere», capitatomi alla prima della mia commedia «.Signorine)). Nel 1907, feci rappresentare, al « Samiazzaro » di Napoli, dalla Compa gnia Scarpetta, di cui faceva parte Amalia De Crescenzo, queste scene del ia nostra mezza borghesia napoletana, che ormai è presso a scomparire, ma eh era cosi viva e pittoresca nella sua ingenua mentalità. C era una certa attesa nel pubblico per qualche indiscrezione gior nalistica sul carattere satirico della commedia, con la quale io animavo un ambiente notoriamente tipico, ma fino allora mai, portato sulla scena. In un dialogo fra « Alberto Spina », l ’attor giovane, e « Idarella », una delie signorine, costei — gelosa della corte che egli la ad mia sua amica — esclama, nel suo caratteristico italiano: — « E si capisce! voi ngi provate il clolge con... — e qui il nome del personaggio — perche quella tiene sempre un fare da cocotte con tàlti gli uomini... ». La « battuta » era felice, e indovinati erano il nome ed il cognome dell’amica di Idarella, fonicamente armonici e bene scelti fra i più diffusi in queste famiglie del medio celo. La sera della prima rappre sentazione, mentre io seguivo, con angoscioso palpito giovanile, la com media, udii alle mie spalle una voce dolente ed implorante : — Per carità, signor autore, salvatemi a mia figlia! nMi volsi. M’era dinanzi un... cetaceo sotto forma di donna pallida, affannosa, col cappello a sghimbescio, tutta gesti, tutta chiacchiera, se guita da una signorina bruna, belloccia, con dei grandi occhi timidi ed incerti da educanda impreparata agli esami di pedagogia. Io non so come fossero riuscite a penetrare in palcoscenico. Nella speranza di li berarmene presto, condussi le visitatrici nel vicino camerino della De Crescenzo, dove ci raggiunse « donn’Amalia » libera dalia scena. — In che posso servirla, signora? Lei che dite; — grammaticava la sconosciuta — favore e grazie... Dovete sapere che nell’opera vostra di questa sera, ngi avete messo il nome di una signorina che tiene un fare di cocotte con tutti gli uomini e cne si raffronta nientemeno con quello di pria figlia qui presente. E qui la signora s’affannava a chiarire a me ed alla De Crescenzo che la sua figliuola era « appuntata di matrimonio » — voleva dire fidan zata con un giovane che, per caso, l ’aveva lasciata andar sola a teatro, ma che la sera dopo sarebbe certamente venuto ad ascoltare la comme dia, delia quale aveva letto « tante belle cose sui fogli dei giornali ». — - I oi ci scherzate! Lui crederà che voi, signor autore, che andate studiando i tipi per le case, avrete saputo qualche cosa sul conto di questa birbantella, che non ha mai voluto sentire a me... e non se la sposa più! Un partito di questi tempi! Voi ci scherzate!... Io non descrivo la scena! Non so dire l ’atteggiamento della lepida « donn’Amalia » sul cui volto espressivo, per quanto atteggiato a viva considerazione per 1incidente, io leggevo l ’ineffabile comicità con la quale accompagnava ed « intonava » le sue domande ostentatamente ma terne ed ingenue, le sue abili deduzioni, che tendevano a trarre dalla bocca della signora tutti i segreti intimi della « signorina »... Io interruppi a tempo: — Sia tranquilla, signora — dissi — per domani aera il nome sarà modificato. E la Madonna di Pompei ve lo rende — esclamò abbracciandomi. Quella poi, la vedete, a questa lazzarella? Vi verrà a ringraziare di rettamente di persona propria... E 1indomani d accordo con « donn’Amalia » — sostituimmo il deprecato nome! Ma valse questo a non « far perdere il partito » alla trop po passionale ed incauta « signorinella? ». Evitai di vederla. E non ne seppi più nulla. Eirnesto M in-ciò Ermanno Rove ri, lasciata la Com pagnia Zatourn n. 8, cerca dei tentativi che se anche non o ‘mirano alla glo ria, tentano delle possibilità materia li. Con q u e s to .miraggio, d’altron de apprezzatissimo, se non proprio lie to, ha formato tein. po fa a Roma una Compagnia del le «Maschere esquinnesi » nella quale, oltre a metterci U J dell’entusiasmo, ha anche avuto il tor to di metterci dei denari. La Compa- | h ì ✓gnia, come si sa, non è andata bene. E R M A N N O ROVERI Incontrato il bellis simo Ugo Chiarelli del «Travaso », Roveri si con fida: — Tu, che nel teatro sai predire la buona fortuna delle imprese, consigliami dove posso mettere un po’ di denaro con sicurezza. — E’ semplicissimo — risponde Chiarellino. — Mettilo nella tasca interna della tua giacca. « Questi dialoghi sono nati dalla conversazio ne di Dino Falconi e Biancoli, Onorato e Carlo Salsa; cambiando le persone, rimangono, le bat tute: * — Come interpreti il cenno del capo che mi ha fatto quella signora, in risposta al mio muto brindisi? — L’interpreto come un cenno del capo di buona speranza. * — Il terzo palco a destra della seconda fila mi ricorda una delle più deliziose serate della mia vita. — E’ il tuo palco della rimembranza. * _ Quella bella biondina che ho salutato ades so, è infermiera all’Ospedale Maggiore, e sem. bra non essere del tutto avara di sè con i gio 0 vani dottori. — La Venere dei medici. * — E’ addirittura insopportabile pranzare alla trattoria col Tale; non fa che lamentarsi e bron. tolare. Figurati che l ’altro giorno ordinò del bac calà, e rimproverò il cameriere perchè non era fresco. v Federico Valerio Ratti venne a sapere che, durante la rappresentazione di una sua trage dia in un teatro di Milano, Borgese era stato sorpreso a russare profondamente. Il giorno seguente, Ratti, incontrato Renato Slmoni, si lamentava dell’accaduto. — Non era vergognoso il modo con cui Bor gese russava in teatro ieri sera? — Altro che — esclama, sincero, Simoni. — 1 Figurati che mi ha svegliato di botto! — ■{. Franco Aliano ed Alfredo Casella si vogliono un gran bene, nonostante che continuamente uno dica sempre male dell’altro: una vera dissonanza perpetua. Ma anche le dissonanze formano ar j j ^ m monia. Un giorno i due amici musicisti vennero a di. scorrere delle rispettive età. — Io — disse Casella —■sono nato nel 1883, e, nota la coincidenza, proprio l'anno in cui mo riva Riccardo Wagner... — Eh, purtroppo — annuisce Franco Alfano — le disgrazie non vengono mai sole!... i j Fabio ’lombari e Antonio Conti, autori dell ’applaudita commedia «Matto grosso », per fe steggiare il successo si sono recati all’indomani in campagna. La campagna romana è splendi da al principio della primavera. Fermatisi in un’osteria,Tombari ordina: — Un litro di vino! Il cameriere porta due litri. Al momento di pagare: — Due litri, quattro lire! E l ’eco: — Due litri, quattro lire. — Sbrigati a pagare — urla Tombali a Conti — altrimenti diventano sedici! x Germana Paolieri era stata invitata in una città di provincia per assistere alla «prima » del film « La cantante dell’opera » al cinema locale. 11 treno che trasporta la bionda attrice giunge alla stazione dove un gruppetto di ammiratori l ’aspetta per improvvisarle una piccola dimo strazione di simpatia. Germana Paolieri scen de... e manca all’effetto. Nessuno la riconosce. Maledizione! Irritata, corre dal macchinista ed esclama: — Scusi, signor macchinista, non potrebbe, per .piacere far ritornare indietro il treno e ripetere l’ingresso nella stazione? ■a, Giulio Donadio, afflitto da pene coniugali, si sfoga con Enrico Serretta. _ E’ incredibile: mia moglie ha una memoria pessima come nessun altra. — Perchè, non ricorda nulla? _ Al contrario, ricorda tutto! Ieri le ho detto: «Ma insomma, tutta la vita la passi a contrad dirmi? Mai una volta sei stata, del parere mio! ». Ebbene, sai che cosa m’ha risposto?: «Sei un bugiardo. Una volta sono stata della tua opinio ne: quando dissi, sì, sono le dodici e un quarto! ». at Passatempi giocherecci fra Ugo Chiarelli e Onorato. —. Pensa un numero. — Ho pensato. — Raddoppialo. — Raddoppiato. — Aggiungi 12. — Fatto. — Dividilo per metà. — Diviso. — Saprai il numero che hai pensato. — Va bene. — Resta sei? — Niente affatto! — E’ impossibile, deve restare sei... — E io ti dico di no! — Ma a che numero hai pensato? — All’ultimo numero del «Travaso ». Di ritorno dal suo recente viaggio ad Ankara, 15§ 1 Guido Milanesi fece una breve sosta a Instanbuì e, una sera, a teatro, venne condotto nel came rino di una presuntuosa prima attrice, la quale tenta ancora di sfruttare, la fama di bella donna che ella aveva ai tempi di Abdul Hamid. — Ebbene, Ammiraglio — gli domandò con TERMOCAUTERIO aria civettuola l ’attrice — vi piace più la Turchia modernizzata o l’antico im ROVESCIO D IL L A M E D A G L IA : IL PUBBLICO pero degli Osmanli? — Ci sono delle beile cose anche oggi, Armando Falconi, Testate scorsa si « Nell’anno tale io ero ancora studente e, rammento benissimo, recò a Londra e prese alloggio in una essa era già prima attrice e notissima... Per diventare prima attrice pensione a cui l ’avevano indirizzato. Ap ci avrà messo dieci anni... Dunque, oggi ha certo più di quaranta pena arrivato, Armando domandò al ca anni ». Il conto tornerebbe esattamente, ammesso e concesso che meriere l ’orario dei pasti e si sentì ri quell attrice fosse entrata in arte a vent’anni e ne avesse impie spondere: gati almeno dieci ad assurgere al ruolo di prima attrice. Ma a — Dalle sette alle undici, colazione, teatro non sempre si procede per gradi, e non tutti percorrono la dalle undici alle tre «lunch », dalle tre medesima strada. Uyda Barelli, a diciotto o diciannove anni, era già alle otto pranzo, dalla otto a mezzanot in primo piano, ed a vanti era forse la più popolare ed acclamata te cena... delle nostre attrici. Vera Vergarli entrò in arte a diciassette anni, — Ma perbacco — esclamò Falconi — ed a venti era anche essa prima attrice a fianco di Ruggero Rugin questo modo non troverò un momento geri. Elsa Merlini, dopo due anni di palcoscenico è divenuta quella libero per visitare la città... che è oggi. Riiti Palmer, pochi mesi addietro, non calcava ancora tv II ¡maestro compositore Igino Roble tavole del teatro, ed oggi e al centro di una grande eccellente biani, è noto a tutti, appartiene a una Compagnia. E per ultima, io stessa non sostenevo, forse, a diciotto famiglia di ricchi fabbricanti di for anni, parti di grande importanza, e a venti non ero scritturata col maggio. ruolo di prima attrice in Compagnie primarie? Ebbene, quello Alberto De Angelis, una sera, spiega, che è accaduto alla Borelli, alla Vergami, ed accade oggi ad altre, sta ripetendosi per me. va in un salotto l’attività del musicista lombardo: Alle attrici gli anni si tolgono e si aggiungono con la stessa fa. — Il maestro Robblani ha fatto rap. cilità. Per fortuna, però, l attrice ha un privilegio, in scena alme presentare due opere di soggetto patriot, no: quello di fabbricarsi l età clic le conviene, quando sappia re tico: «Romanticismo » e « Guido del Po citare la parte di quella età. E chi sa tornare indietro negli anni, polo ». Ora ne sta preparando una terza. alla ribalta, ha certamente al suo attivo artistico un bel titolo di più. — Che s’intitolerà?... A n d re in a P a ^n a n i E De Angelis: — « Il bel paese! ». ...... M I 'I!■ a proprietà’ le tte ra ria e artistica riservate A-R-S (Anonima Roto-Stampa) Via Monti, ,9 - Torino — ernesto scialpi, responsabile i r c lo r o c o r r o d e , l ’ a c id o s o lf o r o s o c o r r o d e . i l b i s o l f i t o c o r r o de l ’ i p o o l o r i t ' Q . c o r r o d e , l ’ i d r o s o l f i t o c o r r o d e , l ’ a m m o n ia c a c o r r o d e , g l i . a c i d i o r g a n i c i c o rro d o n o ,O X IC O C C O NON C O R R O D E ,i1 c i ò r o c o r r o d e , l ’ & o id a s o l f o r o s o c o r r o d e , i l b i a o l f i t o c o r r o d e , l ’ i p o c l & r i t o c o r r o d e , l ’ i d r o s o l f i t o c o r r o d e , 1 ’ a m m o n ia c a c o r r o d e , g l i a c i d i o r g a n i c i c ò rro d o n o ,O X IG O C C O NON C O R R O D E ,il c l o r o c o r r o d e , l ’ a c id o s o lf o r o s o c o r r o d e , i l b i a o l f i t o c o r r o d e , 1 ’ ip o c l o r i t o c o r r o d e , l ’ i d r o s o l f i t o c q r r o d e , 1 * a m m o n ia c a c o r r o d e , g l i a c i d i o r g a n i c i c o rro d o n o ¿ O X IC O C C O NON C O R R O D E ,il c l ó r o c o r r o d e , ! a c id o s o lf o r o s o c o r r o d e , 1 ’ i p o c l o r i t o c o r r o d e , 1 ’ i d r o s o l f i t o co T o d o n o , OXICQC r r o d e , 1 ’ ammoni o c o r r o d e ,il NON CORRO» f i t o c o rro d e , b is o lfito cor © X f l C O C C © _ ^ m OXICOCCO NON l ’ a m m o n ia c a c< C O R R O D E d .,1 1 b ia o in C O R R O D E ,il e l N O N i r r o d e , l ’ ammon io c o r r o d e ,1 ’ Le comuni acque per bucato OXICOCCO non corrode per* :C0 NON CORROO ia c a c o r r o d e , hanno un odore sgradevole che sviluppa ossigeno-, è cora- b i s o l f i t o c o r E , i l c lo r o co e persistente e non ser* pletamente inodoro perchè . l ’ a m m o n ia c a c r o d e , l’ ip o c lo verno per la lana e la sviluppa ossigeno, non deteC O R R O D E ,il © o r r o d e , g l i , aC seta Corrodono perchè il riora la lana e la seta per dere che rimane nei tes- thè non sviluppa che ossige- i t o c o r r o d e , ! lo r o c o rro d e , sutl non si può asportare no ; è un potente disinfettante i a c a c o rro d a , ip o c lo r it o co anche con ripetuti lavaggi perchè sviluppa ossigeno e , i l c lo r o co g l i a c id i e rg r o d e , 1 ’ ip o C lo r r o d e , l ’ a c id o l ’OXICOCCO È UN PRODOTTO ECONOMICO PERCHÈ COSTA o r r o d e , g l i a r i t o c o rro d e , POCO - PERMETTE DI RISPARMIARE DEL TEMPO E DEL c l o r o c o r r o d e c i d i o r g a n ic i SAPONE - NON SCIUPA I PANNI ’ ip o c lo r ito c l ’ a c id o s o lf o : , g l i a c id i o r o rro d e , 1 ’ id r o i C O S T A Q lin W B IC I s o a . P i o r r o d e , 1 ’ a c id g a n ic i c o r r o d i o s o l f o r o s o c< LABORATORIO POLICHIMICO - T O R IN O o r i t o c o r r o d e i d i o r g a n ic i 1 ’ id r o s o lf it o c o rro d o n o ,O X IC O C C O NON C O R R O D E ,il c l o r o c o r r o d e , ! ’ a c i d o s o l f o ro s o o o r r o d e . il b i s o lf it o c o r r o d e , l’ ip o c lo r it o c o r r o d e , l’ id r a s o l f i t o c o r r o d e , 1 ’ a m m o n ia c a c o r r o d e r g l i a c i d i o r g a n i c i C o r r o d ono,O XICO CC O NON C O R R O D E ,il c l o r o c o r r o d e , 1 ’ a c i d o s o l f o r o s o 0 o r r o d e , il b is o lf it o c o rro d e , 1 ’ ip o c lo r it o c o r r o d e ,l’ id r o s o lf it o c o r r o d e , 1 ’ a m m o n ia c a c o r r o d e , g l i a c i d i o r g a n i c i c o r r o d o n o ,O X ICOCCO NON C O R R O D E ,il c l o r o c o r r o d e , 1 ’ a c i d o s o l f o r o s o c o r r o d e i l b is o lf it o c o r r o d e ,l’ ip o c lo r it o c o rro d e , 1 ’ id r o a o lf it o c o rro d© l ’ a m m o n ia c a c o r r o d e , g l i a c i d i o r g a n i c i c o r r o d o n o , OXICOCCO B0N C O R R O D E ,il d o r o c o r r o d e , l ’ a c i d o s o l f o r o s o c o r r o d e , i l b i s c I f i t o c o rro d e , 1 ’ ip c c lo r it o c o r r o d e ,l’ id r o s o lf it o c o rro d e ,1 ’ % S M I G A A T R O E S T S T I A E H La s ig a r e t t a e g iz ia n a f a b b r ic a t e e s c lu s iv a m e n te a l C a ir o e fn v e n d i t e p r e s s o l e p r i n c i p a l i r i v e n d i t e d i t a b a c c h i e l o c a l i d i lu s s o

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Il dramma : rivista mensile di commedie di grande successo. - Torino : Grandi firme, 1925-1992.

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