iig g g !^a I --^w^«£SE’ px> S ÌK ! Vfp c- wr ^^r. ■ ;v *"f&>' « a« • a.Io a dvaw C M iw n Ift# «* mi Jk* B|^^b guta«icm £ÌP?SÌi *?«“,**«**l« «îAcctüjKiWi, Á*jt>mM<> && il^ ^ g 1; U € I O » ! D £ K T I ^Jlffe '_ -- ■ S i G A ^ l f T T E L E C O M M E D I E C H I , A B B I A M O P U B B L I C A T O 1 1 . Antonelli: li dramma, la 66 . Falconi e Biancoli: L’uomo 109 Vajda: Una signora ohe vuol commedia e la farsa. di Birzulah. divorziare. 2 - Alvarez: Il boia di Siviglia. 57 - Amiel: Il desiderio. 110 ■ Wolff: La scuola degli a. 3 - Falena: Il buon ladrone. 58 - Chiarelli: La morte degli manti. 4 - Giachettd: Il cavallo di Troia. amanti. 1 1 1 Renard: Il signor Vernet. 5 - Goetz: Ingeborg, 59 - Vanni: Hollywood. 112 - Wexley: Keystone. 6 . Bernard: Tripeplatte. 60 - Urvanzof: Vera Mlrzeva. 113 - Engel e Grunwald: Dolly e il 7 - Gaiìdera e Geyer: L’amante 61 - Saviotti: Il buon Silvestro. suo ballerino. 62 - Amiel: Il primo aniante. immaginaria. 114 - Herczeg: La volpe azzurra. 8 . Molnar: L’ufficiale della guar 63 - Lanza: Il peccato. 115 - Falena: li duca di Mantova. dia. 64 - Birabeau: Il sentiero degli 113 . Hatvany: Questa sera o mai. scolari. 9 - Verneuil: Signorina, vi vo 117 . Quintero: Tamburo e sona 65 . Cenzato: La moglie innamo. glio sposare. glio. rata. 10 - Bandera: I due signori della 118 - Frank: Toto. signora. 66 - Romains: Il signor Lè Trou- 119 - Maugham: Vittoria. hadeo si lascia traviare. 11 - Aniante: Gelsomino d’Arabia. 120 - Casella: La morte in vacanza. 67 - Pompei: La signora che ru 121 . Quintero: Il centenario. 12 . Conti e Codey: Sposami! bava i cuori. 13 - Fodor: Signora, vi ho già vi. 122 - Duvernois: Cuore. 68 - Ciapek: R. U. R. sta in qualche luogo! 123 - Fodor: Margherita di Na 69 - Gian Capo: L’uomo in ma. 14 . Lotliar: Il lupo mannaro. varra. schera. 124 - Veneziani: La finestra sui 15 - Rocca: Mezzo gaudio. 70 - Armoni: Audace avventura. 16 - Delaquys. Mia moglie. mondo. 17 - Ridenti e Falconi: 100 donne 71 - De Angelis: La giostra dei 125 Kistemaekers. L’istinto. peccati. nude. 126 - Lenz: Profumo di mia moglie. 18 - Bonelli: Il medico della si. 72 . Ostrovski: Signorina senza 127 - Wallace: li gran premio di dote. Asoot. gnora malata. 73 - Mazzolotti: Sei tu l’amore? 19 - Ferdinand: Un uomo d’oro. 128 - Sulliotti, Fiorita e Carbone: 74 - G. Antona Traversi: I giorni 20 - Veneziani: Alga marina. L’armata del silenzio. più lieti. 21 - Martínez Sierra e Maura: 129 . De Benedetti e Zorzi: La re sa di Titì. Giulietta compra un figlio! 75 - Natanson: Gli amanti ecce zionali. 22 Fodor: Amo un’attrice. 130 - Falena: La Corona di Strass. 76 - Armoni; e Gerbidon: Una don. 131 - Gherardi: Ombre cinesi. 23 Cenzato: L’occhio del re. nina senza importanza. 24 Molnar: La commedia dei 132 - Maugham: Circolo. 77 - Rossato e Giancapo: Delitto e 133 . Sardou: Marchesa! buon cuore. castigo. 25 Madis: Presa al laccio. 134 . Gotta: Ombra, moglie bella. 26 - Vanni: Una donna quasi one. 78 - Chlumberg: Si recita come si 135 - Molnar: Qualcuno. può. sta. 136 - Mazzolotti: La signorina Chi mera. 27 - Bernard e Frémont: L’atta- 79 - Donaudy: La moglie di en. trarnbi. 137 - Benavente: La señora ama. che d’ambasciata. 80 . Napolitano: Il venditore di 138 . Harwood: La via delle Indie. 28 - Quintero: Le nozze di Qui fumo. 139 - Maugham: Colui che guada ñi ta, Si Devai: Débauché. gna il pane. 29 - Bragaglia: Don Chisciotte. 8 2 Rocca: Tragedia senza eroe. 140 - Coward: La dolce intimità. 30 •Boneiii: Storienko. La fine della si- 141 . Hart e Braddel: Nelle miglio 31 - Mirande e Madis: Simona è 83 - Lonsdale: gnora Chèyney. ri famiglie. fatta così. 4 . Falena: Il favorito. 142 . De Stefani: L’amore canta. 32 Molnar: Prologo a re Lear . 8 8 5 Chiarelli: Le lacrime e le 143 - Fodor: Roulette. Generalissimo - Violetta di stelle. 144 - Amiel: Tre, rosso, dispari. bosco. 8 6 Cenzato: La vita In due. 145 - E. Garcia e Muñoz-Seca; I 33 - Veneziani: il signore è ser. 87 - Achard: No.i vi amo. milioni dello zio Peteroff. Vito. Ostrovski: Colpevoli senza 146 Gordin: Oltre l’oceano. 34 Blanchon: Il borghese ro 88 . colpa. 147 G. Zorzi e G. Sclafani: La mantico. 89 - Cavacchioli: Cerchio della fiaba dei Re Magi. 35 Conty e De Vissant: Mon bé. morte. 148 Halàsz: Mi amerai sempre? guin piazzato e vincente. 90 . Tonelli: Sognare! 149 Maugam: Gran mondo. 36 Solari: Pamela divorziata. 91 - Crommelynck: Lo scultore di 150 - John Colton: Sciangai. 37 Vanni: L’amante del sogno. maschere. 151 . E. Carpenter: Il padre celibe. 38 Gherardi: Il burattino. 92 - Lengyel: Beniamino. 152 . Eger e Letraz: 13 a tavola. 39 Paolieri: L’odore del sud. 93 - Rèpaci: L’attesa. Benedetti: Non ti conosco 40 Jerome: Fanny e i suoi do 94 . Martinez Sierra: Dobbiamo 153 - De più. mestici. esser felici. 154 - Fodor: Il bacio davanti allo 41 Colette: La vagabonda. 95 - Rosso di San Secondo: Le specchio. 42 - Antonelli: La rosa dei venti. esperienze di Giovanni Arce. 155 - Jerome K. Jerome: Roblna in 43 . Cavacchioli: Corte dei mira 96 - Bajard e Vailler: La tredice cerca di marito. coli. sima sedia. 156 - Alessi: Il colore dell’anima. 44 Massa: L’osteria degli im- 97 . D’Ambra: Montecarlo. 157 - Ladislao Bus Fekete: La ta 98 . Mancuso e Zucca: Interno 1, mortali. baccheria della Generalessa. Boi'g: Nuda. Duerno 5, Interno 7. 158 - Cesare Vico Lodovici: Ruota. 99 - Apel: Giovanni l’idealista. Bonelli: Il topo. 159 - Michel Mourguet: Amicizia. 100 - Pollock: Hotel Ritz, alle otto! 160 - Molnar: Armonia. 47 - Nivoix: Èva nuda. 101 - Veneziani: L’antenato. 48 - Goetz: Giochi di prestigio. 161 - Enrico Roma: La corsa dietro 102 . Duvernois: La fuga. 49 . Geyer: Sera d’inverno. l’ombra. 103 - Cenzato: La maniera forte. 50 - Savoir: Passy: 08-45. 162 - Ferdinando Nozière: Quella 104 - Molnar: 1, 2, 3 e Souper. 51 - Birabeau: Peccatuccio. vecchia canaglia... 52 . Giachetti: Il mio dente e il 105 - Sturges: Poco per bene. 63 - Lonsdale: Aria nuova. 106 . Guitry: Mio padre aveva ra 1 tuo cuore. 164 . A. Debenedetti: M. T. 53 . Falena: La regina Pomarè. gione. 165 - André Birabeau: Baci perduti. 107 . Martinez Sierra: Noi tre. 51 - Gabor: L’ora azzurra. 166 - Luigi Antonelli: Avventura 55 . Molnar: Il cigno, 108 - Maugham: Penelope. sulla spiaggia. i numeri arretrati dai N. 1 al N. 100 costano lire cinque la copia; dal N. 101 al N. 150,~ lire tre la copia; tutti gli altri uria lira e cinquanta la copia. I numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 16, 17, 18, 20, 21, 22, 23, 24, 32, 33, 37, 40, 42, 49, 65, 73, 74, 77, 83, 96, 101, sono esauriti. Ogni richiesta di copie arretrate dev’essere ac compagnata dall’importo anche in francobolli, ma non mai marche da bollo. Non si spedisce assegno. 1 r N E L I L P R O S S IM O T R D R AM M A G A L A R A IN T T A TRE E A N U M E R O P U B B L IC H E R E M O T O O ATTI R T S DI I ! ’ R a p p re s e n ta to c o n g ra n d e s u cce sso d a lla C o m p a g n ia " S p e tt a c o li g ia lli, , Questa commedia è notevole, oltre che per ie sue doti di assoluta teatralità, di interesse e di abi lità scenica, anche perchè costituisce nella sto ria del nostro teatro il primo e meglio riuscito tentativo di « Teatro poliziesco » fatto da due autori italiani. Questo genere, ritenuto monopolio degli americani e degli inglesi, è stato invece realizzato nella sua forma migliore, con nobiltà di intenti, dimostrando chiaramente che gli au tori italiani hanno tutte le possibilità. Recitata da Romano Calò, Neila Sonora, Sandro Ruffini, Olinto Cristina, Tino Bianchi e Laura Adani, nelle parti principali ha ottenuto a Torino, M lano, Roma e moltissime altre città il più grande successo. In questo momento si stanno «giran do» su scenario appositamente adattato dagli autori, due edizioni di film: italiana e francese. Di quella Italiana è regista Mario Bonnard e con un nucleo di artisti indipendenti, lavorano nei teatri delia «Cines». La stampa tutta ha avuto per questo lavoro pa. role incondizionate di lode. 2 L C M P A R S O A nne C - d i c I 'K jU p 1 * A ta s s ie M a m iU / n À jf W c i s ______________________L U C M , i M I O 1$B 3 - 'X I R e H M. 16Í c - c m k c & I D E N M T IM I t u > 6 e t u L , d L m I U F F IC I. V IA . 6 IA C O M O B O V E , 2 - T O R IN O U N FASCICOLO L. j,so - A B B O N A M E N T O A N N U O L. so M a - - Tel S3-OSO ESTERO L fio A Y L M E R E’ la più sorridente fra tutte le at trici italiane. Certamente Mimi Aylmer che è soprattutto donna, non L ü l f i l C H I A R E L L I ignora questa preziosa sua qualità Sk za nuovo. Anche perchè questa pas sione l’ha invasa da quando ha in cominciato a fare i bagni al Lido di Camajore, vicino Viareggio. E, come la si vede nella nostra copertina, si produce sulla spiaggia, facendo ac. correre una vera folla di bagnanti. Perchè a differenza degli acrobati di C R O N A C H E professione, Mimi Aylmer ha questo jSüKuiira - Dti^apes< vantaggio: si produce con dieci cen timetri di mutandine di lana, attil late, e quattro centimetri di fascia che comprimono il seno. Naturalmente gli applausi sono seni, pre insistenti. R O B E R T O MS N E R V I N I «lei Blv&sac A sxíojpg H E N R S ¿51 «E* F A L K CLAUDE FAR R ÉR E fancre aseebaie TERM OCA UTER SO &&£&ce&Gstieí «S"lEMj.ei-àis'iezixe La nostra copertina è stata eseguita col nuovo sistenui TIPOC 4LCON dalla Zincografia CONFALONIERI di Torino, Via Vincenzo Monti, 11 q 3 F U O C H I D ’ A R T I F I C I O C o m m e d ia in 3 a l t i d ì L C U H I A I G R E I L L I Una delle commedie più celebri del grande commediografo italiano. Rappresentala da molte compagnie, p ri ma fra tutte quella diretta da Dario Niccodemi. Luigi Almirante ha trovato nel perso naggio di "Scaram an zia,, la sua più grande interpretazione Q U E S T A C O M M E D IA E L’ O T T A V A DELLA SERIE " GRANDE REPERTORIO„ 1 FUOCHI D’ARTIFICIO P E R S O N A G G I Conle & e ra rd e eli Jersav * SeasfamaMÌa * P rin c ip e Tommaso D ’A r d ir e r Duca OHim o D ’A lf a r R edalie M ìs e r i r Cenfe G ieri**c Spase æ 11 S c o rc ia rie â e li’A Ib e rÿ e r U n m a tfre cTkòfel r Due c a m e rie ri r M c lia m a i r D a is y D ’Eilsinj? r Elle» a D ’A r ÿ ir o r D ia n a » Crinella GERARDO DI JERSAY Giovane di squisita distinzione, un po’ palli, do, d’una nobile alterezza nel portamento, nel la voce, nel gesto, col volto lievemente velato di stanchezza. Ricorda nell’insieme della persona, nello sguardo, nell’atteggiamento, certi ritratti del principio dell’ottocento. SCARAMANZIA Sembra invece una beffa della natura. Nessun difetto fisico lo deturpa, eppure egli è tutto un difetto, una stranezza, un equivoco umano. Forse non riuscì a compiersi perchè fu troppo presto assalito dalla vita, e la razza dovette di mettersi per dar modo all’ uomo di difendersi. E l ’uomo si difese con tutti gli accorgimenti, con tutte le rinunzie in fondo alle quali era un piccolo bene, con ripiegamenti felini per non essere facile bersaglio, traversando silenziosa mente l ’ombra per cogliere misere prede, fa cendosi dimenticare per serbare più assillante il ricordo della sua necessità : sempre in agguato e sempre pronto a balzare, sorridendo alle sue miserie e alle sue vergogne come prostitute dal le quali speri e attendi qualche larga generosità. Eppure in fondo egli è di una bontà che potrebbe giungere al sacrificio, se il sacrificio di se stesso non gli facesse apparire vana la bontà. Nei suoi, occhi ride beffarda l ’anima sua. La sua età? Egli stesso non la ricorda. DAISY D’ELSING Tutta la bellezza, tutte le grazie, tutte le se duzioni. Sembra che con lei entri il sole. I l salotto di un appartamento in un grande al bergo. Una porta in fondo, una a destra, e una a sinistra. E’ sera. I l salotto è buio. S’ode lo squillare di qualche campanello elettrico nei corridoi, vi cino, lontano. (La porta di fondo si apre ed entra il Segreta rio dell’albergo. Accende la luce. Entrano Ge rardo, Scaramanzia, il quale porta una valigetta di cuoio giallo. Gerardo è tutto chiuso in un elegante soprabito nero. Scaramanzia, indossa un corto soprabito gialliccio). Segretario —• Ecco l ’appartamento, signor Conte. Questo è il salotto. (Accende le altre lampade. Apre la porta di sinistra) Qui è la camera da letto che dà nel giardino, tranquil lissima. Là, a sinistra, c’è la camera da bagno. Se ella vuol visitare... (Esce da sinistra. Gerar do lo segue silenzioso e distratto). Scaramanzia (che è restato, si guarda attor no con ammirazione) — Bellissimo!... Magni fico!... Segretario (rientrando seguito sempre da Gerardo) — L ’appartamento è di suo gusto? E’ uno dei migliori dell’albergo. Forse ella già 10 conosceva. Lord Yorshestire lo ha lasciato ieri. (Si interrompe ad un gesto di Gerardo) Ci si troverà benissimo. (Tende la mano per pren dere la valigetta che ha Scaramanzia, ma questi rifiuta cortesemente di dargliela. A Gerardo) I l signor Conte ha già pranzato? Scaramanzia (pronto) — No. Segretario — Desidera pranzare? Scaramanzia — Sì, desideriamo pranzare. Segretario (che non si degna e non si de gnerà mai di rivolgersi a Scaramanzia) ■ — Però .a quest’ora il restaurant è già chiuso. Scaramanzia (allarmato) — Chiuso? Segretario — Ma può pranzare nell’appar tamento. Scaramanzia — Benissimo: nell’appariamento. Segretario — Le mando il maître d’hôtel. Scaramanzia — Ecco: subito. Segretario — I l signor Conte viene da?... Scaramanzia — New York. Segretario — Se vuol favorirmi lo scontrino per mandare domattina di buon’ora a ritirare 11 bagaglio. Scaramanzia (pronto) — Domani, domani... Segretario — I l signor Conte desidera altro? Gerardo (congedandolo con un gesto) — No. Scaramanzia •— Non dimenticate il maitre d’hôtel, vi prego. Segretario — La riverisco. (S’inchina a Ge rardo ed esce dalla porta di fondo che richiude dietro di se). Scaramanzia (riferendosi al segretario) — An tipaticissimo!... Ha un modo di trattare con i clienti!... I l segretario di un grande albergo come questo, dovrebbe avere un po’ più di tat to. Non ti sembra? (Silenzio) Hai una sigaret ta? (Gerardo risponde con un gesto negativo) Non ti disturbare; è meglio non fumare prima di pranzo. Gerardo (sedendosi su una poltrona) — Che cosa fai con quella valigetta ancora in mano? Scaramanzia (umile, con Gerardo, e piag giatore, e sempre pronto a blandire) — Mi hai detto: «Tienila tu». Ho compreso male?... Vuoi che la lasci?... La metto qui? (La depone su una tavola) Va bene?... o è forse meglio qui, su questa sedia?... Hai ragione, è meglio; scu sa. (Mette la valigetta su una sedia) Oppure... LUIGI CHIARELLI Gerardo — Dove vuoi. Scaramanzia —• Sì, lì mi sembra che stia be ne per ora. (E intanto, a tratti, spia di sottecchi Gerardo, cercando di leggere nel suo silenzio. Si ode picchiare la porta che è in fondo) Avan ti... (Entra il maître d’hôtel. Ha in mano la l i sta delle vivande e quella dei vini. Si avvicina a Gerardo e gli porge una delle liste). Scaramanzia (prendendo con fare autorevole la lista) — Vediamo un po’ ... (Prende a leg gere) Un po’ ... un po’ ... Io direi... ecco: Ostriche, per cominciare. (Si volge a Gerardo per vedere se egli approvi■ ma Gerardo con serverà la sua aria indifferente e chiusa; e al lora Scaramanzia ripete il nome del cibo con tono definitivo) Ostriche!... (Poi continua ad ordinare a bassa voce. I l maître d’hôtel andrà man mano annotando i cibi ordinati. Prende dalle mani del maître d’hôtel la lista dei vini) In quanto ai vini, direi... Chablis, Saint-Julien, Champagne Piper Dry, due bottiglie, Fine Champagne 1880. (Rende la lista al maitre d’hôtel). Gerardo (al maître d’hôtel) —- Serviteci tutto insieme. Scaramanzia — Con solecitudine, la prego. ( Il maître d’hôtel s’inchina e fa per uscire) E... sigari, sigarette, fiammiferi... ( Il maitre d’hôtel esce). Gerardo — Vedo che hai un grande appetito! Scaramanzia — E tu, no? Gerardo •— No. (Si alza e prende a passeg giare). Scaramanzia (fa un gesto di stupore) — Mah! Ecco, bravo, passeggia, i l moto... Io, invece, non ne ho bisogno. (Si siede su una poltrona. Dono un lungo silenzio) Dunque non vuoi dirmi nulla del destino che ci attende?... Mistero?... (Gerardo si ferma un momento davanti a lui. Lo guarda. Poi torna a sedere) Pazienza!... D’al tronde, lo sai, ho cieca fiducia in te. M i hai soggiogato. E sono venuto con te così come i soldati della Reptibblica seguivano il giovane Bonaparte. (S’ode picchiare la porta che1è in fondo) Avanti!... (Entrano il maitre d’hôtel e due camerieri che portano il pranzo su une tavola già apparecchiata). Oh, benissimo!... Po tete andare. Ah, non dimenticate i sigari e le sigarette. ( Il maître d’hôtel e i camerieri s’in chinano ed escono per la porta che è in fondo). Ed ora a noi!... (A Gerardo) Su, coraggio. (Ge rardo si alza, si toglie il soprabito. E ’ in frak. Poi prende un nécessaire dalla valigetta e si av via verso sinistra) Dove vai? Gerardo (con voce docile) — A lavarmi le mani. (Prende il soprabito ed esce per la porta che è a sinistra). Scaramanzia (si guarda le mani. Poi si toglie i l soprabito. I l suo abbigliamento è composto degli indumenti più disparati. Si avvicina alla tavola apparecchiata. Prende un’ostrica. Vi mà cina su un po’ di pepe, vi spreme qualche goccia di limone e la mangia) — Deliziosa! (Ge rardo rientra dalla porta di sinistra) Oh, ec coti qui!... Comincia pure a mangiare; vengo subito; vado anch’io... (Fa il gesto di chi si lavi le mani. Esce per la porta che è a sinistra). (Gerardo rimane in piedi, pensieroso, presso la tavola). (Rientrando) Ebbene, che cosa aspet ti?... T i avevo detto di non fare complimenti... (Siedono entrambi) Queste ostriche sono squisi te (prendono a mangiare. Gerardo mungerà poco e svogliato. Piuttosto berrà. Scaramanzia, invece, si getterà sui cibi avidamente). Ricordo di aver letto, tempo fa, in un giornale, che da Paillard, un americano trovò una perla in un’ostrica. (Guarda le ostriche). Eli, sono cose che capitano soltanto agli americani!... (Gerar do accende una sigaretta). Ed ora che cosa fai, fumi?... Ma così l ’appetito ti passerà del tutto. Ti prego, Gerardo, getta via quella sigaretta. Gerardo — Lasciami fare. Scaramanzia —• Ah, stasera sei peggio di un ragazzo!... (Si alza, cambia i piatti, le posate, serve il consommé. Ed in seguito sarà sempre lu i che si affretterà di cambiare le stoviglie e di portare in tavola le vivaiule). Bevi questo con sommé, t i farà bene, ti disporrà a mangia re; su... Gerardo —- Mangia e taci. Scaramanzia — Ma si può sapere che cos’hai? Gerardo — Nulla. Scaramanzia (dopo un silenzio) — Dimmi un po’ : debbo prendere una camera qui, in questo albergo?... A ll’ultimo piano, s’intende, che guardi sulla corte... Gerardo -— No. Scaramanzia — O preferisci che vada in cer ca di un amico?... Dormirò in casa sua. Gerardo —. Ecco. Scaramanzia —- Se lo troverò... Se no, per questa notte, farò... il viveur!... Gerardo — I l viveur!... E domani notte, e poi?... Scaramanzia — E poi?... Ma io starò con te. Gerardo — A h i... Scaramanzia — Sei stanco della mia compa gnia?... Eh, capisco, a che t i serve? Tu, nobile, elegante, giovine, bello, con l ’avvenire che ti si offre come una bella donna innamorata; io... io... una specie d’ombra difforme che ti se gue... Eppure... Gerardo — Invece sarà necessario che tu pen sa, che tu provveda a te stesso. Da un momento all’altro posso... essere chissà dove... Scaramanzia — Ah!... (Lo osserva di sot tecchi). E allora... Gerardo — E allora... cercherai di metterti a posto, non è vero? Scaramanzia — Squisita questa trota: era un FUOCHI D’ARTIFICIO pezzo che non ne mangiavo di così buone: e questo Chablis!... T i fa venir voglia di brin dare alla vita!... Gerardo (ironico) — Brindiamo pure alla vita!... (Levano i bicchieri). Scaramanzia -—■Bravo!... Così va bene!... E mangia!... Domani a che ora ci si vede? Gerardo —• Vieni quando vuoi. Scaramanzia — Va bene; passerò prima, ver so le nove, dal notaio per ritirare la procura che mi hai rilasciata. Gerardo — Che cosa vuoi farne di quella procura, ancora non l ’ho capilo. Scaramanzia — Lascia fare a me. E dopo es sere stato dal notaio, verrò da te. Ma ti ci r i troverò ?... Gerardo (sorridendo) — Senza dubbio. Scaramanzia — Perchè sorridi? Gerardo — Perchè i tuoi sospetti mi diver tono. Scaramanzia — Sospetti? No. Ti conosco troppo. Ma vorrei che tu fossi più franco con me questa sera. Gerardo — Sei sicuro di conoscermi? Scaramanzia — Perfettamente. Gerardo — In così poco tempo? Scaramanzia •—• Sei mesi. Dal giorno del no stro primo incontro. Ricordi? Tu uscivi da un cambiavalute dove eri stato a cambiar del de naro; io ero là davanti alla vetrina, che guar davo a denti stretti quelle schiere di sterline, di marenghi... Gerardo — E in sei mesi?... Scaramanzia — A me basterebbero anche sei giorni. E poi tu non sei un’anima ermetica. Gerardo —- Sei molto acuto!... Scaramanzia —. Abbiamo vissuto insieme lag giù, insieme abbiamo attraversato l ’Oceano per tornare in patria; sono andato entrando ogni giorno più nella tua vita. Se ti conosco, non è un gran merito. Gerardo — Eh, ma certe volte gli uomini so no capaci delle sorprese più strane!... Scaramanzia — C’è un singolare tono di sfida stasera nelle tue parole!... Gerardo (lo guarda, poi getta il tovagliolo sulla tavola; si alza, va vicino a Scaramanzia, gli appoggia affettuosamente una mano sulla spalla). No; nessuna sfida, amico mio... Così... Ho bevuto forse un bicchiere di più... (Prende a passeggiare). Scaramanzia — Non finisci di pranzare? Gerardo — Ne ho abbastanza. Scaramanzia — Fa come vuoi. Io, scusa, con tinuo... (Ma mentre mangia, getta delle occhia te furtive a Gerardo. Dopo un lungo silenzio) Perchè non ti siedi? Gerardo — Ho voglia di passeggiare. Scaramanzia — Sei nervoso? Gerardo — No. (Si avvicina alla tavola. Si versa un bicchiere di Champagne, ne beve un sorso). Scaramanzia —■ Affoghi i dispiaceri nel vi no? (Egli parla ad arte di cose frivole per po ter meglio osservare Gerardo). Gerardo — La noia!... Scaramanzia — La noia è un privilegio delle anime grandi. Gerardo —- Certe volte le anime grandi han no un piccolo destino!... Scaramanzia — Già!... (Continua a man giare). Gerardo — Ci credi tu al destino? Scaramanzia — Bisognerebbe, innanzi tutto, ch’io sapessi che cosa è i l destino. Gerardo — E’ la logica della vita. Un uomo, voglia o non voglia, è condotto ad una conclu sione che è già determinata nell’atto stesso del la sua nascita, e che comincia a rivelarsi fin dalle sue prime vicende. Scaramanzia — Sia determinata o no, la vita m’interessa per quello che è. Tutto il resto non è che ingombro cerebrale. Ed è il destino che ti fa passeggiare, ora, in su e in giù per la stanza? Gerardo — Può darsi. Scaramanzia — Ah!... (Beve un bicchiere di Champagne. Poi si alza, accende un grosso si garo, ne trae con orgogliosa beatitudine qualche boccata indi si avvicina a Gerardo). Ora, se permetti, vorrei essere io il tuo destino. Ti prego, mettiti a sedere. Gerardo (lo guarda, sorride e si mette a se dere) —>E poi? Scaramanzia — E poi... parliamo un po’ se riamente. (Siede, si raccoglie in una breve me ditazione). (S’ode squillare nella camera da letto il te lefono). Gerardo — I l telefono? ( Il campanello torna a chiamare). Scaramanzia — Vuoi che vada a rispondere io?... (Si alza, si avvia, ed esce per la porta di sinistra che si richiude alle spalle. Dopo un po’ rientra) Era il portiere. Gerardo — A li!... Che cosa voleva? Scaramanzia — Ci sono degli amici che vo gliono venire a salutarti. Gerardo — Amici di chi? Scaramanzia — Tuoi. Miei? Gerardo — E tu? Scaramanzia — Gli ho risposto che li faces se salire. Gerardo — Eh? Ah, be’ !... Sei proprio un imbecille!... Scaramanzia — Ho fatto male? Gerardo — Male? Malissimo!... Ma che cosa ti è saltato in mente!... T i sembra che ab bia proprio voglia di ricevere in questo mo mento degli amici?... E poi quali amici?... Chi sono?... lu ig i c h ia re lli Scaramanzia — Non lo so. Gerardo — Benissimo!... Ma ci voleva tanto a capire die non lio voglia di vedere nessuno? E dici di essere intelligente?... Sei Eultimo dei cretini !... Scaramanzia — T i domando scusa. Gerardo — Ma che scusa! Già io mi doman do perchè mi sono condannato ad averti sempre alle mie costole. E poi vorrei sapere come t i sei presa la libertà di rispondere senza prima chie dere a me. Scaramanzia — Ti domando scusa. GuRARdo Ma va al diavolo, idiota che non sei altro! Lasciami in pace, vattene; ne ho ab bastanza di te, di tutti! Scaramanzia — Ti domando scusa!... Gerardo —• E adesso? Adesso dovrò riceve te... chi?... E fare l ’uomo allegro, parlare, r i spondere alle domande... T i prenderei a schiaffi ! Scaramanzia — Se questo può servire a cal marti... Gerardo — A pedate, a pugni!... Scaramanzia —- Purché tu mi perdoni!... Gerardo -— E non fare lo spiritoso, perdio! Scaramanzia — Vuoi che telefoni al portiere che sei già in letto, che non li faccia salire? (S ode picchiare alla porta ch’è in fondo). Gerardo — Ecco, senti?... (Si torna a pic chiare). Scaramanzia — Va di là; dirò che dormi. Diana (aprendo la porta) — Permesso?... Perchè non rispondete? Gerardo (ritrovando la sua signorile corte sia) — Avanti, avanti! Non avevo udito. Che bella sorpresa! Diana (entrando) — Buona sera, Gerardo. Gerardo — Buona sera, Diana. (Con Diana entrano Gisella, Rodolfo e Gior gio, come una folata di gaiezza. Son tutti in abito da sera). G isella —• Ben tornato! Gerardo — Grazie!... Che piacere rivedervi! Rodolfo — Come stai?... Stai bene? Gerardo — Sto benissimo, grazie; e voi? Giorgio —. Caro Gerardo!... Rodolfo — Lo vedi : siamo dei monumenti di buon umore. Ma tu, tu?... G isella — Da dove venite? Gerardo — Da New York. Vi prego, acco modatevi. Ma come avete fatto a sapere... Diana —■ Io ero giù, quando siete arrivato; vi ho visto. Giorgio — Nulla sfugge alle donne, mio caro. Rodolfo (a Gerardo) — Racconta, dunque, racconta. Gerardo — Che cosa vuoi che ti racconti? Giorgio — A New York, dunque? Quanto tempo? Gerardo — Fino a... quindici giorni fa. ---- lift 111 “ ni'illf TaMiiliiAiMMMIliri-* — - - - - ■ Diana — Avete giocato molto? Gerardo — Giocato?... Mai più visto le carie. Diana — Possibile?!... E come avete fatto? Gerardo ■ —- Eh, la vita!... Diana — Un uomo serio?... Che scandalo!... G isella — E noi che, salendo in ascensore, si pensava di organizzare qui una partita di a poker » !... Gerardo —■Mi dispiace, ma... Rodolfo —• Sai che ti trovo molto bene?... Un po’ pallido... forse lo strapazzo del viaggio ! Gerardo — Forse. Giorgio — Hai fatto una buona traversata? Gerardo —■ Ottima. Rodolfo — Ma, dunque, come hai impiegato tutto questo tempo?... Gerardo — Mah!... Ho lavorato. Rodolfo — E... sei soddisfatto? Gerardo ■ —- Abbastanza... abbastanza! G isella — Lavorato?... Oh, povero Gerar do, non vi riconosco più!... (A Rodolfo). E pensare, Rodolfo, che sono stata pazzamente innamorata di lui! Rodolfo — E proprio a me lo racconti? G isella —• Ma in silenzio; non gliel’ho mai detto. Rodolfo — Ecco, brava, continua a non d ir glielo ! Gerardo (a Rodolfo) — Oh, puoi stare tran quillo ! G isella — Siete un bel maleducato!... (A Rodolfo) Puoi stare tranquillo davvero; ormai è passato!... (A Gerardo) V i lascio al vostro la voro! (E sorride per mostrare che non è in collera). Gerardo — I l mio lavoro ve ne sarà grato. (A Diana) E la vostra vedovanza come va? Diana — Sempre vedova!... Mio fratello dice che sono veramente una donna di carattere. Giorgio — Era nata per essere vedova. Diana — Questa fu anche Popinione di mio marito, poveretto!... G isella (a voce bassa a Gerardo, additando Scaramanzia che, ritiratosi discretamente in un angolo, consuma il suo sigaro senza però per dere una sola parola della conversazione). Chi è quel coso lì? Gerardo ■ —> E ’ Scaramanzia. Rodolfo — Scaramanzia? Che razza di no me è? Gerardo — .Si chiama così!... Rodolfo — E chi è?... Che cosa fa qui? Gerardo — E’ una specie di commesso... di uomo di fiducia... L ’iho conosciuto a New York. Diana ■ — Americano? Gerardo — Italianissimo. (A Gisella) E il vostro divorzio? G isella — Mah, stiamo ancora aspettando... Gerardo — Avete notizie di vostro marito? G isella — Credo che sia in Australia. FUOCHI D’ARTIFICIO Gerardo — Un po’ lontano!... Rodolfo — Meglio, meglio che stia lontano! G isella — Non so se avete saputo che della mia dote ho nemmeno più un soldo. Gerardo —• Davvero?... Rodolfo — Che mascalzone!... Giorgio -— Ma... m i accorgo adesso che sei in frak. Devi uscire? Gerardo — Veramente dovevo andare a tea tro per incontrarmi con una persona... G isella —- A teatro a quest’ora?... Non ar rivate nemmeno in tempo a veder uscire la gente. Gerardo — Infatti... Diana — E... la persona? Gerardo — Mi ha telefonato... Diana — Era impegnata? Gerardo — Pel momento, sì. Diana —> Ah, queste donne!... Gerardo — Donne?... Chi ci pensa alle don ne in questo momento?... Era un uomo. Diana —■Con la barba? Gerardo — Con la barba. Un appuntamento d’affari. Diana —- A teatro?... Gerardo — Avevo bisogno di vederlo appena arrivato. Diana — E vorrete farmi credere che non c’è una donna nella vostra vita? Gerardo — Non c’è. Diana •—■Gerardo! Giorgio — Ma sai, Diana che sei indiscreta? Diana —■ Vuol darmi ad intendere... Mi ha preso per una sciocca? Gerardo — V i giuro che è la verità. Diana — La verità?... Oh, povero Gerardo, in che stato vi ha ridotto PAmerica! Giorgio — Sei noiosa, Diana; lascialo in pace. Gerardo — Posso offrire qualche cosa da bere a queste belle signore? Diana — Che cosa? Gerardo — Quello che desiderate. Diana — Datemi un bicchierino di quel co gnac. Gerardo (a Gisella) — E voi? G isella — Nulla, grazie. Gerardo (interroga con un gesto i due amici che rifiutano. Andando verso la tavola per ver sare il cognac, ne approfitta per sussurrare a Scaramanzia) Liberami da questa gente. (Versa il cognac e lo offre a Diana, poi, volgendosi a Giorgio) E tu, cosa fai di bello? (Scaramanzia esce). Giorgio — Mi occupo dei miei stabilimenti. Gerardo — Vanno bene? Giorgio — Benissimo. Gerardo (a Rodolfo) — E tu?... La tua banca? Rodolfo — Mah!... Si va avanti, senza scosse. Gerardo — Tanto meglio. Giorgio — Ma tu, esattamente, di che cosa ti sei occupato laggiù? Gerardo — Ma... di parecchie cose... di pa recchie cose... Avremo tempo di parlarne!... Rodolfo — L ’importante è che tu sia soddi sfatto; che i risultati siano stati buoni. Gerardo ■ — Appunto. Rodolfo — Mi fa molto piacere, molto pia cere, perchè... Gerardo — Perchè? Rodolfo —■Ma... perchè... io sono stato sem pre un tuo amico. Scaramanzia (rientrando, a Gerardo) — Avrei bisogno, signor Conte, di farle una comunica zione... Se codesti signori permettono... G isella (a Gerardo) — Fate pure, senza com plimenti. Gerardo (va a ll’angolo opposto a quello do ve sono gli amici) — Ebbene? Scaramanzia (a voce bassa) — Ho detto al portinaio di telefonarti fra poco: ecco, potrai fingere che qualcuno domanda di vederti. (Quindi trae di tasca una carta, e la mostra a Gerardo come se si trattasse di affari). Giorgio (abbastanza piano perchè Gerardo non oda) — Tutto sommato non ci ha detto nul la di preciso. Rodolfo — Ha lavorato, dice; mah!... G isella — Però se è venuto ad abitare qui. vuol dire che denari ne ha... Rodolfo — Staremo a vedere!... Giorgio — Intanto dovrebbe cominciare col pagare al Duca d’Alfa le cinquantamila lire che perdette quella notte a baccarat! Diana — E quell’affare di quel cavallo ven duto due volte!... Giorgio —- Mah!... Speriamo che possa ria bilitarsi!... Diana — Io penso che sia diventato laggiù l ’amante di una vecchia americana. E’ un bel ragazzo, elegante. Giorgio -— Se questo lu i lo chiama lavorare! Gerardo (tornando verso gli amici) — Vi do mando scusa. G isella — Ma vi pare!... Non è il caso di fa re complimenti. Giorgio — Si sa: quando si hanno degli af fari!... Gerardo — Appunto!... (Si ode squillare il campanello del telefono). Rodolfo (a Gerardo) — Il telefono. Gerardo — Oh, santo Iddio!... Permettete?... (Esce per la porta di sinistra). Giorgio (a Scaramanzia) — Lei sarebbe... il signor Scaramanzia? Scaramanzia (con falsa umiltà) — Sarei... sono!... Appunto, per servirla. Giorgio — Ed ha conosciuto Gerardo in Ame rica? LUIGI CHIARELLI Scaramanzia •— I l signor conte? Sì, a New York. Giorgio — E... ha lavorato molto laggiù?... Scaramanzia —- Se ha lavorato!... Dalle sei del mattino alle dieci di sera, tutti i giorni!... Rodolfo (stupito) — Eh?... Scaramanzia — Un uomo d’un’intelligenza, d’una probità, d’una energia senza uguali!... A stargli vicino c’è da consumarsi la salute in po co tempo!... Che uomo!... Giorgio —■Davvero?!... Rodolfo — Lui, laggiù, si occupava soprat tutto di... di... Scaramanzia — Di un po’ di tutto: Borsa, acciai, pelli, ferrovie, petrolio... Rodolfo — Già, già!... E così in poco tempo, ha potuto guadagnare... Scaramanzia — Non so... qualche milione. Giorgio (sbalordito) — Eli?... qualche m i lione ? Diana — Quanti?... quattro, cinque?... Scaramanzia — Sì, credo... Io, poi, sa... G isella — Ma bravo, Gerardo!... Sono con tenta !... Scaramanzia — Ma, come dico, non è che al principio. E’ un uomo destinato a grandi cose! E niente speculazioni arrischiate: affari solidi, siculi, positivi, lim pidi. Giorgio — M i compiaccio di quanto lei mi dice. Veramente, però, qualche cosa sapevo già. Scaramanzia —- Ah, lei sapeva già?! Ne ero sicuro!... Eh, si capisce, le notizie di questo genere hanno le ali! Giorgio — M i hanno scritto di laggiù che una signora americana, di una certa età, si era inna morata di lui. Scaramanzia •— Oh, le hanno scritto? in che lingua? in inglese? Giorgio (che non capisce lo scopo della do manda) —-Sì, in inglese. Scaramanzia — Ecco!... E siccome, mi per doni sa, lei lo sa poco l ’inglese... Giorgio — Lo so benissimo!... Scaramanzia — Allora lo sa poco la persona che le ha scritto. Stia certo che l ’equivoco di pende da una cattiva lingua : dico meglio ; da una cattiva conoscenza della lingua!... Nessuna vecchia, e nemmeno giovane. E si che se avesse voluto!... Ce n’eran di giovani, belle, ricche... E i l signor Conte è uomo da far girare la testa a più di una donna. Ma quando si lavorano se dici ore al giorno, che si è tra le ferrovie, gli ac ciai, la Borsa, le pelli... Oh, sì, resta proprio il tempo di pensare alle donne! Giorgio — Sarò stato male informato. Scaramanzia — Senza dubbio. Giorgio — Ad ogni modo è inutile riferire questo discorso a Gerardo. Scaramanzia — Ah, certo! D’altronde sareb be lu i i l primo a riderne. -i-riiTwi--r"'*," ‘j r tir -ìmci-it' ri ‘ •Mr*ii* *“■*■***-*■*• iW M tl i Gerardo (rientrando dalla porta di sinistra) — Vi domando ancora scusa. Diana — Ebbene, chi era : l ’uomo con la barba? Gerardo — Appunto: avete indovinato. Mi ha annunciato che verrà tra poco qui. Diana — Eppure questa barba non mi per suade. Allora niente « poker »? Gerardo — Niente « poker ». Giorgio — No, no. Tanto più che domattina mi devo alzare presto. Rodolfo — Anch’io: ho molto da fare in banca. Diana — Questi uomini, quando hanno detto: ho da fare... credono di fermare il sole come Mosè!... Giorgio — Giosuè, prego. Diana — E come ho detto? Non ho detto Giosuè? Sei sordo? Rodolfo — Sì, ha ragione, ha detto Giosuè! Vogliamo andare? (A Gerardo) Caro Gerardo, sono proprio molto, molto contento di averti riveduto, e delle buone notizie che ci hai dato. A proposito: dove fai colazione domani?... Gerardo — Non so. Rodolfo — Vuoi fare colazione con noi? Giorgio — E domani sera pranzi con noi. Gerardo — V i ringrazio, ma adesso non posso prendere nessun impegno. Se mi sarà possibile, molto volentieri. Diana — Ma voi dimenticate che è un uomo d’affari, che non è più un gaudente. Rodolfo — Insomma, noi facciamo colazio ne giù, al restaurant dell’hôtel. Se vieni ci fai un regalo. A rivederci, caro. Gerardo A rivederci, e grazie della visita. (Apre la porta che è in fondo). Giorgio (piano a Rodolfo, uscendo) — Hai sentito? Cinque m ilioni!... (Rodolfo, Giorgio, Gisella, Dia?ia, sono sulla porta e fanno gli ultim i saluti a Gerardo). Giorgio (tornando verso Gerardo) — Ecco che viene il principe d’Argiero: te lo ricordi? Gerardo — Altro che!... Giorgio — E ’ qui, perchè è innamorato paz zamente della celebre Daisy d’Elsing, la co nosci? Gerardo — Daisy d’Elsing? Ah, sì, l ’ho co nosciuta ad' Ostenda... Giorgio — Donna di grande classe !... La se gue da per tutto. Siccome ella ora abita qui, è venuto a starci anche lui. Gerardo — E... sua figlia? Giorgio — Elena? E’ qui con lui. Gerardo (con voce commossa) — Ah!... Giorgio — Sarà felice del tuo ritorno. Parlava spesso di te!... Rodolfo (a Giorgio) — Be’ , andiamo?... Giorgio — Vengo!... (A Gerardo) vedi, il vecchio principe viene a fare la ronda. Daisy FUOCHI D’ARTIFICIO abita l ’appartamento vicino al tuo. Che donna! La chiamano « I l precipizio dei m ilioni ». Gerardo — Credo di averla incontrata qui nel corridoio, arrivando. Giorgio (al principe Tommaso che appare nel corridoio) — Buona sera, principe. Tommaso — Oh, buona sera. Giorgio — Non vedete chi c’è qui? Tommaso — Chi? Giorgio — Gerardo: il conte di Jersay. Gerardo — Buona sera, principe. Tommaso (molto freddamente) — Buona sera. Non vi si vedeva da molto tempo. Giorgio — E’ tornato oggi da New York. Tommaso — A li!... Piacere: buona sera. Gerardo — Buona sera. Diana — Addio principone. Tommaso — Non gridate così, vi prego: buo na sera. (Scompare). Giorgio —• Non badare alla sua freddezza : è un povero rammollito. Ciao, a domani. Gerardo — A domani. (Schiude la porta. Re sta un po’ con gli occhi chiusi. Poi avanza fino ad una poltrona e vi si lascia cadere, stanco). Finalmente!... Se ne sono andati!... (Lungo si lenzio). Scaramanzia — Invece io sono contento che siano venuti. Gerardo — Ah sì? E perchè, se è lecito? Scaramanzia — Perchè... perché... esatta mente ora non ti saprei dire. Ma ho qualche cosa qui... (Si batte la fronte). Gerardo — Bravo tieniela. (Un altro silen zio). Scaramanzia — Intanto bisogna che ti dica... Gerardo — Nulla; basta con i discorsi. Ne ho sentiti troppi nella vita. Stasera almeno, voglio esser lasciato tranquillo. Scaramanzia — Va bene, va bene! Non an dare in collera per questo! Sei nervoso: hai b i sogno di riposare. Anzi, guarda, me ne vado. Gerardo —• Ecco. Scaramanzia — Ci rivedremo domattina, do po che sarò stato dal notaio. Gerardo — Sì. Scaramanzia — Promettimi però di non par lare a nessuno di te, dei tuoi affari, prima di avermi riveduto. D’altronde io domattina verrò qui abbastanza presto. Me lo prometti? Gerardo — Oh, puoi stare tranquillo! Scaramanzia — Non è un capriccio, vedrai. Ed ora va’ a Ietto, e dormi. A rivederci, buona notte. Gerardo — Buona notte. (Si alza e va verso Scaramanzia. Una vaga commozione appare sul suo volto) Dove vai? Che farai? Scaramanzia — Non ci pensare: in qualche modo farò. Gerardo — Addio, caro, e grazie. (Gli strin ge a lungo la mano). Scaramanzia — Di che? Gerardo —- M ali!... (Tenendogli sempre af fettuosamente la mano, lo accompagna verso la porta di fondo). Scaramanzia — No, non ti disturbare, ti pre go. E non restare qui a fumare, a bere, a fan tasticare. Hai bisogno di qualche cosa? No? (Uscendo) Buona notte, buon riposo. Gerardo — Grazie, addio. (Richiude la ¡tor ta e resta lungamente con la mctno' sulla mani glia, sfinito. Poi chiude la porta a chiave. Quin di torna, beve un mezzo bicchiere di champa gne, resta fermo, con gli occhi fissi a terra, co me intento ad una grave e dolorosa meditazio ne. Sembra quindi che prenda una risoluzione improvvisa; i suoi gesti diventano concitati. Dalla camera attigua, a destra, s’ode venire Pardente melodia di un valzer di Chopin, suonato al pianoforte (Valzer Op. 64 N. 1). Ha un mo vimento di sorpresa, sorride amaramente, e re sta qualche momento in ascolto. Prende dal portafogli due foglietti di carta, li mette su un piattino e vi appicca il fuoco, sorvegliando che brucino interamente, quindi scrive una lettera, la chiude e la mette bene in vista. I l pianofor te si tace. Apre la valigetta e ne trae un oggetto (una rivoltella). Beve ancora un bicchiere di champagne; si guarda in uno specchio, si acco moda il nodo della cravatta, si ravvia con una mano i capelli, resta un poco a considerare la sua immagine con amara compiacenza. Poscia, dopo aver volto un lungo sguardo di commiato intorno, spegna i lumi, lasciando accesa soltan to una lampada. Nella camera attigua una voce di donna prende a cantare. Una voce chiara, gioconda. Gerardo ha un vivo moto di contra rietà. Sembra che quella ridente e limpida vo ce venga a distoglierlo dal suo proposito. La voce si spegno a metà d’ una strofa. Segue un silenzio. Gerardo apre la valigetta per trarne un oggetto. Una mano picchia leggermente alla porta di destra. Gerardo, sorpreso, lascia l ’og getto e resta in ascolto. La mano torna a piechiare un poco più imperiosa. Gerardo fa qual che passo verso la porta, poi domanda a voce bassa) Chi è? Daisy (anch’ella a voce bassa) — Aprite. Gerardo — Chi siete? Daisy — Ve lo dirò quando avrete aperto. Gerardo — Che cosa volete? Daisy — Non ve lo posso mica dire attraver so una porta. Gerardo — I l paese del lavoro, del denaro, delle risorse... Delle illusioni!... Cercai, provai, stetti lì fino... fino alle ultime lire. Poi, poi vidi che non c’era più via d’uscita. Finire lì; no. Sono tornato... oggi! Daisy — Con Scaramanzia. Gerardo — Come lo conoscete?... Daisy — L ’ho sentito nominare giù. L ’ho visto. Gerardo — Giungendo ho fatto vendere, ap punto da Scaramanzia, gli ultim i due abiti che mi restavano, per le piccole spese della gior nata, per poter giungere all’albergo in automo bile. Poi... è tutto!... Ora sono qui, in questo albergo dove ho abitato per tanto tempo. Delle poltrone soffici, delle dorature, dei tappeti, del lo Champagne... in frak... muoio come si con viene ad un gentiluomo! Daisy ■ —■Così!... E rinunziate, vi abbandona te senza lottare, senza... Gerardo {aspro, quasi violento) — Lottare!... Eccola questa parola vana!... E poi, sì, sono andato laggiù, perchè?... Per lottare, come dite voi!... Ma i lottatori, l i conoscete?... L i avete mai guardati in faccia questo manipolo d’uo m ini che travagliano il mondo?... V i siete mai avvicinata a loro senza sentire subito il desiderio di fuggire?... Bisognerebbe anzittutto lottare contro se stessi e vincere le ripugnanze, gli scrupoli, distruggere secoli di nobiltà che abbia mo nel sangue, secoli di schiavitù se volete!... La verità è che uno di noi non può lottare per i l denaro!... E il giorno che uno non ne ha più, se ne va, così... come me ne vado io, senza salutare nessuno, senza volgersi indietro, con indifferenza, da persona di buon gusto. E’ questo l ’ultimo privilegio che ci resta, a noi FUOCHI d’arTIFICÌÒ della nostra razza: l ’eleganza!... Ebbene, non dite più nulla?... E ’ un caso comune, un caso stupido, senza bellezza, senza luce. Oh, lo so!... E’ Punica cosa clic mi rattristi!... Ma appunto perchè è un caso comune, forse, io soccombo!... Eccovi la mia confessione. L ’avete voluta!... M ’è sembrato troppo scortese rispondere con un rifiuto all’ultima persona che m i chiedeva qualche cosa!... Ed ora!... Dàisy — Ed ora non se ne parli più!... Gerardo -— Infatti!... Daisy — Ora... sedete vicino a me, datemi qui le vostre mani!... Così!... Gerardo — Ebbene?... Daisy — Ebbene, tutto questo è stato mi brutto sogno. Adesso viene il sole, e ricomincia la vita... la vita con tutte le sue speranze, le sue gioie, i suoi dolori, se volete, le sue illu sioni. Non è vero? Gerardo — Ah no! Non è possibile!... Daisy — No?... Gerardo (levandosi) — Addio!... V i ringra zio delle buone parole che avete detto. Forse sarebbe stato meglio che non vi avessi vista !... In certi momenti bisogna avere il cuore arido come di pietra. Si spezza più facilmente!... Mah!... Addio!... Daisy — Già!... Io me ne vado di là, e passo le mie ore ad aspettare che in questa camera echeggi un colpo di rivoltella, non è vero? Gerardo (con uno scatto) — Che cos’è questo ricatto? Ah, stupido che sono stato!... Ci sono dei momenti in cui ci si lascia convincere, ci si lascia condurre come un bambino!... Stu pido!... Eccolo il risultato della mia confes sione !... Daisy — Sicuro, eccolo!... V ’impediamo di commettere una sciocchezza! Gerardo — Voi non impedirete nulla! Daisy — V edremo !... Gerardo — Ah!... Daisy — Dovete vivere!... Gerardo — Siete pazza!... Vivere!... Vivere di che?... (A voce bassa ma violenta) Domat tina dovrò scendere in istrada e chiedere l ’elemosina?... E ’ finita!... Se voglio comperarmi una scatola di sigarette, non posso!... Ecco: capite?... Mi sono umiliato abbastanza? Daisy — Umiliato!... E’ tutto quanto sapete rispondere alla mia trepidazione?... Gerardo — Lasciatemi, andatevene!... Daisy — No, non vi lascio : dovete rinun ziare. Gerardo — E ’ inutile!... Daisy —- Dovete. Gerardo — Ah, basta: andatevene! (Cerca di spingerla verso la porta). Daisy (divincolandosi e prendendo improv visamente la lettera) — Se non rinunziate, chia mo gente!... Gerardo —- Datemi quella lettera. Daisy — Faccio uno scandalo. Gerardo — Quella lettera, vi ho detto... Daisy — No. (Mettendo le mano sul bottone del campanello elettrico) Se vi avvicinate, suono. Gerardo — E’ una vigliaccheria. Daisy — Non importa. Gerardo — Ancora una volta__ Daisy (facendo il gesto) — Badate... Gerardo — Ah!... (Con un rapido gesto af ferra la mano poggiata sul campanello, trae la donna a sè, cerca di strapparle la lettera). Daisy — No, no! (Getta la lettera e si avvi cina a lui). Non voglio! Come ve lo devo dire? Come... Ma non capite?... Gerardo — A li!... (Si scioglie da lei con vio lenza. Lacera la lettera). Daisy — Mi dovete promettere, mi dovete giurare che rinunziate!... Gerardo — Ma, perdio! non è possibile! E domani ?... Daisy — Perchè pensate a domani?... Ma quello che vi dice quest’attimo non ha dunque nessun valore?... E’ tutto!... E vi dico di v i vere, di sorridere, di abbandonarvi!... Domani non esiste!... Gerardo (amaro) — Non esiste?... Oh!... (Si accascia su una poltrona). Daisy — Esisterà nel ricordo di quest'ora, nella gioia che ci attende. Gerardo — No, no!... Daisy —- Sì !_Tutta la vita è in questo mo mento, e sono io che ve la offro. Gerardo!... Gerardo (con sofferenza) — Tacete!... Daisy — Una confessione per uno: vi faccio la mia!... Gerardo (nascondendosi il volto fra le ma ni) A li!... Daisy — Gerardo!... (S’inginocchia presso di lui e gli accarezza i capelli. Un lungo silen zio. Poi s’ode picchiare alla porta eh’è in fon do. Entrambi si levano, si guardano. A voce bassissima). Non rispondete!... (Spegne le lam pade, meno quella ch’era accesa quando ella entrò. Poi va verso la porta di destra; picchia no di nuovo). Gerardo (fa qualche passo verso la porta di fondo) — Chi è? Cameriere (d. d.) — I l cameriere. Venivo a domandare se si può sparecchiare la tavola. Gerardo (guarda Daisy, la quale fa un gesto negativo con la mano) — Ora... no... domani... (Segue un lungo silenzio. Poi Gerardo si vol ge verso Daisy. Ella ch’è sulla soglia della porta di destra, lo chiama con un sorriso. Tutte le seduzioni femminili splendono in quel suo sor riso che invita). F i a e d e l p r im e a . à ie F flT I ° U C O H I I D ’ A R T IF IC IO I l giardino d’inverno dell’albergo. Piante e fiori. In fondo una grande porta a vetri, per la quale si accede ad un salone. Un’altra porta a sinistra. Le primissime ore del pomeriggio. (Ottimo, Giorgio, Gisella e Diana stanno prendendo il caffè). Giorgio —■E’ una cosa sorprendente!... Diana —• Avete visto chi era l ’uomo con la barba?... Che cosa vi dicevo io?... Giorgio — Si devono certamente essere cono sciuti in America. L ’amante di Daisy d’Elsing!... C’è da diventar celebri in ventiquattro ore !... Diana — Eh, già!... Voialtri uomini, mettete della vanità in tutto; anche nell’amore!... Gisella — Che cosa gli deve costare, dico io, piuttosto!... Una donna come quella!... Giorgio — Evidentemente ne deve aver gua dagnati molti... Ottimo — Tanto meglio; sono contento per lui. Giorgio — E per te : così potrai finalmente avere le cinquantamila lire che gli vincesti quel la notte. Ottimo —■Francamente non ci speravo più! Giorgio (a Rodolfo che entra) — Hai preso il caffè? Rodolfo —- Sì (E’ accigliato). G isella (avvicinandosi a Rodolfo) — Che co sa hai? Rodolfo — Nulla. G isella — Sembri preoccupato... Rodolfo — Io? No. Perchè? G isella — Non so; te lo domando. IM M IH bM iUM M iH M M ttW M M HM IiiM UM M M * Rodolfo — T ’inganni. (Guarda l ’orologio). Diana (al principe Tommaso che appare nel vano della porta eh’è ili fondo) — Buon giorno, principone ! Tommaso (restando sulla soglia) — Buon giorno !... Diana — Non siete più partito? Tommaso — No. Diana — E l ’amore, come va? Tommaso — Non gridate così, vi prego (En tra. Prende da una tasca uno specchietto, vi si guarda, si ailiscia con una mano i capelli). Diana — Sapete che Daisy è l ’amante di Ge rardo? Tommaso — Chi, Gerardo? Diana — Gerardo di Jersay. Hanno passato la notte insieme, e oggi hanno fatto colazione nel salotto di lui, come due sposini. Tommaso (cercando di nascondere il suo turturbamento) — Ma... che cosa andate raccon tando?... (Si mette a sedere per non vacillare). Giorgio — Non lo sapevate? Diana — Lo sa tutto l ’albergo. Tommaso — Tutto l ’albergo?... (Ad un ca meriere che è apparso sulla soglia della porta di fondo). Dite a Mohamed di portarmi un caf fè. ( Il cameriere esce di vista). Chi ha messo in giro questa stupida diceria? Diana — Oh, perchè andate in collera? Tommaso — Perchè si tratta di una signora rispettabilissima !... Diana — Non ho mica detto il contrario!... Ma questo deve forse impedirle d’amare? Tommaso — Amare... amare!... Sempre pa role da romanzo!... G isella (a Rodolfo che passeggia preoccu pato) — Si può sapere che cos’hai? Rodolfo (infastidito) — Ma nulla, te l ’ho detto !... Tommaso — E poi, quel Jersay... è un poco di buono, ho inteso dire. Qualche anno fa fece parlare di sè e non bene!... Si era mangiato tutto il suo patrimonio e... attentava a quello degli altri!... Diana — Oggi, però, è di nuovo ricco. Tommaso — Sarà... sarà... ma per me resta sempre una persona... sgradevole. Diana — La bella Daisy non è delia vostra opinione, a quanto sembra. Tommaso — Lasciate stare la signora d’Elsing! D’altronde le parlerò, la metterò in guar dia, e se è vero che quel signore si permette di farle la corte... Diana (ridendo) — Oh; il principone è ge loso!... Tommaso —• Ma non gridate così!... Sono suo amico, ed è giusto che mi preoccupi per lei. Rodolfo (interrompendo bruscamente il cor so dei suoi pensieri, con voce alquanto vivace) — Avete torto a parlare così : Gerardo è un gentiluomo. FUOCHI D’ARTIFICIO Tommaso — E allora vuol dire che ci sono due specie di gentiluomini. Rodolfo — E per di più è mi mio amico. Tommaso — Lo deploro. Rodolfo (con voce ancora più vibrata) — E non sono disposto a tollerare un simile lin guaggio. Tommaso ■ — E io vi dico... (Si leva in piedi, concitato). Rodolfo —■ Ed io vi lio detto che sono qui a rispondere per lui. Avete altro da aggiungere? G isella — Ma... Rodolfo?!... Giorgio •— Calma, calma!... Che cosa suc cede?... Tommaso •—- Succede che ormai non si può più frequentare un albergo... (Mohamed entra e serve il caffè). Rodolfo — E perchè?... Tommaso —• Perchè... perchè... (vedendo Mohamed si sfoga contro di lui) perchè, per avere un caffè ci vuole un’ora!... I turchi sono lenti ma voi siete più lento di tu tti i turchi! Andate!... (Mohamed esce. Tommaso siede, beve un sorso di caffè e si scotta le labbra). Non ci si può fidare di questi turchi!... (Sbuffa. Poi prende lo specchietto, vi si guarda, e si al liscia i capelli. A Rodolfo). D ’altronde mi sem bra che non sia il caso di scalmanarsi così! G isella —• Appunto!... E... la signorina Elena, sta bene? Tommaso — Sì, grazie. E’ di là con delle amiche. Diana (a Ottimo) — E i vostri bastimenti, come vanno? Ottimo — Vanno!... Però... brutti momenti, questi, per essere Presidente d’una Società di Navigazione!... Rodolfo — Gerardo conduce una vita irre prensibile. E lavora, lavora moltissimo; tanto che in poco tempo ha guadagnato parecchi m i lioni. Tommaso — Parecchi?!... Diana — M ilioni!... Per esser l ’amante di Daisy bisogna che li abbia!... Tommaso — Voi, signora mia, avete la manìa di sviare sempre la conversazione. Diana — Sviare? Perchè? Non si parlava di Gerardo ? Giorgio ■ —- Ma com’è che non si vede ancora! Diana —. E’ naturale: starà filando il per fetto amore!... Tommaso (beve un sorso di caffè) — Hanno l ’abitudine di servire il caffè freddo in questo albergo!... (Si alza sbuffando). (Daisy entra dalla porta di fondo). Ottimo (andandole incontro) ■ — Oh!... An cora qui? Giorgio —• Non siete partita? Ottim o — A chi dobbiamo essere ricono scenti ?... Daisy — A l mio capriccio. Ottimo — Soltanto? Daisy — Non vi sembra abbastanza? Giorgio — Sapete che Jersay è tornato? Daisy (graziosamente ironica) •— Ah, »ì?... Giorgio (sorridendo) — Dall’America. Daisy — Oh, guarda!... Ottimo — V i fa piacere? Daisy —- Ne sono felice!... Ottimo —- E’ proprio un uomo fortunato!... Daisy — Invece, i l giorno in cui partì tutti 10 credettero un uomo finito!... Ottim o —■ Non tu tti: noi no. Giorgio — G li abbiamo voluto sempre molto bene!... Si sa: i maligni non mancano mai... Daisy (mordace) — Già!... Ottimo — Ma... ha veramente guadagnato quanto si dice? Daisy —■Oh, molto di più! Giorgio — Molto di più? Chi ve lo ha detto? Daisy — L ’ho saputo, come tanti altri, a New York. Rodolfo (che finora, chiuso nei suoi pensieri, non aveva preso parte alla conversazione, con mal celata avidità) ■ — Molto di più?... Quanto? Daisy —- Mah! Abbastanza per riconquistare tutta la vostra stima!... Rodolfo -— Però vorremmo sapere... Tommaso (che finora aveva passeggiato co me un orso in gabbia) — Ma la signora non è 11 segretario del conte Jersay. Giorgio — Siamo amici di Gerardo, e ci fa piacere, c’interessa sapere... Tommaso —>Ebbene, domandatelo a lu i!... Diana — Calma, principone!... Tommaso (a Diana) — Non gridate così, vi prego. G isella (a Diana) ■ — Hai visto quel fermaglio di brillanti? Che meraviglia! E ’ la prima volta che lo mette. E ’ certo un regalo di Gerardo. Diana •—■ E quello smeraldo che ha al dito. E ’ nuovo! Anche quello deve averglielo rega lato lu i! G isella (a Rodolfo) Tu che cosa fai? Vai in banca? Rodolfo — No. Ho un appuntamento qui. G isella (a Diana) —■A che ora è il concerto di là? Diana — Non so: andiamo a domandare. (Diana e Gisella escono). Ottimo — Ma Gerardo dove si è cacciato? Vorrei vederlo, sentire... Giorgio — Ieri sera ha parlato così vaga mente !... Rodolfo •— Andiamo a vedere se è di là. (Ro dolfo, Giorgio, Ottimo, escono per la porta di fondo). Tommaso — Ah, finalmente! Sono insoppor ta b ili!... (A Daisy) Ebbene? Perchè non si parte? «HmiTiTi.ìinin-• fìM* «•■nntiTi------ LUIGI CHIARELLI Daisy — Mah!... compatirmi!... Stavo finalmente per essere fe Tommaso — Non vi posso nascondere il mio lice, e tutto ad un tratto... Ma... ma... non ca stupore. pisco!... Se... perchè partite? (Aggressivo) Ah, Daisy —• Lo vedo. con lu i?!... Con lui?... Tommaso — I l mio stupore per i l vostro bi Daisy — Siete troppo curioso. glietto di stamane. Si era deciso che si sarebbe Iommaso — Ah, è brutto quello che fate!... partiti oggi insieme; e improvvisamente cam Dovevate partire con me, e invece, all’ultimo biate idea. momento... con un altro!... E ’ cattivo, è brut Daisy —■Eh!... to!... In quanto a lui... ( Vedendo Elena che Tommaso — Perchè? sta entrando dalla porta di sinistra, con voce Daisy — Perchè... sono donna! placata) E ’ incomprensibile!... Tommaso — Non è una ragione!... Daisy — Che cosa volete : non bisogna cer Daisy — Volubile!... care di comprendere tutto! (Esce per la porta Tommaso — Ma... di fondo). Daisy — Capricciosa!... Elena — Papà, io salgo: vado a chiudere le Tommaso — Capisco... valigie. Daisy — Illogica!... Tommaso ( brusco) — E’ inutile: non parti Tommaso — Tuttavia, credevo... più! Daisy —■Una donna!... Una donna!... Non è Elena — No? forse perchè sono una donna che mi avete fin Tommaso — Almeno... per oggi. qui... onorata della vostra attenzione? Elena (giuliva) — Oh, come sono contenia! Tommaso — Questo non vuoi dire... Si resta qui? Daisy —■ V ’ingannate!... Donna: è detto Tommaso —• Qui o altrove... Insoinma non si tutto. parte. Tommaso —- Ma intanto non mi dite nulla ! Elena — Se sapessi come ci andavo mal vo Perchè non volete più partire? lentieri in campagna... E... coin’è che hai cam Daisy — Chi vi ha detto questo? biato idea? Tommaso — Voi, la vostra lettera. Tommaso — Non lo so. Piuttosto pensa a te Daisy — Ma io parto!... legrafare a tua zia che non vada alla stazione Tommaso (raggiante) — Si? ad aspettarti. (Si avvia per uscire). Daisy — Sì. Elena — Subito, papà... (Va ad una piccola Tommaso — Ma allora... ho capito male... è scrivania per scrivere il telegramma). Papà? soltanto un rinvio ! Tommaso (volgendosi) — Che cosa c’è an Daisy — Ho detto parto; non partiamo. cora ? Tommaso (smarrito) —• E li?!... Elena — Sai che è tornato il conte di Daisy — Parto!... Jersay ? Iommaso — Infatti... la vostra lettera parla Tommaso — — Infatti. Ottimo —• Ecco di che si tratta : la nostra So cietà vorrebbe disfarsi di tre navi. Gerardo — Ah!... Ottim o — Ho ragione di credere che il Bea mosh sarebbe disposto a comperarle. Gerardo — Ah!... Ottimo — Ma a noi, come tu comprendi, non conviene di andargliele ad offrire. Gerardo — Già!... Ottimo — Perchè non te ne occupi tu? E’ un affare. Per le condizioni... Gerardo (che sta sulle spine) — Ma... sai... Ottimo — Non t i piace trattare l ’affare come intermediario?... Capisco: ormai non fai che affari di grande stile!... Ma credevo... trattan dosi di tre navi... Gerardo — Capisco, capisco... Ottimo — Preferisci trattarle direttamente? A te posso offrirle a un prezzo minore in modo che tu abbia un margine. T i dò una opzione per un tempo ragionevole e tu poi le tratti per conto tuo. te la vedi tu... Gerardo — Ab, ecco, me la vedo io!... Un’opzione... già, già... Eh, insomma... Ottimo — Decidi tu. Mi darai una risposta di massima. Poi vedrai, esaminerai... Gerardo — Già... vedrò... esaminerò!!!... Ottimo — Un’opzione non t ’impegna a nulla. Gerardo — Sicuro... a nulla... Ottimo — D’accordo, dunque!... A stasera la risposta? Gerardo — Ecco, a stasera: benissimo (Strin ge la mano che Ottimo gli tende). Rodolfo (avvicinandosi) ■ — Gerardo, avrei b i sogno di parlarti. Gerardo (mettendo a prova la sua pazienza) — Sì, caro. Rodolfo — In giornata. Gerardo — Sì, caro. Rodolfo —■Ma... senza testimoni. Gerardo —■Sì, caro. Rodolfo — Quando? Ci vogliamo vedere qui fra una mezz’ora? Gerardo — Sì, caro. Rodolfo — Grazie. (Stringendogli la mano) A più tardi. Gerardo — Sì, caro. (A Giorgio, battendogli forte una mano sulla spalla) E tu, non hai bi sogno di niente? Giorgio — Io? No (A Daisy). Non venite a sentire un po’ di concerto? Daisy —- Sì, fra poco. Giorgio (a Gerardo) — Allora, siamo d’ac cordo : questa sera gran pranzo. (Ottimo, Rodolfo, Giorgio, escono per la por ta di fondo). Gerardo (preso da una necessità di reazione violenta, comincia a passeggiare e a gesticolare) — Ah, be’ ! Anche il banchetto; ci mancava il banchetto! E poi che cos’altro?... Una rap presentazione di gala? E poi?... e poi?... Au mentano i m ilioni, aumenta l ’entusiasmo per il mio ritorno... Prima le strette di mano, pruden ti, poi le proteste di amicizia, adesso... il ban chetto!... Poi... un corteo per le vie della città — non è vero? Mi faranno passare sotto un arco di trionfo tra squilli di trombe, suoni di campane, e sventolìo di bandiere — non è vero? — Poi... i m ilioni aumenteranno ancora, e allora... ah, che gente! Son tu tti là pronti a vendersi, ad avventarsi contro questo fantasma di ricchezza per depredarlo. La fama del de naro, la vigliaccheria del denaro, la prostitu zione del denaro! Sempre il denaro, il denaro, vergogna e maledizione degli uomini! Rivende rebbero Cristo, magari a prezzo di liquidazione! M i fanno schifo ! (Brevissimo silenzio) Una mi guarda sospirando, quello mi vuole parlare in segreto, quell’altro mi vuol vendere delle na vi, tre navi, una flotta addirittura, il dominio dei m ari!... Basta, basta!... Io mi domando a che cosa m i vogliono spingere!... A li!... Daisy — Calmati!... Capisco perfettamente? così non puoi andare avanti!... Gerardo — Ci voleva molto a capirlo!... Daisy —- Sì, qui ti trovi in una posizione falsa!... Gerardo — Vedi bene quindi che se stamane sono stato un po’ vivace con te, avevo ragione. Daisy — Sì. E poi... la vicinanza di questi amici ricchi, allegri, felici, ti fa sembrare più penosa la tua situazione, ti esaspera. Oh, lo ca pisco, sai!... Gerardo — Meno male!... FUOCHI D'ARTIFICIO Daisy — Se poco fa eravamo d’accordo!... Daisy —■Hai bisogno di calmare i tuoi nervi Gerardo — D’accordo?... D’accordo?... di ritrovare la fiducia in te stesso, di ritem Daisy — Sì, non hai detto tu stesso che qui prarti, di tornare ad amare la vita. Ed io saprò t ’era impossibile di vivere, che... fartela riamare. Vedrai. Gerardo — Nè qui, nè altrove!... Gerardo — Oramai!... Daisy — Gerardo?!... Daisy — Ancora? ! Gerardo — E tu ti sei permessa?!... Come Gerardo — Perchè: ancora? Che cosa c’è di hai osato?... Ma che cosa credi? Che voglia mutato, di nuovo? farmi mantenere da te?... Daisy — Nulla è cambiato per te da ieri Daisy (con orrore) ■ — Gerardo?!... sera?... E il mio amore?... Gerardo — Io mi domando se tu non sia di Gerardo — Amore: un capriccio!... Daisy — No, Gerardo!... Ie ri sera, è vero, ventata pazza... se tutti non siate diventati pazzi intorno a me!... E tu, tu vedi in che po fu un capriccio. Era l ’avventura strana; i tuoi sizione mi trovo, qui; vedi che mi si avvolge, baci avevano un sapore disperato, mortale. Contendere qualcuno alla morte, così con l ’a mi si spia, mi si interroga, mi si giudica, e tu... Daisy — Ma appunto per questo... more, mi piaceva. Ma oggi li amo, Gerardo; ti Gerardo — Già... Appunto per questo tu amo perchè la tua vita te l ’ho ridata io, per chè sei come una creatura mia, rinato per i paghi il mio conto, dài disposizioni per la mia partenza e... mi porti via con te, mi rapisci! miei baci!... Daisy — Nessuno sa che sono stata io! Gerardo —< Inutile!... La tua strada è bel Gerardo — E iper questo?... Ma... sono io la!... Va, va!... Non ti fermare per questa ma che non mi sono spiegato o tu che non vuoi in linconica sciocchezza!... Daisy — Ah no, ascoltami... (S’interrompe tendere? e si allontana di qualche passo vedendo venire Daisy (risoluta) — Io intendo questo: che ti Diana). amo, e non ti lascio, e voglio salvarti anche Diana (entrando dalla porta di fondo) — contro la tua stessa volontà. E adesso dì pure quello che vuoi; non riuscirai nè a offendermi Jersay, ma è vero che partite domattina?... nè a farmi andare in collera. Gerardo — Io?... Gerardo — Dico... dico che mi farai il pia Diana — Siete appena arrivato e già ci vo cere di lasciarmi libero; dico che io non vo lete lasciare? glio nè tutele nè legami... Gerardo — Ma... vi assicuro... Daisy — E allora ieri sera dovevi cacciarmi Diana — Se avete anche già pagato il conto. via!... Gerardo — I l conto?... Gerardo — Ali, mi rimproveri... Diana — Dio, quanti misteri!... Siete vera Daisy — Non ti rimprovero nulla: dico: do mente diventato insopportabile!... vevi cacciarmi via!... Adesso non hai più il Gerardo — Ma chi vi ha detto?!... Diana — Ho sentito poco fa il portiere che diritto di riprenderti. Gerardo — Non ho più il diritto?... Sei di lo diceva ad un... uomo che era venuto a do ventata la mia padrona; insomma?... mandare di voi. Daisy — Ti amo! Rodolfo (entrando dalla porta di fondo) — Gerardo — Ah!... Dunque, è vero? Daisy — Sì! Gerardo — Ma no, c’è un equivoco!... (QualGerardo — Sai che cosa si dice?... Che mi che vago sospetto gli passa per la mente. Vol ami perchè sono ricco!... ge un rapido sguardo verso Daisy). Daisy — Non m’importa. Rodolfo — Un equivoco? Gerardo — Ecco come si giudica il tuo aGerardo — Sì... avevo avuto per un mo mento l ’idea di fare domattina una corsa qui more. vicino per un affare. Ma vi ho rinunziato!... Daisy — Non m’importa. Non so che cosa vadano raccontando!... Gerardo — Che hai, lasciato il principe d’Argiro per... Rodolfo — Ah! tanto meglio... OTTIMO (dalla porta di fondo) — Ebbene? Daisy — Non m’importa. Diana (andando verso di lu i) — Non è vero. Gerardo — Ma io... Daisy — Non m’importa!... Dicano quello Rodolfo — Un equivoco!... (Diana, Rodolfo e Ottimo scompaiono). che vogliono, pensa quello che vuoi!... E’ una Gerardo (va verso Daisy e le si pianta da partita in cui sono in giuoco il mio amore e la vanti) — Che cos’è questa storia della mia par tua vita: chi di noi due vincerà!... Gerardo — E credi di potermi rendere schia tenza, del conto pagato?... Daisy — Non vuoi più partire?... Vuoi re vo, di metter onesto tuo amore a traverso la mia strada?... Ah!... T i prego di non occuparti stare qui?... più di me. Hai capito?... Basta!... Gerardo — Sei stata tu? LUIGI CHIARELLI Daisy —Che cosa hai fatto ancora?... Scaramanzia ■ — Dà tempo al tempo!... F i dati e vedrai!... Gerardo — Non voglio vedere nulla ! Ma non riuscirò dunque ad aprirmi un varco fra voi? Che cos’è questa folle mania di salvataggio che vi ha preso, si può sapere? Scaramanzia -— Se ti dicessi: perchè ti sono amico, forse non t i convincerei. Perchè?... Per chè ero nato per questo : per giuocare gli uomi ni, sopraffarli, spogliarli,. Se io stessi un mese in questo albergo, fra questa manica d’imbecilli foderata di m ilioni, altro che pescecane; me l i ingoio tu tti vivi come se fossi il cratere del Vesuvio! Ma dovrei avere il tuo nome, il tuo volto, il tuo portamento. Se mi presento io, così, sia pure col mio bel vestito nuovo, chi è che mi ascolta? Si mettono a ridere, ecco!... E allora faccio fare a te quello che vorrei es sere io a fare!... Daisy — Sì, va bene, ma qui bisogna fare qualche cosa di positivo... Tutte queste non sono che parole, fantasie!... Scaramanzia — Non dite male delle parole. Nella parola è il fatto per eccellenza. Vedete? E’ bastata una parola ed egli è diventato m i lionario. Sareste voi bella se nessuno vi avesse mai detto che siete bella?... Una parola crea un mondo, un pensiero crea l ’infinito! La pa rola!... Tùia piccola scintilla si invola rapida nella notte, scoppia, ed ecco fiorire una co stellazione meravigliosa; e da ogni stella sboc cia un fiore abbagliante, che invade il cielo col fulgore dei suoi pètali miracolosi, poi si defor ma in draghi di fuoco, in lune ardenti, in fon tane di smeraldi, in vortici diamantini; si av venta ancora più in alto con mille cùspidi d’o ro, ripiove in fantastici salici di rubino, si sno da in lascivi serpenti di zaffiro, si sgretola in una cascata di perle iridescenti, brulica, sfavil la, tripudia, ride, sfolgora, trionfa, s’adagia mollemente sul velluto delle tenebre!... Real tà, realtà creata dalla nostra mente, verità su scitata dalla divina finzione, infinito, eternità, sogno dei nostri sensi!... Voi siete bella come Venere, tu ricco come Creso, io, io... (rompe in una grande risata). A più tardi, a più tar di!... (Esce quasi di corsa per la porta di fon do). Daisy (guardadolo uscire) — E’ matto! E’ matto!... Eppure una decisione bisogna pren derla! Gerardo... lascia quel giornale, Ge rardo!... Gerardo (gettando il giornale) ■— Avete fi nito? Se n’è andato? Daisy — Dunque... non vuoi partire? Gerardo — Daccapo? Daisy —• Sta bene; non partirò nemmeno io. (Esce dalla porta di sinistra). Rodolfo (entrando dalla porta di fondo) — Eccomi qua. Gerardo — Bravo. Che cosa c’è di nuovo? Rodolfo — Mah!... (Siede a destra perples so). Gerardo — Dunque?... Rodolfo (sospirando) — E’ un brutto mo mento, Gerardo!... Gerardo — Sei venuto per darmi questa no tizia? Rodolfo — Tu che sei un uomo d’affari puoi capirlo. Gerardo (con un gesto d’impazienza) — Già !... Rodolfo — Difficoltà momentanee, ma tut tavia penose. Gerardo — Se sono momentanee, passeranno. Rodolfo — Già!... Ma bisogna poter supe rare il momento!... Gerardo — Lottando... avendo fiducia... Rodolfo — Eh... lottare... fiducia... pa role !... Gerardo — Hai ragione; si fa presto a di re! Bisogna trovarcisi!... I consigli, i bei di scorsi, tutta rettorica!... Ma la vita... Rodolfo — Ecco, tu puoi capirmi, tu che ti ci sei trovato in un momento... Gerardo (riprendendosi) — Ah, non par lavo per me!... Rodolfo — Tu l ’hai superato felicemente!... Gerardo — Ma non ti perdere d’animo; tro verai un modo per fronteggiare la situazione. Un uomo navigato come te!... FUOCHI D’ARTIFICIO Scaramanzia (entrando trafelato) — Signor Conte... Gerardo — Che cosa c’è? Scaramanzia — La cartella... la mia car tella... Gerardo — Ebbene? Scaramanzia — Non so dove ... ( Vedendo la cartella su una sedia) Ah, eccola! (Si mette una mano sul petto per sedare l ’affanno) Temevo di averla perduta!... Mi scusi, signor Conte. (Prende la cartella ed esce. Un silenzio). Rodolfo — Gerardo?!... Gerardo — Dimmi. Rodolfo — Tu solo puoi aiutarmi! Gerardo (stupito) — Io? Rodolfo — Tu!... Gerardo — E in che modo? Rodolfo — In che modo?!... Non ce n’è che uno, purtroppo: l ’unico! Gerardo — E sarebbe? Rodolfo — Un aiuto finanziario! Gerardo (ancora più stupito) — Eh?... Rodolfo — Si tratta, è meglio dirlo subito, d’una somma cospicua. Gerardo (nervoso) — Senti, è inutile che tu continui. Rodolfo — Come?!... Gerardo ■ —■Come?!... E’ inutile. Rodolfo — Ma lascia che t i spieghi... Gerardo — Hai spiegato fin troppo!... Ti dovrei dare del danaro... io!... Ah, è i l col mo!... Rodolfo — Perchè? Gerardo — E... hai detto: molto, anche, moltissimo!... Rodoldo — Ma lascia che ti dica... Gerardo (sempre più nervoso) — Dire che cosa?... Io dare del danaro a te?... Ma... c’è da diventare matti!... Rodolfo — Ma scusa, perchè? Gerardo — E me lo domanda!... Rodolfo — Sicuro che te lo domando!... D if fidi forse di me?... Credi che... Gerardo — Ma io non credo niente!... (Cer cando di dare alla sua voce un tono calmo \pta risoluto) Senti, caro Rodolfo, non posso. Rodolfo — Non vuoi !... Gerardo — Non posso!... Non mi... A li!... Rodolfo — Gerardo, pensaci, prima di d ir mi di no!... Gerardo — Ma ci ho già pensato, figurati!... Rodolfo — Sei la mia ancora di salvezza!... I l tuo rifiuto può voler dire la mia rovina, ca pisci!?... Alla fine è un affare come un altro che ti propongo!... Gerardo (come fuori di se) — Non faccio af fari !... Rodolfo — Se non fai altro, adesso!... Gerardo — Ma di questo genere, no! Rodolfo — Ma se non ti ho ancora detto... Gerardo — E’ lo stesso. Rodolfo — Ancora una volta, Gerardo... Gerardo — Basta!... Rodolfo (diventando freddo e conclusivo) — Basta, basta!... Ti chiedo scusa se ti ho distur bato. Gerardo — Prego. Rodolfo (amaro) — Però, questo, da un ami co come te non me lo sarei aspettato!... E pen sare che ti ho accolto come un fratello, ieri sera; che poco fa ho avuto una questione per te col Principe d’Argiro!... Gerardo — Che cosa vuoi dire con questo?... Rodolfo — Che gli amici... Gerardo —■Sono amici quando si spera che ci possano essere u tili. Rodolfo — Non vorrai dire che io abbia agito per calcolo!... Gerardo — E allora perchè mi rinfacci la tua accoglienza, la storia con d’Argiro?... Chi ti aveva pregato?... Rodolfo — A li, questo è il ringraziamen to?!... Hai ragione, ho fatto male, me ne pento!... Non sei uomo per il quale... Gerardo (animandosi) — Per il quale?... Rodolfo (violento) — Eh, sì!... I l passato si dimentica presto quando la fortuna ci favori sce!... Ma ho avuto torto a dimenticarlo an ch’io! Gerardo (minaccioso) — Che cosa vuoi dire? Rodolfo — Che hai trotine cose da farti per donare, e lo dimentichi!... Gerardo — Perdonare che cosa?... Rodolfo —• Molte cose!... E forse anche que sta tua troppo rapida fortuna !... Gerardo — Ah, la mia... Rodolfo — Sì!... (A ttratti dall’alterco, Giorgio, Ottimo, Scara, manzia, Tommaso, Daisy, Eletta, Diana, Gi sella, vanno man mano entrando). Gerardo — Sei un mascalzone!... Rodolfo ■ — A me?... (I due uomini fanno per avventarsi l ’uno contro l’altro; ma Scaramanzia s’interpone rapido. Anche gli altri accorrono. Qualche piccolo grido di donna). Ottimo — Calma calma!... G isella — Rodolfo?! Rodolfo (a Gerardo) — Avrai presto mie no tizie!?... (Esce accompagnato da Gisella), Gerardo — Le attendo!... Ottimo (a Gerardo) — Se hai bisogno d’un amico, sono qui. Giorgio — Anch’io, senza complimenti. Diana — Ma che è accaduto? Gerardo — Volete sapere che cosa è acca duto?... E’ accaduto che non ne posso più!... Che da quando sono arrivato mi si toglie il re spiro!... Chi vuole una cosa, chi ne domanda un’altra); uno mi offre i suoi servigi, l ’altra il suo amore, quello voleva dei quattrini e molti, LUIGI CHIARELLI moltissimi, anche!... Ah, basta!... Che cosa vi debbo dire per esse re lasciato tranquillo? Che non ho un soldo?... Che povero sono partito e più povero sono torna to?... Questo?... 0 mi volete veramente costrin gere a partire?... Ebbene, me ne andrò, e subito, e per sempre questa volta, se Dio vuole. Siete con tenti adesso? Volete sa pere altro?... Non ne pos so più!... Basta!... A r i vederci!... (Esce per la porta a sinistra. Tutti si guardano in faccia. Un lungo silenzio). Scaramanzia (come continuando il discorso di Gerardo, ma con un tono di più pacato rim provero) — Eh, si ba sta!... Ha ragione!... Mi meraviglio anzi, che ab bia potuto sopportare fi no a questo punto!... Era venuto qui per stare tran quillo, per riposare un po’, e invece tutti addos so!... Eh, no, no!... Co me si è saputo, poi, che è tornato ricco, io me lo domando!... Ma lasciate lo in pace!... Vi riesce tanto difficile di compor tarvi con lu i come se... come se fosse povero?... Ecco!... Un po’ di discre zione, signori, un po’ di discrezione !... Giorgio — Però... Scaramanzia •— Che cosa c’è?... Anche lei, forse, vuole dei quattri ni?... Giorgio —■Io?... Scaramanzia — E allo ra basta!... Giorgio — Ma... Scaramanzia — Ma... Non ci sono ma. Ho det to!... (Si alza il cappello in testa ed esce tronfio come' un tacchino). ¥ i «a © « • c o n d ii A e fi a ffo IN C A S A ^ Q m D RA ! D ’A L T R I commedia che ottie ne, in questo momento, il grande successo della stagione, al SaintMartins Theater, si intitola Come l’edera. Il titolo è tolto dalle celebre frase biblica: e i cattivi fioriranno come l’edera. La commedia è dello scrittore Mordaunt Shairp. Il tema della commedia è quello stesso che è stato trattato da Edouard Bourdet in Flcur de pois. Ma l’autore inglese ha dato battaglia all’argomen to, senza nessuna reticenza. Infatti, la commedia, sebbene mirabilmente costrui ta e densa di vigore, dà un’impressione piuttosto penosa. Ecco l ’aneddoto svolto in questa commedia. Un uomo di una certa età, afflitto da quella stessa malattia da cui era corroso Oscar Wilde, ricco, deli cato, raffinato, effeminato, adotta un giovanotto come figlio e lo installa nella sua casa. Lo fa vivere nel lusso, lo associa alla sua opulenza, lo copre di re gali, lo veste lussuosamente. Un bel giorno, il giovanotto, innamorato di una signorina, annuncia brutalmente al suo protettore che lascerà la casa, perchè ha deciso di sposarsi. Il protettore monta su tutte le furie, ma quando si accorge della inutilità delle sue parole, lascia andar via il giovanotto verso il suo de stino matrimoniale. Però gli taglia di punto in bianco i viveri. Precipitato di nuovo nella povertà e nella miseria, il giovanotto cerca di lottare e di guada gnarsi la sua vita, a fianco di quella che ama. Ma, indebolito e corrotto dalla vita lussuosa, alla quale il suo protettore lo aveva abituato, la sua energia cede rapidamente. Dopo essersi dibattuto per qualche tempo, il giovanotto rinuncia alla lotta e torna a vivere presso il suo protettore. La commedia elle, altri menti, sarebbe spiacevole, è condotta con molta abilità, è avviluppata da una grigia atmosfera alla Wilde e gli attori e la messinscena ricordano costantemente i libri del grande scrittore britannico che, verso la fine del secolo scorso, si immerse lamentevolmente in uno scandalo del cenere. Quali le cause psicologiche di questa constatazione? Forse, la causa prin cipale è la seguente: esiste, nei giovanotti inglesi, una specie di paura del l ’amore. Una signorina, alla quale un giovanotto fa la corte e alla quale il giovanotto si diverte a mandare delle lettere d’amore, può in caso di rottura di fidanzamento fare un processo al suo adoratore e chiedergli una forte inden nità. Quasi sempre è stato il cosidetto seduttore ad essere sedotto. E’ stata la si gnorina che ha prese quasi tutte le iniziative. In Inghilterra, più che dovunque '-on sono gli uomini elle sposano le donne, ma viceversa. B U D A P E S T • Ladislao Fodor ha ultimato la sua nuova commedia che sarà rappresentata per la prima volta al Teatro viennese della .Tosephstadt. Il lavoro, oltre che per l’originalità del tema, è destinato a susci tare a Vienna una grande curiosità per il fatto che Fodor, scrivendolo, ha pen sato ad una coppia di attori fra i niù amati e popolari delle scene austriache: Paola Wesely e Hans Jaray, ai quali ha anche affidato i due ruoli principali. La commedia tratta del problema, non certo nuovo ma sempre attuale, dell’a more e del matrimonio, problema che il famoso commediografo ritiene basato su principio sancito dalla frase anch’essa nè nuova nè peregrina, « l ’amore non è così semplice... », frase che dà anche il titolo alla commedia. L’amore dim ane. secondo Fodor, non è una cosa semplice come si crede; bisogna prima diligentemente impararlo finche si diventa maturi per il matrimonio. E la com media si risolve in una specie di appello al pubblico perchè si faccia a consi derare la profonda verità di quella frase. In una serie di scene si vedranno la Wesely e Io Jaray affannarsi a dimo strare la verità della teoria fodoriana sposandosi a getto continuo. Ad ogni atto, essi appariranno uniti ad una persona diversa, a lato di un nuovo com pagno e di una nuova compagna della vita, finche all’ultimo otto fnè si sa an cora il numero degli atti che saranno necessari per giungere all’ultimo') si sen tiranno così maturi e « purificati » da poter convolare, come si suol dire, a giuste nozze fra di loro, dando alla commedia quel lieto fine che non manca mai nei films americani. E, stando così le cose, si deve certo convenire che l’amore non è una cosa semplice. F U O C H I I D ’A R T IF IC IO La stessa scena del secondo atto. Pomeriggio inoltrato. Giorgio (passeggiando con evidente agita, zione) — Che vuoi che ti dica. Non lo so, non capisco!... Diana — Ma ti sembra naturale? Ha una questione con Gerardo, annunzia che gli man derà i padrini e invece parte. Giorgio — Questo non vorrebbe dire nulla. Può tornare domattina e provvedere alla sua vertenza. Non hai visto Gisella? Lei è l ’unica che possa dare una spiegazione. Diana — No, non l ’ho vista. Dopo l ’alterco è salita con Rodolfo e non è più discesa. Giorgio — Mah! Diana —- E Gerardo? Giorgio — Era di là poco fa. Anche lu i mi sembra un uomo molto strano... Che cosa c’en trava quella sfuriata, me lo domando, cc Sono tornato senza un soldo!... ». E poi quello Sca ramanzia... che cosa c’entra lui?... Non è chia ro, non è chiaro! Diana — Sembra anche a me! (A Ottimo che entra dalla porta di fondo) Ebbene, che cosa ne dite della partenza di Rodolfo? Ottimo — Mah!... Diana — V i sembra naturale? Ottimo — T utt’altro! Giorgio — E la questione con Gerardo, co me finisce? Ottimo — Finisce come vuole!... Ma ciò che rende inspiegabile questa partenza è che sta sera c’è consiglio alla Banca e lui, ch’è Consi gliere Delegato, non ci sarà. (Elena entra dalla porta di fondo). Giorgio — Questo non lo sapevo! Ed è par tito? Rinuncio a capire!... Ottimo -— E’ il meglio che si possa fare. Diana — Se potessi sapere qualche cosa da Gisella! Ma dove si sarà cacciata?... (Esce per la porta di fondo). Elena (vincendo una lieve titubanza) — Cre dete che il Conte di Jersay partirà conte ha detto? Ottimo —• Mali! Chi capisce più niente? (Esce con Giorgio per la porta di fondo). Elena (restata sola mostra evidente la sua pena. Vedendo Scaramanzia che entra dalla porta di sinistra, resta a lungo perplessa; vuole e non vorrebbe. Alla fine gli rivolge la parola) — Scusi, lei è il segretario del conte di Jersay, non è vero? Scaramanzia — Per servirla. Elena — Io ero qui, dianzi, quando egli ha detto... quando è andato in collera... Ecco, vorrei sapere... Oh, una semplice curiosità... ma forse sono indiscreta!... Scaramanzia (incoraggiandola) — Dica, di ca pure. Elena — E’ vero che riparte?... Clic riparte subito... per sempre? Scaramanzia (la guarda ed ha un lievissimo sorriso) — Può darsi. Lei stessa c stata testi mone: qui gli rendono la vita impossibile!... Può darsi! I] signor conte non mi ha ancora detto nulla in proposito. Elena —f >»Si-mniMOIMii RITIRO DEL DIVINO AMORE PlNOTTA — Signore... (A Maddalena) Arnve derci. (Via). Maddalena (siede accanto al cugino). Don Tristano — Suor Concetta, ha detto? Maddalena — Si, è una monaca superstite. Alloggia nell’ultima camera del corridoio. I l monastero ora è abitato da noialtre, come avrete visto. Di cento monache non è rimasta che Lei, Suor Concetta. Lei sola. Don Tristano — Malata? Maddalena (con un sorriso) -—- Malata di... un secolo. Don Tristano — Di un secolo? Maddalena — Ieri ha compiuto cento anni. (Una lunga pausa. ! due non sanno come ini. ziare il discorso. Don Tristano ha deposto sulle ginocchia il cappello e vi tamburella su con le dila; la signorina Maddalena medita, mentre le prime ombre della sera cadono dalla fine stra e la raggiungono, così che il suo volto e le sue mani d’avorio appena s’ intravedono fra le pieghe di merletti. Ella stessa è un’ombra nella penombra). Don Tristano — E quali sono ile novità che avete da raccontarmi, Maddalena? Maddalena — Quali avvenimenti credete che siano possibili in questi luoghi? Don Tristano — Scusatemi. Credevo. Maddalena — Ma non m’ avete ancora detto perchè siete venuto. La vostra apparizione ha del fantastico. Non eravate anche voi tra quelli che... ? Don Tristano — Nessuno era contro di voi. I parenti, credetelo... Maddalena — Voreste, dopo dieci anni, r i prendere il discorso al punto interrotto? Per carità, Tristano, per carità... Vedete: io vi ho accolto con molila meraviglia, ma anche con molta docilità, per non dire altro... Invec chiamo tutti. Sopravviviamo, non v’accorgete? Ebbene, com’è possibile tornare indietro? Piut tosto ditemi: i vostri figliuoli? Don Tristano (che non vuol deviare il di scorso) — Io sono venuto soltanto per doman darvi... Maddalena — Se è per farvi piacere, vi r i sponderò. Don Tristano — Ma sinceramente. Me Io promettete ? Maddalena (rassegnata) — Ve lo prometto. Don Tristano (raccogliendo molto coraggio) — Avete regolato la vostra posizione? Maddalena — Quale posizione? Don Tristano — Non vorrei spiegarmi di più. Maddalena —- Tristano, io potrei e dovrei non rispondere alla vostra domanda. Ma guar datemi negli occhi. E’ una calunnia che mi ac compagna da molti anni, da moltissimi anni. Un’infamia, ecco quello che è. Un’infamia. Ed è ancora più vergognoso, più stupido, più inau dito, insomma, che io ancora oggi, vecchia come sono, malata, sia condannata a difendermi, a protestare, a giustificarmi. Ma giustificarmi di che, poi? Di che? Se sono stata io, se sono io la vittima di un disgraziato amore? Che volete da me, voi? Che io vi dica: sì, è vero, fra me e Pietro... Ma è abietto, tutto ciò, è ignobile... (Si è accasciata, piange silenziosamente). Don Tristano — Ma non v’ho detto nulla. Io vorrei che... Maddalena — Lo so, lo so, questo voi vor reste. Siete venuto dopo dieci anni per sentire da me questo. Ma disilludetevi: non ho nulla da confessare, io. E vi dico di più: ci vediamo ancora. Pietro viene qui ogni giorno. Nulla di male allora, immaginate oggi. E’ sempre il no stro fidanzamento che dura... dura da trenta anni. Rideteci su, rideteci. Don Tristano — Potevate sposarlo. Maddalena — Dieci anni fa, è vero? Dopo la morte di mio padre? Ma sarebbe stato ancora più buffo e più pietoso. Don Tristano — Più logico, mi pare. Maddalena -— Per voi, s’intende. Non per noi. Non era più possibile. Capito che anche dieci anni fa era inutile? Inutile, inutile— Fra me e lu i non c’era, ormai che un’antica amici zia da mantenere: solo questo. Un’amicizia che era cominciata con l ’amore e che a poco a poco s’era trasformata a misura che gli ostacoli frap posti da mio padre crescevano. Mio padre, voi sapete, apparteneva ad un’altra generazione: un uomo tutto d’un pezzo, severo, inflessibile; uno di quelli che non piegano mai, per nessuna ragione, fa propria volontà, che maledicono i figli e fanno pesare codesta maledizione... Don Tristano — Maddalena, io sono contri stato di essere venuto per farvi questa domanda. Speravo di trovarvi più disposta, ecco. Maddalena — Voi non siete venuto solo per farmi una domanda. Parlate, ditemi tutto. Don Tristano (confuso) — Anche per veder vi, cugina. Maddalena — Via, Tristano, parlate libera mente. Sono più docile di quanto non immagi niate. Ditemi... ROBERTO MINERVINI Don Tristano — Non ho nulla di preciso da dirvi. Maddalena — V i aiuterò io. Siete venuto con un pretesto e volete andarvene con una spe ranza. Don Tristano (attento) — Siete enigmatica. Maddalena —• Non tanto. Riflettete. Cosa po teva condurvi qui, oggi, improvvisamente? E poi, se avessi regolata, come voi dite, la mia posizione, non mi troverei in codesto Ritiro per donne sole... Vi pare? Don Tristano (colpito) — Ma io... io non sapevo neppure se Pietro... Maddalena -— Credevate, così, di trovarmi ve dova? No, Tristano; signorina. E il povero Pie tro è vivo, grazie a Dio, come noi due. Don Tristano — Me ne consolo. Maddalena — Grazie. E vi dirò che proprio tre giorni fa egli mi ha parlato di voi, dei vo stri figliuoli. Don Tristano — Davvero? Maddalena — M i ha paidato dei vostri fi gliuoli con molto interesse. Tristano, se siete venuto per questo, per sapere cioè quali sono le mie intenzioni verso di loro, potete andarvene tranquillo e sicuro. Don Tristano — Io sono meravigliato, pro fondamente meravigliato. I l vostro discorso of fende me, ora. Maddalena (che non gli bada) — E vi ag giungo un particolare : Pietro mi ha consigliato, mi ha aiutato a definire, a realizzare, a ren dere, insomma, legali queste mie intenzioni. E’ stato lui, proprio lui, quel tale uomo fuggito da tutti... Don Tristano — Esagerate. Maddalena — Ed io voglio che si sappia, T ri stano. Pensate che Pietro è povero, costretto a vivere in casa di un suo fratello... poteva chie dermi un aiuto, un soccorso... Ebbene, ditelo ai vostri figliuoli, procurate di riabilitarlo : la sua dignità e il suo disinteresse sono come una re gola di vita. Credetelo. Don Tristano — Non occorre, cugina. In fa miglia non si è mai parlato di questa... di que sto... rapporto, ecco, così strano ed eccezionale, se non... Maddalena — La vostra visita non è stata inutile. Don Tristano — Se permettete verremo tutti uno di questi giorni. Maddalena — Grazie, non occorre. Io prefe risco ricordarli così, i ragazzi, come li ho la sciati allora. E voglio che essi mi ricordino così, se possono, come mi hanno vista allora. E’ me glio, Tristano, che le cose restino immutate.... La voce di Pin — Suo cugino è andato via? Maddalena — Vieni, Pinotta, vieni. La voce di Pin — Suor Concetta ha chiesto di lei. Maddalena — Vado subito, cara. Don Tristano — Io vi saluto. Ma permette temi almeno che ogni tanto... Maddalena — Aspettatemi un momento solo. Vi farò lume in cima alle scale. Qui mancano tutte le comodità. I l Ritiro non conosce i ritro vati del nuovo secolo... Ottocento, cugino mio, tutto e tutti dell’Ottocento... Ma lasciatemi andare: Suor Concetta è impaziente. Dio, come si è impazienti a cent’anni! (Esce). (Una pausa lunghissima. Don Tristano si è avvicinato alla finestra; Capre. Elitra, con tutta discrezione, Pinotta). Pinotta — Come si farà? Don Tristano — Diceva? Pinotta — Oh, scusi! Lei è ancora qui? Don Tristano — Aspetto i... lumi di mia cugina. PlNOTTA — Non tarderà molto. Intanto... Don Tristano — Intanto? Pinotta — Io non so se lei conosce, se è in formato... Verderosa (entrando) — Signorina Madda lena, suo cugino... Don Tristano — Che vuole da me, costui? Pinotta — Non gli badi. (A Verderosa) Per chè sei salito così tardi? Verderosa — Sono stato chiamato dal se gretario dell’amministrazione per la solita fac cenda. E pensare che il poveretto... Pinotta — Non fare lo stupido. Dirai alla signorina che il signor Pietro... Verderosa — Non ha sospettato? Pinotta — Non ha sospettato. E per ora non bisognerà dirle nulla. (Autoritaria) Nulla, intesi ? Verderosa — I l segretario pretendeva die la signorina sloggiasse subito... Per via delle vi site del signor Pietro... Ma si potrà rimediare. Don Tristano — Una disgrazia? Pinotta — Ieri mattina il povero signor Pie tro è morto. Alla signorina Maddalena di remo che è mallato. Poi si penserà, un po’ per volta, a prepararla. Don Tristano — Una notizia del genere pro prio oggi, in questo momento. E’ incredibile. Maddalena (rientrando) — Cara Suor Con cetta! Ha il sorriso di una santa. (A Verde, m in a t i n m M i i i m w i m m i i m m i m i m n n rosa) Siete stato ad informar vi? Verderosa — I l signor Pie tro? Non sa nulla? Maddalena ( impensierita) — Io? (a Pillotta) Che gli è acca duto? Verderosa — Non si agiti, per carità. Domandavo se lei avesse avuto notizie. Pinotta (fulminando Verderosa con lo sguardo) — Non si dia pensiero, signorina. Maddalena (guardando sbi gottita i tre) — Intanto siete tutti qui, perplessi, senza d ir mi niente... Dio, Dio, ne avevo il presentimento! (Pausa). (A Pinotta, disperata) E ’ morto? Pinotta — Ma no, si calmi, il signor Pietro è malato, ecco. Verderosa (trae di tasca un involtino, lo depone sulla ta vola) —• Le caramelle e la pol vere di cioccolata. Buona sera. Maddalena (è caduta sulla poltrona, si lascia scivolare giù, siede) — Ditemi la verità! Pinotta — Via, non pian ga... Sembra una bambina. Maddalena (c. s.) — Una bambina, sì... Una bambina che ha perduto tutto. Voi non potete intendere. Pinotta, dim mi la verità. Don Tristano — Ma se non è nulla? (A Pinotta) Glielo r i peta lei, che non è nulla. Maddalena —■V i pare nulla, vi pare nulla... (Convulsa) Ma per me, per me è finita. Muoio anch’io ora... Pinotta (debolmente, carez zandola) — E ’ malato, malato. Maddalena (inebetita, con un filo di voce) — No, no, di telo: è morto... (Giungono, con un lontano aereo rintocco di campane, le voci della strada, gli accordi di una fisarmonica e il motivo len. tissimo di una ninna nanna, mentre cala la tela). R c b e r fc M in e c v ln i P IA fA V O IL C IN E M A N O N A t A S C O L T A T I. . . PUÒ FAR PAURA AL TEATRO « C’era un teatro greco che era ed è rimasto il più grande del mondo : Eschilo, Aristofane, Sofocle. Quattro o cinquecento anni più tardi il teatro romano diede autori di notevole considerazione: Plauto, Terenzio. E tutti e due morirono: quello greco ucciso dai giuochi olimpionici, quello latino ucciso dall’anfiteatro. Aggiungiamo ancora: la Grecia finì poco dopo che gli atleti avevano sostituito i commedianti nel favore del pubblico e Roma cadde per opera dei barbari quando i gladiatori si sostituirono agli uomini di Tespi. Verso la fine del XVI secolo erano in gran voga a Londra i giuochi cogli orsi e coi tori. Apparve Shakespeare; scomparvero i combattimenti degli orsi e dei tori. Allora l’Inghilterra diventò più grande. Il cinema di oggi prende esattamente il posto degli orsi e dei tori, dei gladiatori e dei giocatori olimpionici. Il teatro indietreggia di fronte al cinema ed anche di fronte alle partite di calcio. Tra il cinema ed il teatro esiste la differenza che passa tra un libro ed un album di figure con o senza didascalie. Il primo parla al cervello, il secondo parla agli occhi. Il primo scuote i nostri pensieri, il secondo i nostri sensi. Questo stanca indubbiamente meno. Ma è meno utile all’elevazione della razza. Direi: più deleterio e dan noso. Non c’è dubbio che la vittoria del cinema sul teatro stia per por tare ad un abbassamento della mentalità degli uomini. Faccio eccezione per le figure animate che rappresentano le più preziose conquiste della intelligenza umana. Non si può negare che il teatro per quanto conti nui ad essere in piena forza stia perdendo terreno davanti al cinema e che il cinema non sia per l’intelligenza umana quell’alimento tonico e fortificante che è il teatro. Di più: il cinema si rivolge non al cuore od al cervello dell’uomo, ina ai suoi 6ensi ed ai suoi riflessi più primitivi e più animali come facevano i combattimenti dei tori e delle bestie. Ed è sotto certi aspetti inferiori all’anfiteatro perchè in questo almeno regnava la incertezza glo riosa dello sport. Nel film lo spettatore sa che nulla di incerto può avve nire perchè tutto è stato previsto, predisposto. Nessuna delusione è pos sibile. La immaginazione può riposare! L’intelligenza umana non è an cora caduta in basso, ma vi cadrà fatalmente». Claude F a r r ir c Queste conclusioni latte da Claude Farrère nel « Journal. » sono par ticolarmente gravi, ma sono anche esagerate. Hanno un carattere di mag gior attualità in Francia che in Italia. In Francia lo sfruttamento ad oltranza dell’adulterio ha creato al film una atmosfera tutta caratteristica. Ma in Italia si è creata colla censura una poderosa barriera ad ogni film immorale capace soltanto di risvegliare appetiti sensuali e di eccitare la morbosa curiosità. Da noi la necessità di cultura riprenderà ben presto il sopravvento, e in Italia forse prima che altrove, per le cure che alla gioventù si dedicano con larghi mezzi non solo nel campo fisico ma anche nel campo intellettuale. Si tratta, sol tanto, di provvedere accortamente e tempestivamente. terremo conto. I l direttore letterario si occuperà della cosa. Voi, intanto, non preoccupatevi e cercate gli arti sti del vostro film. — Questa è una parentesi, ma l ’apro apposta per te, amico mio. Tu non ti puoi nemme no immaginare come sia difficile di stribuire le parti in un film di spet tri e di vampiri. Occorrono degli at tori lunghi, angolosi, dal volto pie no di ossa e¡ dall’espressione cattiva. Ci sono i ceroni, sì, ma non sono che dei complementi. Basta un par IL R E G IS T A D ’ A V A N G I I A R D I À ticolare della fisonomía, basta un semplice tic e tutta l ’illusione tra (COME SI SCRIVE LA STORIA DEL CINEMATOGRAFO) gica è distrutta. M i ricordo Man La casa produttrice dove sono impiegato fredo l ’allucinato, un film del mio collega — mi dice Hupfnupf, — è, come sai, una delle Fritz Durand. Fritz aveva scovato, non so dove, più importanti. E’ una grande officina, di cui un Manfredo meraviglioso, emaciato, con l ’oc 10 sono una delle ruote più influenti, questo chio vitreo e smarrito; ma ogni momento que certamente, ma una ruota non costituisce tut sto Manfredo strizzava l ’occhio e questa leggera to il macchinario^ ¡Spesso, sono costretto a mania rendeva inverosimili tutte le scene di al mettere in iscena dei film, il cui soggetto non lucinazione che, invece, richiedono uno sguar mi piace affatto. Quando, per esempio, mi do fisso e rotondo... Accidenti alla tradizione hanno affidata la messa in iscena de La spa del macabro! Logicamente, ragionevolmente, un ventevole notte del dottor Magrabois, io non bevitore di sangue, il cui regime è esclusiva ho affatto delirato di gioia. Ognuno ha la sua mente carneo, dovrebbe essere un uomo molto sensibilità e io non mi sento a mio agio nelle forte, dalle spalle quadrate. Invece, per far pia atmosfere di orrore. Dissi perciò al direttore cere alla tradizione, bisogna che sia una specie di produzione: di anguilla a due piedi. Questo per d irti che eb — Preferirei girare qualcosa d’altro. bi non poche difficoltà per trovare Arasperus... I l direttore di produzione mi rispose con un E’ questo il nome del vampiro del mio fihn. Fisorriso senza replica : — Invece, girerete pro nabnente, scoprii un interprete possibile. Ma prio questo film. dovetti scritturare nello stesso tempo la sua pic Non potevo fare altro che inchinarmi. Ma cola amica: una biondina gelosa e rotondetta. 11 giorno seguente tornai alla carica: Nel frattempo, il direttore letterario della casa —• V i assicuro che questa storia di scheletri, produttrice m i fece pervenire lo scenario de La di vampiri, di spettri, di castelli abbandonati, spaventevole notte del dottor Magrabois, rive di sepolcri e di correnti d’aria, avrebbe biso duto e corretto secondo le mie suggestioni. gno di essere trattata da uno specialista del Quando aprii i l manoscritto di questo nuovo genere. E poi, per dirvi ila verità, l ’insistenza scenario, io mi credetti vittima di uno stupido nella paura è una cosa piuttosto monotona. Io scherzo. Ma poi dovetti abbandonare questa m i ricordo che, quand’ero ancora molto gio idea. Quale interesse poteva avere avuto il vane, ho avuto una specie di incubo, in segui direttore letterario a far confezionare l ’im to ad una disavventura morale, lo stesso in menso lavoro che avevo sotto i miei occhi?... cubo per parecchie notti di seguito. Ebbene, Doveva, dunque, essere accaduto qualcosa che finii coH’abituarmi così bene al mio incubo non comprendevo bene. Feci con discrezione che non, ebbi assolutamente più paura. La p ri una piccola inchiesta e compresi... ma notte che riuscii a dormire senza sognare, La direzione letteraria della casa produttrice mi alzai colla testa pesante, piena di angoscia. consta di due sezioni. La prima è consacrata al Fate attenzione: anche gli effetti di terrore l ’elaborazione dei soggetti gai. La seconda alla vanno distribuiti a piccole dosi, altrimenti fi elaborazione dei soggetti tristi. Hai capito? niscono col diventare inefficaci. In seguito ad un errore di trasmissione, il sog — Le vostre osservazioni sono molto giuste, — getto primitivo era stato inviato alla prima se mi rispose i l direttore di produzione. E noi ne zione e questa si era automaticamente adoperata I|Tm im m M M M Ii) 11WT.Tft- Maia» I WWWMMMÉHM IL REGISTA D’AVANGUARDIA a rallegrare il soggetto o, come si dice in gergo cinematografico, ad inserire dei gags, degli ef fetti comici, nel soggetto fondamentale. Come mai la prima sezione non si era accorta che quel manoscritto le era stato inviato, per errore? Probabilmente, gli impiegati della prima se zione si erano accorti dell’errore, ma in una casa cinematografica organizzata, standardizza ta, il personale ha l ’abitudine di eseguire gli or dini senza discutere. Con una perfetta coscienza e con uno scrupolo professionale al quale biso gna rendere omaggio, la prima sezione aveva considerato La spaventevole notte del dottor Magrabois come una ottima farsa e, di conse guenza, l ’aveva riempita di gags. Voglio citartene qualcuno. A l numero 89 del soggetto — la cosa mi ha così fortemente col pito che la ricordo benissimo — al numero 89, dicevo, il dottore ha dimenticalo i suoi guanti in camera di Sulpicia, la dolce e bellissima fan ciulla che muore lentamente di languore e che il dottore ha presa in cura nel suo vecchio Ca stello dei Sicomori... I l dottore ha lasciata la paziente addormentata, nella sua camera... R i torna nella stanza dolcemente, per riprendere i suoi guanti che si trovano su di un comodino. Mentre il dottore allunga la mano per ripren dere i suoi guanti, si vedono i guanti stessi por tati via da una mano scheletrica... l i dottore lancia un urlo di spavento e si eclissa. A questo punto, il soggetto recava in margine: « Gag: far comparire lo scheletro tutto intie ro. Lo scheletro infila i guanti del dottore, ma le dita dello scheletro sono troppo a punta. I guanti gli stanno malissimo. Ad un dato mo mento, lo scheletro sente delle voci. Allora, in quieto, tira via i guanti con i suoi denti, ma per inavvertenza si morde dolorosamente le falangi. Due o tre falangi gli restano fra i denti. Lo sche letro si allontana confuso ». Come vedi, la prima sezione non aveva esi tato ad infiorare il soggetto con dei buoni ef fetti comici. Numero 123 e seguenti: « I l vampiro Anasperus esce dalla sua tomba, a mezzanotte, e, cam minando per le strade deserte, si dirige verso il Castello dei Sicomori, dove penetra senz’altro nella camera di Sulpicia, per bere i l sangue del la ragazza addormentata ». I l soggetto reca in margine : Gags possibili: « ... Al cimitero, quando Arasperus esce dalla sua tomba, la pietra sepolcrale, che ha solle vata, gli ricade sulla testa... La risolleva, ma la pietra, ricadendo, gli stringe un lembo della sua marsina. « Nella strada, l ’aspetto misterioso del vampi ro sveglia! la curiosità di due agenti che doman dano ad Arasperus i documenti. Arasperus mo stra una dichiarazione di decesso, perfettamen te in regola. Gli agenti, sorpresi, lo lasciano andar via. « Nel castello, Arasperus sbaglia porta ed en tra nella camera della nutrice di Sulpicia. La nutrice si crede oggetto di un’impresa galante. Si offre al vampiro e Arasperus sfugge con sten to a ll’entusiasmo amoroso della nutrice ». Nella scena finale, nella quale il dottor Magrabois ve de con spavento Arasperus bere avidamente il sangue di Sulpicia, il gagman consiglia la fa cezia seguente : Gag possibile : « I l dottore ha messo nel letto, invece di Sul picia, una bambola che le somiglia, piena di vino rosso. Arasperus, credendo di bere del san gue, beve invece del buon vino e finisce coll ’ubriacarsi ». Insomma, t i rendi conto che cosa era di ventata la storia, passando attraverso gli umo risti della prima sezione? Che cosa avresti fatto tu al mio posto? Io non dissi nulla e decisi di girare il film, così come mi era stato presentato. Non posso nasconderti che gli attori si mo strarono un po’ stupiti. Dovetti spiegare loro che così mi era stato imposto : o girare così o rinunciare a girare il film. Naturalmente, pre ferirono girare. Tu sai che, in ogni stabilimento cinemato grafico, esistono delle sale di proiezione, dove i dirigenti si fanno mostrare, ogni mattina, le scene che sono state girate il giorno prima. Quando i dirigenti si trovarono in presenza dei gags in questione, non seppero astenersi dall ’emettere delle disapprovazioni gutturali. — Io ho fatto quanto mi è stato ordinato — dichiarai semplicemente. Mi fu subito risposto: — C’è una dissonanza insostenibile fra il tema generale del film e i gags. D’altronde, in una storia di vampiri, i gags sono in utili. Sono stati commessi degli er rori. Non avreste dovuto girare quesvi effetti co mici. Replicai freddamente: — Credete voi che, per colpa di questi effetti comici, la storia sia meno buona? — Non diciamo questo, ma è meno verosi mile... — Andiamo, signori... HENRI FALK — Certo, dichiarò lino dei direttori, così è più originale... Chissà? Forse, senza volerlo, avete messa la mano su di una formula nuova... Mescolare il tragico al grottesco è dello Shake speare al cento per cento... Ma una voce protestò: — E Fautore? — Quale autore? — scattarono in coro i d iri genti. — L ’autore del soggetto primitivo, il signor Astolfo Desrizières. — Non preoccupiamoci del signor Desriziè res. Gli mostreremo il film, quando il film sarà finito. Vedrete che sarà contentissimo. Conti nuate, Hupfnupf, continuate... Continuai il film, come mi era stato consi gliato. Mescolai le scene serie alle scene comi che e quelle divertenti alle scene di spavento. La pazzia del film sembrava trasmettersi agli interpreti stessi, perchè l ’amante dell’attore che recitava la parte di Arasperus era diventata fe rocemente gelosa dell’innocente attrice che re citava la parte di Sulpicia. — Non voglio più che tu le succhi la nuca in quel modo! — gridava l ’amante gelosa. — Non è colpa mia, •— protestava il dolce vampiro. — E’ colpa della parte che vuole così. — Ebbene, tieni!... La ragazza morse con violenza il naso di Ara sperus. Questa, del vampiro morsicato nel naso, era molto' comica, ma le faccende personali non debbono mai, a parer mio, essere regolate in pubblico, soprattutto quando queste scene m i nacciano di far andar male il lavoro. Misi a ta cere la gelosia della biondina e, una bella sera, vidi con gioia che La spaventevole notte del dot tor Magrabois era terminata. Confesso che si trattava di un film sconcertante, anche per co loro che lo avevano girato. Ma in tutto lo stabi limento si cominciò col dire che il film, corre dato da una pubblicità « speciale », avrebbe certamente interessato i buongustai, se non pro prio la massa del pubblico. * * * Tu conosci Desrizières, per lo meno di nome. E’ uno scrittore di grande valore, il cui inge gno da molto tempo si è rivolto verso l ’occul tismo e che inventa con sincerità delle storie ter rificanti, che hanno spesso commosso e sconvol to l ’antica generazione. Oggi, Desrizières ha set tantanni. Ha una bella testa a riccioli, da vec chio signore illuminato e, quando entrò nello stabilimento, con la sua commenda della Legion d’Onore e con i suoi guanti color crema, circon dato da vecchie signore e da gentiluomini vacil lanti, io mi sentii commosso. Credetti oppor tuno tenergli un breve discorso preliminare. — Maestro, le necessità tecniche ci hanno ob bligati a recare certe modificazioni al vostro te sto, ma spero che queste modificazioni non vi saranno sgradite. Si trattava di rendere un po’ meno « spaventevole » la vostra « spaventevole notte »... — E voi vi siete incaricato della cosa? — do mandò Desrizières, con una voce ironica. — Ah! no, non io, Maestro... La nostra se zione di letteratura... <— Vedremo... Vedremo... V— disse Desri zières. Entrammo nella sala di proiezione. Quello che è accaduto nella sala, tu lo hai saputo dai giornali. E ’ stato detto che Desrizières, l ’illu stre scrittore, si era sentito male nella sala di proiezione, mentre gli veniva presentato il film dedotto dal suo celebre romanzo La spavente vole notte del dottor Magrabois. Vuoi sapere, invece, la causa esatta dell’indisposizione, in disposizione dalla quale Desrizières non guarirà tanto presto? La vuoi sapere? Io ero seduto vi cino a lui, durante la proiezione. I miei occhi abituati alla penombra, lo fissavano continuamente. Desrizières è un sensibile, un emotivo e, per giunta, è un po’ indebolito dall’età. Al primo gag, Desrizières vacillò ed emise una specie di rantolo. A l secondo, emise un gemito sordo. A l terzo, più nulla, ma soffriva strana mente. Quando fu rifatta la luce, vedemmo De srizières che, beato e sorridente, s'ava fischiet tando una ninna-nanna infantile, con lo sguar do fisso, inebetito, troppo inebetito... Dovemmo prenderlo per un braccio e io gli domandai, con una falsa aria rassicurata: — Ebbene, Maestro, siete contento? Mi rispose: — E bravo, papà!... Tra la la... Questa la stretta e terribile verità che i gior nali hanno soffocata. Desrizières è diventato pazzo e lo resterà per sempre, poveretto! Pec cato! Sì, perchè il film ha avuto un grande suc cesso di pubblico e di critica. Desrizières, che tu tti i giovani consideravano già come un ter ribile scocciatore, viene adesso considerato come il fondatore di una nuova scuola estetica : il diversismo. E io, che sono sempre stato consi derato come un regista tradizionalista, passati sta, mi trovo adesso proiettato in prima fila, fra i registi di pura avanguardia. M e * * * ! !FaSlc (Traduzione di Vittorio Guerriero). À costo di attirarmi il dis prezzo unanime delle lettrici, confesserò candidamente di non essere mai stata innamorata di Ramón Novarro. Mi rendo perI D O L I Quando ero bambina, i miei genitori mi portavano qualche volta al teatro di varietà. Mi ricordo di un scenario di tela ebe serviva egualmente per tris ti i numeri e sul quale delle tende color crema su fondo vio la e delle piante verdi egual mente dipinte si aggiustavano fra d i loro come meglio pote vano. Le poltrone erano di quel velluto cremisi a pelo raro che ricorda da solo tutta l ’epo ca 1900 e i muri dei corridoi erano ornati con le fotografie degli artisti più conosciuti. Si vedevano, in quelle fotografie, delle girls con i capelli a trec cia, delle seduttrici colla gonna pagliettata d’oro, degli acroba ti con i baffi a punta, dei ci clisti con degli stivali abbotto nati. Tutto ciò era fuori moda, comico e desolante. Oggi, i teatri di varietà sono dei teatri come tu tti gli altri. L'Alhambra di Parigi, dove Ramon Novarro ha fatta udi re la sua voce, è un teatro di varietà esattamente come tu t ti gli altri. D I S T O P P A fettamente conto che questa mia dichiarazione presenta una certa dose di anormalità. Sono molto probabilmente una don na biasimevole, ma in ogni modo preferisco dire la verità. Sono andata, perciò, a ll’^4Ihambra, ad intervistare Ra mon Novarro, colla speranza di ricevere fiinalmente il colpo di fulmine. Dopo il solito programma, apparve su di un piccolo scher mo luminoso il numero che corrispondeva al nome di No varro. I l mio cuore cominciò a battere forte. Vidi entrare in iscena un piccolo giovanotto molto timido, molto grazioso e molto sorridente, chiuso in uno smoking che gli stava malissi mo. Era Ramon Novarro. Chie do umilmente scusa alle signo re di tutta Europa che oppon gono la seduzione del celebre attore al fisico fabbricato in se rie dei loro mariti, ma Ramon Novarro dà l ’impressione di un giovane debuttante, di un certo avvenire, che finirà col farsi un nome, cantando delle canzonet te, quando avrà meno paura del pubblico e quando un ami co caritatevole gli avrà sugge rito l ’indirizzo di un buon sar to italiano o inglese. I l giovanotto fu applaudito, sorrise, salutò e non arrossì semplicemente perchè è piutto sto difficile diventare rosso quando si possiede la pelle ab bronzata degli spagnoli e dei sudamericani. Raramente ho veduto un giovane cantante così semplice e così imba razzato. Dopo i saluti, Ra mon Novarro ha anche can tato. Era necessario. La Dire-nfnnwM.r Ti*www»-itti--r ■■*-**» zione &e\YAlhambra lo aveva pagato al solo scopo di farlo cantare. La voce, di cui Ramon Novarro dispone, è una voce che avrebbe torto a rischiare il suo destino sul palcoscenico della Scala, ma si tratta in complesso di una voce abba stanza ben timbrata e che sfu ma graziosamente delle incom prensibili glicerine spagnuole. Tutte le donne ohe si trovavano nella sala gioivano. Poi Ramon Novarro cantò El RelicaHo, va le a dire quella romanza che da dieci anni Raquel Meller ripete a tu tti i pubblici del mondo e che è diventata insopportabile a forza di essere stata ascoltata, fischiettata e danzata. Ramón Novarro canta E l Relicario ve stito da toreador, perchè, cre do, desidera mostrare al pub blico che, in fatto di guardaro ba, non teme nessuno. L ’abito da toreador è mollo lusinghie ro per la bellezza di un uomo, come tutti sanno. Le signore, che erano nella sala, lanciaro no degli u rli di ammirazione e Ramón Novarro ferì qualche cuore di più. Poi Ramón Novarro fu bis sato, trissato. Ramón abbozza va dei graziosi gesti colla ma no e cantò, su richiesta, la illu stre romanza Canzone paga na. Come gli scherzi, anche le canzoni di Ramón Novarro so no delle cose magnifiche a pat to che non durino molto e che ad un dato momento la si smetta. Ramón Novarro deve cono scere a memoria la saggezza di questo luogo comune. Infatti, si ritirò dalla scena perfetta mente a tempo. Nessuno potè rimproverargli di non aver cantato abbastanza. Nessuno aveva cominciato a pensare che aveva cantato a sufficienza. I l suo camerino è assediato e vigilatissimo. Riesco tuttavia IDOLI DI STOPPA ad introdurmi, soprattutto gra. zie alla mia audacia. Ma per vedere da vicino come è fatto Ben Hur, un po’ di audacia ci vuole. Finalmente, eccomi davanti a Ben Hur o, più esattamente, davanti ad un giovanottino ve stito di grigio, chiuso in un so prabito color marrone e che porta in testa un berretto ba sco. Come vedete, tutto som mato, si tratta di un giovanotto che ha ricevuta una certa edu cazione. La conversazione è piuttosto laboriosa. Ramón Novarro par la abbastanza male il francese. In compenso, non lo capisce quasi affatto. E ¡mi, credo, che mi prenda per una di quelle scocciatoci che vanno a doman dargli se gli piace il rosso pel le labbra, se fuma le sigarette col bocchino di sughero e se gli piacciono gli abiti in fibra di legno. Tuttavia, in seguito alle mie domande, egli finisce col trova re il modo di dirm i che adora viaggiare, che preferisce canta re a cc girare » e che, se avrà successo, finirà col dedicarsi esclusivamente al bel canto. In semina, non si può fare nessun rimprovero a Ramón Novarro, perchè è di una bellezza fisica quasi perfetta e perchè ha l ’a ria di non essersi mai accorto di essere bello. Deve anche es sere buono. A guardarlo, riesce un po’ difficile immaginare che possa commettere una cattiva azione. Ma allora, direte voi, Ramón Novarro è un uomo perfetto? Probabilmente. Certo si è che, sebbene molto stanco, molto sudato e molto atteso, egli mi ha ricevuto lo stesso. Prega, poi, il suo segretario di darmi tutte le informazioni indispensabili, di cui avrò pro babilmente bisogno per scrive re il mio articolo. Vengo così a sapere in pochissimo tempo che Ramón Novarro é nato il 6 febbraio 1899 a Durango, nel Messico; che ha tredici fratel li; che la sua infanzia fu molto triste e che, fin dalla più tenera età, sentì ima voce interiore quasi irresistibile che lo chia mava verso il teatro. Tutto ciò, come vedete, è spaventosamen te originale. Dopo una multipla serie di avventure, Ramón Novarro si trovò, nel 1917, agli Stati Uni ti, dove cominciò ad essere ca meriere in un mediocre risto rante. Nello stesso tempo con tinuava a prendere delle lezio ni di canto. Poi girò il primo film , poi degli a ltri films, poi Ben Hur e poi vennero la glo ria e il denaro. Speriamo per lui che, insieme alla gloria e al denaro, gli sia caduta addosso anche la felicità. Le informazioni del segreta rio non si limitano a questo. Vengo ancora a sajiere che Ra món Novarro suona i l pianofor te ed il violino, che parla cor rentemente cinque lingue, ma non il francese (mi pare), è al to un metro e settanta e ama di uno stesso identico amore il tennis e il canottaggio. Finito. Impossibile sapere qualche al tra notizia. Fuori del teatro, davanti al la porticina d’ingresso degli ar. tisti, una folla compatta e ru morosa aspetta Ramón Novar ro. In mezzo a quella folla, non si trovano solamente i soliti ingenui che si accontentano di fare il coro negli entusiasmi contagiosi, ma vi sono anche molte persone di quelle che si credono molto furbe. Anche loro sono là, ad occhi spalan cati, davanti alla porticina degli artisti, e cercano di ve dere qualcosa nel buio e di for zare l ’enigma di un piccolo buco nero dal quale, forse, Ramón Novarro uscirà. L ’eroe tarda ad uscire. Le donne sono più che mai impa zienti e tutte dichiarano che, se il divo non esce al massimo fra un minuto, rinunceranno a tutto e se ne andranno a casa. Altre donne, invece, eoi volto illuminato da una specie di fer vore mistico, comprimono a stento i battiti del loro cuore. Aspettano l ’eletto che non sa prà mai il segreto del loro cuo re innamorato. G li agenti cercano di mante nere l ’ordine e di eliminare l ’assembramento. I l solito spi ritoso mormora : — Ma perchè state ad aspettarlo? Non sapete che è uscito da un’altra porta? I l più bello è che l ’informa zione dello spiritoso è esatta. Per modestia o piuttosto per stanchezza, Ramón Novarro ha preferito uscire da un’altra porta. La gente, delusa, stenta a credere ad una simile crudeltà. Tutti rimangono ad aspettare, come se non sapessero più dove andare. — Andiamo, mamma, vieni via... — s’impazienta una ra gazza sui quindici anni, tentan do invano di trascinare via sua madre. — Ah! Mi sarebbe tanto pia ciuto vederlo... E ’ così bello! — sospira la signora. — Ma non comprendi, mam ma, che tutto questo è rid i colo? Che l ’infinita saggezza delle fanciulle moderne riesca a l i berare il mondo dai diversi Ra món Novarro? w Ogni anno, dal o 1927, auspice la « Société Univeru selle du Théâ tre », alcuni uo mini illustri che si occupano di X teatro, cinemato grafia, radio, ecc. si riuniscono in una grande città europea e si scam Û biano delle idee in proposito. Questo anno, dal 12 al 17 giugno, il Congres Q so si è tenuto a Zurigo. Fra gli italiani, > erano presenti — naturalmente — Silvio d’Amico e «¿5 Anton Giulio Bra/ y gaglia. Durante una seduta pomeridiana fa un discorso d’Amico; Bragaglia — mal sopportando una laboriosa dige stione di ostriche — si addormenta. Ad un certo punto, qualcuno, con il vecchio ma sempre ottimo sistema della pedata sotto la tavola, cerca di scuo tere Bragaglia. infatti, Anton Giulio apre gli oc chi, vede d’Amico che parla, e immediatamente grida — tanto per essere sempre coerente: — Mi oppongo! Mi oppongo! Proprio in queiristante d’Amico perorava la causa di Bragaglia affinchè gli fosse affidata la regìa di un certo spettacolo internazionale. x Al medesimo Congresso, Anton Giulio Braga glia ha fatto un figurone. Una relazione morale sulla sua attività gli ha procurato un successo personale di primissimo ordine. — Ma adesso (gli lia detto poi Silvio d’Amico) auguriamoci che a nessuno salti in mente di ve nire a constatare « de visu » quello che hai rae. contato... Leo Gaietto, ovvero Galar, dopo il grande sue. cesso del «Trattato scomparso » in tutte le città italiane e la riduzione in film, con due edizioni — una italiana ed una francese —, è diventato molto ricco. Una sera, mentre pranzava nel suo appartamento, si accorse che nell’appartamento vicino era scoppiato un incendio. Gaietto con molto sangue freddo prese cappello e bastone e si avviò per uscire, ma prima volle avvertire la sua cuoca del pericolo sovrastante. — Rosa, lasciate subito la casa. C’è il fuoco. E la cuoca, una cocciutissima piemontese, ri. spose indispettita: —. Niente affatto, signore. Per lasciare la casa ho diritto agli otto giorni! Y Dino Falconi è stato in America e al ritorno descrive all’amico e collaboratore Oreste Biancoli le sue impressioni sull’altro continente. — Se vedessi che palazzi... che alberghi! Cin quanta, cento, duecento piani... — Ma no! — Ma sì! Figurati che io a New York avevo una stanza coiì in alto che quando suonavo il venerdì sera per chiamare il facchino, questi giungeva in camera mia lunedì mattina... ^ ^ 8 U J u U J ftsaggpi 43T Giovanni Tonelli incontra Massimo Unga retti e gli domanda: —. Ieri sera ci siamo visti al ristorante. Tu eri a tavola con l ’avvocato Tale. — Sì, sì, ero con lui. — E ho sentito che l ’avvocato ti raccontava delle storielle che non erano molto spiritose. — Infatti erano vecchie storielle fritte e ri fritte... — Beh, allora mi vuoi spiegare perchè tu dopo ogni storiella ridevi a crepapelle con le lagrime agli occhi? — Oh bella, perchè era lui che pagava il pranzo!... f i Adolfo Ile Riccardi entra in un negozio di specchi. — Vorrei uno specchio... Ne avete di quei buoni? — Buoni tutti come il pane! — Uno specchio che col tempo non si guasti? — Uno specchio eterno, garantito. — Ecco, bene! Perchè quarant’anni fa io com prai uno specchio che adesso deve essersi rovi nato: non mi riflette più la stessa fisionomia. Luigi Bonelli, il commediografo senese, au tore di a Rompicollo », nonostante la sua sorri dente placidità, sa spesso essere amabilmente feroce. Per esempio, una sera, si trovava nel camerino di Elsa Meilini con la quale conversava del passato, dei successi, e di varii ricordi teatrali. — Son passati parecchi anni da che ci cono sciamo, non è vero? — osservò Bonelli. — Eh sì, parecchi... — Scusate Elsa, quanti anni avete? — Che domande! Ho gli anni che dimostro!... — Ah, si? — esclamò Bonelli con finta sor presa. — Io vi credevo invece più giovane!... y A Siena c’è un piccolo cinematografo in cui si dà spettacolo soltanto la sera, una volta sola. Ci capitò una sera il maestro Giuseppe Pietri, autore di «Rompicollo » desideroso di vedere 11 film «Il Palio » di Blasetti. Dopo aver assistito breve tempo, Pietri si accorge che l’operatore fa girare il film con una lentenza irritante, sì che tutto è deformato nel suono e nell’azione. Volle rendersi ragione di questo fatto e difi lato si recò nella cabina dell’operatore. — Ma perchè fate girare il film con questa lentezza esasperante? — Che vuole, — rispose quegli — nei cinema tografi dove si fanno tre spettacoli al giorno è giusto che si sbrighino, ma in questo, dove se ne fa uno al giorno, non c’è motivo per affret. tarsi tanto!... x Mario Massa, in attesa di essere nominato gran camerlengo del teatro italiano per i suoi brillanti articoli teatrali sul «Tevere » si accon tenta di vivere come può. Giorni or sono, Massa ha cambiato di casa e ad Alberto Cecchi che domandava schiarimenti sulla nuova dimora, egli ha risposto: — Ho un’abitazione sontuosissima; figurati: camera da letto, sala da pranzo, studio e biblio teca, salotto, «fumatolo », cucina, bagno... — Un appartamento enorme per una persona sola... — Questo è niente: bisogna vedere poi come è disposto, con quale senso di utilità prati- termocauterio ca... Basti .dire che tutto ¡’appartamento è in una camera sola!... f Mario Massa, nonostante i lauti proventi delle sue commedie, ha ancora parecchi debiti. Beh, è forse un disonore? Li pagherà, non sa quando, ma li pagherà. Un suo amico giunto a Roma per la prima volta, s’era affidato a lui per visitare l ’Urbe e dopo alcuni giorni di permanenza se ne uscì con questa esclama zione: — Che immensa città!... — Sì, ma non troppo — sospirò Massa. — Per uno come me non è abbastanza vasta: si finisce sempre con rincontrare dei creditori! ■f Mario Massa è un entusiasta di Ruggero Ruggeri. Per la sua serata d’onore, l ’illustre attore avrebbe rappresentato «Più che l ’amore » e Mario Massa mo riva dalla voglia di andarlo a sentire, ma non essen dogli stato possibile ottenere un biglietto di favore, Massa era combattuto dal dilemma di impiegare le uniche dieci lire che possedeva nell’acquisto di un posto, oppure di pagarsi con quelle la cena. All’indomani, Conado d’Errico gli domandò: —>Beh, ieri sera che cosa hai fatto? Sei andato a teatro o a cena? — Caro mio, alla line... «più che l’amor potè il di. giuno! ». y Sapete perchè facciamo tutta questa pubblicità a Mario Massa? Perchè è l’unico che ci scrive tutti i giorni pregandoci di non nominarlo affinchè i creditori non lo ricordino. E’ mai possibile che per pochi soldi Mario Massa dovrà essere dimenticato? L’abbonamento costa poche lire.

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Il dramma : rivista mensile di commedie di grande successo. - Torino : Grandi firme, 1925-1992.

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