A N N O IX . N . 1ZS L û r c Î .J 1 À O 1» D I C E M B R I U S S - X I I CONTO CORRENTE POSTAIS I ! E D q u ù i(U « » a i« Ai c«w w «Ji« «U (Mr*nà« *«««««», Airmti» A» L U C IO R ID E N T I . ' IT R IC E . “ E E G ;; LaU V A A ¿ A tti I A B I M —= —~ — ^ F I R M E : ” » T O "-*i-jSS* R I N O P R E Z Z O DELLE S IG A R E T T E "L U C K Y S T R IK E E’ R IB A S S A T O S I G A R E T T E NO I ÀBB I AM O un solo ind rizzo Via Giacomo Bo ve, 2 - Tel. 53-050. L’ in d ir iz z o della tipografia, del qua le qualche distratto si serve sbaglian do, non ha nulla a che fare con la n o s tr a A m m in i s tr a z io n e N o n m ir ia m o M ir ia m o a lla E Vi LE G R A N D I f i r m e Q u in d ic in a le di novelle diretto da P 1 T I G R SL L 2 aHBMMHfflHBBHBHBBiH v o s tra b u o n v iv a R IC O R D IA M O 1 Le m e d e s im e c o rid iz io n i ed il re g a lo d e i q u a ttro ro m a n z i v a lg o n o p e r a l v o s e ro 9 3 c u o re in te llig e n z a CHE NEL 4 i nostri sommari continueranno a portare solo gran di firme, cioè i nomi dei nostri collaboratori la cui valutazione dell’ingegno e dell’opera è stata ricono sciuta dal pubblico. Ma poiché moltissimi lettori hanno anche compreso da otto anni che è inutile reoarsi dal giornalaio ogni quindici giorni per com perare la rivista — potendola ricevere a casa quat tro giorni prima che sia messa in vendita — e si so no abbonati, li invitiamo a perseverare in questa ottima abitudine e consigliamo gli altri di imitarli. I ventiquattro numeri di IL D R A M M A che compongono un anno, comperati ogni quindici gior ni dai giornalaio, costano 36 lire. ABBONARSI CO STA TRENTA LIRE. Chi manderà 30 lire alla nostra amministrazione entro il 31 DICEMBRE 1933 RI CEVERÀ’ IN REGALO QUATTRO ROMANZI POLI ZIESCHI scelti fra questi pubblicati nella nostra Col lezione CRIMEN: 1. J. J. RENAUD: La spilla vivente; 2. A. HQUGLARD: L’enigma delle nove dita; 3. H. V/ITHE: Gli occhi in agguato; 4. W. MORLEY: La morte apparente; 5. A. UPWARD: li club delle ma schere 6. ALLAN C. EDINGTON: Il delitto della Kox film; 7, J. S. FLETCHER: L’agente segreto; 8. EDGAR WALLACE: L’appartamento numero due; 9, J. BRIGGS MYERS: il rubino maledetto: 10. LOYS LESKOV:: Da venerdì a lunedi; 11. JESSEL BROWN: L’enigma dal le sette inchieste; 12. JAMES WHITNEY: La tragica nave; 13. CHARLES S, HOPPIN: Il giardino insangui nato; 14. L. WEISS-PAGE: La sconosciuta di Villa Ramblers; 15 SALLY DOOLEY: La cabina N. 19; 16. WILLIAM MORLEY: La morte del consigliere; 17. J. BRIGGS MYERS: Il delitto di mezzanotte; 18. ALLAN STONE: Il mistero del grattacielo; 9. HENRY WADE: il mistero della doppia morte; 20. ANTHONY BER KELEY: L’uomo dai capelli rossi. I vecchi e nuovi abbonati sono pregati di indicare i numeri dei fascicoli scelti e di rivolgersi alla AM. MiNISTRAZIONE, Via G. BOVE, 2 - TORINO. N E L P R O S S IM O c i a fd k n ■ t.~ M L <~ /~ \ f ì j s jy y /// // /ì li J v L ìr A I 1 /\| V I \ \ lls lf ’ Avventura fantastica in Sre affi di l L y iy Vi xmgaF ^ S p }m rr ( f / y \ J ffi [/ J p |M \ P U B B L IC H E R E M O e V '/ 2 J h f è tifar Hk y c > , ~VS J f f l m j M o N U M E R O ^ u i g i A N T O N i l L I R a p p re se n ta ta c o n g ra n d e s u c c e s s o da n u m e ro s e C o m p a g n ie e resa p iù c e *C^ re ’ in te r p r e ta z io n e A N T O N IO G AND USaO 1\ u / C^ @ cor9i*n ua a^ . a v e t’®B in \ \\\ \ \ \ \ Q u e sta c o m m e d ia è la n o na d e lla S e rie " G r a n d e L % 0 ; OC q d u ct*ce m 1 > re 1 9 3 3 » X I I j A i c p w l i j c r c v n W i n J k . d i c ^ s m c i i L L U U F F IC I. V IA UN FASCICOLO a W . 173 M C I O R I D E N T m & o U ^ u & j^ 'd ia , I G IA C O M O B O V E , 2 - T O R IN O L. 1,50 - A B B O N A M E N T O A N N U O L. SO C o f i e r t i n a L A U R A A D A M I E’ la più giovane attrice che abbia il nostro teatro, fra quelle giunte rapidamente in primo piano. Laura ÌO M E E S E T M A U & H A M Adani, che dichiara di avere un’ani ma candida, è nata, teatralmente, Ma scandalo M ackenzie alla scuola del delitto; per essere più precisi ha fatto il suo tirocinio nella Compagnia degli spettacoli gialli, con Caio, Ruffinì e Reila Sonora. Per molto tempo dunque è stata vittima dei più tremendi delitti, tutte le sere, per tre ore. Il pubblico sapeva be nissimo che se non fosse stato sco M A R I O 5 N X A G L IK T T A perto l’assassino dell’Adani, per nes suna ragione Calò — in veste di po G«re umorismi liziotto — avrebbe mandato a casa gli spettatori. Ma, quest’anno — dopo una paren tesi cinematografica — l’Adani ha cercato la via della saggezza artisti, ca e si è iscritta alla scuola di Renzo Ricci che, pur cosi giovane, è già un prezioso maestro. Sappiamo che Lau EUGENIO G EO VAN NETTI ra Adani è già primattrice, a vieen. da con la Montereggi, ma poiché è C inem a e c iv ilià intelligente non farà di questo ruolo cosi altisonante la sua ragione di di ritto. Per adesso, prima o seconda, piccola o grande, l’Adani dimostrerà di studiare e di ascoltare Ricci; più tardi si accorgerà di essere anche primattrice. E noi le auguriamo di sapersi meritare il gran dono che il fa, veramente, soltanto ai priJE A N B E S L S E R E teatro vilegiati che lo meritano. Coloro ohe Ma s ie lla d e ll’Opera per sola vanità ®i autopromuovono ogni anno mentre il pubblico li igno ra, non hanno nulla a che fare col palcoscenico: servono soltanto allo loro illusioni. L U C IO D 'A M B R A si Re F ilip p i ETTORE P IE R G IO V A N N I iSlavanjii a l m icrofono A P O L L O & u i £>i* e N I T E R M O C A U T E R IO ¿macedonia d’im p e riin e n x e La nostra copertina è stata eseguita col nuovo sistema TIPOCALCON dalla Zincografia CONFALONIERI di Torino, Via Vincenzo Monti, 11 I O S C À N D A L O M À C K E N Z I E C o m m e d ia m q u a d r o aîfîi d i W . M S O M U G A E R S E T H A RAPPRESENTATA GRANDE L P A M CON SUCCESSO M B I C A E S R T S DA O O LO SCANDALO MACKENZIE Carbery — Ma non avevate alcuna idea che si trovasse veramente in difficoltà? 2&&«a.clìfi.e*ftXfi.e B>¿cjk r Lady Kelsey — Egli venne a trovarmi, po I»*>. ^.uÍA3í5ií5tó'3EU v S^£° 'S&.o'bex'á E^oftal^er', Ibaspcj- chi giorni prima, e mi disse che aveva bisogno a*eíí¿<3 ir Gretc?a*^e ^LlXesfif^sra SB. Rcv. immediato di tremila sterline. Tante volte gli Caarbespy r IX €.ap-£¿.a*£Ci M[all£»»s r inaile*» y avevo dato del denaro e tu tti continuavano a Cbasrles r L ad y K.else y + Mffs. CsPcJBvley *■ dirmi che ero sciocca e che non gliene avrei dovuto più dare. Dopo tutto, bisogna bene che Lmcv A-Mesráos» qualcuno si occupi dei suoi figli, e, se non stessi un po’ attenta, Giorg e Lusi finirebbero I p*?65£*&"£ e le ja&fiGoXe ísíper trovarsi, alla mia morte, senza un centesimo. ^lesÁ £3Benissimo, vado subito. Dick — Debbo andare anch’io, Alee? Alec — No, puoi rimanere. Ma non aprir bocca finché non sarai interrogato. ( Il dottor Adamson esce dalla tenda). George •—- Sono veramente addolorato della sciocchezza commessa poco fa. Sono contento di non aveivi colpito. Alec — Non ha nessuna importanza. Me ne ero già dimenticato completamente. George —• Avevo perduto la testa, non sapevo quello che facevo. Alec — V ’ho detto che la cosa non ha im portanza, non c’è bisogno che ve ne preoccu piate. In Africa anche alle persone più forti ed equilibrate può capitare talvolta di eccitarsi e perdere il controllo dei propri nervi. (Alec riac cende la pipa. Segue una breve pausa). ^ Alec — Sapevate che prima di partire dal l ’Inghilterra cniesi a Lusi di essere mia moglie? George — Sapevo che la amavate. Alec — Essa m i chiese di condurvi qui con me nella speranza che voi restituiste l ’onore e il buon nome alla vostra famiglia. E ’ la cosa che più le sta a cuore, sopra ogni altra al mondo. Forse è altrettanto grande che i l suo affetto per voi. Mi sembra che fino a questo momento la cosa non abbia avuto successo, no? George —- Lusi avrebbe dovuto sapere che non ero adatto per questo genere di vita. Alec — M i sono accorto subito che eravate debole e irresoluto. Ma speravo ciononostante di poter riuscire a fare un uomo di voi. Le vo stre intenzioni sembravano buone, ma non ave te mai avuto la forza di portarle a compimen to... Scusatemi se vi faccio una predica. George (amaramente) — Credete forse che oramai mi importi più di qualunque cosa che mi si dica? Alec (serio, ma con tono gentile) — Più tar di m i accorsi che avevate anche il vizio di bere. Vi avvertii subito che non c’è fibra d’uomo che possa resistere agli effetti dell’alcool in questo Lo SCANDALO mackènzie clima, e voi mi deste la vostra narola d’onore che non. avreste più bevuto una sola goccia d’al cool. George — Sì, ma non mantenni. Non fui ca pace di resistere, la tentazione fu più forte di me. Alec — Quando arrivammo alla stazione di Muneas voi e Masinneri vi ubriacaste come dei negri, e tutto i l campo vi vide. Avrei dovuto r i mandarvi indietro allora, ma sapevo che questo avrebbe spezzato i l cuore a Lusi. George — La colpa fu di Masinneri. Alec — Fu appunto perchè pensai che la colpa fosse sua che lo rimandai alia costa solo. Volevo darvi ancora una opportunità per farvi onore. Immaginai che forse il senso di autorità e di responsabilità avrebbe avuto qualche effet to su voi, e, per questo, quando giungemmo al lago, vi lasciai a comandare il posto di guardia dei traghetto. Lasciai in custodia a voi la parte principale dei rifornimenti della spedizione e continuai la marcia. Credo che non sia neces sario ricordarvi quello che avvenne allora. ( George guarda in terra mortificato, ed in mancanza di scuse conserva il silenzio). Alec — Così dovetti necessariamente conclu dere che non c’era nulla da fare con voi. Mi sembraste marcio fino al midollo delle ossa. George (con una risatina ironica e amara) — Proprio come mio padre! Alec —1Non potevo prestar fede neppure ad una sola vostra parola. Avevate fatto proprio tutto quello che non avreste dovuto. I l risul tato fu che tu tti i portatori si ammutinarono, e, se non fossi tornato a tempo, essi vi avrebbero ucciso e avrebbero saccheggiato i magazzini. George — Voi ini incoipate sempre, appena succede qualche guaio. Uno non può rispondere di quello che fa quando delira per la febbre. Alec — Oramai era troppo tardi per riman darvi indietro, e, così, fui costretto a portarvi con me. Ora siamo alla fine. La morte di quella donna per causa vostra ci ha messi tutti in un pericolo mortale. A vostro carico sta già la mor te di Riciardson e di una ventina di indigeni. Alcune delle tribù che ci erano amiche sono passate dalla parte degli Àrabi, e mai come in questo momento corriamo pericolo di venir tut ti annientati. George •—. E che cosa avete deciso di fare? Alec — Siamo molto lontani dalla costa, ed io debbo necessariamente sostituirmi alla legge. George (con un sussulto) — Voi non mi uc ciderete? Alec — Amate molto vostra sorella? George — Voi lo sapete bene. Perchè ricor darmi questo, ora? So di aver causato ogni sor ta di malanni, e sarà meglio che mi tolga di mezzo. Pensate però anche voi al dolore che ne avrà Lusi. Ne morirà... E dire che essa aveva rtMMM»***»*»**»*********1**** *****ifrMJafc&OMut&aiasa» concentrato tutte le sue ultime speranze su di me. Alec — Ascoltatemi bene, George. La nostra unica speranza di salvezza è in una mossa ra pidissima, attaccando gli Arabi aU’improvviso, prima che le tribù indigene abbiano avuto i l tempo di congiungersi con loro. Saremo ugual mente soverchiati nel numero, purtuttavia è possibile che riusciamo ad aprirci la strada ver so la salvezza se agiremo questa notte stessa. I l mio piano è questo: noi ci metteremo ili mar cia come se non sapessimo che i Turkana stan no per schierarsi contro di noi. Dopo circa un’ora di marcia tutti i bianchi, meno uno, e gli Suahili di cui so di potermi fidare, prende ranno nascostamente una scorciatoia. Gli arabi verranno naturalmente avvertiti della nostra partenza, e quasi certamente cercheranno di ta gliarci la strada alla gola dei monti, ma non si aspetteranno di vederci arrivare così presto. Così noi piomberemo loro addosso prima che abbiano ayuto i l tempo eh disporsi per il com battimento. Capite? George —■Sì. Alec — Ora occorre un bianco che guidi i Tur-kana. Quest’uomo correrà il maggior peri colo. Andrei io stesso, ma gli Suahili si rifiu tano di combattere se non sono io a comandarli. Siete disposto a prendere voi i l comando dei Turkana? George — Io? Alec — Pensate bene che potrei ordinarvelo, ma rimpresa è troppo rischiosa perchè mi sen ta autorizzato ad imporla a chicchessia. Se voi vi rifiutate, riunirò tutti gli altri bianchi e chie derò che qualcuno si offra spontaneamente. In tal caso però, vi lascerò al vostro destino, e do vrete cercare da voi la strada per tornare alla costa, coi vostri soli mezzi. George — No, no, sono pronto a tutto pur che voi mi risparmiate questa vergogna. Alec — Non vi nascondo che la cosa signi fica correre incontro a morte quasi certa. Ma non c’è altra via di scampo. D’altro canto se conserverete tutta la vostra presenza di spirito e i l vostro coraggio al momento in cui gli Arabi attaccheranno ed i Turkana si accorgeranno che noi ce la siamo svignata, può darsi che riu sciate a salvarvi. Se vi riuscirete, vi prometto che nessuno farà parola mai più di quello che è stato. George •— Va bene, accetto. E sinceramente vi ringrazio di tutto cuore per avermi offerto una ultima occasione per redimere le mie colpe pas sate. Alec -—■Giorg, sono lieto che abbiate accet tato. Qualunque sia per essere i l risultato della impresa a cui vi accingete, avete fatto un’a zione eroica ed ammirevole almeno tuta volta durante la vostra vita. (Porge la destra a George W. somerset MAUGÌÌAM che gliela stringe). Credo che non ci sia più nuila da dire. Siate pronto a partire tra mez z'ora. Eccovi la rivoltella. Non dimentcate che v manca un colpo. Farete bene a ricaricarla. George -— Non dubitate, lo farò. (Esce). Dick — Credi che vi sia per lu i qualche prò. ¡labilità di salvarsi? Alec — Se avrà coraggio può darsi che ce la faccia. Dick — Bene. Alec — Domani sapremo se almeno possie de l ’unica dote dei farabutti: i l coraggio. Dick — E se non l ’ha... è alla morte che tu lo mandi? Alec — Sì, alla morte. Carbery (suggerendole la parola) — ...valu te fuori... Lady Kelsey — ... sì, venute fuori proprio lo stesso giorno in cui ero finalmente riuscita a indurre Lu&i a comparire nuovamente in socie tà. Vorrei che Dick fosse già qui. Boulger — Già, lu i potrebbe dirci qualche cosa di sicuro. Mrs. Crowley — Siete certa che verrà? Carbery — Dappertutto oggi non si parlava che di Machenzi e debbo confessare che non ho inteso neppure uno dirne bene. Boulger (aspro) — « Les dieux s’en vont! ». Carbery *— Permettete che fumi una siga retta ? Mrs. Crowley — Ma certamente, caro reve F IN E d “Ì L S E C O N D O A IT O rendo. E se proprio insistete tanto, ne fumerò una anch’io. /tSÈÈh Ehi fumoir in casa di Lady KelBoulger — Non insistete, vi prego. Ne ho sey. Attraverso un arco esso comu- fumate già troppe. jjm I | nica con un salotto situato in fonMrs. Crowley — Ebbene, sono disposta a OH g| P—* do. A destra si apre una porta a rinunciare alla insistenza, ma non alla siga I g I vetri che dà sul giardino. Da una retta. ■V J parte è un divano, dall’altra un Carbery (porgendole la scatola delle sigaret A tavolo con sopra delle scatole di te, quindi offrendole il fuoco) — Voi sapete che s K J R 8 sigarette, fiammiferi, alcune bot- questo è contrario ai miei princìpi. fi|if H I tiglie di wisky, dei sifoni di sèltz Mrs. Crowley — A che cosa servono i prin 89 ™ | cd altro. E ’ notte. cipi, caro reverendo, se non a dare una deli J (In casa di Lady Kelsey si svol- ziosa sensazione di peccato quando non si r i ^ ~ g e un ballo. Mentre si alza il si spettano ? pario si ode lontano, proveniente dal salone da (Entra Dick, mentre Mrs. Crowley parla). ballo, il suono di un’orchestrina jazz. Mrs. Dick — Mia cara signora, voi siete epigram Crowley e Sir Robert Boulger sono seduti sul matica quanto un drammaturgo. Queste cose le divano. Lady Kelsey entra seguita dal reveren dite spontaneamente o per necessità? do James Carbery). Lady Kelsey — Dick! Boulger — Dick! Lady Kelsey — Oli, che birbanti, perchè Mrs. Crowley — Mista Lomas! non siete a ballare? Non dovreste starvene qtii Carbery — Ah! (Tutte e quattro le esclama nascosti. zioni sono simultanee). Mrs. Crowley — Pensavamo che nessuno ci Dick — L ’entusiasmo da voi tu tti dimostrato avrebbe scovati qui. Ma perchè avete lasciato i per il mio arrivo è altrettanto lusinghiero per rostri invitati? me, quanto inaspettato. Lady Kelsey — Ho lavorato fino a questo Lady Kelsey — Ah, sono così felice che sia momento per metterli tu tti a posto. Ora tutte te finalmente venuto. Ora potremo almeno co le coppie di ballerini sono formate e le danze noscere la verità. fervono. Così sono finalmente libera di conce Boulger (con impazienza) — Dunque? dermi cinque minuti di riposo. Voi non imma Dick — Dunque che? Cari miei, non vi ca ginate neppure su quali spine sia stata per tut pisco. Diche cosa state parlando? ta la sera. Boulger — Oh, andiamo, non fate l ’indiano! Mrs. Crowley — Oh, Dio mio, e perchè? Mrs. Crowley — Possibile che non abbiate Lady Kelsey — Ho ima gran paura che ven letto il Tairns di questa mattina ! ? ga anche Alec Machenzi. Dtcic — Ma se sono tornato soltanto stasera Boulger — Se è questo che vi fa stare in da Parigi! Del resto non leggo mai i giornali, pensiero, zia, potete tranquillizzarvi. Credo altro che nel mese di agosto. site non avrà l ’audacia di mostrarsi in casa vo Mrs. Crowley (inarcando i sopraccigli) — stra. Proprio quando nei giornali non c’è nulla da Lady Kelsey — Che cosa avrei dovuto fare? leggere ? Rimandare il ballo oramai non era più possi Dick — Perdonatemi, signora, ma siete in bile. E ’ stato un vero guaio che quelle orribi errore. Sono uno studioso attentissimo ed un li rivelazioni siano... seguace fedele del serpente di mare, ed è sol- LO SCANDALO MACKENZIE tanto in quel mese die trovo nei giornali delle notizie sul solo argomento che mi interessa. Lady Kelsey — Oh, Dick, la situazione è veramente terribile. Avessi almeno i l coraggio di scrivere a Mista Machenzi per pregarlo di non venire. Ma da quando siete tornati dal l’A frica, un mese fa, egli è stato in casa mia qua si ogni giorno. Ed è sempre stato così buono e gentile con noi, che non posso assolutamente trattarlo come se non vi fosse più alcun dubbio sulla sua colpa. Boulger — Non vi può essere il minimo dub bio, zia. Per Giove, provo una voglia matta di prenderlo a pedate. Dick — Caro mio, Alee è un uomo tutto muscoli e per di più ha una taglia almeno il doppio della vostra. Perciò vi consiglio, per il vostro bene, di non provarvici. Boulger — Avevo avuto un invito a cena da lu i per questa sera, ma me ne sono liberato telegrafandogli che stavo poco bene. Lady Kelsey — Che dirà se ti trova qui? Boulger — E ’ padronissimo di pensare quel lo che più gli piace. Me ne infischio! Lady Kelsey — Speriamo almeno che abbia i l buon senso di non farsi vedere qui stasera. Carbery — Ormai potete stare tranquilla, Lèdi Chélsi; è già tardi, non verrà più. Dick — C’è qualcuno tra voi che vuole ave re la bontà di spiegarmi di che si tratta? Mrs. Crowley — Ci volete proprio far cre dere che non sapete nulla? Seriamente? Ma se eravate con lu i! Lady Kelsey — Mio caro Dick, nel Taims di stamane c’è un violentissimo attacco contro di lu i, due colonne piene di o rrib ili accuse. (Dick resta un po’ sorpreso, ma si riprende prontamente). Dick ■ — Ma è naturale, è soltanto la reazio ne! Non ha importanza. Dal giorno del suo r i torno a Mombasa, dopo tre anni passati nel cuore dell’Africa, i l suo viaggio di ritorno non è stato che una marcia trionfale. Naturalmen te non poteva durare così. La reazione, prima o dopo, bisogna aspettarsela. Boulger — L ’articolo è a firma di un certo Masìnneri. (Lo guarda fisso). Dick (calmo) — Alee trovò questo Masìnneri mezzo morto di fame a Mombasa e lo prese con sè per puro spirito di carità cristiana. Ma era un volgarissimo farabutto, un delinquente della peggiore specie, tanto che, poco dopo, Alee fu costretto a rimandarlo indietro. Boulger — Ma egli dà le prove della verità di tutto quanto scrive! D ick — Ogni qualvolta un valoroso esplora tore torna in patria dopo aver dato eccezionali prove della sua bravura e della sua audacia, c’è sempre qualcuno pronto a diffamarlo, a rac contare sul suo conto le peggiori storie imma- ginabili. La gente sembra dimenticare con trop pa facilità che le foreste tropicali non sono il posto adatto per usare i guanti bianchi e si la scia prendere da una santa indignazione quan do viene a sapere che qualcuno ha usato un po’ di forza bruta per farsi rispettare. Lady Kelsey — Ma non si tratta di questo. La cosa è molto più grave. Innanzi tutto la mor te del povero padre di Lusi... Dick — Ma vi pare che quella sia una di sgrazia irreparabile? Credo che tutti, a ll’una nimità, siano stati d’accordo nel considerare la dipartita di quel gentiluomo come una felice liberazione. Lady Kelsey — Cionondimeno, la sua morte afflisse terribilmente la povera Lusi. Essa ne soffrì profondamente, e, proprio quando sem brava sul punto di riacquistare un po’ di tran quillità e di felicità, giunse la notizia della morte di suo fratello. Dick (bruscamente, a Mrs. Crowley) — Co sa vuol dire esattamente tutto questo discorso? Mrs. Crowley — La sostanza è questa: Machenzi è stato la causa della morte del povero Giorg Allerton. Dick — I l fratello di Lusi venne ucciso in battaglia dai mercanti di schiavi. Boulger —• Machenzi lo mandò a morte cer ta, facendolo cadere in un vile tranello per sal vare la sua sudicia pelle. Lady Kelsey — E il peggio di tutto ciò è che Lusi ama Machenzi. (A queste parole di Lady Kelsey, Boulger ha un piccolo moto di rabbia. Tutti tacciono per un istante, imbarazzati). Carbery — L ’ho incontrato questa sera in Piccadilli, e iper poco non gli cadevo tra le braccia. M i sono sentito molto a disagio in quel momento. Dick (freddissimo) — Perchè? Carbery — Perchè non avevo nessun deside rio di stringergli la mano. E’ nè più nè meno che un assassino. Boulger (furioso) — E ’ molto peggio di un assassino, dieci volte peggio. Lady Kelsey — Per amor del cielo, mi rac comando, se per caso egli dovesse capitare qui questa sera siate gentili con lui. Carbery — V i confesso che proprio non mi sento la forza di stringergli La mano. Dick (glaciale) — Non credete che sarebbe meglio aspettare di avere le prove prima di condannarlo ? Boulcer •—■Ma, caro mio, la lettera pubbli cata dal Taims è chiara ed esplicita e non vi può essere alcun dubbio. D’altronde alcuni giornalisti hanno cercato di intervistarlo ed egli s’è recisamente rifiutato di riceverli. Questo non fa che confermare le accuse contenute nella let tera, se pure ce n’era bisogno. W. SOMERSET MAUGHAM Dick -— Cosa ne pensa Lusi di tutto questo? M i sembra che, dopo tutto, sia lei la persona più direttamente interessata. Lady Kelsey — La poverina non sa ancora nulla. Ho avuto cura di non farle vedere i gior. nali. Non volevo che ne fosse turbata: ci tene vo elle potesse divertirsi un poco questa sera. Mrs. Crowley — Attenzione, eccola che viene. (Lucy entra). Lady Kelsey (le sorride e le porge la mano) — Ebbene cara, come stai? Lucy (va vicino a Lady Kelsey) — Zia cara, non vi siete affaticata troppo? Lady Kelsey — No, cara. Ora poi, posso r i posarmi un poco. Non credo che verrà più nes suno. Lucy (gaiamente) —■Oh, donna smemorata, avete dimenticato l ’ospite d’onore della serata? Lady Kelsey — Machenzi? Lucy (curvandosi su di lei) — Siete stata ve ramente buona, zia, a nascondermi quel gior nale stamane. Lady Kelsey (sorpresa) —. Dio mio, -hai let to quella lettera? Ed io che volevo che tu non sapessi nulla fino a domattina! Lucy — Mista Machenzi, molto giustamente, ha creduto che io dovessi essere immediatamen te informata di ciò che si dice di lu i e del mio povero fratello. E per questo mi ha fatto avere egli stesso- una copia del giornale, questa sera. Boulger — V i ha -scritto? Lucy — No, i l giornale era accompagnato da un biglietto sul quale aveva scritto in fretta po che parole : « Penso che sia bene che voi leg giate questo », e n u ll’altro. Boulger — Ne ha della sfacciataggine! Lady Kelsey — E che pensate di quella let tera, Lusi? Lucy (con fierezza) — Non credo neppure una parola di quanto vi è scritto. Boulger (con amarezza) — Dovete essere ac cecata dal vostro... dalla vostra amicizia per Alee Machenzi. Non ho mai letto nulla di più convincente. Lucy — Non potrei crederlo colpevole di un delitto così odioso neppure se me lo confes sasse con le sue stesse labbra. Boulger — Oh, -potete star certa che non lo farà mai! D ick — Vi ho -mai raccontato la storia di co me feci amicizia con Alee? In mezzo all’Ocea no, su mi transatlantico, a 300 miglia -di distan za dalla costa. Mrs. Crowley —• Oh, che luogo ridicolo per una presentazione ! Dick —- A quei tempi ero un giovane imbe cille e spesso mi piaceva di alzare un po’ trop po i l gomito. E fu precisamente in una -di que ste occasioni che, mentre camminavo sul ponte, non essendo troppo bene in gambe, caddi e ruz zolai giù dal vapore in acqua. Alee che vide la scena, prontamente si gettò in mare e mi rag giunse proprio nel momento in cui stavo per annegare. Fu una cosa temeraria, da parte sua, e ci mancò poco che non s’annegasse lui, invece di trarre a salvamento me. Lucy — Non è i l solo atto eroico da lu i com piuto. Dick — No, certo. Perchè ha la mania di ar rischiare la propria vita per salvare quella di persone in u tili e magari dannose. Ma la cosa più curiosa è che, dal giorno in cui mi salvò, -egli ha sempre professato -per me una assurda gratitudine, quasi -credesse che avessi voluto ren dergli un servizio buttandomi apposta in acqua per dargli occasione -di ripescarmi Lucy (guardando a lungo Dick) — E’ stato molto carino e generoso il raccontarci questa avventura, Dick! (Entra il maggiordomo e annunzia Mackenzie). Maggiordomo — Mista Machenzi. Alec (tranquillamente) — Sapevo che vi avrei trovata qui, Lèdi Chélsi. Ledy Kelsey (stringendogli la mano) — Co me state? Stavamo appunto parlando di voi. Alec — Davvero? Lady Kelsey —- Si era fatto così tardi che te mevamo non veniste più. Ne sarei stata vera mente dolente. Alec — Ciò è molto gentile da parte vostra. Lèdi Chélsi. Ho fatto un po’ tardi al Traveìlers Cleb, assorto nella lettura davvero interessante di certi apprezzamenti sulla mia persona. Lady Kelsey (un po’ imbarazzata) — Già, ho inteso dire che si parla di voi sui giornali. Alec — Abbondantemente. Davvero non -avrei mai immaginato che la gente si interes sasse tanto di me. Lady Kelsey -—-V i ringrazio di essere venuto questa sera, tanto più perchè sono sicura che voi aborrite le danze. Alec — Anzi, mi interessano enormemente. Ricorderò sempre il ballo dato in mio ouore da uno dei sovrani dell’Uganda. Vi presero parte diecimila guerrieri, in perfetto assetto di guer ra, tutti con i l corpo fantasticamente dipinto a vivissimi colori. Era uno spettacolo molto im pressionante. Dick — Amico mio, se la pittura è per te l ’attrattiva principale, non occorre che tu vada più lontano di Meifea, Alec (fingendo di essersi soltanto in questo momento accorto della presenza di Boulger) —■ Ah, -c’è anche il mio giovane amico Bobbi. Cre devo che aveste mal di capo. Lady Kelsey (pronta) — Temo che Bobbi faccia una vita un po’ troppo dissipata. Da qualche tempo non sta più bene. LO SCANDALO MACKENZIE Alec (scherzoso) — Non dovreste far troppo stibile di vedere Lttsì. Avevo passato tutta la tardi la notte, giovanotto. Alla vostra età oc giornata in campagna e non sapevo nulla della corre dormire un numero d’ore sufficiente se si lettera di Masìnneri, fino al momento in cui non ho visto i manifesti dei giornali alla sta vuol conservare la propria freschezza. Boulger — V i ringrazio per l ’interesse che zione. Dick — Pare che Masìnneri abbia intenzione dimostrate per la mia salute. Fortunatamente di crearti dei seri imbarazzi. i l mal di capo m ’è passato. Alec (con un sorriso) — Fa un grosso sbaglio, Alec — Ne sono lieto. Che specifico adope caro Dick, che ne dici? Avrei dovuto buttarlo rate : piramidone ? nel fiume, dopo quello che aveva commesso, Boulger — E ’ passato da sè, dopo cena. Alec (sorridendo) — E naturalmente avete invece di accontentarmi di rimandarlo soltanto voluto far cosa gradita alle signore venendo al indietro. Dick — E adesso, che hai intenzione di fare? bajlo di Lèdi Chélsi. Ecco un pensiero vera Alec — Non è una cosa facile scolparsi a spe mente gentile e delicato. Chissà come sareb bero rimaste disilluse, poverine, se non foste se di un morto. La terra ricopre ormai tu tti i venuto! (Si volge a Lucy e le porge la, destra. suoi peccati, i suoi delitti e le sue debolezze. Dick — Che vuoi dire? Intendi forse tacere Ambedue si fissano negli occhi, quindi Lucy gli stringe la mano) V i ho mandato un giornale, e star fermo lasciando che gli altri t i gettino in volto delle manate idi fango? stasera. Lo avete ricevuto? Alec —- Dopo la morte di Giorg scrissi a Lusi Lucy — Sì, grazie. Siete stato molto gentile. (¡1 Reverendo Carbery si avanza verso Lucy dicendole che suo fratello era morto da valo roso. Non posso adesso gridare ai quattro venti e le offre i l braccio). Carbery —• Credo che questa danza sia la che egli fu invece fino alla morte un vile ed un farabutto. Non posso rimestare nelle acque del mia, Miss Allerton. Permettete? Alec — Oh, guarda, c’è anche il reverendo passato e riportare a galla i l fallo di suo padre. Dick (impaziente) ■ —* Ma tutto ciò è assoluta, Càrheri. Credo di avervi veduto poco fa in Piccadilli. Correvate come una giovane gazzella. mente, ridicolmente sentimentale. Alec — Non lo è. T i dico che non posso fare Non avrei mai immaginato che foste così agile altrimenti. Mi trovo legato mani e piedi. Lusi e svelto. mi ha parlato più d’una volta della morte di Carbery — Non v’ho veduto. Alec —• Ho osservato infatti che eravate pro suo fratello, e l ’unica cosa che le ha dato un po’ fondamente assorto nella contemplazione delle di consolazione è stato il pensiero che, in certo vetrine, mentre vi passavo vicino. Come state? qual modo, egli ha restituito l ’onore al nome (Gli porge la destra; Carbery ha un attimo di della famiglia macchiato dal ¡padre. Come posso esitazione, vorrebbe fare a meno di stringerla. avere i l coraggio di toglierle anche quest’ultima Ma lo sguardo penetrante di Alec lo costringe a illusione? Ella aveva riposto tutte le sue speranze in lui. Come potrebbe continuare a soste farlo). nere gli sguardi del mondo se sapesse che anche Carbery — Bene, grazie, e voi? Alec (con un sorriso un po’ ironico) — Sono suo fratello era marcio fino al midollo, marcio come suo padre? felicissimo di rivedervi, caro Reverendo. Dick —- Certo, la situazione è imbrogliata. (Dick ha una■risata soffocata, che tutti sento Alec — D’altronde, a conti fatti, il ragazzo no. Carbery, tutto rosso ritira la mano con stiz za. Torna presso Lucy e nuovamente le porge morì effettivamente da coraggioso. Non credi che questo dovrebbe contare? No, no, ti r i il braccio). Boulger (a Mrs. Crowley) —- Volete tornare peto, non posso rivelarlo adesso. Non avrei più pace, non saprei perdonarmi una debolezza nel salone? Mrs Crowley — Sì, vi prego, accompagna simile. Ed amo troppo Lusi per darle un tale dolore. temi. Dick — E se il tacere ti farà perdere il suo Lady Kelsey — Venite anche voi, Machenzi? Alec — Se permettete, vorrei restar qui a fu amore? Alec — Conosco troppo bene Lusi, e so che mare una sigaretta in compagnia di Dick. Voi piuttosto può fare a meno dell’amore che della sapete che non sono un ballerino. propria dignità. Lady Kelsey •—■ Come volete. (Luey rientra accompagnata da Mrs. Crow (T utti escono, meno Alec e Dick). Dick — Avrai indovinato che stavano tutti ley). Lucy — Ho congedato il mio cavaliere, poi implorando la Provvidenza perchè ti mandasse l ’ispirazione di startene lontano questa sera? ché desideravo poter parlare un poco libera Alec (coji un sorrìso) — Ti confesso che ne mente con voi. Dick — Valete che conduca Miissis Croili in ho avuto i l sospetto. Ed in realtà non sarei ve nuto, se non avessi avuto un desiderio irresi un angolo appartato? W. SOMERSET MAUGHAM Lucy «** No, non occorre, non abbiamo nulla da dirci che voi non possiate ascoltare. Voi e Nelli sapete che siamo fidanzati. (Ad Alee) Alec, voglio che facciate un ballo con me. Alec •—■Siete troppo buona, Lusi. Mrs. Crowley — Non credete che sia poco opportuno, Lusi? Lucy (Ad Alee) — Voglio mostrare ,a tutti che non dubito neppure che voi possiate essere colpevole di un delitto così odioso. Alec — Hanno detto delle cose te rrib ili sul mio conto, nevvero? Lucy — Non a me. Volevano anzi nasconder mele, ma indovinavo quello che si diceva. Alec — V i abituerete presto a sentire di me le cose più scandalose. Credo che anch’io, del resto, m i ci abituerò. Lucy —- Oh, come li odio tu tti quanti ! Alec — No, Lusi, non è questo che m i preoc cupa. Quello che mi tormenta è che mentre era così facile disprezzare le loro lodi, ora non pos so disprezzare altrettanto facilmente le loro calunnie. Mrs. Crowley (con un sorriiso) — Ali, final mente comincio a credere che vi sia gualche barlume di umanità anche in voi! Lucy — Quando vi ho visto entrare questa sera, così calmo e padrone di voi stesso, vi ho sinceramente ammirato, come inai prima. Alec — Oh, è abbastanza facile poter coman dare ai muscoli della propria faccia. Questa è una delle prime cose che ho appreso in Africa, poiché tante volte la mia vita dipese soltanto dalla espressione del mio volto. Bastava far scorgere che avevo paura e sarebbe stata la fine. Ma in cuor mio... Non avrei mai immaginato che avrei potuto sentire tanta amarezza dentro di me. E dire che, in fondo, ciò che m ’interessa è soltanto quello che voi pensate di me. Lucy — Ho avuto implicitamente fiducia in voi dal primo giorno che vi ho veduto. Alec — Vi ringrazio. E ’ questa la prima volta che ho provato il bisogno di sentirmi assicurare da voi che avete fiducia in me. E tuttavia provo vergogna di aver provato questa necessità. Lucy — Suvvia, non siate troppo severo con voi stesso. Avete terribilmente paura di lasciar scorgere la vostra bontà. Alec — I l solo modo per essere veramente forti è di non arrendersi mai alle proprie de bolezze. La forza è, dopo tutto, semplicemente una abitudine come un’altra. Vorrei che anche voi aveste questa forza, che non dubitaste mai di me qualunque cosa possiate sentir dire. Lucy — Vi affidai mio fratello e vi dissi che se fosse morto da valoroso non avrei chiesto altro. Alec — E ’ bene che sappiate ohe sono ve nuto nella decisione di non rispondere alle ac cuse che mi sono state fatte. (Vi è una breve pausa, durante la quale Alee guarda fissamente Lucy). Mrs. Crowley — Ma perchè? Alec (A Lucy) •—■ V i giuro sul mio onore, Lusi, che non ho fatto nulla di cui mi penta. Ho la coscienza di avere agito rettamente nei riguardi del povero Giorg, e vi garantisco che se dovessi una seconda volta trovarmi nella me desima situazione non agirei diversamente di come ho agito. Lucy — Alee, mi fido completamente di voi. Alec — Durante tutto quel tempo i miei pensieri sono stati sempre rivolti a voi, e tutto quello che feci fu per il vostro bene. Ogni sin golo atto da me compiuto, durante i quattro an ni die sono rimasto in Africa, posso giurarvi che fu sempre ispirato al mio profondo amore per voi. Lucy — E dovete continuare ad amarmi sem pre, Alec, perchè ora non mi restate che voi soltanto. (Alee si inchina, e le bacia devotamen te la mano) Venite. (Egli le offre il braccio, ed ambedue escono). Mrs. Crowley — Mi sento una gran voglia di piangere. Dick — Davvero? Ebbene, anch’io. Mrs. Crowley — Non fate lo scemo. Dick —■A proposito, non vorreste mica bal lare con me? Mrs. Crowley — No di certo. Siete un pes simo ballerino. Dick — Siete molto gentile a dirmelo con tanta franchezza. Così mi togliete subito dall ’imbarazzo. Mrs. Crowley" — Venite qui, sul divano, vi cino a ime, e discorriamo seriamente. Dick — Ahi ! Adesso volete civettare con me, Missis Croli. Mrs. Crowley — Santo Cielo, che cosa ve lo fa pensare? Dick — Perchè è precisamente quello che la donna intende quando dice ad un uomo di parlare seriamente. Mrs. Crowley — Non posso soffrire gli uo mini che immaginano che tutte le donne siano innamorate di loro. Dick —>Ma niente affatto : io non m ’immagi no mica che le donne siano innamorate di me. Penso soltanto che esse vogliano sposarmi. Mrs. Crowley — La cosa è ugualmente de testabile. Dick — Ma niente affatto. Per cmanto vec chio, brutto e in generale poco desiderabile possa essere, un nomo trova sempre delle fan ciulle deliziose, disposte a sposarlo. I l matri monio è ancora l ’unica carriera decente per una radazza per bene. Mrs. Crowley — Amico mio, quando una donna s’è messo in mente di sposare un uomo, non c’è più nulla che lo possa salvare. LO SCANDALO MACKENZIE Dick —- No, non dit» questo, vi prego: voi mi terrorizzate. Mrs. Crowley — Non c’è ragione perchè vi allarmiate, caro mio, poiché, in tu tti i casi, io non vi accetterei. Dick — Tante grazie. Per maggior sicurezza però, non mi arrischierò a farvi una domanda di matrimonio. Mrs. Crowley — Caro Mista Lòrnas, la vo stra unica salvezza sta nella fuga immediata. Dick — Perchè? Mrs. Crowley — Anche una persona d’in telligenza assai limitata avrebbe già capito che da almeno un mese voi state sul punto di chie dermi di essere vostra moglie. Dick — Oh, vi assicuro che siete in errore. Mrs. Crowley — Allora dovrò rifiutare il vostro invito a teatro per domani? Dick — Ma se ho già acquistato i biglietti e ordinato un pranzo squisito al Carlton. Mrs. Crowley —• Che cosa avete ordinato? Dick •— Potage Bisque... (Mrs. Crowley fa una smorfia). Sole Normande... (Ella scrolla le spalle). Anatra arrostita... Mrs. Crowley — Con insalata novella? Dick — Si capisce. Mrs. Crowley ■ — Uhm, questa non mi di spiace troppo! Dick — Ed ho ordinato anche un soufflé con del gelato nel mezzo. Mrs. Crowley — No, non verrò. Dick — Non potrete farvi una cultura tea trale molto estesa se pretendete di sposare ogni disgraziato che per una sera vi invita ad andare a teatro. Mrs. Crowley (contegnosa) — Mista Lòrnas, ho ricevuto dai miei genitori una buonissima educazion e! Dick — Certo che se continuerete a trattarmi male perchè non vi sposo, sarò costretto a farlo a titolo di legittima difesa. Mrs. Crowley •—■Ma che cosa state dicendo? Parola d’onore che io non vi capisco. Dick — Eppure è tanto facile capire. Stavo chiedendovi, con una frase ben tornita, di voler stabilire la data. L ’agnello per quel giorno sarà pronto al sacrificio. Mrs. Crowley — Non potreste dare alla vo stra domanda una forma più romantica? Po treste intanto cominciare col mettervi in gi nocchio. Dicic — Vi assiemo che non è più di moda. Gli innamorati, al giorno d’oggi, sono tu tti piut tosto anzianotti e le loro articolazioni non fun zionano tanto bene. E, per di più, si guasta la piega dei pantaloni. Mrs. Crowley — In ogni caso, non potete avere alcuna scusa per rifiutarvi di dichiarare solennemente che siete del tutto indegno di me. Dick — Neppure la morte potrebbe indurmi a fare una dichiarazione che è così lontana dalla verità. Mrs. Crowley — E naturalmente, dovete an che minacciare di suicidarvi se non acconsen tirò. Dick —• Dio mio, come sono tradizionaliste le donne! Non hanno un briciolo di origina lità! Mrs. Crowley — Va bene, fate allora come volete. Pretendo però che mi facciate una do manda nella debita forma. Dick — Per questo sono sufficienti quattro parole. (Le conta sulle dita) Volete essere mia moglie? Mrs. Crowley — Ecco, ora sì che la domanda è chiana e semplice! Ed io vi risponderò con una sola parola: No! Dick (come se non fosse sicuro di aver ca pito bene) — Cosa? Mrs. Crowley — La risposta è negativa. Dick — Voi scherzate, certamente volete scherzare ! Mrs. Crowley — Sarò per voi come una so rella. Dick -— Siete proprio decisa a rifiutare? Mrs. Crowley (sorridendo) —- Ve lo avevo promesso ! Dick (con grande serietà) —• V i ringrazio di tutto cuore, Mrs. Crowley (stupita) — Quest’uomo è pazzo! Quest’uomo non può essere altro che un pazzo furioso. Dick •—- No, no, volevo unicamente vedere se eravate veramente affezionata. M i avete dato una prova di stima che vi prometto non dimen ticherò mai. Mrs. Crowley — Caro Mista Lòrnas, siete un idiota perfetto. Dick — Una delle mie convinzioni predilette è che una donna veramente per bene non è mai così crudele sino al punto da sposare un uomo per cui sente dell’affetto. Mrs. Crowley — Siete troppo cinico per es sere un buon marito, e, per di più, avete un carattere odioso ed insopportabile. (Detto questo Mrs. Crowley gli volta le spalle ed esce decisa. Dick ride dentro di se mentre accende una sigaretta). (Entra Alee e va a sedersi nigr amente sul di vano con aria di persona molto stanca). Alec — Cosa c’è, Dick? Hai l ’aria d’essere felice come una pasqua. Dick — Caro mio, mi sembra d’essere Raicevich. Ho lottato fino a questo momento con tro un abilissimo avversario, e, ad un certo mo mento ho avuto l ’impressione che stavo per es sere atterrato. Fortunatamente, facendo sfog gio di una considerevole agilità, sono riuscito a mantenermi in piedi. dOAAAAB&ibMMUMHfcfeiriMi&AriMMi W. SOMERSET MAUGHAM Alec — Cosa vuoi dire? Dicic •—• Niente. E ’ semplicemente rallegrez za di aver 42 anni. (A questo punto entra Boulger, immediata mente seguito da Mallins, e da Carbery. Egli ha un piccolo sussulto scorgendo Alec sul divano, ma subito si rimette e va direttamente al tavolo sul quale si trova del wisky). M a llin s — Possiamo fumare qui, Bobbi? Boulger — Certamente. Dick ha insistito perchè questa stanza venisse riservata ai fuma tori. (Entra i l maggiordomo con un piccolo vas soio d’argento, sul quale mette, togliendoli dal tavolo, due o tre bicchieri, già adoperati, per bere). Dick — Lèdi Chélsi è un’ospite ammirevole. Alec (prendendo una sigaretta dal proprio astuccio) — Bobbi, siate bravo, datemi un fiam mifero, per piacere. (Boulger, che volge le spalle ad Alec fa come se non avesse sentito. Continua a versare del wisky nei bicchieri. Alec sorride a fior di labbro) Bobbi, gettatemi i fiammiferi, vi prego. Boulger (senza voltarsi) — M illa! I l Maggiordomo — I l signore comanda? Boulger — Milla, credo che Mista Machenzi desideri qualche cosa. I l Maggiordomo — Benissimo, signore. Alec —- Volete danni voi i fiammiferi, per piacere? I l Maggiordomo — Subito, signore. ( Il mag giordomo prende sul tavolo i fiammiferi e li por ge ad Alec, che accende la sigaretta). Alec — Grazie. (Tutti restano in silenzio fino a quando il maggiordomo non è uscito). Mi accorgo, Bobbi, che durante la mia assenza non siete riuscito ad aggiungere la buona educazione alle altre vostre qualità. Boulger — Se avete bisogno d i qualche cosa, potete chiederla ai domestici. Alec (amichevolmente) — Andiamo, non dite sciocchezze. Boulger — Vorreste essere così gentile di r i cordarvi che io mi chiamo Bolgia? Alec (ironicamente) — Forse preferireste che vi chiamassi Ser Robert? Boulger — Preferirei che non mi chiamaste in nessun modo. Non ho alcun desiderio di co noscervi. Alec — I l che dimostra che il vostro gusto è così deplorevole quanto la vostra educazione. Boulger (infuriato, andando verso di lui con fare minaccioso) — Oh! perdio, vi voglio vedere a terra. Alec — Eh, ci vuol poco a farlo! Son già sdraiato. Boulger — Sentite, Machenzi, non vi per metterò di prendermi in giro, nè di fare i l finto tonto più oltre. Voglio sapere che risposta ave- te da dare alle accuse che vi sono state fatte. Alec — Permettetemi di farvi notare che sie. te anche indiscreto. Se mai, soltanto a Missis AUerton spetta i l diritto di farmi di quese do mande, e, per il momento, non me ne ha fatte. Boulger — Ho rinunciato ,a capire il suo at teggiamento. S’io fossi al suo posto, soltanto il vedervi da lontano mi farebbe venire la nau sea. Da stamane pende su di voi l ’accusa di aver scientemente e di proposito causata la morte del povero Giorg e voi non avete detto neppure una parola a vostra discolpa, fino a questo momento. Alec •— Proprio cosi, nulla. Boulger — Più d’una volta vi si è offerta l ’occasione propizia per dare spiegazioni, ma voi avete mai voluto approfittarne. Alec — Giustissimo. Boulger — E non vj discolperete? Alec —- Niente affatto. Boulger — La conclusione che mi autorizzate a trarre è una sola. Poiché sembra che non vi sia alcun mezzo per portarvi dinnanzi alla giu stizia, posso almeno rifiutarmi di conoscervi. Alec — Oh, tutto è finito tra noi, dimque! Volete che vi restituisca le fotografie e le let tere ? Boulger — Non sto affatto scherzando. Alec — E’ curioso che, pur essendo io uno scozzese e voi un inglese, e tu tti sanno quanta più prontezza di spirito e più arguzia abbiano i secondi in confronto dei prim i, questa volta sono io ad accorgermi di quanto siete ridicolo, mentre voi non riuscite a vedere la vostra as surdità. Dick •— Lascia andare, Alec, non dimentica re che Bobbi è ¡soltanto un ragazzo. Boulger (a Dick) — Sono perfettamente in grado di badare ai fatti miei e vi sarò partico larmente grato se non vorrete immischiarvene. (Ad Alec) Se Lusi è talmente indifferente da dimenticare la morte di suo fratello e ¡da conti nuare a intendersela con voi, questo è affai' suo... Dick •— Andiamo, Bobbi, non fate scenate. Boulger (furioso) —■Ma lasciatemi stare, che il diavolo vi porti! Alec — V i sembra che questo sia il luogo più adatto per una lite? Non vi procurereste più notorietà se mi assaliste al Club, o all’u scita dalla Chiesa, domenica? Boulger — Avete una spudorata faccia tosta a venir qui stasera. V i servite di queste disgra ziate donne come di uno scudo per proteggervi, poiché capite che fintanto che Lusi vi tratterà come un amico, vi saranno sempre delle per sone disposte a non prestar fede alla vostra col pa. Alec — Sono venuto per la stessa ragione che siete venuto voi, ragazzo mio, perchè sono stato invitato. LO SCANDALO MACKENZIE Dick «» e adesso, Bobbi, basta, fatela fi nita. Boulger — Non intendo farla finita. Que st’uomo non ha nessun diritto di imporre la sua presenza in questa casa. Dick — Non dimenticate, Bobbi, d’essere il nipote di Lèdi Chélsi. Boulger — E che? Non sono certamente io che l ’ho invitato. Credete che sarei venuto sta sera se avessi saputo di trovare qui costui? Voi tu tti lo avete inteso ammettere di non potersi scolpare. Alec •—• Prego, prego, non ho ammesso pro prio nulla e non nego nulla. Boulger — Non mi contento di così poco. Voglio la verità, e l ’avrò, per Dio! Ho bene il diritto di conoscerla. Alec (cominciando a perdere la pazienza) — Non fate l ’asino, Bobbi! Boulger — Oli, per Dio, vi forzerò a rispon dere! (Cosi dicendo fa per assalire Alec con furia, ma questi prontissimo, con un semplice colpo del braccio, lo ributta indietro). Alec — Potrei spezzarvi le reni, ragazzo sciocco ! (Dando un grido di furore, Boulger fa per lanciarsi di nuovo contro Alec, ma Dick si in terpone e lo ferma). Dick — Suvvia, vi ho detto, Bobbi, che non voglio scenate. D ’altra parte ci rimettereste voi. Alec è abbastanza forte per ridurvi uno strac cio. Conducetelo via, Mollins! Carberi, non sta te là come un gufo imbalsamato! Boulger (furioso a Dick) — Lasciatemi, ma ledetto stupido! M a llin s (a Bobby) — Andiamo, su, vieni! Boulger (ad Alec) — Vigliacco! Dick — Su, ora andatevene. Non rendetevi sempre più ridicolo! (Boulger, Mallins e Carbery escono). Dick — Povera Lèdi Chélsi! Domani mezza Londra saprà che tu e Bobbi avete avuto un alterco nel suo salotto. Alec (infuriato) — Maledetti mocciosi! Dick — La tua posizione diventa sempre più imbarazzante. Alec — Prima mi strisciano ai piedi fino a suscitare in me il più violento disprezzo, poi mi si rivoltano contro come cani affamati. Oh, come li detesto questi giovanotti imbecilli che passano tutto il loro tempo in casa, crogiolan dosi nella loro pigrizia, mentre i veri uomini sono al lavoro! Grazie a Dio, non ho più nulla a che fare con costoro. Credono che Faprirsi un cammino attraverso le foreste africane sia la stessa cosa che andare a passeggio per il Cor so, e pensano che uno affronti pericoli e diffi coltà d’ogni specie, la fame e i malanni, sol tanto per poter poi farsi invitare a pranzo e pavoneggiarsi in un palazzo di Meifea. Dick — Mio caro Alec, sta calmo. Alec (fa un visibile sforzo per contenersi completamente, con indifferenza studiata) —• Ti sembro molto eccitato? Dick (ironicamente) — Non si direbbe certo che tu abbia la serenità di un santo! (Così di cendo Dick ed Alee escono nel giardino). (La scena rimane vuota per un breve istante. Quindi entrano Lady Kelsey e Boulger). Boulger — Meno male qui non c’è nessuno. Lady Kelsey — Credo che tu sia per fare una grande sciocchezza. Sai bene quanto annoi Lusi il fatto che qualcuno si immischi nei suoi af fari. Boulger — Perchè non vi sedete, zia? Do vete essere molto stanca. Lady Kelsey — Non sarebbe meglio aspettare fino a domani? Boulger — No, sento che non posso aspet tare un secondo di più. La cosa va decisa su bito. (Entra Lucy). Lucy — M i avete fatta chiamare, zia? I l Re verendo Carbery mi ha detto di venire qui che desideravate parlarmi. Lady Kelsey — Sì, cara, lo avevo appunto pregato di dirtelo. Boulger — Sono stato io a dire alla zia di farvi chiamare. Temevo che se lo avessi fatto direttamente non sareste venuta. Lucy (gaiamente) —■Ma che strana idea! E perchè? Sono sempre lieta di vedervi. Boulger — Volevo parlarvi di cose serie, e, per questo, la presenza della zia sarebbe stata opportuna. Lucy — La cosa è veramente tanto impor tante da non poter aspettare fino a domani? Boulger — Sì, la giudico estremamente im portante. Lucy (sorridendo) — Va bene, eccomi tutt ’orecchi. Boulger (esita leggermente, poi si fa co raggio e affronta la prova) — Credo di avervi detto più d’una volta, Lusi, ¡d’essere innamorato di voi, da sempre... Lucy — Spero che non m i avrete strappato dalle braccia del mio ballerino per farmi un’of ferta di matrimonio, eh? Boulger — Parlo con tutta serietà, Lusi. Lucy (ridendo) — V i assicuro che la serietà non vi si addice affatto. Boulger — Giorni or sono vi domandai nuo vamente di voler essere mia moglie, poco prima che Alec Machenzi tornasse. Lucy — Siete stato tanto carino, Bobbi, e non voglio che pensiate che, soltanto nerchè rido un pochino di voi, non vi sia sinceramente grata per l ’affetto che dimostrate di avere per ine. Boulger — V i assicuro che se non fosse stato di quella lettera pubblicata dal Taims di sta- w. SOMERSET MAUGHAM mane, non avrei mai piò osato dirvi nulla su questo argomento. Ma dopo quella pubblicazio ne tutto è cambiato. Lucy — Non capisco che cosa vogliate dire. Boulger — Lusi, io vi domando ancora una volta di essere mia moglie. Volete? Dopo i l r i torno di Alee Machenzi compresi benissimo la ragione delia vostra indifferenza per me. Ma ora non potete ipiù essere sua moglie. Lucy — Bobbi, chi vi dà i l diritto di parlar mi così ? Boulger — Io sono l ’unico parente uomo che ancora abbiate ed ho per voi un affetto pro fondo e sincero. Lady Kelsey — Credo che Bobbi abbia ra gione, Lusi. Io sono ormai molto vecchia e tra ipoco tu t i troverai ad essere sola al mondo. Lucy — Non posso che ripetervi quello che già vi ho detto, Bobbi. Vi sono molto ricono scente, ma non acconsentirò mai ad essere vo stra moglie. Boulger (comincia nuovamente a perdere la calma) — Avete intenzione di continuare con Machenzi ? Chiedete consiglio a qualcuno die sia spassionato e vedrete che ciò che tu tti pen sano sulla accuse del Taims non è diverso da quello ohe vi dico io. Non vi può essere la m i nima ombra di dubbio sulla colpevolezza di Ma chenzi. Lucy — Non m’importa nulla di tutto questo. 10 sento in cuor mio che egli non può avere commesso un simile delitto. Boulger ■—. Ma, Lusi, dimenticate che colui che ha ucciso era vostro fratello? Mentre tutto 11 paese si rivolta contro di lui, voi sola dimo strate la più completa indifferenza. Lucy (commossa) — Oh, Bobbi, come potete essere così crudele? Boulger — Se voi avete veramente amato vostro fratello, non dovreste avere altro desi derio che quello di punire il suo assassino. Lucy — Ma perchè mi tormentate così? Vi dico che Alee non è colpevole. E ’ soltanto per chè sono assolutamente convinta di questo che io... Boulger (interrompendola) — Ma glielo ave te domandato? Lucy — No. Boulger — Può darsi che vi dica la verità. Lucy — No, non posso farlo. Boulger —E che cos’è precisamente che volete ch’io faccia? W. SOMERSET MAUGHAM Lucy — Oh, Àlee, voglio che abbiate pietà di me, perché vi amo tanto. Non ditelo agii altri se non io volete, ma a me sì, ditela la verità. So che siete incapace di mentire. Mi basterà sol tanto die le vostre labbra la dicano, ed io vi crederò. Voglio essere certa, certa. Alec — Ma non capite die non avrei mai osa to domandarvi di divenire mia moglie se la mia coscienza non fosse stata monda d'ogni colpa? Non capite che, se taccio, le ragioni per le quali ho deciso di tacere debbono essere di una gra vità eccezionale? Lucy — Ma sto per essere vostra moglie, Alec, vi amo edi anche voi mi amate. Alec — Lusi, ve ne scongiuro, non insistete. Dimentichiamo completamente il passato, e r i cordiamoci soltanto del nostro amore. V i giuro che m i è impossibile dirvi una sola parola. .Lucy — A li, no, Àlee, ora voi dovete farlo. Se pure c’è una minima parte della storia che sia vera, dovete darmi modo di giudicare da me stessa. Alec — M i dispiace assai, Lusi, ma non posso. Lucy — Ma facendo così, Alec, voi ucciderete i l mio amore. I l dubbio che prima era soltanto in fondo .al mio cuore, ora mi ha invasa tutta. Non m i fate soffrire una simile tortura. Alec — Credevo che aveste fiducia in me. Lucy — M i basterà soltanto una parola, Alee. Ditemi che quando affidaste a Giorg queil’incanico, non sapevate che egli vi avrebbe perduta la vita. (Alee La guarda fissamente). Ditemi soltan to questo, Àlee, ditemi die non è vero, ed io vi crederò. Alec (calmissimo) — Ma è vero, invece. Lucy (non risponde, ma lo guarda con uno sguardo atterrito; poi) — Dio mìo, non capisco più nulla. Alee, caro, non trattatemi come una bambina, abbiate pietà di me. Dovete rispon dermi seriamente : è questione di vita o di mor te per noi. Alec — Ma ciò che v’ho detto è serissimo. Lucy — Come, voi sapevate di mandare Giorg in ini agguato mortale? Sapevate che non sareb be uscito vivo? Alec — Sì, a meno di un miracolo. Lucy — E voi non credete ai miracoli? Alec — No! Lucy —• Oh, ma non può essere vero! Alec, Alee, amor mio, cosa debbo fare? Alec — V i assicuro, Lusi, che ciò ch’io feci era. inevitabile. Lucy — Ah, ma dunque se questo, è vero, an che il resto dev’essere vero! Oh, è terribile quel lo che dite, Alec, non posso credervi. E non ave te nulla da aggiungere? Alec (con voce bassissima) —. Soltanto que sto, che v’ho sempre amata con tutta l ’anima mia. Lucy — Ma voi sapevate quanto amassi mio fratello, sapevate quanta importanza avesse per ine i l fatto che egli vivesse per cancellare il diso nore di cui mio padre s’era macchiato. Tutto il nostro avvenire era accentrato in lui, e voi lo avete scientemente sacrificato! Alec (esitando) — Posso dirvi soltanto que sto : egli aveva commesso un grave eri ore di giu dizio, a cagione del quaie la nostra situazione era divenuta disperata. Eravamo completamen te circondati dagli arabi, e l ’unica possibilità di salvezza che ci restava comportava la morte quasi certa di uno di noi. Lucy (intravede un barlume di verità, il suo volto assume un pallore mortale, mentre una espressione di orrore le sconvolge i lineamenti. Ella va impulsivamente verso Alee, e, nel par largli, la voce le trema di emozione) — Alee, vi scongiuro, ditemi, Giorg non aveva commesso qualche azione indegna? Voi non cercate per caso di coprirlo colla vostra .persona? Alec (con la voce rauca) — No, no, ve Passicuro. Lucy (con un sospiro di sollievo, parlando quasi a sè stessa) — Dio, ti ringrazio di avermi risparmiato un tale dolore! Non vi avrei resi stito. (Ad Alee, con un gesto di disperazione) Allora non v.i capisco. Alec — Non vi sembra giusto che egli dovesse sopportare le conseguenze della catastrofe da lui causata? Lucy — In quei momenti non si pensa alla giustizia, Alec. Égli era così giovane, così leale. Non sarebbe stato più bello e più nobile se voi aveste sacrificato la vostra vita per lui? Alec — Oh, mia cara, voi non sapete quanto sia facile darfe la propria vita! Come mi cono scete male! Credete che avrei esitato un solo istante se fossi stato sicuro che il mio sacrificio avrebbe risolto la situazione ? Io avevo ben altra opera da compiere. Avevo dei trattati con le tr i bù vicine da rispettare e la mia morte in quelle circostanze sarebbe stato un atto di suprema vi gliaccheria. Vi ripeto, Lusi, che la mia morte non avrebbe giovato a nessuno e che, anzi, essa avrebbe significato la morte di tu tti gli altri. Lucy — Non vedo che una sola, cosa in tutto questo, e cioè che fra tu tti gli altri proprio Giorg avete scelto. Alec — Sapevo benissimo in quel momento •che quello che stavo per fare m i sarebbe forse costato il vostro amore, e, benché voi non vo gliate crederlo, lo feci ugualmente, per il vostro bene. (In questo istante entrano Mrs. Crowley, che ha indossato i l soprabito, e Sir Robert Boulger). Mrs. Crowley — Vengo a darvi la buona not te, miei cari. Bobbi si è gentilmente offerto di accompagnarmi a casa. (Si accorge improvvisa mente della grande agitazione di Lucy) Dio mio, cosa avete, cara? LO SCANDALO MACKENZIE tauto l ’indicazione « Zanzibar ». Crede che saia sufficiente, signore? Dick — Lo suppongo. Mistii Machenzi avrà sicuramente già dato agli spedizionieri tutte le indicazioni e le istruzioni necessarie. Sarà me glio che portiate subito il té, Ciarls, poiché Missis Croli dovrebbe essere "u i a momenti. M ’ha detto che sarebbe venuta alle quattro in punto. Charles — Va bene, signore. (Esce). (Dick continua a mettere a posto i fio ri; quan do ha finito va alla finestra e guarda in istrada. Quindi torna verso il tavolo. Charles apre la porta dall’esterno, annunciando Mrs. Croivley). Charles — Missis Croli! (Entra Mrs. Crowley). Dick (le va incontro pieno d’entusiasmo, le prende ambedue le mani tra le sue) — Ah, don na impareggiabile ! Mrs. Crowley —■Sembrate quasi lieto di r i vedermi ! Dick —• Ma certo che lo sono! Dov’è Lusi? Mrs. Crowley — Verrà più tardi... Non ca pisco per quale ragione sentiate il bisogno di stringermi in modo così... energico. Dick — Èli sembra un secolo che non vi vedo. Mrs. Crowley — Mio caro, la colpa è vostra. Se voi andate a seppellirvi in Scozia, non vi aspetterete, immagino, di poter incontrare lassù ¡ T T lN T ~ ^ T Ìr T E R Z Ò A T T O le persone rispettabili che vanno a ¡passare le loro vacanze ad iiomburg o sui laghi italiani. «sgjggggì SBSS La biblioteca nella casa Dick — Ma avete proprio il culto della r i di Dick Lòmas, a Lon- spettabilità, mia cara Missis Croli ! MW l i | « drtt. Di pomeriggio. Mrs. Crowley -— Che volete farci! Bisogna i jgj 9 j (A ll’alzarsi del sipario, stare molto .attenti alle piante troppo delicate! MM A «—aneti jyij.]. e(q il suo domestico Dick — Siete contenta d’essere nuovamente in «Uà/ iü sono già in scena. Dick città? J||j sta ordinando dei fiori Mrs. Crowley — Londra è la più deliziosa città mondo, da cui andarsene e in cui rito r " T ^"1 Dick — Mista Machen- nare. del Ed ora raccontatemi tutto ciò che avete I zi è rientrato, Ciarls? Ig p Charles — Si, signore. fatto, purché non vi sia nulla che mi faccia ar i E ’ subito salito nella sua rossire troppo! Dick — La mia esistenza in tutto questo tem po potrebbe benissimo stare a confronto con Dick — Aspetto Missis Croli e Miss Alien per quella di un frate. Mi sono trascinato Alec in il tè. Per chiunque altro non sono in casa. Scozia dopo quella orribile scena in casa di Lèdi Charles —■Benissimo, signore. Dick — E se qualcuno vi domandasse a che Cliélsi e non abbiamo fatto altro che giuocare ora sarò di ritorno, risponderete che non lo a golf. Mrs. Crowley — Era molto addolorato, po sapete. veretto ? Charles —-Va bene, signore. D ick — Non ha mai detto una sola parola su Dick •— Domattina ci servirete la colazione al le otto precise. Accompagno Mistii Machenzi fi quanto era avvenuto tra lu i e Lusi. Avrei voluto no a Southampton, dov’egli si imbarcherà. Sarò confortarlo un po’ ma non me ne ha offerta l ’oc però di ritorno in tempo per la cena. A propo casione. Non ha mai fatto neppure il nome di sito, per quelle casse che stanno nell’ingresso, Lusi. Mrs. Crowley — Sembrava afflitto, almeno? avete chiesto a Mista Machenzi che cosa dovete Dick — No. Era sempe il medesimo, impas fare? Charles — Sì, signore, Mista Machenzi mi ha sibile e chiuso. Mrs. Crowley — E’ veramente inumano! detto di spedirle oggi dopo pranzo. Portano sol- (Entrano, intanto, Lady Kelsey e Dick Lomas. Lady Kelsey guarda un momento Lucy, quindi rapidamente le va vicino, impulsivamente). Lady Kelsey —■Lusi, Lusi, piccola mia! Lucy (con voce rotta) — Da questo momento Mistii Machenzi ed io non siamo più fidanzati. Egli non può smentire le accuse che gli sono state fatte sul Taims. (Tutti guardano Alee con stupore, ma egli non fa alcun movimento, rima ne impassibile). Mrs. Crowley — Non avete proprio nulla da dire? Possibile che non abbiate alcuna spiega zione da offrire in vostra discolpa? Alec — No, non ne ho alcuna. Dick — Alee, amico mio, sei ben deciso? Ti rendi conto di ciò che questo vuol dire? Alec — Perfettamente. M ’accorgo ora che era inevitabile. Lucy (in un impeto improvviso di furore) — Voi lo avete ucciso! Voi lo avete ucciso, con la stessa certezza che se lo aveste strozzato colle vo stre stesse mani! (Robert Boulger va alla porta, l ’apre con ge sto violento. Alec guarda un momento Lucy, poi scrolla leggermente le spaile. Quindi si dirige verso la porta ed esce tranquillamente senza fare una parola. Non appena egli è uscito Lucy si ab batte al suolo e scoppia in un pianto disperato). W. SOMERSET MAUGHAM Dick — Eh, sì, Alee è proprio una anoma Mrs. Crowley — Perchè noi andare in Nor lia in questo secolo spensierato. E’ un antico vegia? Non credete che in Ispagna ci sarebbe romano che veste i nostri panni, un’aquila posto sufficiente per tu tti e due? rinchiusa nella stessa gabbia insieme con una n i Dick — No, non lo credo. Sono sicuro che fa diata di canarini. talmente ci incontreremmo in tutte le stazioni; Mrs. Crowley — L ’Inghilterra non è decisa e voi finireste per insistere perchè vi aiutassi mente il paese che fa per lu i ed è molto meglio a mettere a posto i vostri bagagli. che se ne torni in Africa. Mrs. Crowley — Spero che non avrete di Dick — Domani a quest’ora avrà già per menticato di avermi invitata a prendere una duto di vista le coste inglesi. tazza di tè, oggi? Mrs. Crowley — Comincio a credere che sie Dick — Scusatemi, ma in verità vi siete in te un vero angelo, Mista Lòmas. vitata da voi stessa. Ho qui la vostra lettera, Dick — No, per carità, non mi dite questo: che porto sempre sul cuore e che tutte le notti m’invecchia! Preferisco essere un giovane pec metto sotto il cuscino. catore che un cherubino anzianotto. Mrs. Crowuey — Che bugiardo! D’altronde, Mrs. Crowley — Siete stato ammirevole, un anche se così fosse, l ’ho fatto soltanto per far amico molto raro. Avete fatto per lu i quello piacere a Lusi. che pochi farebbero per un amico. Gli avete Dick — Questo, permettetemi di dirveìo, non tenuto compagnia tutta l ’estate, e, come se que è nè gentile nè esatto. sto non bastasse, avete insistito perchè venisse Mrs. Crowley — Non vi detesterei tanto, a stare in casa vostra fino al momento della sua caro Lòmas, se vi deste meno arie. partenza. A proposito, quanto resterà lontano Dick — Voi dimenticate che ho giurato sul questa volta? capo di mia nonna materna di non parlarvi mai Dick — Chissà? Forse per sempre. più. Mrs. Crowley — Gli avete detto che Fusi Mrs. Crowley — Ma fate il piacere! An verrà qui oggi? ch’io faccio tutti i giorni lo stesso giramento e Dick — No, ho pensato che era un compito lo ripeto continuamente alla mia cameriera piacevole al quale avreste preferito attendere ogni qualvolta mi pettina male. voi stessa. Dick — Voi avete scherzato coi più teneri Mrs. Crowley — V i ringrazio del gentile affetti di un vecchio scapolo ingenuo e fiducio pensiero. so. Dick — Le donne sono delle creature vera Mrs. Crowley — Sareste per caso voi? mente straordinarie. Anche Lusi, come tutte Dick — Naturalmente. Ah, credevate che le altre, ha una passione squisitamente femmi parlassi dell’uomo ¡nella luna? nile per fare delle scenate, e questo è i l solo Mrs. Crowley (scrutandolo da capo a piedi vero scopo della sua visita d’oggi, come se non con occhio critico) — Non c’è male. Visto con avesse già reso abbastanza infelice i l povero A- tro luce potete ancora sembrare un uomo sui lec. Ma perchè non sposa Bobbi Bulgia? trentacinque anni. Mrs. Crowley —■ E perchè dovrebbe spo Dick — Ho già rinunciato da un pezzo alla sarlo ? giovinezza e alle sue vanità. Non mi strappo più Dick — Perchè la metà delle donne che co nemmeno i capelli bianchi. nosco hanno sposato i rispettivi m ariti sempli Mrs. Crowley — Davvero? E come passate cemente per fare dispetto ad mi altro uomo. allora i l vostro tempo? Sembra invero che questa sia una delle cause Dick — In questi ultim i tre mesi mi sono in più comuni del matrimonio. teramente dedicato all’opera penosa di rimet Mrs. Crowley — Giacché siamo su questo tere insieme i frammenti di un cuore spezzato. argomento, dite mi po, Mista Lòmas, che cosa Mrs. Crowley — Se non foste stato così si avete intenzione di fare quando Machenzi sarà curo del vostro successo, certamente non avrei partito ? respinto la vostra offerta. Ma in quelle circo Dick — Ho intenzione di fare un viaggetlo stanze non seppi resistere alla tentazione di in Ispagna. dirvi di no, soltanto per vedere come avreste Mrs. Crowley (spalancando gli occhi) — Ma ineso la cosa. guarda combinazione! Pensavo anch’io di fare Dick — Credo di poter dire a mio onore di un viaggio in quel paese. averla presa molto bene. Dick — In tal caso, senza ripensarci nep Mrs. Crowley — Ma neppure per sogno! pure un istante, me ne andrò in Norvegia. Dimostraste, in quella occasione, un’assoluta Mrs. Crowley — Ma avrete terribilmente mancanza di spirito. Avreste dovuto sapere che freddo, lassù! una signora per bene non accetta mai di spo Dick — E’ vero, ma mi darà forza e calore sare un uomo alla prima proposta. E fu vera la coscienza di aver fatto il mio dovere. mente sciocco da parte vostra di andarvene in LO SCANDALO MACKENZIE Scozia così come se non ve ne fosse importato proprio ¡nulla. Come potevo immaginare che avevate intenzione di .aspettare tre mesi prima di chiedere nuovamente la mia mano ? Dicic — Ma io non ho nessuna intenzione di chiedervela! Mrs. Crowley — Oh, in nome del melo, al lora, perchè mi .avete invitata qui quest’oggi? Dick — Permettetemi di farvi rispettosa mente osservare innanzi tutto che siete ¡-rata voi ad invitarvi... Mrs. Crowley (interrompendolo) — Dio mio, siete insopportabile, non rispondete mai a tono ! Dick (continuando) — ... e, in secondo luo go, che un invilo a prendere una tazza di tè non comporta necessariamente come conseguenza una proposta di matrimonio. Mrs. Crowley — Mi duole di dirvelo, ma sie te poco al corrente degli usi della buona so cietà. Dick — Ed io vi garantisco invece clic così non s’usa tra la gente per bene. Mrs. Crowley (con una smorfia civettuola) — Se continuerete così, tra un minuto sarò ar rabbiatissima con voi. Dick — Perchè? Mrs. Crowley — Perchè vi siete comportato malissimo ! Dick — Se fossi a] vostro posto, sapete che cosa farei? Una bella dichiarazione a me! Mrs. Crowley — Ab, no, non farò mai una cosa simile! Dick — Eppure non c’è altro da fare! Vi av verto che ho giurato solennemente di non olfrire più il mio cuore e la mia mano a nessuna donna. Mrs. Crowley — Su chi avete giurato? Sul capo della vostra nonna materna? Dick — Oh, no, un giuramento molto più serio. Sulla tomba della zia zitella che m i ha lasciato tutta la sua fortuna. Mrs. Crowley — E se lo facessi, che cosa di reste ? Dick — Questo dipende interamente dal mo do come lo farete. Ricordatevi però che, anzi tutto, vi dovete inginocchiare dinanzi ,a me. Mrs. Crowley — Siete pazzo! Io fui più ge nerosa con voi, e vi rinunciai. Dick — E quindi dovete confessare d’essere stata indegna di me. Mrs. Crowley — Mista Lòmas, sono vedova, ho ventinove anni, ho una cameriera che è un vero tesoro, una sarta invidiabile. Ho abbastan za spirito per ridere delle vostre arguzie e delle vostre storielle e non abbastanza istruzione per sapere da dove le avete prese. Come vedete, in tutto e per tutto, un ottimo partito. Dick — Dovete avere due buoni polmoni, per fare un discorso così lungo senza tirare il fiato. Io dissi le medesime cose in quattro pa role soltanto. Mrs. Crowley — Anch’io sarei capace di fare ugualmente, se potessi scriverlo. Dick — Ah, no, dovete dirlo colla vostra bocca. Mrs. Crowley — Ma quello che sto cercando precisamente di farvi capire è che non ho al cuna voglia di sposarvi. Sono sicura che voi siete proprio il tipo di marito che picchia la moglie regolarmente ogni sabato sera... Mi r i sponderete di sì se vi chiederò d’essere mio marito ? Dìck — Non sono mai stato capace di dire no a una donna. Mrs. Crowley — Sono certissima che lo im parerete dopo soli sei mesi di vita coniugale. Dick — Dio, come siete complicata. Non ho mai veduto nessuno fare tante storie per una cosa così semplice come una richiesta di ma trimonio. Mrs. Crowley (gli porge le mani, sorridendo, ed egli la prende affettuosissimamente tra le sue braccia) — Siete una persona veramente dete stabile! Dick (sorridendo allegramente, tira fuori da una tasca un anello di fidanzamento) — L ’ho com pera lo ieri nella speranza che mi sarebbe stato utile in qualche occasione. Mrs. Crowley —i Ma allora avete avuto in anirno di chiedermi nuovamente di diventare vo stra moglie? Dick — Ma certo, sciocchina! Mrs. Crowley — Oh, se io avessi saputo p ri ma! Vi avrei detto di no una seconda volta. Dick — Siete una creatura deliziosamente as surda! (La bacia con trasportò). Mrs. Crowley (cercando di liberarsi dall’ab braccio) — Viene qualcuno! Dick — Non può essere che Alee. Alec (entra) — Buon giorno, miei cari. D i sturbo forse? Dick — No, no, Alec. Missis Croli ed io sia mo diventati grandi amici. x4lec — Eh, si vede! Dick — In realtà, le ho chiesto d’essere mia moglie, ed ella... Mrs. Crowley (interrompendolo) — ...dopo molte pressioni... (Sorride) ...ha accettato. Alec — Ne sono veramente lieto e mi congra tulo con voi di tutto cuore. V i confesso, Missis Croli, che m ’ero un po’ rattristato all’idea di lasciarlo così solo, il povero Dick. Ma ora che lo so in buone mani, sono tranquillo. E’ l ’uomo più caro, più buono che abbia mai conosciuto. Dicic — Smettila, Alee, per carità, di fare il padre nobile, .altrimenti ci farai scoppiare in la grime tutti e due. Alec —7Sono certo che sarà un marito mera viglioso, poiché è un meraviglioso amico. W. SOMERSET MAUGHAM Mrs. Crowley — Penso anch’io come voi, Machenzi. Vi risparmio di sentire tutto ciò ch’io penso di lu i e quanto lo ami, soltanto per chè temo che altrimenti si monti la testa. Dick — Sì, vi prego, risparmiate anche a me l ’imbarazzo di dover ammantare di rossore le mie tempie giovanili. Volete versarci i l tè... Nelli? Mrs. Crowley — Sì... Dick. (Mrs. Crowley siede al tavolo da tè, e Dick si sdraia comodamente in una poltrona, al suo fianco). Alec — Dunque, sono lieto di annunciarvi che tutto è pronto per la partenza. Mrs. Crowley — Perchè non rimanete fino al giorno delle nostre nozze? D ick — Ma sì, puoi benissimo partire col prossimo piroscafo. Alec — Volentieri, se potessi. Ma, ormai, purtroppo non c’è più tempo. Tutto è pronto. Ho già inviato istruzioni a Zanzibar perchè i portatori siano reclutati e riu n iti per quel dato giorno e bisogna ch’io parta subito per giungere in tempo. Mrs. Crowley — Sarei così contenta se r i nunciaste per sempre a queste vostre o rrib ili spedizioni. Alec — Ma esse sono l ’essenza della mia vita. Voi non conoscete l ’ebbrezza che vi dà il senso continuo di perìcolo, la gioia di camminare per la prima volta là dove prima di voi soltanto le fiere sono passate. Soltanto allora si può com prendere che cosa sia la libertà! Dick — Ti ringrazio, caro mio, ma i prati re cinti di Aid Park sono più che sufficienti per me e il panorama di Piccadilli in un bel mat tino di giugno mi procura tutte le emozioni di cui ho bisogno. Mrs. Crowley — Ma che cosa ci guadagne rete, ora che la vostra opera di liberazione nel l ’Africa orientale è compiuta, con tu tti questi nuovi pericoli e con queste nuove fatiche? Alec — Nulla, e nulla voglio guadagnare. For se scoprirò qualche nuova specie di antilope, una nuova pianta o un fiore rarissimo, forse un nuoF R A P O C H I P I G R C O M M E D IA IN S A B A T IN E L IG IO N U M E R I I Z TRE O I A ATTI DI L O P E Z P O S S E N T I vo corso d’acqua, delle sorgenti... chissà? Que sta soltanto è la ricompensa ch’io desidero. Quello ch’io amo di questi viaggi è il senso di dominio, i l senso di padronanza ch’essi mi danno. Cosa volete che m ’im porti degli onori e dei compensi che possono offrirm i i re ed i popoli ? Dick — L ’ho sempre detto che tu hai un tem peramento melodrammatico! Mrs. Crowley — Ma tutto questo dovrà pure avere una conclusione! Quale sarà dunque la fine? Alec — La fine sarà la morte, oscuramente, in qualche palude pestifera, consunto dalla febbre, esausto dalla fatica, dai travagli, dalla fame. Ed i portatori si impadroniranno delle mie povere cose, dei miei fucili, abbandonan domi agli sciacalli. Mrs. Crowley — Oh, tacete, vi prego! E’ or ribile ! Alec — E perchè? Che importa? Morirò in piedi, affronterò l ’ultimo viaggio così, come affrontai sempre tutti gli altri. Mrs. Crowley — Senza paura? Senza rim pianti ? Alec — No, come i vecchi pirati : « Una volta sulla tolda, i l tesoro è mio! ». Mrs. Crowley — E non volete che gli uomini si ricordino di voi? Alec — Chissà? Forse se ne ricorderanno; tra cento anni, in una qualche fiorente cittadina, sòrta là dove io non trovai che deserto, un igno to scultorello riceverà l ’incarico di fare un bu sto fantasioso di me. E così, dall’alto del mio piedestallo, nella piazza di fronte alla Borsa, comodo rifugio per gli uccelli, sarò condannato per l ’eternità a contemplare indifferente le azioni basse e meschine dell’umanità. (Durante questo discorso, Mrs. Crowley /« un cenno a Dick, il quale silenziosamente si al lontana pian piano, quindi esce dalla scena). Mrs. Crowley — E questo è veramente tut to? Eppure non posso fare a meno di pensare che in fondo al cuore voi nascondete qualche cosa che non avete mai voluto rivelare ad ani ma viva. (Alee la guarda lungamente, pensoso, quindi atteggia le labbra ad un leggero sorriso). Alec — Perchè v’importa tanto di conoscerla? Mrs. Crowley — Oh, ditemi, vi prego. Alec — Ebbene sì. Penso che forse noi non ci rivedremo mai più, forse ciò ch’io sto per dirvi non ha nessuna importanza. Giudicatemi pure uno sciocco, Missis Croli, ma la verità è ch’io sento profondamente l ’amor di Patria. Soltanto coloro che ne vivono lontani, possono dire di amarla veramente, questa nostra cara terra. Ed io sono sempre stato talmente fiero che non ho desiderato altro che ’ di poter fare qualche cosa per lei. Spesso, in Africa, durante le lunghe LO SCANDALO MACKENZIE notti insonni, ho pensato a questa nostra Pa tria e mi sono augurato soltanto di non morire prima di aver portato a compimento la mia opera. Dietro tutti gli eroi, ,i soldati e gli uo mini politici che hanno dato la vita per la sua grandezza, ed i l cui ricordo resterà imperituro, v’è una lunga schiera d’uomini oscuri, i quali Iranno costruito l ’Impero pezzo per pezzo. I l loro nome è ormai coperto dall’oblìo, la loro storia è nota soltanto a pochi studiosi. Eppure ognuno di questi uomini oscuri e dimenticati ha ag giunto almeno una nuova provincia all’Impero, ima nuova gemma scintillante alla sua Corona. Anch’io ho voluto conquistarmi un posto tra questi ignoti e per cinque anni ho faticato in stancabilmente, notte e giorno, ma infine sono riuscito a consegnare nelle mani dei rappre sentati dell’Impero una larga zona di terre, ric che e feconde. Dopo la mia morte, tu tti dimen ticheranno i miei difetti ed i miei errori. Cosa m ’importa delle amarezze, delle offese, delle ingiustizie con cui sono stato ripagato delle mie pene? I l mio scopo è raggiunto, non voglio ono ri, non voglio compensi, ma soltanto l ’onore e la gioia di aver potuto servire questa mia Pa tria adorata. Mrs. Crowley — Ma perchè, Machenzi, fare di tutto perchè la gente vi giudichi un perverso, quando in realtà siete un animo nobilissimo? Alec — Non ridete di me, Missis Croli, ora che avete scoperto che in fondo non sono che «na vecchia zitella sentimentale. Mrs. Crowley (posandogli una mano sul braccio) — Ditemi, Machenzi, che fareste se og gi Lusi venisse qui? Alec (sorpreso, sussulta, la fìssa con sguardo scrutatore, quindi risponde, fermissimo) — So no sempre stato abituato a vivere tra gente educata e non mi sognerei mai di infrangere le •onvenzioni. Se Missis Allerton oggi venisse qui, potete essere certa che sarei scrupolosamente educato e gentile con lei. Mrs. Crowley — Soltanto questo? Lusi ha tanto sofferto! Alec — E voi credete ch’io non abbia sof ferto? Solo perchè non vado a guaire il mio dolore a destra e a sinistra credete ch’io non senta nulla? Io non sono l ’uomo che si inna mora di questa e di quella e che dimentichi eolia stessa facilità. Sempre, durante tutta la mia vita, ho tenuto fisso davanti ai miei oc chi un solo ideale. Oh, voi non immaginate neppure che cosa ha significato per me innamo rarmi di una donna. Mi sembrò che fino a quel momento avessi vissuto tutta la mia vita in una prigione e che finalmente Lusi fosse venuta a liberarmi. E quando ella mi prese per mano e mi condusse fuori, soltanto allora respirai per la prima volta l ’aria libera del cielo. Oh, Dio, quanto ho sofferto per questo! Perchè, per chè punirmi così? Se voi sapeste le angosce, le torture ch’io ho sofferto da allora! (Si nasconde il viso tra le mani, sforzandosi di padroneggiare Vemozione). Mrs. Crowley (G li va vicino e gli passa un braccio intorno alle spalle) — Machenzi... Alec (alzandosi di scatto) — Andate via, la sciatemi, non mi guardate. Come potete restare lì ad osservare la mia debolezza? Oh, Dio, dam mi tu la forza... I l mio amore per Lusi è stato la mia ultima debolezza... Mrs. Crowley — Ma non avete nessuna pietà per voi stesso, nessuna considerazione per Lusi? Alec — Debbo anche dirvi che tutto ciò ch’io ho fatto, è stato per lei? E che ancora l ’amo con tutto i l cuore e con tutta l ’anima... Dick (entra) — Lusi è qui! (Entra Charles e annuncia Lucy). Charles —- Miss Allerton. (Lucy entra, e Dick ansioso di rendere r in contro il meno imbarazzante possibile, le va in contro con grande cordialità). Dick — Ah, mia cara Lusi, sono così lieto che siate potuta venire! Lucy (porgendogli la mano, ma guardando AJec) — Come state, caro Dick? Alec — Come state, Lusi? (Si sforza di par lare) E Lèdi Chélsi? Lucy — Sta molto meglio, grazie. Siamo sta te a Spa, sapete, per la sua cura. Alec — Già, qualcuno, non ricordo chi, mi disse che eravate all’estero. Forse Dick. Sei stato tu Dick? Dick è un informatore prezioso, im vero gazzettiere della buona società ! Dick — Prendete una tazza di tè, Lusi? Lucy — No, grazie, proprio non ne ho vo glia. Mrs. Crowley (cercando anche lei di tenere viva la conversazione) —- Sentiremo assai la vostra mancanza, Mista Machenzi. Dick (con allegria forzata) — Non crederle, Alec, nemmeno per sogno! Alec (sorridendo) — Londra è una città me ravigliosa per persuadersi della pochissima im portanza che si ha in questo mondo. Si fa una volta una certa figura, e magari si è tentati a cre dere d’essere una persona di qualche impor tanza. Un bel giorno si parte, si sta lontani un po’ di tempo, e, quando si torna, si rimane sor presa nel constatare che nessuno s’era neppure accorto della vostra assenza. Dick — Tu sei troppo modesto, Alec. Se non lo fossi, a quest’ora avresti potuto essere ima celebrità. Guarda i l mio esempio, io non mi perito di ripetere continuamente ai miei amici ch’io sono assolutamente indispensabile, ed essi m i prendono sul serio. Alec — Ma, mio caro, i l tuo è un caso parti colare. II tuo spirito arguto è come il lievito in dispensabile a rendere più leggera la pesante W. SOMERSET MAUGHAM serietà della società britannica, che, altrimenti, sarebbe insopportabile. Dick — L ’uomo saggio prende sul serio sol tanto le cose fu tili ! Af.EC (con un sorriso} — Perchè è ovvio che ci vuole più intelligenza a non far nulla che ad essere ministro del Re. Dick — Tu mi fai un gran complimento, Alec, citando una delle mie massime predilette. Lucy (quasi sottovoce) — Eppure mi sem bra di avervi sentito dire che soltanto l ’impossibile valeva la pena di essere tentato. Alec — Può darsi, ma forse non facevo che ripetere pappagallescamente una delle tante sentenze lette sui lib ri di scuola. Mrs. Crowley (a Dick) — Voi accompagnate Mista Machenzi a Southampton, non è vero Dick? Dick — Sì. Sarà senza dubbio una scena mol to commovente. M i getterò nelle sue braccia, seppellirò il mio viso sulla sua spalla e piangerò lagrime amare. Nei momeni di commozione sento sempre il bisogno irresistibile di sciori nare delle spiegazioni. Alec — Detesto gli addii commoventi. Prefe risco salutare una persona con mi cenno della mano e con un sorriso, sia che vada a fare una gita a Braiton, per un giorno, sia che vada in capo al mondo, per sempre. Mrs. Crowley — Siete insensibile! Alec — Dick ini ha insegnato a prendere la vita allegramente. Ed ho imparato anche che le cose sono serie soltanto se le si prendono sul serio, e questo è insopportabilmente stu pido. (A Lucy) Non siete d’accordo con me, Miss Allerton? Lucy — No. Alec ( il tono solenne, quasi tragico di Lucy, lo fa tacere per un istante. Poi riprende a par lare, deciso a mantenere la conversazione in una forma puramente convenzionale) — E’ così difficile essere seri, senza cadere nell’assurdità. Ecco la principale dote delle donne, che fanno della vita e della morte soltanto delle semplici occasioni per mutare di toilette. I l matrimonio rappresenta per loro soltanto la necessità di ave re un abito bianco, e le funzioni religiose una buona occasione per inaugurare un nuovo cap pellino di Parigi. Mrs. Crowley (è decisa a che la crisi creata dalla venuta di Lucy si risolva. Si alza risoluta) ■ — Si fa tardi, Dick. Volete mostrarmi ¿1 vo stro appartamento? Alec — Temo che i preparativi per la mia partenza abbiano causato dappertutto un gran de disordine. Mrs. Crowley — Oh, non fa nulla. Andiamo Dick! Dick (a Lusi) — Non vi dispiace che vi lasci per un momento? Lucy — No, no, fate pure. (Mrs. Crowley e Dick escono. Alec e Lucy rimangono per un po’ in silenzio). Alec — Sapete che i l nostro amico Dick ha offerto il suo cuore e la sua fortuna a Missis Croli, pochi momenti prima che arrivaste? Lucy — Spero che saranno felici. So che si amano molto. Alec (con amarezza) — L ’amore è certa mente la peggior base su cui fondare i l matri monio. L ’amore crea delle illusioni ed il matri monio le distrugge. Due esseri che si amino veramente non dovrebbero mai sposarsi. Lucy — Volete aprire un poco la finestra, per piacere? Si soffoca qui dentro! Alec — Certamente. (Va alla finestra, l ’apre, si indugia un poco) Ah, che gioia poter con templare Londra per l ’ultima volta. Sono1felice di potermene andare finalmente! (Lucy soffoca a stento un singulto, Alec tor na a guardare fuori della finestra. Vorrebbe continuare ad essere crudele con lei, ma non ha la forza di vederla soffrire). Alec — Domani a quest’ora sarò già assai lontano di qui. Provo un tale desiderio di r i trovarmi finalmente sulla distesa calma e scon finata dell’Oceano. Lucy — Siete veramente tanto felice di par tire? Alec (voltandosi verso di lei) — Mi sembra d’essere un ragazzo al suo primo viaggio. Lucy — E non c’è proprio nessuno cui vi dispiaccia di lasciare? Alec — Capirete, Dick si sposerà presto. Quando uno s’è deciso a questo passo, i suoi amici celibi debbono essere abbastanza intel ligenti da capire che è giunto il momento di an darsene alla chetichella. Parenti non ne ho, ami ci pochissimi. Così non posso farmi illusioni che oi sia qualcuno troppo afflitto per la unia par tenza. Lucy (a bassa voce) — Non avete un po’ di cuore! Alec (gelido) — Se lo avessi, non lo porte rei certo i,n mostra per Portman Squèr. Un og getto così sentimentale sarebbe fuori posto in un tale ambiente! Lucy (alzandosi e andando verso di lui) — Ma perchè mi trattate come una estranea qual siasi? Alec (serio) — Non credete che sia questo U miglior modo per risolvere una situazione imbarazzante per tutti e due? Faremmo molto meglio a lim itarci a parlare del tempo. Lucy — Preferirei m ille volte che mi malediste, piuttosto che sentirmi trattata con così gentile indifferenza. Alec •— Temo che siate molto difficile da ac contentare. (Lucy gli si avvicina con slancio appassionato, LO SCANDALO MACKENZIE ma egli si ritrae subito in modo da evitare ogni contatto con lei). Lucy — Ali, ma voi siete di pietra, Alee. Oh, Alee, non potevo lasciarvi partire senza rivedervi ancora una volta, volevo che sapeste almeno quant’ho sofferto e che non partiste portando con voi un cattivo ricordo di me, Alec — Che importanza può avere quello ch’io penso di voi? Saremo così lontani l ’uno dall’altro, per sempre. Lucy — Tanto mi odiate? Alec — No, troppo v’ho amata perchè ora possa odiarvi. Credetemi, Lusi, non v’auguro che di poter essere felice un giorno. Ora che l ’amarezza è svanita, capisco che ciò che voi avete fatto, era la sola cosa possibile. Lucy — Oh, Alec, non siate spietato, non mi lasciate senza avermi prima detto almeno una sola parola buona! Alec — Ma che cosa potrei dirvi? Nulla è mutato, Lusi, la morte di vostro fratello ci ha divisi per sempre. (Segue ima lunga pausa). DiCIi (entra dal fondo sulle ultime parole di Alee) — Ah! Ed è questa la sola conclusione del vostro colloquio? Voi consentirete, Lusi, che quest’uomo che vi adora, e che non vive che di voi, vada ad uccidersi in Africa? Lucy — Dick! Dick — E tu continuerai col tuo silenzio riottoso e ostinato a chiuderti nel più splendido — forse — ma certo nel più sterile ed ingiusto dei sacrifici? Alec — Dick, ti proibisco di parlare! Lucy — Ditemi, Dick! Dick — Ho taciuto sinora. Avrei taciuto an cora. Ma tu tti e due siete proprio sulla via di rovinare la vostra vita e distruggere la vostra fe licità sull’altare di un pregiudizio. Lusi, io so no diverso da voi due: lu i, tutto di un pezzo, o di qua o di là; voi, permettetemi di dirlo, an cora dominata dalla vostra fissazione della r i spettabilità della famiglia. Io, un profugo della politica e un ex-avvocato, più vicino alla vita, non so seguirvi. Io sono iper un sano realismo. Lucy — Ebbene, Dick? Alec — Non una parola di più. Dick — Ebbene, Lucy, lasciatevi dire da quest’uomo di esperienza, da quest’uomo che è stato il compagno di pericoli di Alec e di vo stro fratello, lasciatevi dire che voi non potete permettere che Alee si sacrifichi. E quanto a te dirò che alla devozione che Irai per lei, hai già sacrificato la tua popolarità e la possibilità di rintuzzare trionfalmente le calunnie dei tuoi accusatori, perchè ci sia il bisogno di aggiun gere anche la rinunzia della tua felicità. Lucy — Ma allora aveva ragione ciò che di ceva il mio cuore che non era vero, che non po teva essere vero, quello che tutto > — specialmente il vostro silenzio — faceva credere? (Alee la guarda stupito, incredulo quasi a ciò che essa sta per dire, ma non parla). Dick — E’ vero. Egli non ha soltanto taciu to, ha mentito, per pietà. Per la pietà di un morto e per il conforto vostro. Lucy — Alee, io avevo cercato di dimenti care, di non pensare più a quello che era stato, ma sempre il ricordo di voi, in quella sera fa tale mi ritornava implacabile, con ogni vostro gesto ed ogni vostra parola. V i ricordate? Mi diceste che tutto quello che avevate fatto lo avevate fatto soltanto per il imo bene. E quelle parole continuarono a martellarmi nel cuore incessantemente. Tutta la vostra esistenza senza macchia da una parte, e, dall’altra, solo quelFatroce accusa. No, non potevate essere muta to così in un solo istante. Ecco perchè io ero venuta oggi per dirvi che non comprendevo la ragione di quello che avevate fatto, ma che credevo ugualmente in voi, nella vostra onestà. Ora non mi resta da aggiungere che la vostra generosità verso la memoria di Giorg, mi fa ap parire quanto poco io fossi degna di voi. Alec — Lusi, non continuate. Io vi sono in finitamente grato per queste parole. Ho avuto la mia riabilitazione e il mio compenso. Lucy '— Non avete altrq da dirmi? Alec — Che volete, ormai è troppo tardi. Nulla più conta adesso, poiché domani parto. Lucy — Ma voi ritornerete, però, non è vero? Alec — Non so, vado in una parte dell’A frica dalla quale i bianchi raramente ritornano. Lucy (con un improvviso scoppio di pas sione) — Ah no, non è possibile, voi non do vete partire, Alec! Oh, è orribile, amor mio, non ve ne andate, ve ne scongiuro, ne morrei! Alec — Non posso, Lusi. Tutto è pronto, or mai, non è possibile cambiare idea. Lucy — Non v’importa più nulla di me? Alec — Oh, Lusi, v’amo con tutta l ’anima! (Dick via in punta di piedi). Lucy (ansiosa) Portatemi con voi, allora. Alec —'Voi? Lucy — Sì, Alee. Voi non sapete ciò ch’io sia capace di fare, col vostro amore, col vostro aiuto. Lasciatemi venire! Alec — No, non è possibile, voi non sapete quello che mi chiedete. Lucy — Lasciate allora ch’io vi attenda, Alec, fino al vostro ritorno. Alec — E se non dovessi tornare mai più? Lucy — V i aspetterei ancora, per sempre. Alec — Siate tranquilla, allora, tornerò. L ’impresa era pericolosa solo perchè io volevo morire. Ma ora no, voglio vivere, e tornerò. Lucy — Sono felice, Alee, tanto felice che voi m i amiate! F IN E D ELLA C Ò M M ED Í A Lucio d’Ambra dichiara, nei suo articolo che segue, che i fratelli De Filippo « li ha scoperti, in set tembre, il pubblico di Torino». Prima ancora del pubblico sì è accorto di loro « Mario Intagiietta » nella « Gazzetta del Popolo », con questa presentazione che ri portiamo: «Chi ha il gusto, in teatro, delle cose perfette, chi ama ie espressioni genuine, chi apprez za le manifestazioni pure, deve ve. dere questi impareggiabiii attori che hanno risuscitato la « Gommedia dell’arte » e, viva fresca au lente, l’hanno riportata verso di noi per la delizia del nostro gusto, per la gioia del nostro spirito. S De Filippo sono attori dì raz za. Avverti in loro la scaltrezza d’ogni accorgimento di mestiere, ma più ancora senti la robustezza d’ima recitazione franca, sincera, incisiva cine scolpisce ne! disegno dei personaggi e penetra in pro fondità dentro le atmosfere mora li e sociali. L’abilità, a quest’al tezza, si fa talmente luminosa ec! è così spoglia di viziature e di furberie che quasi scompare as sorbita neila gaudiosa freschezza d’una recitazione sobria, imme diata, potente, che rende univer sale il « tipo » e profondamente umano il «caso ». Con i De Filippo, a tipo » e «ca so » sono una cosa isola. Noti come avviene irt molte compagnie che vanno per la maggiore nelle quali — più sovente di quanto non si creda — ¡1 personaggio fa a pugni con la vicenda, originando quella frattura di atmosfera e di ambien te per la quale o il «tipo» sopraf fa il « caso », o il « caso » il « tipo », L’eterna lotta fra l’attore e ia fin zione nel teatro dei De Filippo non esiste. Qui l’armonia è perfetta. Ed è in virtù di questa armonia che lo spettacolo può avere quella lucentezza, quella mirabile qua dratura, quello siile prodigioso che abbiamo, con vera gioia, ri scontrati. Le gustose serate che i fratelli De Filippo ci fanno passare al Chiarella non le dimenticheremo per un pezzo e, certamente, più di una volta li rimpiangeremo, dopo questa loro breve permanenza a Torino. Perchè difficilmente ci sa rà dato di sentire sulla ribalta tan. to fuoco, tanta disciplina ed un cosi vivo, fresco, impetuoso giuo co scenico trasformare con acume e con intelligenza la finzione tea trale in verità umana ed in cer tezza poetica. Questi stupendi at tori ci hanno ancora una volta di. mostrato che il teatro è vivo, eter no, luminoso soi quando sa supe rare il mestiere per toccare il cli ma delia sincerità e dell’armonia espressiva. i De Filippo non divertono sol tanto. La loro arte non cerca di soddisfare il pubblico, portandolo solamente al riso o all’affanno. Essi vogliono — prima di ogni co sa — avere vicini gl, spettatori, e T R E I U M O R IS T I D E F IL IP P O I cattivi impresari, gli auto ri senza popolarità, i modesti commedianti o i presunti gran di attori d’un passato più che remoto, i quali non trovano più pubblico disposto a sentir li neppure regalando i bigliet ti, ¡gemono a tutte le cantona te : cc Date obulum Belisario... I l pubblico non va più a tea tro! ». Ma non appena c’è, invece, uno spettacolo diverso dalle so lite Compagnie raccogliticce e dalle commedie larvali alle quali ci ha ridotti l ’allegra con concezione — crepuscolo, si lenzio inespresso e via dicen do, — l ’allegra concezione, di cevo, di un teatro senza teatro, vai quanto dire una tavola ap parecchiata senza pranzo, la folla fa ressa ai botteghini, gre misce le sale, batte strepitosa mente le mani e se ne va a casa contenta, con l ’amore del teatro riacceso in fondo al cuo re sino alla prossima disillu sione, sino alla prossima serata allegra come un funerale che le offriranno dive e geni del più moderno teatro. Rammentate, l ’anno scorso, le formidabili folle •—• resse ed entusiasmi da stadio — che si raccoglievano nei teatri italiani per Villa quasi aboliscono la insormontabile fossa che divide la ribalta dalla platea per recitare in mezzo al pubblico, per farlo gioire e sof frire, pensare e sostare sulle fin zioni che interpretano. Dànno san gue, cervello, cuore ai personaggi; intelligenza, fluidità, consistenza alle labili favole; morale o grotte sca o ironica o dolente alle avven ture ohe rivivono rendendole più pure e più rudi di quelle umane. Traggono, insomma, dalla realtà quello che è il suo succo vitale, la sua ragione precipua. La gran dezza della loro arte è in questa fatica, in questa volontà di supe rare il teatro con il teatro, di rifa re ia vita con la vita stessa ». Masrio D E L T E A T R O franca. Ricordate le grandi p ri me strepitose di Pirandello. Rivedete le festose serate della -gioconda Compagnia « ZaBnm ». Contate le repliche a teatro esaurito delle commedie graziosamente interpretate da Elsa Merlini, Cimar a e Tofano. E, da due o tre settimane, ci risiamo : i l « Valle » è pieno ogni sera. Vi recitano, coi loro degni compagni, tre attori na poletani, i de Filippo, che il pubblico romano ignorava an cora il mese scorso. L i ha sco perti, in settembre, il pubblico di Torino. E li -aveva già esal tati, nella scorsa primavera, a Napoli, Massimo Bontempelli. Di dove sbucano costoro? Chi sono? Che fanno? Hanno in ti tolato i l loro aggruppamento d’attori: cc Compagnia umori stica » Humor; cioè ridere e piangere, ma ridere e piangere in modo che nel riso -sia -sem pre un po’ d’umana pietà e che nel pianto appaia -sempre, sot to le lacrime, l ’incredulità di un sorriso. Umorismo? Umori sti? Tutto questo è molto in teressante. E la gente è andata a vedere. Andiamo dunque a vedere anche noi di che cosa si tratta. Chi andava a Napoli l ’anno scorso -si sentiva subito porre dagli amici tre domande; cc A- TRE UMORISTI DEL TEATRO vete visto la Litoranea? Avete veduto il nuovo assestamento di Posillipo? Siete andati a sentire, al teatro :« Sannaza ro », i de Filippo? ». E per questi ultim i vi spiegavano: « No. Non sono attori improv visati, piovuti igiù dal cielo inaspettatamente. Recitano già da m olti anni. Chi segue con qualche attenzione l ’arte dram matica, li aveva già notati tutt ’e tre, la sorella e i due fra telli, nella Compagnia di Vincenzo Scarpetta. Comi cissimi. Eccellenti attori. Ma era gente che sentiva di versamente i l teatro. L im i tati e sacrificati nel genere farsesco del vecchio repertorio scarpettiano che vestiva di buf fe macchiette e d;i smorfie esa speratamente napoletane le vertiginose farse francesi di Feydeau e di Hennequin, que sti tre ragazzi smaniavano di far da soli, di vedere un’ altra Napoli, meno esteriore, più profonda, in un senso di dolo rosa umanità, in un sentimento di verità umile e quotidiana per cui il dialetto non dà più la figurina caratteristica e la macchietta regionale, ma il ca rattere umano, il tipo univer sale, l ’uomo nella sua più na turale realtà di comicità e di dolore. Così se ne andarono soli, con pochi compagni pron t i a seguirli nel totale rinnova mento di quanto avevano fatto fino a quel giorno. E fu, d’im provviso, la scoperta, la popo larità. Per quattro o cinque mesi i l teatro « Sannazaro » fu pieno ogni giorno. Ed erano risate gigantesche e commozio ni profonde. La gente sentiva di non essere più davanti a un teatro convenzionale fine a se stesso. Nella finzione del pal coscenico la folla riconosceva, grottesca e dolorosa, la vita: e non solo quella di Napoli e dei napoletani, ma quella d’ogni paese, d’ogni casa e di tu tti gli uomini. Scoppiavano ogni se ra nel piccolo teatro « Sanna zaro », raccolto ed intimo co me un bel salotto settecentesco, glandi acclamazioni. E un giorno è tra gli spettatori an che Massimo Bontempelli. R i velazione. Entusiasmo. L ’indo mani lo scrittore afferma in un giornale: cc Grandi attori... ». E’ la cresima dopo i l battesi mo. La fama è fatta. I de F i lippo sono cc lanciati ». E poi ché Napoli non è tutta l ’Italia, ora occorre far le valigie, co minciare a viaggiare... ». Io me li vidi capitare in ca sa, i de Filippo, nella scorsa estate, per chiedermi una mia commedia, d’argomento napo letano e borbonico, ch’era sta ta annunziata dai giornali in quei giorni : L ’allegra Corte di Capodimonte. Fu facile met tersi d’accordo e si parlò subi to d’arte. E uno dei due fratel li, i l maggiore, Edoardo de F i lippo, mi raccontava: — Non è stato facile rifarsi da capo. I m’aggio dovuto spoglià, io mi son dovuto spoglia re da cima a fondo. Quando un attore ha recitato per anni ed anni in un genere mettendosi addosso tu tti i lenocinii, tutte le maniere di una recitazione artificiosa e tradizionale, pre veduta, combinata, architetta ta, se vuole finalmente ritrova re se stesso sotto i vestiti degli altri, senz’offesa alla decenza, sapite ch’ha da jà? S’ha da mettere nudo, nudo come Dio l ’ha fatto. E così noi abbiamo fatto: io, sorema e fraterne, io mia sorella e mio fratello. Nu di, nudi tu tt’e tre... E cosi r i cominciare a rivestirsi, a poco a poco, coi panni nostri, ma non panni belli e fatti, buoni per tutti i casi e tu tti gli usi, ma abiti fatti volta per volta, tagliati sulla carne viva del personaggio, messi insieme con la nostra commozione, a se conda della nostra diversa sen sibilità... Così ci andiamo, piano piano, facendo un reper torio schietto, semplice, uma no... E mo’ simmo decenti, presentabili. Mo’ simmo rive stiti, ma vestiti — mo’ ce vò — a modo nostro. Dopo tanti an ni in cui abbiamo dovuto es sere com’erano gli altri, ora, grazie a Dio, si respira. Mo’ simmo nuie! Ora siamo noi! Bella dichia razione d’artisti veri, d’artisti leali, in quella sincerità totale all’infuori della quale non v’ha mai arte che valga e che duri. Questi tre attori, rifacendosi alle verginità istintive della loro sensibilità, hanno trovato se stessi, sicché, in una sempli cità che ricorda quella del grande Ferruccio Benini, non recitano le loro commedie, ma le vivono con la più schietta, limpida, sincera spontaneità dei loro mezzi e dei loro modi d’espressione. Così raggiungo no, attraverso il teatro, la vita. Così dànno, su la scena, im pressione d’uomini e non di attori. E’ l ’arte più glande, questa, ed è forse la sola arte. Bisogna vederli, questi tre umoristi — come giustamente hanno voluto chiamarsi, •—■b i sogna vederli animare e far v i vi i loro personaggi. Non una ricerca, non un effetto, non un’esagerazione da palcosceni co. Nel riso, nel pianto, quello che v’ha di più semplice e, quindi, quello che v’ha di più potente. Non a caso ho ricor dato i l maestro della Comme dia veneziana, cioè i l prodigio so Ferruccio Benini, ch’era poi genovese. Non so se i de F ilip po l ’abbiano ascoltato mai, Ferruccio Benini, i l nobilomo Vidal. Ma certamente essi di- I DE FILIPPO scendono da lui, cioè dall’arte che viene dalla vita ed alla vita ritorna, sebbene con minor levità di sfumature, chè più fo coso è il dialetto e più risenti to i l carattere napoletano. Pro miscuo di grande stile noveliiano, il primo dei due fratelli, Edoardo, autentico e stupen do attore, sa mettere nella me desima scena tutto quello che nell’uomo v’ha di più grottesco e tutto quello che v’ha di più disperatamente e pietosamente umano. Bisogna vederlo in una bella, umana, commossa com media di Paola Rincora: Sarei stato Giovannino. Per due atti e mezzo il perseguitato, il passaguai, la vittima di tutti, fa morire dal ridere — tanto è grottesco — la platea. Ma di improvviso, in un grido dispe rato che ricorda lo scoppio di Zio Vania nella famosa com- MARCEL AC H AR D pubblica fra due numeri la sua commedia più recente LA S IG N O R A V E S T IT A D I B IA N C O Marcello Aofiard si diverte a disincantare i sentimenti più radicati e profondi; siccome è autore intelligente, acuto e sot. tile, sa condurre a termine il gioco iniziato. Ma disincanta spesso l’attenzione e la curiosi tà dello spettatore che, nono stante tutto e nonostante Achard. crede ancora al valore dei sentimenti nella vita e nel la famiglia media di Antonio Cecof, l ’uma nità del fantoccio ridicolo tra bocca tutta, impetuosamente, dall’anima mortificata e avvi lita, E sul teatro scosso allora da irrefrenabile ilarità, piom ba, in un secondo, i l silenzio dei grandi momenti dramma tici. Poche parole, a b,assa vo ce... Pochi sguardi dell’attore, smarriti, im pauriti... Pochi ge sti, esitanti, modesti... Una pa rola a fior di labbro : « Pa pà... ». E l ’arte magnifica di Edoardo de Filippo è padrona del teatro, compie nella tra gedia la commedia, trova dal riso il pianto, crea dal burat tino l ’uomo, stupendamente. Nè minore è i l fratello, Pop pino, semplice e sobrio come un disegno sintetico, miracolo samente smisurato, umorista di grande stile, capace di disegna re con pochi tratti, m irabil mente osservati e resi, il grot tesco di una figura, i l caratte re di un personaggio, e, di là da questo, d’una classe sociale, d un intero mondo. La più lie ve parola, i l più fuggevole gesto, appartengono, in questo at tore, alla meraviglia d’urna composizione espressiva tutta fatta di piccole cose indispen sabili e riassuntive, per le qua li là dove un altro si sbraccerebbe per animare i l personag gio, bastano invece a Poppino e a Filippo uno sguardo, un passo, un sorriso, un’intona zione, una pausa, per essere, per creare, per far vivere il personaggio, inconfondibile e indimenticabile. Arte magistra le che par fatta di nulla, senso infallibile del tratto comico, stupenda sintesi, della caricatu ra ridotta ai lineamenti essen ziali. E, fra i due fratelli, c’è la sorella mirabile, Titilla, stra ordinaria attrice alla quale la parola quasi non occorre: il si- lenzio le basta — come sempre fu delle attrici più grandi — per esprimersi tutta. Dal comi co al patetico e al drammatico — e forse al tragico — nessu na fibra, nessuna sensibilità mancano a questa perfetta at trice che coi suoi due fratelli certamente costituisce, in Ita lia, una delle più interessanti e importanti manifestazioni ar tistiche di questi ultim i armi. Mirabile spontaneità artisti ca degli italiani — ancora quel la che ora, son due secoli li fece padroni dei teatri del mondo, — mirabile spontaneità italia na che sempre rinnova i suoi artisti, che da sola continua la tradizione e fa vivere — senza guida, senza aiuti 1 — i l nostro teatro. Per questo sarebbe ne cessario che tanto valore degli artisti nostri abbandonati a lo ro stessi trovasse finalmente, in un ordinamento totale del tea tro e in un .assistenza economi ca alle loro fatiche, quella se renità che sola può permettere a ll’artista di qualunque arte di dare, nelle opere, la sua piena misura. Diano i commediogra fi italiani le opere che essi me ritano a questo terzetto umori stico dei de Filippo i quali, nella sintesi semplice ed inten sa delle loro rappresentazioni, sembrano talvolta toccare ad dirittura quell’essenzialità es pressiva elle è propria della pantomima, forma suprema dell’arte drammatica nell’atto re, dato che il magistero del l ’artista raggiunge il massimo della sua espressione non quando la parola del poeta lo sostiene, ma quando la parola tace, quando il gesto e lo sguardo, cioè i soli mezzi del l ’interprete drammatico, fer mano e danno allo spettatore l ’umanità e la poesia. w b J B ill] Facciamo nostre queste pa role di Eugenio Giovanetti — critico equilibrato, sereno, in telligente —- e le riportiamo perciò non soltanto per il pia cere che un articolo di Giovannetti può dare al lettore, ma an che per propagandare ciò che l ’autore giustamente chiama C IN E M A E C IV IL T À N A Z I O N A L E Perché il paese che tutto il mondo addita per la bellezza e l ’entusiasmo della sua gio ventù, debba avere un cinema decrepito, è inesplicabile. Non si sa per qual destino il cine ma italiano debba eternamente intristire entro questo circolo : i mercanti cominciano col fa re un passabile film e allora si trova die noni sono abbastan za artisti e si chiamali gli ar tisti che diventali di colpo più mercanti dei mercanti fino a che non si chiamili di nuovo gli autentici mercanti che, al la lor volta, facciali di nuovo desiderare gli artisti. E ’ pos sibile che, nel cinema italiano, un commercio intelligente non possa mai mettersi di accordo con un’arte popolare e viva ce? Tutto sta — si potrebbe replicare •— neU’iiitendersi su quel « popolare e vivace ». Che vuol dir « vivace » in fat to 'di produzione filmistica, e soprattutto che vuol dire « po polare » ? Per chi non voglia farsi illusioni su la levatura delle folle cinematografiche, il popolare non è che il perfetta mente volgare, ed il vivace non è che il farsistico se non ad dirittura l ’osceno. Questo vecchio ritornello rappresenta la furberia scettica e non l ’intelligenza creatrice. La vera intelligenza, che con ta su le proprie forze rinnova trici e non su le cattive abitu dini delle folle, non s’adagia mai in siffatte sconfortanti astrazioni. Ella tsa che la folla è quale, di volta in volta, il film la crea : volgare col volgare, sentimentale col sentimentale, generosa col generoso. E pro duce il buon film non pensan do a quel che « andava ieri e quindi dovrebbe andare anche oggi », ma a quel che deve an dare domani, appunto perchè nuovo, chiaro, forte ed univer salmente atteso. Un artista che, appena entrato in uno studio cinematografico, chieda prima di ogni altra cosa: cc qual’è il film che ha reso di più? » è un artista che servirà male tanto l ’arte quanto il commer cio. I l rendimento di ieri, ap punto perchè di ieri, non sug gerirà mai quello di domani : e la produzione fondata sul « quel che va » sarà sempre a priori condannata alla me diocrità e all’insuccesso. Oggi che il nostro cinema accenna a riattivare e a profit tare almeno dell’ora singolar mente favorevole, dobbiamo avere il coraggio di riconosce re che per quasi tre almi, la produzione italiana, salvo qual che onorevole eccezione, non ha fatto che vivere sul « quel òhe va » e che il suo « quel che va » è rimasto, per quasi tre anni, rappresentato dalla versione d’un men che medio cre fihn tedesco. E ’ permesso dire, una buona volta, che la nostra produzio ne, tranne qualche singolo ca so, non ha rappresentato lo spirito italiano? Che non ha ! appresentato nè i l vigore del la nuova disciplina nazionale nè Timpazienza della vecchia scapigliatura? Che ha dato un prodotto da rifare ex novo : una cosa che calunnia la civil tà nazionale, non solo' nel suo gusto artistico ma anche nel suo concreto costume, cioè nel la sua vivace rasserenata mo ralità? ❖ Moti si può continuare di questo passo. La produzione cinemato grafica italiana non può più gin gillarsi in una comicità farsistica 0 sentimentaloide, rifiuto di tutti 1 teatri e di tutta la cosmopoli fil mistica. Non può più restare per molte miiglia al disotto del viven te tessuto della civiltà nazionale, estraniandola a tutti i problemi dello spirito che la civiltà nazio nale non restringe ma ailarga ed universalizza attraverso l’origina lità del proprio punto di vista. Soltanto attraverso un vivace in tuito delle necessità spirituali e morali d’un popolo, il film ritro va le sue attitudini concrete alla conquista del mondo, poiché sol tanto ne! vivente originale tessu to d’una civiltà tutti i popoli ri trovano qualcosa delia loro civiltà e riconoscono [’universalmente umano. L’astratto, il non-nazionale, significa, quasi sempre, nel film, una non-vìtalità e la volga rità più abietta. Gli americani hanno fatto, e fanno, soprattutto, un buon fihn americano, che si rinno vi ogni giorno nel più vivo del loro spirito e del loro costume, e che, ottimista ed energetico, tocchi una fibra universalmen te umana nelle diverse civiltà nazionali e proclami ad un tempo i vantaggi deU’americana. I tedeschi hanno saputo dare, attraverso la loro cultura nazionale, un’impronta tipica mente psicologica al loro fihn da cui tutti i popoli dell’orbe cinematografico aspettano or- CINEMA E CIVILTÀ’ NAZIONALE mai la parola .audace della profondità. G li stessi czechi, attraverso un erotismo ango scioso, che appartiene alla lo ro natura, si sforzano ora, col Machaty, di creare un film na zionale, come un film nazio nale avevano creato gli svede si con le loro nordiche desola te leggende. E se al film fran cese, come a11’inglese, è sem pre mancato l ’impulso vitale, la cosa è dovuta precisamente alla mancanza d’uno spirito nazionale nel film, cioè alle troppe .aride astrazioni o d’uisa intellettualità raffinata o di un mercantilismo gretto. Per correre il mondo, per diven tar cosmopolita, i l film ha b i sogno d’un particolare timbro spirituale, che solo un popolo può dargli. Una produzione non nazionale in questo spiri tuale significato, vuol dire una produzione eternamente acco data e ristretta ai pezzi da mu seo o .agli avanzi di magazzino. M Fascismo non chiede ai film italiano che la vitale unità dello spirito creatore. Non gli ha im posto tesi politiche d’alcun gene re, perchè non ne ha bisogno, ha dato al cinema una fiduciosa protenzione e lo ha lasciato alla sua produttività, supponendola « a priori » artistica e nazionale. Dobbiamo augurarci che, da •oggi in poi, i fatti giustifichino questa generosa supposizione meglio di quel elle non l ’ab biano giustificata finora. ❖ Per concludere, fatto spiri tuale e fatto economico, fatto artistico e fatto commerciale, sono un’unica cosa in una pro duzione filmistica ben conce pita. E non si può più conce pire un cinema assente dalla vita morale e colturale del po polo da cui emana, un cinema tutto fatto di scampoli, senza alcuna idea di realtà sociali e di problemi morali, un cine della vita. La solidarietà naziona ma tutto teatro e bottega. Que le serve ad innalzare i valori spi rituali d’Italia e non a coprire le sto agnosticismo, riprovevole e piccole immondizie dei singoli. dannoso anche commercial I volenterosi che s’accingo mente in tu tti i paesi del mon do, sta diventando intollerabi no a tentar qualcosa di buono le in Italia, dove qualcuno im •nella ripresa cinematografica magina ancora, a questi lum i di questi giorni sanno, del re di luna, che, per fare un film, sto, perfettamente di non poter basti rifriggere sapientemente contare su complicità di que in fotografia qualche vecchio sto ¡genere: e non ci contano. .motivo di teatro. E di che Soli i mestieranti e gli imme ritevoli sono sempre quelli, che teatro ! Chiamiamo, una buona volta, co! reclamano, burlandosi, solida suo vero nome, «indegna» que rietà e protezioni. La brava sta vecchia poltiglia teatral-filmi- gente non conta che sul pro stica, che qualcuno penserebbe an. prio lavoro : ed è da questa cara a manipolare con l’idea fur onesta e coraggiosa gente che besca di profittar d’un momento in cui « tutto va ». Niente va, si la civiltà nazionale italiana gnori, di quel ohe non convenga aspetta il fihn popolare e vi alla dignità del nostro paese. Non vace, spiritualmente elevato, c’è bottega che tenga di fronte degno di lei. alla grazia e alla serietà d’un po polo che ha ritrovata un’alta idea CONCORSO PER UNA COMMEDIA DI IDEALI DEL FASCISMO BANDITO DALLA COMPAGNIA DI TATIANA PAVLO VÀ H La Compagnia drammatica Tatiana Pavlova indice un concorso fra autori italiani per una commedia inedita che « rispecchi in una espressione di vita gli ideali dei Fascismo ». il lavoro vincitore della gara sarà premiato con lire tremiia e verrà rappresentato a Roma nei mesi di febbraio e marzo 1934-XIi. Al secondo ed al terzo classificati verranno assegnati premi di lire mille caduno. I la vori dovranno essere inviati all’Amministra zione della Compagnia, Firenze, via Ricasoli, 9, presso il rag. U. Panfili, non oltre lì 30 dicembre 1933. Gli autori dovranno ri lasciare il loro nome, cognome e indirizzo, senza obbligo di pseudonimi o di motti. La Commissione giudicatrice sarà composta da Silvio d’Amico, Anton Giulio Bragaglia Lamberto Picasso, Franco Liberati, Ermanno Contini, un rappresentante della Corporazio ne dello Spettacolo, e un rappresentante del la Società degli Autori. L’incasso della prima rappresentazione, compresi i diritti d’autore, verrà destinato alle Opere assistenziali dei Partito Nazionale Fascista sa " I l Dramma,, pubblicherà la commedia prem iala ed il compenso sarà versalo alle Opere Assislenziali del Regime IATTO i I E A U T O R ^O A V A N Mentre profani e competenti, tra i quali anche autori d’ingegno, si affan nano a dire ohe bisogna creare uno spe ciale teatro radiofonico, la pratica — maestra sapientissima — ha insegnato che i lavori che ottengono maggior suc cesso presso i radioascoltatori sono ap punto gli stessi che possono felicemente affrontare le battaglie del palcoscenico. Però la radio deve sape?' tradurre au ditivamente tutto quanto nel teatro è visivo; problema, questo, di non diffi cile risoluzione, dato che alle didasca lie del testo scritto si possono benissi mo sostituire le descrizioni: parlate. Tutto dipende dall’abilità del direttore artistico che deve sapere, attraverso semplificazioni, sintesi, tagli, emenda menti, compiere questa « traduzione » o riproduzioni integrali affidandosi per i l resto ad attori abituati alle esigenze della radiotrasmissione. In Inghilterra, in America, in Ger mania -e in Francia s’è prospettato e di scusso con fiumi di parole i l problema del teatro radiofonico: ma quando gli autori più geniali si sono accinti alla creazione di esso, non hanno saputo co struire nulla di nuovo che meritasse ve ramente una speciale definizione. Se Tristan Bernard, che si è illuso di dare vita ad un teatro per la radio ha ottenuto qualche successo, ciò lo si deve soltanto allo spirito e all’umori smo finissimo d i questo piacevole scrit tore. Tristan Bernard non ha saputo far di meglio che ammanire al pubblico una gustosa dose di battute comiche, tipo cartoline del pubblico, come sono già state introdotte da tempo nella sceneggiatura di tutte le riviste col no me di « Sketches »; cioè ha composto un teatro frammentario di nessuna im portanza, che è rimasto nel campo « dei numeri di varietà ». Per fare veramente qualche cosa di nuovo, si potrebbe forse immaginare e architet tare un lavoro pur amente simbolico dove gli at tori, avvalendosi delle illim itate estensioni spa zi ah di un ipotetico scenario radiofonico e deirunico elemento drammatico a disposizione, cioè, la voce, si esprimessero in un fantastico dialogo che si sup T ^ A I ^ M I C R O F O N O pone avvenire tra forze quasi astrali, metafisiche ed eteree; colloqui tra mondi scono sciuti ; drammi fra gli eroi scomparsi nel mondo dei trapassati... La fantasia umana potrebbe forse tentare uno di quegli ardui voli che, artisticamente parlan do, si limitano all’opera unica o, degenerando nella monotonia di un metodo, perdono subito ogni interesse appena cessata la loro originalità. Quale allora i l metodo tanto difficile e ansio samente cercato da suggerire agli autori del no stro tempo che vogliono scrivere per la radio? E ’ molto semplice: continuare i l sistema degli antichi, cioè scrivere buoni lavori teatrali. I l che, oseremo dire, potrebbe consigliarsi in tu tti i tempi e in tu tti i paesi, a tu tti gli au tori. Se dagli autori passiamo agli attori, altre considerazioni si affacciano alla mente. Nell’attuale disorientamento artistico clic ac compagna la crisi teatrale, si è spesso verificato il fenomeno della improvvisazione. Abbiamo as sistito in qualche cinematografia a ll’apparizione di un divo sorto per incanto o, sul palcoscenico, alla rotazione di tuia intera compagnia di satel liti intorno ad un astro, meraviglioso soltanto per la sua impreparazione; a dire i l vero tu tti questi attori di occasione sono subito scomparsi. Ed era prevedibile : la recitazione è una fun zione artistica che può essere esplicata da una persona che per la sua speciale vocazione, inte grata da uno studio assiduo e intelligente, sap pia proiettare oltre di sè una creatura irreale simile ad una vera, trasfondendo in essa una condensazione di sentimento oggettivo che, pur mantenendo viva la passionalità, sia uno sforzo d’arte e non unicamente un impulso istintivo di vita. Non è il cieco che sulla scena può interpretare la parte del cieco, non è la madre dolorante che può gridare sulla scena i l suo tonnento, non è l ’orfano che può piangere il suo dolore. Se lo spettacolo della vita potesse essere lo spettacolo dell’arte, i l teatro non avrebbe ra gione di esistere: esisterebbe soltanto la com media umana. E così anche l ’attore della radio non può es sere improvvisato perchè proprio egli, pur su- ETTORE PIERGIOVANNT perándole, perde tutte le possibilità derivaalti poi, a mano a mano che il lavoro lo suggestiona, dal fascino fìsico e deve soltanto, con la modu la finzione scenica viene anch’essa superata e su lazione della voce e con la dizione precisa, signi bentra ad essa una compenetrazione completa ficare ed esprimere sinteticamente tutta la ric che è la stessa vita dello spettatore innanzi alla chezza psichica del personaggio affidato alla sua oggettività dello spettacolo. interpretazione. Invece il radioascoltatore partecipa più diret I l microfono non nega all’attore soltanto le tamente e più intensamente al dramma perchè, sue possibilità abituali perchè lo priva della mentre la radiotrasmissione lo attrae con la sua personalità fisica, del trucco, del vestito, della obiettività, impegna virtualmente anche le ener finzione scenica, delle luci della ribalta ; ma so gie soggettive dii chi ascolta stimolando la sua prattutto lo va minorando perchè gli toglie il fantasia a immaginare, per così dire, a (• La prima rappresentazione del « Turtufo » di Molière su scitò molto scalpore: i bigotti protestarono e il Parlamento «.prò toono ipacis » ne proibì la rappresentazione. Il pubblico era già raccolto in teatro quan do giunse il veto. Allora Mo lière s’indirizzò al ipubblico con questa allocuzione: « Signori, noi avevamo fiatto conto anche questa sera di dar vi del Tartufo ma il signor Presidente non vuole e ce ne dispiace! ». $$ Qualche giorno fa un gior nale di Berlino pubblicava la fotografia di un curioso avvi so, apparso sui muri di Dresda nel 1849 per ordine di Von Opipel, capo della Polizia. Ec cone il testo: Ultimo atto, scena madre. Fisionomia roman «Si ricerca il maestro di cap tica da brumista milanese, tuba e pipistrello pella del Re, Riccardo Wa L ’A U T O R E da duello alla pistola, il giovane autore (il se gner, domiciliato a Dresda, le che muore dà una aspetto decrepito an cui caratteristiche sono qui Apolloni, il geniale dise colo che agli uomini di trentanni) segue ansiosa sotto indicate. gnatore, pubblica nella mente battute. « Wagner è accusato d’aver « Tribuna » dei riuscitissi intornoleaultime lui, in silenzio, ammiratori, mece partecipato ai tumulti recenti, mi e divertenti « Piccoli nati, gazzettieri. ma fino ad ora è irreperibile. panorami della preisto giusto momento esplode l’applauso. Tutti gli uffici di polizia sono ria ». Si tratta di un dise Al pregati di eseguire l’arresto e gno raffigurante costumi e Tout ce joli monde sa apprezzare l’inge di informarne immediatamen caratteri di un’epoca sor gno. Il giovane .autore sarà portato in palma mano, farà scuola, diventerà cher maitre: te la Prefettura. passata, non soltanto come ildi teatro italiano avrà il suo autore. «Dresda, 16 maggio 1849. esteriorità ma anche come Peccato che nostra lingua non consenta « Caratteristiche: Riccardo mentalità e moralità. Se la grazia e la la Wagner, sui 37-38 anni, statu gue il testo, anche di Apol Esprit, esprit! precisione dello stile francese. ra media, capelli castani, porta loni, arguto e ironico, co Pure si fa di tutto perchè l’atmosfera sia pa gli occhiali ». me questo che riproducia. rigina il più possibile. as II dottor Mario Musella, si mo dimostra: Bois, Lussemburgo, Montmartre, Maddalena, sa, è un appassionato del tea Sai Sulpizio, Le Figaro, ullalà! tro e soprattutto dei camerini Il signore è visconte e dice: «Ebbene, sì! ». Il colonnello è moschettiere, delle attrici le quali lo ricevo arrota l’erre, ha la giubba nera e gli enormi pantaloncioni rossi. no con molto piacere perchè Che successo sarebbe se l ’attore brillante, ad un certo momento, potesse tra una chiacchiera e l’altra esclamare: m— Il pubblico sarebbe veramente riconoscente al suo autore trovano il modo di sbafargli della irresistibile risata, qualche consiglio medico. il Teatro, il Teatro vero e grande ne morrà? Ma Musella è soprattutto un Oh, giammai della vita! Testo e disegno di uomo di spirito e riesce ad asti eludere le domande perchè non ama di sentirsi in veste pro fessionale quand’è in teatro. Un’attrice gli disse un v Umberto Melnati legge sul giornale: « Ieri, al giorno: l’ufficio degli oggetti smarriti, è stato consegnato: — Dottore, io ho mal di fegato, continue emicra un sassofono, un cavaturaccioli, un bidone di ben nie, palpitazioni di cuore, dei reumatismi e un gran zina, un campanello di bicicletta e un fucile «Flobert ». mal di denti. Che ne pensate? —• Ah... — rispose Musella, ammirato — penso che Melnati s’è rivolto questa domanda: per sopportare tutti questi mali dovete avere una — E chi sarà quel «jazz-band » che ha perduto tutta questa ¡roba? salute di ferro! PliOPRIETÀ LETTERARIA E ARTISTICA RISERVATE A-R-S (Anonima Roto-Stampa) Via Monti, 9 - Torino — ernesto scialbi, responsabile PRODOTTO IT A L IA N O H M m U M d ìé $ ù H ù § m s u f te c e ie c o d U t a M M § & a W ( tia c u à tic a 1 0 v a tv o te > A lt o p a r la n t e e le ttr o d in a m ic o • C o m p e n s a z io n e a u t o m a t ic a d i v o lu m e (a n tifa d in g ) * D o p p io r e g o la to r e d i to n a lità - C o m a n d i c o n in d ic a z io n e c o lo r a ta - I n d i c a to r e lu m i n o s o d i s in to n ia A m p lific a z io n e d i p o te n z a a c o n tro fa s e - F o n o g r a fo c o n m o to r in o e le ttr ic o a d o p p ia v e lo c ità - C o m p e n s a z io n e a c u s tic a d e l m o b ile c o s tr u ito in fin is s im a ra d ic a U R I 4 1 5 © Valvole e resse governative comprese, tscluso l’abbonem. elle radioaudizioni. VENDITI! ANCHE A RATE PRODOTTO ITALIANO PRESSO ! M IG LIO R I R IV E N D IT O R I S M la s ig a r e tt a I G A A T R O E S e g iz ia n a f a b b r ic a t a T S T I A E M e s c lu s iv a m e n te a l C a ir o e In v e n d i t a p r e s s o l e p r i n c i p a l i r i v e n d i t e d i t a b a c c h i e l o c a l i d i lu s s o

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Il dramma : rivista mensile di commedie di grande successo. - Torino : Grandi firme, 1925-1992.

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