A N N O X V - N . 3 1 0 15 L u g lio 1 9 3 9 -X V II A H a g a m a q u in d ic in a le d i commedie d i grande successo d ire tte da l l l C Ì O r id e n ti S O C IE T À E D I T R I C E T O R I N E S E - T O R IN O L i r e l i S O SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE | ■v *S*[ " •è-*itr***> ***«**««««>■ \ ■'•■■:■ ^ ' ■ -..*•• .- -, £■vst.1 ’?*.*,,“t- "t„ \ .^ i >-.. , ■ ,, ^ .vVS 'f * ^ ^ A ~ ., / ■ / ï V . <'*- ' 5 , . '.;■ V-Ìm' ■v, ;v^ 4 .■ . . .. " S E S T R I U N E R M E S E * E D I E S G O L F T A A 2 0 0 0 T E M E T R I RIAPERTURA D A L 25 LU G LIO DEL G R A N D E ALBERG O " P R IN C IP I D I P IE M O N TE „ UN PROGRAMMA MAGNIFICO DI GARE IN T E R N A Z IO N A LI * Rivolgersi alla S. A. ESERCIZI SESTRIERE - TORINO VIA 9 MAGGIO 19 - TELEFONI 53.955-956 S E S T R I E R E MERAVIGLIA ANCHE D'ESTATE □ Z E 2 3 3 i i I FORNITORE REAL CASA S. AR IL ppinc di Piemonti S.À.R. It, C DU TO S.A.R.u. OC NA TEDIDi5P TO OLE RIN O 5- a. R. iL DUCA Di BERGAMO C O M PLETO A B B IG L IA M E N T O M A S C H IL E C O A D ’A S D N S I M P A O I C T (IL G N U I M R O N R A I A A Z I N I O N E O TO R O ) S O C IE T À * P E R A Z IO N I Capitale Sociale L. 18.000.000 - Riserve oltre L. 108.000.000 SEDE E D IR E ZIO N E G ENERALE T O R IN O Via Maria Vittoria 18 (Palazzo Proprio) Sinistri pagati: dalla fondazione oltre L. 274.000.000 Capitali assicurati: oltre 27 miliardi È LA PIÙ A N T IC A C O M P A G N IA A N O N IM A D ì A S SIC U R AZIO N I A U T O R IZ Z A T A DA C ASA S A V O IA FONDATA CON RR. PATENTI DEL RE CARLO ALBERTO IL 5 GENNAIO 1833 INCENDI - VITA - RENDITE VITALIZIE - INFORTUNI • RESPON SABILITÀ CIVILE - GUASTI -GRANDINE • FURTI - TRASPORTI O L T R E 200 A G E N Z IE G E N E R A L I IN I T A L I A Agenzie M andamentali in tu tti i p rin c ip a li Comuni A M O XV m 15 L u g lio 1 9 3 9 - X V II m M q u in d ic in a le d i g ra n d e m d i \ . 310 m c o m m e d ie s u c c e s s o , d ir e tto d a L U C IO R ID E N T I V UFFICI CORSO VALDOCCO, 2 - TORINO - Tel. 40-443 'HIV FASCICOLO I . 1,50 - ABBONAMENTO ANNUO !.. 30 ■ESTERO 1. 60 Il Teatro drammatico è in un periodo di grande ascesa, soprattutto per merito degli attori. Se non fosse un pa ★ radosso, potremmo scrivere: « non ci sono più che attori R I N A di primissimo piano ». L’ecce M O R E L L I zionaiità di questo periodo fe fDisegno di Onorato) lice è stata creata in massima dalle attrici, dalle giovani e dalle giovanissime. In ogni fascicolo della nostra rivista pos siamo segnalare ima « scoperta » della critica e del pub blico; ogni quindici giorni noi riportiamo giudizi nei quali cercare l’equilibrio degli aggettivi è una fatica. Più grande conforto non potremmo avere, noi che amiamo il teatro, e questo contributo di valorizzazione diamo disinteressata mente, portando in primo piano gli interpreti più apprez zati, gli autori più meritevoli. E ancora una volta ritorna in copertina Rina Morelli, l’esile e soavissima Rina, che della recitazione ha fatto per fezione, che alle creature che interpreta dona la sua vera e squisita sensibilità. Durante l’Anno Teatrale, appena con cluso, Rina Morelli ha legato il suo nome al candore in genuo della fanciulla di « I giorni felici » di Pouget, come l’anno prima aveva incantato tutti in « La scarpetta di vetro » di Molnar. La Morelli rimarrà anche nel prossimo Anno Teatrale nella Compagnia del Teatro Eliseo, dividendo la sua bella fatica d’arte con Andreina Pagnani, Gino Cervi e Paolo Stoppa. C O P E R T IN A • HANNO COLLABORATO A QUESTO FASCICOLO: N IC O L A M A N Z A B I con la c o m m e d ia in tr e a t t i T U T T O P E R L A D O N N A ACHILLE VESCE: STATO E TEATR O ; LUCIO R I DENTI: V I ACCOMPAGNO DA...; D INO FA LC O N I: CINEMA; SEMPRE LE STESSE COSE...; ENRICO ROCCA: MA LA C R IT IC A ...; L U IG I A N T O N E L L I: INSOFFERENZA?; CRONACHE FO TOG RAFICHE; RUBRICHE VARIE; TERMOCAUTERIO. IN S O F F E R E N Z A ? Un commediografo amico mio si sfo gava con me a proposito dell’intolleranza del pubblico italiano per le scene troppo lunghe. E osservava: «Guarda i pubblici stranieri, guarda specialmente il pubblico francese. Rimane inchiodato al suo posto e sorbisce pazientemente ogni cosa per chè ritiene che la fatica del commedio grafo vada tutta rispettata. Infatti esso segue le lunghe scene sentimentali di Bataille in silenzio perfetto. Eppure gli amanti di Bataille non si sbrigano mai! Ma il pubblico francese non batte ciglio ». — Ebbene? Che vuoi concludere? — Voglio concludere che il pubblico italiano, invece, è insofferente e che bi sogna filare diritto e in fretta. Se si tra duce una commedia non si fa che tagliare, tagliare! Se appena appena due situazioni hanno un punto di contatto tra di loro, bisogna eliminarne una perchè basta una sola, a patto che sia corta. Se l’autore indugia, il pubblico comincia a mormo rare e a beccare: grida: Basta, basta con le parole. Il pubblico vuol sapere, in so stanza, come la vicenda va a finire. E* triste. — Non ha tutti i torti. E* un pubblico che ama le esposizioni sintetiche, brevi e succose. — Sì, ma vedi che succede? A furia di volerle brevi e succose, le scene, gli autori adesso scrivono gli atti che durano venti minuti! Quando tu credi che l’autore sia arrivato al momento giusto per presen tare i suoi personaggi, e aspetti che li presenti, l’atto è finito. Tu allora guardi stupefatto il velario che ha improvvisa mente chiuso l’atto, ma non fai in tempo a vederlo chiuso che si è subito riaperto per gli applausi. E non si è ancora co minciato ad applaudire che già si è ri chiuso e riaperto. In mezzo minuto si è aperto e si è chiuso sei volte! Anche il velario degli applausi va in fretta. Se guitando così si avvezza il pubblico a essere sempre più intollerante. Infatti esso non tollera neanche le scene senti mentali quando necessariamente si pro lungano per maturare uno stato d’ani mo. Non tollera nemmeno i baci troppo lunghi! Anche in questo la prima attrice e il primo attore bisogna che si sbrighino! — Credo che tu sia in errore. Il pub blico non mi pare insofferente agli atti troppo lunghi. Se gli sembrano lunghi, vuol dire che lo annoiano. Se lo diver tono, vuol dire che passano in un soffio e gli sembrano brevi. — Oh! L’hai detta la parola: divertire! Sicché bisogna dare al pubblico le solite farse? Portarlo sempre più pericolosa mente verso un teatro frivolo? — Ma no: dico divertire per dire in teressare. Non s’interessa (non si diverte) forse il pubblico ai dialoghi di Platone? S’interessa al punto che qualche spetta tore è tornato a sentirseli quattro o cin que volte! I primi atti di certi autori, che durano venti minuti, se non dicono nien te sta pur sicuro che non serviranno a niente, anche se per il momento servono a farsi applaudire... — Allora tu non ammetti che il pub blico italiano sia insofferente? — Ma no... — Allora come spieghi che mi ha fi schiato la commedia? L u ig i A n fo n e lli 1 1 0 ! I COMMEDIA IM TR E A T T I R a p p re s e n ta ta d a lla DI N IC O L A c o m p a g n ia II reparto «pro fumi » dei Grandi Magazzini «Tutto per la donna » fon dati nel 1851. Am ELSA DTJCRO*, proprietaria biente severo, ma dei Grandi Magazzini - GIAN non freddo. Alla NI, commesso - CARMELO, parete di fondo lun commesso - MARIA, commes go banco sul quale sa - JULCI - Il professor PA- sono bottiglie di NARDI - IL DIRETTORE acqua di Colonia e GENERALE - IL GIORNALI alcuni spruzzatori. STA - UNA CLIENTE -■ UN Alle altre pareti, FATTORINO - UN FOTO scaffali con bottiglie di tu tti i colori. GRAFO. Dietro il banco un Oggi, in una 'grande città. telefono a muro. A destra del banco un grande arco che mette negli altri reparti della Ditta: s’intravedono, infatti, file di scaf fali e in fondo una scala che conduce ai piani superiori. A sinistra, avanti, ima grande porta a vetri molto lumi nosa. E’ mattina. (Carmelo, tipo di impiegato rriodello, giovane, ma molto timido, è su di una scaletta e volge le spalle al pubblico. Quando si volterà, si vedrà all’occhiello della sua giacca la placca di metallo con le iniziali T.P.L.D. (Tutto per la donna), che è il distintivo dei commessi dei Grandi Magazzini. Carmelo sta frugando negli scaf fali. Non s’accorge perciò dell’ingresso di Maria. Maria indossa Fabito azzurro, che è Vuniforme delle com messe, con la stessa placca di metallo di Carmelo. Ma ria è un po’ stupita nel sentire Carmelo che parla solo. Carmelo legge le etichette delle bottiglie). Carmelo — Non dimenticarmi... Fiore di primavera... Maria — Buongiorno, signor Carmelo. Carmelo (senza voltarsi) — Dimmi di sì... Desiderio d’amore. Maria (più forte) — Buon giorno. Carmelo (c. s.) — Buon giorno... Ambra dorata... (Con un grido) Sognami tutta... Eccolo. (Ridiscende) Buon giorno, signorina Maria. Sapete dirmi ichi ha messo qui questa bottiglia di «Sognami tutta »? Maria — Io no, certo. Carmelo — Non alludo a voi. Ma è la terza bottiglia che trovo nel mio reparto. Se la signorina Elsa viene a saperlo, ci andrò di mezzo io. Sapete bene che ha ordinato di non venderne più nemmeno una bottiglia dal giorno in cui quella cliente reclamò™ Credete che M A tA N Z A R ! D e S ic a - R i s s o n e - M e l n a t i debba redigere un rapporto o tenere la cosa sotto si lenzio? Maria —• Quanti anni avete, signor Carmelo? Carmelo (lusingato) — Trentuno. Perchè, v’interessa? Maria — Perchè, per la vostra età, avete abbastanza fissazioni! (Trilla il telefono. Maria va all’apparecchio) Pronto?... Grandi Magazzini «Tutto per la donna», reparto profumi... Sì, signora... una Colonia ambrata?... Va bene, signora... Corso Garibaldi, diciotto... (A Car melo) Perbacco!... In una settimana abbiamo venduto solo tre bottiglie... Se la signorina Elsa si ostina a non spendere nemmeno un soldo in pubblicità, andremo in rovina... Carmelo — La signorina Elsa ha sempre ragione! Maria (ironica) — Già... «La vera pubblicità è la bontà della merce! »... Carmelo — Preferireste che la signorina Elsa invece di essere quelTintegerrima industriale che è, seguendo l’esempio del nonno e del padre, cominciasse a con cludere affari disonestamente speculativi? Cosa acca drebbe allora dei Magazzini e di noi stessi? (Trilla il telefono. Carmelo va all’apparecchio) Pronto?... Sì, re parto profumi. (Inchinandosi) Riverisco, signor Diret tore... sta bene, signor Direttore... Dò subito disposi zioni... I miei rispetti, signor Direttore. Marla — Che vuole l’eminenza grigia, l’integro cu stode della tradizione? Carmelo — M’ha ordinato di avvertire tutti che fra trenta secondi la signorina Elsa inizia l’ispezione dei reparti... (Guardando Vorologio) Fra un minuto scen derà al terzo piano, fra centottanta secondi sarà al re parto biancheria, fra trecentosessanta al reparto abbiglia mento... e fra quattrocentoventi secondi, pari a sette mi nuti primi, sarà qui. Volete avvertire, per favore, i col leghi degli altri reparti? Maria (avviandosi) — Subito. E’ una cosa ridicola, ma la tradizione innanzi tutto. (Dal fondo gridando) La signorina Elsa e il signor Direttore hanno iniziato l’ispezione. (Di dentro si sente una voce che ripete la frase: «La signorina Elsa e il signor Direttore hanno iniziato l’ispezione », e il grido è ripetuto ancora altre due volte, di reparto in reparto, ed è seguito da un brusìo come se tutti i commessi ponessero in ordine della roba). Sono ottantasette anni che dura questa sto ria. E’ commovente vedere come la stupidità umana possa cristallizzarsi fino a questo punto. Carmelo — Signorina, senza l’ordine e la disciplina la vita sarebbe un’anarchia. TUTTO PER LA DONNA Maria — Naturalmente voi approvate perchè siete un pedante. Ma io, grazie a Dio, non sono ancora mummi ficata e rido nel vedere la signorina Elsa che ogni mat tina alle nove e otto minuti ispeziona i reparti, solo perchè suo padre e suo nonno facevano così. Carmelo — Voi non capirete mai la forza della tradi zione. (Guardando l’orologio) Ma che fa Gianni? Sono le nove e un quarto. Se la signorina Elsa s’accorge che non è ancora venuto, sta fresco. Maria — Non preoccupatevi per il vostro caro Gianni. Con la sua faccia di bronzo riuscirà a cavarsela come sempre. Mentre voi vi confondete anche se dovete dare spiegazione del gesto più innocente e tutti vi credono colpevole... Di questo passo quel pallone gonfiato diven terà Caporeparto e voi... beh, è meglio non parlarne perchè mi fate rabbia. Ma come fate ad andar d’ac cordo? Carmelo — Siamo cresciuti insieme: abbiamo rotto gli stessi vetri..., tagliuzzato gli stessi banchi..., siamo stati traditi dalla stessa donna..., no, veramente il tradito sono sempre stato io... Così nascono le amicizie! Maria — Infatti lui ne approfitta per sfruttarvi. Carmelo — No, è soltanto un po’ egoista, ma in fondo non è cattivo. Maria — Molto in fondo, direi. Carmelo — Vedete, è sempre stato così. Anche da piccoli, quando giocavamo ai «eow boy», a me toccava fare sempre il cavallo... mentre lui era sempre il «cow boy », mai che accadesse il contrario... e così dovevo portarlo in groppa... Ma è il suo carattere, questo... co mandare è il suo sogno! Maria — Ma ora perchè non ve ne liberate? Carmela — Eh... no..., adesso c’è qualcosa ancora che ci tiene uniti. Maria — Che cosa, se è lecito? Carmelo — Il canto. Siamo soci della stessa società corale. Maria (sorpresa) — Voi cantate? Carmelo — Sì. Sono il terzo, nel coro, cominciando da sinistra. Gianni invece è il secondo in prima fila. Le nostre voci si completano a vicenda. Maria •— Voi cantate?... E perchè non mi avete mai invitata? Carmelo — Più in là... più in là. Adesso sono ancora in terza fila e non mi si vede bene. (Semplice) Ma appena cala la voce a qualche collega, che è innanzi a me, io prenderò il suo posto... Allora v’inviterò. Maria — E quant’è che aspettate... quest’abbassamento di voce? Carmelo — Due anni... ma in questo tempo ne ho fatta di strada... Ero l’ultimo in fondo, pian piano sono arri vato in terza fila. Io sono paziente. Arriverà il mio giorno... (Si odono dall’interno trillare insistentemente dei cam panelli. Poi un gran silenzio). Maria — Il cerimoniale si svolge con regolarità cronometrica... segno che tutto va bene. Carmelo — Povero Gianni!... Silenzio: eccoli. Appare Elsa seguita dal Direttore dei Grandi Magaz zini. Elsa è giovane, graziosa, ma rigida, severa. Veste un «tailleur » molto maschile e una camìcia con collo e cravatta II Direttore ha circa settant’anni. Tipo di bu rocrate integerrimo. Evidentemente i due annettono grande importanza alla cerimonia mattutina dell’ispezione dei reparti. Infatti avanzano lentamente, seri, dignitosi come in un vero cerimoniale. E’ la tradizione che continua: oltantasette anni di serietà commerciale). Carmelo e Maria (si sono irrigiditi dietro il banco e salutano i due con un leggero inchino. Poi insieme) — Buon giorno, signorina... Buon giorno, signor Direttore. Elsa — Buon giorno, signori. Tutto in ordine? Maria e Carmelo — Tutto in ordine, signorina. Elsa ■ — Non mi sembra. Dov’è il signor Gianni? Carmelo (confuso) — E’ uscito un momento. I l Direttore — Senza permesso? Carmelo (c. s.) — Si trattava di cosa urgente. Elsa — Ah, sì? Volete spiegarvi?... Carmelo (c. s.) — E’ andato... (Colpito da un idea). E’ andato a comprare l’ossigeno per sua zia che sta tanto male! Elsa — L’ossigeno? Carmelo — Sì,.. E’ gravissima... L’unica zia, poverino! Gianni (allegro, disinvolto, sicuro di se. Entra sorri dendo, per nulla preoccupato dalla presenza di Elsa) Riverisco, signorina... I miei rispetti, signor Direttore. Elsa — Buon giorno... Come sta vostra zia? Gianni (sorpreso) — Mia zia?... Bene, grazie. Carmelo (gli fa dei cenni disperati) — Ma no... tua zia... quella che sta tanto male... Gianni — Ah... mia zia... zia Giuseppina... al solito, putroppo... Elsa — Non guarirà? GiANN! — Capirete... la paralisi... può andare avanti un anno... due... magari dieci... poi un giorno... Elsa — Perfettamente. (Al Direttore) Multateli tutti e due... (Indicando Gianni) Dieci. (Indicando Carmelo) E venti... Buon giorno, signori (Se ne va, seguita dal Di rettore). Carmelo — Ecco quello che mi capita per salvarti... Venti lire. _ Gianni — Lascia andare... il danaro è una realtà d or dine inferiore. Carmelo — Già... Allora perchè me ne chiedi sempre? Gianni — Perchè sei un amico... Preferiresti che mi rivolgessi ad un estraneo?... Via... Sta’ allegro... Il sole splende... la vita è bella e la signorina Maria ha un sor riso che è un amore. Maria — Che c’entro io? Gianni — In tutta l’Europa non c’è un sorriso più bello del vostro. Vi par poco?... Carmelo (a Maria) — Non gli date retta. Dice co6i a tutte. Maria — Lo so. Non m’illudo. (A Carmelo, dura) Ma a una donna fa sempre piacere sentire certe cose. (Se ne va). Carmelo — S’è offesa... Perchè? Gianni — Perchè non sai farle la corte... perchè non le dici mai nulla. Eppure sono tanti anni che hai la for tuna di vivermi vicino... di vedermi in azione... Non capita tutti i giorni un maestro fuori classe come me... Ma tu... niente, non impari mai... son sicuro che ancora non hai baciato Maria... Carmelo — Certo!... a me non piace illudere le ra gazze, come fai tu. Quando sarò Caporeparto chiederò a Maria se vuol essere mia moglie. Prima no. Gianni — Bravo... E se... aspetta oggi, aspetta domani... un altro te la soffia? Carmelo — Ehi, dico... non hai mica intenzione... Bada!... Questa volta io non mi ritiro. (Cambiando) La sciala stare, ti prego. Che te ne fai tu di una ragazza come lei? Una più, una meno... Ma io le voglio bene. NICOLA MANZAJU Gianni — Ma sì... figurati!... Ti piace? Te la lascio. Carmelo —• Già, dici sempre così... poi me le porti via. Bell’amico! Gianni — Sfido!... Tu parli loro dell’anima... l’annoi. Io invece vado subito al sodo... Che posso farci se pre feriscono me? Carmelo —• Maria è una ragazza seria. Gianni —- Meglio così... Ho altro da pensare adesso. Caccia grossa questa volta. Carmelo — Auguri. Gianni — Eh sì!... Magari bastassero gli auguri!... Car melo, devi farmi un grande favore. Carmelo — No, t’avverto, se si tratta ancora di danaro è inutile. Gianni — Ecco... vedi come sei... gli altri debbono sacrificarsi per te. Ma appena un amico ti domanda un piccolo favore... niente... Così, oseresti abbandonarmi proprio ora che sto per acciuffare la fortuna? Carmelo — No... le conosco le tue storie... Non m’in canti più... Sai quanto mi devi? (Consultando un tac cuino) Lire duemila : dico duemilatrecentoquarantotto e quindici. Quando li riavrò? Gianni — Prima di quanto credi. Questa volta la ra gazza è ricchissima. Carmelo — Poveretta ! Gianni — No... c’è poco da compiangere... Si tratta di una cosa seria... Ma mi occorre solo qualche spic ciolo... Carmelo —■ Sentiamo:... quanto? Gianni — Cento. Carmelo — — —• Quest’affermazione mi sembra assurda. I l Professore — Non amo le interruzioni... (Ad Elsa) Avete mai sognato di essere inseguita da un uomo? Elsa — Credo di sì... Perchè? I l Professore — Perchè quel sogno non è che la rea lizzazione più frequente del desiderio erotico. Elsa (è confusa). I l Professore (al giornalista) — Dov’eravamo rima sti?... Ah!... Considerando il sogno come la realizzazione d’un desiderio soffocato, io son giunto a sostenere che due esseri di sesso diverso, venuti a contatto durante il giorno, possono poi incontrarsi in sogno... Da anni cerco l’uomo che possa provare questa mia teoria— Perchè è l’uomo, secondo me, che dà sempre la spinta iniziale a questi connubi che io ho definito «sogni incrociati »_. (Rivolto a Gianni) A proposito, che tipo è questo Carmelo? Gianni — Apparentemente l’uomo più innocuo di que sto mondo. I l Professore — Esattissimo. E probabilmente egli nem meno ricorda quello che fa la notte. Gianni — Anzi egli negherà tutto. I l Professore — Suggestione in tutto simile a quella operante nel sonno ipnotico. I l Giornalista (c. s.) — Sonno ipnotico. I l Professore — E s’è materializzato nei sogni di mol te donne? Gianni — Materializzato? Il Professore — Voglio dire se sono molte... le sue vit time d’amore. Gianni — Tutte le nostre commesse. Basta vivergli un po’ vicino... perchè un giorno o l’altro... tac... I l Professore — E si può interrogarne qualcuna? Gianni — Subito. La prima che capita. (Al telefono) Mandate su una commessa... No, una qualunque... I l Professore — Magnifico! Gianni »— Adesso sentirete voi stesso. (Si bussa alla porta. S’affaccia il fattorino). I l Fattorino (annunziando) — La signorina Maria Berardi. (Entra Maria). Gianni (va incontro a Maria) —- Signorina, di che reparto siete? Maria —■Reparto profumi. Gianni (a Maria) — E’ la prima volta che vi vedo. I l Professore (a Maria) — Signorina, sono il professor Panardi. Certamente avrete sentito parlare di me... Dun que... Dalle vostre risposte la scienza molto attende... Perciò parlate pure liberamente... Avete mai sognato questo Carmelo? Maria (pudica) — Sì, professore. I l Professore — Quante volte? Maria — Spesso. I l Professore — E questi sogni sono... per così diredinamici o si riducono ad una semplice visione? Marli — Non capisco. I l Professore — Insomma, questo Carmelo, quando lo sognate, sta fermo o... agisce. Che fa? Maria (con gli occhi bassi) — Preferirei non ri spondere. I l Professore — Capisco... e ne provate un senso d’an goscia? Maria (c. s.) — Oh, no!... I l Professore — Dunque al sogno si accompagnano sensazioni piacevoli. Maria (c. s.) — Sì. I l Professore — Oso dire che questo sogno, al quale ormai siete abituata, è il benvenuto... Maria > —- Sì. Il Professore — Diavolo d’un uomo! (A Elsa) E quan te sono le vostre commesse? Elsa — Sessantadue. I l Professore — Accidenti!... Oh, scusate... volevo di re... ci vuole una bella resistenza! Gianni —■Già... E non è nemmeno un gigante! I l Professore — Davvero?... Beh..., vorrei esaminare questo fenomeno!... Gianni (al telefono) — Fate salire il signor Carmelo. I l Professore — Presenterò una comunicazione all’Ac cademia di medicina... (Al giornalista) E voi... date ri lievo, colore, all’intervista. Giornalista — In quanto a colore lasciate fare a me. (Il fotografo prepara la macchina e la lampada a magnesio e, pronto, attende l’ingresso di Carmelo. Si apre lentamente la porta e nel silenzio generale, più timido del solito, per tutti questi occhi che lo fissano, appare Carmelo). Gianni — Vieni, vieni Carmelo... (Carmelo avanza lentamente. Appena egli giunge alFoltezza elei professore, il fotografo accende la lampada e fa scattare la macchina. Carmelo e il professore al lampo hanno un identico sussulto). Gianni \(a Carmelo) — Ecco il professor Panardi, il celebre psicanalista che s’interessa molto al tuo caso. NICOLA MANZARJ Carmelo (sbigottito) — Quale caso? Gianni (al professore) — Che vi dicevo?... Non ri corda niente! I l Professore (comincia a girare intorno a Carmelo e ogni tanto gli tasta un braccio e tema di sollevargli improvvisamente le palpebre). Carmelo — Ehi, volete accecarmi? I l Professore — Ma no, vi rovescio solo le palpebre. Carmelo — State fermo, vi dico. I l Professore — Carattere impulsivo, esuberante... Un vero serbatoio di stimoli sensoriali che può proiettare dovunque. Carmelo — Io non proietto niente! I l Professore (col tono che si usa con i malati) — Sicuro... Sicuro... Io vi darò la coscienza della vostra forza... Dopo un mese di soggiorno nella mia clinica, voi... Carmelo — Ma che clinica... Io sto benissimo. I l Professore — Sicuro... siete solo un neurotico. Carmelo — Come? Glanni — Carmelo, tu hai il dovere di aiutare la scienza!... Anch’io ho sempre nascosto questa tua stra ordinaria facoltà... Ma oggi io cedo alla scienza... ai sacri diritti della scienza che trascendono i piccoli egoismi umani... Carmelo — Ma che dici? I l Professore — Straordinario!... Se non avessimo qui la prova vivente, ci sarebbe da dubitare... Carmelo — Che prova? I l Professore (indicando Maria) — La signorina. Carmelo (a Maria) ■ — Anche tu? Maria — Ebbene, sì, Carmelo... Io ti sogno ogni notte... Perchè negarlo ormai? Carmelo — Ogni notte? Maria — Sì... e anche stanotte, non ti ricordi?... Io stavo in un prato tutto fiorito quando improvvisamente tu sei sbucato di dietro un albero e sei venuto verso di me... Sembravi una farfalla! I l Professore — Una farfalla? Maria — Sì, aveva /due grandi ali dietro le spalle e le agitava... le agitava... Quando m’è arrivato vicino ho sentito persino il vento... Allora s’è chinato su di me, m’ha sollevata come un fuscello e mfha portata via in aria... in alto... sempre più in alto... Come si volava bene! I l Professore (urlando) — Il sogno incrociato.., il so gno (incrociato... (Elsa, indignata, esce senza salutare nessuno). Maria (a Carmelo) — Cattivo, perchè non te ne ri cordi più? Carmelo (stordito) — La farfalla.... ero un farfallo... Gianni — Carmelo, ormai è inutile tacere!... Tutto hai affrontato impavido, persino il licenziamento, pur di non trascinare in pubblico il nome di tante donne che ti si sono concesse in sogno... Nobile, cavalleresco atteggiamento!... Ma perchè tacere ancora se esse per prime oggi hanno il coraggio di proclamare alta e forte la verità : «Sì, quest’uomo è il nostro amante... colui che occupa i nostri sogni non appena il sonno bacia le nostre palpebre e ci lascia solo quando il carro del l’aurora appare all’orizzonte »? I l Giornalista — ¡Benissimo. Gianni — Grazie... Perchè tacere, se queste donne osano gridare a tutti, mariti, amanti, fidanzati: «Sì, ogni notte siamo sue, ci abbandoniamo a lui infinite volte e voi non potete punirci perchè nessun codice punisce questo reato »?. I l Giornalista (a Carmelo) — Volete dirci qualche cosa per la nostra edizione della sera? Gianni — No, vi dico tutto io... visto che ho comin ciato... (Lirico) Nacque in un bellissimo mattino di pri mavera... Carmelo (c. s.) — Se sono nato in gennaio! I l Giornalista (a Gianni) — La biografia non serve. Gianni — No? Allora vi dirò come si manifestò la prima volta la sua forza... «Fu una chiara e bella notte d’estate... Si dormiva insieme all’aperto presso i covoni del grano appena mietuto... Ad un tratto mi sento toccare un braccio... Mi sveglio... era lui (indica Carmelo) tre mante e spaurito che mi confida: — Sai, ho sognato An netta... — Era una contadinella di cui tutti noi, bimbi, eravamo invaghiti... Io dico: — Smettila... dormi... — La mattina dopo incontro Annetta che non mi guarda piu in faccia... Le domando: — Cos’hai? — E lei mi fa: — Non mi piaci più... Stanotte ho sognato Carmelo...— ». (Indicando Carmelo) Vedrete che nega anche questo... Carmelo — Non è vero... Non è vero! Il Professore — Magnifico! Gianni — Da quel giorno, in tutti i posti in cui siamo stati... Eccolo dopo un po’... tac... piantarsi nei sogni di qualche donna. Vedrete che nega. Carmelo — Non è vero... non è vero. I l Professore — Signor Carmelo, voi avete un grande avvenire... L’Accademia sarà entusiasta di voi. (Entra il f attorilio con una lettera). I l Fattorino — Signor Carmelo Bolla, un espresso per città. Carmelo (prendendo la lettera) — Un espresso... Chi mi manda degli espressi? Gianni — E aprilo! Carmelo — Già... Permettete? (L’apre e legge. Il suo stupore è enorme). Beh... questa poi!... I l Professore (prendendogli la lettera dalle mani) — Fate leggere. (Leggendo) «Caro Carmelo, mio marito vorrebbe conoscervi, perchè ha sentito tanto parlare di voi nei miei sogni. Volete venire domani sera a cena da noi? Alle otto precise. Vi raccomando la puntualità, perchè niente irrita mio marito quanto l’attesa. Lilly ». Eccezionale! (Intasca la lettera). Carmelo — Vi giuro che non conosco nessuna Lilly... Dovete credermi... I l Professore — Sicuro... sicuro... (Entra il fattorino con un telegramma). I l Fattorino — Signor Bolla, un telegramma. I l Professore (al fattorino) — Date a me. (Prende il te legramma e Vapre. Leggendo) «Tre notti attendoti in vano. Invitoti ultima volta venirmi in sogno. Altrimenti possibile commetta irreparabile follia. Elvira »... (A Car melo) Naturalmente non conoscete nemmeno questa Elvira. Carmelo — Vi giuro di no! Gianni — Non ricordi nemmeno di aver guardato in tensamente qualche cliente che avesse questo nome? Carmelo — Io non guardo intensamente le clienti... Mi limito a servirle. I l Professore — Allora sarà qualche donna incontrata per la strada. I l Giornalista — Per la strada? I l Professore (cattedratico) — Il potere di quest’uomo si può esercitare su di una donna incontrata così... per la strada...: un incrociarsi di sguardi... un lampo di desiderio... capita a tutti, no? Ma per ognuno di noi tutto finisce lì...; invece con lui la donna è impressionata TUTTO PER LA DONNA come una lastra fotografica e la notte... ecco che avviene 10 sviluppo. (A Carmelo) Beh, ora è meglio che veniate con me. Carmelo — Non posso. Gianni — Lasciati studiare! I l Giornalista — La scienza ha i suoi diritti. Maria — Carmelo, va’ col professore. Carmelo (a Maria) — [Anche tu? Gianni Se è per la signorina Elsa, non ti preoccu pare... Sei riassunto nell’azienda, ma sei «distaccato » presso la clinica del professor Panardi finché la scienza avrà bisogno di te. Carmelo — Beh, ho capito ; siete tutti d’accordo ! I l Professore (prendendolo sotto il braccio) — Andia mo..., io vi renderò la coscienza della vostra forza. Carmelo — Sì... sì..., andiamo— all’ospedale... al ma nicomio... dove volete, purché sia finita! (Carmelo esce col professore). I l Giornalista (a Gianni) — Corro al giornale... Sarà un articolo sensazionale. Vedo già il titolo : «Il domina tore della notte... ». Il giornale andrà a ruba. (Via col fotografo). Maria (a Gianni) — Povero Carmelo, siamo stati cattivi. Gianni — No... Tutto andrà benissimo. Maria — Speriamo!... Posso andare? Gianni — Sì. (Maria esce. Dalla porta di destra ricompare Elsa, più accigliata che mai). Elsa (che ha sentito le ultime parole, a Gianni) — Adesso potete andare anche voi! Gianni — Bel modo di ringraziarmi!... Già le rota tive lavorano per voi... Tra poco, migliaia di giornali diffonderanno la notizia... Tutta la città ne parlerà e i Grandi Magazzini otterranno la più vasta pubblicità alle migliori condizioni: gratis... Che volete di più, cara signorina? Elsa (risentita) — Badate che la mia pazienza ha un limite... Il fatto che per un momento abbia dovuto pie garmi al vostro... ricatto non vi autorizza a dimenticare la distanza che ci separa... Gianni — Nessuna distanza. La giornata è finita... I Grandi Magazzini chiudono i battenti... Qui non c’è che un donna e un uomo... Elsa — Risparmiatemi queste frasi da romanzo d’ap pendice. Voi avete troppa fantasia, giovanotto! Gianni — Ognuno è ricco a suo modo... (Accostan dosi alla finestra e indicandole il cielo nel quale s’ac cendono le prime scritte pubblicitarie) Vedete... fra poco migliaia di sogni si leveranno sulla città addormentata... Un vero esercito sospeso fra cielo e terra, nato dai de sideri espressi di tutti gli uomini... Ma in tutti quei sogni non ci sarà un posticino per voi... Nessuno vi ama... nessuno vi sogna... Non avete parenti... non avete amici... Come è triste non poter andare in sogno a nessuno anche se si comanda a tanti uomini! Elsa •—- Io non sono suggestionabile come Carmelo. Gianni ■ — N-on ve ne vantate... Non c’è nulla di più sciocco che andare attraverso la vita con i pugni ser rati... Queste vittorie prima o poi si scontano. Elsa — Che volete insinuare? Gianni -— Niente... Mi riferisco a quello che ha detto 11 professor Panardi. Sognate mai d’essere inseguita? Elsa — Tacete! Gianni — Vedete?... Chi non ha peccato, scagli la prima pietra. Elsa —- Basta con questi discorsi... Io sono una donna d’affari e m’interessa solo ciò che si vede, si controlla, si misura... I fatti che sfuggono ad un’analisi immediata non hanno alcuna importanza per me. Gianni — Capisco... Ma dovete ammettere che ci son cose che non possono controllarsi, che non si espri mono nè con cifre nè con bilanci nè in altro modo, eppure esistono, fanno sentire il loro peso... Per esem pio, se qualcuno v’avesse detto che in ventiquattr’ore tante cose sarebbero cambiate qui dentro, voi gli avre ste riso in faccia... Eppure è così. E tuttavia nulla è accaduto che possa formare oggetto di rapporto, di in dagine, di analisi come voi dite... Sogni! Elsa (con un gesto d’irritazione va alla finestra e resta assorta a guardare le scritte pubblicitarie che s’ac cendono e si spengono sui tetti delle case. Gianni la osserva attentamente. Pausa). Gianni — Signorina Elsa. Elsa (scuotendosi) — Siete ancora qui? Gianni — Conoscete la palingenia? Elsa — No, e non la voglio conoscere. Gianni — Oh... non è che un insetto... una cosettina. Elsa — Beh, tenetevelo! Gianni — Voglio dirvi che la palingenia appena fe condata, muore... Se lei non muore, le sue larve non nascono... E la palingenia allora preferisce morire!... Voi siete Elsa Ducrò, dieci milioni interamente versati, ma nell’armonia universale degli esseri viventi valete meno d’una palingenia. Elsa — Fuori di qui! Uscite! Gianni (avviandosi) — Ubbidisco... Peccato, però!... Perchè ora volevo parlarvi delle rose. Elsa — Un momento... Avete detto: rose? Gianni —- Sì... ma forse nemmeno i fiori v’interes sano. Elsa — Volete alludere alle rose di ieri? Gianni — Può darsi. Elsa — Avanti, parlate... Ditemi tutto quello che sapete. Gianni — E’ presto detto. Carmelo non c’entra. Anzi lui si oppose ostinatamente. Elsa — Ma come... non fu lui a scrivere quel biglietto? Gianni —- Macché! Carmelo è timidissimo. Elsa — Allora chi è stato? Gianni (semplice) — Io. Elsa — Voi?... Ancora voi?... Il giornale... la trovata pubblicitaria... le rose... Ma avete, dunque, deciso di co prirmi di ridicolo, di rovinare l’azienda? Gianni (che ha continuato a fissarla) — Sapete che avete dei begli occhi? Elsa (gridando) — Basta! Uscite!... Siete l’essere più spregevole che abbia mai conosciuto... E smettetela di guardarmi così! Gianni (c. s.) — Strano ! Avrei giurato che i vostri occhi fossero verdi. Perchè, non c’è che dire, voi siete proprio il tipo d’avere gli occhi verdi... Invece no. Sono castani... Anomalie della natura. Elsa (c. s.) — Fuori di qui. (Gianni sta per uscire, ma entra di corsa Carmelo, che è senza fiato, sconvolto, come se fosse inseguito. Corre per la scena terrorizzato). Gianni — Che è successo? Carmelo •— Le guardie... le guardie! Gianni —- Le guardie? Carmelo — Sì, vengono ad arrestarmi... vengono qui. Gianni — Insomma vuoi star fermo un minuto? Parla, di’ quello che è successo... NICOLA MANZARI Carmelo — Colpa tua... colpa tua... Il professore ed 10 camminavamo... Lui continuava a parlare... Voi qui... voi là... sogno incrociato... Ad un tratto... cento ragazze!... Elsa — Cento ragazze? Carmelo — Sì, un collegio femminile... Venivano avanti a due a due... La colonna era già «sfilata quasi tutta, quando una ragazza, pamfete... sviene! Gianni — Come... sviene? Carmelo — INon hai mai visto una donna svenire?... Subito s’è radunata gente e il professore s’è messo a gri dare: «Lasciatemi passare... sono un medico..., lasciatemi passare... ». Io vado cfietro a lui... Che posso immaginare che quel pazzo, mentre sta osservando la ragazza, ad un tratto fa: «Siete stato voi! Voi l’avete guardata! ». Tutti si sono rivoltati verso di me... Io abbozzo un sorriso, ma 11 professore continua : «Anzi, signorine, non meravi gliatevi se quest’uomo stanotte vi viene in sogno... Sap piate che vi trovate di fronte ad un uomo ” anormtile ” »!... Allora qualcuno ha 'cominciato a dirmi: «Ma scalzone... farabutto... bruto!...». Gli altri già mi guar davano male... certe facce!... Io ho visto che arrivavano le guardie e me la sono svignata... Allora tutti dietro: «Prendiio !... Prendilo !... ». {In questo1momento prima confuso e poi sempre più forte il clamore d?una folla che si avvicina. Si distin guono le grida di <(Prendilo!Prendilo!... ». Tutto lascia credere che si tratta di un tumulto). Elsa {alla finestra) — E’ vero, iè vero... vengono qui. Carmelo — 'Lo sapevo che andava a finir male... Ma io non mi faccio arrestare... Sei stato tu... Gianni {un po' preoccupato) — Zitto... calma! Carmelo — In galera... in galera! Gianni — Eh, smettila... ti dico! Calma... un momento, lasciate fare a me... {Riflettendo) Ah... ma io trovo... tro vo...; un momento... lasciatemi pensare... (Rosta con la fronte tra le mani. Il clamore e altissimo e le grida della folla sono ormai vicinissime). Gianni {sorridendo e appoggiandosi alla scrivania nel Vatteggiamento deWuomo sicuro di se che accetta una sfida) — Ho trovato!... Che vengano... vengano pure! Li aspetto! f in e T d e l f c s e c o n d o d f l a tto o La stessa scena dell’atto precedente. Solo i mobili sono stati sostituiti con altri modernissimi. Alle pareti son sempre i due ritratti del nonno e del padre di Elsa, però in cornici « novecento ». Qualche giorno dopo. Pomeriggio inoltrato. Verso la fine dall’atto annotterà e attraverso la finestra, che è nel fondale, si vedrà brillare una scritta luminosa: «Tutto per la donna ». (Scena vuota. Si sente bussare alla porta che dà ai piani inferiori e poi la voce di Carmelo che di dentro timidamente chiede:) Carmelo — Permesso?... Si può?... {Apre pian piano la porta e sporge il capo) Signor Direttore... (ma vedendo che non c’è nessuno, entra in punta di piedi. Uno dei telefoni sulla scrivania squilla; Carmelo si avvicina per rispondere, ma mentre sta per staccare il ricevitore, un altro telefono prende a squillare. Carmelo posa il primo ricevitore e sta per prendere il secondo, ma squilla un terzo telefono: egli è spaventato di questo coro acuto di sonerie, come se avesse procurato un altro disastro. In quest’atteggiamento lo sorprende Maria che è entrata cau tamente e gli è giunta inavvertita alle spalle). Maria — Carmelo! Carmelo (sussultando) — Ah, sei tu? Maria — Sì. Ho deciso di sorvegliarti, visto che dovrò essere tua moglie. (I telefoni riprendono a squillare). Ma rispondi al telefono! Carmelo — A quale? Maria (lo scansa e risponde al primo telefono) — No, il signor Gianni non c’è... Prego. (Posa il ricevitore. Ad un altro telefono) No... ma fra poco sarà qui il Direttore generale... potrete prendere accordi con lui... Volete trat tare col signor Gianni?... Beh, allora tornate a telefo nare... (Posa il ricevitore). Carmelo — Ma come, chiedevano tutti di Gianni? Maria — Non hai sentito?... Anche le grandi Ditte! — Tutti trovano che è un genio della pubblicità. Carmelo — Invece ¿’arrestarlo... Maria — Ormai può dirsi arrivato! Ecco quello che si guadagna ad esser sicuri di aè! Carmelo — Io la chiamerei faccia tosta... Maria — Perchè sei timido... Ma basterebbe la trovata dei buoni per far la fama d’un uomo. Carmelo — Non dirai che approvi il discorso che ha tenuto dal balcone a tutta quella gente— Maria — C’era poco da scegliere... Una folla in tu multo... I Magazzini minacciati... Va là che è stata una bellissima idea quella di arringare la folla! Carmelo (ripetendo alcune frasi ¿Lei discorso che Gian ni ha tenuto dal balcone) — «Signore, signori... la prova di attaccamento che avete dato alla nostra Ditta, inse guendo fin qui un nostro commesso...». Maria — E così invece ¿’impiccarti, la folla ha lottato per raccogliere i buoni di sconto che Gianni continuava a gettare dal balcone e la signorina Elsa a firmare... Non è ¡stata una grande trovata? Carmelo — Maria, quando ti sento parlare così, dubito dell’armonia dei nostri futuri rapporti coniugali... Maria — Oh, i nostri rapporti rimarranno molto futuri se ti ostini ad essere così timido. Carmelo — Perbacco... ma tu m’istighi a delinquere! — Maria — Oh... m’accontento di molto meno... Se sol tanto sapessi approfittare delle occasioni che ti presen tano ! Carmelo — Quali occasioni? Maria — Ma se tutti corrono ai nostri Magazzini, se la signorina Elsa fa ottimi affari, il merito di chi è? Carmelo — Di Gianni... Maria — Di Gianni?... Ma è tuo... tuo! Carmelo — Mio?—E perchè? Maria — Oh, Dio!... Chi ha sognato la signorina Julci?... Gianni o tu?... Chi ha condotto qui tutta quella folla a rischio di essere linciato?—Chi s’è prestato docil mente a tutta questa montatura?—Tu, sempre tu... E in vece chi raccoglie tutti gli onori?... Gianni... Io domando che farebbe un altro uomo al tuo posto— Carmelo — Un altro uomo al mio posto? Maria — Te lo dico io!... Andrebbe da Gianni e gli direbbe: «Caro mio, o mi fai nominare Capo del perso nale o ti accomodo io! ». TUTTO PER LA DONNA Carmelo — Un ricatto?... Mai! Maria >(accarezzandolo, col tono di chi parla ad un bimbo) — Ma, Carmelino mio, ragiona... Che ti sei messo in mente?... In ohe mondo vivi?... Dammi retta... Ascolta la tua Mariolina icbe ti vuol bene!... Pensa ai nostri bam bini! Carmelo — Quali bambini? Maria — Quelli che avremo. Carmelo (commosso) — Maria! Maria — Che c’è? Carmelo (solenne) — Mi hai convinto....; tu hai da vanti un altro uomo! Maria —• Finalmente! Carmelo —- iSì, d’ora in poi sarai fiera di me. Maria —- Benissimo. Carmelo — Diventerò Capo del personale... Sì, voglio diventare Capo del personale... Vorrò, sempre vorrò..., fortissimamente vorrò. Maria — E alla prima occasione imponiti, pretendi! Carmelo — Lascia fare a me. Dritto alla mèta. Maria — E se la signorina Elsa ti dicesse: «Bravo, Carmelo, voglio premiarvi. Vi nomino Caporeparto»? Carmelo — Io le risponderò : «Signorina Elsa, vi ringrazio, ma il posto che mi spetta è quello di Capo del personale! ». Maria i—• Caro! (Lo bacia sulla guancia ed esce cor rendo). Carmelo (toccandosi la guancia) — L’ho baciata!... (La siui gioia è incontenibile. Gira per la scena ripe tendo: «Capo del personale... sono Capo del perso nale ». Poi s’interrompe e risoluto va alla scrivania e si siede. Accarezza i telefoni. Poi con autorità comin cia a dettare ad un’immaginaria signorina) Signorina, scrivete!... Signori azionisti, è con legittima soddisfa zione che oggi posso finalmente dirvi: Ho vinto!... Ma mi fermerò io dopo questa prima sfolgorante vittoria?... No. (Batte il pugno sid tavolo) I nostri profumi sono ormai indispensabili... Anche i vecchi, i contadini, i soldati, gli animali... (Entra il Direttore. Il suo stupore è enorme nel ve dere Carmelo seduto alla scrivania). I l Direttore (a Carmelo) •— Che fate qui? Carmelo (alzandosi precipitosamente) — Scusatemi, signor Direttore, ero venuto per parlarvi... I l Direttore — E ,vi sedete lì? Carmelo — Ho avuto... un capogiro... I l Direttore — Andiamo, parlate. Non ho tempo da perdere. Carmelo — Ecco, sono stanco di essere osservato come un animale raro. Le clienti mi sorridono... mi fanno l’occhietto..., una bionda m’ha dato un pizzicotto. I l Direttore — E vi lamentate? Carmelo — Sì. Ora, che tutto è chiarito, non voglio far più la parte dell’uomo che va in sogno alle donne. Vi pregherei di passarmi in amministrazione... I l Direttore (siede alla scrivania e consulta alcune carte) —■Va bene, oi penserò. Intanto tornate al lavoro. Carmelo (avviandosi) — Io tomo al lavoro, ma rispet tosamente mi permetto di avvertirvi che se mi mole stano ancora (facendo l’atto di chi dà un pizzicotto) io reagisco. (Esce). (Squilla il telefono). I l Direttore (al telefono) — Pronto... Sì... E’ esaurita anche la riserva?... Bene, fate venire dal deposito altre casse. (Posa il ricevitore. Squilla un altro telefono) Pronto... Sì... Direzione generale... Non ci sono più bottiglie d’Ambra dorata? Provvedete immediatamente. (Entra Elsa. E’ vestita con un chiaro abito da pas seggio. Deve risultare subito il mutamento avvenuto in lei. E’ allegra, sorride, come non ha mai sorriso finora. Il Direttore si alza per cederle il posto, ma Elsa gli fa cenno di rimanere seduto. Il Direttore ubbidisce). Elsa — C’è tanta folla innanzi ai nostri Magazzini che è quasi impossibile circolare. I l Direttore — In mezzo secolo che son qui ricordo d’aver visto un’altra volta tanta gente. Fu nel 1911 quando s’incendiarono i reparti calzature. Elsa (distratta) — Bene... bene... I l Direttore — Figuratevi che abbiamo dato fondo allo stock di «Sognami tutta! », quella porcheria. Elsa (c. s.) — Ah, sì? I l Direttore (indicando della corrispondenza) — La posta del pomeriggio. Volete firmarla? Elsa ■ —• Firmate per me, vi prego. I l Direttore — Come volete. (Comincia a firmare le lettere mentre Elsa va alla finestra). Elsa —■ Signor Teodoro, che ne pensate della palingenia? I l Direttore — Cos’è?... Una crema di bellezza? Elsa — No..., è un insetto... una cosettina... I l Direttore — Ci sono degli insetti nei nostri re parti? Ma bisogna far subito disinfettare. Elsa — No. (Con trasporto) La palingenia fecondata, prima ancora di uscire dalle sue spoglie di ninfa, muore con gli occhi ancora chiusi... L’effimera invece nasce di 6era, si accoppia e maschio e femmina sono già morti prima d’aver visto il sole!... Non è bello tutto questo? I l Direttore — lo non posso soffrire gli insetti. Uso sempre il «flit». (Il Direttore riprende a firmare. Elsa passeggia. Pausa). Elsa — Avete visto il signor Gianni? I l Direttore —■No. E meno lo vedo, meglio sto. Elsa — Dovete almeno riconoscere che quanto ha fatto s’è risolto in un’enorme pubblicità per noi. Se con tinuiamo a vendere con questo ritmo, bruceremo tutti i concorrenti. I l Direttore — Signorina Elsa, se vostro padre v’a scoltasse, sarebbe inorridito. Che scandalo! I giornali... I pettegolezzi... Elsa —• Ma tutto questo è audace, è bello, è nuovo. I l Direttore — Permettetemi di farvi notare che dal 1851 i nostri princìpi... Elsa — Si stracciano i trattati e voi mi parlate di princìpi! Signor Teodoro, io ho molto riflettuto in questi giorni e mi sono convinta che il signor Gianni ha por tato qui dentro un soffio d’aria fresca. I l Direttore — Non vi riconosco più. Elsa (quasi a se stessa) — Neanche io! (Gianni su quest’ultimo battuta ha fatto capolino senza che gli altri ne avvertissero la presenza). Gianni (al Direttore come continuando un discorso già iniziato) — Se seguiste i miei consigli, tutti i reparti raddoppierebbero le vendite. I l Direttore (ironico) —• Guarda... guarda... Gianni —- Sicuro. E ve lo dimostro. Non vi siete mai NICOLA MANZARI chiesto in cinquantanni che siete qui perchè le nostre clienti fra la bottiglia grande e quella piccola della nostra celebre Colonia «ambra dorata » comprano quasi sempre la piccola? I l Direttore — Perchè costa di meno. Gianni — No. Perchè tutti i nostri commessi chiedono: «Bottiglia piccola o grande, «ignora?...». Invece dovreb bero domandare ad alta voce: «Prendete la grande, si gnora?... ». La maggioranza non avrà l’iniziativa di sce gliere la piccola... Insegnate ai vostri commessi il modo di comportarsi con le clienti. Obbligate tutti a sorridere: i commessi, il cassiere, i fattorini, il portiere, il ragazzo dell’ascensore...; perchè qui dentro tutti hanno un muso lungo così (indicando il Direttore) a cominciare da voi, mentre l’uomo che non sa sorridere, non dovrebbe mai aprire un negozio... (Ad Elsa che sorride) E’ un pro verbio cinese!... Non trascurate il valore delle frasi... Sentite questa: «Tempo fa vidi un mendicante a cui nes suno osava negare l’elemosina... Sapete perchè?... Era fermo sotto un albero in fiore in un mattino d’aprile... Portava un cartellino sul petto su cui stava scritto : ” E’ primavera e io sono cieco! ” ». (Pausa). I l Direttore — Signorina, è l’ora dell’ispezione. Non scendete? Elsa — Per favore, volete andar solo? I l Direttore > —• Come, solo? Elsa -— Non finirà il mondo se per una volta non verrò. I l Direttore (con amarezza) — Se lo volete voi... (Av viandosi) Quest’è veramente la fine! (Esce). (Si bussa alla porta. Fa capolino Carmelo. Gianni lo respinge, dopo avergli fatto cenno di aspettare e ri chiude la porta). Gianni (ad Elsa) — Vorrei chiedervi un favore. Spero che non me lo negherete. Elsa — Se dipende da me. Gianni — Si tratta di Carmelo. Gli ho sempre pro messo che questa avventura si sarebbe conclusa con una sua promozione. E’ un bravo ragazzo, onesto, diligente... e lo abbiamo manovrato come abbiamo voluto. Elsa — Va bene. La farò Caporeparto. Gianni — No... Vi prego, promuovetelo Capo del l’Ufficio vendite. Sono sicuro che non avrete a pentirvene... specie con la popolarità che ha conquistato. Elsa — Mi sembra un po’ troppo per lui... Comunque possiamo provare. Gianni — Grazie. iSe permettete, gli vorrei comunicare subito la nomina... E’ fidanzato. Elsa (gli fa cenno di sì). Gianni (aprendo la porta a Carmelo che entra) — Vieni, Carmelo, e preparati ad urlare dalla gioia. Elsa — Signor Carmelo, su proposta del signor Gianni, e in considerazione delle vostre spiccate attitudini.... commerciali, ho il piacere di comunicarvi la vostra no mina a Capo dell’Ufficio vendite. Carmelo (fuori di sè dalla gioia) —- Capo Ufficio ven dite io?... Capo Ufficio?... Oh... grazie..., grazie! Gianni — Certo, e avrai quaranta impiegati alle tue dipendenze. Carmelo — Quaranta impiegati? (Improvvisamente il suo volto si oscura) Oh, no... Non posso accettare. Elsa —- Non potete? E perchè? Carmelo — No, grazie, non posso. E5 un avanzamento troppo rapido... Se proprio volete promuovermi, fatemi Capo reparto... Cercherò di mostrarmi degno della vo stra fiducia e... forse... fra dieci anni..., se non avrete a lamentarvi di me.., se credete, potrò diventare Capo Uf ficio vendite. Gianni — Ma tu vuoi scherzare? Vero che scherzi? Carmelo — No, no... le promozioni bisogna meritar sele... La gerarchia deve procedere per gradi...: Commessto, Caporeparto, Caposervizio, Capo Ufficio... Capo del personale. Per ora Caporeparto è già molto... Farò tutto il possibile per esserne degno. Elsa — Beh, contento voi... Carmelo i— Sì, grazie, sono contentissimo. Gianni — Ma che dirà Maria di questo tuo rifiuto? Carmelo — Oh, le donne!... (Rivolto ad Elsa) Scusate..., volevo dire... che le donne, si sa, hanno ambizioni smi surate, eccessive... sta a noi uomini... frenarle, avere il senso della responsabilità. Elsa — Siete un vero... filosofo. Allora siete Capore parto. Riceverete la lettera di nomina. Potete andare. Carmelo (inchinandosi) — Non so come ringraziarvi. Di nuovo grazie Anche a te, Gianni... (Con fierezza) Capo reparto... Sono Capo reparto! (Esce). Elsa — Incredibile! Gianni — E’ fatto così. (Pausa. Elsa va alla scrivania; fruga fra le carte. Gian ni va alla finestra. Elsa vorrebbe parlare, ma non osa e osserva Gianni. Gianni guarda nella strada). Gianni — Il Metropolitano all’angolo ha inaugurato l’impermeabile. Non c’è da sbagliarsi: l’inverno si avvi cina. (Voltandosi, ad Elsa) Ed ora che tutto è andato a posto, devo restituirvi qualche cosa. Elsa — A me? Gianni — Sì. (Porgendole un contratto) Ecco. Elsa (prendendo il foglio e dandovi un’occhiata) — Ma questo è il contratto col quale v’ho nominato Capo del l’Ufficio Pubblicità. Gianni — Sì. Elsa — E perchè me lo restituite? Gianni — Semplicissimo. Me ne vado. Elsa — Ve ne andate? Forse non siete soddisfatto delle condizioni scritte qui? Gianni — Non si tratta di questo. Elsa — V’hanno fatto proposte migliori? Gianni — No. Elsa — Allora non capisco... Scusate, non avete rag giunto il vostro scopo? Non avete montato tutta questa storia perchè avessimo bisogno di voi? Non m’avete posto delle condizioni che ho intenzione di rispettare? Tutto, dunque, s’è verificato secondo i vostri calcoli. Gianni — Non tutto. C’è qualcosa che non avevo pre visto. Elsa — Posso saperlo? Gianni — Se v’interessa.... Elsa -— Certo. Gianni (semplice) —- Mi sono innamorato di voi. TUTTO PER LA DONNA Elsa — Come?... Voi?... Gianni (c. s.) —■Sì. (Pausa. Elsa è visibilmente com mossa). Elsa •— E dove andrete? Gianni — Lontano. Dove non senta più parlare di voi, dove non veda più brillare nel cielo la vostra pubbli cità... dove nulla mi ricordi più Elsa Ducrò. Elsa — Ma perchè? Gianni — Perchè vi amo. E quando dico di amarvi, non intendo di dire che amo la vostra intelligenza, la vostra tenacia, il vostro senso degli affari... Me ne in fischio! Ma che amo la vostra pelle bianca, il vostro sorriso, questa nuova luce che vi brilla negli occhi come se ora per la prima volta si schiudessero alla vita. Elsa (più a se stessa che a Gianni, con infinita tri stezza) — Alla vita... Anch’io ho la stessa impressione. Tutto mi sembra così nuovo, diverso!... Anche il lavoro, che fino ieri mi appassionava, oggi lo trovo arido, vuo to... Da quella sera mi sono affacciata spesso a quel bal cone. Bd è stato come se la vita, tutta la vita in tanti anni non vissuta, fosse entrata di colpo... «Nessuno vi ama... nessuno vi sogna... ». Sotto quei platani all’angolo, invece, quanti sogni! Ogni sera gli innamorati delle mie commesse son lì che aspettano... Prima d’ora non li avevo mai notati... Passeggiano e fumano... A vederli di quassù tutte le loro sigarette accese sembrano tante lucciole... Si direbbe che ognuna voglia restar sola con se stessa... (Con voce mutata) Non sono buffi gli innamorati? Gianni — Sì. Deliziosamente buffi. Elsa — E pensare che in tanti, mentre io ero inchio data a questa scrivania, sotto quei platani, tutte quelle lucciole continuavano a darsi convegno. Chissà quante ne son venute... andate... disperse!... Ed io sempre qui ferma... sola... Ed ora anche voi ve ne andate. Gianni (fingendo) — E’ necessario. Voi siete Elsa Ducrò e nessuna forza al mondo potrebbe distruggere il dubbio... Elsa — Quale dubbio? Gianni (c. s.) — Il dubbio che io abbia agito per calcolo. Quand’anche noi non ci pensassimo, sarebbero gli altri a ricordarcelo. E basterebbe che per un attimo questo dubbio s’insinuasse fra di noi per distruggere tutto. No, ora m’accorgo che il bel sogno l’ho fatto io... Un sogno ad occhi aperti. Elsa — Ma è assurdo! Gianni — No, è umano. (Pausa. Si sentono squillare molti campanelli come al primo atto all’annunzio delFispezione ai reparti). Elsa — Per la prima volta il Direttore generale ispe ziona da solo i reparti ed io non sento alcun desiderio d’accompagnarlo... Gianni (le fa segno di zittire, poi indicandole i qua dri degli antenati alle pareti) — Potrebbero sentirvi. Elsa (con rabbia) — Già, loro hanno iniziato ed io devo continuare, costruire... e se un giorno ho l’emicrania e resto a casa, su questa scrivania la posta s’accumula, l’elenco delle telefonate s’allunga e il giorno dopo debbo sbrigare doppio lavoro. Se m’ammalassi 6ono sicura che le carte raggiungerebbero il soffitto... Questa è Elsa Ducrò. Una donna a cui non è permesso nemmeno d’am malarsi! Gianni — Via, calmatevi! Elsa (con voce in cui già trema il pianto) — No, voglio sfogarmi. Gianni — Mi dispiace che per colpa mia... Elsa — Smettetela... Gianni — Ma io non volevo... Elsa — Basta con quello che volevate... Non sono pa drona di piangere? Oggi voglio comportarmi proprio co me una delle mie commesse. (Piange col capo poggiato sulla scrivania. Pausa. Gianni s’allontana lentamente verso la porta, come per andarsene non tristo. Ma guarda Fora sul suo orologio da polso. Squilla uno dei telefoni sulla scrivania. Elsa non risponde e continua a singhiozzare. Gianni si ferma. Evidentemente egli attendeva questa telefonata. Il telefono squilla ancora. Elsa stacca il ri cevitore). Elsa (al telefono, ancora singhiozzando) — Pronto?... Chi parla?... fabbriche riunite essenze?... Dite pure— no... per ora almeno non abbiamo intenzione di lanciare nuovi profumi.... (La sua voce va facendosi più calma) Come?... Ah, certo l’affare sarebbe vantaggioso... sì, ca pisco anch’io dopo il successo di «Sognami tutta!»... Ecco, vedete... non posso più contare sul Capo del mio Ufficio Pubblicità... E allora... A meno che egli voglia prendere in considerazione l’offerta... Sì, tutto dipende da lui... (Accentuando le parole come se dalla Irisposta di Gianni dipenda ormai tutta la sua vita) Ormai è lui che decide!... Aspettate... (A Gianni tendendo il ricevi tore, con un tono umile, supplichevole, che è invito e promessa di donna innamorata) Vogliono... voi... Gianni (esita un po’, poi fingendosi vinto dall’atteg giamento di Elsa, si avvicina alla scrivania, prende dalle numi di Elsa il ricevitore e risponde. Elsa gli è vici nissima) — Pronto... Sì, sono io... Un nuovo profumo?... E’ una buona idea... ma occorre un titolo nuovo... signi ficativo... che ne esprima tutto il fascino... Sì. ecco, lo chiameremo... i(Tende la mano ad Elsa che gliela stringe teneramente) «Tutta la vita ». F IN E D E L L A C O M M E D IA Le parti di questa commedia sono state così distri buite alla prima rappresentazione dalla Compagnia De Sica - Rissone - Melnati : Elsa Ducrò, proprietaria dei Grandi Magazzini (Giuditta Rissone) ; Gianni, commesso (Vittorio De Sica) ; Carmelo, commesso (Umberto Melnati) ; Maria, commessa (Nini Gordini Cervi) ; Julci (Ida Mezzera) ; D professor Panardi (Tino Erler) ; n Di rettore generale (Carlo Maresti) ; Il Giornalista (Francesco Rissone) ; Una cliente (Norma Nova) ; Un Fattorino (Roberto Moro). N e l p r o s s im o f a s c ic o lo : E V E L IN A , Z I T E L L A P E R B E N E C om m edia in tre a t t i d i A N D R E A D E L L O 8 IE S T O Rappresentala, dalla Compagnia D IM A G A L L I S t a t o e T e ...II T e a tro 9 p e r d e l te m p o a La chiusura dell’Anno Teatrale coincide sta volta con il delinearsi di un atteggiamento singo larmente significativo da parte dello Stato nei confronti del Teatro. Atteggiamento che va esa minato e meditato da quanti — autori, capoco mici, attori — detengono i ruoli di maggiore re sponsabilità nel mondo della nostra scena dram matica, soprattutto nei suoi spiriti informatori, oltre che nei suoi aspetti puramente pratici e nei suoi concreti sviluppi. Lo Stato Fascista ha dedicato al Teatro solle citudini, cure, provvidenze come forse nessun Stato ha mai fatto nè in Europa nè fuori. Ha epu rato i repertori di tutti i veleni palesi o nascosti che minavano alla radice la grande funzione etica e Vindispensabile « ubi consistam » poetico del Teatro: ha incoraggiato gli autori più degni con ogni sorta di appoggio; ha materialmente facilitata e potenziata la formazione di complessi degni del tempo nuovo e delle nuove esigenze spirituali degli italiani; s’è reso promotore e fi nanziatore di grandi spettacoli (Tarte — al l’aperto e al chiuso — che hanno segnato delle date ricordevoli nella storia delFArte dramma tica; ha creato per il popolo — da quello dei grandi centri urbanistici a quello delle più pic cole borgate della Penisola — una istituzione che ci è invidiata da tutti i Paesi del mondo : il « Carro di Tespi ». Un bilancio impostato su questi solidissimi dati di fatto avrebbe dovuto dare risultati almeno degni di tanta consapevole premura e di così lunghi sforzi. Può darsi che, in un certo senso, questi risultati siano stati par zialmente raggiunti. Ma è certo che, sotto molti a ltri riguardi, al vigile e generoso intervento sta tale non ha corrisposto un progresso effettivo nella mentalità e nei metodi degli uomini del nostro Teatro. I nostri autori, o almeno la maggior parte di essi, hanno perpetuato il vecchio sistema delle commedie su misura. Non dico che scrivere tre atti per Ruggeri o per la M erlini sia peccato nero; o che subordinare ispirazioni, idee, con flitti drammatici alle caratteristiche fisiche e alle predilezioni istrioniche di questo o di quell’at r o v ir e r e 9 d e v e s u o 9 t r a s fig u r a to r e t s p e c c h io d e i g io r n i e s s e re voce lir ic a m e n te ch e v iv ia m o . tore sia delitto. Ma il Teatro, per vivere, deve essere voce del tempo suo, specchio liricamente trasfiguratore dei giorni che viviamo. E se è vero che a interpretare l’èra nuova, nella gigan tesca e luminosa concatenazione degli eventi po litici, sociali, civili, rivelatori del genio che li ha voluti e attuati, non basterebbero forse i più ispirati poeti drammatici ¿Fogni tempo, è inne gabile che i nostri drammaturghi sono stati ben poco artisticamente sensibili — salvo scarse ec cezioni — ai grandi fatti di cui sono stati testi moni. Moralmente tuffati nel tempo nuovo, i no stri commediografi non ne han tratto motivi di poesia, nè spirituale fermento per nuovi e più alti conflitti di anime, di coscienze, di visioni. I l Teatro è rimasto borghese. S’è affacciato, sì, sui formidabili problemi etici e politici che il Fascismo ha messo all’ordine del giorno sin dal suo primo assurgere al potere; ma poi ha finito per tornare alle buone, comode, pacifiche strade che menano diritto ai tranquilli successi di cas setta, e di quei problemi non ha riverberato che qualche tema di più facile presa sulle masse. In questo orientamento i nostri autori non sono stati certo avversati dai capocomici e dagli attori. Capocomici e attori chiedono loro com medie a colpo sicuro, commedie per far quat trin i; e non si preoccupano, nella loro ostinata convinzione, che i l pubblico grosso va sempre preso nel verso suo (e guai a porlo di fronte alle cose più grandi di lu i!) di un fenomeno altret tanto lampante quanto ammonitore: che, cioè, la coscienza collettiva, il gusto delle moltitudini, le segrete o dichiarate ambizioni del pubblico si son decisamente volte a ben più alti orizzonti; che i vecchi triangoli, le vecchie posizioni psico logiche, il teatro senza idee, senza coraggio, senza attualità, il Teatro staccato dal possente fluire del tempo di Mussolini non interessano più nes suno. Se tutto i l popolo italiano ha sofferto, ha gioito, ha appassionatamente vissuto le date for tunose della sua nuovissima storia, se partecipa con il suo grande cuore saldo e fedele a queste giornate che registrano forse i fatti più signifi canti della storia cFEuropa, perchè non dovrebbe accogliere e fare suo ogni pensoso tentativo d’arte che tendesse a esprimere il senso e la ra gione di così vasti, conclusivi fenomeni? E’ proprio a questa incomprensione, pavida e sorda manifestazione di una inconcepibile men talità bottegaia, che è da attribuirsi l’attuale sproporzione tra la larghezza dei provvedimenti attuati dallo Stato Fascista e la lentezza delle reazioni che essi han destato nel campo del Teatro. Quei provvedimenti, quegli aiuti, quegli incoraggiamenti, concretati spesso in cifre rile vantissime, avevano uno scopo ben definito. Non volevano portare, nel settore dello spettacolo, quel senso di queta sicurezza di poter sempre contare, comunque volgessero gli eventi, sulla soccorritrice munificenza dello Stato; volevano invece, alleviando le non floride condizioni del l’industria del Teatro, suscitare una più larga iniziativa privata, « incitare — come ha giusta mente rilevato Nicola De Pirro — ad una orga nizzazione di vita più severa e snella, perchè il Teatro potesse trovare quell’ampiezza di respiro ideale richiesto dal nuovo clima storico ». Queste mète sono ancora da raggiungere. E bi sogna dire che saranno ben difficilmente guada gnate sino a quando i capocomici continueranno a credere che, per male che vada, ci sarà sem pre, alle loro spalle, la paziente, provvidenziale, sollecita sovvenzione statale: sino a quando non si convinceranno che è giusto, è utile, è etica mente necessario sorreggere quegli organismi ar tisticamente vitali, pensati con intenti superiori, destinati ad assolvere una loro precisa funzione poetica e morale; che è antieconomico, vano, rovinoso tenere in piedi a furia di generose elar gizioni degli organismi nati col solo scopo di campare placidamente la loro inutile esistenza a spese dello Stato; che, infine, è tempo di agire secondo il comando delVora che volge nel segno di quei superiori ideali di patria pei quali tena cemente, meravigliosamente si batte ogni giorno tutta la gente di Mussolini. Slancio di iniziativa, fede nella buona causa di servire l ’Arte è la re ligione del tempo nuovo, prezzo dei facili lucri e dei comodi compromessi, disdegno di ogni forma di speculazione intesa come fine a sè stessa: quando questi valori fondamentali sa ranno entrati nelle miopi coscienze di molti re sponsabili dell’attuale situazione del nostro Tea tro, i suoi problemi vitali saranno automaticamente risolti. Per questo, molto coraggiosamente, il Ministro Alfieri s’è chiesto alla Camera e al Senato, se il sistema delle sovvenzioni non finisca col pro durre un torpido senso di adagiamento e un inerte appagamento d’un minimo di sicurezza finanziaria sorretta dall’intervento dello Stato, « quasi che le agevolazioni e una più facile vita economica abbiano distolto da quel sereno im pegno di studio e di tormentata ricerca senza il quale Parte non raggiunge i l sublime e non trova intima rispondenza nello spirito del popolo ». E son parole che hanno valore di mònito e di sprone. L’Anno Teatrale si è chiuso con questo inter rogativo. Lo Stato ha fatto il suo dovere, forse assai più del suo dovere. Tocca ora agli uomini che ne hanno ripetutamente saggiato la genero sità di mostrare coi fa tti che non è stato vano sperare nella loro comprensione. A c h ille Vesce Questi apareri » sono di Volpone e li esprime nella «Tribuna». S’ode a destra uno squillo di tromba A sinistra risponde uno squillo... Con Tappressarsi dell’estate e, con essa, del periodo di incubazione delle commedie per il prossimo anno co mico, fioriscono e s’incrociano le più disparate teorie sui caratteri propri del teatro fascista, sulle possibilità di un teatro (ahimè!) puro, sulla convenienza o meno di adattare le proprie concezioni alla composizione delle Compagnie, alla realtà vivente di coloro che dovranno essere i battezzatori deUe creature appena nate. E c’è chi sostiene che, no, il poeta comico non ha da badare agli strumenti che dovranno dar vita scenica ai suoi fantasmi, chè, altrimenti, se ne irretisce l’ispirazione e l’impetuosa onda del tempo rista dinanzi ai fusti mum mificati; e o’è chi risponde che, sì, egli aspetterà il bollettino ufficiale delle Compagnie per decidere a qua le delle sue commedie por mano, e che buttai- giù un lavoro, senza sapere chi l’interpreta, è un salto nel buio che nessun autore geloso del suo buon nome non tenta a nessun patto. Molti a quest’uscita menano le alte strida. Mi sia permesso di non scandolezzarmi. E perchè? Che c’è di male? L’architetto che si accinge a costruire un edificio, nell’ideare il bozzetto, vorrà prima sapere a che servirà, chi dovrà abitarlo, e se si tratterà di un ospedale, gli darà una forma; e se di teatro, un’altra; se di casa colonica, un’altra ancora, e così via. Cbsì il musicista non comporrà mai una musica per uno stru mento di cui non conosce il suono... Ed altri esempi potrebbero essere elencati, ma la mia ambizione non è di passare per immaginifico, bensì di farmi capire. E, come sempre in questi casi, il fatto storico è il più probante. Lasciando stare Shakespeare, attore egli stesso, e il suo «Teatro del Globo »; lasciando stare Molière, anch’egli attore, e l’influenza che sulle sue opere ebbero i suoi compagni, da Maddalena e Armanda a La Grange e du Croisy —giusto per restare fra noi —ma, e Goldoni? Che altro faceva il buon papà Goldoni, quando sten deva la sua «Donna di garbo » per la Baccherini, la vispa ” servetta ” della Compagnia Imer, o quando, per rimediare a un’indisposizione della prima attrice, det tava, sempre per la ” servetta ” (che questa volta era la Mariani, in Compagnia Medebac), quel capolavoro di concertata grazia e saporita umanità che si chiama «La locandiera », che altro faceva, se non prendere nota dello strumento, per modellarlo e volgerlo ai suoi fini? Del resto, a togliere ogni dubbio, e senza insìstere in un vezzo che potrebbe riuscire stucchevole, basterà ci tare ciò che il Goldoni stesso dichiara in principio del tredicesimo tomo dell’edizione Pasquali, dove annuncia che nei suoi ” drammatici componimenti ” ha sempre avuto di mira ” il carattere e la abilità degli Attori, per li quali dovea comporre La qualcosa non gli ha im pedito di dare all’Italia la Commedia, umana e sociale, individualistica e corale, del Settecento. Teatro: arte applicata: dalla scena alla vita, dalla vita alla scena: l’essenziale è fare dell’arte. Una volta, dieci o dodici anni fa, io dovevo fare l’attore. Mi iscrissi a scuola di recitazione, feci pochi saggi davanti a un pubblico ristretto di familiari e di amici: grandi applausi. Poi, alla fine della scuola, andai da un uomo di coscienza che era un critico e che mi aveva detto anche bene sui gior nali e gli domandai: — Che ne dite? Vorrei calcare le scene... — Per carità, mi disse il critico, ma se non vi si sente già in un ambiente così piccolo... — E cam biai strada. Però, pensai, se non avessi avuto l’animo di domandare direttamente al critico e mi fossi avven turato sulle scene col solo viatico dei grandi applausi e delle lodi dei resocontisti naturalmente compiacenti in circostanze tanto candide, io, a quest’ora, sarei uno sciagurato e una iattura pel teatro. E rammentai la frase di un famosissimo regista, al lora poco nota, oggi condivisa da tutti: «Lo spettatore è metà dell’attore» e mi chiesi: «Ma allora dove era lo sbaglio, com’è che non mi sono accorto prima? ». «Perchè, rispondo oggi, quello non era un pubblico e quella che riferiva di me sui giornali non era una cri tica ». Perchè si dice questo? Perchè, pare impossibile, que st’opinione è ancora radicata proprio nei critici. L’opi nione, cioè, che per formare degli attori bisogna istruirli al chiuso, lontano dagli sguardi del volgo, produrli in saggi ammaestrati, dove non sai fin dove soccorre l’o pera del maestro e donde si inizia quella dell’allievo, dinanzi a un pubblico di .amici, con una critica deni cotinizzata, farli crescere, insomma, come fiori cagio nevoli, in una serra. Errore gravissimo. L’allievo deve recitare in teatri normali, dinanzi a un vasto pubblico (e se «pagante », tante me glio): spessissimo. Solo così imparerà a recitare. Vi sbat terà il muso? Il pubblico fischierà? La critica ne dirà male? Evviva! Stavo per dire: Dio volesse! Ho già espresso altra volta quest’opinione, ma, pare, senza ri sultato. Allora, facevo l’esempio di un aviatore che vo lesse imparare a volare stando in terra; oggi, potrei ag giungere quelli del nuotatore, dell’alpinista, del medico, che non apprenderanno mai il loro mestiere, se non lo proveranno sul vivo tessuto della realtà. E a teatro la verità è una sola: il teatro. E teatro è termine che non ha senso, senza questi tre elementi: attore, scena, spettatore. Il dilettantismo non c’entra. La differenza tra un filodrammatico e un allievo attore è questa: che il filodrammatico è solo un appassionato e un coraggioso: alla passione e al coraggio l’allievo uni sce l’assiduo perfezionamento dei mezzi espressivi e il metodo: privarlo della scena (la scena vera, ¡normale, aperta a tutti, unico modo perchè tutti se ne interessino e la scuola diventi una realtà nazionale) sarebbe met terlo in condizioni di inferiorità di fronte al filodram matico, impedirgli di saggiare le sue forze, la bontà del metodo (anche al bambino, a un certo punto, bisogna lasciare andare le dande). Questo vale per l’attore: pel regista, di più. S E M P R E L E S T E S S E C O S E ... (p e r c h i le h a sem pre viste, n a tu ra lm e n te ) — Silenzio, prego! Motore! Ciak!.. Allora un ometto si toglie dall’angolo della bocca una minuscola cicca di «toscano », sbatte due assicelle tinte di nero proprio davanti all’obbiettivo e dice, con il più inconfondibile degli accenti di «Trastevere »: — tDuscentoventiscinque uno... Ed è così che si comincia a « girare » ogni scena di film. Le due assicelle tinte di nero costituiscono appunto il cosiddetto « ciak ». L’ometto trasteverino che le fa sbattere una contro l’altra è il cosiddetto «ciakkista ». Con novantanove probabilità su cento, non appena avrà appreso che voi siete un giornalista, troverà modo di raccontarvi che lui è l’uomo ¡più cinematografato d’Italia perchè fa il «ciakkista » da nove anni ed è perciò stato ritratto col suo aggeggio in mano all’inizio di ogni sin gola scena della maggioranza dei film « girati » a Roma. La notiziola curiosa vi interessa la prima volta che la udite. Ma l’ometto del «ciak» ha un solo torto: non è fisionomista e perciò non riesce a ricordarsi quali siano le persone che ha già reso edotte della sua strana specialità. Così è che a me, per esempio, ha narrato una ventina di volte la stessa storiella. Niente di male, ma alla lunga annoia. Senonchè, quando si càpita a Cinecittà, bisogna essere disposti a sentirsi fare ¡sempre i medesimi discorsi. Ci si trova l’attore il quale immancabilmente lamenterà con voi l’incomprensione dei produttori che «ancora non l’hanno capito » ed hanno così perduto finora ma gnifiche occasioni di sfruttare le sue possibilità. Incon trate l’attrice ohe si lagna di essere stata chiamata in teatro alle nove di mattina e di non aver cominciato a « girare » che alle quattro del pomeriggio. — Non potevano telefonarmi, benedetto il cielo? Dor mivo tanto bene! Vi imbattete nel regista che vi dirà di essere «molto soddisfatto del proprio lavoro » e che, con encomiabile modestia, non mancherà di soggiungere di avere stavolta per le mani un soggetto « originalissimo »; oppure, con aria sconsolata, brontolerà che, «si sa, il soggetto è quello che è », ma che, insomma, lui spera di essere riuscito... Poi, ecco il produttore; il produttore, mentre il film è in lavorazione, è (o dice di essere) contentissimo di tutto ed esprime l’ardente desiderio che voi vediate in visione privata l ’ultimo film di sua produzione che è venuto, «non fa per dire, una cosetta proprio... » e per il quale ha già avuto notevoli offerte di noleggio dal l’estero. All’angolo di uno dei viali vi saluta un vecchio attore di prosa, un povero ihrav’uomo che sulla scena ormai non recitava più che le ¡parti del vecchio came riere o del padrino del duello del terzo atto; eppure potete essere certi che il vecchio guitto dopo i primi convenevoli vi mostrerà con amarezza la propria faccia truccata color mattone e scrollerà il capo strabuzzando gli occhi e sospirando come a dire «che cosa si deve fare per mangiare ». Il cameriere del ristorante vi chia merà «commendatore » anche ¡se non siete neppure ca valiere, e dal tavolo vicino un vostro collega, specializ zatosi in sceneggiature e nella cessione di soggetti tratti ■dalle sue novelle giovanili, vi domanderà non senza un’ombra di diffidenza «ebe cosa c’è di nuovo a Milano » e soprattutto che cosa fate di bello a Roma, emettendo un involontario sospiro di sollievo quando saprà che siete lì soltanto a titolo di curiosità. No, ecco: se devo proprio dire la verità, Cinecittà non è molto divertente. Eppure... Eppure ci si va ugualmente. E ci si va ogni volta con una piccola segreta trepidazione. Perchè quel mon do, quel lavoro, quella vita sono irresistibilmente at traenti. Si ha sempre un po’ il senso di penetrare un mistero. Questo avviene anche quando si sale su di un palcoscenico, sì. Ma è diverso. Capisco che il palco scenico possa deludere subito chi ci si trova per la prima volta. Le scene rivelano immediatamente la loro precarietà e la loro falsità. Quello che (da lontano vi pareva un sontuoso salone, si mostra da vicino nella sua vera essenza: un congruo numero di travicelli su cui è inchiodato qualche metro di stoffa dozzinale. In un teatro di posa è diverso: un salotto è un vero salotto; una farmacia, una vera farmacia; una piazza, una vera piazza. Il igesso e lo stucco hanno un’aria di solidità e di stabilità che illude anche il tatto. Bisogna alzare gli occhi al cielo per accorgersi che al posto del sole ci sono i riflettori. Ma, di solito, si alzano gli occhi al cielo soltanto dopo essere stati lì una mezz’ora a vedere provare e riprovare una scena che non dovrebbe durare più d’un minuto. Solo allora si alzano gli occhi al cielo e si va via. Ma, entrati in un altro teatro ed ammirata un’altra scenografia, la suggestione vi riprende subito e si ricomincia. E1 curioso come certe scene di «interni » siano co struite ed arredate con una cura minuziosa che sembra a volte persino esasperante; curioso soprattutto perchè, il giorno che vedete proiettato il film, vi rendete conto che, di tutto ciò che avete veduto in teatro di posa, sol tanto un terzo è servito al ¡film. O gli altri due terzi che li hanno costruiti e arredati a fare? Questa consi derazione vi induce a tentar di indovinare, in un teatro di posa, quale particolare scenico sarà più sfruttato dalle inquadrature definitive. Strano a dirsi, non ci si indovina mai. Mi hanno detto che, in un film assai noto di due o tre anni or sono, un conosciuto antiquario di Roma prestò mobili e arredi per un valore di mezzo milione. C’era da « girare » una lunghissima carrellata che doveva inseguire i due protagonisti per tutta una serie di sale lussuose. Bene; quando il film fu proiet tato, la famosa carrellata inquadrava i due attori soltanto fino a mezzo busto, sicché degli ambienti che li attor niavano, durante la loro passeggiata, non si vedeva nulla o quasi. In un’altra occasione un regista mise a soqquadro mezza Cinecittà perchè una certa fotografia, poggiata su di un pianoforte, fosse sostituita con l’auten tica fotografia dell’attrice che figurava la padrona di casa. Dopo due ore di ricerche fu finalmente trovata la fotografia che andava bene. Ma poi, quando il film fu definitivamente «montato», quella tale fotografia era visibile con nitidezza una sola volta e se ne vedeva il rovescio; sul diritto posava appassionatamente le labbra il prim’attore. Cose che capitano! Ma forse, oltre a questo elemento suggestivo, c’è un altro fattore d’interesse in Cinecittà ed in qualunque stabilimento cinematografico: le dive. Mio Dio, a confes sarlo non c’è poi niente di male: vedere da vicino que ste creature che il pubblico adora è, dopo tutto, una emozione gradevole. Così gradevole che, quando ve le presentano, finite con l’indnlgere negli argomenti di con versazione più scemi del mondo. Chi idi noi, chi di noi non ha mai domandato all’attrice straniera se era la prima volta che veniva in Italia e se il nostro Paese le piaceva? Chi di noi, chi di noi non le ha chiesto, dopo intensa meditazione, quale fosse la parte che più le era piaciuta? Chi di noi, chi di noi non si è informato se ella per caso non fosse un po’ stanca dopo tante ore di lavoro? E non pensiamo, sciagurati che siamo, come in tal modo noi si obblighi l’attrice a recitare un altro po chino; a recitare soltanto per noi, per noi, di cui pro babilmente non ha neppur capito il nome. E, d’altra parte, come si fa a non ¡rivolgere qualche domanda a Maria Cebotari, per esempio, così carina nel costume fine di secolo che indossa in Sogno di Butterfly e che sa dire così melodiosamente «buon ciomo » con appena quel tanto di accento tedesco che basta a dare alla lingua italiana il sapore d’una parlata infan tile? Come si fa a non tentare di far chiacchierare la minuscola Estrellita Castro, fra una pausa e l’altra delle « riprese » di Figli della notte, non fosse che per il gusto di sentirla parlare un suo divertentissimo gergo ispano-italiano che somiglia stranamente alla parlata dei pagliacci da circo? Come si fa, anche, ad esimersi dal far fiorire magari con un luogo comune il sorriso sulle leggiadre bocche di Franca Volpini, di Nuccia Lenzi e di Greta Gonfia, che così amabilmente costellano il firmamento in cui rotea l’esilarante astro di Macario nel film Imputato, alzatevi? E se vi presentano Vivi Gioi e (Laura Solari, le due indiavolate protagoniste di quella Bionda sotto chiave che si annunzia come uno dei più spassosi film della prossima stagione, come si fa a dire soltanto aTanto piacere » e a piantare lì in asso senza neanche aver soggiunto il classico «Vi piace lavorare per il cinema? ». E a Viviane Romance, la maliarda Viviane, la conturbante Viviane, la lasciva Viviane, che ora interpreterà per la Scalerà I compagni d’Ulisse e che, vista « al naturale » è la più semplice, gaia e simpatica donnina che si possa immaginare, come si fa a non confidare, pur sapendo che se lo sarà sentito ripe tere centinaia di volte: «Sapete che siete completamente diversa da quella che abbiamo conosciuta sullo schermo? ». Sempre le stesse cose, ve l’ho detto. Ritornelli di Cinecittà... D in o F a lc o n i Dobbiamo alla rivista Bian co e ¡Nero ed al suo anima U n a S t o r ia tore Luigi Chiarini una fiori d e i C in e m a tura di studi intorno agli aspetti tecnici ed estetici del d i PA S IN E T T I Cinema che ha superato le più liete previsioni. I quaderni della interessante rivista romana, che appaiono sotto Vegida del Centro Speri mentale di Cinematografia, sono pubblicazioni indispen sabili a chiunque voglia tenersi al passo con gli svi luppi incessanti del fenomeno cinematografico. E non è ancora spenta Veco dell interesse destato nel vasto campo degli studiosi e degli esperti della interessantis sima antologia di saggi e scritti sull’Attore, messa in sieme con estrema cura e grande perìzia {lai Chiarini stesso e dal Barbaro, che un altro cospicuo volume viene ad arricchire la serie delle esplorazioni e delle ricerche così animosamente e nobilmente inaugurate alcuni anni or sono. Si tratta, stavolta, di una minuziosa, attentis sima, preziosa Storia del Cinema, frutto di un lungo periodo di appassionato lavoro e di intensa attività di uno dei più colti cineasti italiani, Francesco Pasinetti. Ed è opera che, nella sua dichiarata funzione puramente ordinatrice di una materia cosi vasta e così difficilmente catalogabile entro gli schemi rigorosi duna cronologia precisa, rivela una serietà di ricerca e di elaborazione esemplare, aL’opera del Pasinetti — ha scritto Chiari ni, presentando il volume — può a prima vista appa rire modesta, specie a coloro che sono abituati alla fa ciloneria delle sintesi e delle visioni panoramiche. Ma chi sa da quanta fatica, da quante ricerche, da quanta intelligenza e precisione si debba pervenire agli studi critici, apprezzerà questo accuratissimo lavoro col quale si tenta di portare l’esattezza di un metodo di ricerche critiche in un campo dove, purtroppo, sinora ha re gnato e regna il disordine ed anche la necessaria fretta dell’effimero industrialismo ». Giusto elogici a una delle più difficili imprese tentate sino ad ora fra noi. La Germania, f Inghilterra, l’America, la Svezia van tano ciascuna pubblicazioni cospicue, e non è qui il caso di passare in minuta rassegna l’opera di quegli scrittori francesi che \per armi — nel libro, nella rivi sta, nel giornale — ¡sono riusciti a preare intornoi al Ci nema una ricca letteratura storico-estetica che va dal succoso Panorama idu (Cinema dello Charensol ai profili e alle monografie dal manipolo della JRevue idu Cinéma, dalla Naisaarvce du Cinema di Leon Moussinac alla Histoire du Cinématographe di Michel Caissac, da Ce Ci néma del Diamant-Berger al demagogico Cinéma soviétique del Moussinac sino a Z’Histoire du Cinéma di Maurice Bardèche e Robert Brasillac. Non meno invi tante è la bibliografia tedesca che, inaugurata dalFJoachine, dall’Eckstein e dal Golpaum a scopo di pura ese gesi tecnica, ha trovato poi in Rudolph Arnheim, au tore di un poderoso Film als Kunst, il suo più dotato cri tico estetico. I l russo Vsevold l ’utiich'in, Lungherese Bela Belasz, recentemente Vanglo-americano Seton Mar grave con il suo trattato Come si scrive un film, e lo Spottistvoode con la sua Grammatica idei filmi hanno portato a questi studi un contributo notevolissimo. In Italia, le pubblicazioni del Bragaglia, del Luciani, del Canda, del Blasetti, del Chiarini stesso, del Bar baro, del Consiglio, del Margadonna documentano con quanta padronanza siano affrontati e discussi anche fra noi i multanimi problemi del fenomeno «film ». Si dove dunque al Pasinetti, critico tra i più avveduti e indagatore quant’altri mai meticoloso e paziente dei «fas » e dei «nefas » del cinematografo, il più vasto e preciso panorama storico del Cinema tracciato sino ad oggi da fino scrittore italiano. Singolarmente ricco di informazioni, di riferimenti, di accuratissimi indici, d’utili appendici, il volume appare in una veste assai degna, col corredo di attraenti fuori testo che contribuiscono a rendere il sostanzioso volume indispensabile anche a chi si interessi solo per diletto delle cose e degli uomini del Cinema. E’, e non vuole essere, in gran parte, che una larga, minuta, armonica cronistoria del film, dai tentativi iniziali dei fratelli Lumière e dei pionieri americani sino alle odierne ten denze e alle presenti esperienze dei maggiori cineasti del mondo. Alla nascita, allo svìhtppo', al dilagare del film «yankee », alla attrezzatura tecnica e industriale del cinematografo americano, alle legioni dei suoi at tori, alla moltitudine dei suoi uomini di comando, alla gravità dei suoi problemi odierni, sono riservate, nel libro, pagine fitte dì dati e di notizie, che se al lettore superficiale possono apparire soltanto delle (aride elen cazioni di nomi e di elementi informativi, mostrano in vece, a chi sappia approfondirne la portata, come Fam piezza e la varietà della materia e la mole del docu mento cronistico non incidano giammai la lucidità deifianalisi e il rigore dello spirito critico che la guidano. Anche il Cinema europeo ha una sua attentissima bio grafia. Son capitoli colmi di ragguagli, di paralleli, di pareri estetici limpidi e concisi: conclusiva dimostra zione di una singolare perizia nelfiinserire nel copioso «corpus » dei fatti, delle date e delle cifre, il giusto commento chiarificatore. Questa Storia del Cinema è, insieme, una rievocazione fedele degli eventi del Cinema e, in molte pagine, una lucida mess’a fuoco dei suoi problemi maggiori. E chi l ’ha scritta e chi fiha incoraggiata possono andar fieri li'una impresa destinata a segnare una data nella nostra letteratura cinematografica. U F F IC IO P R O P A G A N D A ve FiIip]po Sacchi’ scri'a di aver preso caso una circolare di un Ufficio propaganda: Ho ricevuto un foglietto pubblicitario in cui su trentadue righe ho registrato ventidue iperboli. Vi si annuncia Vavvenuta ripresa di un nuovo film. Il film è «il più scintillante » della 'stagione, e si è concluso con una «grandiosa » scena. La scena era stata girata in un parco naturalmente asuggestivo». Vi partecipavano tutti gli interpreti della «brillante » vicenda. La protagonista aveva degli «stupendi » vestiti e si inchinava con tutto 10 «sfavillio del suo malizioso sorriso », mentre uno de gli attori passava «superbo » nella sua «smagliante y> uniforme. La seconda attrice era «rilucente di gemme e di gaiezza », ma persino la terza attrice era «bellissima » e spiccava nell a imponente » corteo. Le ballerine, non se no parla, erano «deliziose ». Sorvoliamo che il rullio dei tamburi era «fragorioso » e le note della fanfara «squillanti », e limitiamoci a constatare che il quadro si animava di «vivaci » colori e di «fulgenti » armonie. Tutii gli altri film del regista erano apienamente » riu sciti, ma questo rivela i caratteri «più felici », la veste «più sontuosa », il ritmo «più affascinante ». E faremmo torto alla gentile protagonista non avvertendo che essa ha offerto «una delle sue incomparabili interpretazioni », e che gli altri attori le han fatto corona «con (ahi!) la più squisita manifestazione d’arte ». Il film insomma rap presenterà «la più gradita visione » per coloro che at tendono la nuova produzione italiana. Sempre perniai, sempre pernici — diceva quel tale. Sempre esagerazioni, sempre esagerazioni — pensa il po vero spettatore. E invece di andare al cinema, va a bere la birra. E’ possibile che «quasi » nessun produttore comprenda 11 danno e le ¡beffe di un simile sistema? Ricordiamo sempre un giudizio di Luigi Pirandello sul cinematografo; diceva il (grande e non dimenticato Maestro nostro che quando un autore, un regista e un attore riescono a fare dell’arte, con un film, quella crea zione viene in massima avvilita, se non distrutta, dalle iperboli di coloro che si- occupano di lanciare il film. Così tutto diventa egualmente «la più felice; la più son tuosa; la più affascinante», ecc., ecc.; esattamente ciò che il pubblico non crede. Suggeriamo una trovata pubblici taria per lanciare un film : scrivere su un manifesto, come davanti a un teatro, il titolo del film, chi lo ha diretto, chi sono gli interpreti, se è la prima visione. Come l’an nuncio di una commedia nuova, insomma. Costa anche meno, e si concorre al risparmio della carta. m a c * d a * c o DINA GALLI * T IT T A m DE SICA RISSONE MELNATi ★ ADANI * * BEN A S S I * p * RICCI RUGGERO ROGGERI Ho pensato qualche volta ad una strana professione: la «guida autorizzata», l’accompagnatore, il «cicerone» del palcoscenico. Che significa? Dalle otto alle nove, attendere la sera nel ridotto di un teatro dove recitano celebri attori, riunire gli spettatori che hanno pagato un supplemento di biglietto per la «visita » in gruppi di otto o dieci, e accodarseli portandoli sul palcoscenico, antro delle meraviglie; e soprattutto nei camerini degli attori. Io potrei fare da guida; anzi, se questo impiego si dovesse ottenere con un concorso, sarei certo di gua dagnare il posto con grande vantaggio su qualsiasi altro. E se il posto dovesse essere affidato a persona gradita agli attori —■permettetemi ancora qualche centimetro di im modestia — io avrei tutte le simpatie. Ebbene: chiudete gli occhi un istante, forte, fortis simo. Non pensate a nulla per un altro istante. Imma ginate di essere in un mondo dove .si possa nuotare nel l’aria. Riaprite gli occhi. Guardatemi: ho una giubba adorna di bottoni dorati e in capo un berretto sul quale è scritto a ricamo dorato: «Guida del palcoscenico». Sono dunque autorizzato a condurvi nel camerino degli attori, e vi permetterò tutte le domande, anche le più ingenue, salvo una, vietata, rigorosamente vietata. Que sta: «Quanti anni ha? ». Io vi dirò esattamente l’anno di fondazione del teatro — quasi tutti compresi fra il 1600 e il 1800 con qualche rimodernatura del velluto dei palchetti nel corso dei se coli •—-, in che epoca ha recitato su quel palcoscenico Eleonora Duse e Ernesto Rossi; se la lapide a Gustavo Modena fu murata dagli ammiratori o dall’attore stesso che, dicono, ne facesse preparare a dozzine per distri buirle sulle pareti dei teatri della Penisola; ma per voi le date di nascita non devono esistere. Gli attori trascorrono la loro vita su una strana alta lena del tempo: o sono considerati giovanissimi o quasi decrepiti, poiché il pubblico, non potendo essere edotto dai singoli certificati di nascita dei propri beniamini, ma desiderando ugualmente (chissà perchè) stabilire a tutti i costi l’età delle attrici e degli attori, si regola con riferimento ai propri anni, agli avvenimenti più impor tanti della propria esistenza, alle date «storiche » delle tappe del mondo. Così, da un signore qualunque noi sapremo che Dina a g n o Galli «ha tanti anni » perchè quando egli «andava al ginnasio » la Dina « era già brava e recitava con Talli » e perciò «tanti anni li deve avere » e che gli anni «pas sano per tutti »; mentre la signora Zeta, ascoltando il resoconto del pomeriggio teatrale dei pronipoti che hanno sentito per la prima volta Zacconi, dice loro che il grande attore «ha ormai qualche anno più di lei » per chè ricorda che al « Comunale » quando lei «andava alle elementari, una sera Zacconi interruppe le rappresenta zioni per cedere la ribalta a Giuseppe Garibaldi che do veva tenervi un discorso politico ». Dunque, siamo intesi? E allora andiamo pure. ... Il camerino di Dina Galli, o signori, è un «salottino » per tradizione: tutte le sere di recita ella lo trova perfettamente uguale, anche se qualche ora di treno di vide, da questo, il camerino della sera precedente. Mi spiego: affidati i tendaggi al macchinista e le suppellet tili alla cameriera, con metodica abitudine queste due devotissime persone ricompongono «allo stesso modo » il camerino anche quando la Compagnia è in «debutti », cioè quando si recita in provincia due sole sere in ogni diverso teatro. Dina entra mezz’ora prima della rappresentazione: è elegantissima, come sempre; è serena, come sempre; ha il piccolo cane in braccio, come sempre. Si guarda in torno, la incuriosisce un fiore che non è il medesimo della sera precedente, scorge un biglietto che riposa sul «mazzo » impettito dal filo di ferro, lo legge, sorride. E’ un vecchio amico, quasi sempre un signore che ri pete lo stesso gesto da tempo lontanissimo, ad ogni «de butto » della Dina. Lascia cadere il biglietto in un vas soio, si libera del cappello col gesto di una fanciulla, e col medio tra i sopraccigli fa il gesto di togliere qualche cosa di impercettibile. Ma non aveva nulla da cacciar via, oltre i pensieri; ha materializzato una visione chè in quell’istante il nome del donatore ha riaperto le pa gine di un album. Erano riapparse alcune immagini ap pena distinte eppure così lontane, ombre non mai sopite definitivamente: Amerigo Guasti «irresistibile» in mar sina blu e scarpette scollate di antilope; Ignazio Bracci rubicondo e assordante; forse anche Ciarli... Un’epoca. Epoca di furori borghesi per il teatro, quando il reper torio era soltanto francese e Re Riccardi in cravatta di piccato bianco, alla maniera dei comici dell’ottocento, ritornava da Parigi ogni stagione di carnevale con una Monella sotto il braccio; gli attori avevano appena inven tato il verbo «furoreggiare » e il pubblico la frase «viene giù il teatro ». Ora, come avete avuto modo di osservare, visitando il palcoscenico, o signori, il teatro viene giù di calci nacci e di stucchi floreali; Dina non sa che cosa si na sconde dietro le tende che ora sono di taffetà verde-viola, ma che nella mia lunga carriera di teatrante ricordo di • —.....-........ - — ........................... ....................--- varie e sempre lussuose tappezzerie, secondo i gusti del vivere borghese di decennio in-decennio. Dina Galli deve prepararsi, o signori; voltatevi un mo mento per permetterle di indossare la vestaglia. Eccola allo specchio: ella riporta i capelli sulla nuca, li riu nisce, li rende il meno voluminosi possibile. La came riera le porge la parrucca bianca di Nonna Felicita. Un’ombra è passata sul suo volto, ma non posso spie garne il significato; io, che ho recitato al suo fianco nove anni, ho visto oltre quell’ombra ; ma non esistono parole per dar corpo alle immagini che compaiono e scompa iono, a volte, dietro piccole e invisibili nubi... ... Da questa parte, signori, e attenti all’ultimo scalino, rotto già da tanto tempo che il mio piede ha imparato a saltarlo; potrei ormai salire questa scaletta ad occhi chiusi. Abbiamo qui, come vedete, tre camerini in fila e sono destinati in questo momento a Vittorio De Sica, Giuditta Rissone e Umberto Melnati. De Sica, come vedete, si prepara per recitare. Il suo bugigattolo è disadorno di tendaggi, ma nulla potrebbe dare un’immagine di maggiore raffinatezza quanto i suoi finissimi indumenti; osservate la lucida morbidezza di queste vestaglie, la finezza delle stoffe, il taglio degli abiti che denunciano il grande sarto, anche all’attacca panni. De Sica non ha «messinscena» in camerino; si serve di pochissimi cosmetici indispensabili per truccarsi, posati su una modesta tovaglietta. Si prepara con gesti lenti, quasi penosi: è l’uomo che, sentendosi imprigio nato dalle sbarre d’oro della celebrità, non osa ribellarsi, comprendendo che è quanto di più prezioso la fortuna abbia potuto concedergli; ma il suo cuore è lontano. Non lo dice, ma si ha l’impressione che preferirebbe essere solo, senza applausi e senza ammiratori, sullo scoglio di una costa non compresa nella carta geografica, con una maglia da pescatore e una chitarra sulle ginocchia. Non vi dicono questo i suoi occhi? Il modo di annodare la cravatta? Il gesto di ravviarsi i capelli? Ecco : gli hanno domandato se è pronto per incomin ciare lo spettacolo; non ha parlato per rispondere, ha soltanto fatto un cenno del capo, un gesto che se non conoscessimo l’importanza dei superlativi diremmo «im menso ». Sembrava dicesse: «Sono pronto da anni e sarò pronto per altri anni; ma che importa? Tanto non vedo nessuno ». E’ scomparso. Gli applausi che ascoltate vi dicono che egli è alla ribalta. Ma lo è soltanto materialmente; il suo cuore è lontano, molto lontano... ... Osservate invece in Umberto Melnati, o signori, la controbilancia di De Sica; se Vittorio è la rinuncia, Um berto è l’entusiasmo. Posso presentarvi uno per uno a questo popolare attore ed egli vi stringerà la mano, vi domanderà se siete sposati, quanti figli avete, se siete felici; vi regalerà una fotografia con dedica. Egli è lieto di vivere e voi siete il suo mondo poiché siete il suo pubblico. Egli parla e si agita, dandovi, senza saperlo, un piccolo supplemento di rappresentazione. E’ il per sonaggio Umberto Melnati, come tra poco sulla scena avrà un altro nome, un altro volto per l’aggiunta del trucco, e parlerà con parole non sue. Il camerino è drappeggiato di mezeri come negli ap partamentini da scapolo del 1906, quando i raffinati, ri pudiando le spalliere, posarono i pagliericci per terra e dissero che quello era il letto alla turca. Melnati, accuratissimo fino alla meticolosità, conserva tore, parsimonioso ma nello stesso tempo disinvolto e generoso — è questo il suo segreto — vi dice di restare tutti nel suo camerino; egli si truccherà ugualmente e voi potrete raccontargli, ad uno ad uno, la vostra vita. Mai persona al mondo vi ascolterà con più interesse. Poi, quando saremo usciti, ci accompagnerà dietro la porta chiusa l’eco di una risata che non somiglierà a nessun’altra risata : è quella di Melnati, caratteristica mente sua, che sembra perdersi sul suo volto dalla bocca a taglio netto, fin dietro gli orecchi. Ignoro il significato di quella risata, ma senza essere indovini è facile presumere che Melnati dica : « Che strani tipi esistono al mondo! ». Quei tipi siete voi, naturalmente, o signori... ... La signora De Sica, che voi vedete bionda, serena e familiare, è in camerino — per voi — Giuditta Ris sone. Conoscendola da qualche tempo si può anche chia marla confidenzialmente Titta; ma non credo sia mai venuto in mente a nessuno di dirle «signora De Sica». Un giuramento d’amore, l’unione davanti all’altare, val gono per i nostri nomi non consacrati anche dalla cele brità, ma non per le attrici. Evi Maltagliati è la signora Cappabianca per il portiere dell’albergo, Rina Morelli è la signora Ciapini per la patente d’automobile, ma il pubblico sarebbe geloso se dopo averle tanto nominate dovesse poi fare omaggio di così alta considerazione al cognome dii un signore che infine è soltanto «il marito » della prediletta. E’, questa, una vittoria dell’egoismo : alla ribalta, il pubblico, le attrici le vuole per sè. Tant’è vero che le attrici minori, quelle che quando recitano non si sa chi siano, portano tutte, anche in arte, il nome del marito. Ve ne sono alcune centinaia. Il camerino di Titta è lindo e fiorato con tende di piccato come la carta da parati del tinello della sua casa di Roma, come da fanciulla fu certo la camera di sog giorno della casa paterna di Asti. Si sente che la sua natura non riesce ad essere sopraffatta, e la mamma na sconde quasi sempre l’attrice. Se una qualsiasi conversa zione s’avvia, ella troverà, forse involontariamente, una parola alla quale agganciare il suo pensiero e parlarvi di Emi, che è la sua bambina, e si informerà con molto maggiore interesse dell’efficacia del latte condensato che dell’interpretazione di Giulietta o Ofelia o Margherita... Giuditta, cara gentile e soave mamma, ha il compito di recitare: lo assolve tutte le sere con passione, fervore e bravura, ma appena terminato lo spettacolo ella corre in camerino e grida : «Emi, bella bimba della sua mamma... ». Vi prego, signori, lasciamo la signora De Sica alla sua creatura... ... Qui, da questa parte. I due camerini che stiamo per visitare sono quelli di Laura Adani e Renzo Ricci, in entrambi vigila una cameriera dal viso accogliente, fe nomeno piuttosto raro nei riguardi delle ancelle delle attrici. In questo bugigattolo di tende tendine pizzi scatole ninnoli profumi, giunge affannatissima e si lancia da vanti allo specchio come da un trampolino di nuoto, all’ultimo momento, Lalla. Il grazioso diminutivo si ad dice perfettamente alla leggiadrìa dell’attrice. Laura Adani che è oggi, indubbiamente, una delle attrici più personali del nostro teatro, non farà per questo cadere 6opra di voi, come pietre preziose, il dono dei suoi mo nosillabi. La celebrità non ha mutato minimamente il suo carattere, e la sua gioventù non è stata oppressa dalla gloria; ella continua a vivere col cuore in mano. Parla tele pure come ad un’amica, e se qualcuno di voi na sconde un copione sotto il soprabito, lo lasci pure sulla sua teletta senza arrossire. Posso garantire che Laura Adani non dirà mai che da quel gesto è nato un altro seccatore; si augurerà invece che sia nato un nuovo genio... Dobbiamo ritirarci, o signori, dal camerino di Laura Adani: la sua mutissima camerierina le porge, come ve dete, l’abito di scena e tra pochi istanti la vestaglia da camerino cadrà ai suoi piedi. Allontaniamoci, altrimenti rimarremmo turbati per tutta la vita. ... Affacciatevi a questo uscio, signori, con passi fel pati. Renzo Ricci ha già il pallore del cerone numero uno, tanto necessario al principe di Danimarca, e fa delle flessioni accompagnando i movimenti delle gambe con strani massaggi ai ginocchi che non hanno nulla di comune spiritualmente con Amleto, ma sono indispen sabili a ben distendere la lucida maglia del cinquecen tesco costume. Renzo Ricci non ha addobbi speciali nel suo came rino, ma noterete certamente come la sua tavola per truccarsi è divisa con ordine: poco spazio per una sca tola di cosmetici, molto spazio per un mucchio di co pioni. Posso aggiungere che non sono mai i medesimi: essi si rinnovano perchè Ricci li legge veramente. Questo attore, fra i giovani il più celebre del nostro teatro, vi guarda un po’ svagato, ma non per «assenza » o distra zione; cerca soltanto di capire che cosa si voglia da lui, non ancora del tutto Amleto e già non più compietamente Ricci. Ma la mia presenza lo rassicura; comprende 10 scopo della nostra visita, esclama col gesto di chi ha acchiappato una farfalla «ah! » e quell’esclamativo, per 11 visitatore attento, è già un principio d’interpretazione... Ricci si prepara lentamente: va in camerino molto tempo prima dell’inizio dello spettacolo, compie i gesti con calma, quasi lentamente, come fossero studiati ; le sue parole alla cameriera sembrano bisbigliate da qual cuno sotto la tavola. Grande attore, signori, un vero grande attore; si può quasi già considerarlo un feno meno... ... Ma la nostra visita ai fenomeni, nel senso più rispet toso naturalmente, comprende altri due attori. Ecco, da questa parte: è il camerino di Memo Benassi, il più strano degli ambienti per il più singolare degli attori. Tutto è ammucchiato nel camerino di Benassi; le tende e gli abiti; i copioni e i libri; i ceroni e le cravatte; le scarpe e le oamicie; gli attori che lo assistono seduti in tre sugli spigoli di uno sgabello e il suo candido (quando è lavato) e voluminosissimo cane che ogni tanto si agita rimuovendo tutto. In quell’occasione molti oggetti dispo sti nei modi più strani perdono l’equilibrio e allora Benassi urla ,al cane ohe la finisca di comportarsi da maledu cato, che stia accorto a quello che fa, chè non si può tutti i momenti raccogliere gli abiti da terra. Ma il cane lo guarda stupito, si arruffa nel suo gran pelo, e convinto com’è di essere il solo padrone del suo padrone, si erge sulle zampe posteriori e si lascia cadere su Benassi che con urla selvagge di gioia lo abbraccia, passando dal suo viso al pelo del muso del cane, gran parte del cerone che aveva dimenticato di aver già plasmato. Benassi avrebbe bisogno, dice la sua cameriera, di un camerino un po’ più grande; e l’attore quando glielo sente ripetere, replica : « Certo, avrei bisogno del salone delle feste del liex ». Per la verità, in pochi metri qua drati di spazio è molto difficile agitarsi, quanto Benassi ha instancabilmente bisogno di agitarsi; vi prego perciò, signori, di rimanere sulla porta. Ascolteremo in pochi minuti dalla bocca di Benassi, rivolto ai suoi colleghi, la cronaca del teatro in questo anno teatrale, la vita degli attori, le condizioni economiche di tutte le Compagnie. ... Ed ora che ne sappiamo abbastanza di quanto Benaissi presume avvenga negli ambienti teatrali e alle ri balte degli altri attori, silenziosamente, in punta di piedi, cerchiamo di spiare in un camerino che per la grande ammirazione che abbiamo per chi lo abita po tremmo chiamare tempio: quello di Ruggero Ruggeri, il principe della scena italiana. Ruggeri si prepara per la recita in solitudine, in un ambiente che la sua presenza ovatta di austerità e rac colta personalità. Si respira quell’aria che i grandi signori muovono intorno a loro anche in un giardino. Appena si accorgerà di noi, ci guarderà assai stupito e rimarrà immobile un istante. Può anche darsi che su bito dopo ripeta quel suo gesto di alzare le braccia, come a suprema invocazione. Attenti: è lo stesso gesto che Ruggeri dettò ad Aligi quando l’eroe della tragedia dan nunziana si svegliò, come sapete, dopo settecento anni... L u c io B id e n ti |^ l,i]in aver pubblicato 310 commedie, qualcuna manca nella collezione perche 11 fa scicolo è esaurito. Ma le commedie di mag gior successo, anche di qualche anno fa, le abbiamo ripubblicate nei Supplementi. Domandate il Catalogo alla nostra Ammi nistrazione : ve lo mandiamo gratuitamente. # r W i l R d r a m m B m m a s i a r r ic c h is c o n o d i u n nuovo fa s c ic o lo d o p p io , contenente due com m edie in tre a t t i d i E T E R M IN A T A LA T E R Z A S T A G IO N E A L T E A T R O D E L L E A R T I Mentre tutti ì teatri e press'a poco tutte le Compagnie devono adattarsi a un programma generalmente eclettico che armonizzi nel modo più de cente le esigenze délVarte con quelle dell9industria spettacolare, solo il romano Teatro delle Arti, realizzazione degnissima della Confederazione fascista dei professionisti e degli artisti, la possibilità e 'l'orgoglio dii obbedire nel senso più lato a ragioni eminentemente artistiche. G U G L IE L M O La terza stagione, pilotata come le altre due da Anton Giulio Bragaglia, che del teatro ha fatto la sua passione esclusiva, è stata intensa, varia, con G I A N N I N I vincentissima. Già la durata (5 gennaiobl9 giugno) dice qualche cosa per un'iniziativa che non può conoscere e non ha conosciuto stanchezze, che ★ G R A T T A C IE L I deve sempre inventare sia che si tratti di far rivivere il passato che di rive lare l'ancora poco nòto o di aprir le porte all'avvenire. Poiché triplice é appunto questo complicato programma del Teatro delle Arti: curare la ★ M I M O S A classicità, ridar vita scenica ai lavori italiani o stranieri che abbiano con servato valore universale nel tempo; far conoscere dell'attualità italiana le Questo S U P P L E M E N T O opere non commerciali per essenziale nobiltà o quelle ancora inesperte ma IV. 12 è g ià p ro n to n e lla pure rivelatrici di vita nuova; presentare opere straniere di schietta o ancora consueta veste tip o g ra fic a non riconosciuta originalità. A questi tre capisaldi ha corrisposto egregiamente la effettuata stagione. e costa T B H L I R E . Von i classici è stata riportata al proscenio, con grande gaudio dei linguisti s i vende n e lle e d ico le ; d o Tra e con qualche scandalo degli schizzinosi, La Cortigiana dell'Aretino nella m a n d a te lo d ir e tta m e n te briosa regìa di A. G. Bragaglia; quindi si è avuto il non dimenticabile a l l a n o s t r a A m m in is tr a successo della Rappresentazione di SantTgnazio di Anonimo del secolo XVI rievocante e intelligentissima regìa di Giulio Pacuvio; quindi, sempre zione in Corso Valdoeco, 2 nella nella regìa di Bragaglia, La lettera smarrita del rumeno Caragiale e una T O H I IV <1 nuova interpretazione dell'antico Amore e cabala di Federico Schiller. Gli italiani viventi hanno avuto larghissima parte: Stefano Laudi ha pre ★ D I 0lI01.IEL.ai0 GIANNINI sentato la sua pensosa Innocenza di Coriolano e il suo geniale Icaro cui PUBBLICHEREMO TUA DUE NE- A. G. Bragaglia ha saputo dare una realizzazione scenica piena di novità, ORBI LA NUOVA COMMEDIA di poesia e di mistero; La vita è più forte di Mario Massa, inscenata da L. Ramo e il vibrante Taccuino di Spagna di Lamberti Sorrentino hanno È V A IJV V E T R I N A Rappresentata con grande successa avuto buon esito; poi, da Una notte a Laodicea di Amedeo Mazzotti, si dalla Compagnia DINA GALLI salta in piena attività giovanile e littoriale col lavoro vincitore del Teatro Sperimentale di Firenze, Èva Stummer di Francesco Ferrari, e Dentro di noi del promettentissimo Siro Angeli. E tra gli esperimenti vanno messi anche i Chilometri bianchi di Mario Federici. Quanto agli stranieri, Eugenio 'O Neill ha trionfato con Al di là del ★ l’orizzonte e più ancora con la interessantissima Anna Christie, entrambi ★ DI GIUSEPPE ADAMI PUB messi in scena con inventiva cura da A. G. Bragaglia. Indimenticabili sono BLICHEREMO PROSSIMAMENTE quindi riusciti, nella poeticissima regìa di Corrado Pavolini, tre No giappo LA N U O V A C O M M E D IA nesi. E davvero piena d'ingegno e di intelligente semplicità e apparsa l'opera di regista di Enrico Fulchignoni nella memorabile e schematica Piccola PAO LA TR AVASA Rappresentala con grande successo città di Thorton Wilder. Somma delle somme: 15 commedie contro le 12 dell'anno passato e, dalla Compagnia D IN A G A L L I anche tra le meno fortunate, nessuna che non avesse qualche dosa di note vole e di degno di rilievo. In più sette serate di danze hanno arricchito la stagione. Abbiamo avuto Alessandro Swaine, una serata spagnola, Ziula, ★ Bucinska, Traut Streiff, Sigrid Junge, Hanna Berger, Brilla Schellander, Ro salia Chladek. Coreografia diogni secolo e diogni nazione. Concludendo: una stagione riuscita in tutti i sensi: per la bellezza e per PROSSIMAMENTE : N O T T E D ’A V V E N T U R E la varietà del programma; per il concorso di pubblico; per l'interesse vivo che la maggior parte delle produzioni ha suscitato nella stampa. Il deciso Commedia in ire aiti di progresso sulle due stagioni precedenti di questa stagione terza crea quindi EMILIO CAGLI ERI Rappresentata con grande successo la più viva aspettazione per quello che il Teatro: delle Arti e A. G. Bragaglia da ANTO NIO G ANDUSIO vorranno prepararci per l'annata teatrale prossima. r A N T O N G I U L I O B R A G A G L IA al quale si deve il grande successo della terza Stagione al Teatro delle Arti, il cui programma interessantissimo ricordiamo nella pagina a sinistra. Ora Bragaglia prepara, con ugualefervore ed esperienza, il programma «Iella pros sima Stagione. ) it w n iT t i, G R A Z IA GEI O N O R ATO attualmente con il giro artistico del «Cesare» di Forzano (ha sostituito Letizia Bonini nella parte di «Cornelia») è una delle più promettenti giovani attrici del nostro Teatro. Recita da cinque anni e la ricordiamo, sempre attenta e studiosa, in varie Compagnie, dalla Za-Bum a De Sanctis, dalla Palmer a Tumiati, e più recentemente nella Compagnia della Commedia. Guglielmo Giannini si prepara alla battaglia teatrale del prossimo anno con molte armi, non esclusa quella del capocomicato che tanto per non parere timido si svolgerà su due fronti : il fronte consueto della Compagnia intitolata al suo nome, e un fronte nuovo, in una Compagnia che avrà altro vessillo. Ma non possiamo fare delle indi screzioni. Quel che possiamo dire èche Giannini farà Compagnia con i seguenti nomi : Ada Montereggi, Ernesto Sabbatini, Cario Lombardi, Mario P¡su, Riccardo Tassani, Tilde Mercandalli, Tina Mayer, Renata Negri, Sandro del Buono, Franca Davanzati, la Benvenuti ed altri. Un buon complesso che si vale dell’interessante ritorno di Ada Montereggi, da qualche anno lontana dalle scene. Quanto al reper torio che Guglielmo Giannini ha preparato è senza dubbio sedu cente: «La donna del mare» di Ibsen, regìa di Sabbatini: «Anna Christi » di O’ Neil, regìa di Bragaglia; «I mariti » di Achille Torelli, regìa di Armando Falconi; «Gli innamorati» di Goldoni, regìa di Giannini; «Venere senza mito» di Di Bagno, regìa di Giannini. Gian nini ha chiesto poi commedie nuove ai seguenti autori: Chiarelli, Zorzi, Gherardi, che gliene hanno promesse, mentre alcuni giovani arricchiranno il cartellone con commedie promettenti. L’interessante di questa Compagnia èche sarà una palestra di giovani autori italiani, i quali hanno trovato nel capomico Giannini un coraggioso assertore e un intrepido condottiero. Giannini l’eclettico, il vulcanico, l’insoddisfatto, il corsaro, allestirà, anche con una Compagnia apposita, uno spettacolo musicale diretto da Luciano Ramo: «La mano bianca». Non c’è che da augurare alla attività di questo giovane, che dà tutte le sue energie al Teatro, la più brillante vittoria. V J J r v ^ / P A G N A N I Questa nostra cara e grande attrice, che ha avuto recentemente a Firenze nell’«Aminta» uno dei successi più significativi della sua carriera artistica, è già a Venezia dove in questo mese sarà nuova mente protagonista del «Ventaglio» di Goldoni. Il nuovo Anno teatrale, Andreina Pagnani sarà ancora primattrice della Compagnia del Teatro Eliseo di Roma. ★ RENATO S IM O N I ★ RUGGERO RUGGERI ★ RENZO R IC C I ★ RENATO * RU G G ER O RUGGERI ★ RENZO R IC C I ★ R E N A T O S IM O N I S IM O N I ★ A D A M I RUGG ERO RUGGERI * RENZO R IC C I ★ RENATO S IM O N I ★ RUG <^ ATO Dopo le recite di questo mese a Venezia nel «Campiello» di Goldoni, commedia nella quale sara protagonista, farà due film a Roma, con la «Safa»: «Torna, caro ideale» e «Lucrezia Borgia». ^ C R IT IC O È uno dei critici drammatici più autorevoli d’Italia. Ma è anche uno dei più distratti per chè quando e dove è nato non si riesce afar glielo dire. In compenso si confessa con queste argute e piacevoli notizie: « Ho iniziato il mio noviziato giornalistico facendo le critiche dei drammi delle marionette di Gorno e Dal l’Acqua, alla tenera età di otto anni; ho avuto sempre una grande predilezione per Facanapa. Ancor oggi questo personaggio mi commuove, più di molti altri del Teatro moderno. Sul serio ho incominciato a scrivere con un grande pa triota: Riccardo Zampieri neH’«Indipendente » di Trieste, dal 1911 al 1915, assumendo subito lacritica drammatica, per laqualedisse Ermete Novelli «ero stato fatto e tagliato». Nel 1915 scappai e mi arruolai come volontario nel 550 Reggimento Fanteria, passando dalle Tre Cime di Lavaredo, all’lsonzo, all’Albania. Sono uno dei pochissimi superstiti del siluramento del «Principe Umberto», avvenuto nell’ago sto 1916 al largo di Valona. Rinunzio a spie gare ai lettori la regìa di quello spettacolo lunare. Appena ritornato a Trieste, Rino Alessi mi chiamò nel 1920 al «Piccolo» da poco ri sorto, ove sono ancora. Anni di fatica. Difesa del Teatro italiano al confine. Nel 1921 entravo nel Partito. Nel 1929, quando Pirandello ve niva«scoperto» inAustria ein Cecoslovacchia, pubblicai in tedesco, sulla « Prager Presse» e in altri giornali, alcuni saggi sul pensiero e il Teatro pirandelliano. Dal 1923 frequentai i « Festspiele » di Salisburgo e in seguito quasi tutti i «Festspiele» teatrali germanici a Oberammergau, Monaco, Francoforte, Heidelberg; e l’anno scorso fui in Svizzera per il «Gu glielmo Teli» di Interlaken, I’ « Ewiger Ring» di Berna e la «Passione» di Lucerna, inoltre, da cinque anni, sono anche critico musicale per la parte lirica e sinfonica e quindi frequenta tore del «Maggio musicale fiorentino». E a sopportare tanto Teatro mi aiuta, non la mo glie, la quale, orrore, è per conto suo critica cinematografica e letteraria al « Piccolo », ben sì una creatura divina, che mi attende tutte le sere sulla porta di casa e che risponde al nome di Grigo. Per non ingenerare malintesi dirò che è un gatto. Dicono che sono brutto, ma non un brutto comune, poiché ho vinto un secondo premio, in un concorso di bruttezza fra i critici drammatici organizzato da Ramperti. Il primo premio fu vinto da un certo Silvio, critico romano ». ' , C / / < S. e. Lucio dAmbra, che ha ancora solocinquantotto anni, èconS.E. Re nato Simoni eSaverio Procida uno dei tre decani della critica dram matica in Italia; e, si può dire, il decano vero, chè Lucio d’Ambra ventenne già si trovò critico d’un giornale di Roma per tenere a bat tesimo, in un trionfo, la «Vedova» di Renato Simoni ; e solo più tardi Simoni, critico drammatico prima dell’«Arena» di Verona e poi al «Corriere della Sera», potè dare pubblicamente lasua attenzione an che alle commedie di Lucio d’Am bra. Infatti nel 1899, a meno di di ciannove anni, Lucio d’Ambra, date già alle scene due commedie, « Steeple-chase » recitata da Pia Marchi-Maggi e « Dopo il fumo la fiamma» recitata da Teresina Ma riani, era già critico drammatico di un giornale di Roma etale il futuro Accademico d’Italia rimase per ven ticinque anni, prima all’ «Italia», poi alla «Tribuna» e finalmente all’«Epoca» diretta da S. E. Bottai. Contemporaneamente ebbe alla « Nuova Antologia», cioè alla nostra più illustre rivista, l’onore d’esser chiamato asucce dere a maestri della critica, quali Eduardo Boutet e Giustino Ferri. Certo fu un magnifico periodo della critica teatrale a Roma quello in cui, adiscutere di commedie sui giornali, si trovarono insieme: Lucio d’Ambra, Domenico Oliva, Eduardo Boutet, Giustino Ferri, Tomaso Moni-celli, Fausto Maria Martini e Cesare Giulio Viola. Ma il periodo culminante della critica drammatica di Lucio d’Ambra fu all’ «Epoca» allorquando il pubblico, viva mente appassionandosi, si divise in due schiere mentre Lucio d’Ambra eAdriano Tilgher, con intere pagine dell’«Epoca» e del «Mondo», conducevano con alta competenza ed esemplare cavalleria, a proposito del «Teatro Nuovo» e del famoso «Problema cen trale» - che poi doveva, in una commedia, eccitare l’estro satirico di Arnaldo Fracraroli una delle più memorabili polemiche della nostra storia letteraria eteatrale. Fu vero pec catochenessuneditore raccogliesse in volume quellaserie di magistrali articoli di D’Ambra che ribattevano vittoriosamente altrettanti magistrali artieoii d’un ben agguerrito avver sario quale il Tilgher. Sarebbe oggi un documento di singolare importanza, soprattutto per testimoniare dell’altezza d’idee e dibattiti a cui in quel tèmpo la critica drammatica era salita. Illustri critici si battevano allora con vera passione, e si ricorda che, rappre sentando il De Sanctis allo scomparso Teatro Nazionale un dramma polacco, il «Dio della vendetta», Lucio d’Ambra l’esaltò a gran voce nella «Tribuna» contro Eugenio Checchi, il vecchio “ Tom”, che l’aveva stroncato nel «Giornale d’Italia ». In quelle sere addirittura si videro gli studenti dell’Università accorsi in folla alle repliche bruciare nei corridoi dello scomparso Teatro Nazionale il «Giornale d’Italia» con la stroncatura checchiana e applaudire invece D’Ambra che entrava in teatro per risentir la commedia. Scomparsa i’ « Epoca» nel 1925, Lucio d’Ambra lasciò, dopo un quarto di secolo d’inin terrotto esercizio, la critica drammatica e fu grave perdita per il Teatro. L’illustre scrittore, impegnatosi già da due anni nella monumentale e balzacchiana costruzione di quelle sue «Sette Trilogie» narrative che dovevano in quindici anni portarlo alla con sacrazione d’un seggio - unico romanziere alla Farnesina - dell’Accademia d’Italia, non frequentò più assiduamente i teatri o, anche come commediografo, non diede più che una produzione saltuaria, ottenendo però magnifici successi quali quelli dei suoi drammi « La Sentinella morta», «Ritratto d’uomo», « Ritratto di donna », «Monte-Carlo » e«So litudine », senza contare quel suo poderoso dramma di umanità che è «Via Basento lanterna rossa», certo la maggiore opera teatrale di D’Ambra e una delle più originali del nostro Teatro che aspetta ancora dalle nuove generazioni d’attori edi pubblico una consacrazione che, in un prossimo ritorno alle scene, le è assolutamente dovuta. El’at tore cè, per riportarla alla ribalta. Perchè non ci pensa Memo Benassi ? Quale inter pretazione fatta apposta per la sua inconfondibile sensibilità ed espressività d’attore! Di recente - sono quattro o cinque mesi appena - il direttore del «Popolo di Roma» ha voluto riportare il D’Ambra, ora illustre accademico e gran romanziere di quei pochi che in Italia hanno tutto il pubblico con loro, alla sua antica poltrona di giovane critico drammatico che S. E. D’Ambra, sempre tuttavia giovane, ha rioccupata con nuovo entu- siasmo. Cosi il pubblico romano da varie settimane rivede nelle sale dei teatri Io scin tillante monocolo e il ciuffo napoleonico di Sua Eccellenza. E, come se il suo gran lavoro diurno non gli bastasse, D’Ambra haaggiunto il suo lavoro notturno, rapido, vasto, tutto vivo e pulsante, nella redazione del « Popolo di Roma» che ha visto, fin dal primo articolo del suo critico Accademico, aumentare no tevolmente la tiratura. Poiché tutti gli ama tori di Teatro aspettano l’opinione dell’illu stre critico il quale- e questo èun alto esem pio - non si limita all’articolo immediato e notturno su la commedia nuova, ma dà anche al suo giornale, ogni settimana, alcune sue ampie e geniali «Rassegne drammatiche» in cui D’Ambra ritorna su le commedie rap presentate che gli appaiono più notevoli ed espone e discute I più importanti problemi artistici e tecnici del Teatro italiano. Sono note le aspre polemiche che, a Roma specialmente, hanno diviso critici ed autori, questi richiedendo più cordialità verso le opere rappresentate, quelli rivendicando con violenza i sacrosanti diritti della critica agiu dicare e condannare. Ma oggi due autentici maestri della critica teatrale - Simoni a Mi lano e D’Ambra a Roma, tutti e due Eccel lenze accademiche ed Eccellenze critiche quotidianamente dimostrano che avevan ra gionegli autori affermando che il Teatro deve essere seguito con amore e simpatia • che anche il più severo giudizio può essere for mulato con quella cortesia di forme equella moderazione che, senza menomare affatto la funzione altissima della critica, conserva agli scrittori il rispetto che è dovuto ad ogni sforzo, anche sbagliato, d’una buona volontà di lavoro. Altra nota caratteristica di Lucio d’Ambra è l’affettuosa attenzione agli attori. Fu lui il primo, intorno al 1904, a lanciare con gran clamore il nome d’un grande che era FerruccioGaravagliaeafarlo assumereprimo attore all’Argentina. Fu lui il primo critico di grande autorità che fece, con alto vaticinio, il nome di Elsa Merlini; e fu D’Ambra, nei due casi, gran profeta. Oggi egli ha più volte, dalle colonne del «Popolo di Roma », chia mata tutta l’attenzione del pubblico e della critica su Sarah Ferrati: eciò che il D’Ambra ha detto di quest’attrice per la suainterpre tazione della «Moglie ideale» di Praga con sacra un valoreeassicura un grande avvenire. Nota particolare: sovente D’Ambra, per un vecchio vezzo, ascolta le commedie ad occhi chiusi. Non gli sfugge tuttavia mai una bat tuta; e si capisce, chegli orecchi sono aperti. Ma non gli sfugge nemmeno un gesto. E come fa ? ricani alla ricerca dell*oro nelle mon tagne selvagge, è Gallo di giugno (Grouse in June) di N. C. Hunter al Criterium Theatre. Un*altra commedia leggera e Vita difficile (Uneasy living) di Fiorenza Kilpatrick al Kinsewuay Theatre. dove si seguono i molteplici sforzi M O N TE V ID E O f " T ^ J per sloggiare uno zoppo dalla sua Montevideo ha ottenuto un vivissimo rocca confortevole. successo la commedia italiana L’uo mo che sorride di Aldo De Benedetti NUOVA Y O R K / Z ^ e r ' h a e Luigi Bonelli, che a suo tempo ab messo in scena a Nuova York una biamo pubblicata nella nostra rivista. ricostruzione drammatica della Sa La commedia, tradotta col titolo cra Famiglia, nella quale la Madre Haj que domar a la fiera!, è stata di Gesù ha il ruolo predominante. tradotta da Angel Curotto che molto La stessa regista vi ha sostenuto la si occupa del nostro teatro a Monte- parte di Maria di Magdala, ispiran video, e glie ne siamo grati a nome dosi alCa Ultima Cena » di Leonar dei nostri autori. Dai majiifestini ri do da Vinci. Una gaia commedia, piena di spi cevuti rileviamo il numero eccezio nale di repliche della bella comme rito, è anche apparsa Storia di Fi ladelfia, una ingarbugliata vicenda dia di De Benedetti e Bonelli. Sappiamo infine che sono state tra con divorzi, giornalisti e fotografi, dotte dall9attivo Curotto e sono state interpretata da Caterina Hepbum. rappresentate, o stanno per esserlo, le commedie di altri autori nostri, e precisamente: Dopo la gioia di Gio vanni Cenzato; La pietra nera di Barbetti e Coratti; L’osteria della gloria di ¡Fraccaroli; Joe il rosso di (M/ V V l Ud ^ c o m m e d ia Dino Falconi. Tutte queste commedie sono de EVELINA, ZITELLA PER BENE stinate ai vari teatri delVUruguay e DI ANDBEA DELLO 8IESTO dell9Argentina. Ai nostri autori che che pubblicheremo nel prossimo fasci la critica italiana si è occupata avessero interesse a comunicare con colo, con grande simpatia e con larghezza Angel Curotto diamo Vindirizzo di di elogi. Dice Carlo Lari nella «Sera »: questo abile traduttore e così tanto La commedia è stata molto applau amico delVItalia: Maturana 961, Mon dita: numerose chiamate, dopo ogni atto, agli attori e all'autore. Pure es tevideo (Uruguay). sendo scritta per Dina Galli, ossia per ad un'attrice tanto geniale e i A ltr i» » « Al Westminster offrire cara al pubblico il pretesto di emer LO M D R Theatre di Londra gere o, come si dice in palcoscenico, ottimo successo ha avuto Testa di di «sfogare », non lutto concede a tale proposito. C'è per esempio, accanto al ponte (Bridge head) di Rutheford animato dalla grande Mayne, una commossa apologia delle personaggio Dina, una flguretta d'innamorato ti straordinarie virtù, di sacrificio di un mido e sì discretoi in ogni manifesta ufficiale della Commissione territo zione della vita da ritenere che «osa » significhi quasi sempre «rubare », riale irlandese alle prese con le risse re la quale è disegnata con una cura degli avidi fittavoli e le proteste dei non certo minore di quella di cui ha possidenti, che si ritira tacito quando potuto godere la protagonista. Il «Corriere della sera » scrive: Il la sua missione è compiuta. In 11 rischio del terzo (Third pubblico ha applaudito sei volte il pri atto, sei volte il secondo e cinque Party Risk) di Gilberto Lennox e mo o sei il terzo, chiamando alla ribalta, Gisella Asley)f rappresentata al Saint con gli attori, anche l’autore. Martin*s Theatre, un dottore non tro E Leonida Repaci, nella «Illustra va di meglio che provocare un in zione Italiana » dice che la commedia indubbiamente divertente e ha un cendio per evitare lo scandalo di una è primo atto eccellente. Pure il secondo sua relazione con una cliente. atto ha scene e battute frizzanti; men Una divertente commedia senza tre la chiusa è saporosa nella sua ama bile ironia. Il successo è stato vivissimo. pretese, nella quale si parla di ame H I I I I A LA C R IT IC A .., 'Sempre di nuovo affiora, sospinta alla superficie dell’attualità, da ragio ni più o meno contingenti, la que stione della critica e della più se guita tra le varie forme di critica: voglio dire quella teatrale che, in sieme alla cinematografica, s’esercita sul piano più accessibile al grande pubblico. Qui molta gente vede e ascolta: l’interesse delle più svariate categorie è in ballo, oltre al fattore vanità e all’aspirazione ideale alla gloria; il giudizio ha i suoi riflessi pratici; le passioni nobili o meno sono allo scoperto ; le code di pa glia si sprecano. Come idev’esser dunque la critica? Attenta al fattore industriale, rispet tosa del successo o unicamente preoc cupata del valore assoluto di un la voro? Come la vuole l’autore, come la desidera il pubblico o come piace al critico che la esercita? L’autore — non l’autore che lavora per la gioia di creare senza preoccuparsi di come si giudichi il lavoro, ma un certo au tore che conosciamo noi, cittadino che protesta per legittima preoccupa zione — l’autore, dunque, che di so lito parte in quarta contro la critica, sostiene che al critico dev’esser con sentita la più ampia libertà di giu dizio sempre che questa libertà non degeneri in licenza, la quale cosa avviene, a suo tacito avviso, ogni qual volta il critico non e d’accor do con lui nel ritenere che una cer ta sua commedia, accolta con trop po o con troppo poco entusiasmo dal pubblico, sia un capolavoro. Quanto al critico egli è sempre d’ac cordo con se stesso e cioè con quel la critica che risponde al suo tem peramento e ai suoi gusti. Il pub blico poi vuole infine sapere se ■ — date certe sue preferenze — ha da andare a teatro o no e se un certo lavoro, a suo gusto ostico o inac cettabile, vada invece difeso alla stregua di superiori ideali etici od estetici. E, in ultima analisi, sarà grato al critico anche se questi gli darà della bestia rimproverandogli di non aver capito ciò che si prepara a com prender domani. Il nostro avviso già labbiam detto più volte: il critico deve giudicare sul relativo che è, senza perder tuttavia di vista l’assoluto che dovrebbe essere; non domandare cento là dove l’autore ha dato dieci proponendosi di dare dieci, ma non dimenticare di chieder mille al creatore che, per inerzia, sfiducia o calcolo, si limiti a dar dieci volte meno di quello che volendo potrebbe. E, ogni volta che dalla scena si proclamino eterni veri, ricordare a tutti — autori, interpreti e impresari — che quella è la vera missione del Teatro e che tutto il resto viene ammesso e largamente tol lerato per gli effimeri bisogni della giornata, ma non per far credere che il Teatro vero sia altro iche tempio e scuola. Questi criteri, in sostanza, non contrastano troppo col credo critico di un grande uomo di Teatro che riuscì a riformarlo traverso la creazione ma anche usando... la frusta letteraria. Si tratta di 'Lessing, Nestore della critica drammatica per via della sua famosa Drammaturgia <£Amburgo, una estetica del Teatro sorta dalla critica quotidiana. Ecco come il critico do vrebbe essere secondo il Lessing : «Mite e lusinghiero verso i principianti ; dubitoso nell’ammirazione e ammirativo nel dubbio verso i maestri; sco raggiante e senza illusioni verso gli imbrattacarte; sprezzante verso i mil lantatori, e più amaro che sia possibile verso i ciarlatani ». Però, ieri ¡come oggi, esistono dei ciarlatani che vorrebbero venir trat tati da maestri e degli imbrattacarte annosi che pretenderebbero per se la mitezza e l’incoraggiamento cordiale che spetta soltanto ai giovani. Sono in genere costoro — e non i Maestri > — che 'se la prendono con la critica. Ma la critica, cui spetta soprattutto il costruttivo compito d’incoraggiare i creatori, ha, tra l’altro, anche quello di svergognare i trafficanti privi d’in gegno e i disinvolti spacciatori di autodecantate quanto ignobili patacche. 'Se non si sgombra il terreno dalle erbacce, che posto resta per la buona messe? E quale ordine teatrale nuovo si può creare se .non si distinguono in qualche modo i mestieranti dai veri creatori? In questo senso chi ha veramente qualcosa da dire, non può e non deve temere l’opera di una critica onesta, equilibrata e coraggiosa. E n ric o R occa "A" Otto ir, mi aziori i isarebbero già definitivamente decise, a tutt’oggi, per la prossima annata: questo primo gruppo è già abbastanza importante, se si pensa che mancano ancora tre quattro mesi alla definizione completa dei nuovi quadri. Riepiloghiamo dunque quanto' abbiamo già riferito1nei fascicoli prece denti; ecco' un primo elenco di Compagnie di prosa per PAnno XVIII: la Compagnia del Teatro Eliseo (Pagnani-Cervi e compagni), la Compagnia MaltagliatbCimara-Ninchi, la Compagnia Besozzi-Ferrati-Carvni, la Compagnia Gandusio (con Cesarina Gherardi prima attrice), la Compagnia di Daniela Pal mer, la Compagnia Giannini-Sabbatini (la ditta è da decidere) e la Compagnia di Emma Gramática (probabilmente con Raffini primo attore). 'Preciseranno in questi giorni le loro decisioni per Panno venturo: Rug gero Ruggeri, Dina Galli le Vìttorio De Sica, ai quali sono da aggiungere, come s’è detto, Armando !Falconi e Sergio Tòfana dei quali si auspica il ritorno alle scene per il prossimo ottobre. Melnati da solo? Al popolarissimo attore, che abbandona De Sica e la Rissane, sono state fatte recentemente serie proposte per una Compagnia di commedie e riviste, della quale egli sarebbe il principale esponente. Melnati si è riservato di decidere tse accettare o meno la cospicua offerta. 'Nel terzo anniversario della morte di Petrolini gli eredi hanno donato alla Società Autori Editori numerosi interessanti cimeli del grande attore, che saranno conservati nel Museo teatrale delPEnte romano. Durante la 'celebrazione 'dei' Grandi Siciliani che, come «’è detto, seguirà nel prossimo autunno, oltre i ¡grandi autori di prosa, saranno ricordati, con degne manifestazioni, anche i sommi musicisti. I l programma, che sarà fra breve concordato, comprenderà i nomi di Vincenzo Bellini, Alessandro Scar latti, Giovanni Pacini ed Enrico Putrella. Dovrebbe venire a trascorrere Pestate in Italia, in seno alla sua famiglia, la signora Marta Abba: il suo arrivo dall’America era annunziato nei giorni scorsi. ■ i. _r . r u i v t e n i r t i t r i t i a « I l T e a tro a l l ’a p e rto in I t a l ia » n e lla c ro n is to ria d i M a rio C orsi Mario Corsi è tra i cronisti teatrali italiani il più pronto, il più informato e il più appassionato. Non c’è cosa che interessi il Teatro che egli ignori. Sa tutto, si interessa di tutto, osserva tutto, vede tutto: e quel che più importa non dimentica nulla. Di ogni epoca ricorda le opere, di ogni genere sa la storia, di ogni tendenza la parabola. Conosce gli attori del passato come quelli (di oggi e di ognuno può raccontare vita e miracoli, dire le qualità e i difetti: tanto dell’attore celebre come del tenore di grido, come dell’ultima tra le generiche. E’ una miniera; e una miniera alla quale si può attingere isenza scrupoli, sicuri di non toccare il fondo. Si direbbe che disponga di un archivio nel quale il Teatro di tutti i tempi sia documentato e catalogato, ma l’archivio è la sua memoria nella quale egli ha sa pientemente ordinato tutto ciò che interessa il Teatro che è la sua grande vera passione. Più ancora di quella del «giornale », che pure lo ebbe e lo ha fra i migliori. E come sa dirle bene le cose che sa, e che gli altri ignorano. E’ un diletto a sentirlo, è un piacere a leggerlo. Le sue qualità di storico e di cronista Mario Corsi le esplica nel modo migliore in questo suo libro che vuole essere, appunto, la storia e la cronaca del Teatro al l’aperto: storia in quanto gli spettacoli all’aperto stanno alle origini del Teatro e ne seguono le continue evolu zioni; cronaca a motivo che oggi assistiamo ad una ri nascita che rende attualmente tutto ciò che al Teatro all’aperto si riferisce. Il volume ha una premessa di carattere storico rias suntivo di Renato Simoni. «Il Teatro, iscrive l’illustre Accademico, l ’acuto ed appassionato critico che tale amore ha per il Teatro l'be /se fosse morto, cosa che non è, sarebbe capace di farlo risuscitare, tanta vita gli infonderebbe, il Teatro «è nato all’aperto »; sotto i cieli mediterranei; e se rinacque, poi, liturgico, nelle chiese, ne uscì processionale; sostò sui sagrati, passò talvolta per i cimiteri, e poi dispose i suoi carri e le sue «mansioni » nelle piazze o nei prati fuori delle mura. E quando, più tardi, di religioso divenne pro fano, di occasionale, periodico o continuo, i primi edi fici per le rappresentazioni, nella seconda metà del se colo xvil, furono, specialmente in Inghilterra e nella Spagna, rozzi compromessi tra la struttura dei cortili, delle taverne e dei corrales e i teatri di tipo greco-ro mano; rettangoli, cioè, o semicerchi allungati, cinti di gallerie, col palcoscenico coperto e la platea cui faceva da tetto il cielo. Teatri in certo modo ancora all’aperto ». A precisare quanto questa forma di Teatro sia onusta di gloria ed abbia robuste radici nel passato, non c’è bisogno di aggiungere altro; bastano questi due periodi ben modellati e densi di Renato Simoni. Resta: da fare la documentazione, e questa la fa Mario Corsi nel primo capitolo del libro che è come cuna rassegna di tutto quanto si è fatto nei teatri all’aperto daUe origini ai nostri giorni; da quando cioè il Teatro era tutta luna cosa con il culto di Dioniso «Dio gioioso, che abban- donò la Tracia per rivelare al popolo greco, ancora ingenuo, rude e sobrio, il senso nuovo della vita », a quando il Teatro cessò di essere un fatto di popolo, «si rinserrò in edifici a forma di ferro di cavaUo, con vari ordini di palchi, edifici ideati da architetti italiani per quello spettacolo squisitamente nostro che è il melo dramma » e si perse il gusto degli spettacoli all’aperto. La parabola ha avuto, e Corsi lo dimostra eloquen temente, degli sviluppi grandiosi e impensati, poiché non va dimenticato che tra gli spettacoli all’aperto sono compresi anche i ludi gladiatori e le naumachie, le laudi e le sacre rappresentazioni, i tornei, le giostre e le feste d’amore, le favole marine e ¡le favole boscherecce. Que sta parabola, quando il Teatro passò nelle sale apposi tamente costruite sembrava definitivamente conclusa ma ha trovato invece nuovi e più vasti sviluppi e ancor più vaste proporzioni in seguito alla volontà espressa dal Duce ¡ohe il Teatro deve tornare ad essere quello che era alle origini: una grande adunata di popolo, e le opere a forte respiro, capaci di agitare, come le antiche, le grandi passioni collettive. ,Le pagine che Corsi dedica agli assertori della rina scita del «Teatro all’aperto » sono fra le più interes santi e le più dense del volume. E’ all’alba del ¡Nove cento che si è cominciato con l’avvertire in Italia l’aspi razione a ricondurre il Teatro all’aperto: nell’Ottocento le esperienze si erano limitate a sporadici saggi, anche se qualcuno eccellente, come gli spettacoli lirici all’Arena di Verona. Nel Novecento la serie delle iniziative si apre con una proposta di Gabriele d’Annunzio, anticipatore an che in questo: costruire un teatro sul Lago di Albano. Non se ne fece nulla. D’Annunzio non scrisse per il Lago d’AIbano la tragedia che aveva promesso, ma l’idea di riprendere gli spettacoli all’aria libera era lanciata e i realizzatori sono venuti fuori: prima a Fiesole, poi a Siracusa. Ed è a Siracusa, in quel mirabile Teatro greco che ricava dalla stessa natura che lo circonda e dal mare che gli fa da orizzonte degli aspetti di lirica grandiosità, che si aveva la vera e grande affermazione della possibilità di nuove e vigorose affermazioni di questa forma di spettacolo, aperto alle masse. Con la guerra si ebbe una pausa. Durante la guerra non si ebbero spettacoli degni di particolare eccezione, ma ci fu nella primavera del 1917 un teatro all’aperto che ha diritto, come giustamente osserva il Corsi, ad un particolare titolo di gloria, il «Teatro del soldato », eretto a poca distanza dalle prime linee e nel quale recitarono Eleonora Duse ed Ermete Zacconi, Tina di Lorenzo e Alfredo De panctis. ¡Finita la guerra, gli assertori della rinascita si met tono in linea e fino ad oggi la cronistoria ,del Teatro al l’aperto è quanto' mai interessante. Illustrato in sintesi quanto si è fatto dalle origini ad oggi, Mario Corsi nel suo interessante e piacevole libro che quanti amano il Teatro devono leggere, passa ad illustrare le recenti iniziative; documenta ciò che si è fatto a Siracusa, a Fiesole, ad Ostia, a Taormina, a Verona, a Pola, a Sabratha, a Pesto, a Firenze, ,a. Venezia. Una constatazione che è anche un atto di fede. _______ G ig i M ic h e lo tti Mario Corsi: II Teatro all’aperto in Italia. Prefazione di Renato Simoni - Ed. Rizzoli, Milano. ^ Una signora elle aveva un bellissimo ca ne, che molto amava, lo prestò un giorno al commediagrafo Luigi Antonelli, che è un abile cacciatore — come tutti sanno — e che, con una compagnia di amici condusse il cane a caccia. Ma, disgrazia tamente, un cinghiale l’azzannò e la povera bestia fu uccisa. Nes suno sapeva come fare ad avvertire la padrona del cane; finalmente, l’incarico fu dato a Lui gi Antonelli al quale, infine, la bestia era sta ta affidata e doveva pur restituirla. Antonelli si presentò alla signora e le disse: — Signora, il vostro cane è stato ammazza to. Consolatevi, pensan do che il re Enrico IV ha fatto la stessa fine. 'A' Dopo la rappresen tazione del suo primo lavoro, Guido Cantini, che era allora studen te, ebbe molte amarez ze, fra cui l’ironia del suo professore che, la mattina seguente allo spettacolo, gli doman dò, in iscuoia: i _ d i l _ _ c a l i _ __ u t e <____ > r i o —• Ma perchè, figlio mio, ti metti al rischio di avere degli zeri anche fuori di scuola? Però, in compenso, ci ha raccontato Cantini, che oggi è uno dei maggiori e più applauditi autori italiani, ebbe anche una grande soddisfazione. Infatti gli giunse una circolare del Circolo Partenopeo G. B. Vico, con la quale gli si an nunciava la sua nomina a «socio fondatore con medaglia d’oro », e lo si invitava a inviare lire venti per ricevere «una medaglia detta d’oro di prima classe». 'A' Un giorno raccontarono a Franceschi, il maestro calzet taio che conosce tutte le attrici più dai piedi ai ginocchi che dalla testa alla vita, che un tale beveva sei caffè il giorno per poter dire: «io sono un tipo del genere di Balzac ». E’ infatti risaputo che Balzac beveva sei caffè il giorno. Al che Franceschi concluse: — Io sono un tipo del genere di Napoleone; mia moglie si chiama Giuseppina. ^ In una Compagnia della quale faceva parte Umberto Melnati, quando non era ancora celebre come oggi, non da vano la paga. Stretto dalla necessità, Melnati andò dal capo comico e domandò con parole commoventi ma fermissime qualche cosa dei suoi arretrati. — Che paura avete? — gli chiese il capocomico — Sapete bene che la vostra paga continua a correre. Al che Melnati rispose, timidissimamente: e d m tto d i Im m n d a it a le d is tilla to d a lla fra g ra n te lavanda delle nostre a lp i T O N IF IC A v R IN F O R Z A ~ P R O F U M A R IN F R E S C A L A P E L L E ~ P E R RAGNO M A S S A G G IO T O E L E T T A ~ Mndispensa bile a lle a ttr ic i, a g li a tto ri, a g li sp o rtivi. PRESSO I niliLIORI PROFUMIERI E HA r ( ) it a le VIA CIRIO FELICE. Al GENOVA l'OHVnoRK III s. M.B. I. nOMA.NaiATB IL NOSTRO LISTINO IMIUZZI — Corre, lo so; ma sfor tunatamente corre tanto e corre sempre che non rie sco mai a raggiungerla. 7^ L’aneddoto è per le persone celebri una spe cie di misura della glo ria; più un nome è consa crato dalla fama, maggiore è il numero degli aned doti che gli ;si attribui scono. Fra i tanti che le varie «Enciclopedie degli aned doti » elencano sotto il no me di Alfredo de Musset, questo non ricordiamo di averlo letto. Vuol dire che 10 hanno magari inventato adesso... a qualche anno di distanza dalla morte del grande poeta francese: «Si rappresentava a Pa rigi, con grande delizia de gli spettatori, un lavoro di de Musset, Un caprice. Ad un tratto, il godimento fu turbato da un fatto inso lito: in un palco un ele gante signore, con una pic cola barba biondo-argento, dormiva, russando profon damente. A nulla valsero i ripetuti richiami dei vici ni: il signore non si muo veva neppure. Allora fu rono avvisati gli Inservienti del teatro e, per unanime volere del pubblico, l’impoTtuno spettatore fu messo alla porta. La recita pro seguì /serenamente, e quan do lo spettacolo fu finito, 11pubblico, entusiasta, vol le l’autore alla ribalta. E, con grande stupore, il sec catore espulso dalla sala comparve in palcoscenico, a ringraziare, tenuto per mano dalla prima attrice e dal primo attore». In omaggio al grande poeta vi preghiamo di cre dere a questa storiella. I francesi di oggi dhe l’han no pubblicata ne sono fieri. Proprietà letteraria ed artistica riservate - Società Editrice To rinese (Gazzetta del Popolo - Il lustrazione del Popolo) - Corso Valdocco, 2 - Torino - Ernesto Scialpi, responsabile I tu tta p u ò &fiug#vce a i t a lifta C ta , ma non t ’ a tte n z io n e pe* Ce &cwcp,e (Lede a t tr ic i e e le tti a t- c v ttió ii d i te a tro , d o m a n * d a te di nei m h f iw ù caÌK atw ce te negxvzi S. A. C A L Z A T U R IF IC IO p e rfe tte òxuvtp-e « Ccieò ia ». E C L E S I A Capitalo sodalo versato L. -100.000 Sede sodale: - M I L A N O - VIALE PIAVE ÌVr. 7 -----------------------Tolef. 22-796------Stabilimenti o Amministrazione : S . V IT T O R E O L O M ■ Corso Sempione, «3 ---------------------- Telef. 80-15 ------------------------ Lo m ig lio r e c a lz a tu r a d i lu s s o per s ig n o r a L a p i ù le g g e r a , s o lid a e f le s s ib ile c a lz a t u r a d a u o m o T u tti i tip i d i, p a n to fo le r ia f in e per uom o, s ig n o r a e b a m b in i b e l l e , d é a i g i m d i s A S I N O M o e D l a C m U l e n e e a i n t e o a d e l e z ì a t e r t a N I C z e z I P M , a A n i d s i - a u l d e L E l

Documenti

Tipologia

Il dramma : rivista mensile di commedie di grande successo. - Torino : Grandi firme, 1925-1992.

Fondi collegati

appartiene a