¿ t n m j j s D ESTATE È N EC ESSAR IO USARE U N A B U O N A A C C IA D I C O L O N IA d A éare épeééo, d u r a n te acqua t e ó ta te , u n a b u o n a d i c o lo n ia , è c o n ó ig lia b ile a n ch e p e r to g lie r e , épecie d a l v ié o , q u e l v e lo d i g ra é é i, a c id i e ¿ a li che i l 6u d o r e v i d e p o ó 'tta . Q u e é to v e lo t u r a i p o r i, •fa M entire d i p iù i l c a ld o e p r o d u c e u n a f o r m a d i a ó fió ó ia d e l la p e lle che l a f a a v v iz z ir e e é c re p o la re p iù fa c ilm e n te , (de c o lo n ie G /. v i. emme a d a l t a g r a d a z io n e a l- 1 D o p o u n b u o n p ra n z o , u n b u o n liq u o r e . Q u a le p r e f e r ir e f r a i ta n t i? il m ig lio r e : M A N D A R IN E T T O S f i c l IM Ia n d a r i n e t t o I s o la b e ll a M M a n d a r in e t t o a k e Is o la b e ila l M a n d a r i n e t t o I s o la b e ila l a a n d a r in e t to I s o la b e ila M a n d a r in e t to C O A D ’ A S D N S I M P A O I C T (IL G N U I M R O N R A I A A Z I N I O N E O TO R O ) i S O C IE T À ’ P E R A Z IO N I Capitale Sociale L. 18.000.000 - Riserve oltre L. 128.000.000 SEDE E D IR E ZIO N E G ENERALE T O R IN O Via Maria Vittoria 18 (Palazzo Proprio) Sinistri pagati: dalla fondazione oltre L. 309.000.000 Capitali assicurati: oltre 28 miliardi E LA PIO A N T IC A C O M P A G N IA A N O N IM A D I AS S IC U R A ZIO N I A U T O R IZ Z A T A DA C A S A S A V O IA i FONDATA CON RR. PATENTI DEL RE CARLO ALBERTO IL 5 GENNAIO 1833 INCENDI • VITA - RENDITE VITALIZIE- INFORTUNI ■RESPON SABILITÀ CIVILE - GUASTI -GRANDINE - FURTI - TRASPORTI O L T R E 200 A G E N Z IE G E N E R A L I IN I T A L I A Agenzie M andamentali in tu tti i p rin c ip a li Comuni '.} AM1VO X V I m 15 A gosto 1 9 4 0 - X V I I I m m q u in d ic in a le d i g ra n d e X. 336 1 9 0 1 campagna contro i Boeri: m d i c o m m e d ie s u c c e s s o , d ir e tto d a L U C IO R I D E N T I U F F IC I CORSO VALUOCCO. 2 - TORINO - Tel. 40-443 CWFASCICOLO Ti. DUE - ABBONAMENTO ANNUO !.. 40 - ESTERO E. 70 Esiste un destino degli attori sulla scena: per quanti sforzi faccia Lui gi Cimara a (togliersi di dosso, oggi, l’aureola di eterno amoroso, forse non vi riuscirà, come non vi riuscì mai Flavio Andò; nè Gandusio po R O M A N O trà mai interpretare »personaggi drammatici, nè Romano Calò, for se , riuscirà mai più a non essere C A L Ò l’eterno «poliziotto » che in tre ore (Disegno di Acqnalagna) di spettacolo riesce a scoprire tutti i delitti Delitti di «Spettacoli gial li » naturalmente, chè questo genere è ormai legato al suo nome, alia sua bravura, alla sua jparticolare attitudine direttoriale nel com porre orchestralmente quell’insieme soprattutto meccanico che fa la perfezione di uno spettacolo giallo. Nel periodo di maggior successo del «repertorio giallo » diversi attori bravissimi tentarono il genere, ma poterono poi ritornare facilmente alla loro strada: il pubblico li aveva soltanto ascoltati; in Calò, invece, gli spettatori trovarono tanta perfezione da non poterlo immaginare poi diversamente. Il destino artistico di Calò sembrò segnato, nè valse un lungo riposo a dimen ticare il suo tipo. In questi mesi, riprendendo al Teatro Nuovo di Milano gli spettacoli gialli, sotto l’insegna fortunata di Remigio Paone (Errepi), Romano (Calò ha visto rinnovare il suo «vero » e grande successo. La ripresa dei «Processo di Mary Dugan » ha toccato le diciottomila lire di incasso. Nè bisogna dimenticare che siamo in estate e in un periodo eccezionale della vita della Nazione. Valore della commedia, può darsi; valore di tutti gli interpreti, è certo; ma soprattutto irichiamo di un grande nome negli spettacoli gialli: Romano Calò. C O P E R T IN A HANNO COLLAEOEATO A QUESTO FASCICOLO: A R M A N D O C IT R C IO con la c o m m e d ia in t r e a t t i A CHE SERVONO J . con N ELL’ O M B R A QUESTI Q U A T T R IN I? M . S Y N G E i l d r a m m a in nn a t to D E LLA V A LLA T A W . B . Y E A T S con la c o m m e d ia in nn a t to S U L L ’ A C Q U E T E N E B R O S E B R U N O D E con la com m edia C ESC O in nn a tto S C E N A IN M O N T A G N A CORRADO ALVARO : COMMEDIA DELL’ARTE ; MARIO CORSI : ANTICIPO AL NUOVO ANNO TEATRALE; NICOLA MANZARI: LA PARTE PER L’ATTORE; ENRICO ROCCA: DUE NUOVI PERSONAGGI ; KURT SAUER : GUSTAP GRUNDGENS IN CASA NOSTRA ; ERCOLE MOGGI : RICORDO DI MOLINARI ; COMMEDIE NUOVE E RIPRESE : CRONACHE FOTOGRAFICHE : RUBRICHE VARIE: TERMOCAUTERIO. “ O li In g le s i, d a v a n ti a l m ira c o lo d e ll’eroism o boero negano ed in s u l ta n o a n c o ra : i l lo ro eser c ito , che è la g g iù m a g g io re d i tu tta la p o p o la zione n e m ic a , n o n sa vincere, in c e n d ia le case, addensa in c a m p i t r i n c e r a t i v e c c h i, d o n n e , f a n c iu lli, de cim a con ip o c rita fe ro c ia i p r ig io n ie r i, fu c ila i g e n e ra li c a ttu ra ti, a rm a s c h ia v i se lva g g i b a n d iti, rom pe o g n i m o d e rn a e q u ità d i g u e rra , rin n o v a l ’a n tic a b a rb a rie , e i g i o r n a l i v a n t a n o le m isere im prese t e n t a n d o n u o va m e n te d i c a l u n n i a r e l ’in c o m p a ra b ile gesta d i u n pop o lo m u ta to s i tu tto in u n esercito, n e l q u a le l ’e n tusiasm o d e lla m o r te sostituisce la d is c ip li n a e sale ir r e s is tib ile a l la v itto ria . “ Dove sono du n q u e adesso le g lo rie g u e rrie re d e ll’ In g h ilte r r a ? Perchè non u n a b a tta g lia riv e lò la s u a a n t ic a b r a v u r a in v itta c o n tro N a poleone ? “ Che cosa m a n ca a questo esercito n e l q u a le m a n d ò p u re i l fio re d e l la p r o p r ia gente, p r o d i g a n d o tu tte le a r m i e le I n v e n z io n i d e l la p i ù nuova scienza m ilita r e , e che ra p p re s e n ta l ’im pero e c o lla s u p e rio rità d e l p ro p rio nu m e ro a r r iv a s o lta n to a d a re la p iù ir r e fr a g a b ile p ro va d ’in fe r io r ità ? ,,. A L F R E D O O DIANE A M C E H C C c m M a y iA E T U H M ! in v J l j z p p !ì n > w Ì £ d c b t d a M z C o m p a g n i a La scena rappre senta uno di quei caratteristici « bus p e r c o n a ijiji si » napoletani, che EDUARDO PARASCANDALO ormai vanno scom - VINCENZINO ESPOSITO - parendo. La porta di DONNA CARMELA, sua zia fondo dà sulla stra. - FERDINANDO DE ROSA - da. A sinistra, una MARCO BERLUTTI - GAE porta che dà nella TANO TRABELLO - PA cucina. A destra, SQUALE MOFFETTA - CAR porta che LO PALMIERI - PEPPINO, un’altra dà nella camera da sarto - Il cav. DE SIMONE RACHELINA DE ROSA - AN letto. Un tavolo nel GELICA, mamma di Rachelina centro; un canapè - Il rag. ACHILLE SPIRITO - in fondo; in un an LUISA, cameriera - DONNA golo, uno sgabello NUNZIATINA - DONNA CON da falegname con CETTA - UN GARZONE - vari arnesi. Un’im Voci e canti dall’interno. magine di S. Giusep A Napoli, ai nostri giorni. pe attaccata alla pa rete. Oleografie varie. L’ambiente è squallido, triste. Ferdinando (entra dal fondo e picchia a terra col ba stone). Carmela (entra dalla destra, asciugandosi le mani, come se avesse lasciato di compiere qualche faccenda di casa) — Buongiorno, don Ferdinando. Ferdinando —¡Buongiorno. C’è, per favore, Yincenzino? Carmela — ¡No, di giorno non fe mai in casa. Ferdinando — Mi spiace molto... (Resta per un attimo come indeciso sul da farsi). Avevo bisogno di parlargli. Carmela — ISe volete lasciar detto a me... Ferdinando i(esitando) — Veramente, si tratta di cosa delicata... (Decidendosi) Ad ogni modo, è meglio lo sap piate anche voi... Voi siete sua zia ed io credo che, se Vincenzino corre un pericolo, sia giusto che sappiate. Carmela ■ — Vincenzino corre un pericolo? di che si tratta? Ferdinando — ¡Donna Carmela, voglio essere chiaro con voi... Vincenzino si sta mettendo a un brutto rischio... Carmela -— Ma che cosa ha fatto, dunque? Ferdinando — Da qualche giorno a questa parte s’è messo a corteggiare Rachelina. Carmela — Ebbene? Ferdinando — (Come: ebbene?... Vi pare niente, donna u - ' a m vL d e ,c & £ ip p c r Carmela? Voi dimenticate, forse, che Rachelina è mia sorella? Carmela Ma va bene, don Ferdinando! Son cose da ragazzi. Ferdinando — Cose da ragazzi!? Ma andiamo!... Un uomo come Vincenzino si permette di alzare gli occhi su mia sorella? Carmela — Don Ferdinando, scusate, cosa potete dire sul conto di mio nipote? Ferdinando — Donna Carmela, non fatemi parlare! Ma come! Un uomo che ntì?i ha nè arte nè parte! Carmela — Sì, va bene, ora ha perso la testa, ma voi sapete che Vincenzino è un falegname bravissimo..., eba nista e intagliatore. Ferdinando — Donna Carmela, se Vincenzino ha perso la testa gliela farò ritrovare io!... Carmela (che un po’ prima s’è avvicinata all’uscio e s’è messa a guardar fuori) — Eccolo qua! Parlate con lui, ora! Vincenzino (entrando) — Buongiorno, don Ferdinando. Buongiorno, zia. Ferdinando (freddo) — Buongiorno. Carmela — Vincenzino, don Ferdinando ha bisogno di parlarti. Vincenzino — A me? Ferdinando (con aria malandrina) — Ero venuto per pregarvi... Vincenzino — Dite, dite... Ferdinando — ¡Sentite, Vincenzino, da vari giorni voi state facendo il moscone attorno a Rachelina... Vincenzino — Vi giuro, don Ferdinando... ¡Ferdinando — ¿Non giurate... Perchè quando Ferdi nando De Rosa asserisce qualcosa, vuol dire che è sicuro del fatto suo... Vincenzino, non c’è bisogno di molte chiacchiere: ripeto a voi ciò che stavo dicendo a vostra zia, io non posso permettere che nel rione la gente rida alle spalle della famiglia De Rosa... Vincenzino — Perchè dovrebbe ridere? Ferdinando — Ma come! Mia sorella è ammirata da tutti per la sua bellezza e la sua onestà... E’ un fiore... un giglio... Ed io dovrei permettere che si sparga la voce che mia sorella fa l’amore con voi? Vincenzino — Ma io non vi capisco! A CHE SERVONO QUESTI QUATTRINI? Ferdinando — Mi capisco io! Non sapete, forse, la famiglia De Rosa che iamiglia è? Vincenzino — ¡Come no? Certamente! Carmela (intervenendo) — Infatti, vi abbiamo sem pre rispettato e voluto bene. Ferdinando (a Carmela) — Mi dispiace dirvelo, ma quando uno, nelle condizioni di Vincenzino, si permette di fare il cascamorto con Rachelina, è segno che tutto questo rispetto non ce l’ha... Vincenzino — Ma, infine, io non ho fatto niente di male. Forse qualche volta mi son fermato sotto il vostro balcone ed ho guardato i vetri... Non credo che per aver guardato i vetri... Ferdinando — Ebbene: quei vetri non li dovete guar dare più... Nel rione, tutti mi conoscono: io non ho il cervello a posto... Se vi mettete un’altra volta a far la sentinella sotto il balcone di mia sorella, come ho già detto a vostra zia, vi faccio passare un brutto quarto d’ora. Buongiorno, donna Carmela. Buongiorno! (Via). C.armela — Vergognati! Vergognati! .Non soltanto non lavori più e vai perdendo il tempo dietro a quell’altro morto di fame peggio di te, ma vai anche molestando le ragazze da marito! Vincenzino — Non cominciamo! Non cominciamo! Carmela — Io non ne posso più! Son tre mesi che hai lasciato il lavoro e non metti ancora il cervello a posto! Ma si può sapere quando vuoi riprendere a la vorare? Vincenzino -— Ma, insomma, mi vuoi proprio veder distrutto? Carmela — Vedete un po’ : io lo voglio veder distrutto. Sei tu che vuoi veder distrutta questa casa! E tutto que sto per quel disperatone... Vergognati, vergognati!... Vincenzino — Be’, prepara la tavola, pulisci tutto, e metti in ordine la casa, che adesso arriva il professore. Carmela — Lo porti anche qui, adesso? Vincenzino — Non cominciamo! -Se tu avessi visto che cosa ho dovuto fare per convincerlo a venire qui, da noi! E la nostra casa si può considerare onorata di ricevere un uomo come il professore! Carmela — Vedete un po’ : lo porta fino in casa, quel morto di fame, quel disperatone! Vincenzino — Apparecchia subito la tavola, che oggi si mangia. Carmela — Si mangia?!... E che si mangia? Io lutto quello che potevo impegnare, l’ho impegnato. Vincenzino — Oggi si mangia... Offre il professore! Carmela — Santo cielo benedetto! Chissà che cosa avete combinato! Chissà quali imbrogli avete fatto! Vincenzino — Metti la biancheria fine e tutte le posate... Carmela — Tutte le posate? Non ci sono che due for chette e due cucchiai... Vincenzino — E il professore? Carmela — Che posso farci? Mangerà con le mani. Vincenzino — Va bene, non importa! Vuol dire che mangeremo a turno. Carmela — Ma insomma, si può sapere chi vi ha dato questo denaro? 'Che altro imbroglio avete fatto? E’ meglio che me lo dici subito, altrimenti, quando arriva quel buono a nulla peggio di te, piglio tutta la roba che porta con sè e la getto dalla finestra! Vincenzino — Non cominciamo!... Che imbroglio e imbroglio! Carmela — Certo non può essere niente di onesto! Vincenzino — Ma che imbroglio! Abbiamo indovi nato i cavalli! Carmela — Che avete fatto? Vincenzino — Siamo andati alle corse e, per mezzo di un compare del professore che fa la maschera, siamo entrati nelle tribune. Carmela — Senza pagare... senza pagare... Vincenzino — Naturalmente, chi volevi che ci desse i quattrini?... Carmela (trionfante) — Vedi, allora, che si tratta di un imbroglio. In tutti i modi, chi vi ha dato questo danaro? Vincenzino — L’ingegno del professore! E’ stata la sua intelligenza! Quello è un uomo geniale, ha scoperto uno strattagemma, un sistema semplicissimo che serve per guadagnare danaro senza lavorare. Carmela — Oh, Dio!... Chissà che avranno combinato! Vincenzino — Una cosa da nulla!... E pure guarda che talento occorre per pensarla! Io giravo per le tri bune... Ogni tanto avvicinavo un signore e gli dicevo: «Signore, volete un cavallo sicuro? Lì c’è il professore che vi dirà il nome del vincente! ». Il signore mi guar dava come per dire: «Lo prendo o non lo prendo?...». Allora io, per deciderlo, dicevo : « Sentite, il professore non vuole niente: se il cavallo arriva gli fate un regalo! Questo per dimostrarvi che lui è sicuro di ciò che dice. Se il cavallo non arriva, voi non gli date nulla ». Il si gnore diceva: «Bah, se non devo pagare, se pago quando il cavallo arriva...». E andava dal professore: e il pro fessore gli dava il cavallo. Carmela (sospettosa) — E al professore, questo ca vallo, chi glielo dava? Vincenzino — Io l’ho sempre detto: La mia disgrazia è stata d’avere una zia come te! Ma come? Non hai capito? Il professore gli dava il nome di un cavallo: «Marco Aurelio », « Pupatina », «Stella nera », « Bi jou »... C’erano otto cavalli... Abbiamo dato a otto gio catori i nomi di otto cavalli... Uno doveva arrivare per forza... Carmela — Gesù mio, vedete che imbroglio! Vincenzino — Imbroglio?! Questo è uno strattagemma geniale! E’ il cervello del professore che crea il piano come un artista crea il capolavoro! Perchè lo chiami imbroglio? Del resto, tu non potrai mai comprenderci... Carmela — Insomma, avete dato i nomi di otto ca valli; e poi? Vincenzino — Non hai ancora capito? Un cavallo do veva arrivare per forza. E’ arrivato «Pupatina ». Il gio catore che aveva giocato « Pupatina » è saltato al collo del professore, lo ha abbracciato e baciato e gli ha detto : «Professore, non ho parole... Sono commosso... Ho vinto mille lire. Vengo alle corse da trentanni, non ho mai vinto una lira. Eccovi cento lire... Sapete cosa faccio di queste altre novecento lire? Voi mi direte quale cavallo arriva alla prossima corsa, io prendo le novecento lire e me le gioco tutte sul cavallo che mi indicherete voi. ARMANDO CURCIO Anzi, adesso che ci penso, ci voglio aggiungere altre son tutte cose che non mi son mai piaciute... Per ca mille lire, così mi rifaccio un po’ di tutte le perdite che rità, per carità... Io mi sono sempre disinteressato alle ho avuto nel passato... Poi, appena ho vinto, vi faccio un basse cose di questo mondo. E poi... specialmente al bel regalo... Vi voglio fare un regalo magnifico...)). «Eh! danaro... Il danaro, ricordatevelo, è la rovina dell’uma — ha detto il professore — eh! Vedremo se mi trovi! ». nità. E’ una malattia! Come tutte le malattie, provoca Eduardo (entrando) > — Permesso? (Si ferma sull’uscio i suoi disturbi. E i disturbi del danaro sono l’avarizia con Marchetiello e Pasqualino). o la prodigalità. Io, quando avevo danaro, ero prodigo. Carmela (con dispetto) — Eccolo qui! Scomparsa la malattia, è scomparso il disturbo. Guar Vincenzino i(ossequioso) — Avanti, avanti, professore... date un po’ se è avaro il povero. Il povero non è mai Venite, amici... (A Carmela) Tu non conosci il profes avaro. E’ avaro il ricco. Guariamo la malattia e guari sore? (Presentandolo) Mia zia Carmela... Il professore remo i disturbi. Scomparso il danaro, scompaiono l’ava rizia e la prodigalità, e l’nomo diventa perfetto. Io sono Eduardo Parascandolo... Eduardo —- ... dei Marchesi Guastamaccliia. Piacere guarito! Ora mi sento un altro! Signorina Carmela, mangiatevi un po’ di vitello tonnato... tanto. Vincenzino (con intenzione) — Continuate, profes Carmela (con mala grazia) -— Piacere... Vincenzino — Il mio amico Marchetiello, il mio amico sore, continuate. Avevate un fondo a Caivano... Eduardo '— ¡Eh già, io parlo e tu mangi... Pasqualino... Mia zia... Carmela — Marchese!... (Interrompendosi, con imba (Eduardo — Ecco, ho comprato un po’ di pollo in gela tina. (Aprendo i vari pacchetti) Questi son duecento razzo) Scusate, come vi devo chiamare: marchese o grammi di insalata russa e questi sono altri duecento professore? Eduardo — Come volete voi, io non ci tengo. I ra grammi di «foie-gras »... Io sono delicato di stomaco, ho bisogno di mangiare roba leggiera. Questo è vitello ton gazzi del quartiere, i conoscenti mi chiamano <(profes sore », perchè dicono che |sono un uomo colto, che so nato, un piatto squisito, prelibatissimo. Carmela (con gentilezza forzata) i— Professore, voi tutto. Mi fanno ridere... Professore di che cosa? Io non dovete scusare, ma noi abbiamo solo due forchette e due so niente! Tutto quello che so è questo: che non so niente. Ma è già qualche cosa. C’è tanta gente che non cucchiai... sa nemmeno questo. Eduardo — Eh, non importa... Vincenzino — Professore, voi siete troppo modesto. Vincenzino — Mangiamo uno alla volta! Voi avete un cervello immenso, avete un genio nella Eduardo > — Ma no! non c’è bisogno! Questa è tutta roba che si può mangiare anche con le mani. Qui c’è testa, un vulcano... Eduardo (sorridendo con benevolenza) — Eh!... Un un poco di prosciutto freschissimo, tutto magro. Signo rina Carmela, mangiate un po’ d’insalata russa; sentirete cervello immenso, un vulcano... Mi sforzo di pensare, ecco tutto. Mi sforzo di capire, di scoprire le vie della che sapore, che bontà. saggezza. Raccolgo attorno a me dei giovani, quando Vincenzino — Questa è insalata rossa? mi accorgo che hanno qualità e talento, e cerco di in Eduardo —■(Sì, gialla, paonazza... Insalata russa. Vincenzino •— Professore, permettete: la voglio assag segnare loro le vie della saggezza..., di guidarli verso l’indifferenza, e talvolta il disprezzo addirittura per giare... (Non l’ho mai assaggiata. tutte le meschine cose che ci circondano. Cari discepoli, Carmela — Veramente è buona... Eduardo — Eh! Io sono un buongustaio! Ne ho man solo con questa indifferenza l’uomo si eleva! Marchetiello — Professore, a proposito di indiffe giata insalata russa, io! Cara signorina Carmela, io mi sono preso una bella soddisfazione. E’ vero, avevo più di un milione... Me lo sono mangiato tutto... renza Pasqualino? Vincenzino -— Tutt’insalata russa? Pasqualino — Perbacco! Eduardo — No, che c’entra? L’ho dilapidato, l’ho Marchetiello — Vi ricordate quando ci riferirono sperperato. che Raffaele Senga-Senga diceva in giro che io sono un Carmela — E si capisce!... Con quella testa! vigliacco e un farabutto? Eduardo — No, no... M’è piaciuto di togliere alla vita Eduardo — Come, non mi ricordo!,? tutto quello che essa ha di buono. I bèi pranzetti, i bei Vincenzino — Ha detto pure che hai le corna! vestiti, i bei cavalli, le belle donne. E soprattutto, la Marchetiello — Bravo! E proprio per causa delle vita comoda, la vita contemplativa. Ho sempre disprez corna è accaduto il fattaccio... Siccome anche il profes zato il danaro, non mi sono mai preoccupato di am sore ha le corna... E’ vero, professore? ministrare quello che avevo. Informatevi, lo ero pa Eduardo — Proprio così! drone di mezza Caivano. Avevo un fondo a Caivano Marchetiello —• E’ vero che ricevevate ogni giorno che valeva un Perù... Certe volte io ci andavo, mi fa lettere anonime? cevo delle passeggiate bellissime, poi mi sedevo inun Eduardo —• Verissimo! Ogni giorno! E a pacchi! Tan angolo e restavo lì per delle ore... Che bellezza! Che to che, quando scendevo, domandavo al portiere: «Ci mandarini! Che aranci! Che vigneti!... E che vino! E sono lettere anonime per me? ». E lui me le dava. poi... una pace, un silenzio!... Io pensavo alla natura, Marchetiello 1 —• E5 vero che a voi non passava nem contemplavo le belle cose che ha creato Iddio. Poi me meno per l’anticamera del cervello? ne andavo. Se i coloni mi pagavano, prendevo il da Eduardo — Non davo importanza alla cosa, ecco tutto. naro e me neandavo. Ma, se non mi pagavano, io la Marchetiello > — C08Ì, io dissi agli amici che Raf sciavo correre. Andare dai coloni, chiedere del danaro... faele Senga^Senga se la intendeva con mia moglie... A CHE SERVONO QUESTI QUATTRINI? .Eduardo — [Ma avevi qualche prova? Marchetiello — No!... [Ed ecco perchè Raffaele, rite nendosi calunniato, diceva in giro che mi avrebbe rotto la testa... (A Eduardo) Voi che mi diceste? ¡Eduardo — Ti dissi di non dargli retta, di non ba dargli nemmeno. Marchetiello (buttandogli un bacio) ■ — Sia gloria a voi! i(Agli altri) Mi disse: «Non gli dar retta! Ea’ come se non ci fosse! Questa sarà la sua più grande punizione! ». Anzi, io dissi... Vi ricordate?... Dissi: «Professore, e se quello mi bastona veramente? ». /Come diceste voi? (Agli altri) Vedete!.» Eduardo — Ti dissi: «Lascialo fare! Accogli sorri dendo le sue percosse! Questo lo umilierà fortemente! Questa sarà la sua più grande punizione! ». Marchetiello — Professore, gli ho dato una lezione che ricorderà per tutta la vita!.» Pasqualino, parla tu! Una scena da non credere!». iL’abbiamo incontrato sta mattina tutti e due verso Foria. Lui, appena mi ha visto, credeva di farmi paura... Si è avvicinato e mi ha detto: «Insomma. la vuoi finire di sparlare di me? Ma come ti devo far capire che il mio nome non lo devi nominare neppure. Io, secondo te, mi mettevo con tua moglie per far ridere la gente alle mie spalle? Lo sai o no che tua moglie fa schifo e che tu fai più schifo ancora? ». Io l’ho guardato così, proprio così, con indif ferenza... Allora, lui: puh!... Uno schiaffo!». Io non mi sono proprio mosso... Ho traballato un po’... Ma poi sono rimasto immobile... Lui, vedendosi perduto... Puh!... Un altro schiaffone!.» Allora, io non ci ho proprio visto più... Pasqualino lo può dire, era presente... Pasqualino, parla tu, dico forse qualche bugia? ilo non ci ho visto più... Mi son fatto una risata, e me ne sono andato pei fatti miei! Eduardo — Sì, l’«io » ne ha riso! Bravo, Marchetiello! (A Carmela) Vedete, signorina, questo significa educarsi allo stoicismo, alla indifferenza verso i piccoli intrighi, verso le piccole competizioni! Eh! Questi giovani a poco a poco impareranno a vivere con saggezza! Carmela — Professore, a proposito, vorrei parlarvi un momento... Eduardo — Dite, signorina -Carmela. Carmela i— Dunque Vincenzino, da quando ha cono sciuto voi, ha lasciato il lavoro e non vuol fare più nulla... Eduardo i— Beh?.» Carmela > — Come: beh!?... Eduardo — Appunto dico: «beh?...». Cosa ci trovate di anormale in tutto questo? Carmela — Come, professore, cosa ci trovo di anor male? Un -giovane che lavorava dalla mattina alia sera, tutto casa e famiglia; un (ragazzo che non andava nep pure una sera a teatro, che non giocava, non beveva, un angelo, vi dico... da un momento all’altro lascia il la voro?!... Eduardo i— Beh! Questo è tutto? Carmela — Professore, ma se Vincenzino non lavora, noi come mangiamo? Vincenzino —• Non cominciamo! Non cominciamo! Eduardo — Secondo voi, signorina Carmela, se uno non lavora non mangia? Carmela — E’ logico! Eduardo —- Allora, dovrebbe restare digiuna la mag gior parte dell’umanità! Voi avete una mentalità, per mettetemi che ve lo dica, troppo ristretta, troppo bor ghese. Il vostro angolo visuale è limitato ad un piccolo interesse: all’interesse immediato: «Se Vincenzino non lavora, noi non mangiamo! ». Voi, in conseguenza di questa vostra asserzione così semplicistica, vorreste pi gliare vostro nipote, e vorreste rovinarlo? Carmela — (Come, professore, se mio nipote lavora, si rovina? Eduardo — Si capisce! Non deve lavorare! Quel pezzo di giovane, con quella bella salute, vorreste che si met tesse a lavorare? Ma fatemi il piacere!». Vostro nipote è un giovane d’ingegno, un ragazzo di talento... Si vede subito dall’occhio... dallo sguardo». E poi ha molta in clinazione per la filosofia, per la meditazione. Voi vor reste che si sacrificasse tutta la vita... a fare che?.» Che faceva prima?.» Il falegname, l’ebanista, l’intagliatore... Ma per carità!?.» Questo povero giovane se non tro vava me... Vincenzino — Davvero! Chissà come sarei finito! Carmela — Ma come, professore?... Vincenzino ha lavorato sempre! Eduardo — E ha fatto malissimo! Innanzi tutto, il lavoro fa male!... Tanto è vero che quando un medico visita un ammalato, come prima cosa gli dice: «Riposo assoluto!». Non gli ho mai sentito dire: «Lavoro as soluto! ». E, poi, il lavoro è un perditempo... E il tempo non bisogna perderlo in cose inutili! Bisogna utilizzarlo! C’è gente che perde tutta la giornata a la vorare. Invece, guardate me... Io non perdo un minuto! Da che m’alzo la mattina fino a che vado a letto la sera, utilizzo tutta la giornata a passeggiare, a pensare, a starmene seduto ai giardini pubblici guardando il mare, gli alberi... Non perdo neanche un’ora, neanche un attimo! Carmela — Santo cielo benedetto! Eduardo i— (C’è gente che lavora tutta una vita per riposare a settant’anni. Lavorano magari quaranta o cinquantanni, poi a settanta riposano. Io non discuto il loro metodo!... Sarà eccellente!.» Ma io ho un si stema diverso. Io riposo quaranta o cinquantanni, poi a settanta, se sarà il caso, e se ci arriverò, forse comincerò a lavorare... (Avvicinandosi alla porta e guardando fuori) Mi fanno ridere! Se voi vi affacciate sulla via, cosa vedete? Case!.» Case!.» Case!». E in ogni casa c’è della gente che lavora. Il calzolaio fa le scarpe al bar biere, il barbiere fa la barba al sarto, il sarto cuce gli abiti al calzolaio ed al barbiere... Tutti lavorano! Ep pure, tutti non desiderano che il momento in cui po tranno riposare. Quando, poi, dopo anni e anni di la voro, si riposano, si sono talmente abituati a lavorare che a riposare si annoiano. E’ naturale! Non bisogna abituarsi al lavoro! Vincenzino — Non bisogna! Non bisogna! Carmela —- Taci, tu! Eduardo •—. Quando uno invece è abituato al riposo, non si può mai annoiare. Alla domenica, per esempio, sapete perchè la gente si annoia? Perchè non è abituata al riposo, manca del necessario allenamento all’ozio. Perciò io dico: alleniamoci all’ozio e combatteremo la noia del giorno domenicale! E’ chiaro? ARMANDO CURCIO Vincenzino (entusiasta) —- Chiarissimo. preso un po’ di citrato di magnesia e non mi voglio Eduardo — Del resto, voi credete che non far niente strapazzare. sia una cosa facile?... Sì!?... Vi sbagliate di grosso! Marchetiello — Allora, andiamo io e Pasqualino! C’è una tecnica del non far niente! Tutti sono capaci (A Pasqualino) Tu vieni, è vero? di non far niente. Bisogna vedere questo niente come Pasqualino — Fino ai Camaldoli?!... lo fanno. Guardate Socrate, Platone, Diogene! Non fa Marchetiello — E che ci vuole? In un paio d’ore cevano niente, ma quel niente lo facevano in modo ci arriveremo! perfetto. Sapete dove dormiva Diogene? In una botte. Eduardo — Ma, per contemplare, non c’è bisogno di E disprezzava il danaro! Era orgoglioso della sua po andare fino ai ¡Camaldoli. Ci si può anche affacciare a vertà! Diceva: «Omnia mecum porto!»... Per signifi una finestra, guardare un cortile, due galline, un gatto care che tutta la sua ricchezza era il suo cervello. Che su un tetto... Anzi, queste cose, il cui valore sfugge uomo! Un giorno lo (videro girare per Atene con una all’occhio superficiale, hanno un grandissimo interesse... lanterna in mano... Cercava l’uomo ! Sembra una scioc Vincenzino — Oggi si contempla in casa! Abbiamo chezza, ma guardate che profondità!... Uno gira per certi scarafaggi grossi così... Contempleremo gli scara Atene con una lanterna in mano... Che cosa cerca?... faggi! L’uomo!... Un’altra volta, l’imperatore Alessandro si Marchetiello — Vuoi addirittura contemplare gli fermò davanti a lui e gli disse: «Diogene, cosa posso scarafaggi? fare per te? ». Sapete che gli rispose Diogene? «Vo Vincenzino 1 — E perchè no?-. Professore, diteglielo glio che ti tolga fra me e il sole »... Avete capito che voi... testa, che carattere? Un’altra volta vide un bimbo che Eduardo — Alle volte, anche gli scarafaggi possono beveva nel cavo della mano... Allora disse: « Quel ra parlare allo spirito. Uno li osserva e dice : «Guarda,, gazzo m’insegna che porto con me molte cose inutili! ». anch’essi sono creature di Dio... Poveri scarafaggetti! E spezzò il suo bicchiere! Ecco uno che non faceva Povere creaturine! ». niente tutto il giorno; (ma quel niente Io sapeva fare. Marchetiello — Allora, arrivederci. Io. mi annoio ad Se avesse fatto l’intagliatore, certo i suoi contemporanei andare solo fin sui Camaldoli... Adesso, vedo che posso avrebbero detto di lui: «Che intagliatore, quel Dio contemplare... Vedrò... mi pare che anche a casa mia ci gene! E’ proprio un bravo artigiano! Un lavoratore siano parecchi scarafaggi! i(Via con Pasqualino). onesto e coscienzioso! ». Ma i posteri non si sarebbero De Simone — Permesso? mai curati di lui! Invece i posteri lo hanno esaltato: Carmela — Accomodatevi, cavaliere. (Indicando il perchè? Perchè non faceva niente tutto il giorno. Di tavolo) Mi dispiace che abbiamo finito. Eduardo Parascandalo, cara signorina Carmela, parle De Simone — Figuratevi... Dunque, Vincenzino, ti ranno i posteri. Io sarò tramandato! devo parlare. Carmela — Marchese, queste son tutte belle chiac Vincenzino — A me? chiere, ma Vincenzino deve mettersi a lavorare, se no De Simone — Sì! (Indicando Eduardo) Non so se il noi andremo a finire sui gradini di una chiesa. signore possa sentire... Eduardo — Non vi preoccupate, sentite a me, non Vincenzino — Non credo, perciò è meglio che ve ne vi preoccupate. andiate. Carmela —- Marchese, come possiamo andare avanti De Simone — No, non me ne vado! Resto e parlo. senza danaro? Sono già venuto parecchie volte, ma non ti ho mai tro Eduardo — Il danaro, cara signorina, non serve a vato... Tu sai che da due mesi a questa parte, sei in niente. Oggi che giorno è? Giovedì!? Rimandiamo que arretrato con la pigione, e che, per la fine del mese, sta nostra conversazione a giovedì venturo. Mi direte: o mi paghi o sono costretto a sfrattarvi. L’ho detto «Marchese... avevate ragione voi, il danaro non serve anche a tua zia: la cosa mi dispiace, prima perchè a niente ». siete stati puntuali per quattro anni, e poi perchè vi Marchetiello — Professore, vorrei portare una coscia conosco, vi ho sempre voluto bene, direi quasi, come di pollo a mia moglie. a un figlio, come a una sorella... Per questo prima di Pasqualino — Professore, se me lo permettete, vorrei mettervi sul lastrico, da un momento all’altro, ho vo portare questo po’ di prosciutto e queste due olive a luto parlare sia a te che a tua zia... Donna Carmela mia madre. mi ha già esposto le ragioni di questa vostra morosità, Eduardo — Fate pure... ed io sono caduto dalle nuvole... Ma come? Un gio Marchetiello — Anzi, sai che facciamo adesso? Ap vane come te, da un giorno all’altro, lascia il lavoro e pena ci siamo sbrigati, veniamo a prendere Vincenzino si mette a fare il vagabondo, il disutile... e ce ne andiamo un po’ a contemplare. Vincenzino, Vincenzino — Cavaliere, non offendete, non offen ho trovato un posto verso i Camaldoli che è vera dete... mente bello. Per arrivarci ci vuole la mano di Dio, ma De ¡Simone — Ma si può sapere la ragione per la quando ci sei te la sciali! Devi vedere che bellezza!... quale, da un momento all’altro, hai lasciato il lavoro? Tu ci vieni? Vincenzino — Ma che volete sapere voi, cavaliere? Vincenzino (guardando prima lui, poi Eduardo, con Che volete capire? Ma chi mi può comprendere, a me? esitazione) — No, per dir la verità, ieri ho contem Se il professore non mi avesse incontrato, chissà come plato tutta la giornata... Oggi vorrei riposare un po’. sarei finito... Eduardo —■ Fai proprio bene! Potrebbe farti male! De Simone — Ma come? Io non ti capisco! Uno da Vincenzino — Poi, a dir la verità, stamattina mi son un momento all’altro lascia il lavoro!? A CHE SERVONO QUESTI QUATTRINI? Vincenzino — Cavaliere, io non po6so perdere tempo a lavorare. Io non ho tempo da perdere. Io devo pen sare a pensare! Devo utilizzare il mio tempo a non far niente, a pensare, a stare al sole, conversando, guar dando gli alberi, la natura! Guardate Socrate, Diogene, Platone! Che gente! Che teste! Non facevano niente, camminavano tutta la santa giornata!... Diogene cam minava con una lanterna in mano, cercava l’uomo. Pare una sciocchezza! Cercava il maschio! Poi si stendeva in terra e prendeva il sole. Una volta, vide un ragazzo che beveva con un cavolo in mano... L’imperatore gli disse: « Cosa fai con quel cavolo in mano? Vai subito a casa!...». Lui prese il suo bicchiere e lo spezzò! De Simonie -— E questo che c’entra? Vincenzino — Come, che c’entra? Lui prese il bic chiere e lo ruppe, per dire che del bicchiere non gli importava niente, che lui era povero, disprezzava il danaro, che la sua ricchezza era il suo cervello, la sua mente... De Simone — Ma io dico, che c’entra questo? Che c’entra il bicchiere, la lanterna, Diogene col fatto che tu non mi paghi l’affitto? Vincenzino — E’ inutile! Noi non ci possiamo com prendere... E levatevi davanti, perchè devo prendere il sole! De Simone — Beh, caro Vincenzino, a me dispiace tanto, ma non posso aspettare più. Ora vado dall’uffi ciale giudiziario e inizio le pratiche per lo sfratto! Vincenzino — E che importa? Io e zia Carmela faremo come Diogene: ce ne andremo a dormire in una botte! De Simone (a Carmela in disparte, sottovoce) — Se condo il mio parere, bisognerebbe chiamare un dot tore... Questo povero giovane deve essere ammalato... (Si stringe nelle spalle, e poi) Beh, il mio dovere l’ho fatto! Signori, buongiorno! (Via). / Carmela — Vergognati! Il cavaliere ha ragione: tu devi andare al manicòmio! Vincenzino — Si ficomincia!? Peppino (entra con mal garbo, tenendo il cappello in testa, e si avvicina a Vincenziffo, guardandolo torvo) — Don Vincenzino, vi devo parlare un momento. Vincenzino — Momentaneamente, sono occupato col professore. Petpino — Non importa!! Tanto quello che vi devo dire, ve lo pos^o dire in presenza di tutti. Don Vin cenzino, io pej: la fattura — All’otto, sempre con una garanzia di Vin cenzino, accetterei. Eduardo > — Al sette! Al sette!... Neanche un centesimo di più! Palmieri — E’ la vostra ultima parola? Eduardo — Prezzi fissi! Palmieri — Beh! vada per il sette!... Ma vi giuro che l’affare è magro, magro assai. Ferdinando (entrando, a Palmieri) —• Don Carlo, il ragioniere Spirito vi cerca... Palmieri — Vuole me? Ferdinando ■ — Si, non so cosa vi deve dire... Palmieri — -Vado subito! (Guarda con intenzione Eduardo e via). Ferdinando — Professore, vi vorrei parlare un mo mento. Eduardo — Dite. Ferdinando — Avete parlato con Vincenzino? Eduardo — E’ naturale. E dispostissimo a fare tutto ciò che desiderate! Ferdinando /— Meno male. Stavo così in pena ! Dicevo fra me: «Vuoi vedere che, adesso che sa che io ho bisogno di danaro, non sposa più Rachelina?! ». Eduardo *— Ma vi pare, don Ferdinando. Vincenzino è un giovane disinteressato. Sposa vostra sorella perchè le vuole bene. E poi, voi sapete che non ha bisogno di danaro... Ferdinando -— Ah! questo non lo metto in dubbio. Eduardo — Dunque, don Ferdinando, Vincenzino è a vostra completa disposizione. Vi dà, come era facile prevedere, le duecentomila lire, -al tasso di interesse che voi credete. Anzi, ha detto : «Mi -dia lui quello che vuole... Anche niente, a me non importa ». Ma dice che le pratiche per l’esecuzione del testamento, e lo svincolo dei titoli, che fra l’altro sono tutti titoli ame ricani, richiedono molto tempo. Dice che dovreste attendere un sei mesi. (Se potete attendere... Ferdinando -— Sei mesi?!... E ;io come faccio, pro fessore? Non /si potrebbe affrettare? -Che so? -se 6Ì tratta di una quindicina di giorni... un mese, al massimo. Eduardo — Non è possibile, caro don Ferdinando ! Proprio oggi Vincenzino ha parlato col notaio... Non c’è niente da fare. Ferdinando — )Chc disgrazia! Eduardo -—[Ma ditemi, quale interesse vorreste pagare? Ferdinando — Che vi posso dire?... Voglio pagare un interesse ragionevole: l’otto o il nove per cento... Qui si parla del venticinque, del trenta... In questo modo, è naturale che si va al fallimento. Eduardo — Don Ferdinando, vi posso fare avere le duecentomila al sette per cento. Ferdinando — Possibile?! E da chi? Eduardo -— Da Palmieri. Ferdinando -— Professore, voi non lo conoscete! Eduardo t— -Gli ho parlato proprio ora... E’ disposto. Ma vuole una garanzia di Vincenzino. Ferdinando -— E Vincenzino? Eduardo (sottolineando le parole «ve la fa ») — Vin cenzino ve la fa... Però... ARMANDO CURCIO Ferdinando »— Però?... Eduardo — Però... Sapete : quando uno si deve esporre, vuole, a sua volta, essere coperto. Insomma, Viucenzino non può mettere una firma di garanzia, senza sapere che non si espone ad un pericolo. Ferdinando — Professore, il pastificio va benissimo!... E’ una miniera d’oro! Eduardo — iNe sono convinto, ma non basta! Sapete come si dice? «Verba volanti ». Ferdinando — ¡E va bene... Faremo esaminare da Vincenzino tutti i libri contabili, le fatture, i libri-paga, il brogliaccio... 'Così, lui isi renderà conto che l’azienda è in attivo. Eduardo — Don Ferdinando, non basta neppure questo. Vincenzino ha bisogno di avere delle garanzie relative al vostro... diciamo così... vizio. Ferdinando — Quale vizio? Eduardo — I l vizio di spendere e spandere. Voi sapete meglio di me che, per quanto un’azienda vada bene, se il principale ha le mani bucate... Ferdinando — Professore, vi dò la mia parola che metto la testa a posto!... E, quando Ferdinando De Rosa ha dato la sua parola,... Eduardo — Don jFerdinando, mi dovete scusare... ma qua non è questione di parola : è questione di fatti... Quando uno come Vincenzino garantisce duecentomila lire, non può accontentarsi di una parola! Ferdinando -— E’ giusto!... Ma... allora... non so nem meno io... (Riflette, come se cercasse un mezzo per tranquillizzare Vincenzino). Eduardo — Vincenzino è prudente... E’ un giovane che va con i piedi di piombo... E, se voi gli date vostra sorella in isposa, vi deve far piacere che egli sa difendere il suo patrimonio, e che non lo mette a repentaglio con tanta leggerezza. Ferdinando — Questo è vero. Eduardo — Don Ferdinando, io ho pensato una cosa. E’ un’idea che è ¡venuta a me, ma che ho già sottoposta a Vincenzino, e che Vincenzino, in linea di massima, accetta. Voi date a Vincenzino la direzione amministra tiva della vostra azienda. Vincenzino incassa, paga, tu tela il vostro interesse, e contemporaneamente anche il suo. Insomma... diventa un vero e proprio gestore del pastificio, con una funzione di controllo su tutte le vo stre operazioni commerciali. Alla fine del mese, voi pre levate il vostro stipendio e lui preleva il suo. E Vin cenzino ha la sicurezza che non vi sono dispersioni o fughe di nessuna sorte. Mi spiego? Ferdinando — Professore, l’idea non mi dispiace. (Riflettendo) Io prelevo da una parte... lui preleva dal l’altra... Eduardo — Io sorveglio... E sorveglio senza interesse, senza stipendio... Solo perchè desidero che il pastificio vada bene... Ferdinando — Grazie, professore! Eduardo •— Pensateci con comodo. Ferdinando ■ — ¡No!... e che devo pensare? Prima cosa, mi sembra una proposta più che giusta e ragionevole. Uno che si impegna a rispondere per una cifra di una certa importanza, o cognato o non cognato, vuole stare con le spalle sicure!... E poi... Caro professore, io non ho tempo da perdere nè strade da scegliere: o mangio questa minestra o ¡mi getto da questa finestra!... Adesso, sapete che faccio? Eduardo — Vi gettate dalla finestra? Ferdinando — ¡No... Chiamo subito il ragioniere e faccio fare la bozza del contratto. ((Sta per andarsene). Eduardo — Non vi incomodate, don Ferdinando... (Cava dalla tasca due fogli di carta da bollo riempiti a macchina) Vedete se va bene questa! Ferdinando I(sospettoso) — ¡L’avete già fatta? E come sapevate che avrei accettato? Eduardo — (L’avete detto voi stesso poco fa : O mangio questa minestra o mi getto da questa finestra! Ferdinando ( sbalordito) — Professore, io non capisco più niente... i(Legge il contratto) A me pare che vada bene... Adesso, lo facciamo leggere pure al ragioniere. Eduardo — Riassume esattamente tutto quello che abbiamo stabilito. Ferdinando (avvicinandosi alla porta di destra, chiama) — Don Achille?... Achille (entrando seguito da Palmieri) — Eccomi! Ferdinando — Don Achille, leggete questo contratto e vedete se va bene. (Nella sostanza, io sono già di ac cordo con il professore. Vincenzino (entra dal fondo, mentre Achille legge mentalmente). Eduardo — Vincenzino, capiti a proposito... Avevamo bisogno di te... Vincenzino — Di che si tratta? Eduardo — Palmieri e don Ferdinando sono d’accordo su tutto quanto avevamo convenuto. Dunque, don Fer dinando, riepilogando: Palmieri vi presta le duecen tomila lire al sette per cento, voi gli rilasciate altrettanti effetti in bianco con l’avallo di Vincenzino. A sua volta, Vincenzino assumerà la gerenza amministrativa del vostro pastificio, con uno stipendio che andrete a sta bilire, ma che non deve essere inferiore al vostro. Siamo d’accordo? Ferdinando — Nè più e nè meno... Palmieri — Per me, sono a vostra disposizione. Appena mi date gli effetti, vi verso la somma. Achille (che ha finito di leggere il contratto) — Perfetto! Niente da dire! Eduardo (cava di tasca le due cambiali) — Don Fer dinando, non vi resta che firmarle, e tu pure Vincenzino... Ci devi mettere una firma a sinistra, dove ho fatto la croce... (Tutti firmano). Palmieri *— E allora ecco il mio assegno! (Musica dall’interno|). Ferdinando — E adesso... andiamo a sentire un po’ di musica!... (Via con Achille, Palmieri e Vincenzino). Marchetiello (seguito da Gaetano e Pasqualino entra, portando un vassoio con paste e marsala) — Professore, ...voi state qua? Vi ho portato questo bicchiere di mar sala e queste due paste. Eduardo ■ — Grazie, Marchetiello, mettile lì! Marchetiello — Professore, ho visto che confabu lavate con Ferdinando e con Palmieri... E’ successo qualcosa? Eduardo — Niente!... Parlavano di danaro... Di che dovevamo parlare? Di danaro! Sempre di danaro! A CHE SERVONO QUESTI QUATTRINI? Accidenti al danaro! Tutti parlano di danaro, non fanno che parlare di danaro! ÌE ¡ciascuno corre, suda, smania, sale su un tram, guarda l’orologio ogni tanto, fa la coda dietro gli sportelli... Per il danaro, sempre per il danaro! E mi fa pena! Come se dovesse campare eter namente!... E invece... Siamo tutti condannati a morte! Ve lo immaginate un condannato a morte, che durante la notte si conta le borse piene d’oro?... Mi fanno pena, questi uomini, mi fanno tanta pena!... E per questi quattrini dimenticano le sole cose vere che ha la vita: guardare un tramonto... una nuvola... un giardino... un prato pieno di margherite... un cielo pieno di stelle... Ma il danaro no!... Il danaro è una parola, una con venzione stupida, un trucco!... E che sia un trucco è dimostrato dal fatto che Vincenzino, senza danaro, ha dato e dà a tutti l’illusione di averne. E sono tanti... sono tanti che senza danaro riescono a vivere come se ne avessero!... Poi, invece, c’è tanta gente carica di da naro, che vive come se non avesse nemmeno un soldo! (Pausa) ..Ma credi, forse, che se io avessi voluto fare danaro, non ne avrei fatto? Marchetiello, tu sei gioca tore di ponte e mi puoi capire. Per far danaro, tal volta, non occorrono quattro assi, bastano quattro carte qualsiasi. Quello che occorre è un po’ di talento! E ti pare che io non ne abbia? Io rimango cosi, perchè così voglio rimanere! Voci i(di dentro) — Viva agli sposi! Eduardo — Viva agli sposi! (Tutti brindano. maestre di danza e compo sitrici di danza. Il corso re Gino Valori lia conse golare ha la durata di otto gnato ad Antonio Gandusio anni, dopo di che viene ri una sua nuova commedia in lasciato il diploma di dan tre atti «Attenzione a non zatrice solista e di danza rompere un vaso cinese »; trice corale, secondo le ca un altro lavoro, «Il limite pacità. A coronamento del del mondo », di carattere corso regolare si è istituito serio è stato impegnato per corso di perfezionamento un giro artistico capitanato un durata di tre anni. dairimpresario De Marco. della Per accedere al primo Infine Valori lavora attual anno richiede il possesso mente ad una commedia co della silicenza entare. mica dal titolo «C’è sempre Per informazionielem sulle nor un Armando ». me di ammissione e tasse 'A' Col prossimo ottobre si scolastiche rivolgersi alla Se aprirà in Roma la Regia greteria della Scuola, viale Scuola di danze annessa al Regina Margherita, 284. Nel la Regia Accademia d’arte corso regolare sono istituiti drammatica. Questa scuola posti gratuiti che saranno ha per scopo di divulgare la assegnati a insindacabile conoscenza della danza fra giudizio della Commissione le giovinette che, anche al- artistica. X La sera del 27 luglio, al Teatro Margherita di Ge nova, la Compagnia di formazione estiva diretta da Annibaie Ninchi, ha rappresentato la commedia di Pio De 'Flaviis: Don Chisciotte della Mancia e Sancio suo scudiero. Dice il «Giornale di Genova»: «L’idea di ridurre per il teatro il celebre romanzo del Cervantes e di portare sulle scene, s’intende atte nuandole, le mirabolanti avventure eroicomiche di Don Chisciotte «i del suo ridanciano scudiero ha già fatto capolino fra i nostri autori, ma i tentativi non hanno reso con la dovuta efficacia nè l’atmosfera dell’ambiente nè la figura del personaggio, saturo d’esaltazione e ricco d’immaginari nemici da sterminare. «Questo lavoro con il quale ha debuttato la Compa gnia diretta da Annibaie Ninchi, Don Chisciotte della Mancia e Sancio Pancia suo scudiero di Pio De Flaviis, si avvicina invece con particolare intensità emotiva al pittoresco racconto cervantessiano : di esso, natural mente, altro non è che una fedele riduzione, ma com piuta con accortezza prendendo cioè quanto di meglio e diremo di più riducibile il romanzo offriva, dimen ticandosi delle lungaggini descrittive e lasciando al co pione gli episodi più vividi, più gustosi, di maggiore effetto. «Oltre all’assoluta fedeltà della riduzione, la com media ha il pregio di svolgersi rapida, armonicamente fusa nei quattro atti in ognuno dei quali Don Chisciot te — sempre identico nella sua esaltazione, nella sua follia — vi appare sotto aspetti diversi: prima trepido, poi di una audacia ridicola, poi disperatamente inna morato di un’illusione, infine umanissimo negli accenti e nei ricordi che precedono la sua morte. « Il dialogo è vivo, spigliatissimo : ma soprattutto ef ficace è la regìa del Fulchignoni; una regìa che im prime a tutto il lavoro un carattere di dignità arti stica non comune. Insomma il lavoro del De Flaviis costituisce un’opera di rilievo : vi sono, nella riduzione, un senso teatrale, un’accortezza scenica, una freschezza di immagini che appartengono al Teatro più genuino. «L’interpretazione è stata bellissima. Ninchi ha creato un Don Chisciotte certo come il Cervantes l’aveva im maginato ed ha dato al personaggio la sua foga, il suo bizzarro eroismo, la sua fanciullesca audacia, il suo spirito pazzo in una misura giusta. Nelle battute che precedono la morte ha trovato accenti di una umanità calda e vibrante. Accanto a lui il Paoli ha dato vita e colore ad un Sancio Pancia gustosissimo. E ricorde remo ancora lo Zoncada, Lina Paoli, Gina Paoli, il Volpi. Una decina di (chiamate complessive ». La sera del 26 luglio al Teatro Eliseo di ' Roma, la Compagnia diretta da Giulio Stivai, con Fanny Marchiò primattrice, ha ripreso la coniR_ i p r e s o media americana in tre atti, di Hart e Braddell: Nelle migliori famiglie, da molti anni non più rappresentata. Il successo si è rinnovato, vivissimo. E tutta la stampa lo ha giudicato anche me ntalissimo, che è difficile immaginare un gioco sce nico più arguto e brillante, condotto con più scintillan te abilità per tutta la durata dei tre atti, senza un atti mo di stanchezza, senza mai dare tregua alla divertita curiosità e al costante interesse del pubblico. Nelle migliori famiglie è la pittura di una bizzarra famiglia americana, messa in subbuglio dall’improvviso apparire di un bimbo che non si sa a chi attribuire, e che soltanto alla fine — dopo una instancabile piro tecnia di sviluppi scenici e di originali «trovate » — si adagia nelle braccia dell’autentico padre. Scritta con un umorismo sapiente, misurato pur nelle frequenti audacie, con pari buon gusto e sulla stessa linea di disinvolta eleganza è stata inscenata dal com plesso Stival-Marchiò e soci. Un complesso che dopo aver visto riconosciuta la bravura di tutti i componenti ha vinto una difficile battaglia, con una superba prova di affiatamento e di assieme, districandosi agilmente nel vivacissimo turbinoso groviglio di questa dinamica com media. Venti chiamate complessive, un applauso a scena aper ta alla Sammarco per una divertente caratterizzazione. La sera del 29 luglio, al Teatro Nuovo di Milano, la Compagnia «Spettacoli Errepi », diretta da Romano Calò, ha ripreso la commedia in tre atti di M. Onkrum e V. Duffey: Un ospite misterioso. Dice Carlo Lari che «il successo fu vivissimo. Dopo una diecina d’anni dal la sua prima rappresentazione, la commedia di Morris Onkrum e Vincent Duffey, ha mostrato di conservare per il pubblico tutte, o quasi tutte, quelle attrattive che la resero famosa fra ,gli amatori del genere. «Forse gli spettatori d’oggi si sono commossi meno di quelli, che dettero alla commedia il battesimo del successo, ma si sono interessati ugualmente al gioco scenico, accordandogli in sostanza il credito che merita. «L’ospite misterioso è addirittura un morto scono sciuto, che il giovane Roberto Wheeler trova nel suo appartamento, quando vi rientra, alquanto alticcio, dopo un pranzo di addio al celibato. «Questo delitto, avvenuto in stranissime circostanze, dà occasione, come è facile immaginare, ad una inchie sta, durante la quale... ci scappa un altro morto. «Non si può, non si deve dire di più. Il meccani smo di questa commedia è abilmente costruito: perfetta la dosatura dei sospetti che vengono a gravare ora sul l’uno ora sull’altro dei personaggi e mai, com’è uso, sul vero colpevole. «La commedia è stata recitata benissimo. Il Calò l’ha concertata da par suo : e come attore, sotto le vesti di un alto poliziotto, ora sottilmente ironico, ora schiet tamente bonario, attento e vigile sempre, ha conservato quella linea di fredda cortesia che caratterizza il per sonaggio. Antonella Petrucci, attrice di molte qualità, ha recitato con una commozione vera, dando alla voce bellissima accenti rivelatori di ciò che passava nel cuore turbato della signorina Prince. Benissimo tutto gli altri: il Calindri, il Paoli, il Martelli, l’Oppi, il Fustagni, il Carraro. «Le chiamate dopo ogni atto furono molte, calorose, unanimi. La sera del 2 agosto, la Compagnia « Spettacoli Er repi » diretta da Romano Calò, e col concorso straordi nario di Raffaele Viviani, ha ripreso al Teatro Nuovo di Milano, il dramma in tre atti di Guglielmo Giannini La sera (lei sabato. L’autore e gli interpreti hanno ri portato un successo eccezionale. Dice Renato Simoni: «Il giallo, in questo dramma, c’è, cioè ci sono i de litti, c’è il mistero, c’è l’investigazione poliziesca, tutto quello che può meglio giovare a suscitare e incitare la curiosità del pubblico; ma il meglio non è questo; il meglio è una viva e tipica riproduzione d’ambiente, che ha anche maggior rilievo per il forte disegno dei perso naggi che sono un misto di male e di bene e per i quali il male è aspra malinconia, il bene aspirazione appassio nata, quasi un amor di terra lontana. In verità, in que sto dramma che ha la volontà di essere giallo e che tec nicamente vi riesce, ci sono forse le più compiute scene che abbia scritte il Giannini, le più veramente vibranti e le più pittorescamente comiche. «L’azione si svolge nel quartiere italiano di una città dell’America del Nord, in un piccolo bar. Vi si alter nano vicende curiose, e ansiose, ma ciascuna è inquadrata in una realtà bene osservata ed espressa; e vi campeg gia Tony Savarese, che forse ha commesso, in passato, qualche azione non onorevole, e solo per questo è te muto; ma in compenso è un uomo generoso, che si op pone, magari con la prepotenza, alle ingiustizie che si operano contro i deboli. Egli si innamora d’una fan ciulla che gli mostra qualche tenerezza solo quando sup pone che le sia padre. Che pena, che delusione, per il po vero Savarese! Ma pur con quell’angoscia egli riesce a scoprire chi ha assassinato molti anni prima il padre di quella ragazza; e, ferito a morte, da costui, chiama al telefono l’ispettore di polizia, che di quel delitto l’ha ta lora sospettato colpevole, e spira denunciando il reo. «A interpretare tale personaggio, la Compagnia di retta da Romano Calò ha chiamato Raffaele Viviani; e il successo di questo attore schietto, espressivo e potente è stato grandissimo. Egli ha infuso tanto calore e colore di vita spontanea al Savarese, che il pubblico non si stancava di applaudirlo a scena aperta e alla fine degli atti. Dopo il terzo le chiamate raggiunsero la decina. «Applausi particolari non toccarono soltanto al Vi viani, perchè la commedia è stata posta in scena dal Calò in modo magistrale. Egli fu applaudito a scena aperta nella parte, assai bene stilizzata, dell’ispettore di polizia, e applausi a scena aperta ha avuto Lilla Brignone, e ne ha avuti Dino Di Luca. Tutti, senza eccezione, hanno re citato assai bene. Antonella Petrucci, Renata Seripa, Do natella Gemmò, l’Oppi, il Calindri, Giulio Paoli, il Fu stagni. Insomma uno spettacolo riuscitissimo ». Del grandissimo successo di Raffaele Viviani hanno detto: in «Il Popolo d’Italia »: «Raffaele Viviani non ha avuto che da accentuare il carattere napoletano di Tony Sava-: rese, per entrare nei panni non diremo di un ” suo ” per sonaggio, ma certo d’una figura rilevata, fortemente co lorita e ricca di elementi drammatici e comici assai i!n-i teressanti. Il suo è stato un vivo successo personale »; in «La Sera»: «Il personaggio centrale fu interpretato da Raffaele Viviani, e il grande attore fu un ¡Tony Savarese di una incisiva e allo stesso tempo commovente e ariosa drammaticità. Ogni suo atteggiamento, ogni sua battuta furono espressi con un’arte semplice e umana. Il pubblico lo applaudì spesso a scena aperta e lo salutò a fine di ogni atto con grandi ovazioni»; in «L’Ambrosiano»: «Nelle scene di più intenso movimento drammatico il Vi viani ebbe .certo momenti di grande efficacia; ma noi vor remmo mettere qui in rilievo anche lo squisito senso di, poesia cihe ispirò la sua voce, trasparì dal suo volto e da ogni suo gesto quando, nel secondo atto, Tony Savarese si finge il ritorno in patria ricordando un suo lontano viaggio in Italia. Una bella pagina degnamente resa da un attore ». x e u z i n n i Il settimanale «Film » diretto da Mino Doletti, in una rubrica equivalente a questa nostra «Reazioni », scrive: «E’ ben vero che cinematografo e teatro sono due cose diverse; ma non dovrebbero essere diversi i diritti che competono all’autore di teatro e a quello di cine matografo. Non riusciamo, dunque, a capire perchè men tre il primo ” assisterà ¡alla rappresentazione ” e sarà applaudito (o fischiato, non importa) e continuerà a guadagnare delle buone percentuali! via via che la com media avrà vita, l’autore di cinematografo, oltre a ve nire sottoposto alle più inaudite vessazioni e ai più disgustosi ricatti, viene pagato con quattro soldi e chi s’è visto s’è visto. Eppure, se guardiamo al ” valore in dustriale ” di una commedia e lo paragoniamo a quello di un film* la sproporzione — a vantaggio del sedando —è enorme. ¡Semetter su una commedia costa, tra spese generali e ammennicoli vari, 10 o 20, produrrei un film costa da un milione a tre milioni di media: e i rendi menti, naturalmente, sono proporzionali. Si capisce sem pre meno, dunque, questa disparità di grattamento tra i due autori: uno è pagato, riverito, applaudito, inter vistato, osservato; l’altro è vessato, mal pagato, 'misco nosciuto. Fino a quando durerà? ». Tutto ciò è ingenuo. IL’«autore di teatro » scrive una commedia e il capocomico, che la ritiene rappresenta bile, l’accetta. L’autore legge la sua opera alla Compa gnia riunita; il giorno dopo si iniziano le prove e tutte le volte che un) battuta, o anche una parola, deve es sere _ per esigenze interpretative o sceniche — mutata, si prega l’autore di variarla o sopprimerla. E ciò avviene se l’autore è dell’opinione del regista, del capocomico, dell’attore; altrimenti egli dice «no, non si tocca » e tutti si inchinano e le prove continuano, e l’autore può essere sempre presente fino a quando «assisterà alla rap presentazione », sarà applaudito (o fischiato non im porta) e continuerà a guadagnare delle buone percen tuali tutta la vita, fino a quando la sua commedia vivrà alla ribalta. L’«autore cinematografico » scrive un soggetto, ma non è mai il copione al quale nessuno osa variare o sopprimere una battuta. Il copione cinematografico è la «sceneggiatura », cioè una faccenda un po’ più ’com plessa e assai diversa. Generalmente vi mettono le mani prima almeno sei persone e ¡infine il regista ne diventa padrone. Pagato il soggettista con le solite ventimila lircj, costui scompare per sempre prima ancora che si inizi ¡la lavorazione. Durante la lavorazione avvengono cose inaudite, generalmente, e qui rimandiamo il let tore all’articolo su questo argomento di Dino Falconi, intitolato «La realtà romanzesca », pubblicato nel no stro fascicolo del jl!5 luglio. Dopo di che si ¡comprenderà che non esiste «un auto re » cinematografico «vessato, mal pagato, misconosciu to », perchè nel mondo cinematografico «nessuno vuol riconoscere l’esistenza dell’autore ». Non si tratta di domandarsi «fino a quando durerà? »; è necessario in vece creare prima un vero autore per il film, creargli una personalità definita, e dopo, come quello: di teatro, sarà giustamente «riverito, applaudito, intervistato, os servato ». Abbiamo omesso «pagato » perchè comunque, a chiunque porta un, soggetto al produttore, senza per questo esigere la qualifica di «autore », ventimila lire — dice Dino Falconi — gliele danno anche se poi il film non sarà mai realizzato. L’autore di teatro, prima di guadagnare ventimila lue, a percentuali della, commedia rappresentata, deve essere molto bravo, ottenere un grande successo, avere un nome noto, aspettare molti trimestri e incassarli a spizzico di due o tremila lire la volta. «E’ ben vero, dunque, che cinematografo e teatro sono due cose diverse ». U id . R I C O R D O Il 27 luglio, all’Ospedale delle Mo linette dopo lunghe e tormentose sof ferenze sopportate con singolare fer mezza — recitando brani di comme die e di poesie ,o solfeggiando motivi di vecchie canzonette — è morto Lu ciano Molinari, un artista che godet te momenti di grande notorietà e di fortuna. In questi ultimi anni aveva dato airEiar la sua virtuosità di autore e di attore riproducendo a volte in riviste briose il piccolo teatro d’un Varietà ormai scomparso, ma sempre piacevole nelle garbate riesumazioni del Molinari. Il vero nome di Molinari era Giu seppe ed era nato a Garlasco in pro vincia di Pavia nel 1878. Talora as seriva — civetteria d’artista — d’es sere nato nel 1882... Il certificato di nascita, a una certa età e in arte è un malinconico documento. La sua prima giovinezza la passò in Piemonte, a Fossano, dove suo pa dre era maestro elementare, e, se guendo le orme paterne, divenne an che lui maestro. Ma il Teatro era la sua passione. Le prime Compagnie che scritturarono il giovane fervido i a I William Butler Yeats, irlandese — dice il suo traduttore Carlo Linati — ha avuto la sua maggiore operosità lette raria dal 1894 al Il!9(ll2. La prima maniera poetica dello Yeats, che va dal 1885 al IU892 è, in prevalenza, pittorica. Il poeta descrive in pic cole liriche che han sovente forme di ballata, figure e paesi della sua isola verde e brumosa; il lago di Innisfree sul quale cade, velata, la sera «piena di ali di fanelli » il la-1 mento di una vecchia contadina, 11 violinista di Donney, il soliloquio di un pescatore, una povera servetta che mi richiama la «rustica Phidyle » d’Orazio: «Shy one, shy one, shy one of my heart, she moves in the fire light pensively apart. She carries in the dishes, and lays them in a row. To an isle in the water with her would I go ». Nel secondo periodo (1892-1904) nel quale si comprende pure la tragedia religiosa «The Countess Cathleen, s’ac centuano gli elementi idealistici ed erotici della sua lirica. Figurano anche qui due poemetti di carattere epico: «The old age of Queen Maeve » e «Baile and Aillin », ed una deli catissima ballata: «The Cap and Bell », ma l’amore predo mina nei brevi componimenti che sono gemme elaboratis sime di stile e di sentimento: elegie, ballate a rima baciata con ritornelli sospirosi che dan loro una forma conchiusiva come di canzone popolare. La passione vi piglia andamenti rossettiani: è un’effusione di cuore alta ed imaginosa, con movimenti biblici, con richiami leggendari, con un figurato ardito e strani accostamenti di parole e di suoni. Il desio d’amore vi confina con una specie di vertiginoso e sublime misticismo. L’epoca più recente della sua operosità letteraria (|18941912), durante la quale scrisse pure la più armoniosa delle sue tragedie, «Deirdre » (1906) e la sua bizzarria scenica più stravagante, «On Baile’s Strand » (1904), quanto alla lirica, pare a me, non gli abbia apportato visioni o carata teri diversi da quelli che già gli conoscevamo. Sembra tut tavia ch’egli risenta alcun poco dell’influenza dei decadenti e simbolisti francesi. Vi sono aggruppamenti di sensazioni ed esquisitezze di stile che già ammirammo in Mallarmé o in Rimbaud, una maggior involutezza nella locuzione poe tica, un maggior imprevisto nelle coloriture e negli smor zati. E ascoltando queste musiche soavissime di pensieri e d’imagini, quali «His Dream», «To Child dancing in thè Wind », «The Cold Heaven », «Fallen Majesty », «The mounr tain tomb », noi sentiamo di trovarci di fronte ad un me raviglioso istrumentatore che trae profitto dalla piena padronanza ch’egli ha dell’arte sua per recare in luce a sè medesimo le ombre e gli spiriti più fuggevoli del suo sogno. C I N ^ La manifestazione cinematogra fica italo-tedesca a Venezia, nel corso della quale verranno presentate se dici pellicole inedite ed oltre venti documentari, avrà luogo dal 1° all’8 settembre. ^ La Italcine, una Società di pro duzione che ha il grande merito della misura, del gusto e di una ar monica impostazione della propria produzione (ne sono esempio i filmi già fatti, e che hanno avuto tanto successo: Mille lire al mese; Ballo al Castello; Taverna rossa) ha già pronto il nuovo grande film per la prossima stagione: La prima donna che passa, che presenterà Alida Valli in una delle sue più felici interpre tazioni. Il film è stato diretto da Massimi liano Neufeld; direttore di produ zione Carlo Della Posta. Fra gli in terpreti, oltre Alida Valli, ritroviamo Carlo Lombardi, Nini Gordini-Cervi, Giuseppe Rinaldi e un vastissimo complesso di altri attori rinomati. Il soggetto e la sceneggiatura di La pri ma donna che passa è di Alessandro De Stefani. Si tratta di una serie di avvenimenti eminentemente cinema tografici, a ritmo impetuoso, ma con un fondo di schietta umanità: «Il Duca di Richelieu, ambascia tore di Luigi XV, è un impenitente dongiovanni; non contento della sua, oramai più che nota, relazione con la marchesa De Prie, adocchia volen tieri ogni bella donna che gli capita a tiro, e questo malgrado lo stato as sai precario delle sue finanze. Accade che la giovane provinciale Gabriella de Vervins, venuta a Parigi per sol lecitare la grazia per suo padre rin chiuso alla Bastiglia, si rivolga pro prio al Richelieu: e costui promette mari e monti, sedotto com’è dalla gioventù e dall’ingenuità di Gabriella. Ma Gabriella, fidanzata al luogote nente delle guardie D’Aubigny,'nem E M A meno s’accorge delle mire interessate del diplomatico. Richelieu, a corto di quattrini, un giorno scommette con due gentiluomini, al pari di lui mondani e perdigiorno, di riuscire a conquistare entro dodici ore la pri ma donna che passa. Posta della scommessa: mille scudi. La prima donna che passa è Gabriella. E Richelien si dà un gran da fare per riuscire nel proprio intento; ma la marchesa De Prie, a conoscenza dei piani del Richelieu, architetta il modo di sventarli. Ospita in casa propria, a Chantilly, la giovane Ga briella, e la sera del fatale appunta mento spedisce a Parigi Gabriella con un suo lasciapassare che le per metterà di andare a trovare alla Ba stiglia il padre prigioniero. Richelieu sale là dove conta di trovare Ga briella: sotto il balcone attendono notizie probanti del colloquio i due scommettitori, ai quali si aggiunge D’Aubigny che, incidentalmente, vie ne a sapere come oggetto di una scommessa di tal genere sia proprio la sua fidanzata. Stupore di tutti quando dal balcone vien gettato un biglietto che dice ” Sono il più fe lice degli uomini. Pagate i mille scudi! L’indomani Gabriella, tor nata di nascosto, come era andata, dalla Bastiglia, riceve la visita del fidanzato che le chiede conto del come abbia trascorso la notte; e Ga briella che ha giurato il silenzio alla marchesa non sa come giustificarsi, ma la prova della sua innocenza sarà facile da raggiungere: D’Aubigny non ha che da assistere al colloquio che essa avrà con Richelieu. Assista non visto, e vedrà com’ella non ab bia affatto veduto il duca durante la notte. Ma D’Aubigny, dal suo nascon diglio, ode invece ben altro: Riche lieu ricorda alla fanciulla le recenti ore di amore e non sa rendersi conto delle sue proteste indignate... A D’Aubigny non rimane che battersi con colui che ha compromesso Ga briella: ma i duelli sono proibiti e i due gentiluomini devono dar la loro parola d’onore al Conestabile di non tentare in alcun modo d’in frangere questo divieto. Decidono al lora di giocare ai dadi la vita: colui che perderà si ucciderà. La mortale partita ha inizio, ed ecco che i due scommettitori, giocatori impenitenti, vogliono unirsi ai due, non sapendo qual sia la posta. La partita allora si svolge a quattro: due giocano dei lnigi e due la vita. Solo allora, per la rivelazione d’una lettera, Richelieu viene a scoprire che la donna della notte d’amore era stata la marchesa che s’era sostituita a Gabriella: e Ri chelieu si affanna a cercare D’Aubi gny per impedirgli di commettere gesti insensati... Ma non riesce a tro varlo: viene invece arrestato in se guito a un rivolgimento politico. Chiede al Re licenza di alcune ore: si costituirà dopo alla Bastiglia, e corre a Chantilly, da Gabriella. In vano: D’Aubigny è introvabile. Scade il termine concesso dal Re, e Riche lieu si presenta alla Bastiglia, come aveva promesso. Ed ecco, dalla Ba stiglia, vede uscire il padre di Ga briella, liberato, ed accompagnato da D’Aubigny. Richelieu ha quindi buon giuoco per dimostrare al giovane il proprio errore: Gabriella, quella notte, si trovava alla Bastiglia anche essa. Lo può testimoniare il padre. D’Aubigny, rassicurato, raggiunge Gabriella, mentre Richelieu va a pas sare qualche tempo nelle celle della fortezza... ». Il pittore maledetto è il titolo definitivo del film su Michelangelo da Caravaggio che Goffredo Alessan drini si prepara a dirigere per conto dellV Elica Film ». La figura del grande ed avventuroso protagonista sarà sostenuta da Amedeo Nazzari. La sceneggiatura della vicenda è sta ta affidata all’ungherese Tolnay. ^ S’inizieranno prossimamente a Tirrenia le riprese del film II Re d’Inghilterra non paga. Il soggetto è dovuto a Giovacchino Forzano, e la produzione è avallata dalla firma «Arno-Incine ». Probabile regista, Massimiliano Neufeld. Guido Poggioli sta preparando, per la «lei », la nuova edizione ci nematografica di Addio, giovinezza (che già due volte era stata portata sullo schermo da Augusto Genina). La fortunata commedia, dopo aver incontrato eguale fortuna come ope retta, avrà quindi il singolare pri mato di tre trasposizioni cinemato grafiche. Alida Valli sarà la protagonista femminile di Piccolo mondo antico, alla cui sceneggiatura hanno collabo rato Mario Soldati e Filippo Sacchi. Per la difficile parte di Franco Maironi pare che la scelta sia posata su un giovanissimo attore, Segato. Dina Galli sarà la Barhorin e Vanda Capodaglio la marchesa. S a n a f a m m e tt it i i in u n l i a tto L’interno di una casèra sudicia e scu ra. I l soffitto e bas so e l’impiantito di ¡ P e r s o n a g g i terra battuta è co sparso di paglia. Nel SANDRO - ELDA - RUVO la parete di fondo son praticate lunghe e strette feritoie dalle quali sbava una luce fioca e spettrale. Unica porta d’ingresso a de stra. Intorno alle pareti girano dei palchetti pieni di paglia ed alcuni con delle imponenti forme di for maggio. Qua e là arnesi del mestiere, rastrelli, ceste, secchie, ciotole, qualche pentola. Un tridente è appog giato, in ombra, ad una parete. Il centro della scena è occupato da un tavolaccio enorme e sconnesso. All’alzarsi del sipario il tempo imperversa e fischia attraverso le feritoie. (Confuse cominciano a sentirsi le voci di JElda e di Sandro che vanno avvicinandosi). Sandko (da fuori) — Da questa parte, presto! Elda (id) i—>Eccomi! Sandro (entrando, fradicio, con il sacco da montagna in spalla) ■ — Per fortuna che la porta non era chiusa!... Avanti, Elda. Elda (entra ansante e spossatissima. Ha i capelli in collati alle tempie. I suoi indumenti estivi sono ridotti in uno stato pietoso) — Oh! Dio inio!... (Dopo una breve pausa, guardandosi attorno) Dove siamo venuti a capitare? ! Sandro (titubante, suo malgrado) — Dove siamo?... In una capanna di pastori, in una baita... che ci è venuta come la manna del cielo! Elda (c. s.) — Così buia mette indosso un senso di paura. Sandro (levandosi il sacco che depone a terra) — Cosa volete mettervi in testa, adesso, Elda?... Che paura vi può essere qua dentro?... C’era da averne di più a star fuori in mezzo a quella sarabanda che pareva scatenata per maledizione. Elda (con un supplice richiamo) — Sandro! Sandro — Avete ragione. Non fateci caso... E’ una pa rola detta così per sfogare la stizza che mi ha preso!... (Il vento ulula attraverso le feritoie) Sentite... Sentite che roba?... E’ peggio di prima... Assai peggio!... Almeno qui si sta all’asciutto e non c’è nessuno. Elda (accovacciandosi su uno sgabello) — Come mi sento stanca! (Si nasconde il viso fra le mani). Sandro .— Lo credo bene, povera Elda!... Ma quest’iradiddio non può durare ancora... E’ un temporale. E’ forte, sì, ma più forte è, più presto si sfoga... i m d t v j a B R U N O g R E n a C E S C O Elda —• Non ne posso più! Sandro (dopo un indugio) — Capisco!... però se noi avessimo ascoltato quanto ci volle raccomandare quel vecchio... Elda (scatta, urtata nella sua suscettibilità) — Avanti... perchè non dite il resto?... Che sono stata io... Sandro —’ Non intendo dire una cosa simile, ma quello che è vero, è vero... L’acqua... Elda — Già, l’acqua... E ci voleva tutta la prosopopea da profeta fuori uso per preannunciare una roba simile... Chiunque avrebbe detto che quelle nuvole nere porta vano la pioggia. Sandro —- Fosse stata solo pioggia! Elda — Smettetela di dire le cose con quell’aria!... Sembra che ci prendiate gusto!... E cosa avreste fatto voi infine?... Cioè perchè non avete seguito il consiglio del vecchio... del vostro vecchio profeta? Sandro — Perchè voi, Elda... Elda (con ostentazione) — Io?!... Io potevo contare per la mia volontà, ma non per la vostra anche... E poi per cosa ci rideste su così allegramente a quel consiglio che adesso pesa con così grande gravità?! Sandro (volendo smorzare l’attrito) — E’ vero, non lo avevo preso sul serio nemmeno io!... Avete freddo? Elda (guardandolo più raddolcita) —- Tanto. Sandro (levandosi svelto la giacca e buttandogliela sulle spalle) — Dentro è ancora asciutta... Vi può servire. Elda (facendo Tatto di restituirla) — Sandro... e voi allora ?! Sandro —■Ho la maglia... Non sono bagnato quanto voi. Elda — Grazie, Sandro... Ne avevo tanto bisogno. Sandro (guardando fuori dalle feritoie) — Le nuvole son così basse che sembrano in procinto di sbrindellarsi sugli spuntoni di roccia... (Con esclamazione) Oh!... ma quello è San Lorenzo! Elda (alzandosi) — Cosa dite?! Sandro (volgendosi) — No... Mi pareva di aver ricono sciuto il campanile di San Lorenzo. Elda — Non dovremmo essere dall’altra parte?!... verso il romitorio?! Sandko — Sì... sì... (guardando ancora) ma adesso non si vede più... Elda (tornando a sedere) — Mi potete favorire un goccio di caffè? Sandro — Subito... Scusate anzi se non ho provveduto prima... (Chinandosi ad aprire il sacco) Ah! questa è una disdetta!... Elda —• Allora? Sandro (mostrando il termos rotto) — Guardate qua!... BRUNO DE CESCO Nemmeno una lagrima!... (buttandolo con rabbia in un canto) neanche a farlo apposta! Eloa (stizzita) — Ma voi potevate accorgervi, no? Sandro (toccato) — Se mi fossi accorto, non mi sarei precipitato ad offrirvelo, vi pare?!.... Chissà come mi sarà successo! Elda (c. s.) — Potevate— Sandro -— Cosa volete che potessi!... Sarà stato un sasso... sarà stato quello scivolone che momenti mi man dava a gambe all’aria... Certo se si rimaneva— Elda (c. s.) — Così a cuore vi sta l’argomento? Sandro — E’ l’evidenza dei fatti! Elda — Sì!... Come gradite la montagna... Voi vorreste farla con le scarpette di vernice?! Sandro — Io mi preoccupo per voi. Elda — Certi crucci fanno troppo disturbo. Sandro — Insomma è così! Voi non volete ammetterlo, ma soltanto per puntiglio. E’ evidente... Abbiamo riso tutti e due, è vero, ma ciò non toglie che se al primo scroscio noi ci fossimo fermati alla cappelletta, avremmo dato una dimostrazione di buon senso. Elda — Invece facendo così, abbiamo perso la testa si doveva tornare indietro subito... e dire agli altri, a quelli che son rimasti, che non abbiamo proseguito perchè ci mancava l’ombrello e temevamo l’umidità!—Bel qua dro sarebbe stato! Sandro — Voi volete girare tutte le cose ad un verso! Elda — ¡Sicuro! perchè è quello giusto... E sapete cosa devo dirvi?—Che anche voi, signor Sandro, per quanto vi sforziate, potete dare la mano agli altri e tener loro compagnia. Lucio che indossa dieci costumi sport per andare dall’albergo alla veranda— Martino che filtra le sue idee con la racchetta... E Nennele?—E la Intra?—c la signorina JRosadi che non fa due passi nemmeno a pagarla a peso d’oro?!—Anche voi siete da mettere nel mazzo— Avete sentito?— non avete sentito che coro di entusiasmi, ieri sera?—E stamane tutti a ripetere balbet tando le osservazioni delle signore madri. Sandro — Voi non dovete dimenticare, Elda, che se tutti avevano mutato idea, io no—Io anzi ho appoggiato la vostra proposta contro tutti... tanto che anche la mamma vostra ha finito— Elda (sprezzante} — E con questo? Cosa n’è venuto fuori?... Cosa n’è venuto fuori?!— Che adesso non so proprio, in tutta sincerità, perchè abbia scelto proprio voi per fare questa bella gita! Sandro — Finite con il riconoscere— Elda *— Io riconosco solo che in questo tugurio fa freddo assai! Sandro (guardandosi attorno e osservando fuori dalle feritoie) — Più opportuno sarebbe andare— Tanto ci siamo già bagnati. Elda — Che genialità! Sandro — Non è più il tempo di prima. Elda — Sarà piuttosto peggio. Sandro — No. E’ meglio andare di conseguenza. Elda — E dove? Sandro (osservando l’orologio che tiene al polso) — Sono ormai le quattro pomeridiane!—A San Lorenzo. Elda (canzonatoria) — Da che parte?!— Sapete al meno, voi, dove ci troviamo?! Sandro — Basta orientarsi— (incerto). Elda — Siamo sul monte?—Grazie: lo so anch’io—E allora? Sandro ■ — Ma non possiamo fermarci di più ancora !— Vostra mamma mi ha fatto delle vive raccomandazioni. Ho della responsabilità. Elda (c. s.) •— Perbacco! Responsabilità!—E come la chiamate quella di portarmi fuori di strada?!—Non vi sembra responsabilità anche quella?! Sandro (confuso) 1 — Un caso imprevisto—che sarebbe successo a chiunque— Infine io non ho desiderato che mettervi il più presto possibile al riparo ! Elda -— Giusto!—E adesso perchè ci sono al riparo, mi vorreste cacciar fuori all’acqua con la scusa della re sponsabilità! Sandro (rattristato) — Vi prego, Elda! Comprendete la mia posizione—Pensate che figura ci farei con la mamma vostra! Elda — Ed io?!—Non pensate quella che farei io, se mi trovassi costretta a tornare indietro così—magari per trovare il sole in paese—con gli altri che staranno gon fiandosi di gioia ad ogni brontolar di tuono! Sandro — Non lo pensano nemmeno! Elda — Proprio!—Ci verranno incontro solo per de cantare il loro acume!— il loro grande acume!— In gomma non mi muovo! Sandro — Vostra mamma— Elda — Così tanto Ivi mette in soggezione, mia mam ma?!—Voi non siete la mia istitutrice e le scarpe fer rate le porto anch’io! Sandro — La farete stare in ansia— Elda (scattando) — Preferireste che io mi buscassi una polmonite per tranquillizzare le vostre fisime?— Se proprio a mamma starà a cuore la mia salute... (ridendo con ostentazione) organizzerà una spedizione di soccorso— Ah! ah!... con coperte di lana, materassi e bottiglie di acqua -calda e del buon caffè che berrei adesso tanto vo lentieri!— Ah! ah!— Pensate, Sandro, che bazza per i nostri cari amici!—La tragedia della montagna!—Squa dre di soccorso hanno organizzato delle battute— Sandro — Elda, vi prego! Elda (ammutolendo un attimo) — Seccherebbe anche a voi, vero?— Dite la verità!—Dunque non c’è che ri manere. (Guardandosi attorno) In fondo, abituandosi, non si sta poi così tanto male come sembrava dapprima. Basterebbe un po’ più di luce e un po’ più di caldo—E domani la Nennele e la Intra schiatteranno di bile al mio racconto— Sandro — Non possiamo rimanere! Elda (fingendo di non ascoltarlo, si accomoda intanto apposta un giaciglio con la paglia che ha vicino) — Io qui mi combino una bella cuccia— così— così— e poi così... (voltandosi bruscamente verso Sandro) e se pro prio voi ci tenete— non avete che da correre giù... ad organizzare le vostre squadre di soccorso! Ah! ah! (Siede a terra). Sandro (si sente battuto in pieno viso, non sa cosa fare poi agguanta deciso il sacco e si dirige verso la porta) •— Io vado allora! Elda (atterrita al pensiero di rimaner sola, balza in piedi chiamandolo con voce soffocata) — Sandro! no! SCENA IN MONTAGNA Sandro (si volta, ma rimane fermo accanto alla porta) — Non devo andare? Elda (angosciata) — £ mi lascereste qui... sola?! Sandro (gettando nuovamente a terra il sacco e acco standosi con vivacità alla ragazza) — No... no... Elda!... come vi potrei lasciar sola?!... Come?! Nemmeno se mi obbligaste ad uscire... nemmeno se me lo imponeste co prendomi di insulti... io uscirei da quella porta... Vi ab bandonerei... No... Elda... Elda (riprendendo padronanza di se stessa) — Avete capito che stavate commettendo una sciocchezza? ! Sandro (serio) —■No... Il vostro scherno solo mi spin geva fuori a cercare per voi il modo di porvi più rapi damente al sicuro. Elda — Come dicevo io prima!... La squadra di soc corso! Ah!... bello... molto bello... da cinematografo!... Ma poi avete avuto timore di quello che vi avrebbe detto la gente. Sandro (emozionato) — Ho avuto paura di quello che avrebbe potuto dirmi il cuore, se l’avessi fatto!... Ho avuto timore dell’invettiva atroce che il mio cuore stesso avrebbe formulato per me... per il mio gesto idiota... Nel lasciarvi... qui... io avrei commesso una viltà... sì... una viltà. Elda (sorridendo, con ironia) — Ah! Sandro (c. s.) — Sì !... ma non cóme credete voi... o come vi sembra di credere!... Io sarei stato vile uscendo da questo luogo perchè fuggivo da voi... da voi, capite?!... Elda... d.a voi... sentite, vivaddio!, cosa intendo dire?!... (accostandosi a lei agitato). Elda (istintivamente ritraendosi un po’ e facendo un gesto con le mani come a tenerlo lontano) -— Mi fate impressione, Sandro!... Non mi guardate così! Sandro (allargando le braccia e poi abbandonandole lungo il corpo. Sconsolato) \—- Dite... dite pure... Prima ero motivo del vostro scherno, ora sono causa della vo stra paura... (con un filo di voce) e dopo sarò oggetto della vostra pietà o della vostra compassione... Ma fa lo stesso... E’ lo stesso, dev’essere così perchè io sono goffo mentre ¡Lucio è fine... e voi venite conquisa dall’elegan za... perchè io sono rozzo, mentre Martino sa dire tante cose carezzevoli e voi adorate il suo parlare... Cosa sono io?!... Cosa sono io... se non jso nemmeno ballare... E Nerio vi sa stringere con raffinatezza mentre vi accom pagna e voi vi inebriate del danzare!... (Ansante) Ma nes suno... nessuno di loro... vi vuol bene quanto ve ne voglio io... Nessuno vi ama come vi amo io... senza l’illusione più piccola, senza la speranza più tenue... mendicando sempre una parola che non è mai mia... cercando di ru bare un sorriso che fiorisce e vi fa ancora più incante vole sempre per gli altri... Voi non sapete... Elda... nè po tete intuire la pena tormentosa di pensare... soltanto pen sare... al sapore della vostra bocca! Per questo io vi ho difesa ostinatamente contro tutti... contro tutte le obbie zioni... tutte le critiche, gli ostacoli degli altri e vi ho accompagnata... Io solo... mentre gli altri restano giù, timorosi del tempo... So che avete accettato la mia com pagnia piuttosto di cedere di fronte agli altri... Ma io pure ho accondisceso sebbene fossi certo che voi, voi stessa, sareste rimasta più volentieri giù con gli altri... E’ egoismo il mio... Lo so. Ma è giusto che dopo tante amarezze io riscatti un poco del mio soffrire... Che io sia solo... solo con voi. Elda (con sdegno) — Ah! ma allora!... Sandro (con angoscia implorante) — Elda!... Elda!... (Dopo una lunga pausa con voce commossa) Non vi fac cio del male... io... (avvilito sotto il peso del suo dolore, si avvicina nuovamente alle feritoie mentre il temporale rumoreggia ancora). Elda (si lascia di nuovo lentamente cadere sulla pa glia. ET pallida, emozionata. Non osa guardare il compa gno che le volge le spalle, ma non può non sentire il suo tormento. Si stringe la giacca dell’amico intorno e nel farlo, involontariamente, uno sguardo di tenerezza le appare nelle pupille. Ha un brivido) — Che freddo!... Ci si potesse riscaldare!! Sandro (si scosta dalle feritoie e si aggira un po’ nella semioscurità dell’ambiente cercando della legna) — Qual cosa qui si dovrebbe pur trovare!... La paglia, no... per chè fa troppo fumo... ma qualche frasca ci dovrebbe stare di sicuro... (Scorgendo una fascina) Oh! contenta, Elda: c’è quello che fa per noi... (Trascina la legna più avanti sotto una feritoia) Qui forse si potrebbe combinare qual cosa... (Comincia a rompere qualche sterpo stando ingi nocchiato accanto alla fascina). Elda (sempre dal suo posto lo osserva con interesse). Ruvo (nascosto in un palchetto dove tiene il suo gia ciglio, dopo aver rimosso parecchio la paglia, fa sentire la sua voce tuonante) — Chi è che vuol accendere il fuoco? Elda (sbarra gli occhi colta da paura) — Ah! Sandro (trasale lui pure per la voce inaspettata, inter rompe il suo lavoro e si rizza repentinamente impugnan do un bastone e guardandosi in giro con sospetto) — Chi c’è qui?! Ruvo (sempre dall’alto del palchetto dal quale sporge le gambe a penzoloni) — Ci sono io! Elda (atterrita indicando con il braccio a Sandro) —Lassù... Sandro... attento... è lassù! Sandro (all’esclamazione di Elda si gira impetuosa mente verso il palchetto, tenendosi sempre in guardia) — Credevo non ci fosse nessuno. Ruvo (di un balzo è sceso dalla sua tana. E’ un uomo sui cinquant’anni. Sporco, lercio, con una cattiva espres sione nel viso) — Cosa intendi dire con questo, moscar dino?!... Che se nella casa non si trova il padrone, tu sei libero di fare il tuo comodaccio? ! Elda (si è alzata anche lei istintivamente dal suo gia ciglio e osserva preoccupata l’atteggiamento del monta naro. Alle sue parole le vien spontanea una frase) — Al lora... voi siete il padrone... qui? Ruvo (si volge verso di lei e la squadra come se si fosse accorto della sua presenza per la prima volta. Sputa con sprezzo a terra). Sandro (ha uno scatto di sdegno) — Ah! Ruvo (si accorge del gesto e allora mostra ostenta tamente il pugno sinistro minaccioso) — Sissignora!... BRUNO DE CESCO anche se non vi garba!... (Abbassando la voce e batten nisce fulmineo del tridente che stava nelVombra e si slan dosi il pugno sul petto) Sono do il padrone!! cia contro Sandro gridando come un ossesso) — Fuori Elda (guardando Sandro) — Allora... Sandro... di qua! ! Sandro (continuando il discorso della sua compagna Elda (intuisce il pericolo ed ha un grido di terrore) con evidente contrarietà) — ...La signorina intendeva — Madonna! Sandro!! chiedervi il permesso di accendere un po’ di fuoco. Sandro (ha misurato a tempo il gesto del montanaro Ruvo — Che permesso mi tiri in ballo, tu!?... Stavi e un audace senso di fiducia lo spinge ad arrischiare il già facendo a pezzi la fascina!... E anche quella è mia! tutto per il tutto. Abbassa il bastone e allarga le braccia Sandro — E nessuno vi ruba niente!... Ve la pago io! come ad offrire un più facile bersaglio all’ira delVavRuvo — Già, me la paghi perchè mi son fatto sen versario. La sua voce si è fatta limpida e squillante seb tire!... (Guardandolo di traverso) Cosa credi di com bene in essa trapeli un’intima e terribile commozione) — prarmi con le tue palanche bucate?!... Perchè mi vedi Avanti! allora! se vuoi scaldarti col sangue invece che vestito così?! Ah! ah!... perchè tu hai le scarpe unte di con la fiamma della tua fascina!! grasso mentre io ce l’ho sporche di sterco?!... (Ghignan Elda (continua a mormorare in una disperata canti do) Ti sbagli! Ti sbagli! lena) — No, Sandro... no, Sandro... Elda (titubante) — S’intendeva solo di ricompensare Ruvo (alla sfida altera e sprezzante di Sandro non sa il disturbo. reagire e si ferma pur tenendo sempre minaccioso il tri dente). Ruvo — Io non voglio ricompense! Sandro (c. s.) — La porta della tua casa era aperta e Sandro — Meglio ancora. Ruvo (bruscamente) — Non sopporto però nessun di chiunque avrebbe accolto anche un cane per l’infuriare del tempo!... Ma tu ricevi chi viene a bussare alla tua sturbo e tanto meno da gente come voi! porta con l’odio e con la minaccia!... Cos’è che temi?!... Sandro — Per quattro frasche! Ruvo (alzando la voce) — Qua dentro non si accen (Si accorge solo allora, per associazione di idee, di im pugnare ancora il legno e glielo butta ai piedi) — Ecco dono fuochi! Sandro (indicando le tracce di fumo sotto una feritoia) il tuo legno... non so che farmene nemmeno di quello... E’ tuo. Riprenditelo! — Non è la prima volta che vien fatto. Ruvo (che aveva gradatamente abbassato il tridente, Ruvo (avanzando di un passo) — Metti il naso nelle guarda ora con un aspetto più placato Sandro e sta per tue faccende! mettersi a parlare quando lo scoppio un po’ lontano, ma Elda (supplice) *—• Non importa, Sandro! nondimeno potente, di un fulmine gli tronca la parola). Sandro (ostinandosi) —- Non è giusto! (Tutti e tre allibiscono quasi presentendo una scia Ruvo — Che giusto o non giusto!?... Ci hai poco da gura. Il silenzio è rotto improvvisamente dalla corsa di strillare!... Non voglio io che sono il padrone! Sandro (ostinandosi) — Va bene, va bene!... Lo sap un uomo che si avvicina precipitosamente alla baita fin piamo che siete voi il padrone!... E chi viene a conte- ché si ode la sua voce ansante attraverso una feritoia) — Ruvo... Ruvo... le tue bestie hanno spaccato il recinto!... starvelo questo diritto! Il fulmine!!... Son scappate verso San Lorenzo!... Pre Ruvo (torvo) — Vorrei vedere! sto, Ruvo!! (Il passo deWuomo svanisce nuovamente Elda (c. s.) — Sandro, vi prego! nella lontananza). Ruvo (schernendo il gesto della ragazza) — Oh! Ruvo (che alle prime parole aveva allargato gli occhi guarda! Sandro (diventando di brace) — Si tratta in fondo di con stupore, non appena l’avvertimento è finito, si sba razza del tridente e scappa agitato e gesticolante dalla sentire un po’ di umanità!... Siamo con i vestiti fradici! Ruvo (ghignando) — A me vieni a dirlo?! Chi vi ha porta a destra) — Le mie bestie?!... A San Lorenzo?! Sandro (resta un po’ come trasognato e ripete ad alta ordinato di venir quassù? Chi ve l’ha ordinato? voce, come a spiegarsi il disorientamento in cui il tem Sandro — Nessuno! porale li aveva fatti cadere) — San Lorenzo?!... San Lo Ruvo — Via allora! via subito! renzo? ! Sandro — La signorina sta male. Elda (lo guarda con un’espressione triste e felice in Elda — No, Sandro... Non mi sento più male... An sieme, poi in un impeto di commozione gli si butta ad diamo, Sandro... dosso stringendolo. \La porta scricchiola, geme e si apre Ruvo (sghignazzando) — Ah! ah! volevi scaldare la un po’ lasciando passare una folata di vento) — Oh! San pecorella! Ah! ah! Già il tempo è cattivo e si è ba dro! Sandro! gnata la tua pecorella! Ah! ah! (Duro, improvviso) E Sandro (assorto) — Sarà meglio andare... e subito... con questo?!... Fuori ce n’ho a diecine, io, delle bestie Elda (come mortificata) — Non avete nient’altro da che si bagnano!! dirmi? ! Sandro (fermo al suo posto, alza il bastone) -—Non Sandro (triste) — No... non ho nulla da dire... so che farmene del tuo permesso, mascalzone, e riman Elda —■E io, sì, invece!... Io... io... se quell’uomo aves giati subito quello che hai detto! se fatto ancora un solo passo avanti... mi sarei buttata Ruvo (che era indietreggiato di un passo, s’impadro- con tutta la mia forza ad impedirgli... Sandro (amaro) — Cosa impedirgli?... E’ questo che volevate vi dicessi?! Il commento alla mia viltà!... Elda — Yoi per causa mia avete passato... Sandro — Un brutto guaio... Non lo nego... Tanto più che la ragione era più dalla sua parte che dalla mia... Elda •— Eppure voi mi avete difesa affrontando... Sandro — Non c’era nient’altro da fare!... ma non ri tenetemi un salvatore... Peuh!-... (quasi con stizza) Non avete capito che il mio gesto era solo paura... Sì... paura!... Io ho cercato di far leva sulla sensibilità di quell’uomo solo quando ho visto che il mio miserabile pezzo di legno, che impugnavo come una marionetta, avrebbe avuto la peggio — e come! — nel cozzare contro il tridente?! Quello, sì, sarebbe stato un quadro da descrivere alle amiche, signorina Elda!... Vi consiglio però di non rac contarlo a nessuno... nemmeno a vostra mamma, perchè 10 sarei costretto a sconfessarvi nel modo più categori co!... Un po’ di amor proprio me lo concederete... Elda (con energia) — Basta così, Sandro!... Non è in questo tono ch’io desideravo mi parlaste ancora... Sandro — Meglio non parlarne più... Elda — Voi non avete nessun diritto di falsare così 11 vostro gesto di cuore perchè riguarda anche me... Ma lasciamo a parte anche questo... Forse voi scambierete le mie parole come il prodotto di una stucchevole indiffe renza... Piuttosto è quella vostra testarda e illogica osti nazione nello sminuire sistematicamente le vostre doti che mi fa insorgere... Sandro — Elda, vi prego di non scherzare! Elda -—- Scherzo, Sandro?!... Ma vi pare che possa buttare in burletta anche quello che dico ora?!... Se mi ci metto, sono capace di ragionare anch’io... Cosa ci gua dagnate voi a far così? !... Cosa ci guadagnate di fronte agli altri?... di fronte a me? Sandro — Perchè dite: di fronte a voi?! Elda —. Sì... sì... E’ proprio così... Anche gli altri... tutti gli altri... Lucio, Martino... avevano capito e non trascu ravano occasione per deridere il vostro silenzio... per cri ticare la vostra riservatezza... E intanto ne soffrivo an ch’io !... Loro non immaginavano che il loro tessuto di malignità non faceva che convincermi maggiormente del contrario... ma quel vostro star nell’ombra sempre, mi metteva a disagio ecco!... Tanto da finire col convincer mi che dovevo cercare un’occasione che ci facesse gua dagnare in faccia a tutti la più bella delle soddisfazioni!... Sandro (raggiante afferrandola per le braccia) — Ali!... è questa... è questa allora, Elda!... Elda (affettuosa) — ...Sì..., sì, Sandro... Sandro (la bacia sulla bocca). Elda (liberandosi con civetteria dalVabbraccio) — ...Hai visto che il tuo vecchietto del temporale aveva torto? Sandro — Altro che torto! (I due ragazzi ridono alle gramente, si baciano ancora e poi escono a destra veloci raccogliendo a volo il sacco da montagna abbandonato). (Fuori, ad annunciare il ritorno del sole, risuonano i campani delle giumente). F r x E P E L li A C O M H IO I> I A J l j o l l LAVRA A D A JV I ascolta, per dovere di cortesia, una giovanissima attrice che aggiunge ai suoi vezzi stu diati, assimilati e imitati dallo schermo americano, delle pre tese letterarie. — Detesto gli uomini ge losi — dice la piccola — poi ché mi tolgono il piacere di amare e di essere amata; in vece non incontro che uomini gelosi! Eppure deve esserci una qualità contraria della ge losia ! —■C’è, c’è — conclude Lau ra Adani — si chiama indif ferenza! m i c a u t e r io n Una signora che ammira gli uomini ce lebri e ama vederli alla sua tavola, a uno di questi pranzi si duole con i suoi parchi invi tati: —E’ desolante, 1 — di ce — tutti sono a regi me oggi; nessuno man gia più niente... — Questo vi permet te di invitarci da dieci anni regolarmente due volte la settimana, — risponde con amabilità Mario Tugnoli, Consi gliere Delegato della «Cinematografica Tirrenia ». ★ Sarah Ferrati e Nino Besozzi sono invitati a pranzo in casa di cer ti loro amici ultra-ari stocratici. A tavola fra i nobilissimi anfitrioni si accende una discus sione. Uno dice che il proprio bisavolo Uguccione era pelosissimo, lungo-crinito e folto barbuto come un leone, l’altro sostiene che Uguccione era calvo co me un ginocchio e che il peloso era invece il trisavolo Adalberto. Per accertarsene, tutti infer vorati si alzano entram bi da tavola e vanno a consultare la galleria degli antenati. Sarah Ferrari, che non si era accorta di nulla, intenta com’era a gustare uno squisitissimo pasticcio di maccheroni, vedendo correre via gli ospiti chiede a Nino Besozzi: — Cosa è successo? Dove sono andati? E Nino, tranquilla mente : — Non è niente. Cer cano il pelo nell’avo. P O L Y F O T O Presso Is titu to O ttico V ig a n o , P . C ordusio nisti mondani). Naturalmente, visto che a Positano si è riu nita tanta gente di teatro, Ser gio e Rosetta Tòfano hanno comperato una casa di campa gna in Valle di Aosta. Sergio e Rosetta ne parlano con vero entusiasmo a Nicola Manzari. — Abbiamo anche l’orto — dice Rosetta. — A coltivarlo ci penserò io — pretende Sergio. — E che cosa pianterai? — dimanda Manzari. — Non certo delle cipolle che puzzano! Del caffè, per esempio. Quando c’era il caffè noi abbiamo conservato tutti i fondi della nostra macchinet ta espresso; fondi che io ho gelosamente custodito. Semi nandoli in estate avremo un ottimo caffè dopo poco tem po. Lo offriremo nelle sere di inverno, in camerino, ai critici che verranno a trovarci tra un atto e l’altro. — Quando si saprà che Ser gio e Rosetta offrono il caffè delle loro piantagioni sarà una vera invasione di critici e mol te commedie andranno meglio — conclude Manzari. Pilade Franceschi, il mae stro calzettaio, creatore delle famose calze «Mille aghi » co nosce tutto il mondo teatrale, e particolarmente quello fem minile, s’intende. Cuore cari tatevole, egli raccomanda viva mente a Mario Ferrari, nuovo capocomico, una giovane attri ce senza scrittura che non ha nulla a vedere con la Venere dei Medici. Si può arguire da questo quanto sia disinteres sata la raccomandazione. Ma il capocomico afferma di avere i «quadri » completi, dichiaran dosi molto spiacente di non poter accogliere l’attrice. Fran ceschi insiste gentilmente; Fer rari riflette ,e infine, a scusa, protesta : —• Sia detto fra noi; non è neppure una bella donna. — Appunto per questo, non bisogna lasciarla sul lastrico, — ribatte l’autore delle calze mille aghi. P O L Y F O T O F o to R a d io - V ia P r o c a c c i n i , IV. 5 4 (Vedete a pagina 27 di questo fa scicolo un esempio di POLYFOTO) Proprietà letteraria e artistica riser vate —Società (Editrice Torinese (Gaz zetta dei Popolo - Illustrazione del Popolo) - Corso Valdoeco, 2 - Torino Ernesto Scialpi, responsabile. ★ Un’attrice regala un biglietto pel . 'A Paola Borboni, le cui risposte fa li teatro alla sua cameriera. L’indomani rebbero impallidire Salomone, recita in questo momento al Teatro Brancac l’attrice le domanda se si è divertita. — Molto, — risponde la fantesca. — cio di Roma, nella rivista di Galdieri. specialmente in quella scena dove la Siamo dietro le quinte: da destra atten cameriera scaraventa il grembiule sul dono Paola Borboni, Billi e un gene muso alla sua padrona e le dice ciò che rico ; da sinistra devono entrare trenta generici. Paola sembra guardare lontano pensa di lei! come inseguendo un suo pensiero. Poi La morte dell’attore Molinari ha dice «pensando ad alta voce » come è fatto rifiorire gli aneddoti sul suo nome. sua abitudine: Si sa che prima di essere attore, Moli —• Quanti mariti ingannati fra gli at nari fu maestro di scuola, ma fu dav tori, senza contare, voi s’intende... vero un maestro singolare: i suoi cal Per combinazione il generico interlo coli non sempre combinavano con quelli cutore ha appunto subito vari infortuni del libro scolastico. Quando gli studenti coniugali; quindi si ebbe un po’ a male glielo facevano osservare, egli guardava della constatazione. Paola non si scom il libro e con un grugnito diceva : «Uhm pose, e osservò: — Beh, se la frase vi ha offeso, dirò uhm, ci dev’essere un errore di stampa, qualche tipografo principiante, senza cosi: quanti mariti ingannati fra gli at dubbio ». Se poi trovava una parola dif tori, contando anche voi... ficile, suggeriva agli scolari di saltarla: E’ nata, quest’anno, senza pubbli «E’ una parola che non troverete mai cità di interviste e di fotografie, quasi più ». alla chetichella, una nuova minuscola Leonida Répaci quando ritornò dal zona di riunione estiva degli attori, au suo viaggio nel Messico, mandò in re tori, ecc. Si tratta di Positano, vicino galo a Remigio Paone una rara coppia Napoli, dove hanno una villa, una casa, di galli lottatori importati dal Brasile. una casetta, una casettina, una casettiiiiIl giorno dopo Paone chiamava Ré- na — secondo la celebrità del proprieta paci al telefono : « Leonida — gli disse rio — Gherardi, la Pagnani, iDe Bene — sei stato veramente gentile a inviarmi detti, De Sica e Titta Bissone, Onorato, quei galli. Avevo gente a tavola, e tutti i De Filippo e qualche altro di cui ci sfugge il nome (come dicevano i eroli hanno trovati deliziosi! ». P O L Y F O T O 4 8 d i v e r s i a t t e g g ia m e n t i t u t t i in g r a n d ib i li s u q u a ls ia s i fo r m a to P O L Y F O T O è u n sistem a d i fo to g ra fia g e n ia le e m o d e rn a F a te v i u n a C o rs o P O L Y F O T O P O L Y F O T O d e l L itt o r io , a M ila n o : IV . 2 2 La T S o c ie t à I R R A n o n im a E N p re s e n ta i l suo p r im o C in e m a to g r a fic a I A g ru p p o G li a v v e n t u r i e r i d e lle r o c c e Produzione MONOGRAM-NEW YORK Interprete: Tom Keene - Regia di R. N. Bradbury data di edizione ■ 22 agosto U n b im b o in p e r ic o lo P r o d u z io n e NEW U N IV E R S A L Interpreti: Mischa Auer - Baby Sandy S h irle y Ross - Regìa di G. Lam ont data di edizione: 26 settembre I l s e n t ie r o d e i c u o r i p e r d u t i Produzione MONOGRAM-NEW YORK Interprete: Tom Keene - Regìa di Robert Hill data di edizione: 29 agosto C e n to le t t e r e d 'a m o r e P r o d u z io n e IN C IN E Interpreti: A rm a n d o Falconi - V iv i Gioi - Giuseppe Porelli - Lilian Her man - Gemma D 'Alba - Enzo B ilio tti M aria Jacobini - Regia di M. Neufeld data di edizione: 3 ottobre I d illio a B u d a p e s t Produzione SCHERMI NEL MONDO Interpreti: Sergio Tofano - Germaine Aussey Osvaldo Valenti - Regìa di Ansoldi e Variale data di edizione. 3 settembre C a n zo n e im m o r t a le P r o d u z i o n e W IE N F IL M Interpreti: Paul H o r b ig e r - M a ria A n d e r g a s t - R e gìa d i W. Emo data di edizione: 10 ottobre P ro d u z io n e G R A N D N A T IO N A L Interprete: Conrad Nagel - Regìa di L. Gasnier data di edizione: 12 settembre S e r v iz io d e lla m o rte P r o d u z io n e A M E R IC A N A Interpreti: Fay Wray - Ralph Bellamy data di edizione: 17 ottobre C u o ri n e lla to rm e n ta P r o d u z io n e A T E S IA F IL M Interpreti : Camillo Pilotto - Silvia Manto - Dria Paola ■Mino Doro - Regìa di C. Campogalliani data di edizione: 19settembre L a g ra n d u c h e s s a s i d iv e r te P r o d u z io n e IN C IN E Interpreti :Paola Barbara - Sergio Tofano - Otello Toso - Carlo Campanini - Regia di. G. Gentilomo data di edizione: 24 ottobre Il primo ciclo dell'attività 1940-XVIII culminerà a dicembre con la presentazione nazionale del d i G IO V A C C H IN O F O R Z A N O . Diretto da G RÜNDG ENS e FO R ZA N O il?* « f s # / r L a / A ¿ S n / L c t È I M — mm o J L / * / / Le calze Franceschi « Mille aghi » sono di due tipi : « Mille aghi Teatro Scala » leggerissime come il respiro L. 39 il paio, e « f aghi Quirinale» vaporose, evanescenti, senza peso L. 50 il paio, nei nuovi colori di moda «nube d’oro» e «bronzo» che cc riscono la snellezza e la giovinezza. Ambedue i tipi vengono consegnati in queU’artistico cofanetto, tanto grad'to alle donne, che eleva queste meravigliose calze al pregio di un graditissimo dono. Unico negozio di vendita: Soc. An. Franceschi, via Man zoni 16, Milano. Per riceverle fuori Milano basta inviare l’importo delle calze a mezzo vaglia postale o bancario, aggiun gendo L. 1 ogni paio per le spese postali, e verranno consegnate a domicilio, franco di ogni spesa, il giorno successivo all’ordine.

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Il dramma : rivista mensile di commedie di grande successo. - Torino : Grandi firme, 1925-1992.

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