AN N O X V II * J f. S>S3 j.® 1° M a g g i o 1 9 4 1 ~ X X X TT J u ir © U SOCIETÀ EDITRICE TORINESE - TORINO SPEDIZIONEINABBONAMENTO POSTALE(Secondo Groppo) q u in d ic in a le d i commedie d i grande successo d ire tto da l u c Ì Q W ! , — Era questo, vedete, che mi rendeva così esitante verso di voi, allora. Ancorché io sentissi che voi vi interessavate di me, che io ero qualcosa nella vo stra vita... Beatrice ■ — Sì, lo eravate. Riccardo — Eppure questo ci divideva. Sentivo di es sere una terza persona. I vostri nomi li ho sempre sen titi profferire insieme: Roberto, Beatrice. Beatrice — Eravamo primi cugini. Nulla di strano che fossimo spesso insieme. Riccardo — Egli m’ha raccontato della segreta pro messa che vi siete scambiati. Roberto non ha segreti con me. Immagino lo sappiate. Beatrice (impacciata) — Quel che avvenne fra noi: da tanto tempo ormai è accaduto. Io ero una ragazza ingenua, allora. Riccardo (sorride con malizia) — Ne siete sicura? La cosa avvenne, vi ricordate? nel giardino di mia madre (accenna al giardino), laggiù. E voi saldaste, come si ESULI dice, la vostra fede con un bacio e gli donaste anche la vostra giarrettiera. Permettete che vi ricordi tutto questo? Beatrice (con qualche ritenutezza) — Se credete sia cosa degna di essere ricordata... Riccardo — Immagino non l’abbiate dimenticato. (Stringendosi le mani quietamente) Non riesco a com prendere questa strana cosa. Pensai pure che, dopo che io fui partito... Avete sofferto per la mia partenza? Beatrice —- Sapevo bene che un giorno o l’altro ve ne dovevate andare. Non soffrii. Mi trovai mutata. Riccardo — Verso di lui? Beatrice — Ogni cosa era mutata. La sua vita, il suo spirito, sì, anche il mio spirito parve mutare, dopo quel tempo. Riccardo (meditando) — Sì, io compresi che voi era vate mutata quando ebbi la vostra prima lettera, dopo un anno; e dopo la vostra malattia anche. Me lo dice vate nella vostra lettera. Beatrice — Quella malattia mi aveva ridotta quasi in punto di morte. Mi fece vedere la vita sotto altro aspetto da quel di prima. Riccardo — E così, a poco a poco, vi siete raffreddati l ’un verso l’altro, non è vero? Beatrice (socchiudendo gli occhi) — Ma non così, d’un tratto. Jo vedevo in lui un pallido riflesso di quel che eravate; poi anche quello svanì. Riccardo (con impeto rattenuto) — Perchè quell’ac cento accorato? La cosa non può essere stata tanto tragica. Beatrice (calma) — Oh, niente affatto tragica, e riebbi vita e salute senza poterne usare. Sono conva lescente. Riccardo (garbato) — E nulla ha potuto darvi la pace? Beatrice — Se la nostra religione avesse conventi, sarebbe là che la troverei. Riccardo (scuote il capo) — No, miss Justice, non la trovereste nemmeno là. Voi non potete donarvi intera mente e liberamente. Beatrice — Cosa difficile donare se stessi interamente, liberamente, ed essere felici. Riccardo •— Anche voi sentite che tale felicità è la migliore, la più grande che ci sia consentita. Beatrice (con fervore) —- Sì, credo che lo sentirei. Riccardo (piegandosi indietro, le mani intrecciate al capo) — Oh, se sapeste quanto soffro in questo mo mento! E anche per cagion vostra. Ma, più di tutto, per cagion mia (con amara veemenza), e come vorrei che mi fosse concessa ancora quell’asprezza d’animo di mia madre morta! (Beatrice si alza, lo guarda intensamente, poi va verso la porta del giardino. Ma si volge, lo fissa ancora e s’avvicina a lui standogli accanto, con unamano sullo schienale del seggiolone). Beatrice — Ha chiesto di voi, prima di morire? Riccardo — Chi? Beatrice — Vostra madre. Riccardo (la fissa intensamente) — Dunque s’andava dicendo eh? ch’ella m’avesse mandato a chiamare avanti di morire e ch’io non ci fossi andato. Beatrice —• Sì. Riccardo (freddamente) — No, non mi mandò a chia mare. Morì sola, senza avermi perdonato, non confor tata dai riti della Chiesa. Beatrice — Signor Rowan, perchè parlate in questo modo? Riccardo (si leva e passeggia nervosamenteI — Eh, lo immagino, ciò ch’io soffro in questo momento voi direte ch’è il mio castigo. Beatrice — E la sua morte non v’ha commosso pro fondamente? Riccardo •—■Fin ch’ella visse, sempre si tenne lontana da me, da Berta, dal nostro bambino. E perciò aspettai la sua fine. Ed essa è venuta. Beatrice — Oh non parlate così! Riccardo (impetuosamente) —■ Forse che le mie pa role possono offendere il suo povero corpo che sta cor rompendosi nel sepolcro? Pensate ch’io non abbia avuto pietà del freddo e sterile amore ch’ella mi portava? Io lottai, lottai contro il suo spirito fino all’ora della sua morte. (Si preme le mani contro la fronte) E ancora adesso il suo spirito combatte contro il mio, qua dentro. Beatrice — Oh, non parlate così! Riccardo — Mi cacciò di casa. Per cagion sua fui ri dotto a vivere per anni ed anni in esilio, quasi povero. E non volli accettare il denaro ch’ella mi mandava a mezzo delle banche. E aspettai anche oh, non ch’ella morisse, ma che alfine mi giungesse da lei un segno ch’ella m’avesse compreso, io ch’ero suo figlio, sua pro pria carne e sangue; e che mai non venne. Beatrice — Nemmeno dopo Archie? Riccardo (rudemente) — Il mio bambino! Il figlio del peccato e della vergogna. Ma vi pare? (Si ode bus sare alla porta). Beatrice — Qualcuno ha bussato. Sono essi che ri tornano. Riccardo — No, non è Berta. Berta ha le chiavi. De v’essere lui. (Esce rapido da sinistra, poi rientra con un cappello di paglia in mano). Beatrice — Lui, chi? Riccardo — Roberto. Non voglio vederlo. Ditegli che sono andato alla posta. Beatrice — Non desiderate vederlo? Riccardo — Per ora no. Questi nostri discorsi m’hanno turbato. Ditegli se vuole aspettare. Beatrice — Ritornerete? Riccardo — Forse. (Esce svelto dalla parte del giar dino. Beatrice fa atto di seguirlo, ma s’arresta dopo po chi passi. Brigida entra dalla porta di destra ed esce da quella di sinistra. Si sente aprire la porta dell’ahall » ed essa rientra, dopo qualche istante, con Roberto Hand. E’ un uomo fra i trenta e i quaranta, di statura mezzana e piuttosto tarchiato. Il suo viso è sbarbato e di nobili tratti. Capelli ed occhi scuri. Carnagione pallida. Porta mento e linguaggio piuttosto dimessi. Porta un abito blu scuro, e tiene in mano un gran mazzo di rose rav volte nella carta velina). Roberto (andando verso Beatrice con le mani tese, ch’ella prende) — Cara cuginetta. M’ha detto Brigida ch’eri qui. Non sapevo nulla del tuo arrivo. Hai forse spedito qualche telegramma a mia madre? Beatrice (guardando le rose) — No. JAMES JOYCE Roberto <(seguendo lo sguardo) < — Guardi le mie rose? Le ho portate Iqui per la padrona di casa. Brigida — E come son Belle, signore. La padrona le avrà care. Roberto {depone con !cura il mazzo su \una sedia in un canto) — C’è nessuno qui? Brigida — Sì, signore, accomodatevi. Arriveranno a momenti. Il padrone era qui poco fa. {Si guarda attorno, poi con un mezzo inchino esce dalla destra). Roberto i{dopo un breve silenzio) — Be’, come stai, Beatty? Stan tutti bene laggiù in Yougal? Uggiosa mente, eh, come al solito. Beatrice — Quando li lasciai stavano tutti bene. Roberto (cordiale) — Sono assai dolente di non aver saputo del tuo arrivo, sarei venuto ad incontrarti alla stazione. Perchè non mi hai avvertito? Hai sempre un certo strano modo di fare, Beatty! Beatrice — Grazie, Roberto. Ma sono abituata ad andare attorno sola. Roberto —• No, intendevo dire che... {Archie striscia dentro alla stanza attraverso la finestra aperta, di sini stra. Poi balza in piedi. Tutto porporino in volto, ane lante. E’ un fanciulletto di otto anni, con pantaloni cor ti, giacchetta di lana, berretta. Porta occhiali; è tutto brio. Parla con lieve accento forestiero). Beatrice {andando verso di lui) — Bontà divina, Ar chie, che succede? Archie {senza fiato) — Eh, ho fatto di corsa tutta la strada. Roberto {sorride e gli tende la mano) — Buona sera, Archie. E perchè hai corso tanto? Archie {stringendogli la mano) — Buona sera. Vi ho visto in cima al tram ed ho gridato: Signor Hand! Ma voi non avete sentito. Mamma sarà qui a momenti. Dio, come ho corso. Beatrice |— Ah povera me. Archie {stringendo le mani che Beatrice gli porge) — Buona sera, miss Justice. Beatrice — T’è spiaciuto che non sia venuta venerdì scorso per la lezione? Archie {dandole un’occhiata e sorridendo) — No. Beatrice — Contento? Archie {pronto) — ¡Ma oggi, sapete, è troppo tardi per la lezione. Beatrice — Via, una piccola piccola. Archie — Sì. Roberto — Sei stato al bagno, Archie? Archie — Sì. Roberto — Hai imparato a nuotar bene? Archie {appoggiandosi alla piccola scrivania) — No. Mamma non mi lascia andare dove l’acqua è profonda. E voi, nuotate bene, signor Hand? Roberto — Oh, splendidamente! Come un sasso. Archie {ride) — Come un sasso! Volete parlare con papà, signor Hand? Roberto — Sì, sono venuto per questo. Archie {andando verso lo studio) — Andrò ad avver tirlo. E’ là che scrive. Beatrice {calma, guardando [Roberto) — No, il signor Rowan è fuori. E’ andato alla posta con alcune lettere. Roberto — Be’, non importa. Se è andato solo alla posta, l’aspetterò. Archie — Mamma sta arrivando. {'Dà una guardata attraverso i vetri) Eccola. {Archie corre fuori dalla porta di sinistra. Beatrice va lentamente verso la scrivania. Roberto rimane in piedi. Breve silenzio. Archie e Berta entrano dalla porta di sinistra. Berta è una giovane si gnora, di bell’aspetto, dall’espressione calma e tranquil la, lineamenti morbidi; il suo tratto è cordiale e spon taneo. Indossa un abito color lavanda e porta i guanti attorcigliati intorno al manico del parasole). Berta {stringendo le mani) — |Buona sera, miss Ju stice. Vi credevamo ancora laggiù, in Yougal. {Piegando la testa) Buona sera, signor Hand. Roberto {inchinandosi) — Buona séra, signora. Pen sate. Solo adesso vengo a sapere che miss Justice è ri tornata. Berta {ad ambedue) — Ma non siete venuti iqui in sieme? Beatrice t—■ No. Io giunsi per la prima. Il signor Rowan stava per uscire e mi disse che voi sareste rincasata fra breve. Berta — Sono assai spiacente; m’aveste almeno avvi sata stamane. Beatrice {ride nervosamente) — Sono arrivata appena un’ora e mezzo fa. Berta — Ma, sedete, prego, dovete essere assai stanca. Beatrice {presto) — Affatto. Venni appunto per la lezione di Archie. Berta — Ah, non voglio sentir parlare di lezioni, miss Justice, dopo un così lungo viaggio che avete fatto. Archie {pronto, a Beatrice) — E poi non avete por tato nemmeno la musica. Beatrice {un po’ confusa) — Ma abbiamo pure qui qualche vecchio foglio. Roberto {pizzicando l’orecchio a Archie) — Ah, bir bante. Vuoi marinare la lezione, eh? Berta — Non importa la lezione; adesso prenderete una tazza di tè con noi, miss Justice. {Va verso la porta di destra) Avvertirò Brigida. Archie •—• L’avverto io, mamma. {Fa per muoversi). Beatrice — No, Archie, preferirei... Roberto {tranquillamente) — Bene, veniamo ad un compromesso. Si dia ad Archie una mezza lezione. Berta — Ma miss Justice è molto stanca. Beatrice {presto) — Oh, non tanto. Berta — Allora, miss Justice, se vi piace suonarci qualche cosa, fate pure. Ma non statevi ad affaticare con Archie. Roberto {dolcemente) — Su, Beatty, suonate, se que sto è il vostro desiderio. Beatrice —« Se Archie vuol venire con me. Archie {stringendosi nelle spalle) — Se è soltanto per sentire... Beatrice {lo prende per mano) — E anche per una piccola lezione. Via, piccola piccola. Berta — Dopo di che verrete qui a prendere il tèBeatrice {ad Archie) — Vieni, Archie. {Beatrice ed Archie escono insieme per la porta di sinistra. Berta va verso la scrivania, si leva il cappello, depone il para sole. Poi togliendo una piccola chiave da un vaso, apre ESULI il cassetto della scrivania, ne toglie un foglietto poi ri chiude. Roberto, in piedi, la guarda). Berta (andando verso di lui col foglietto) — La notte scorsa m’avete dato questo foglietto. Che significa? Roberto — Non l’immaginate? Berta (legge) —■ «*C’è una parola che non ho mai osato dirvi ». Qual è questa parola? Roberto — Che mi piacete pazzamente. (Breve pausa. Si ode un suono fievole del cembalo nella stanza di so pra. Prende il mazzo delle rose) — V’ho portato que ste rose. Volete accettarle? Berta (prendendole) — Grazie. (Le depone sulla ta vola, e le disviluppa dalla carta). Perchè quelle parole non avete osato dirmele, la notte scorsa? Roberto — Non ho mai potuto nè parlarvi, nè starvi accanto un momento. Troppa gente sul prato. Deside ravo meditaste su quelle parole e così, mentre stavate per partire, ve le ho date. Berta — Ma adesso avete osato dirmele. Roberto — Voi passavate. La via era invasa da una luce fosca e crepuscolare. Potevo scorgere davanti a me la massa scura degli alberi. Voi passavate. Sembravate come la luna. Berta (ride) — O perchè sembravo come la luna? Roberto — In Iquel vestito, col vostro agile e sottil corpo, camminando a piccoli passi uguali, vidi proprio la luna quando veleggia pel crepuscolo... Passaste via e dileguaste alla mia vista. Berta > —. Avete pensato a me, la notte scorsa? Roberto (avvicinandosi a lei) — Sempre io penso a voi... Penso a voi come a qualche cosa di squisito, di lontano... La luna... o qualche musica delicata. Berta (sorridendo) —- E la notte scorsa, che ero per voi? Roberto — Sono stato sveglio quasi tutta la notte. Udi vo ancora la vostra voce. Vedevo ancora il vostro viso nell’ombra della sera. I vostri occhi... Ho bisogno di par larvi, Berta. Volete ascoltarmi? Posso parlare? Berta (sedendo) — Dite pure. Roberto (sedendo accanto a lei) —■Vi dò noia? Berta — Affatto. Roberto — Pensavo di sì. Quei miei poveri fiori li avete buttati là in un canto. (E così di furia. Berta (prende il mazzo defila tavola e vi affonda il viso) .— Così? Vi piace? Roberto (osservandola) — Anche il vostro viso è un fiore. Un fiore selvaggio, un fiore di siepe. (Accostandosi a lei con la sedia) Perchè sorridete? Per le mie parole? Berta (deponendo il mazzo in grembo) —• Perchè im magino che questo lo diciate anche alle altre. Ho sen tito dire che avete tante ammiratrici. Roberto —• Amiche, niente altro che amiche. Berta — E anche a loro parlate così? Roberto (offeso) — Ma come potete farmi queste do mande, Berta? Che razza d’uomo credete che io sia? E allora perchè m’avete ascoltato? Berta — Oh, m’avete detto delle cose molto graziose. (Lo fissa un istante) Vi ringrazio per avermele dette e pensate. Roberto (piegandosi verso di lei) —- Berta! Berta — Ebbene? Roberto i— Ho un po’ il diritto di chiamarvi col vo stro nome, no? Vi ricordate nov’anni fa? Allora eravamo Berta e Roberto. Perchè non potremmo chiamarci così anche adesso? Berta (pronta) — Oh, sì. Perchè no? Roberto —■Voi lo conoscevate il mio segreto. Lo cono scevate fin da quella sera, che sbarcaste a Kingstown. Lo compresi ripensandoci dopo. Berta —- No. Non fu in quella sera. Roberto — E quando, allora? Berta — |La sera che io sbarcai a Kingstown ero molto stanca. I(Scuotendo il capo) Non ho notato nulla in voi quella sera. Roberto (sorridendo) —- Ma?... La vostra prima im pressione. Berta (inarcando le sopracciglia) — Eravate là, colle spalle voltate verso la corsia del pontile che discorre vate con due signore. Roberto — Sì, con due brave signore di .mezz’età. Berta —• Vi riconobbi d’un tratto. E notai ch’eravate diventato grasso. Roberto (le prende le mani) ,— E questo povero e grasso Roberto, dunque, non vi piace? Non credete a quello che vi dice? Berta — Suppongo che tutti gli uomini parlino in questo modo alle donne che piacciono loro e che am mirano. Ah, ohe volete mai Che io creda? Roberto — Tutti gli uomini, Berta? E anch’io, allora? Berta —• Sì, anche voi. Roberto —• Tutti. Senza eccezione? Anche lui? An che Riccardo simile a tutti noi, almeno in questo, o diverso? Berta (guardandolo fisso negli occhi) — Diverso. Roberto —-Ne siete sicura? Berta (un po’ imbarazzata cerca di ritrarre le mani) — Sicurissima. Roberto (impetuosamente) —• Berta, posso baciare le vostre mani? Berta —- Se lo desiderate. (Roberto leva le mani di lei alle labbra; d’un tratto ella si alza, poi sta in ascolto) Ascoltate! La porta del giardino... Roberto (alzandosi) — No. (Breve pausa; si ode il suono del cembalo dalla stanza di sopra) Non partite, Berta. Voi non dovete partire. La vostra vita è qui, ora mai. Sono venuto per questo, oggi, qui da voi. Sono ve nuto per parlarvi, per indurlo ad accettare la posizione che gli offriamo. Deve accettarla. E voi dovete persua derlo ad accettare. Avete tanta influenza su di lui! Berta — Volete dunque che egli rimanga qui? Roberto — Sì. Berta —• E perchè? Roberto — Per voi, Berta, perchè voi sareste infelice via di qui, lontana. Ed anche per lui. Perchè egli deve pur provvedere al suo avvenire. Berta (ridendo) — Vi ricordate, cosa vi rispose la notte scorsa, quando appunto gli parlaste di questo? Roberto (ripensando) — Ah, sì. Rispose che aver cura del proprio avvenire è distruggere la speranza e l’amore nel mondo. Berta — Non vi pare sia un poco strano? Roberto — Sì. JAIMES JOYCE Berta — Un poco pazzo? Roberto (accostandosi) — No, ma forse siamo noi pazzi, Berta... Ascoltatemi. Voi non dovete partire. Io non vi permetterò di partire. Berta (fissandolo) — Voi? Roberto —- Questi occhi non devono partire. (Le pren de le mani) Lasciate che io vi baci gli occhi! Berta — Fate. Roberto (la bacia sugli occhi, poi le passa una mano sui capelli) — Piccola Berta! Berta (sorridendo) — Ma non sono poi tanto piccola, no? Perchè mi chiamate piccola? Roberto (la stringe ancora per la vita) — Guardami ancora dentro gli occhi. Berta (lo fissa nella pupilla) — Hai delle piccole macchie d’oro. Uh! quante ne hai! Roberto (divertito) — La tua voce Berta... Un bacio, un piccolo bacio sulla tua bocca. Berta — Prenditelo. Roberto (la bacia sulla bocca, poi l’accarezza a più riprese sui capelli) — Finalmente ti tengo fra le mie braccia! i Berta —• Sei contento? Roberto (mormorando) — Le tue labbra. Berta (socchiude gli occhi e lo bacia rapidamente) — Là. (Mettendogli le mani sulle spalle) Ed ora? Perchè non dici: grazie? Roberto (furiosamente) — Ho bisogno di parlarti, Berta. Da solo a sola, non qui. Verrai? Berta (con gli occhi chinati) — Anch’io ho da par larti... Roberto (con tenerezza) /— Sì, sì, cara, so. (La bacia ancora) E ti dirò tutto, allora. E ti bacierò ancora. Baci lunghi, appassionati... Berta — Dove? Roberto (con impeto di passione) — Sui tuoi occhi, sulle tue labbra, per tutto il tuo corpo divino. Berta (discostandolo un po’ confusa) — No, dicevo, dove vuoi che ci troviamo? Roberto — A casa mia. Ma non in quella di mia ma dre. Ti manderò l’indirizzo. Verrai? Berta —- Quando? Roberto — Stasera, tra le otto e le nove. Ti aspetterò tutta la sera. Ogni sera ti aspetterò, vuoi? (La bacia ap passionatamente, tenendo stretto il suo capo fra le mani. Dopo qualche istante ella si toglie, egli siede). Berta (ascoltando) — Aprono la porta. Roberto (intensamente) — Ti aspetto, dunque. (Pren de il foglietto di sulla tavola. Berta si allontana da lui lentamente. Riccardo entra dalla porta del giardino e viene avanti togliendosi il cappello). Riccardo — Buongiorno. Roberto (si leva un po’ nervosamente) — Buongiorno, Riccardo. Berta (presso la tavola, mostrandogli le rose) — Guar da che belle rose mi ha portato il signor Hand. Riccardo — Temo stiano per sfiorire. Scusatemi un momento. (Rientra rapido nello studio. Roberto toglie una matita di tasca, scrive poehe parole sul foglietto, poi lo dà a Berta). Roberto (presto) — L’indirizzo. Berta (prendendo il foglietto) — Non prometto nulla. Roberto — Ti aspetto. Riccardo {rientra). Berta — Vado a mettere in acqua queste rose. Riccardo (dandole il cappello) — Vai pure, e appendi per favore il mio cappello in anticamera. Berta (prendendo il cappello) — Così vi lascio soli a discorrere. (Si guarda attorno) V’occorre nulla? Siga rette? Riccardo — Grazie, ne abbiamo. Berta — Allora vado. (Esce da sinistra col cappello di Riccardo che depone nell’ahall ». Ma rientra subito, rimette il foglietto nel cassetto della scrivania, lo ri chiude e nasconde la chiavicina. Poi prende le rose e s’incammina verso la porta di destra. Roberto la precede e le apre il battente. Essa s’inchina ed esce). Riccardo (additando la sedia, vicina al tavolo di de stra) — Il posto d’onore. Roberto (sedendo) — Grazie. (Passandosi una mano sulla fronte) Che caldo fa oggi. La luce mi fa soffrire qui agli occhi. Mi abbacina. Riccardo — E’ scuro qua dentro con queste persiane calate. Ma vuoi che le abbassiamo ancora? Roberto (subito) — Non occorre. So da che proviene. E’ il lavoro di notte. Riccardo (sedendo nel seggiolone) — Molto lavoro? Roberto (sospira) — Eh, sì. Ogni notte devo rivedere parte del giornale. Poi gli articoli di fondo. Siamo in momenti difficili. Riccardo (dopo una breve pausa) — Hai notizie? Roberto (mutando tono di voce) — Anzi, ho da par larti seriamente. Oggi può essere per te una giornata decisiva. Ho visto stamane il vicecancelliere. Ti ha in gran conto. Dice che ha letto il tuo libro. Egli ha per te una grandissima stima; assicura che tu sei l’unico uomo adatto ad occupare quel posto. Aggiunge che se il tuo nome verrà portato innanzi, s’adoprerà per ap poggiarlo in Senato. Io poi, farò naturalmente del mio meglio, presso la stampa e in privato. Stimo questo un dovere pubblico. La Cattedra di Letteratura Roman za, ti spetta di diritto, Riccardo, e come erudito, e come grande scrittore. Riccardo — E il mio passato? Roberto — Quello è già bell’e dimenticato. Fu un atto impulsivo, ecco tutto. Tutti siamo impulsivi. Riccardo (lo guarda fisso) — Oh, lo reputi un atto di leggerezza? Eppure mi dicevi allora, che io mi stavo legando una pietra al collo. Roberto — Avevo torto. (Dolcemente) Tutti sanno che anni sono, tu sei fuggito con una ragazza, come dire? che non era precisamente della tua condizione. A quel tempo la cosa fece chiasso. Una scomparsa così miste riosa! E il mio nome fu mescolato nella faccenda, come quello, lasciamelo dire, d’un’ottima persona. Natural mente si diceva che io avevo agito per un senso sba gliato di amicizia. Ma tutto questo è cosa nota. (Con qualche esitazione) Quello che non è noto, è quel che accadde dopo. Ma questo è affar tuo. Tu non sei più giovane come allora. Riccardo — La tua intenzione è, o non è, che io dia una smentita a quel mio passato? ESULI Roberto — Ora io penso al tuo avvenire, al tuo avve nire qui. Comprendo il tuo orgoglio, il tuo grande amo re di libertà. Ma un modo di risolvere la cosa c’è, ed è questo: evitare di contrastare a tutte le voci che vanno attorno su ciò che è accaduto (o non accaduto) dopo la partenza di qui... Ti dirò la verità intera. Riccardo (sorride e s’inchina) — Sentiamola. Roberto 1 — E non soltanto pel bene tuo, ma per il bene di colei che t’è compagna nella vita. Riccardo — Ah! (Schiaccia la sigaretta nel portace nere poi si piega in avanti strofinandosi lentamente le mani) Perchè, anche pel suo bene? Roberto (si piega egli pure in avanti quetamente) — Riccardo, sei sempre stato giusto con lei? Dirai che lu libera nella scelta? Ma era una ingenua ragazza. Accettò quello che tu le proponesti, venne via con te. Ma era veramente libera? Rispondimi con tutta franchezza. Riccardo (si volge a lui, calmo) —- Io la giocai come una posta; la giocai contro tutto ciò che tu dici o che puoi dire, e vinsi. Roberto (assentendo ancora) — Si, vincesti. Riccardo (si leva) — Scusa, dimenticavo. Vuoi del «whisky »? Roberto — Grazie. Riccardo (va verso la dispensa poi torna alla tavola con un vassoio, caraffa e bicchieri che depone, siede an cora nel seggiolone distendendovisi) — Prego, serviti. Roberto (si serve) — E tu? Sempre incorruttibile? Quando penso alle nostre nottate selvagge di tanti anni fa, alle grandi chiacchierate che si facevano e i pro getti, le gozzoviglie... Riccardo — Già, nella nostra casa di laggiù. Roberto — E’ mia, sai, adesso? L’ho sempre tenuta, quantunque ci vada di rado. Se Vuoi venirci qualche notte... Rinnoveremo gli antichi tempi. Ricordi? Ciascu no di noi aveva la sua chiave. (Maliziosamente) L’hai ancora? (Beve) Salute. Riccardo — E’ tutto questo che volevi dirmi? Roberto (subito) — C’è dell’altro. Il vicecancelliere ti fa a mezzo mio un invito a pranzo per stasera. Pranzo naturalmente privatissimo. Ha bisogno di vederti. Riccardo — L’ora? Roberto — Le otto. Ma ti lascia libero d’andarci an che più tardi, se vuoi. Io sento che questa sera rappre senterà per te, il momento decisivo della tua esistenza. Così potrai continuare a rimanertene qui a lavorare e pensare, ed essere amato ed onorato in mezzo alla no stra gente. Vuoi darmi uno di quei lunghi sigari? (Ric cardo sceglie un virginia da una scatola sulla tavola, poi glielo spunta e glielo dà. Roberto, accendendo) Questo sigaro mi europeizza. Se l’Irlanda vuol diven tare una nuova Irlanda, deve prima europeizzarsi. E tu sei qui per questo. Verrà giorno in cui avremo da sce gliere tra l’Inghilterra e l’Europa. Io, già, discendo da oscuri stranieri: ed è per questo che prediligo starmene qui. Potrò dire una sciocchezza. Ma in quale altro luogo in tutta Dublino, io posso trovare un buon sigaraccio, come questo, o una tazza di buon caffè nero? L’uomo che beve caffè, sarà il conquistatore d’Irlanda. Ed ora, voglio prendermi una buona sorsata di quel tuo «whi sky » per mostrarti che i miei sentimenti non sono poi tanto pervertiti. Riccardo (addita) — Sérviti pure. Roberto (versa) —■Grazie. (Beve, poi continua nello stesso tono) E tu te ne stai lì in panciolle, su codesto seggiolone; la voce del tuo bambino, Berta. Mi permetti di chiamarla così? Come vecchio amico ne ho il diritto. Riccardo — E perchè no? Roberto (con animazione) — Tu possiedi quell’indi gnazione furente che lacerò il cuore di Swift. Tu ci piovi, Riccardo, da un mondo superiore, e ti senti il cuore tumultuante di sdegno ogni volta che ti vedi at torno la vita così vile, così ignobile. Mentre, io, posso dirtelo? Riccardo — Di’ pure. Roberto (malizioso) — Io, invece, vengo su da un terreno basso e triste, e mi meraviglio, vedi, quando trovo che il popolo possiede ancora qualche virtù di redenzione. Riccardo (appoggia i gomiti sopra la tavola) — E tu mi sei amico? ' Roberto (gravemente) —- Ho combattuto per te, e ti ho difeso mentre eri assente. Mi sono adoperato per farti ritornare, per ottenerti un carica qui, tra noi. E combatterò ancora per te, perchè ho fede in te. La fede di un discepolo nel suo maestro. Dammi un cerino. Riccardo (accendendo e dandogli un cerino) — C’è una fede ancora più strana che la fede del discepolo nel suo maestro. Roberto — Ed è? Riccardo — La fede del maestro nel discepolo che lo tradisce. Roberto — Davvero che la Chiesa, Riccardo, perde in te un grande teologo. Tu vedi così addentro alla vita! (Si alza e tocca il braccio di Riccardo) Stai allegro. La vita non lo merita. Riccardo (senza levarsi) — Te ne vai? Roberto — Sì. (Si volge poi con tono amichevole) — Allora siamo intesi? Ci ritroviamo stasera (dal vicecan celliere. Io ci capiterò verso le dieci. Così avrete una buona ora da discorrervela fra voi. Mi aspetti? Riccardo — Sta bene. (Accende un altro cerino poi si leva. Archie entra dalla porta di sinistra seguito da, Beatrice). Roberto j— Congratulatevi con me, Beatrice. Ho bat tuto Riccardo. Archie (va alla porta di destra e chiama) — Mamma, miss Justice se ne va. Beatrice —. Per che cosa mi debbo congratulare? Roberto — Per la vittoria, naturalmente. (Ponendo una mano sulla spalla di Riccardo) Il discendente di Archibald Hamilton Rowan è tornato a casa. Riccardo — Io non sono il discendente di Hamilton Rowan. Roberto — Non importa. Berta (entra da destra con la coppa delle rose). Roberto (volgendosi a Berta) — Riccardo stasera va a pranzo dal vicecancelliere. Il vitello grasso sarà por tato in tavola; arrosto, spero. E alla prossima sessione vedremo il discendente delTomonimo eccetera, seduto JAMES JOYCE su una cattedra di questa università. (Stende la mano) Addio, Riccardo. ¡Ci rivediamo. Riccardo (gli stringe la mano) — A Filippi. Beatrice —■I miei complimenti, signor Rowan. Riccardo — Grazie, ma non credeteci. Roberto (vivamente) — Credetemi, credetemi. (A Berta) Arrivederci, signora Rowan. Berta (stringendogli la mano candidamente) — ,Vi rin grazio io pure. (A Beatrice) Non vi fermate per il tè, miss Jus'tice? Beatrice — No, grazie. (Si congeda) Debbo andar mene. Buongiorno. «Good bye », Archie. Roberto /— Addio, Archibald. Archie <— Addio. Roberto —• Aspettate, Beatty, che v’accompagno. Beatrice (uscendo da destra con Berta) .— Oh, non v’incomodate. Roberto ¡(seguendola) —¡Come cugino, permettete ¡che insista. (Berta, Beatrice e Roberto escono dalla porta di si nistra. Riccardo si iferma irrisoluto presso la tavola. Ar chie va presso la porta che conduce nell\< hall ». Poi ri tornando presso il padre lo tira per una manica). ìArchie — Ohe, papà. Riccardo r—¡Che c’è? Archie ■ —- Debbo dirti una cosa. Riccardo (sedendo su un braccio del seggiolone, lo guarda) — Be’, che Hai da dirmi? Archie — Potresti farmi il favore di domandare alla mamma 'se mi lascia uscire domattina col lattaio? Riccardo — |Col lattaio? Archie — ¡SS, ,col barroccio del lattaio. M’ha detto che (fuam!o saremo fuori, sulle strade dove non c’è gen te, mi lascerà guidare un poco. Il cavallo del lattaio è un’ottima bestia. Mi lasci andare? Riccardo — Sì, vài. Archie —• Allora chiedilo anche alla mlamma, vuoi? Riccardo (dà un’occhiata alla porta) ■ — (Sì, glielo chiederò. Archie — Il lattaio dice che mi mostrerà le mucche che ha sul campo. Sai quante mucche ha sul campo? Riccardo —• Quante? Archie — Undici. Otto rosse e tre bianche. Ma una è ammalata adesso. No, non è ammalata. E’ caduta. Riccardo — Mucche? Archie (con un gesto) — Eh non tori. Perchè i tori non dànno latte. Undici mucche che dànno una quantità di latte. Come fa la mucca a dare il latte? Lo sai? Riccardo (prende le sue mani) — Eh chi sa. Sai tu, Archie, che significa dare una cosa? Archie — Dare una cosa? ISì. Riccardo — Tu hai una cosa e qualcuno te la prende. Archie — il ladri? Riccardo — iMa quando questa cosa tu la dài, ecco, tu l’hai data. E i ladri non te la possono rubare. I(Ab bassa il capo e preme la mano del figliuolo sulla gota). E la cosa è tua, allora, per sempre. Anche se tu l’hai data. E sarà tua in eterno. Ecco, che significa dare. Archie —• Papà? Riccardo —• Eh? Archie —• Come può un 'ladro rubare una mucca. Lo vedrebbero. La notte, forse? Riccardo — Sì, la notte. Archie — E dimmi, ci sono ladri anche a Roma? Riccardo 1 —• Povera gente, 'ce n’è dappertutto. Archie — E hanno revolver? Riccardo — No. Archie — Coltelli? Hanno coltelli? Riccardo — Sì, sì, coltelli e revolver. , Archie (togliendosi da lui) — Be’. Domanda alla mamma quello che t’ho detto. Guarda, viene. Riccardo (fa per levarsi) > — — Lo so, cara, ma adesso, io, come te, voglio scoprire ciò che egli intende di fare, quello che egli sente. Berta — Bada che sei tu che mi dici di proseguire. ESULI Riccardo (tranquillo) — Lo so, caia. E poi? Berta — E poi mi ha .chiesto un bacio. Io dissi: pren'detevelo. Riccardo — E poi? Berta (cincischiando i petali) — ...E poi mi ha baciata. Riccardo > — Sulla bocca? Berta — Una volta... no, due. Riccardo — Baci lunghi? Berta —• Discretamente. (Ripensa) Sì, specie l’ultimo. Riccardo — E ti ha domandato che tu lo baciassi? Berta — Sì. Riccardo — E tu? Berta (esita un poco, poi guardandolo fisso) — L’ho baciato. Riccardo — In che modo? Berta (alzando le spalle) — Oh, senza malizia. Riccardo — Eri eccitata? Berta (accigliandosi improvvisamente) ■ — Non molto, non ha belle labbra. Riccardo — E lui? Berta — Credo. Sospirava. Era molto nervoso. Riccardo (chiudendo la fronte fra le mani) — Capisco. Berta (appressandosi alla sua sedia e standogli ritta vicino) — Sei geloso? Riccardo — No. Berta (tranquillamente) —• Sei geloso! Riccardo — Ti dico di no. Geloso di che? Berta — Che m’ha baciata. Riccardo (guardando lei) — E’ tutto (pii? Berta — Tutto qui? Ah, no! Poi mi domandò se vo levo trovarmi con lui. Riccardo 1 —• Dove? In qualche luogo all’aperto? Berta — No, a casa sua. Riccardo (sorpreso) — Nella casa di sua madre? Berta — No, in una casa ch’egli dice di avere. Mi ha dato l’indirizzo. (Va alla scrivania, prende la chiave da (un vaso, apre un cassetto e torna a lui con un foglietto e glielo dà). Riccardo (legge) — Il nostro «cottage». Berta —- Il vostro? Riccardo — No, adesso è suo, (guardando lei) sai il « cottage » di cui ti ho parlato tante volte, e del quale avevamo una chiave per ciascuno, lui ed io, e dov’eravamo soliti, quel tempo, passare le notti da scapoli, chiac chierando, bevendo, fantasticando insieme. Notti studen tesche. (Getta il foglietto in un canto, poi si leva d’un tratto) E qualche volta io solo, (la fissa) ma non intiera mente solo. Te n’ho pur parlato. Ti ricordi? Berta — Ah, quel luogo là? Riccardo (si mette a passeggiare, ma dopo un istante si ferma pensoso) — Sì. Berta (prendendo il foglietto) — E dove si trova? Riccardo — Non sai? Berta — Mi ha detto nei paraggi di Landsdown Road. E’ un luogo malfamato? Riccardo -— Oh, no. (Ritorna al suo seggiolone e si siede) E tu che gli hai risposto? Berta — Nulla. Ha detto che mi avrebbe aspettata là. Riccardo — Stasera? Berta — Ogni sera, fra le otto e le nove. Riccardo — L’ora in cui ho da recarmi dal vicecan celliere per il convegno combinato da lui. Dalle otto alle nove. Curioso, non è vero? La stessa ora. Berta —• Curioso sì. Riccardo — Ti ha chiesto se avevo qualche sospetto? Berta —• No. Riccardo — Ha fatto mai il mio nome? Berta —■No. Riccardo I— Nemmeno una volta? Berta — No. Riccardo — Oh, adesso è chiaro! Un mentitore, un ladro e uno stolto! Chiaro. Ladro e dei peggiori! Il mio grande amico! E un patriotta anche! Berta — Che vuoi fare? Riccardo —• Seguirlo, trovarlo, parlargli. Poche parole. Ladro e stolto. Berta (con dispetto) —- Oh, demonio. Sì, l’opera del demonio per voltarlo contro di me, come tentasti voltare contro di me il mio bambino. Riccardo —• Cosa? Berta (infuriata) ,— Ogni volta ch’io m’adopero a cor reggere Archie di qualche piccolo difetto, tu, continui a parlargli come fosse ‘un uomo maturo, guastandolo, povero ragazzo. Poi, naturale, io sono la madre snatu rata, e tu, soltanto tu, sei capace di comprenderlo e di amarlo. Ma non riuscirai a voltarlo contro di me, contro Bua madre! Riccardo — Ma io non ho mai tentato una cosa simile, Berta. Tu sai ch’io sono incapace d’esser troppo severo col nostro bambino. Berta — Già, tu non hai mai amato nemmeno tua madre. Riccardo — Non dire cose che ti dorrebbe poi d’avere pronunciate. Berta i— Tu tenti di sollevar tutti contro di me. Tu approfitti della mia ingenuità, come hai fatto la prima volta. Riccardo — Hai coraggio di rinfacciarmelo? Berta (fronteggiando) —■Sì, perchè sono semplice ed ingenua e tu credi fare di me ciò che ti piace. Raggiun gilo, dunque. Chiamalo. Umilialo davanti a te; fa che pii disprezzi, va. Riccardo (dominandosi) — Ti dimentichi ch’io t’ho lasciato sempre intera libertà; e te la lascio ancora. Berta (schernendo) — Libertà! Riccardo — Ma egli ha da sapere che io so. (Suppli cando) Non è gelosia. Berta (in tono calmo e risoluto) — So perchè mi hai lasciato quella che tu chiami intera libertà. Riccardo — Perchè? Berta —- Per prenderti tu l’intera libertà con quella ragazza! Riccardo (seccato) — Ma tu sai tutto : non t’ho mai nascosto nulla. Berta — Credevo in una amicizia. Ma, dacché tor nammo qui, mi sono accorta di tutto. Tutte quelle cose iche tu stai su la notte a scrivere (accennando allo studio) là dentro su di lei. E tu la chiami amicizia? Riccardo I— Berta! Berta (con gesto impetuoso) — Lo sento, lo so. Che cosa altro è tra voi se non 'amore? Riccardo (calmo) — Tu ti sforzi di cacciarmi in testa JAMES JOYCE qtiesta tua idea, ma le idee, prego, io non le piglio da nessuno. Berta '(con ardore) — E’ così! E’ così, ed ecco perchè tu permetti a Roberto di continuare a farmi la corte. Naturale! Questo non ti offende. Tu ami lei. Riccardo — Almore! (Allarga le braccia con un sospiro e si allontana da lei) Con te non si può ragionare. Berta — Non si può perchè la ragione l’ho io. Potrei comprendere ch’egli facesse iquesto o altri uomini Io facessero, che infine sono tutti falsi e donnaiuoli, ma tu... scrivere a lei delle lunghe lettere, e lei a te. Per anni. Ma da che sono ritornata qui, ho compreso tutto, sai. Riccardo — Nè tu, nè lui. Berta (ridendo con aria di scherno) ■ — Naturalmente. Nè lui, nè io comprendiamo queste cose, solamente lei; lei sì. S’intende. Una cosa così profonda ! Riccardo ¡(stizzito) — Nè lui, nè tu e nemmeno lei. Nessuno di voi. Berta (con grande amarezza) — Lei sì. Lei lo capirà, sciagurata. (Si volge e va al tavolino mentre Riccardo trattiene un gesto di furore. Breve pausa). Riccardo (gravemente) — Berta! Bada! Berta (volgendosi irritata) — Non intendo dir male di lei. Sento di comprenderla più che tu non sappia. Ma ciò che ho detto è verità. Riccardo ,— Ma è generoso, via? Berta (accennando al giardino) — E lei sì che è ge nerosa! Ricordati di quanto ti dico, Dick. (Gli s’avvicina, poi in tono pacato) Tu hai dato molto a quella donna, ed ella può esserne anche meritevole. E può anche com prenderlo, ma credo anche che da lei, in compenso, tu riceverai ben poco. Da lei o da qualunque altra della sua razza. Ella non è generosa e quelle della sua razza non lo sono. Ti pare ingiusto? Riccardo (cupo) ■—- Affatto. (Essa si china, raccoglie di terra la rosa e la rimette dentro al vaso. Egli la guarda. Brigida appare sulla porta di destra). Brigida — Signora, il tè è servito. Berta —- Sta bene. Brigida — Il ¡signorino Archie è in giardino? Berta (— Sì, chiamalo. (Brigida attraversa la sfama ed esce per la porta del giardino. Berta va verso la porta di destra. Vicino al seggiolone si ferma e prende il fo glietto). Brigida (dal giardino) — Signorino Archie, vieni a prendere il tuo tè. Berta — Ho da andare al convegno? Riccardo — Vuoi andare? Berta I—• Desidero sapere quali sono le sue intenzioni. Devo andare? Riccardo — E perchè me lo chiedi? Decidi tu. Berta — Mi consigli di andare? Riccardo — No. Berta — Mi proibisci di andare? Riccardo —■1N0. Brigida (dal giardino) — Presto, Archie! Il tè ti aspetta. (Rientra, attraversa la stanza ed esce per la porta di de stra. Berta ripone il foglietto nella sottoveste delVabito, poi va lentamente verso destra. Vicino alla porta si volge). Berta — Se mi dici di non andare, non vado. Riccardo (senza guardarla) — Decidi tu. Berta — Se (vado, non mi rimproveri? Riccardo (vibratamente) — No, no! Non ti rimprove rerò. Sei libera. Berta — Ricordati ¡che non t’ho ingannato. (Esce. Ric cardo rimane in piedi vicino alla tavola. Archie quando la madre è uscita, accorre a lui). Archie — Ebbene, papà, glieFbai chiesto? Riccardo (trasalendo) — Che?... Archie — Posso aridare dunque? Riccardo — Sì. Archie — Domattina? ¡Ha detto di ¡sì? Riccardo — Domattina. (Cinge con un braccio le spalle del bambino e lo guarda appassionatamente in viso). S S k f f l o Una stanza nel «cottage » di Roberto Hand. Addietroy sul davanti, un pianoforte e sul leggio un foglio di musica aperto. Più a destra un uscio che conduce alla porta di strada. Nella parete di fondo una porta a due battenti che dà nella stanza da letto. Presso il piano un’ampia tavola su cui sta posata una lampada con un paralume giallo. Alcune sedie presso la tavola. Un tavolino da gioco più avanti. ^AIla parete di fondo uno scaffale con libri. A quella di sinistra, nel fondo, una finestra e più. avanti una porta con un piccolo atrio che danno ambedue sul giardino. Poltrone qua e là. Vasi don arbusti presso la porta idi sinistra e quella di fondo. Sulla parete molti disegni in bianco e nero incorniciati. Nell*angolo di de stra una dispensa e nel mezzo spila tavola una pipa turca.. Un fornelletto ad olio non acceso. Una seggiola a dondolo. La sera del medesimo giorno. Robert Hand è seduto al piano in abito da sera. E* adcesa solo la lampada sulla tavola. Suona al piano le prime battute del canto dì Wolframo, nelTultimo atto del «Tannhauser », ma smetto subito e appoggiando i gomiti sulVorlo della tastiera rimane Vi in atto pensoso. Poi s*alza. Trae fuori una pic cola pompa da dietro al piano e comincia a spruzzare profumo per tutta la stanza. Aspira lentamente. Quindi rimette a posto la pompa poi siede sopra una scranna vicina alla tavola e lisciandosi accuratamente i capelli sospira una o due volte, quindi si inette le mani nelle tasche dei pantaloni e si distende alVindietro allungando le gambe e aspetta. S*ode un busso alTuscio e si alza precipitosamente. Roberto — Berta! (Corre fuori dalla porta di destra. Si odono voci dì saluto, dopo pochi istanti Roberto rientra seguito da Riccardo Rowan che tiene in mano un cappello di feltro* scuro, nelValtra un ombrello). Roberto (offrendo una sedia) — Ed eccoti qua. Sei ben fortunato, sai, di trovarmi. Ma perche non m’hai, detto che saresti venuto a farmi una visita? Già, tu sei sempre un demonio per 'sorprendere la gente. Chissà, forse tutto quel ragionare che s’è fatto quest’oggi del tuo ESULI ipassato, t’ha un poco rimescolato il sangue, non è vero? (Fa cenno alle pareti della stanza) Guarda come mi sono messo artisticamente. Quando sei venuto stavo strimpel landomi un po’ di Wagner, tanto per ammazzare il tempo. E intanto, sai, pensavo come sarebbero andate le cose fra te e il vicecancelliere. (Con atto di meraviglia un po’ esagerata) Ma ci vai con codesto abito, dal vicecancel liere? Non ci farà caso. Che ore sono? (Trae l’orologio) Già le otto ,e venti. Caspita! Riccardo — Hai un appuntamento? Roberto (ride nervosamente) — Ib ! come sei sospet toso. Riccardo *— Allora posso sedermi? Roberto — Certo, certo. (Siedono). ¡Per pochi minuti almeno. Poi potremo uscire ,insieme, se vuoi. Ha detto dalle otto alle nove, non è vero? Adesso che ora è? Già, le otto e venti. Riccardo (con aria infastidita) — Anche il tuo appun tamento è per la stessa ora, qui? Roberto —• Quale appuntamento? Riccardo — Con Berta. Roberto (stupito) — Ma sei pazzo? Riccardo — Sei tu pazzo. Roberto (dopo una pausa) — Chi te l’ha detto? Riccardo — Lei. (Breve pausa). Roberto (a bassa voce) — Sì. Pazzo pazzo devo essere stato, Riccardo. Ascoltami. E’ un grande sollievo per me che tu sia venuto qui, ora. Un grandissimo sollievo... Ti giuro, Riccardo, che è tutt’oggi che non faccio altro che pensar come posso trarmi di impaccio da questa faccenda, senza sembrare un pazzo... Un gran sollievo, proprio... Avevo anche pensato di mandare una parola, una lettera, poche righe, insomma, ma era troppo tardi. (Si passa una mano sulla fronte) Ti voglio dire ogni cosa. Riccardo •—• So già tutto. E da parecchio tempo. Roberto — Da quando? Riccardo — Da quando la cosa è incominciata fra di voi. Roberto (rapidamente) — Sì. Sono stato proprio un pazzo; ma credimi, è stato per pura avventatezza. Sono io il primo a convenire che averla richiesta di un con vegno, q'ui, per stasera, è stato un errore. Ma voglio spiegarti tutto. Riccardo —■ Spiegami invece, se vuoi, quale era la parola che tu anelavi dirle, e non hai osato dirle. Roberto —■Sì, te la voglio dire. Ammiro profondamente la personalità della tua... di tua moglie. Ecco la parola. E te lo 'confesso apertamente... Non è un segreto. Riccardo i— —. Non così... non così, fra noi due. La nostra amicizia dura da anni, Roberto. ET amicizia di tutta la vita. Non ricordi? Fin dalla pubertà, fin dall’infanzia... No, no... non così, di notte, come un ladro, in un luogo come questo... Ah, Roberto, ciò non è degno di te. Roberto — Che lezione, Riccardo! Ma ora il pericolo è passato, sì, passato. Perchè anche tu correvi un po’ di pericolo, se ci pensi bene. Non ti sembra? Riccardo — Quale? Roberto — Bah, non so... Certo se tu non avessi par lato, se avessi continuato a spiarci come hai fatto finora, ad aspettare finché... Riccardo — Finché? Roberto (coraggiosamente) — Finché io mi fossi inna morato di lei, sempre sempre più, fino ad amarla pazza mente; aRora, tu avresti parlato, come parli ora? Sa rebbe stata una cosa ben diversa. Non ti pare, Riccardo? Sarebbe stato forse troppo tardi, mentre non lo è adesso. Che cosa avrei potuto dirti allora? Ti avrei detto: tu sei il mio amico, il mio eccellente amico, me ne spiace tanto, ma io l’amo. Io l’amo e farò di tutto per toglier tela, perchè io l’amo. (Si fissano in viso l’un Poltro per alcuni momenti in silenzio). Riccardo — Questo è un linguaggio che ho udito so- JAMES JOYCE vente e nel quale non ho mai creduto. Togliermela. Tu intendi con furto o con Violenza? Con furto, non puoi, perchè in casa mia tutte le porte sono aperte, e nem meno con violenza, se da parte di lei non c’è resistenza. Roberto (timidamente, ma con coraggio) — Pensi di avere diritti sopra di lei, sopra il suo cuore? Riccardo — Nessun diritto. Roberto — Anche con tutto quello che hai fatto per lei? Ti sei tanto prodigato! E lo reputi un nulla? Riccardo — Nulla. Roberto — Tu ami questa donna. Ricordo che tempo fa me lo confessasti. Essa è tua. (Improvvisamente) Ed è anche per questo, vedi, che io fui trascinato verso di lei. Tu sei così forte, che mi attrai anche attraverso lei. Riccardo — Credo che tu voglia tentare di sottrarmela con la violenza. Roberto (rapidamente) — Oh momenti di pura follia! Quando noi sentiamo un’intensa passione per una donna, non vediamo più nulla, non pensiamo più a nulla, tranne che a possederla. Sarà brutale, bestiale, fin che Vuoi... Riccardo — Temo che questo violento desiderio di possedere una donna, non sia amore. Roberto (impaziente) — Nessun uomo, è mai vissuto Isulla terra, ohe non bramasse possedere - dico nella carne - la donna che ama. E? legge naturale. Riccardo (con sprezzo) — E a me, ohe importa? L’ho votata io questa legge? Roberto 1 —• Ma se tu ami... che altro è per te amore? Riccardo — Desiderare il suo bene. Roberto (con calore) — Ma la bramosia che notte e giorno ci infiamma di possederla... tu la senti come me. Riccardo — Hai tu la luminosa certezza che il tuo Cervello è interamente in contatto col pensiero e l’intel ligenza di lei? Che il tuo corpo è interamente in contatto con le sensazioni del suo corpo? Hai tu, questa profonda certezza, entro di te? Roberto — E tu l’hai questa certezza? Riccardo —- Un tempo sì, l’ebbi. Ed era una certezza luminosa come quella della mia propria esistenza, o almeno un’illusione luminosa come quella. Roberto (con prudenza) — Ed ora? Riccardo — Se tu avessi avuto questa certezza, e io avessi la profonda convinzione che tu l’hai anche adesso... ¡Roberto — Che faresti? Riccardo — Me ne andrei, poiché, in tal caso, tu saresti necessario alla sua esistenza, non io. Tornerei solo, com’ero una volta, prima di conoscerla... Quando sei venuto a casa mia, oggi, hai incontrato mio figlio; che sentimento hai provato in sua presenza? Roberto (subito) — Piacere. Riccardo — Nient’altro? Roberto — Nient’altro. Riccardo —• E di fronte a lei cosa hai sentito? Roberto — Dentro di me io sento in modo strano. Se il mio miglior amico lo vedessi disteso là, entro una cassa da morto e la sua faccia avesse una comica espres sione, non potrei trattenermi dal ridere. Son fatto così, io. Io credo che il giorno del giudizio universale, quando ci troveremo radunati insieme, l’Onnipotente ci parlerà appunto in questo modo. Noi gli diremo che siamo vissuti sempre castamente con una sola creatura... o che abbiamo cercato di farlo ed egli ci dirà allora : «Sciocchi che siete stati! Chi v’ha detto che dovevate donarvi ad mn essere solo? Voi eravate liberi di donarvi a parecchi esseri. Io ho inscritto questa legge sui vostri cuori ». Riccardo — Anche sul cuore della donna? Roberto — Dobbiamo escludere dai nostri cuori un affetto che ci possiede profondamente? Lo possiamo? Lo può la donna? Riccardo — Ma noi parlavamo d’unione corporale... Roberto — L’affetto tra uomo e donna deve pur riu scire a un’unione corporale. E noi a questo ci pensiamo ifin troppo, perchè gli spiriti della nostra mente sono ingrovigliati e confusi. Per noi oggi iquell’atto non ha maggior importanza di un altro contatto - di un bacio -. Riccardo — Se non ha nessuna importanza, perchè ti senti insoddisfatto, finché non hai raggiunto il suo com pimento? Perchè dunque stasera sei qui ad aspettarla? Roberto —- La passione tende ad arrivare più in là che può ; ma tu, mi creda o no, sappilo che non ho nessuna intenzione di arrivare a quel compimento. Riccardo — E arrivaci se puoi. Io non voglio usare contro di te armi che il mondo abbia messo nelle mie mani. Se la legge che Dio ha inscritto sui nostri cuori è quella che dici, anch’io sono una creatura di Dio. Roberto (pausa) — Posso farti una domanda? Riccardo — Di’ pure. Roberto (con qualche esitazione) — Ti è mai accaduto in questi ultimi anni, intendo dire quando tu eri lon tano da lei, durante i tuoi viaggi, di tradirla con altra donna? Tradirla, intendo dire non col sentimento. Car nalmente, insomma. Ti è mai accaduto? Riccardo — Sì, m’è accaduto. Roberto — E che facesti? Riccardo i— Ricordo la prima volta. Era di notte: la mia casa deserta e silenziosa. Il mio bambino dormiva là nella sua culla. Anche Berta dormiva. Io la destai e le raccontai tutto. Piangevo vicino al suo letto. Deve pur conoscere come sono fatto. Roberto — Oh, Riccardo, perchè hai fatto questo? Tu non sempre sei ,così. Quello fu per te un momento di debolezza. Riccardo — Ed io andavo alimentando la fiamma della sua innocenza Con la mia colpa. Roberto (bruscamente) — Oh, non parlare di colpa nè d’innocenza. Tu l’hai fatta quella che è. Una strana e meravigliosa personalità: ai miei occhi, almeno. Riccardo (cupamente) — 0 piuttosto io l’ho uccisa nella verginità della sua anima. Roberto ,)— Ma che sarebbe ella divenuta, senza di te? Riccardo — Io mi sforzai di condurla verso “una nuova vita. Roberto — E ci sei riuscito. Una nuova e splendida vita. Riccardo —• Ma vale quello che le ho tolto? La sua fanciullezza, le sue risa, la sua giovane bellezza, le spe ranze del suo cuore? Roberto (decisamente) — Sì. Vale. (Guarda Riccardo per qualche momento, in silenzio poi ride un po’ aspra mente) Anch’io, a quel tempo, m’ero fatto un’idea di lei come fosse una vittima. Naturalmente, io ho sempre pensato e sentito ohe tu eri un uomo di grande talento. ESULI E questo era ciò che ti scusava, ti giustificava agli oc chi miei... Riccardo — E non pensi che forse è proprio adesso, in questo momento ch’io da trascuro? (Stringe le numi nervosamente poi s’inchina in avanti verso Roberto) Ecco, io non avrei altro che tacere ancora, ed ella ti si potrebbe abbandonare, intieramente e più volte. Roberto (indietreggiando un poco) ■ — Caro amico mio, 10 ti giuro ehe per nulla al mondo vorrei esserti causa di sofferenza. Riccardo — Ma, che accadrà quando tu diventerai .nemico suo e mio, quando la sua bellezza, o ciò che ora ti sembra tale, ti avrà ormai tediato, e il mio affetto per te ti sembrerà falso e odioso? Roberto — Ma questo non accadrà mai, Riccardo. Mai. Riccardo — E ti rivolterai allora contro te medesimo per avermi 'conosciuto, per aver patteggiato volgarmente fra noi due. Roberto (grave) — Ma questo non sarà mai, Riccardo. Rassicurati. Riccardo (con aria ¡di disprezzo) — iChe ciò accada o no, poco m’importa... C’è ben altro che io temo. (Met tendo una numo sul suo braccio) Immagina .ch’essa sia là, morta, distesa sul mio letto. Ecco, io guardo il suo povero corpo ch’io ho ialite volte tradito, e così ignobil mente. Ch’io ho tradito, ed anche amato, e sul quale tante volte ho pianto. Ed io so che il suo corpo imi fu sempre sottomesso e leale come uno schiavo. A me, a pie soltanto ella ha Idato... (soffocato dall’emozione volge via il capo, incapace di proseguire). Roberto (piano) — Riccardo. Non tormentarti cosi. Ti fu sempre fedele, credilo, corpo ed anima. Di che temi? Riccardo (si volge a lui con impeto quasi repentino) — 11 mio timore non è quello che tu pensi, ma questo, ch’io dovrei rimpro\ erare a me stesso, in quel momento, d’aver preso tutto per me non potendo sopportare che ella donasse ,ad altri ciò che era pure in sua facoltà, e non ¡mia, di donare; perchè accettando io da lei la sua leale onestà, ho reso la sua vita povera d’amore. Questa la mia paura. Ch’io mi frapponessi fra lei -e qualche istante di felicità che ella avrebbe potuto godere, fra lei e te, fra lei e chiunque altro, fra lei e qualunque altra cosa al mondo. Ed io, questo non voglio, non posso nè /voglio. ¡Non ardirei mai di farlo. (Si abbandona sulla ,sedia in preda alla commozione, gli occhi sfavillanti. Roberto isi alza quietamente, e stp in ipiedi ritto dietro Idi lui). Roberto — Dammi retta, Riccardo. Ormai noi ci siamo detto tutto quello che dovevamo dirci. Il passato è passato. Riccardo (calmo ma aspro) — Aspetta c’è dell’altro. Anche tu mi devi conoscere qual sono adesso. Poco fa io ti ho detto che, oggi, nel vedere i tuoi occhi, provai una grande tristezza. In quel momento io sentii che la tua umiltà, la tua sottomissione ti univano a me in una specie di fraternità. (Si volge un poco verso di lui) Ed allora ho avuto la .sensazione dell’intiera nostra vita nel passato, e desiderai, sì, desiderai ardentemente di gittarti le braccia al collo. Roberto (profondamente e subitamente commosso) — O quanta nobiltà da parte tua, Riccardo, a volermi per donare! Riccardo (come lottando contro se stesso) — Ti dissi ch’io non desideravo vederti tramare contro di me in quel modo falso e celato, contro di me, contro la nostra amicizia, contro di lei; che tu me l’avessi a rubare di nascosto, con l’inganno, in modo così ignobile, nel buio, di notte, tu, tu, Roberto, il più caro fra i miei amici... Roberto — Lo so. E’ nobile, ti ripeto, da parte tua. Riccardo (fissandolo arditamente) — No, non è nobile. E’ ignobile. Roberto (con un gesjto involontario di sorpresa) — Ma come? E perchè? Riccardo (si volge via ancora, poi con voce più acco rata) — Perchè nell’intimo del mio ignobile cuore, io ti confesso che desideravo, sì, desideravo avidamente di essere tradito da te, e da lei, così nel buio, di notte, tradito con l’inganno, di nascosto, in modo abbietto. E da te, che sei il mio amico migliore, e da lei. E questo io lo desideravo con passione, ignobilmente. Sì, deside ravo di essere disonorato per sempre nelTamore e nel piacere, di essere... Roberto (chinandosi un poco, pone la mano davanti la bocca dell’amico) — Basta. Basta! (Toglie la mano). Riccardo — Desiderai di essere una svergognata crea tura per poter ricostruire a nuovo la mia anima sulle rovine della mia propria vergogna. Roberto ,— Ed è per questo che tu volevi che lei... Riccardo (con calma) — Ha parlato sempre della sua innocenza oome io ho parlato sempre deRa mia colpa, umiliandomi. Roberto — E’ per orgoglio, allora? Riccardo —- Per orgoglio e per ignobile desiderio. Ed anche per una ragione aricor più profonda. Roberto (con decisione) — Capisco. (Torna a sedere al posto di prima, e si accosfa a lui don la sedia) Può darsi, che qui, adesso, noi ci troviamo in un momento in cui ambedue, tu ed io, possiamo liberarci per sempre dagli ultimi vinicoli di ciò che ,gl'i uomini chiamano mo ralità. La mia amicizia per te mi ha posto dei legami. Riccardo — Ben leggeri, in apparenza. Roberto,— Sì, io ho tramato contro di te, nel buio, in segreto. Riccardo, hai il coraggio di lasciarmi agire d’ora innanzi, liberamente al sole? Riccardo — Un duello fra noi? Roberto (con fervore crescente) — Una battaglia fra le nostre anime, pur diverse qual sono, contro tutto ciò che v’è di falso in esse e nel mondo. Una battaglia della tua anima contro lo spettro della fedeltà, della mia con tro lo spettro dell’amicizia. Tutta la vita è conquista, Riccardo, vittoria della passione sulla prepotenza della viltà. Vuoi? Hai questo coraggio? Anche se questo avesse ad infrangere per sempre in mille frantumi la nostra buona amicizia, anche se avesse a disperdere perfino l’ultima illusione della tua vita? Un’eternità era prima che noi nascessimo, un’altra succederà dopo che sarem morti. Il momento vertiginoso deRa passione, della pas sione libera, senza ^vergogna, irresistibile, è la sola via di scampo per la quale possiamo fuggire le miserie di ciò che ,gli schiavi chiamano vita. Non è questo il lin- JAMES JOYCE guaggio della tua giovinezza, .quello che ti udii proffe Berta — Non lo crederà. Nessuno lo crederebbe. Toc rire, proprio in codesto luogo dove stai seduto adesso? cava ;a me dirglielo, per la prima. Non a te. Hai forse mutato? Riccardo —• Lo credevo un ladro comune pronto ad Riccabdo (passando una mano sopra la fronte) — Sì. usare anche la violenza .¡contro di te. Ti dovevo pur di Il linguaggio della mia giovinezza. fendere. Roberto (con ardente intensità) — Riccardo, tu mi Rai Berta r—- Mi sarei difesa da me. condotto a questo punto. Tanto lei che io non abbiamo Riccardo — Ne sei sicura? ubbidito che alla tua volontà. Tu, tu stesso hai provo Berta >— /Sarebbe stato sufficiente gli avessi detto che cato dentro il mio cervello queste ¡parole. Sono tue pa tu sapevi che ¡ero /qtii. E ¡così non potrò ¡scoprire più role. Vogliamo? Liberi? Insieme? nulla. Mi odia e ne ha il diritto. L’ho trattato vergo Riccardo (dominandp \l’emozione) — Insieme, no. Com gnosamente.. batti tu la tua battaglia da solo. Lascia che, da me, io Riccardo ,(prende le sue mani) — Berta, guardami combatta la (mia. in Viso. Roberto (si alza ¡deliberato) ,— Allora, tu mi concedi. Berta (volgendosi ¡a lui) — Ebbene? Riccardo (si alza ¡calmo) —■Fatti libero da te. (S’ode Riccardo (fissandola dentro gli occhi) — No. Non so buscare alla pprta dell’ahall »). leggere nel tuo e .nemmeno nel suo priore. Roberto (trasalendo) ,— ,Che è? Berta (fissandolo ancora) ,— Non ti fidi di me? Lo Riccardo (calmo) — Berta, probabilmente. Non le hai vedi, sono 'calma. Se avessi voluto ti avrei nascosto tutto. chiesto di venire ¡qui? Riccardo (— Dubito. Roberto — Sì, ma... (Guardandosi attorno) Allora, me Berta — Oh, assai facilmente, l ’avessi voluto. ne vado. Riccardo (cupamente) —,Ed ora ti duole ¡di non averlo Riccardo ;— Ao. io me ne vado. fatto ? Roberto ¡(disperato) — Riccardo, ti supplico, lasciami Berta — (Forse sì. andare. Tutto è finito. Essa è tua. Tienla con te, e per Riccardo (sgarbatamente) .— ¡Sciocca a dirmi tutto! donaci, ja tutte e due. ' Sarebbe stato /così bello mi avessi .tenuto il segreto. Riccardo — Io non voglio sfruttare la tua generosità. Berta — Come fai tu, no? Tu l’hai richiesta di venire qui, sola, di notte. Risolvi Riccardo t— Come fò io, sì.,(S£ volge per uscire) Addio, la cosa con lei. allora. Roberto , (subitamente) .— Apri la porta. Andrò ad Berta (si alza impaurita) ,— Te ne vai? aspettare in giardino. (Va verso f’uspio) Spiegale tu, Riccardo — Naturalmente. La mia parte qui è finita. come meglio puoi. Io non posso vederla adesso. Berta — Andrai da lei, immagino. Riccardo ,— Te l’ho detto. ¡Meine vado. Se vuoi, aspet Riccardo ¡(stupito) .— Lei chi? tala pure là fuori. Berta — Damigella. ¡Immagino che avrai ¡combinato (Esce dalla porta di destra. Roberto esce frettolosamente tutto in modo da n'on lisciarti sfuggire la buona occa dall’atrio. Si sente aprire e |chiudere la porta d’entrata. sione. Incontrarvi, intrecciare fra voi una conversazione Riccardo entra seguito da Berta che indossa un abito intellettuale. ¡Bene. ¡Puoi andare. Adesso so ¡che mi resta bruno e porta un piccolo cappello rosso. Non ha nè a fare. ombrella, nè impermeabile). Riccardo (ritorna da lei, le si avvicina) — Tu non Riccardo (gaiamente) — Benvenuta, nella vecchia Ir credi una parola di quanto dici. landa! ' Berta (calma) — ,E perchè non vai? Berta (seria e nervosa) — E’ questo il luogo? Riccardo ,— Allora se sei ¡venuta qui e gli hai con Riccabdo .— (Sì, come lo trovi? cesso di farsi ¡avanti in questo modo è per cagion ,mia, Berta (guardandosi attorno con curiosità) — Non è non è vero? qui ad aspettarmi? Se n’è andato? Berta — C’è una sola persomi in tutta questa faccenda Riccardo (addita il giardino) — Ti aspetta là fuori. che non sia insensata. E sei tu. Io Io ¡sono, e lui anche. Era qui quando sono venuto. Riccardo (continuando) —■Se è così, tu l’hai trattato Berta (dominandosi) :— Lo vedi? Sei venuto. Lo ¡sa veramente in modo svergognato. pevo, che non saresti ¡stato capace di startene lontano. Berta —■.Sì. Ma è colpa tua. E adesso basta. ,Io sono Malgrado tutto, sei come gli altri. Sei ¡geloso. semplicemente un balocco nelle tue mani. Tu non hai Riccardo — Sembri un po’ irritata di trovarmi qui. per me alcun rispetto. Nè l’hai avuto mai dacché feci Berta — ¡Che è accaduto ira di voi? quello che feci. Riccardo — Gli ho detto che sapevo ogni cosa e che Riccardo — E lui, ha rispetto per te? lo sapevo ¡da tempo. Egli mi chiese come. Risposi da te. Berta — Credo. Di tutte le persone che incontrai da Berta /— Mi odia? ’che son tornata quaggiù è il vsolo che ne abbia avuto. Riccardo — Non po'sso leggere .nel suo ¡cuore. Eppure sa tutto. Mentre gli altri ¡sospettano soltanto. Ed Berta (si abbandona su una sedia) — Sì, mi odia. è perciò che gli volli bene, subito, e gliene voglio an Crede mi faccia gioco di lui, che lo abbia ingannato. cora. Mi ha in grandissimo rispetto. I ti, per esempio, So che lo pensa. 'perchè non hai ¡chiesto a lèi, di venir via con te nove Riccardo — Gli ho detto che tu sei stata sincera anni or sono? con lui. Riccardo — Lo sai perchè. Chiedilo a te stessa. , ESULI Berta .— Sì, lo so. Tu immaginavi la risposta ,che ne avresti ricevuta. Questo il perche. , Riccardo — Non questo. Io a te ¡non lo domandai nemmeno., ' Berta,— Già. Ma tu sapevi che, ridhiesta o no, sarei partita lo stesso. Riccardo Xeon crescente eccitamento) — Berta, io ac cetto.quel die ha da laocadere. Mi sono fidato di te pel passato, mi fiderò ancora. 1 Berta — Per potere poi valertene ,contro di me, come Mi un’accusa. Perchè dunque non mi difendi contro di lui? Perlchè te ne vdi adesso ¡senza dirmi una parola? In nome di Dio, che desideri ch’io faccia? Riccardo — Non ho nulla da dirti. Te lo dirà il tuo cudre. Io provo una gioia selvaggia a guardarti. Ti vedo proprio qual sei. Che io eia apparso pel primo nella tua vita e avanfi di lui, che fa? Tu puoi esser sua più che mia. Berta —■No, non lo sono. Soltanto ho (simpatia per lui. Riccardo — Ma io avrò fiducia in te, © anche in lui. Non posso odiarlo dal (momento «che le — No, ti temo, temo qualche nuova tortura, qualche nuova insidia. Berta — Perchè mi rimproveri? Roberto (si pranza di qualche passo, si ferma, poi concitatamente) — Perchè mi hai trascinato .cosi avanti? Un giorno dopo l’ateo, sempre più, sempre più. Perchè non mi hai fermato? E l’avreirti potuto. Bastava una parola. Ma nemmeno una parola! Io dimenticai me stesso, lui. Tu lo vedevi. Vedevi ch’io mi stavo per dendo ai suoi occhi e perdendo la nostra buona ami cizia. E’ questo che tu volerti, forse? Berta — Non mi hai domandato niente. Roberto — Che cosa? Berta — Se egli aveva dei sospetti, se sapeva. Roberto — Me l’avresti confessato? Berta — Sì. Roberto (esitando) — E a lui hai confessato... ogni cosa? Berta ,— Si. Roberto — I particolari? Berta — Sì, tutto. Roberto (con un sorriso forzato) — ,Tu volevi speri mentarmi per amor suo. Pare ch’io sia un ottimo sog getto. Però è stata cosa crudele da parte sua. Chissà come avrete rèso di me, (insieme. Adesso io debbo essere savio, altrimenti riderete idi me anche stanotte. , Berta (pone una mano sul suo braccio, accoratamente) — Roberto... Dio, come .sei tutto inzuppato! (Passa la mano sopra la sua giubba) Là fuori, alla pioggia, tutto quesito tempo. Devi mutarti (d’abito. Roberto (prende le sue mani) — Dimmi, è soltanto pietà che provi per me, compassione, come dice lui, Riccardo? Berta — Mùtati d’abito, perchè c’è caso ©he tu prenda un terribile raffreddore. Dove tieni i tuoi vestiti? Roberto — Là dentro, nella mia stanza da letto. Berta — Bene, va a mutarti. Roberto — E tu? Berta — Ti aspetto qui. Roberto — Me lo ordini? Berta .(ridendo) — Sì, ite lo ordino. Roberto (subito) — Allora ubbidisco. Non te ne vai, eh? (Va rapidamente verso la qamera da letto). Berta — No, ti aspetto ma fa presto. (Roberto entra nella camera da letto, lasciando la porta aperta. Berta si guarda attorno qon curiosità, poi dà un’occhiata indecisa verso la porta di fondo). Roberto (dalla camera da letto) — Te ne sei andata? Berta — No. Roberto — Io sono qui al buio. Cerco la lampada. (Una luce rosea trapela dalla porta. Berta dà un’occhiatta al su,o orologio da polso, poi siede presso fa tavola). Roberto (come prima) — Ti piace que.-:t'effetto di luce? Berta — Oh, ,sì. i Roberto — Lo puoi ammirare di lì? Berta ;— Benissimo. Roberto — Era destinato ,a te, sai? Berta (confusa) —• Non son degna nemmeno di que sto, io. Roberto (chiaramente ma in modo (desolato) ■—■«Pene d’amor perdute ». Berta (levandosi pervosa) — Roberto! Roberto — Che c’è? Berta ,— Vien qua, presto ! preisto! Roberto — Eccomi. (Compare sulVentrata indossando una giacca di velluto verde sauro. Scorgendo l’agitazione di lei, le si appressa rapidamente) Che hai, Berta? JAMES JOYCE Berta (tremando) >— Paura. ,lo .sapevo, ¡sai, lo sapevo .prima di venir qua. Non -sono Roberto .— A star sola? ¡affatto adirata con te, per questo. (Guardando il suo Berta (afferra le sue mani) ,— I miei nervi sono tutti orologio) Ma ora bisogna che me ,ne vada. So-n quasi1 sossopra. le nove. Roberto — E perchè?... Mi,a povera Berta, si cidi, Roberto (impetuosamente) — No, no. Non ancora. Ho siedi qui. (La conduce ad una sedia presso la tavola. .dell’altro a dirti. (Passa davanti alla tavola rapidamente, Ella siede. Egli le sta ritto vicino). poi siede accanto a lei). Roberto .(dopo una breve pausa) — Passato? Berta (volgendosi verso di lui, pone la mano sinistra Berta — Ri. Cosa di un istante. .Sono molto stupida. sulla stia spalla) — Sì, lo so che mi vuoi bene. Non Avevo paura che... |Ma ,adesso ¡sei qui. Posso vederti. occorre che tu mi dica... Guarda la lampada. (Senza Passato. levarsi egli si china alla tavola ed abbassa ancora un Roberto (con taria rassegnata) — Passato. poco il lucignolo. La stanza rimane semibuia. Dalla porta Berta (guardando lui) — Ascolta. Bisogna ch’io li della camera da letto, la luce penetra più forte). spieghi. Io non posso ingannare Dick. Mai. In nulla. Roberto — S’è levato vento. Bisogna chiudere la porta. Gli ho raccontato ogni cosa fin da principio. Poi la E’ troppo fredda quest’aria per te? 1 cosa, tu sai, ,amdò innanzi: e ancora tu non m’avevi Berta (trattenendolo) — No, non ho freddo. E poi parlato nè richiesto di nulla. .Occorreva ohe tu parlaissi adesso è ora che me ne vada. Debbo andare. pel primo. Roberto (risolutamente) — No, no. Niente debbo. Noi Roberto — E’ la verità ? siamo ¡Stati lasciati ¡qui soli per questo. Il -passato è pre Berta — Sì. -Mi urtava che tu avessi a pensare di me sente adesso. Il ¡mio -sentimento per te è lo ¡stesso di come... come di una di quelle altre donne che tu pro aRora. Ma -allora tu lo sprezzavi. babilmente hai conosciuto, nello stesso mudo. Penso Berta —- No, Roberto. anche Dick sia nel ¡suo diritto di sapere. A che prò Roberto (continuando) — Sì. Ed io Io senti i -anche tenere -d-ei segreti? , allora. Mentre vivevo quella triste vita che tu sai ed a Roberto (teneramente) — Eppure avere dèi ¡segreti è cui tu mi condannasti. così dolce cosai! 1 Berta — Io? Berta (sorride) — Lo so. Ma vedi, .io non posso tenere Roberto — Sì, quando tu sprezzasti il -semplice e po segreto nulla a Dick. E poi? Non è .meglio .per tutti vero dono ¡ch’io t’offrivo ed ¡accettasti il ¡suo invece. che le ¡cose siano in chiaro? Berta (guardandolo) — Ma tu non mi -avevi mai Roberto .(teneramente e un po’ timido) — Gli hai rac detto... contato tutto? .Anche le minime Cose? Roberto — No. Perchè tu aveVi scefto lui. Ed io me Berta /—■Sì, tutto quello che m’ha domandato. ne accorsi subito queRa prima sera, che noi tre ci tro Roberto ,— ,E ti ha domandato molto? vammo insieme. Perchè hai ¡scelto lui? Berta .— Tu sai coni’è Dick. T’interroga su tutto, vuol Berta (chinando il capo) — Non è stato per amore. saper tutto. Roberto — E quando ve ne ¡andaste via, pel vostro Roberto — E anche dei -nostri baci? viaggio, perchè fu In quelTi-stamte -ch’io mi resi colpe Berta — Naturalmente. vole del mio primo tradimento verso -di lui. Roberto (scuote ,lentamente il capo) — Straordinaria Berta — Ma che dici, Roberto? piccola creatura! Ma non avevi vergogna? Roberto ('china il capo) — Egli parlava di te, idi sè: Berta — No. {Roberto si volge da un lato e dà una e -come le vostre esistenze ¡sarebbero state unite, Ebete. occhiata attraverso l ’atrio passandosi ripetutamente la Sì, libere! Non ti ¡chiese -nemmeno ¡se volevi partire con mano nei capelli). lui. (Amaramente) Eppure tu partisti lo (stesso. Berta — .Sei in collera? Berta — Dovevo stare con lui. Tu sai... (Leva il capo Roberto (contrariato) — jE/tu? e lo fissa) Sai in quali rapporti eravamo noi due, allora, Bertat— No. Perchè dovrei esserlo? Riccardo ed io. Roberto — Perche .ti ho domandato di venire qui in Roberto (disattento) — Io lo consigliai di andarsene questo luogo. (Fa un gesto vago intorno) Guarda che solo, di non prenderti -con sè, di viver solo, per vedere senso di pace qui. se quello che provava per te fosse soltanto un sentiBerta (toccando la sua giacca) — Ed anche questa memo passeggierò capace poi di rovinare la tua felicità avevi preparato? Bella giacca di velluto. Mi -sembri un e la sua carriera. .personaggio di un quadro. Ma -mi piaci .cosi Berta —• Ah, questo fu poco gentile verso di me. Ma li oberto (tristemente) .—- ¡Sì, è vero. Fu un errore da li perdono perchè tu pensavi aUa mia e sua felicità. parte mia chiederti .di venire qui. Lo capii subito quando Roberto (inchinandosi verso di lei) — No. Non ¡ci pen dal giardino ti vidi qua dentro in piedi (senza spe savo. E quello iu il mio tradimento. Io allora pensavo ranza). solo a me ¡stesso, pensavo ¡che forse tu ti ¡saresti all ¡in , Berta (tranquillamente).— Perchè? Perchè altre sono tanata da lui quando egli se ne fosse andato lontano da -state qui? te. E allora ti avrei offerto il mio dono. Il povero e , Roberto — Sì. (Si discosta da lei qualche passo. Un semplice dono che gli uomini sogliono offrire ad -una colpo di vento fa vacillare la fiamma della lampada, donna. figli abbassa un poco il lucignolo). Berta (volgendosi via da lui) — Ed egli non accettò Berta ,(seguendolo con lo sguardo) — Ma io questo il tuo consiglio. ESULI Roberto (come prima) — No. E quanto sono stato felice la notte che siete fuggiti insieme! (Sorride ama ramente) Quando vidi in distanza il piroscafo che scen deva già per il nero fiume, che ti strappava da me! (In tono più calmo) Perchè hai scelto lui? Non mi volevi bene allora? ' Berta i— Si. Ti volevo bene perchè eri suo amico. Ti voglio bene ancora, Roberto, (guardandolo dentro gli oc chi) non ti ho mai dimenticato. Roberto — Nemmeno io, mai. Lo sapevo che ti do vevo rivedere. Lo compresi la notte 'stessa che tu par tisti. E per questo ti scrissi e mi adoprai in ogni modo per rivederti lancora, qui. Berta — Ed eccomi qui. Roberto (lentamente) — Nove anni. I nove anni più belli. Berta (sorridendo) — ¡Ma sono ancora io? Che vedi tu, in me? Roberto (contemplandola) — Una strana e deliziosa creatura. (Abbassando la voce e chinandosi sempre più su di lei) Ma non lo sai che sei una splendida creatura umana? Ma non lo ¡sai che hai uno splendido corpo? Splendido e giovine? Berta (gravemente) — Un giorno sarò vetìchia. Roberto (scuote il \capo) — Ma stasera sèi giovine e bella. E stasera sei ritornata a me. (Con pascione) Può darsi che io non ti riveda più, e ch’io non ®i veda più come ti vedo adesso. Berta — Soffriresti? Roberto (guardia intorno per la stanza senza rispon dere) — Questa ¡stanza, quest’ora, son fatti pel nostro convegno. Quando te ne sarai andata, tutto sarà fuggito. Berta (ansiosa) — Ma potrai rivedermi ancora, Ro berto... Come prima. Roberto (la guarda intensamente) — Per far soffrire lui... Riccardo? Berta — Non soffre, Roberto (chinando il capo) — Sì, soffre. Berta — Sa che noi ci vogliamo bène. E’ forse un delitto? Roberto (levando il capo) — No. E perchè non do vremmo volerci bene? Non sa ancora quale è il mio sen timento verso di te. Ci ha lasciati qui soli, di notte, ap punto perchè desidera avidamente di conoscere questo sentimento, perchè vuole ritornare libero. Berta — Lìbero da che? Roberto (le si fa più aocosto e le stringe il braccio mentre parla) — Da ogni legge, Berta. Da ogni legame. E tutta ila vita ohe egli s’adopra per diventare un uomo libero. E ha infranto tutte le catene, tranne una, e quell’una siamo io e te, Berta. Berta (assai sommessamente) — Ne sei sicuro? Roberto (ancora più appassionato) — Io sono sicuro che nessuna legge creata dall’uomo è sacra di fronte al l’impulso della passione. (Quasi con impeto) Chi ci fece per un essere solo? E’ un delitto contro noi medesimi amare un essere solo. Non v’è legge di fronte all’im pulso. O Berta, il mio nome. Fammi sentire a pronun ciarlo, così dolcemente! Berta (piano) — Roberto! Roberto (le cinge le spalle con le braccia) — Soltanto il nostro anelito veùso la gioventù e la bellezza non deve morire. (Additando l’atrio) Ascolta! Berta (impaurita) — Che? Roberto — La pioggia eade. La pioggia estiva sulla terra. Pioggia notturna. Oscurità, ardore, diluvio della passione. Stanotte la terra è adorata, adorata e posse duta. Le braccia delFamante la cingono tutta: ed essa sta silenziosa. Ascolta, amore! Berta (si piega subitamente in avanti e tende Vorec chio) — Zitto! Roberto (ascoltando con un sorriso) — Nulla. Nes suno. Siamo soli. (Una raffica di vento invade attraverso l’atrio, con un fruscio di foglie agitate. La fiammella della lampada vacilla). Berta (additando la lampada) — Guarda ! Roberto — E’ il vento. Ci viene luce bastante dall’al tra camera. (Stende le mani attraverso la tavola e spegno la lampada. La luce della camera da letto attraversa il luogo dove essi siedono. La stanza rimane intieramente al buio). Sei felice? Berta — Me ne debbo andare. E’ tardi. Roberto (.accarezzandole i capelli) — Non ancora, non ancora. Mi ami un poco? Berta — Ti voglio bene. Sei tanto buono. (Facendo atto di levarsi) Sei contento? Roberto (trattenendola, le bacia le mani) — Non an dartene. C’è tempo. Dimmi, ami un po’ anche me, ades so? Ho aspettato tant’anni! Dimmi, dimmi la verità. Dimmelo coi tuoi occhi. Parla, parla, Berta! (Ella non risponde. S’ode la pioggia cadere in silenzio). La sala nella casa di Riccardo Rowan, a Merrion. La porta a doppio battente a destra è chiusa e così pure quella che conduce al giardino. Le cortine di velluto verde sono disóostate daiianti la finestra ch’e alla tynistra. 1La stanza e iin penombra. E’ mattina, di buon’ora del giorno appresso. Berta siede vicino alla finestra e guarda fuori. Indossa un’ampia vestaglia da camera. I suoi capelli sono scioltamente allentati sulle orecchie e annodati al collo. Tiene le mani sobbracciate in grembo. Il suo viso è un po’ contratto. Brigida entra dalla porta di destra con una granata e uno strofinaccio. Sta per attraversare la stanza, ma scorge Berta e si ferma di colpo e istintivamente si segna in fronte. Brigida — Su così di buon’ora, padrona? Berta — Che ora è? Brigida — Già le 'sette paissate, padrona. Berta — Non ho dormito tutta la notte. Co'sì mi sono alzata per godermi la levata dell sole. Brigida (aprendo la porta verso il giardino, poi vol gendosi a lei) — Ma dovente esser mortalmente stanca, JAMES JOYCE che dirà il padrone? (Va alla porta dello studio e bussa). Signor Riccardo! Berta (guardandosi attorno) — Non c’è. E’ uscito un’ora fa. Brigida — Uscito? Sulla spiaggia? Berta — Sì. Brigida (va verso di lei e si china sopra la spalliera della sua sedia) — Siete forse in agitazione per qual che cosa? Berta — No, Brigida. Brigida — Non pensate male, padrona. Gli è sempre piaciuto girondolare di qua e di là, ¡solo solo. Oh, uno strano uccel idi bosco il ¡signor Riccardo. Siete forse pre occupata perchè passa sempre la notte là (indica lo sta io) in mezzo ai suoi libri? Ma lanciatelo solo, padro na. Tornerà ancora a voi. Berta (amaramente) — Quel tempo è passato, Bri gida. Brigida (con aria confidenziale) — E a me piace ricor darlo quel tempo. Quand’egli veniva a farvi la corte. (Siede accanto a Berta e parla a bassa voce) Lo sapete, padrona, ¡che egli aveva preso a raccontarmi tutto di voi, e le vostre lettere, di ogrii cosa mi diceva. Berta — Delle mie lèttere a lui? Brigida (compiacendosi) — Sicuro. Mi pare ancora di vederlo, seduto là ¡alla tavola di cucina, che dondola le gambe e chiacchiera, chiacchiera da non finirla più, e di Idi e deU’Mamda e d’ogni genere di ¡diavoleria! A una povera ignorante come me! (Guarda improvvisamente Berta) Che? Piangete adesso, padrona? Per carità, rton piangete. Tornerà, tornerà ancora il tempo felice. Berta — No, Brigida, quél tempo non viene che una volta sola nella vita. Brigida (sta silenziosa per un istante, poi affettuosa mente) — Volete una tazza di tè? Vi farà bene. Berta — Sì, portamela. Ma il lattaio non è ancora arrivato? Brigida — No. Il signorino Archie m’ha raccomandato di svegliarlo avanti che venga. Deve uscire a fare una corsa ishl carro del lattaio. Ma una tazza di latte ce l’ho ancora dalla sera scorsa. In un batter d’occhio fò bollir l’acqua nel bricco. Volete anche un ovetto? Berta — No, grazie. Bricida — Una bella fetta di pan tostato? Berta — No, Brigida, ti ringrazio. Soltanto una tazza di tè. Brigida (va verso 'la porta di destra) — Fò in un mo mento. (Si ferma, si volge, e va verso la porta di sini stra) Ma prima bisogna svegliare il signorino Archie, al trimenti chissà che sgridate! (Esce dalla porta di sini stra. Dopo qualche istante Berta si alza e va verso lo studio. Apre la porta e guarda dentro. S’intravvede una stanza in disordine con molti scaffali di libri e una larga tavola da lavoro sparsa di fogli, illuminata da una lam pada e davanti ad essa una sedia imbottita. Ella rimane là in piedi sulla soglia qualche po’, poi richiude la porta e ritorna alla sua sedia presso la finestra e siede. Archie, vestito come nel primo latto, entra dalla porta di sinistra seguito da Brigida). Archie (s’avvicina alla mamma e porgendole la gota) —■Buongiorno, mamma! Berta (baciandolo) — Buongiorno, Archie! (A Bri gida) Gli hai mesiso qualche altra vestina sotto a quésta? Brigida — Non im’ha lasciato fare, padrona. Archie *—• Non ho freddo, mamma. Berta — Te l’ho pur detto che ¡dovevi mettertela. Archie — Ma se non ho freddo! Berta (si toglie di capo un pettine e gli ravvia i Ca pelli all’indietro sulle tempie) — E ci hai gli occhi an cora pieni di sonno. Brigida — Ieri gera andò a letto subito dopo che voi siete ¡uscita. Archie — iLo sai, ¡mamma, che il lattaio mi lascierà guidare, quest’oggi? Berta (si rimette il pettine in test)a e lo abbraccia) — Che pezzo d’omone sei, per guidare un cavallo ! Brigida > — Archie va proprio matto, dietro ai cavalli. Archie (entusiasmandosi) — Lo farò ¡correre ¡svelto, sai, e tu, mamma, starai alla finestra ¡a guardarmi. Con la frusta. (Fa il gesto di far 4chioccare la frusta e Con impeto) Avanti ! Brigida — Che? Battere nn povero cavallo? Berta — Vien qua che ti pulisco la bocca. (Toglie un fazzoletto dalla tasca, lo inumidisce con la lingua e gli netta la bocòp) Sei tutto sudicio. Archie (ripete ridendo. Si ode il rumore d’un reci piente da lattaio che stanno passando sul davanzale della finestra). Brigida (scosta le cortine e guarda fuori) — Eccolo! Archie (rapidamente) — Aspetta. Sono pronto. Addio, mamma! (ha batcia in fretta e si volge per andarsene) Babbo è su? Brigida (lo ¡prende per un braccio) — Vieni pure, adesso. Berta —• Bada, Archie, non star fuori troppo, o un’al tra volta non ti lascio più andare. Archie — Va bene. Guarda fuori dalla finestra e mi vedrai. Addio. (Brigida ed Archie escono dalla porta di Sinistra. Berta si leva (e scostando nuovamente le cortine, s’indugia nello strombo della finestra a guardar fuori. Si sente aprire la porta dell’«hall »; poi un piccolo ru more di voci e di recipienti di latta. La porta ¡si ri chiude. Dopo poco Berta agita le mani in at\to di saluto. Brigida entra e guarda fuori, dietro lei, sopra le sue spalle). Brigida — Guardate come s’è seduto bene! E com’è serio ! Berta (tirandosi indietro all’improvviso) — Vieni via dalla finestra. Non voglio esser veduta. Brigida — Perchè, padrona? Berta (andando perso la porta di sinistra) — Dille che non ¡sono ancora alzata, che non sto bene. Non vo glio vedere nessuno. Brigida (seguendola) — Ma che avete, padrona? Berta (fermandosi) — Aspetta. No, dille che ci sono. Brigida (dubbiosa) — Qui? Berta (in fretta) — Dille che mi sono alzata or ora. (Brigida esce dalla sinistra. Berta va verso la porta del giardino e cincischia le cortine nervosamente come per accomodarle. |Si sente aprire la porta dell’«hall». Poi Beatrice Justice entra e, poiché Berta non si volge su- ESULI bito, s’indugia esitante sulla porta di sinistra. Essa è ve stita come nel primo atto e tiene in mano un giornale). Beatrice (s’inoltra rapidamente) — Scusatemi, 'signo ra Rowan, se vengo così di buon’ora. Berta (volgendosi) — 'Buongiorno, miss Justioe. (Va verso di lei) C’è qualcosa di nuovo? Beatrice (nervosa) — Non so. E’ quello che deside ravo 'sapere da voi. Berta (fissandola con curiosità) — Ma siete tutta af fannata. Sedete, prego. Beatrice (sedendo) — Grazie. Berta (sedendo di faccia a lei e additando il giornale) •— C’è qualcosa nel giornale? Beatrice (ridendo nervosamente apre il giornale) — Sì. Berta — Intorno a Riccardo? Beatrice — Sì, quassù. Un lungo articolo di fondo di mio cugino. Tutta la vita del signor Rowam è qui. Volete leggerlo? Berta (prende il foglio ;’e lo apre) — Dov’è? Beatrice ]— 'Lì, nel mezzo : «Un’insigne irlandese ». Berta — E... in favore... o contrario a Dick? Beatrice (con calore) — Ofh, in favore! Leggete. Ro berto si trattenne in città fino a notte inoltrata per scriverilo. Berta (nervosamente) — Ah, sì? Beatrice — Lo sentii quando rincasò sul tardi. Eran passate le ¡due da un pezzo. Ma subito dopo .udii nella camera di mio cugino 'il rumore della valigia 'strascicata sul pavimento. Poi lo 'sentii cbei passeggiava per la 'stan za, fischiettando. Poi a chiuder a chiave la valigia \e le garla iqon le cinghie, Berta — ,Se ne ,va! Beatrice > — Eu ¡questo che mi mise in apprensione. Temevo avesse avuto qualche disputa col signor Rowan e che poi l’aveSse attacioat o nel suo articolo. Berta — Avete ¡forse notato qualche cosa fra di loro? Beatrice — Una -certa freddezza. Berta ,— In questi tritimi tempi? Beatrice ,— Anche prima. Berta (piegando il giornale) — Ne sapete la ragione? Beatrice (esitante) — No. Berta (dopo una pausa) — Insomma, -se l’articolo è favorevole a lui, 'segno è che non c’è stato contrasto fra di loro. (Riflette un momento) Scritto la notte passata? Beatrice — Sì. -Io comprai subito il giornale per ve dere. Ma allora perchè egli -se ne va e così 'di furia? Mi par di capire che qualcosa è intervenuto fra di loro. Berta -— Ne sareste addolorata? Beatrice — Roberto è il mio primo cugino, e m’afflig gerebbe se avesse trattato male il signor Rowan, adesso che è tornato, se avessero avuto qualche grave contesa, massimamente perchè... Berta (giocherellando col giornale) — Perchè? Beatrice — Perchè fu appunto mio cugino che indusse il signor Rowan a ritornare. E questo l’ho sulla mia coscienza. Berta — Dovrebbe essere sulla coscienza del signor Hand, no? Beatrice (con incertezza) — E -anche sulla mia. Per chè... fui io che parlai a mio cugino del signor Rowan quand’era assente, e, fino a un certo punto, fui io... Berta (abbassando il capo) —- Ho inteso. Ed è questo che vi sta sulla coscienza. Soltanto questo? Beatrice — 'Credo. -Berta — Non credete di esser stata voi a ricondurlo in patria? Beatrice (arrossendo improvvisamente) — Non ho mai pensato questo! Berta (la osserva per un istante, poi si volge via) — Sapete che mio marito scrive molto da che è ritornato? Beatrice — Ah sì? Berta (additando lo studio) — Passa là dentro gran parte della notte a -scrivere. Tutte le notti così. Beatrice — Nel suo studio? Berta — Studio o stanza da letto. Dorme là dentro, sopra un sofà. Vi dormì -pure la notte scorsa. (Risie dendo) Sicuro, scrive molto ; e dev’essere intorno a qual cosa ch’è entrato nella 'sua vita, di questi ultimi tempi, da (piando è tornato in Irlanda. Qualche -mutamento. Sa pete che qualche mutamento -sia avvenuto nella sua vita? (La guarda fissamente scrutandola). Beatrice (sostenendo il suo sguardo con fermezza) — Voi dovreste saperlo meglio di me. Berta — Potete intuirlo anche voi ugualmente bene. Siete così intima in questa -casa. Beatrice — ilo non sono la sola persona che sia intima in questa ca-sa. Berta — Avete -detto che c’è un’altra persona ch’è in tima in questa -casa. Intend-avate dire di vostro cugino? Non è vero? Beatrice — Sì. Berta — Non l’avete dimenticato? Beatrice (tranquillamente) — Ho cercato di dimen ticarlo. Berta (stringendosi le mani) — Voi mi odiate, miss Justice. Credete iche io sia felice. Felice, quando non comprendo nulla di quello ch’egli -scrive, felice quando non posso aiutarlo in nessun modo, quando non posso nemmeno intendere la metà delle cose -ch’egli talvolta mi dice! Voi lo potete intendere. (Esaltandosi, si alza improvvisamente e va alla piccola scrivania) No. Roberto non deve partire. (Toglie dal cassetto un pacchetto di carta da lettera e scrive poche righe in gran furia) Non è possibile: è pazzo fare una cosa simile! (Volgendosi a Beatrice) E’ ancora in casa? Beatrice (guardandola con stupore) — Sì. Gli scrivete di venire qua? Berta — Naturalmente. Ora manderò Brigida con questo biglietto. Brigida! (Esce rapidamente per la porta di sinistra). Beatrice (inseguendola istintivamente con lo sguardo) —- Allora è vero! (Gitta un’occhiata attraverso la porta dello studio di Riccardo poi affonda il capo fra le mani. Ma tosto si riprende, toglie il giornale dalla scrivania, poi lo apre, e legge. Riccardo Rowan rientra dal giar dino, è vestito come prima, porta un cappello floscio e un bastone sottile). Riccardo (sulla soglia osservando per un istante Bea trice che gli va incontro). Beatrice — Oh, signor Rowan, sono venuta qua di buon’ora per mostrarvi questo... lo ha scritto Roberto, la notte -scorsa, Volete leggerlo? JAMES JOYCE Riccardo — Certamente. E’ questo? (Berta appare sulla porta di sinistra e si ferma ad ascoltare). Riccardo (volta la pagina) — Ah, ecco, -ci siamo. «Un insigne irlandese ». (Comincia a leggere con una voce piuttosto cupa ed aspra) «Non ultimo dei vitali problemi che la nostra patria deve affrontare è quello delPatteggiaimento che essa ha -da prendere verso quelli fra i suoi figli che, avendola abbandonata nell’ora del bisogno, ri tornano a lei adesso alla vigilia della sua vittoria tanto lungamente attesa, a lei, cbe nella solitudine e nell’esilio essi avevano finalmente appreso ad amare. 'Nell’esilio* abbiamo detto, ma convien distinguere. C’è un esilio economico ed un esilio spirituale. Ci sono di quelli che l’hanno abbandonata per leenearsi quel pane di cui gli uomini vivono, ce ne isono altri, e sono i suoi figli più prediletti, cbe l ’abbandonarono per cercare in altri paesi quel cibo spirituale, mediante cui una nazione di esseri umani si mantiene in vita. Coloro icbe ricordano la vita intellettuale di Dublino di dieci anni fa, banno molte rimembranze del signor Rowan. Alcunché dell’ardente indignazione che lacerava il cuore di Swift... (leva gli occhi dal foglio e scorge Berta sulla porta. Depone len tamente il giornale e la guarda. Lungo silenzio). Beatrice (con sforzo) — Vedete, signor Rowan? Il vostro giorno è venuto, finalmente, e vedete che avete in Roberto un amico fervente, un amico che vi com prende. Riccardo — Avete notato la frase che è in principio delParticolo : «Quelli che Fhanno abbandonata nell’ora del bisogno? » (Egli guarda Berta cercando scrutarla poi si volge, entra nello studio chiudendo l’uscio dietro di se). Berta (parlando come a se stessa) — E dire che io ho abbandonato ogni cosa per lui. Religione, famiglia, la mia stessa pace: e sono niente. Beatrice — Voi state al suo fianco. Berta (con amarezza crescente) — Io sono soltanto una cosa che gli è d’impaccio. Beatrice — Non lasciatevi umiliare dalla gente. Berta (altezzosa) — Umiliarmi? ¡Sono molto orgogliosa di me stessa. Che han fatto gli altri per lui? Io Pho reso uomo. Che cosa sono gli altri nella sua vita? Non più che fango sotto le sue acarpe. ( S’alza e passeggia su e già concitatamente) Egli può disprezzarmi anche... al pari di loro. Voi pure potete disprezzarmi, ma nessuno di voi riuscirà ad umiliarmi. Oh, soffro tanto! Scusatemi se sono così rude. Ho bisogno che noi siamo amiche. (Le tende le mani) Volete? Beatrice (prendendo le sue mani) — Con piacere. Berta {guardandola) — I vostri occhi hanno un’espres sione così triste. Beatrice — Ci vedono poco, sono stanchi. Berta (con calore) 1— Ma belli. {L’abbraccia poi si scosta da lei un po’ vergognosa. Brigida entra dalla si nistra). Brigida — L’ho consegnato a lui, padrona. Berta — Ha detto qualche cosa? Brigida — Usciva allora da casa. E mi disse di dirvi che sarebbe venuto qua dopo di me. Berta — Grazie. Brigida {andandosene) — Adesso, padrona, lo volete il tè? Berta — No, Brigida. Dopo, forse. Quando viene il signor Hand, fallo entrare subito. Brigida — Sì, signora {Esce dalla destra). Beatrice — Io andrò, signora Rowan, prima che egli entri. Berta {un po’ timidamente) — Allora siamo amiche? Beatrice {con lo stesso tono) — Cercheremo di esserlo. Berta i— L’ho sempre desiderato, e voi? Beatrice — Anch’io. Berta {sorridendo) — Anche a Roma. Ogni volta che uscivo a passeggio con Archie mi accadeva di pensare a voi, e pensavo come dovevate essere, perchè di voi sapevo soltanto quello che mi raccontava Dick. E guar davo le persone che uscivano dalla chiesa e mi passavano rasente e pensavo >che forse vi «orni gliavano. Perchè Dick m’aveva detto che eravate bruna. Beatrice {ancora nervosamente), — Davvero? Berta {stringendole la mano) — Arrivederci, dunque, per adesso. Beatrice {ritraendo la mano) — Buon giorno. Berta — Vi accompagnerò fino al cancello. {L’accom pagna fuori attraverso la porta del giardino. Riccardo Rowan entra dallo studio. Si ferma presso la porta, poi va alla tavola, prende il giornale e legge. Berta dopo qualche momento riappare sull’entrata a guardarlo, finche egli ha finito. Egli depone il giornale e si volge per rien trare nello studio). Berta — Dick! Riccardo {arrestandosi) — Bene? Berta — Tu non mi hai ancora parlato. Riccardo — Non ho nulla da dirti. E tu? Berta i—- Non desideri di sapere quello che è accaduto la scorsa notte? Riccardo — Tanto non lo saprò mai. Berta — Te lo dirò, se me lo chiedi. Riccardo — Ma io non lo saprò mai. Berta {muovendosi verso di lui) — Ti dirò la verità, Dick. Come te l’ho detta sempre. Riccardo — Sì, sì. La verità! Ma, io non la saprò mai. Berta — Perchè m’hai lasciata la notte scorsa? Riccardo {amaramente) — Nell’ora del bisogno. Berta {minacciosamente) — Tu mi hai indotta. Oh, non perchè tu mi ami; che se tu mi avessi amata e avessi conosciuto ciò che è amore, non mi avresti lasciata, ma per il tuo proprio interesse mi hai spinta. Riccardo — Non mi sono fatto da me. Sono quel che sono. Berta — Per gettarmi in faccia sempre questa ragione. Per rendermi umiliata davanti a te come hai fatto sem pre, per diventar libero. Con lei! Quello è il tuo amore! Tutto quello che ora dici è menzogna. Riccardo {cercando dominarsi) — E’ proprio inutile che io ti chieda di ascoltarmi. Berta — Ma lei, lei è la persona che ti potrà ascoltare. Parla con lei. Riccardo — Tu l’hai cacciata via da me come hai al lontanato da me tutti igli amici che io avevo, ogni crea tura umana che volesse accostarsi a me. Tu l ’odii. Berta {con impeto) -— Tu l’hai resa infelice, come hai reso infelice me, icome hai reso infelice tua madre. Riccardo {si volge per andarsene) — Arrivederci. ESULI Berta (concitatamente) — Io sì, le voglio bene. Essa è tutto quello che io sono e per nascita e iper educazione. Tu hai cercato di perdere anche lei, ma non ci sei riu scito. Oh, come vorrei non averti mai incontrato! Come maledico quel giorno! Riccardo (amaramente) — Se vuoi esser libera, non hai che dire una parola. Berta (con fierezza) — Se lo vuoi, io son pronta. Riccardo — Così potrai incontrarti liberamente col tuo amante. Berta — Sì. Riccardo — Tutte le notti. Berta (fissando lo sguardo davanti a se e parlando con veemente passione) Sì! col mio amante. Il mio aman te, il mio amante! (Scoppia in lagrime e si lascia andare su una sedia, coprendosi il volto con le mani. Riccardo le si avvicina lentamente e le tocca una spalla). Riccardo — Berta... Sei libera. Berta (balzando in piedi) — Tu non capisci nulla di ciò che c’è nel mio cuore, nella mia anima. Straniero! Io ho vissuto con uno straniero ! (S’ode un busso alla porta dell’«hall ». Berta s’asciuga in fretta gli occhi col fazzoletto e s’accomaàa la veste sul davanti. Riccardo tende l’orecchio per un istante, la fissa acutamente, poi rientra nel suo studio. Roberto entra da sinistra. E’ ue-j stito di scuro e porta in mano un cappello bruno d’al pinista). Roberto — Hai mandato a chiamarmi. Berta (si alza) — Sì, sei pazzo, a partire in (questo modo, senza nemmeno venir qui, senza avvertirci di nulla. Roberto (inoltrandosi verso la tavola su cui sta il gior nale e accennandolo con una occhiata) — Ciò (ch’io ho da dire, l’ho detto là. Berta — Quando l’hai scritto? La netta scorsa dopo ch’ero partita? Roberto (con garbo) — Ne scrissi parte, naturalmente, prima che tu (partissi. Il rimanente, la parte peggiore, dopo. Molto più tardi. Berta I— E hai potuto scrivere la notte scorsa? Roberto — Oh, sono un animale bene ammaestrato io! Stanotte, dopo che ci siamo lasciati, non ho fatto che vagabondare. Sono stato nella redazione, poi nella casa del vicecancelliere, poi in un club, per le strade, in camera mia. La tua immagine era là davanti ai miei occhi. Berta, non dimenticherò mai la notte passata. Perchè mi guardi? Non vuoi che ti tocchi? Berta (additando lo studio) — Dick è di là. Dove hai in animo di andare? Roberto — Da mio cugino, nel Surrey. C’è una bella campagna, laggiù. Aria buono. Berta — Perchè te ne vai? Roberto (la guarda in silenzio) — Non l’indovini? Berta '— Per ragion mia? Roberto — Non è piacevole per me restare qui, adesso. Berta (siede con aria sconsolata) — Ma questo è cru dele da parte tua, Roberto, crudele per me e anche per lui. Roberto — Ti ha domandato ciò che è accaduto fra noi? Berta — No. Non domanda nulla. Dice die non sa prà mai nulla. Roberto (china il capo gravemente) — Riccardo è nel giusto. Sempre nel giusto. Berta —■Roberto, tu devi parlargli. Roberto —• Che debbo dirgli? Berta — La verità. Ogni cosa. Roberto (riflette) ,— No, Berta. Sono un uomo che parla ad altro uomo. Non posso dirgli ogni cosa. Berta — Allora crederà che tu te ne vada perchè temi incontrarti con lui, dopo la notte scorsa. Roberto (dopo una pausa) — Bene. Non sono un co dardo. Lo vedrò. Berta f—' Vado a chiamarlo. Roberto (afferrando le sue mani) — Berta! Che è accaduto fra noi la scorsa notte? Qual è la verità che debbo dirgli? ¡(La fissa appassionatamente negli ochi) Sei stata mia in quella scorsa notte d’amore? Oppure l’ho sognato? Berta (sorride debolmente) —■Hai sognato. Hai so gnato ch’io fossi tua la notte scorsa. Roberto — E questa è la verità? Un sogno? E’ questo ch’io debbo dirgli? Berta — Sì. Roberto (le bacia le mani) — Berta. (Con voce più commossa) In tutta la mia vita soltanto quel sogno è vero. Il resto l’ho dimenticato. E ora posso dirgli la ve rità. Chiamalo. (Berta va all’uscio dello studio di Riccar do e bussa. Nessuna risposta. Bussa di nuovo). Berta — Dick. (Nessuna risposta) II signor Hand è qui e desidera parlarti, salutarti. Parte. (Nessuna rispo sta. Batte la mano sullo stipite della porta e chiama con voce spaventata) Dick, rispondimi! (Riccardo Rowan entra dallo studio, s’avanza verso Roberto ma non gli tende le mani). Riccardo (calmo) — Ti ringrazio pel tuo cortese arti colo su di me. E’ proprio vero che sei venuto a dirmi addio? Roberto — Non c’è nulla da ringraziarmi, Riccardo. Ora e sempre fui tuo amico, più che mai adesso. Mi credi? (Riccardo siede su una sedia e china il volto nelle mani. Berta e Roberto si guardano in silenzio, poi essa si volge e se ne va via dalla porta di destra. Roberto va verso Riccardo e gli sta presso, posando le mani sullo schienale della sedia, guardandolo. Lungo silenzio). Ric cardo, ti voglio dire la verità. Mi ascolti? Riccardo (leva la faccia e si piega all’indietro per udire) —- Sì. (Roberto siede su ¡una sedia! accanto a lui). Roberto — Ho (fallito. Questa è la verità. Vuoi cre dermi? Essa è tua come lo fu nove anni or sono quando rincontrasti la prima volta. Riccardo — Quando noi c’incontrammo per la prima volta? Roberto — Sì. (Lo guarda per alcuni istanti) Posso continuare? Riccardo — Sì. Roberto — Se ne partì. E io rimasi solo per una se conda volta. Andai in casa del vicecancelliere e vi pran zai. Gli dissi che tu eri ammalato e che ti saresti recato da lui un’altra sera. Misi fuori qualche epigramma vec chio e nuovo, presi un rinfresco, poi uni recai in reda- JAMES JOYCE zione e ¡scrissi il mio articolo. Poi andai in un certo club notturno. Là c’erano uomini e anche ¡delle donne, o almeno sembravano tali. Ballai Icon una di esse. Poi essa mi chiese che l’accompagnassi a casa. Posso se guitare? Riccardo — Sì. Roberto — L’accompagnai a casa in carrozza. Nella carrozza ebbe luogo quello che il sottile Duns Scoto denomina la morte dello spirito. Posso seguitare? Riccardo — Sì. Roberto — Poi si mise a piangere e mi raccontò che era la moglie divorziata di un avvocato e che era a corto di denaro. Allora le offrii due ghinee, ma essa non vo leva accettarle e pianse ancor di ¡più. Poi cavò fuori dalla borsetta ima bottiglietta di acqua di melissa. L’aiu tai a entrare |in casa e tornai a casa mia. NeUa stanza m’accorsi che il mio soprabito era tutto macchiato d’ac qua ¡di melissa. Sfortunato ¡persino nel soprabito! Allora mi venne l’idea di mutarmi ,e di partire col piroscafo della mattina. Preparai la mia valigia e andai a letto. Parto col prossimo treno, vado da mio ¡cugino nel Surrey. Forse per una quindicina. Forse più. Sei seccato? Riccardo — Perchè non ¡sei partito ¡col piroscafo? Roberto — Non arrivai in tempo. Riccardo — Sicché te ne andavi senza ¡salutarci, senza venire da noi. Roberto — Sì. Riccardo — E ¡perchè? Roberto — La mia avventura non era molto pu lita, no? Riccarod :— Però, tu sei venuto. Roberto —• Berta mi mandò un biglietto. Riccardo — Ma se non fosse ¡stato ¡per quello? Roberto — Se non fosse stato per queRo non ci ¡sarei venuto. Riccardo — E non ti è balenato in mente che se tu te ne andavi senza passare da noi, avrei interpretato la cosa... a modo mio? Roberto -— e 1 Consegnato il N E D ! m D I V E N D I T A I N IT A K V e r o n - Via Mazzini, 69 Na p o l i - Via Roma, 251 Pa d o v ' - Via Vili Febbraio, 9 Na p o l i - P/zaTriesteTren Ve ne z i ; - Mercerie Orologio, 149 Na p o l i - Via Roma, 72 Venezia- Merc. S. Giuliano, 707 R o m a - Corso Umberto, VeneziaLido - V. S. M. Elisabetta, 25 R o m a - Via Nazionale, 2 To rino - Via Roma, 16 T rie s te - Piazza Ciano, 3 R o m a - Via del Tritone, To r i no - Via Roma, 31 Deve essere restituito T rie s te - Passo S. Giovanni, 1 R o m a - ViaCesare Battis r i n o P ia zza C arlo F elice, 7 To Bologna - Via Indipendenza, 2 R o m a - Via Arenula, 43 To r i no - Via Cernaia, 22 Bologna - Via Rizzoli, 4 R o m a - Corso Umberti To rin o - Pazza Castello, 23 B a r i - Corso Vitt. Eman., 56 R o m a - Corso Umberto, Mi I ano - Via T. Grossi, 4 Ca t a n i a - Via Etnea, 180 R o m a - Via Vitt. Veneto Mi I a no - Via Orefici, 11 Mi I ano - Piazza Duomo, 23 Palermo - Via Rugq. Settimo, 38 R o m a - Via Ottaviano, 8' y, i I ano - C/soBuenosAires, 17 Palermo - Via Maqueda, 296 R o m a - Via Merulana, 9 '0RtOtW^0

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Il dramma : rivista mensile di commedie di grande successo. - Torino : Grandi firme, 1925-1992.

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