Linee semplici nell’abito e nell’acconciatura, ora, e la donna affascina per la sua grazia e la sua bellezza. Un tocco sapiente la ravviva e il soffio d’un profumo irreale la circonda per farne una visione di sogno. TA BAC C O }> ■ V P * , I M I W — MJlAfcSO IS S I S B p o l i g o n o Società editrice in Milano - Via C. Battisti, 1 - Tel. 71.132 - 72.016 I L T E A T R O N B IB L IO T E C A S IS T E M A TIC A IL L U S T R A T A D I TEATR O Se il lettore italiano vuole un’o pera di Racine o di Tolstoi (ci tiamo a caso), o non la trova af fatto o la trova in traduzioni an tiquate e Inadatte. La nostra Bi blioteca offre, attraverso una suc cessione di testi teatrali e rappre sentabili di ogni epoca nazione e scuola, una storia della letteratu ra drammatica dalle tragedie clas siche ai più attuali contempora nei. Ogni volume presenta due o tre opere teatrali corredate da un completo saggio introduttivo, dan do un quadro sintetico di un au tore o di un genere: è così uno strumento di conoscenza, di stu dio, di interesse e di lavoro. I vo lumi hanno carattere particolar mente teatrale e sono corredati di ampio materiale Illustrativo, per avvicinare i lettori, anche attra verso le illustrazioni, alla lettera tura drammatica interessandoli alla validità scenica dell’opera e non soltanto a quella letteraria. Scenografìe Inedite e originali compaiono pertanto fra le illu strazioni. Il teatro nel tempo per veste, per contenuto, per sostan za, per sistematicità, oltre indi rizzare i lettori ad una cultura teatrale — viva e non filologica, attuale e non scolastica — è mez zo idoneo per lo studio e l’atti vità di quanti — professionisti o dilettanti — sono «uomini di teatro ». E L T E M P O V O L U M I P U B B L IC A T I 79. Cèchov: Zio Vània - Tre Sorelle - I l giardino dei ciliegi: a cura di E. Ferrieri - formato 17x24, 232 pagine, con 16 illustrazioni in nero - Prezzo L. 350. 29.1 M onologhi e I Coqnelm : a cura di C. Cerati - formato 17x24, 172 pagine con 18 illustrazioni in nero e a colori - Prezzo L. 290. 62. W ild e ; Salomè - Il ventaglio di Lady Windermere - L’importanza di chiamarsi Ernesto: a cura di G. Guerrasio - formato 17x24, 240 pagine con 16 tavole illustrate in nero e a colori - Prezzo L. 380. 13. M o liè re ! T a rtu ffo - Avaro - Misantropo; a cura di G. Brera formato 17 X 24 - pag. 180 - con 24 tavole illustrate in nero - Prezzo L. 380. VOLUMI UÀ P U B B LIC A R E 1. Amile® te a tr o e b ra ic o : Giobbe - Cantico dei Cantici: a cura di E. Villa. 77. © s trò v s k i: Povertà non è vizio - L’ impiego redditizio - I l sogno di Balsàminov : a cura di A. Iliìna Barbetti. 26. ¡Labiche: I l cappello di paglia di Firenze - Un giovane frettoloso Due ottimi padri: a cura di V. Gassman. 31. M a e te rìin ck S L’ uccellino azzurro - Monna Vanna - Aglavina e Selisetta : a cura di M. Vailini. 19. H ugo: Ruy Blas - Hernani - Cromwell a cura di D. Guardamagna. LA NUMERAZIONE DEI NOSTRI VOLUMI è segnata secondo il piano si stematico della collezione ‘ Il teatro nel !lempo,, (come è riportatola appendicedi ciascunvolume)inraggruppamenti di opere ed autori, per Nazioni. Riteniamo perciò utile, ora chepiù opere sono in vendita, precisare la loro vera numerazione, mentre prima, per semplificazione, era stata fatta in ordine cronologico. La numerazione dellelenco qui accanto èperciò compiuta nella sua esattezza. 12. Radine: Fedra - Berenice - Les Plaideurs: a cura di L. Budigna. 78. TolstÒI * La potenza delle tenebre - I l cadavere vivente - I frutti dell’ istruzione: a cura di K. Antònov. 71. C alderon de la B area: La devozione alla Croce - Il mago prodigioso - I l gran teatro del mondo: a cura di C. Bo. I D U E P R O S S IM I V O L U M I (N . 23 e 24) D I L E L IV R E ET SES AM IS REVUE MENSUELLE DE L’ART DU LIVRE ^ T p T n ) [E > Revuedequalitépubliéeàl’intentiondosbibliophi le»,tiréesurpapier deluxe, abondamment illustrée LE L IV R E ET SES AM IS «Journal» précis et pittoresquede laviedulivre G O ¿ i^ G iC O G O G ò lo U d ' RACCOLTA DI COMMEDIE DI OGNI EPOCA DIRETTA DA LUCIO RIDENTI LE 10 DE CHAQUE MOIS CHEZ TOUSLESLIBRAIRES Le numéro: 200 FRANCS Abonnements: Six mois 1.100 francs (FRANCE) Un an . . 2.000 francs c o n te rra n n o LE L IV R E ET SES AM IS 27, rueJoubert - Paris(IXe) —Tel. Trinité 2493 AGENTE GENERALE PERL'ITALI A: B O T T E G A D’ E lt A S I I O VIA VITTORIO AMEDEO, 18 — TORINO P R O S P E R M É R IM E E DAL a L A TEATRO C A R R S A N T O EDIZIONI GIOVANNI BOLLA MILANO - VIA AGNELLO, 8 - TELEF. 83.951 * OSCAR WILDE T U T T E LE O PER E ia traduzioni integrali e conformi al testo inglese VOL UMI USCI TI. IL RITRATTO DI DORIAN GRAY Traduzionc di Sergo Ortolani Un volume in-¡6, pagg, 344, gr. 320, L. 260 IN T E N Z IO N I LA DECADENZA DEL MENTIRE - PENNA, MATITA E VELENO - LA CRITICA E L’ARTE - LA VERITÀ DELLE MASCHERE Traduzione di Virgilio Bondois con biografia di Oscar Wilde Un volume in-16, pagg. 280, gr. 260, L. 220 UNA CASA DI MELOGRANI IL DELITTO DI LORD ARTURO SAVILE IL FANTASMA DI CANTERVILLE Traduzione di Virgilio Bondois Un volume in 16, pagg. 224, gr. 205, L. 200 DE PROFUNDIS LA BALLATA DEL CARCERE DI READING LETTEREDALLAPRIGIONE-POESIE■'CELTE Traduzione di Adelina Manzotti Bignone con biografia di Oscar Wilde Un volume iri-16, pagg• 524, gr. 210, L. 500 * IN PREPARAZIONE: IL PRINCIPE FELICE - SALOME - UNA TRAGEDIA FIORENTINA - UNA DONNA QUALUNQUE - SAGGI E CONFERENZE D I » L A « L ’ A M CLARA O Z Z A G AZUL D E L S A C R A M E N T O D O N N A O R E È IL D IA V O L O A F R IC A N O * I L C IE L O E L ’IN F E R N O VERSIONE ITALIANA E PRESENTAZIONE DI MARIA DAM ERINI B RE SSAN Copertina a colori del pitto re FIUME Clara Gazul è una mistificazione; una saporosa mistificazione che ci regala un’eroina di più accanto alle eroine del teatro che va sotto il suo nome e che, tutte, rispecchiano un poco la sua gra ziosa immagine. Come donna Urraca, come Camilla Perichole, co me Mariquita, come infine Carmen, gemma fulgida che si aggiun gerà più tardi al serto, Clara è una delle creature nate dalla fan tasia di Mérimée; la prima fantasia spagnola del giovane scrittore che con lei iniziava non solo un modo ed una preferenza che non abbandonerà più, ma, ancor meglio, una moda ed una tendenza che dureranno a lungo in Francia e che attireranno alcuni dei nomi più particolarmente rappresentativi di quel periodo lette rario: la moda, tutta romantica, delle spagnolerie. C A L ID A S A S A C U N T A L A VERSIONE, RIDUZIONE E PRESENTAZIONE DI GIULIO PACUVIO Copertina a colori del pitto re FI UME Nessuno ha mai potuto accertare la vera età di Calidasa: secondo alcuni è vissuto nel primo secolo avanti Cristo; secondo altri, nel secondo secolo dopo; ma la più accreditata delle ipotesi lo colloca invece nel quarto secolo dopo Cristo. Si è anche sostenuto che vari furono i poeti di nome Calidasa, uno vissuto addirittura nel secolo decimoterzo. «Sacuntala » è un capolavoro universalmente conosciuto. Quando si diffuse in traduzioni e riduzioni in Europa suscitò grandi entusiasmi. La prima traduzione inglese è del 1789 e tre anni dopo Goethe scriveva: «Vuoi con un sol nome com prendere i fiori della primavera, i frutti dell’autunno, tutto quel che seduce e incanta, il cieìo e la terra? Io nomino te, Sacuntala, e tutto è detto ». SONO GIÀ I N V E N D IT A V E N TID U E VOLUMI, D E I Q UALI DIAMO L’ ELEN CO : 1. COMMEDIA DELL’ARTE, cano vacci inediti della gloriosa «Com media dell’Arte » italiana raccolti e presentati da Anton Giulio Bragaglia ® 2. LA VITA E’ UN SOGNO di Calderoni de la Barca, traduzione di Corrado Pavolini, Cesare Vico Lodovici e Giulio Pacuvio. Presentazione di Corrado Pavolini ® 3. L’OPERA DEI MENDICANTI (L’opera dei quattro soldi) di John Gay (1728), traduzione dal testo originale e pre sentazione di Vinicio Marinucci ® 4. LA CASA NOVA di Carlo Goldoni, versione italiana dal dialetto e pre sentazione di Renato Simoni ® 5. GLI SPIRITI di Leone Tolstoi, prima ver sione italiana e presentazione di Lo renzo Gigli ® 6. LA MALQUERIDA di Giacinto Benavente, versione e pre sentazione di Ruggero Jacobbi ® 7. L’EGOISTA di Carlo Bertolazzi, testo italiano dell’autore e presentazione di E. Ferdinando Palmieri ® 8. LE ME TEMPSICOSI DI YO TCHEOU di Jupe-tuen, versione italiana e presenta^ zione di Anton Giulio Bragaglia ® 9. NANA* di Emilio Zola, versione ita liana e presentazione di Lina Costa ® 10. LA TRILOGIA DI LUDRO di Fran cesco Augusto Bon, presentazione di Gigi Michelotti ® 11. LA VENEXIANA di ignoto cinquecentista, riduzione ita liana e presentazione di Emilio Lovarini ® 12. CLAVIGO di G. W. Goethe, versione e presentazione di Alessandra Scalerò ® 13. LA TRAGEDIA DI AMLETO PRINCIPE DI DANIMARCA di Guglielmo Shakespeare, versione italiana conforme all’originale inglese e presentazione di Alessandro De Ste fani ® 14. LE MISERIE ’D MONSSU* TRAVET di Vittorio Bersezio, versio ne italiana dal dialetto (col testo pie montese accanto) e presentazione dì Rengo Laguzzi ® 15. E’ BUONO? E* MALVAGIO? di Denis Diderot, prima versione italiana e presentazione di Lorenzo Gigli ® 16. RAPPRESENTA ZIONE DI «SANTA » ULIVA di Ano nimo del secolo XV, riprodotta daHe antiche stampe. Revisione e presenta zione di Andrea Lazzarini ® 17. LA NOTTE VENEZIANA ovvero LE NOZ ZE DI LAURETTA di Alfred De Musset, traduzione e presentazione di Gino Damerini - IL CANDELIERE di Alfred De Musset, versione di Aldo Franci ® 18. GRINGOIRE — LE FUR BERIE DI NERINA di Teodoro de Banville, traduzione e presentazione di Giovanni Marcellini ® 19-20 L’AJO NELL’IMBARAZZO —DON DESIDE RIO DISPERATO PER ECCESSO DI BUON CUORE di Giovanni Giraud, revisione e presentazione di Lucio Ri denti ® 21. LA FOLLE GIORNATA ovvero IL MATRIMONIO DI FIGARO di P. A. Caron di Beaumarchais, tra duzione di Gino Damerini e presentazone di Renato Simoni ® 22. RICCAR DO III di Shakespeare, traduzione e riduzione di Odoardo Campa. — Co pertine a colori dei pittori: Brunetta, Cavadini, Edel, Pallavicini, Stroppa, Vellani-Marchi. I volumi n. 1-2-3-4-5-6-9 sonoesauriti * S.E.'I. - CORSO VALDOCCO, 2- TORINO i commedia f DELL ARTE / LA VITA E* . UN SOiWOl'opera DEI MENDICANTI LA CASA NOVALA , MACOUER.IDA| LA AVETEM.PilCOSI ,D| yo TCHEOONANA LA TRiLOCilA DI LVJDRO_ LA VENEXIANA CL-AVIQQ LA TRAGEDIA D AMLETO PRINCIPE D| ^Animarla — l£ miserie d' Honssu travet, buono ? e' malvacuo 7 RAPPRESENTAZI, \-Ne di S ULIVA \La notte veneziana le nozze di LAURETTA N IL caNDSliER,e __ L'R'nqoir.b _ Le FURBERIE \ DI L I B C R E R I A A N T IQ U A R IA I E COLLANA DELLE OPERE TEATRALI D I AUTORI D I RISONANZA MONDIALE DIRETTA DA LUCIO RIDENTI TEATR ALE E S A T * O G A P O L A V O R I I M I L A N O VIA S. TOMASO, 4 TELEFONO 83-978 S C & t e t e é 4 é /te M é te ¿ w s /te /te /é é i é / m / é t m é N I E M IL IO N I TREAITI COMICO-SENIIMENTALI DI DARIO CESARE PIPERNO TRASFORMAZIONE DELLA COMMEDIA C H I H A V IN T O LA LOTTERIA DI TRIPOLI? Rappresentataconsutcessoal TRIANON di Milano la sera del 27 giugno 1936 interpreti principali: SALVO RANDONE - ANNA CARENA - GUIDO BARBARISI * f PBEZZO L. 40 — j Alla libreria CLSAT I richiedete: tutte le eaixioni teatrali e le novità di grande successo. W LIBRO ECCEZJOMLE IL CATALOGODELL MOSTRA Ohi CAPOLAVORI DEI MUSEI VENETI a cura di RODOLFO PALLUCCHINI * 200 illustrazioni Un'antologia di capolavori d i 3 4 M u s e i v e n e ti Il volume in 16° costa L. 650 * Inviare ordinazioni alla CASA EDITRICE ARTE VENETA presso TIPOGRAFIA FERRARI S. MARCO 5001 - VENEZIA Il lettore conosce, per averne pubblicato molte volte il facsimile, le caratteristiche del nostro volume «Ibsen» in edizione di lusso. Ricordiamo qui le opere del grande norvegese che il volume stesso contiene. LA COMMEDIA DELL’AMORE (1862) - BRAND (1866) PEER GYNT (1867) - LE COLONNE DELLA SOCIETÀ’ (1877) CASA DI BAMBOLA (1879) - SPETTRI (1881) - UN NEMICO DEL POPOLO (1882) - L’ANITRA SELVATICA (1884) - ROSMERSHOLM (1886) - LA DONNA DEL MARE U889) - EDDA GABLER (1890) - IL COSTRUTTORE SOLNESS (1892) - IL PICCOLO EYOLF (1894) - GIAN GABRIELE BORGMANN (1896) - QUANDO NOI MORTI CI DESTIAMO (1900). Ogni opera ha una presentazione singola, mentre il volume è preceduto da un’ampia prefazione «Ibsen in Italia » di Lorenzo Gigli, nella quale i rapporti del grande norvegese con il nostro Paese, tramile il teatro italiano, sono particolarmente interessanti per il nome di Eleonora Duse, che non si può dissociare da un omaggio italiano ad Ibsen. Il volume di mille pagine, in formato grande, su carta spe ciale appositamente fabbricata, e stampato con nitidissimi carat teri, reca — alla fine — una Bibliografia, particolarmente inte ressante: sono elencate le «prime rappresentazioni dei drammi di Ibsen » nel mondo, dal 1850 al 1899; sono elencate le «prime edizioni delle opere di Ibsen », da quella di Copenaghen dal 1871 ai giorni nostri. Infine, l’« Indice » è fatto con il riferimento ai singoli atti di ogni opera pubblicata. E’ un libro che non può mancare in nessuna biblioteca pri vata; è il volume più indicato per un dono di amicizia. Il let tore che vuole regalare un esemplare da amatore del nostro eli'ordine di pubblicazione) di DIEGO FABBRI; SIMON GANTILLON; GRAZIA E FERNALDO DI GIAMMATTEO; RENATO SIMONI; LUCIO RIDENTI; VITO PANDOLFI; RICHARD HOFFMANN; VINICIO MARINUCCI; ARMAND SALACROU; GIANNI RATIO; GINO CAIMI; FRANCESCO BERNARDELLI; SYBIL THORNDIKE ♦ In copertina: SALVATORE FIUME: Sintesi del miracolo moderno-Giorni senza fine*. Tavole fuori testo: ALIGI SASSU; SALVALORE FIUME ♦ Seguono te cronache fotografiche e le rubriche rafie. D IE G O FABBRI L A L O E ’ Z N I O E N I L E E Scritto nel 1934 — subito dopo Oh, Wilderness! (Fermenti) — Days without end (Giorni senza fine) è non solo l'ultima, ma la più significativa opera di O' Neill; e con ciò non si vuol dire affatto che sia la migliore. Più significativa nel senso che rappresenta la conclusione di una crisi drammatica protrattasi e rimasta aperta nello scrittore americano per oltre un decennio. Dire, come molti critici vanno giustamente dicendo, che, tutto sommato, gli scarni « Drammi marini », con cui O' Neill aprì la sua fama di scrittore, sono la sua cosa più raggiunta, può essere un giudizio tanto ovvio da sembrare perfino inutile. Poiché quello che veramente ci interessa di uno scrittore che vive con noi è il suo 'cammino non ¡solo spontaneo e istintivo, ma anche volontario (in somma, intelligente) per scoprire una pace: cioè un punto fermo, di arrivo, una certezza — la verità. Ogni dramma, infatti, è la storia del rinvenimento o meno di questa certezza. La storia di queste fatiche è già per sé dramma, qualunque sia la sua conclusione; certo però che quando sbocca in una cer tezza e la canta, abbiamo il grande dramma, l'opera esemplare. Giorni senza fine è sotto questo aspetto un'opera estremamente interes sante per un discorso crìtico, proprio perchè qui O' Neill giunge per la prima volta a una conclusione di certezza. Ci giunge o ci « vuol giungere », si sonio 'domandati? In Italia O' Neill passa per un autore molto scaltro, troppo preoccupato di mettersi sempre al passo e di rinnovarsi con il rinno varsi delle maree letterarie. Tutto ciò, anche se fosse, non sarebbe nè male nè bene; e in O' Neill sarebbe, semmai, il segno di una impressionabilità propria del suo temperamento di angoscioso. Ad ogni modo anche l’esame e la storia dei diietti e degli « atti di volontà », non è meno interessante, in questo caso, della storia di ciò che è espressione spontanea. Tanto più ch'io sono propenso a mettere gli « atti di volontà » di O' Neill tra le sue qualità ed energie più feconde. Mi interessa, infatti, non solo quel che O' Neill è — il suo dato di natura (i « Drammi marini », per intenderci) —, ma quel che O' Neill ha capito e ha voluto realizzare: la sua conquista oltre che il suo dono gratuito; la sua strenua e talvolta sproporzionata volontà di scavare, di giungere fino a uno strato solido su cui poggiare, da cui girare attorno l'occhio e abbrac ciare il mondo, e giudicarlo. Tutta la nostra crisi drammatica è, in fondo, di non aver fatto quel che ha fatto un po' grossolanamente O' Neill; e di non averlo fatto per la paura di peccare di cattivo gusto. Chi giudicherà gli ultimi decenni della letteratura e del teatro ci condannerà non per peccato di temerità (come ambiziosamente ci illudiamo), ma per peccato di timidezza. Non siamo andati troppo a fondo nell'analizzare le cose, ma troppo poco. Ci si è messi per la strada della introspezione, ma ci si è fermati a metà, colti dallo stupore e dallo spavento. La storia drammatica del teatro moderno è quella di una timidità un po' pettegola che si {smarrisce per strada e prende esage ratamente sul serio i propri smarrimenti. E si sa che i terreni continuamente iriabili e i resoconti di questi quotidiani cedimenti e franamenti sono proprii delle opere mediocri e dei perìodi di transizione. O' Neill se ne è accorto con istintiva lucidità e ha voluto scansare il peri colo di una accettata mediocrità impegnandosi intenzionalmente su certi co spicui valori. Non c'è dubbio che da Anna Christie (compendio di « Drammi marini ») in poi, ogni sua opera nasce dalla deliberata ricerca dì una soluzione scenica a una intenzione drammatica. Il suo temperamento angoscioso si versa di volta in volta con sincero accanimento su argomenti importanti; e i suoi drammi non cessando di essere tutti, chi più chi meno, evidentemente autobiografici, si articolano in forme insolite e un po' mostruose, nate da un imprevedibile accop piamento di schemi e modelli ormai gloriosamente assicurati a una imperitura classicità (e per ciò non ripetibili), col flusso del tutto irrazionale e decentrato della sua impulsività drammatica. Parlare di risultati ìbridi è dire cosa impro pria, perchè questa generazione sempre un po' barocca ha però un tale calore di respirazione e una tale sicurezza di piglio da renderla assolutamente viva. Viva anche nella sua falsità. E' il temperamento che salva sempre O' Neill facendolo rimaner fuori dal « saggismo drammatico » in cui sprofondano invece autori (come Sartre, per esempio) più avvezzi di lui al sottile disegno dell'or nato interiore. Perchè O' Neill fa sempre e comunque del teatro, forse per una sua elementare esigenza a semplificare e a perorare. Fa sempre teatro anche quando sembra fare della narrativa dialogata come in Strano Interludio, o del classicismo volgarizzato e applicato come nel Lutto si addice a Elettra o sembra addirittura riprendere le strutture e le contrapposizioni ingenue del « miracolo medievale », come in questo Giorni senza fine, « miracolo moderno ». Perchè è giusto quel che mi faceva notare Orazio Costa tra una prova e l'altra, che cioè ^Giorni senza fine riprende il contrasto della primitiva sacra rap presentazione: l'uomo combattuto tra l'Angelo e il Demonio. Che altro sono, infatti, John, Loving e Padre Baird se non l'uomo oscillante tra il Demonio e l'Angelo? Non c'è dubbio però che, pur richiamandosi all'antico schema me dievale, O' Neill giunga a una forma personalissima di rappresentazione. La maggior parte della critica è piuttosto negativa sul valore poetico degli espe dienti scenici a cui O’ Neill affida la complessità dei suoi conflitti interiori. Non nego che la estrema, semplicistica esteriorità degli espedienti (in cui però consiste la loro forza comunicativa) non possa far restare piuttosto perplessi; però ritengo che la critica non abbia, per un vizio estetico, apprezzato abba stanza la insolita ricchezza fantastica e inventiva di O' Neill in un periodo storico come il nostro in cui le qualità fantastiche risultano tanto mortifícate. In Giorni senza fine siamo di fronte a un ennesimo motivo di sdoppia mento, di dissociazione interiore, motivo dominante nella drammatica moderna. O' Neill semplifica e concreta al massimo il contrasto del personaggio; Io divide esattamente in due e ne fa due realtà, non due personaggi, ma due volti. « O' Neill — scrive Giorgio Chiesura su Letteratura — trasformando il personaggio complicato in due personaggi semplici e realizzando tra loro una difficile e intima unità, ha trovato una drammaticità genuina ». Ha reso dram- malico, cioè contrastato, un soliloquio. E ha indicato una via —- via di teatro_ cioè risolta in valori di rappresentazione: riportare a una struttura elementare ¡a complessità intrecciata di un contrasto. Rosso di San Secondo, che è tra quelli che disapprovano il sistema, si chiede: « ...in quanti mai attori si sarebbe dovuta sdoppiare, ad esempio, la complessa anima di Amleto? ». Forse in più di due, d'accordo (benché in « Amleto » si tratti di altro dissidio), forse Amleto non sarebbe più Amleto, e la struttura della tragedia shakespeariana sarebbe iutt'un'altra, ma non vedo che ciò sia un male. E' un altro teatro. Un teatro che tende a snaturare psicologicamente il personaggio, a voltarlo verso il simbolico. Infatti, sempre per stare a Giorni senza fine, tutto il dramma John-Loving è o commemorato o simboleggiato, quasi mai vissuto in quel presente produttivo di eventi che è il solo tempo drammatico a cuici ha abituato il teatro moderno. Ma ciò prova, semmai, che il teatro può tol lerare altri \tipi di .personaggi e non consiste soltanto nel carattere psicologico di essi come siamo propensi a sentire, ma si fonda piuttosto sul « discorso », sul dialogo suscitatore di azione, cioè di fatti nuovi. Il teatro e, conseguentemente, la teatralità è lo svolgersi sorprendente di una catena di latti nuovi. Non conta se i personaggi dan nel simbolo, conta il crescere, il lievitare, il contrastare, l'annunciarsi, il proclamarsi progressivo di una certezza. In Giorni senza fine c'è il chiaro disegno di tutto questo, c'è l'assunto del capolavoro, e se Giorni senza fine capolavoro non è, lo si deve al fatto che la mira intenzionale non è sempre sostenuta da un adueguato respiro creativo. (Ma questo è tutt'altro discorso). E' la mira, l'intenzione quanto mai ambiziosa che fa del teatro di O' Neill, secondo una felice espressione di Gigliozzi, un teatro che « aspira al maiu scolo ». E questo carattere « maiuscolo » del teatro di O' Neill è insieme il suo pregio e il suo limite. E' in ogni caso un titolo di merito — e un altro segno della esemplarità di O' Neill. O Neill ha sentito la necessità di avere delie intenzioni con cui arric chire la sterilità di una comune indigenza morale: è il fatto volontario (la in tuizione, cioè, di quel che dovrebbe e vorrebbe essere un teatro che assol vesse a una sua funzione sociale e religiosa dì « adunata ») che si innesta sulla estemporaneità volubile del temperamento. Anche il teatro di Sartre è un teatro intenzionale, ma latto da un saggista, vale a dire un teatro nato e scritto in terza persona. Il teatro di O' Neill ha comunque una sua massiccia importanza e il ba gliore di una autentica originalità; e non si può mai sbarazzarsene leggermente alludendo a Sardou anche se qua e là c'è sentore di Sardou. E' la gravità, è l'impegno ed è anche la popolarità di questo teatro che fanno di O' Neill un autore esemplare, un maestro pieno di balbettamenti, di cipigli, di enfasi, di grinte e di cattivo gusto — tutto quel che volete —, ma che può insegnare molte cose concrete alla nostra timidezza ed al nostro sirenato egotismo impo polare che, oltre tutto, riesce così faticosamente ad avere una fantasia per rappresentarsi scenicamente. G S E I N O R Z A N F I I N E U N M IR A C O L O M O D E R N O Q U A T T R O A T T I (SEI Q U A D R I) D I E U G E N E O ’ N E IL L TITOLO ORIGINALE DELL’OPERA «DAYS WITHOUT END» - VERSIONE ITALIANA DI MARIO FORNI LE P E R S O N E JOHN - LOVING - WILLIAM ELIOT - PADRE MATTHIEW BAIRD - ELSA, moglie di Loving MARGARET - LUCY HILLMAN - DOTTOR HER BERT STILLWELL - UN’INFERMIERA. Trama per un romanzo L’ufficio privato di John Loving nella sede della Ditta Eliot & Co. di New York City. A sinistra, una finestra. Una sedia con la spalliera voltata verso la finestra ed un tavolo. In fondo, un tavolo ed una poltrona. Una terza sedia sta a destra del ta volo. Nella parete di fondo, una porta d’entrata agli altri uffici. Al centro dell’ufficio un po’ a destra un’altra sedia. GE’ un pomeriggio di un giorno nuvoloso del l’estate 1932. La luce che viene dalla finestra è grigia e fredda. All’alzarsi del sipario questa luce è concentrata attorno a due persone se dute al tavolo. Man mano che l’azione procede la luce si estende in modo impercettìbile fino a pe netrare al termine della scena d’apertura fra John e Loving in ogni parte della stanza. John è seduto sulla sedia a sinistra del tavolo. E’ un quarantenne di media statura, un bell’uomo piuttosto tarchiato, tipo caratteristico di americano attraente, naso dritto, mento quadrato, bocca ampia che sembra avere una sensibilità femminile, fronte larga, occhi azzurri. Veste un abito scuro, camicia e colletto con cravatta scura, calze e scarpe nere. Loving è seduto nella poltrona dietro il tavolo; è della stessa età, della stessa statura e lineamenti ed è vestito in ogni particolare esattamente allo stesso modo. I suoi capelli sono pure uguali, scuri, striati di grigio. In contrasto con questa strana somiglianza tra i due, vi è pure una strana dissimiglianza. La faccia di Loving è una maschera che presenta esattamente i lineamenti della faccia di John-, quella di John morto con un sogghigno di sdegnosa ironia sulle labbra. E questa sdegnosa ironia è riflessa anche negli occhi che sorpassandolo, scom pare nel corridoio a destra verso la porta d’ingresso dell’appartamento. Quindi anch’egli si volta e scom pare nel corridoio a sinistra, seguendo Padre Baird e John nello studio). QUADRO SECONDO Lo studio di John Loving al piarlo superiore del l’appartamento. A sinistra, di fronte, vi è una porta di accesso alla camera di Elsa. Librerie si estendono lungo le pareti di fondo e di destra. Vi è un’altra porta, a destra, che dà accesso al cor ridoio. Un lungo tavolo con una lampada al centro, di fronte. A sinistra del tavolo vi è una sedia. Di fronte al tavolo una sedia eguale. A destra, di fronte, una chaise-longue voltata verso sinistra. (Si scorgono: Padre Baird, John e Loving. Il pre te è seduto sulla chaise-longue, John nella sedia di fronte al tavolo, Loving nella sedia a sinistra del tavolo. Padre Baird ha lo stesso atteggiamento mantenuto nella scena precedente: lo sguardo ri volto in basso, afflitto ma alquanto austero. La faccia mascherata di Loving ed il suo sguardo freddo ed impassibile, sono concentrati su John; quest’ultimo parla meccanicamente, nervosamente e con monotonia, come se parlasse per scacciare i pensieri). John — Io ascolto la gente che parla di questa depressione generale che stiamo attraversando, e mi meraviglio della prevalente stupida codardia. E’ evidente che tutti ingannano deliberatamente se stessi, perchè temono che un cambiamento non da rebbe loro il coraggio di guardare in faccia la veri tà. Non vogliono comprendere ciò che è loro acca duto. Essi non desiderano altro che ricominciare la cuccagna del loro cieco egoismo. Non sanno più cosa desiderano, che cosa questo paese debba essere o debba diventare, nè dove desiderano che vada a finire. Ha perduto qualsiasi significato, per loro, ec cetto quello di un porcile e così, la loro vita di cit tadini non ha nè principio nè meta. Hanno perduto l’ideale della Terra dei Liberi. La libertà domanda iniziativa, coraggio; il bisogno di decidere quel che la vita deve significare per ognuno. Per loro, questo rappresenta il terrore. Essi spiegano la loro vigliac cheria spirituale latrando che il tempo dell’indivi dualismo è ormai passato, mentre in realtà è il loro coraggio di possedere una propria anima che è morto... E putrefatto! No, essi non vogliono essere liberi; la schiavitù significa la sicurezza... di una certa specie, di quella specie per la quale soltanto si sentono coraggiosi. Quella che li esime dalla ne cessità di pensare. Non hanno altro da fare che ob bedire agli ordini dei padroni i quali sono, a loro volta, i loro schiavi! Loving (interviene, annoiato e derisivo) — Ma an cora una volta torno a denunciarli. Naturalmente è tutto fiato sciupato; sciocchezze. La libertà non era che la nostra illusione romantica. Ora conosciamo qualcosa di meglio. Sappiamo di essere tutti schiavi di qualche possibilità priva di significato. L’elettri cità o qualche altra cosa, che ci trascina veloce mente... fino ad Ercole! John (con orgogliosa fiducia) — Ma, ciò nonostan te, io dico: benissimo! andiamo a raggiungere Er cole! Affrontiamo pure anche questo! Una volta che abbiamo accettato anche questo senza fuggire, possiamo cominciare a creare nuove mete per noi stessi; mete per i giorni che viviamo! Sorgerà una nuova disciplina per la nostra vita, una nuova vo lontà e forza di vivere, un nuovo ideale che dia la misura del valore della nostra vita! Loving (beffardamente) — Cosa? Sto forse scher zando ancora una volta con le mie vecchie ideologie sociali? Mi duole di annoiarvi, zio. Padre Baird (calmo, senza alzare lo sguardo) — Non mi annoi affatto. Jack. John (una esaltazione idealistica si palesa nella sua voce) — Abbiamo bisogno di un nuovo eroe che ci insegni questo ideale; un eroe che con la sua stessa vita lo esemplifichi e lo trasformi in realtà vivente per noi... un uomo che dimostri come la breve vita umana, nel tempo e nello spazio, può essere nobile. Abbiamo bisogno soprattutto di im parare ancora una volta a credere nella possibilità di nobilitare lo spirito in noi stessi! Un nuovo sal vatore deve nascere, che ci riveli come possiamo salvarci da noi medesimi, in modo da poterci li berare dal passato, ed ereditare il futuro senza perire ! Loving (beffardamente) — Vi sembreranno gli stessi pensieri delle mie vecchie lettere, zio. Ed an cor più insensati, naturalmente. Ma vi sono mo menti di abbattimento e di sollievo in cui uno tro va rifugio in qualsiasi vecchia cosa nuova! Padre Baird (ignorando le ultime parole, con cal ma) — Hai dimenticato che gli uomini già posseg gono un Salvatore, Jack. Hanno bisogno soltanto di ricordarsi di lui. John (piano) •— Già, forse, se noi potessimo an cora aver fede in... Loving (aspramente) — No! Gli dei sono cose sor passate! Non è possibile tornare indietro! Padre Baird — Jack! Sii cauto! Loving (ancora beffardo) — Ma, d’altra parte, posso convenire con voi che questo Salvatore, que sto superuomo che ho ora rievocato dal mio passato, è ugualmente uno spettro futile. Anche se egli ve nisse, non avremmo altro da fare che confinarlo in un manicomio per averci voluto insegnare che la nostra vita dovrebbe avere un nobile scopo e quindi affondare i nostri quattro piedi nel truogolo! (Ride sardonicamente) Come potremmo considera- GIORNI SENZA FINE re una così poco patriottica idea diversamente da una pazzia, eh? (Una pausa. Padre Baird alza lo sguardo e studia l’espressione della faccia di John con speranza). Padre Baird (finalmente parla con calma) •— Jack, da quando siamo saliti nel tuo studio, ho ascoltato pazientemente le tue discussioni su ogni soggetto del mondo, ad eccezione di quello che io so che occupa realmente la tua mente. John — Non comprendo cosa vogliate significare. Padre Baird — La fine del tuo romanzo. John — Oh, dimentichiamolo. Ne sono stufo di quel maledetto lavoro... almeno in questo mo mento. Padre Baird — Già, stufo di quel maledetto la voro. E’ proprio per questo che io ritengo importante che tu me lo faccia conoscere... ora. La moglie di quell’uomo muore, tu dicesti. (.Guarda fisso il volto di John ed aggiunge adagio) D’influenza che si tra sforma in polmonite. John (disagiato) — Perchè mi fissate così? Padre Baird (abbassa7ido lo sguardo, con calma) — Continua dunque la tua storia. John (esitante) — Ebbene... io... Potete immagi nare l ’angoscia di lui dopo la morte di sua moglie... La colpa che lo tortura mille volte di più ora che sua moglie è morta. Padre Baird — Posso bene immaginarlo, Jack. Loving (beffardamente) — E, sotto l ’influenza della sua ridicola coscienza che lo accusa, tutte le superstizioni della sua infanzia, quelle che egli si vantava di aver ucciso con la sua ragione, ritornano ad appestarlo. Sente, alle volte, l’assurdo impulso di pregare. Lotta e respinge questa sciocchezza. L’ana lizza razionalmente. La concepisce chiaramente come un ritorno alle esperienze della sua infanzia. Ma, ad onta di se stesso, quel qualche cosa che è in lui e che egli disprezza come una superstizione, si impone con la vecchia patetica idea della sopravvi venza dopo la morte. Egli comincia a credere che sua moglie è vivente in qualche mitica vita! John — Egli sa che il suo peccato essa ora lo co nosce. Egli la ode promettergli il perdono se an cora una volta egli crederà nel suo vecchio Dio dell’Amore, attraverso il quale egli la cerca. Lo spi rito di lei sarà sempre vicino a lui in questa vita e da morte non sarà una fine, ma un nuovo principio, una riunione con lei nella quale 11 loro amore con tinuerà per sempre nell’eterna pace e nell’amore di Dio! (La sua voce ha assunto un tono di intenso de siderio). Padre Baird — Ah! Dunque lo senti Jack! Grazie a Dio! John (come se non avesse inteso) —• Una notte, quando egli si sente perseguitato in modo insoppor tabile, egli corre fuori... nella speranza che, cammi nando fino aU’esaurimento, potrà essere in grado di prendere un po’ di sonno e dimenticare. (Fissa stra namente lo sguardo di fronte come se scorgesse la scena che sta descrivendo) Senza sapere come vi sia giunto, egli si accorge di aver fatto un lungo giro e di trovarsi di fronte alla vecchia Chiesa, poco di stante dalla casa ove ora egli vive, nella quale usava pregare quand’era bambino. Loving (beffardamente) — Ed ora siamo arrivati alla grande scena fatale, nella quale egli affronta finalmente i suoi spettri! (Con dura espressione di sfida) La Chiesa lo mette alla prova... Ed egli ac cetta la sfida e rientra! John —- Si trova inginocchiato ai piedi della Cro ce. Ha la sensazione di essere perdonato e penetra di nuovo nel suo cuore l ’antica confortante pace, la sicurezza, la gioia! (Egli esita, come se fosse ri luttante a proseguire, come se fosse giunto alla fine). Padre Baird (profondamente commosso) — E’ questa la fine? Grazie a Dio! Loving (beffardamente) — Temo che la vostra contentezza sia alquanto prematura... perchè questa sua codarda resa di fronte alla sua debolezza, non è affatto la fine! Anche quand’è inginocchiato, vi è qualcosa in lui che ride, che schernisce... ed al l’ultimo momento, la sua volontà, il suo orgoglio rivivono in lui. Egli vede chiaramente, alla luce della ragione, l ’abbiezione della sua misera resa per trovare consolazione nei vecchi fantasmi... e li respinge! (La sua voce, con sorprendente pron tezza, assume un tono selvaggio e vendicativo) Egli maledice ancora una volta il suo Dio, come già fece da ragazzo! Finalmente egli lo sfida! Egli... Padre Baird (austero) — Jack! Fai attenzione! John (confusamente protestando) — No... Ciò non è giusto... Io... Loving (stranamente confuso, a sua volta affret tatamente) — Scusatemi, zio. Naturalmente ho avu to torto... temo di aver permesso per un momento all’autore, ansioso di descrivere un momento drammatico, di sfuggire al mio sano raziocinio. Naturalmente egli non potrebbe essere mai tanto stupido da maledire ciò che egli sa che non esiste! John (con senso di scoraggiamento) ■ — No. Egli si accorge che non potrà mai più credere nella sua fede perduta. Esce dalla Chiesa... privo ormai del l ’amore per sempre... e pronto ad affrontare la sua perdita eterna, senza speranza, ed accettare il suo fato ed a continuare la sua vita. Loving (beffardamente) •— Una fine veramente eroica, sfortunatamente priva di senso! Padre Baird — E’ vero. Priva di senso. Mi fa piacere che tu lo comprenda. John (eccitandosi un poco, difensivamente) ■— No... Ritiro la parola... Non è affatto priva di senso; il dovere dell’uomo è quello di vivere, di andare avanti! Loving (beffardamente) — Parla ancora una volta l’idealista romantico! Avanti fino ad Ercole! Che motto ispiratore! (Quindi una nota sinistra EUGENE O’ NEILL ritorna nella sua voce) Ma vi è ancora un’altra fine alla mia storia... Una fine logica e coerente! Padre Baird (come se non avesse udito le ulti me parole) —• Jack! Ma sei così cieco di non accorgerti che la tua immaginazione, suggeren doti di far trovare al tuo eroe la pace nella Chie sa, rivela l’ardente desiderio della tua stessa ani ma?... La salvazione da te medesimo, che in essa puoi trovare e che ti offre? Se tu fossi onesto con te stesso, ti getteresti in ginocchio ora e... Loving — Scempiaggini! Come potete credere a simili superstizioni puerili? Padre Baird (.risentito) — Jack! Pio sopportato fino al limite del possibile le tue bestemmie, i tuoi insulti a... John (contuso) — Io... Io... Non intendevo... Ne sono dolente, zio. Ma è soltanto una storia. Non prendetela tanto seriamente. Padre Baird (controllando immediatamente, con calma) —• E’ soltanto una storia, Jack? Vuoi pro prio che io continui ancora a crederlo? John (difendendosi) — Perchè? Cos’altro potre ste dunque credere? Credete forse che io?... (Quin di, con tono improvvisamente adirato) Basta con questa maledetta storia. Ne ho avuto abbastanza e non voglio parlarne più! (Padre Baird lo fissa in silenzio. Joh.i incomincia a passeggiare su e giù per la stanza nervoso ed inquieto. Quindi si ferma im provvisamente) Io... Se me lo permettete... Io de sidero scendere un momento per vedere come sta Elsa. (Si avvia verso la porta. Loving lo segue) Tornerò subito. Padre Baird (calmo) — Naturalmente, Jack. Non ti preoccupare di me. Darò un’occhiata alla tua biblioteca. (Si alza. John esce. Loving si volta per un attimo ad osservare Padre Baird con espres sione beffarda e irridente. Poi segue John. Padre Baird si avvicina agli scaffali a destra, ma agi sce meccanicamente. La sua mente è preoccupata e la espressione è triste. La voce di John si ode, proveniente dal piano inferiore, che chiama Elsa. Padre Baird si scuote e sta in ascolto. Quindi si ode ancora la voce di John proveniente dalla ca mera di Elsa. Egli continua a chiamare ansiosa mente: «.Elsa!». Quindi, evidentemente, esce dalla camera e chiude la porta dietro di sè. Il volto di Pa dre Baird assume un aspetto sempre più preoc cupato. Va verso la porta di fondo e vi rimane in piedi, per udir meglio la conversazione che avviene nel piano inferiore. Un momento dopo John riap pare dalla porta di fondo. Sta compiendo un grande sforzo per nascondere un senso di paura. Avanza. Loving lo segue in silenzio, ma si ferma e rimane in piedi presso lo scaffale a sinistra della porta). John —■ E’... E’ uscita. Padre Baird — E’ uscita? Ma sta ancora pio vendo, o m’inganno? John — Piove dirottamente. Io... Non posso com prendere. Ma è da pazzi uscire stasera, ancora con valescente dall’infìuenza... Padre Baird (come colpito, involontariamente) — Ah! John — Cosa dite? Padre Baird ■ — Niente. John (spaventato) — Non posso immaginare... Padre Baird — Da quanto tempo è uscita? John —• Non lo so. Margaret dice di avere udito qualcuno uscire subito dopo che noi siamo saliti. Padre Baird (a voce bassa, parlando con se stesso) — E’ colpa mia, che Dio mi perdoni. Avevo il presentimento che non avrei dovuto lasciarla sola. (John si getta sulla sedia presso il tavolo ed attende nervosamente... Quindi, improvvisamente, come se scoppiasse) John —• 'Non avrei dovuto raccontarle la sto ria! Sono uno stupido maledetto da Dio. Padre Baird (austero) —■ Dovresti essere più onesto e dire che sei uno sciocco che maledice se stesso! (Udendo un rumore proveniente dal piano inferiore) Senti? Non è qualcuno che arriva? (John si ferma per un secondo ad ascoltare, quindi corre verso la porta: in fondo. Loving rimane dove si trova, in piedi, impassibile, presso lo scaffale). John (chiama) ■ —• Sei tu, Elsa? Elsa (dal piano inferiore, affrettatamente) — Sì. Non scendere. Vengo su io. (Un momento dopo essa appare nel corridoio). John — Cara! Mi hai maledettamente preoccu pato! (Cerca di abbracciarla). Elsa — Fammi il piacere! (Lo scansa scher mendosi ed entra nello studio. Si è tolta il cappello e l’impermeabile al piano inferiore; ma la parte di fondo della sua gonna come le sue calze e scar pe, sono molto bagnate. La sua faccia è affilata, contratta e pallida, con tenui macchie rosate su gli zigomi. I suoi occhi brillano immobili. Padre Baird la osserva in modo inquisitorio, con espres sione triste e compassionevole). Padre Baird (sforzandosi a dare alla voce un tono di sollievo mentre avanza) — Che cosa avete fatto? Ci avete causato un grande spavento, cara signora. Elsa (nervosamente) — Me ne dispiace, Padre. Padre Baird — Vostro marito stava quasi per dendo la testa dalla preoccupazione di sapere ciò che vi era successo. (Elsa si siede nella sedia di fronte al tavolo. John rimane in piedi alla sua si nistra. Loving si è pure alzato e si è posto in fondo al tavolo, a destra, dietro a John. I suoi occhi fis sano il volto di Elsa con nervosismo ansioso e si nistro). John (che si sente sempre più disagiato) — El sa! Sembri ammalata. Ti senti male? Padre Baird —- Vado a prenderle un po’ di whi sky. E tu, cerca di farla mettere subito a letto. (Esce dalla porta di fronte). GIORNI SENZA PINE John (afferrando le sue mani) — Le tue mani sono gelate! Elsa (si libera dalla sua stretta. Freddamente, sema guardarlo) —• Fuori fa molto freddo. John — Guarda le tue scarpe! Sono inzuppate d'acqua! Elsa — Non importa. (XJn brivido di freddo at traversa il suo corpo). John — Hai preso un raffreddore. (Quindi sfor zandosi ad usare un tono di tenerezza e di coman do) Adesso devi andare subito a letto, e senza tante discussioni, hai capito? Elsa — Stai cercando di fare la parte del marito tenero ed autoritario con me, John? Non serve più. Non mi fa più effetto. John — Perchè parli così? Elsa — Sei proprio deciso a continuare questa farsa fino alla fine? John — Io... Io non comprendo ciò che vuoi dire. Perchè mi guardi in questo modo... come se tu mi odiassi? Elsa (amaramente) — Odiarti? No, odio soltanto me stessa per essere stata tanto stupida! (Quindi, con un tono aspro e beffardo) Vuoi sapere dove sono andata e perchè? Ma forse farei meglio a raccontarlo sotto la forma di trama per un ro manzo. John — Io... Io non so davvero dove vuoi arri vare. Elsa — Sono uscita perchè ho pensato che mi sarebbe piaciuto di fare la mia entrata ad una delle solite riunioni di Lucy. Ma non vi ho provato emozione... non vi ho trovata la possibilità di un adulterio... Nemmeno nelle particolari condizioni di odio e di vendetta contro di te. Così, sono tor nata a casa. (Si sforza di sorridere amaramente) Ecco tutto! Sei soddisfatto, ora? Ma è una grossa bugia, naturalmente. Ho fatto semplicemente una passeggiata. Ho detto una grossa bugia, come è la tua storia... letteraria. John (stordito, balbuziente) — Elsa, io... Elsa —- Per l ’amor di Dio, John, non continuare a mentire con me. So tutto, capisci? Lucy mi aveva già detto tutto quest’oggi. John — Te lo ha raccontato? Dannata... Elsa —- Non mi ha detto veramente che fosti tu. Ma mi ha dato tutti gli identici e detestabili dettagli della tua storia. Eri dunque tu stesso che raccontavi le tue gesta. Una specie di scherzo su te stesso, non è vero? (Ride amaramente). John —- Io... (Confessa miseramente, senza vo lerlo) Sì... è vero. Elsa — Ed è stato un bello scherzo anche su di me. Ti saresti divertito, se tu avessi visto come ho cercato di scusarla, e quanta compassione ho avuto per lei. Ed era invece lei che mi compiangeva! Ne godeva! Ha sempre invidiato la nostra felicità. (Contorcendosi) La nostra felicità! John (con violenza) — Non parlare così. Elsa — Deve aver riso di me come di una pa^* za, facendosi beffe della mia stupida fede in te. E tu le hai dato quella opportunità... Tu! Hai fatto del nostro amore uno scherzo osceno per lei e per tutti gli altri come lei... Tu, al quale avevo donato tutta la mia anima! E stavi sempre attendendo questa opportunità per uccidere il nostro amore; tu mi odiavi nel tuo intimo, odiavi la nostra felicità, odiavi l’ideale che mi avevi dato col nostro ma trimonio, che era diventato per me tutta la bel lezza e la luce della vita! (Scatta in piedi, distrat tamente) Oh, non posso... non posso! (Si scuote come se volesse fuggire dalla stanza). John (l’afferra: implorando) — Elsa! Per l ’amor di Dio! Non puoi intendere il vero volto della mia storia? Non puoi perdonare? Elsa — No! Non posso perdonare! Come posso perdonare... se mentre ti avevo dato tutto il mio affetto, tu desideravi in cuor tuo che io dovessi morire?! John (freneticamente) — Non dire questo! E’ una pazzia! Elsa! Santo Dio, come puoi credere... Elsa — E quale altra cosa posso credere? (Quin di, furiosamente) Oh, John, basta coi discorsi! A che cosa servono, ormai? So soltanto che io odio la vita! E’ immonda, insultante... e infernale! Vo glio che ritorni il mio sogno... o voglio esser morta per esso. (Trema. Ha dei brividi) John, lasciami sola! Ho freddo, mi sento male. Mi sembra d’im pazzire! Padre Baird (entra dalla porta di fondo. Im perativo) — Jack! perchè non l ’hai fatta andare subito a letto? non vedi che è ammalata? Tele fona al suo dottore. (John esce. Loving, il cui sguardo rimane fisso su Elsa con l’usuale strana espressione, esce anch’esso dietro di lui. Avvici nandosi ad Elsa, con molta compassione) Povera signora, non ho parole per potervi esprimere il mio profondo... Elsa (nervosamente) — Non me ne parlate! Non posso più sopportare... (E’ scossa da un brivido). Padre Baird (con preoccupazione, ma pretenden do di parlare con tono rassicurante, come se non fosse nulla) — Avete preso un cattivo raffreddore. Avete commesso una follia ad uscire. Ora bisogna curarsi subito per potersi rimettere in un giorno o due. Elsa (stranamente seria ed amaramente beffar da allo stesso tempo) — Ma questo guasterebbe la storia di John, non credete? E significherebbe non avere alcuna considerazione, dopo che egli ha pre disposto una fine così conveniente per me. Padre Baird —- Elsa! Per l’amor di Dio, non mi dite che avete preso sul serio le sue morbose sciocchezze! E’ dunque per questo che voi...? Elsa (come se non avesse inteso le sue parole) — E quando mi ha ricordato che stava piovendo, sem brava che tutto fosse stato perfettamente predi sposto... come la volontà di Dio! (Ride nervosamente e beffardamente. I suoi occhi brillano febbricitanti). Padre Baird (austero. Più per calmarla che per aver preso le sue parole seriamente) — Elsa! Fini tela con queste espressioni beffarde! Non si addi cono a voi! EUGENE O’ NEILL Elsa (confusamente) — Scusatemi. Avevo di menticato che siete... (Quindi, improvvisamente an cora febbricitante) Ma io non ho mai avuto alcun Dio, capite... Fino a quando incontrai John. (Ride istericamente... Quindi cerca di sforzarsi per alzarsi in piedi, tremando) Sono spiacente. Sto dicendo delle sciocchezze. Ho perduto completamente la testa. Io... (John entra dal corridoio di fondo. Mentre egli si avanza, Loving appare sulla porta dietro di lui). John (approssimandosi ad Elsa) — Stillwell dice che tu devi... Elsa (distrattamente) — No! (Quindi, tristemen te) Me ne vado... nella mia camera. (Si muove barcollando debolmente. John scatta verso di lei). John — Elsa! Amor mio! Elsa — No! (Con uno sforzo della volontà, essa supera la sua debolezza e si avvia meccanicamente verso la sua camera chiudendo la porta dietro di sé. John si muove, facendo atto di seguirla). Padre Baird (seccamente) — Lasciala sola, Jack. 0John si getta, privo di speranza, sulla chaise-longue. Loving è in piedi dietro di lui e fissa intensa mente con il suo sguardo sinistro la porta attra verso la quale Elsa è scomparsa. Padre Baird si muove anch’egli come se si accingesse a seguire Elsa nella sua camera. Quindi egli si ferma. Sulla sua faccia si nota la penosa impressione di un tri ste presagio. Abbassa la testa con modesta dignità e comincia a pregare silenziosamente). Loving (ha lo sguardo su John e gode beffeggian dolo) ■— Sembra aver preso molto sul serio la sua fine come è tracciata nel tuo romanzo. Speria mo che non si spinga troppo avanti. Ne hai già abbastanza sulla tua coscienza... senza l’assassinio! Non potresti vivere, lo so, se... John (rabbrividendo... Si stringe la testa con le mani, come se volesse spremerne ed estrarne i suoi pensieri) — Per l’amor di Dio! (Volge lo sguardo verso il prete. Quindi rimane fisso in un punto di nanzi a Padre Baird e la sua espressione cambia gradualmente e diviene come quella di persona af fascinata da una timorosa emozione, come se egli avesse l’improvvisa sensazione della presenza dì colui che il prete sta pregando. Dalle sue labbra, aperte, escono parole scandite e staccate l’una dal l ’altra, come se fossero pronunciate forzatamente, piene di timore e di implorazione) Tu non vorrai... darmi ancora questo dolore... vero? Tu non vorrai... togliermi ancora l ’amore? Loving (beffardamente) — Stai forse pregando, implorando pietà al tuo vecchio demonio? Se è così, spero che tu oda le sue risa. (Quindi, con im provvisa espressione di fredda rabbia maligna) Sei un pazzo, un codardo! Te lo assicuro io, non c’è niente... niente! John (si scuote e riprende il dominio di se stesso. Balbetta con aria confusa di sollievo) — Già... na turalmente. Che cosa mi sta mai passando per la mente? Non c’è niente... niente che incuta timore! QUADRO PRIMO Lo studio appare come nella scena precedente, ma in questa si vede anche la camera di Elsa a sinistra dello studio. A destra della camera, di fron te, vi è la porta tra le due camere. Dietro questa porta, a metà della parete, vi è un tavolo di toe letta, con uno specchio ed una sedia. Nella parete di sinistra, in fondo, vi è la porta d’accesso al ga binetto da bagno. Dì fronte a questa porta vi è una tenda, a sinistra, di fronte, il letto, piazzato contro la parete di sinistra. Presso la testa del letto vi è un piccolo comodino, e su di esso una lampada per leggere, ricoperta con tela per attenuare la luce. Ai piedi del letto vi è una poltrona. Un’altra sedia si trova presso la testa del letto, dall’altra parte in fondo. Una chaise-longue è a destra di fronte. Si approssima l’ora dell’alba di un giorno di circa una settimana dopo. (Nella camera Elsa è coricata con gli occhi chiu si; la sua faccia è pallida e deperita. John è se duto sulla sedia presso i piedi del letto, di fronte. Egli appare sull’orlo di un completo collasso fisico e mentale. Egli non si è più raso la barba e le sue guance sono incavate e giallognole. I suoi occhi hanno riflessi sanguigni a causa dell’insonnia e fissano dalle loro fosse oscure con espressione lan guida e fredda la faccia di Elsa. Loving sta in piedi dietro la spalliera della sua sedia rivolto di fronte. Il carattere sinistro e beffardo della sua maschera è ora accentuato. Padre Baird è in piedi presso la metà del letto dall’altra parte. La sua faccia porta evidenti tracce dell’insonnia e della stanchezza. Sta parlando, bisbigliando, col dottor Stillwell, che è in piedi alla sua destra. Entrambi stanno osservando Elsa con sguardo ansioso. Dietro Stillwell, alla sua destra, vi è un’infermiera pure in piedi. Stillwell è un uomo che ha superato da poco la cinquantina, alto, con una faccia ad angoli acuti e con i capelli grigi. L’infermiera è una donna grassotta vicino al la quarantina. Per un momento, dopo che si è al zato il sipario, continua il bisbiglio tra Stillwell e il prete; l’infermiera sta osservando ed ascolta. Quindi Elsa si scuote di sovente, gemendo. Parla senza aprire gli occhi; la sua voce è appena udi bile ed ha un tono di disperata amarezza). Elsa — John! Come hai potuto, tu? Il nostro sogno! (Geme). John (con angoscia) — Elsa, perdonami! Loving (con tono freddo e inesorabile) — Non ti perdonerà mai!... S tillw e ll (aggrottando le ciglia, fa segno a John di stare zitto) —■ Sssshh! (Bisbigliando con Padre Baird, mantiene lo sguardo su John. Il prete an nuisce col capo e gira attorno all’angolo del letto avanzandosi verso John. Stillwell si siede sulla sedia presso il capezzale, dall’altra parte, e tasta il polso GIORNI SENZA RINE di Elsa. L’infermiera si muove mantenendosi vicina a lui). Padre Baird (si curva sulla sedia dove John è seduto e gli parla cautamente a voce bassa) — Jack, devi essere calmo. John (lo sguardo fisso sulla faccia di Stilliceli, cercando di leggervi una risposta. Gli rivolge la pa rola paurosamente) — Dottore, cos’è? Sta forse?... S tillw e ll — Sssshh! (Fulmina John col suo sguardo a fa cenno a Padre Baird di tenerlo calmo). Padre Baird — Jack! Non ti rendi conto che stai facendo male a lei? John (confuso, a voce bassa) — Ne sono dolen te... Io sto cercando di... ma... Lo so che è una pazzia, ma non posso fare a meno di aver paura che... Loving — Che la mia profezia si stia avve rando... la sua fine nella mia storia. John (con angosciosa implorazione) — No! Elsa! Non credere questo! Elsa (geme). Padre Baird — Lo vedi? L’hai disturbata ancora una volta! (Stilliceli si alza, e dopo aver scambiato, bisbigliando, alcune parole con l’infermiera - che annuisce col capo e prende il suo posto presso il capezzale - cammina svelto attorno al letto ve nendo presso John). S tillw e ll — Che diavolo ha lei addosso? Le ho permesso di restare qui perchè mi ha dato la sua parola che sarebbe rimasto calmo. John (come abbagliato, improvvisamente so praffatto dal sonno, cerca invano di vincerlo) — Non ip farò più. (Accompagna le parole facendo cenno con la testa). S tillw e ll (gli dà un’occhiata incredula. Rivol gendosi quindi a Padre Baird) — Bisogna fare in modo di portarlo via di qui. John (svegliandosi e lottando contro la sua son nolenza) — Non voglio dormire! Dio mio! Come posso dormire quando... S tillw e ll (prendendolo per un braccio e fa cendo cenno a Padre Baird di prenderlo per l’al tro braccio. Imperativo, ma con voce appena udi bile) — Loving, venga nel suo studio. Le voglio parlare delle condizioni in cui si trova sua moglie. John (atterrito) — Perchè?... Cosa significa ciò? E’ forse... S tillw e ll (affrettatamente, con tono forzato per rassicurarlo) — No, no, no! Cosa le fa pensare queste stupidaggini? (Fa un segno con lo sguardo al prete ed entrambi alzano John) Andiamo, sia bravo. (Essi conducono John verso la porta dello studio a destra. Loving li segue silenzioso, muo vendosi a ritroso, tenendo gli occhi fissi, con espres sione di godimento sinistro, sul volto di Elsa. Pa dre Baird apre la porta e tutti e tre l'attraver sano. Loving scivola dietro di loro; Padre Baird chiude la porta. Conducono John sulla « chaiselongue » a destra, di fronte allo studio, passando davanti al tavolo. Loving li segue, passando dal l’altra parte del tavolo). John (comincia debolmente a resistere) — La sciatemi andare! Non devo lasciarla sola! Ho paura! (Lo costringono a sedersi sulla « chaise-longue »; Loving prende posizione dietro di lui dall’altra parte della « chaise-lonaue ») Ho la sensazione che vi sia qualche cosa... Loving (godendo e beffeggiandolo) — Un demo nio che ride, nascosto dietro la fine della mia storia! (Ride sinistramente. Padre Baird e per fino Stillwell non possono fare a meno d’essere spaventati da questa risata). John (si alza in piedi. Con angoscia) — No! Padre Baird — Jack! S tillw e ll (riavendosi, cattivo con se stesso e furioso con John, lo afferra per le braccia e lo co stringe a rimettersi a sedere sulla « chaise-lon gue ») — La smetta con le sue stupidaggini ! Si controlli ima buona volta! L’ho già avvertita che si sarebbe ridotto in questo stato, rifiutandosi di riposare e di mangiare. Ma questo deve finire, ha capito? Adesso cerchi di dormire! Padre Baird -— E’ vero, Jack! devi ubbidire! S tillw e ll — Non ha fatto altro che recare di sturbo sin dal principio, ed io sono stato paziente a sopportarla... Ma ora basta... Lei non entrerà ancora nella camera... John — No! S tillw e ll — Non vuole che sua moglie guari sca? Eppure, Dio mio, dal modo come ha agito... John (furiosamente) — Per l ’amor di Dio, non dica questo ! S tillw e ll — Non si accorge, dunque, che in queste condizioni non può portarle nessun aiuto? Se lei dormisse un poco... John — No! (Implorandolo) Elsa sta meglio, vero? Per l ’amor di Dio, mi dica che è sicuro che essa non... Mi dica questo ed io farò tutto ciò che lei vorrà! Loving — E non mi dica bugie, mi faccia il favore! Voglio conoscere la verità! S tillw e ll (sforzandosi a parlare con disinvol tura) — Cosa significano questi discorsi? Essa sta riposando tranquillamente. Non è il caso di pen sare che... (Quindi affrettatamente) Ed ora che è soddisfatto su questo, si riposi, come ha promesso. (John lo fissa un momento con incertezza. Quindi obbedisce e si distende) Adesso dorma. (John chiude gli occhi. Loving è in piedi presso il suo capezzale, lo sguardo rivolto in basso, sulla faccia di John. Questi, quasi immediatamente, si assopisce; il suo respiro diviene pesante ed esausto. Stillwell fa un cenno di soddisfazione, col capo, a Padre Baird... quindi si avvia verso la porta della ca mera di Elsa, invitando Padre Baird a seguirlo. Gli parla a bassa voce) Dobbiamo fare attenzione anche a lui. E’ sulla via di un completo collasso. Ma credo che ora dormirà, almeno per un poco. (Apre la porta della camera; il suo sguardo s’in contra con quello dell’infermiera ancora seduta sulla sedia, pressò il capezzale e che sta osservando Elsa. L’infermiera risponde con cenni del capo alle domande del dottore. Questi chiude legger mente la porta). EUGENE O’ NEILL Padre Baird ■ — Nessun cambiamento, dottore? S tillw e ll —■No. Ma non abbandono ancora la speranza! Ha ancora buone possibilità di resi stere! (.Quindi con tono di scoraggiamento esa sperato) Se essa volesse lottare!... Padre Baird (acconsentendo col cenno del capo e con espressione triste) ■ —■E’ vero. E’ così. S tillw e ll — Maledizione, sembra che essa de sideri di morire. (Quindi risentito) E non le na scondo. Dio mi perdoni, che ad onta del suo ap parente dolore, mi è venuto qualche volta il so spetto che nel suo intimo anche lu i desideri che essa... Loving (con lo sguardo fisso sul volto di John parla con tono freddo ed implacabile) — Essa morirà. John (scuotendosi) — No! Elsa! Perdona! (Ri prende il sonno come se fosse narcotizzato). S tillw e ll — Lei mi comprende. Continua ad insistere con se stesso che... Padre Baird (difensivo) — E’ un’orribile ac cusa che lei sta facendo, dottore. A me sembra che quel povero giovane stia impazzendo dal ti more e dal dolore. S tillw e ll (vergognandosi) — Sono molto do lente, ma vi sono momenti in cui ho un’acuta sensazione di... come ha detto lui stesso, di qual che cosa... (Quindi per tagliar corto, ritenendo che tali discorsi lo rendano sciocco) Temo, in questo caso, di essermi lasciato influenzare dai nervi. Non mi abbandono tanto spesso a sciocchezze psico logiche. Padre Baird — Le sue impressioni non sono sciocchezze, dottore. S tillw e ll — Essa non lo perdonerà. Questo è il male, tanto per lei come per lui. (Sospira, tra dendo per un momento la sua stessa stanchezza fisica) E’ un caso strano. Troppe correnti nascoste. La polmonite è stato un mezzo piuttosto che una causa. (Con una traccia di condiscendenza) Un caso che si addice più a lei. L’avere scacciato i diavoli che hanno nelle loro menti avrebbe molto giovato... e potrebbe ancora giovare. Padre Baird — Potrebbe ancora giovare. E’ vero. S tillw e ll (esasperato) — Accidenti, ho visto molti casi peggiori, eppure il paziente se l’è cavata. Se potessi soltanto risvegliare in lei la volontà di vivere! Se lo avesse perdonato e si fosse tolta quel pensiero dalla testa, sono certo che avrebbe lot tato. (Improvvisamente si alza in piedi. E conclude la conversazione affrettatamente) Le chiacchiere non le giovano Questo è certo. Torno a vedere come sta. (Va nella camera chiudendo silenziosa mente la porta dietro di sè. Padre Baird rimane per un momento con lo sguardo triste, fisso sul pavimento. Nella camera, Stillwell si avvicina al letto. L’infermiera si alza e lui le parla bisbigliando; ode quindi ciò che essa gli riferisce e le dà solle citamente alcune istruzioni. Essa va nel gabinetto da bagno. Egli si siede sulla sedia presso il ca pezzale di Elsa e le tasta il polso. L’infermiera r i torna e gli porge una siringa con la quale fa una iniezione nel braccio di Elsa. Essa geme ed il suo corpo si contorce per un secondo. Egli si siede e continua ad osservarla con preoccupazione ed a tastarle il polso. Nello studio, Padre Baird co mincia a camminare su e giù aggrottando le ciglia, con espressione nervosa, come chi si trova, di fronte ad un’inevitabile tragedia e che deve far subito gualche cosa per evitarla. Si ferma ai piedi della «chaise-longue » e fissa John che dorme. Quindi prega). Padre Baird — Amato Gesù, fatemi la grazia di ricondurre Jack a Voi. Fategli vedere che Voi, solo Voi, possedete lo spirito della Vita Eterna, il po tere della salvezza... Loving (con lo sguardo fisso sul volto di John e con la usuale espressione. Parla come se rispon desse alla preghiera di Padre Baird) — Niente può salvarla. John (rabbrividendo nel suo assopimento) — No! Loving — La sua fine, come nella tua storia, si sta avvicinando. E’ stato un metodo astuto di assassinio! Padre Baird (atterrito) — Jack! John (con un grido torturante che lo scuote e lo sveglia) — No! Non è vero! (Gira lo sguardo at torno a lui, nell’aria, come pervaso dalla sensa zione della presenza di qualcuno che egli vuol ve dere) Mentitore! Assassino! (Improvvisamente sem bra accorgersi per la prima volta della presenza di Padre Baird... con un grido supplicante... este nuato) Zio! Per l ’amor di Dio, aiutatemi!... Io... Io credo d’impazzire! Padre Baird (con ardore) — Se tu volessi con sentirmi d’aiutarti, Jack! Se tu volessi essere onesto con te stesso e ammettere la verità nella tua ani ma, ora, per la salvezza di Elsa... mentre si è an cora in tempo. John (paurosamente) — Ancora in tempo? Che cosa significano le vostre parole?... E’ forse... peg giorata? Padre Baird — No. Hai dormito soltanto pochi minuti. Non vi è stato alcun cambiamento. John -— Perchè, allora, avete detto... Padre Baird — Perchè ho deciso di dirti la verità, ora, la verità che tu già sai nell’intimo del tuo cuore. John — Quale verità? Padre Baird —• E’ la crisi. La scienza umana ha fatto tutto quello che poteva per salvarla La sua vita ora è nelle mani di Dio! Loving — Non vi è Dio! Padre Baird (austero) •—■Osi ancora dir ciò... in questo momento! John (con spavento) — No... Io... Io non so cosa sto dicendo... Non sono io... Padre Baird (dominando nuovamente se stesso. Con calma) — No. Lo so che tu non potresti be stemmiare in questo momento... se tu fossi veraramente te stesso. Loving (arrabbiato) — Sicuro che sono me stes so... veramente e soltanto me stesso! E mi accorgo del vostro stupido trucco... di approfittare del ti more della morte per... GIORNI SENZA FINE Padre Baird — E’ l’odio che una volta iniettasti nella tua anima che parla, non sei tu! (Suppli cante) Io t ’imploro, Jack, libera l ’anima tua da quello spirito malefico! Se tu volessi soltanto pre gare! Loving (con veemenza) — No! John (balbettando penosamente) — Io... Io non comprendo... la mia mente è smarrita! Padre Baird (nervosamente) — Prega con me, Jack. (Egli s’inginocchia) Prega che la vita di Elsa sia risparmiata per te! E’ solo Iddio che può aprire il suo cuore al perdono e donarle ancora la volontà di vivere! Prega per il suo perdono ed Egli avrà compassione di te! Prega Colui che è l ’Amore! Colui che è infinita Tenerezza e Pietà! John (cade in ginocchio come spinto da una forza più forte della sua volontà) — Colui che è l ’Amore! Se io potessi ancora credere in lui! Padre Baird — Prega per la tua fede perduta e ti sarà ridonata! Loving (sogghignando) — Voi dimenticate che io pregai una volta il vostro Dio, e la sua risposta fu l’odio e la morte. Ed una risata beffarda! John (balza in piedi dalla sua posizione di mezzo inginocchiato, sotto l’influenza di questo ricordo) — Sì, io pregai, allora. No. E’ inutile, zio. Non posso credere. (Quindi improvvisamente, con ar dore) Che mi dimostri resistenza del Suo Amore! Allora crederò nuovamente in lui! Padre Baird — Non puoi pretendere di patteg giare col tuo Dio, Jack. (Si alza faticosamente in piedi con le spalle ricurve, con aspetto tragica mente invecchiato ed estenuato. Quindi con un ultimo appello) Ma io ti supplico ancora una volta! Ti avverto... prima che sia troppo tardi!... esamina l ’anima tua e sforzati di ammettere la verità che vi trovi... la verità che tu stesso hai rivelata nella tua storia, ove l ’uomo, che sei tu, va in Chiesa e ai piedi della Croce gli viene ancora una volta concessa la grazia della fede! Loving — In un momento di stupidità, di paz zia! Ma ricordatevi che la fine non è questa! Padre Baird (ignorando queste parole) — Vi è un fato in quella tua storia, Jack... Il fato della volontà di Dio, manifestatasi attraverso l ’intimo, ardente desiderio del tuo cuore per una fede! Pai attenzione. Tutto si è avverato fin qui. Io temo che se tu persisti nella tua pazzesca negazione del la Sua esistenza e della tua stessa anima, sarai colpevole di aver desiderato, tu stesso, la male detta fine di quell’uomo e la morte di Elsa! John (atterrito) — Basta! Basta con questi di scorsi stupidi! (Distrattamente) Lasciatemi solo! Sono stufo delle vostre maledette chiacchiere! Voi mentite! Stillwell ha detto che non vi è alcun pe ricolo! Elsa dorme! Elsa sta meglio! (Quindi nuo vamente atterrito) Ma chi vi ha suggerito auelle parole: un fato nella mia storia... La volontà di Dio? Tutto ciò... tutto ciò è insensato! Io... (Sta per avviarsi verso la porta della camera) Io ritorno da lei. C’è qualche cosa... Padre Baird (cerca dì trattenerlo) — Non puoi andare di là ora, Jack... John (respingendolo rumorosamente) — Lascia temi stare. (Apre la porta della camera e vi. entra traballando. Loving, girando di dietro il tavolo at torno al medesimo, lo segue. Padre Baird, ripren dendosi dopo lo spintone che lo ha fatto indietreg giare contro il tavolo di fronte, corre verso la porta. Appena John entra, Stillwell si volta da do ve egli si trova seduto, a fianco del letto, con espres sione di collera e di esasperazione. Appena en trato John rimane colpito dall’atmostera della ca mera di un malato; il suo eccitamento scompare e guarda verso Stillwell con espressione suppliche vole). S tillw e ll (rendendosi conto che non vi è spe ranza di metterlo fuori dalla camera ancora una volta, gli fa un gesto per invitarlo a rimanere si lenzioso) — Ssshhh! (L’infermiera guarda John con espressione d’indignazione e di rimprovero. Stillwell fa segno a John di sedersi. Questi obbe disce meccanicamente, gettandosi sulla sedia di de stra-centro. Loving sta in piedi dietro quella se dia. Padre Baird, dopo aver dato uno sguardo alla camera come per accertarsi che non vi è bisogno del suo aiuto, scambia un’occhiata sconsolata con Stillwell, quindi ritorna nello studio lasciando la porta di comunicazione socchiusa; va fino al ta volo e, dopo una breve pausa, si mette a pregare silenziosamente. Nella camera Stillwell sì volge nuo vamente verso l’ammalata. Segue una pausa di si lenzio e d’immobilità nella stanza. Gli occhi di John fissano il volto di Elsa con crescente terrore. Loving ha pure lo sguardo fisso, freddo ed immo bile sopra la testa di John). John (con voce bassa e nervosa. Come se gri dasse col pensiero) — Un fato nella mia storia... la volontà di Dio! Qualcosa mi semora... e lo strozza. Il cuore cessa per qualche mi nuto di battere. Due o tre nervi si spezzano). L’Amante (si fa di nuovo avanti, lentamente). Secondo Io (si assicura che l’avversario sia mor to, poi si getta ai piedi dell’amante) — Ora solo tu regni qui! Ordina, mia regina! L'Amante — Basta, tesoro. C’è voluto troppo, troppo tempo. E poi, l’amore ha bisogno di quat trini. (Gesto relativo) E in quanto a questo con te c’è poco da fare, eh? Dove potresti prenderli, buon Dio? Non guardarmi cosi! Non c’è niente da fare, mio caro. E’ stato un capriccio, uno scherzo. Suvvia, non prenderla in tragico. (Gli dà un buffetto sulla guancia ed. esce da destra). Secondo Io (è impietrito. Si ode, man mano allontanantesi, un lungo trillo della canzonettista. Da sinistra si fa avanti lentamente, dal buio, l'appari zione ideale della moglie, intenta ad. acchetare il bambino che tiene in braccio. Poi alza il capo e rivolge su di lui i suoi grandi occhi chiari, in segno di muto rimprovero. Il motivo della ninna-nanna si fa sentire molto smorzato, svanisce a poco a poco, insieme all’apparizione. Il secondo « io » scatta im provvisamente, in preda a cieca disperazione, corre al telefono. Rantolando) — Ti prego di una cosa sola. Presto! Non ne posso più! Sono finito! La « Browning » è nella tasca destra dei calzoni. Sì... dietro... Presto! Ti prego, presto! (Con insistenza) Mira bene! Fra la terza e la quarta costola! Si!... E adesso? Di che hai paura? E’ solo un decimo di secondo! (Ruggendo) Presto!! (Pausa di un secondo. Il terzo «io » sì è svegliato, e si guarda ora intorno inquieto, come in preda ad un oscuro presentimento. Risuona un gran colpo, che rimbomba sotto la volta dell’organismo. Nel cuore si forma un foro slabbrato, dal quale erom pono rossi nastri di sangue - come stelle filanti di seta - che investono il secondo « io ». Questi si è abbattuto sotto il cuore e si rotola morente in que sto sbocco di sangue, finché vi si impiglia compietamente e muore strozzato. La scena si oscura. Il cuore ha smesso di battere, i polmoni non respirano più. Lunga pausa, durante la quale il terzo « io » si muove inquieto e si strofina gli occhi). Un Ferroviere (entra con una lanterna accesa; ha fretta) — Ehi, voi! Alzatevi, signore! Si cam bia! Dovete cambiare. Sì, cambiare! Per un nuovo signor Ivanof. Terzo Io (si alza) — Un nuovo Ivanof? Di già? Beh, proviamo con il nuovo Ivanof. In fondo, è sempre la stessa cosa. (Si mette il berretto da viag gio in testa, prende la valigia e segue sbadigliando il ferroviere). F IN E Il traduttore ha tutti i diritti per l’Italia. Senza il suo consenso è vietata la divulgazione, coaae quajsiasi adatta mento. U N A N U O V A «THE ICEMAN COMETH» (VIENE L’ UOMl M A R T IN BECK. I L 9 OTTOBRE 1941! Annunciata da tempo, la nuova opera di Eugene 0? Neill era attesa, negli ambienti teatrali newyorkesi, con impazienza. Il più grande drammaturgo americano (quello che un critico non ha esitato a definire il piu grande drammaturgo della nostra epoca) tornava alle scene dopo un silenzio di dodici anni. Una volta ancora i suoi personaggi, il suo mondo, la sua aspra poesia sarebbero tornati a noi con la loro presenza viva, con ' la loro forza, con quel loro fascino particolare al quale nessun spirito, per quanto criticamente agguerrito, si può sottrarre. I posti al Teatro Martin Beck erano tutti prenotati, da parecchi giorni, e quando, nel pomeriggio del 9 otto bre, il velario si alzò sul primo atto dell*opera di O9 Neill, in sala era presente tutta Varistocrazia intellet tuale della città. Di quattro lunghi atti è composto questo The iceman cometh (Viene l’uomo di ghiaccio): la rappresentazione è durata esattamente dalle 16,30 alle 22, con un'ora e un quarto di intervallo per la cena. Ci siamo ritrovati a contatto con il maggiore, più saldo e massiccio O9 Neill: TO'Neill di Strano interludio e del Lutto si addice ad Elettra. Egli e un drammaturgo di proporzioni monumentali, nelle cui opere le virtù e i difetti sono proiettati su una scala amplissima. E, occorre lo si dica subito, The iceman cometh possiede anche difetti. V'e, nei drammi di O* Neill, una selvaggia potenza, la quale, se venisse in qualche modo imbrigliata, distruggerebbe inevitabilmente la libertà, e lo scopo stesso della sua fertile e caotica fantasia; e, del resto, l'eccessiva pro lissità ed il dialogo a volte inutilmente verboso, che agevolmente si possono riscontrare nelle sue opere, sono un piccolo scotto che si deve pagare per mantenere in tatte le qualità essenziali. Superficialmente, si sarebbe tentati di accostare The iceman cometh al Saroyan di The time of your life (I giorni della vita) e al Gorki dell9Albergo dei poveri; quasi si penserebbe ad una strana fusione dei motivi dominanti di questi due drammi. L'influenza di Saroyan la si potrebbe individuare nelVumana simpatia che l'Au tore dimostra verso i suoi personaggi, povera gente de. relitta in preda all'alcool; l'influenza di Gorki, invece (influenza meno superficiale), la si indovina nell'am biente in cui il dramma si svolge, un rifugio per quei disgraziati che nella vita non hanno più alcun scopo reale (ex-uomini, verrebbe voglia di chiamarli, proprio per usare un'espressione dello scrittore russo), e nella figura del protagonista, un visitatore quasi misterioso che si picca di portar conforto e pace a queste anime perdute. Accostamenti di questo genere non debbono essere presi in senso assoluto, e condotti alle conseguenze estreme: han da essere definiti, questi ricorsi, semplici spunti dei quali l'Autore si è servito per fini ben diversi da quelli cui tendevano Saroyan e Gorki nelle loro opere. L'ambiente del dramma di O' Neill è un bar di infimo ordine, a Manhattan. Siamo nell'anno 1912. Autobiogra fia, senza dubbio : proprio in quegli anni O* Neill giova ne frequentava osterie come questa, bevendo forte e so. gnando di diventare un grande scrittore. E' il periodo 'O P E R A D I E U G E N E O ’N E I L L >7 GHIACCIO). RAPPRESENTATA PER LA PRIMA VOLTA A NEW YORK. AL TEATRO E R V I Z 10 P A R T IC O L A R E D E L NOSTRO C O R R IS P O N D E N T E G IN O C A I M I della vita disperata; quello che lasciò nell’animo dell’urtisla un’impronta profondissima e incancellabile. Sono le sue sofferte esperienze che rivivono in que sto ambiente, in questi impossibili personaggi. Che sono ubriaconi inveterati, relitti umani i quali non hanno altro conforto che quel nauseabondo e venefico whisky da 15 cents; commoventi sognatori che hunno creato, e continuamente creano per se una vita nuova, incantevole, lontana dalle atroci delusioni del mondo : la vita dei sogni appunto, l’unica vita vera. Di essa sono paghi, ad essa rimangono ostinatamente legati, come ad una suprema àncora di salvezza. Harry Hope, il proprietario del bar, da venti anni non esce più in istrada: egli ancora piange la sua mo glie morta, intontito e completamente inerte. Per lui, quel ricordo è il sogno. I frequentatori del suo bar sono uomini come lui, fatti della stessa sostanza uma na: per questo gli sono amici. C’è Larry, il cinico fi losofo che fu un tempo anarchico, e che ora parla sempre del «sonno eterno»; c’è Ed. una volta clown in un circo; c’è il corpulento Pat Me Gloin, ex-tenente di polizia; c’è Willie Oban, che studia legge all’Uni. versila di Harvard. E poi Hugo, che fu direttore di pub blicazioni anarchiche (.anch’egli come Larry), Joe Moti, un tempo proprietario di una casa da gioco, il Gene rale inglese, che rubò nella cassa dell’esercito, e il Capitano boero, che si coprì dell’onta della fuga (i due furono avversari al tempo della guerra boera), e Jimmy Toniorrow, che fece allora il corrispondente di guer ra. E vi sono immonde prostitute che s’aggirano di notte nella strada, dinanzi al bar: Pearl, Margie e Cora; e con esse una giovane donna. Parritt, la cui madre si trova in una prigione del 1L'est. Tutti passano le loro giornale e le loro notti nel sudicio bar di Harry, meditando e farneticando, ingiu riandosi e sognando del futuro (il loro futuro che non si realizzerà mai, ed essi lo sanno), e attendendo Hi. ckey, il misterioso e fantomatico Hickey, il venditore di cianfrusaglie, il bevitore imbattibile, l’affascinante parlatore. Che cosa attendono da lui? Una parola di fede, di amore: è uno come loro, Hickey, un disperato e un pazzo, come essi sanno di essere, un uomo che li comprende, e li potrà aiutare. Aiutare a sognare, a vivere sognando. Ed Hickey, ansiosamente atteso, giunge. Ma non è VHickey, che essi conoscono. Egli si è fatto inspiega bilmente diverso: non beve più, non ha più illus oni, vuole redimersi e redimerli. Li accusa di non saper essere onesti con se stessi, li sferza crudelmente di cendo che essi non hanno il coraggio di affrontare la verità, promette, se usciranno da quell’avvilimento inu. mano, di dar loro la pace e la salvezza. Li convince. Gli uomini non più uomini ora, si fanno hi barba, riassettano i loro vestiti, decidono di tornare alla t'ita civile, che un tempo, lontanissimo, abbando narono. Cercano lavoro. Ma presto si avvedono che ogni sforzo è inutile: alla vita reale non si può più tornare. E, uno per uno, abbandonano per la seconda volta, e definitivamente, il mondo. Rieccoli nel loro bar. con il loro puzzolente whisky, con i loro sogni. Portano con sè una nuova, atroce amarezza. Ed è allora che Hickey ritorna per confessare che egli aveva voluto redimersi te, con sè, salvare gli amici) per espiare la sua colpa: egli aveva ucciso la moglie, per porre ter mine alle sue sofferenze, da lui stesso causate. Ora la polizia lo insegue, lo raggiunge: Hickey se ne va per stmpre, ammanettato, per pagare con la morte, secondo la giustizia umana, il suo delitto. Gli altri hanno compreso. Hickey non poteva distrug. gere le loro illusioni: la sua è stata una pietosa finzione, per celure la sua azione perversa. Adesso il whisky è buono di nuovo, come prima lo era. Ed essi di nuovo si ubriacano e di nuovo sognano. The icenian cometli è una delle opere più suggestive e possenti di O’ Neill: questo dato di fatto rimane, non smentibile, comunque la si voglia giudicare: sia che si vogliano mettere in luce soprattutto i pregi (che sono grandissimi), o denunciarne i difetti (che, come ho dello all’inizio, non mancano, e non sono piccoli). Un critico ha affermalo che The i cernari cometh è un dramma superbo, di magnifica levatura, un dramma che è nell’istesso tempo potente, emotivo, bello, eloquente. Un altro ha detto, all'opposto, che è insopportabilmente prolisso, lento ed enfatico, aggiungendo, con un’ironia di dubbio gusto, che durante La tungnissimu rappresen tazione il povero spettatore deve far sforzi inauditi per non ricordare che, nel libro della Genesi, la creazione del mondo viene raccontata in meno di mille parole, mentre nel dramma, prima che giunga l’a uomo di ghiac. ciò », se ne sprecano migliaia e migliaia. Il giudizio oscilla, e non può essere altrimenti (per The icenian cometh, al pari di tutte le altre opere di O’ Neill), fra questi due estremi. La parola O' Neill è teatrale nel senso più completo dell’espressione: no nostante che egli appaia in superficie come un lette rato, che interminabilmente s’indugia sui particolari se condari, i suoi drammi migliori (e The iceman corri-ih è fra questi) si muovono spedili sulla scena, metodica, mente e risolutamente, sino alla conclusione. Si potrà dire, come qualcuno ha detto, che questo dramma è immorale, giacché è una apologia dell’ubria chezza. Ed è vero: i personaggi si abbandonano ai loro meravigliosi sogni soltanto quando sono gonfi di whisky, e solo allora sono felici. Ma non è questo l’es senziale per O’ Neill: egli vuole unicamente farsi bau. ditnre di una dottrina umanitaria, per cui l’umanità, abbandonata in questo duro e amaro mondo, ha diritto ad una qualche illusione per rendere meno aspro il suo cammino, anche se questa illusione può essere procu rata dall'alcool. Il pubblico ha seguito con la massima attenzione lo svolgersi del dramma, ed alla fine ha applaudito calo rosamente. Tutti gli attori, nelle difficilissime parti loro affidale, hanno fornito eccellenti interpretazioni: da ri. cordare specialmente Dudley Dìgges, Gurí Benton Reid, Paul Crebtree, Nicholas Joy, James Berton. Robert Edmond Jones, che fu compagno di O' Neill negli anni difficili, ha creato due scene realisticamente efficaci, autentiche in ogni particolare, e Eddie Dowling ha portato, con una regìa magistrale, un preziosissimo contributo alla ruppresentazione. Gino Climi Muova Yoik. 10 ottobre J946 m m m ■ Gino Caimi, il nostro corrispondente da Nuova York, è un giovane attore e scrittore, che si è già bene affer mato negli ambienti delia metropoli americana. Ha iniziato la sua carrie ra nel teatro ita’.o-americano, imme diatamente distinguendosi per la fa cilità nativa della sua recitazione, per la passione che lo animava, per Tintelligenza viva e pronta che pro digava nella sua attività. Assunto dal la rad o italoamericana, scrisse, mise in onda e interpretò molte commedie e scene radiofoniche, che ebbero grande successo fra il pubblico; pre sto egli divenne il direttore dei pro grammi di una delle maggiori sta zioni: la WOV. Egli è il compilatore dei famosi programmi Ronzoni, che si trasmettono «alle tredici e trenta e so no popolari in tutta l’America quanto la Ronzoni stessa. Caimi ha una solida preparazione sul teatro americano, sui suoi proble mi ed i suoi caratteristici motivi, e ne tratta con sicuro discernimento critico. ■ Due sono gli avvenimenti tea trali che monopolizzano l’atten zione degli spettatori di Broadway in questo inizio di stagione: due avvenimenti che, pur non es sendo di troppo elevata impor tanza, posseggono, ognuno nel proprio campo, un significato non disprezzabile. Rientrano, se così posso dire per orientare immedia tamente il lettore italiano, in una sfera minore del teatro america no, nella sfera più aderente alla semplice cronaca, agli argomenti di interesse limitato, ai suggeri menti della realtà del momento attuale o del passato non ancora staccatosi da noi e non ancora trasformatosi in materia per la storia e per l ’arte. Il primo è una novità di Ben Hecht (commediografo prolifico e abile, assai noto anche come sceneggiatore cinematografico), nella quale viene affrontato, con un’acre intonazione polemica a volte esclusivamente dominata dalla sterilità dei concetti, l’at tualissimo problema dei profu ghi ebrei, erranti per il mondo alla disperata ricerca di una pa tria, della biblica « terra promes sa ». S’intitola A flag is borri (E’ nata una bandiera), ed ha per interpreti Paul Munì, Quentin Reynolds, Celia Adler, Marion Brando. Mario Bermi e George David Paxter. Brooks Atkinson, l ’autorevole critico del «New York Times», scrive : «Per portare aiuto alla Lega americana per una libera Palestina, Paul Munì recita nella commedia di Ben Hecht A flag is born. Poiché la sorte che agli ebrei è toccata in questo dopo guerra è appena un po’ meno tor mentosa di quella che fu nei dieci anni precedenti la guerra, e poi ché l ’interpretazione di Paul Mu nì è ovviamente di altissimo li vello, l ’instabile e contrastante valore del testo di Hecht lascia ARNOLD MOSS, interprete principale della commedia «La prima pagina» di Ben Hecht e Charles Mac Arthur sgradevolmente dubbioso il criti co. La causa ebraica e la buona volontà della gente che ha fati cato a mettere in piedi questo spettacolo meritano un testo mi gliore di quello che ha fornito Hecht. Il centro motore della comme dia è la creazione di una libera Palestina con la forza delle ar mi, contro la resistenza britanni ca. Dopo aver divagato per qua si tutta l ’azione, Hecht affronta il tema principale nell’ultima scena, e lo espone con forza e vi gore. Oltre a Paul Munì, fra la gente di buona volontà includiamo Kurt Weil, che ha scritto le belle musiche di scena, Celia Adler che interpreta il personaggio di una profuga dall’Europa con penetra zione e sensibilità, Quentin Rey nolds, il commentatore, Luther Adler, che ha abilmente diretto la rappresentazione, e molti altri. Nella commedia di Ben Hecht, due vecchi profughi tentano di abbandonare l ’Europa, che ai loro occhi di ebrei appare come uno sterminato campo di morte, e di salpare verso la terra dove brilla il sole e fioriscono i limoni. Ab bondano (e frantumano l’azione) accenni storici e riferimenti alla situazione politica odierna; Saul, Salomone e le Nazioni Unite. Dopo un’ora e tre quarti, Hecht si sforza di dimostrare che gli ebrei hanno un nobile retaggio cui rimanere fedeli, che l’Europa li ha perseguitati con una selvag gia violenza la quale non trova riscontro neppure nei periodi più oscuri della storia del mondo, che la politica del dopoguerra tende a far continuare l’inumana lotta di razza, sottintendendo che qualcosa di decisivo dovrebbe pur essere fatto. Il soggetto è di un’ampiezza co lossale; nessuno potrebbe esau rirlo in una sera. Ma quando un problema grandioso — come que sto è —■viene portato alla ribal ta, v’è in genere una sola via per renderlo intelliggibile : porne in luce gli aspetti umani, immetten doli nell’azione di esseri umani. E due esseri umani, vivi e com moventi, sono Tevya e Zenda (marito e moglie, vecchi e ramin ghi, ma intelligenti e invitti) che appaiono nelle prime scene di A flag is born: su questi perso naggi Hecht doveva far leva — e disgraziatamente non lo ha fat to — per tutta la commedia. Paul Munì ha offerto una delle grandi interpretazioni della sua carriera. Egli è sempre un tecni co insuperabile: da tempo ha as similato alla perfezione il lin guaggio teatrale. Senza sentimen talismi e retorica, egli ha parlato in nome della razza ebraica, con l ’eloquenza di un attore di va glia ». Il secondo avvenimento è la ripresa della commedia The front page (.La prima pagina) di Ben Hecht e Charles Mac Arthur. Questa commedia, che prende di mira il dinamico giornalismo americano, ebbe la sua «prima » la lontanissima sera del 14 agosto 1928 al « Times Square Theatre » di New York. Vi fu rappresentata per 276 sere consecutive. L’am biente decisamente nuovo per la Broadway di allora, i personaggi sbalzati con vigore e cruda evi denza sulla materia viva della cronaca, il dialogo incalzante, ve ristico all’estremo (punteggiato di locuzioni volgari e di bestem mie), l’intreccio serrato, furono i principali elementi che assicura rono all’opera di Hecht e Mac Arthur il successo calorosissimo che il numero delle repliche chia ramente indica. Fu uno dei mag giori successi teatrali del 1928. La satira feroce, che gli attori della prima compagnia portavano ad espressione con un senso d’arte e di umanità veramente fuori del consueto (tanto da lasciare — come ricorda un critico — una impressione indelebile nell’animo degli spettatori), la si ritrova ora alquanto annacquata, debole e priva di mordente. Così come ora l ’abbiamo visto, questo spettacolo non riesce più (per quanti sforzi il Mac Arthur, che è anche regi sta della riedizione, faccia) ad essere il caleidoscopio di quella epoca tumultuosa (1920-1930) che diede larga notorietà alla Chicago dei « gangsters » e degli « Speak easys ». Su questa com media, un tempo parsa scintil lante, è stato steso come un velo, che ne ha appannato le linee, ne ha offuscato i toni. Però, a onor del vero, bisogna riconoscere che nonostante l ’in terpretazione sbilanciata e fiacca, ciò che di mordace e schietto « humor » contiene la vicenda, fa spesso capolino, e ancora inte ressa e diverte. In ogni modo la maggior parte dei critici new yorkesi ha accettato di buon gra do la riesumazione, e non si è dimostrata troppo avara di lodi. Gli attori sono Arnold Moss, Lew Parker (che sostengono le parti principali, interpretate nel la edizione originale da Osgood Perkins e Lee Tracy), Pat Me Clarney, Jack Arnold, Benny Ba ker, Pat Harrington, Rolly Bech, Bruce Mac Farlane, ecc. Dai pie noni delle prime sere e dalle pre notazioni si può prevedere che questa singolare commedia non sloggerà tanto presto dal « Royale Theatre ». Anche se non rag giungerà, come la prima volta, le 276 repliche. A questi due avvenimenti se ne può aggiungere un terzo, note vole per i fattori di curiosità che contiene: si tratta di uno spet tacolo nel quale è stata tentata la fusione della parola con la musica, e con quella particolare musica che è il jazz. La comme dia, di Orin Jannings, s’intitola Hear that trumpet (.Senti Quella tromba) : è stata rappresentata il 7 ottobre al Teatro « The Playhouse », con la regìa di Arthur Hopkins. Protagonisti sono i componenti di un «jazz band», legati fra di loro da un senso vivissimo di solidarietà e dall’amore fanatico per l’arte: questa solidarietà e questo fanatismo dovrebbero for nire al jazz, secondo il concetto dell’Autore, la capacità di assur gere ad un’alta raffinatezza emo tiva. Il solito « villain » (nella cui azione si scorge lo sforzo mecca nico di introdurre un contrasto come che sia, per soddisfare alle esigenze del dramma) cerca di spezzare l’unità dei musicisti, ma naturalmente fallisce. E i musi M A R C E L cisti (e il jazz) trionfano. Trion fano e suonano, come già aveva no suonato, a scopo dimostrativo, in vari punti della commedia. C’è ben poco di sensato e di efficace in questo strambo miscu glio drammatico-musicale. Ray Mayer, attore eccellente e buon musicista, ha sostenuto la parte del pianista: Bobby Sherwood quella della tromba; Sidney Bechet quella del clarinetto, e così via; manierato «villain» (e la colpa più che sua è della parte) è stato Frank Conroy. Al Teatro « Alvin », dopo il brevissimo ciclo di repliche di A flag is bora, è andata in scena una riedizione del Cibavo di Bergerac di Rostand, nell’adattamen to di Brian Hooker. Ottimo e vi goroso interprete, l ’attore José Ferrer. Gino Caini! A C H A R D A M I L A N O . .. la sera del I o ottobre, ha parlato dal palcoscenico del Teatro Excelsior tra il secondo ed il terzo atto della sua commedia Domino che Rug gero Ruggeri, Sara Ferrati e Sergio Tofano rappresentavano da due setti mane. Il celebre autore francese, di media statura, volto largo, pallido, sor ridente e con occhiali a stanghetta, ha parlato con saporita brevità, espri mendo la sua ammirazione per l’arte sobria e poetica di Ruggero Ruggeri, definendolo «il vostro Guitry » (*), per Sara Ferrati, per Sergio Tòfano • per gli altri attori che hanno contribuito a far applaudire la sua commedia. Si è detto lieto di essere a Milano per mettere in scena il suo lavoro Cavallo a dondolo, prima rappresentazione europea al Teatro dell’Arte con prota gonista Luigi Almirante. Ha osservato che gli autori dicono che il pub blico capisce poco, mentre il pubblico dice che non ci sono più autori dram. malici. Ciò perchè si fa più letteratura che teatro. La verità è che il pub blico è intelligente e che gli autori drammatici esistono anche oggi. Non tutti possono essere altrettanti Pirandello: di Pirandello ne viene uno per secolo. Grande è stata l’influenza pirandelliana sul repertorio mondiale. Achard confessa di averne sentito la suggestione nel suo Corsaro. E con un omaggio alla città che lo ospita e auspicando una sempre più stretta intesa fra il suo e il nostro Paese, ha chiuso la sua amabile conversazione gustata e applaudita vivamente dal pubblico. ...S I S E N T E U N PO C O S T E N D H A L Fra i prati del Parco. Marcel Achard sta discutendo, giovialmente, interrotto da frequenti scoppi di risa, con gli interpreti del suo Cavallo a dondolo. Lo sorprendiamo, tradizionalmente «reporters » e quindi seccatori, rabbuiandolo, in modo quasi impercettibile, ma indubbio. La stampa è tra. ditrice per antonomasia, tutti lo sanno, ormai. Ma Achard, quando si accorge della nostra amicizia, si rasserena e faremo assieme le più belle risate a speso di alcune vecchie 'barbe che seguitano ad infastidire e brontolare, fortunata mente senza alcuna conseguenza pratica. « Già — dichiara rumorosamente Achard — nonostante tutto e nonostante i funebri pensatori-drammaturghi di oggi, la vita è allegra, la vita è ancora bella ». Dicendo questo apre il suo bel faccione alla Fatty con un sorriso che mette buon sangue, e giunge al punto dolente della questione: «Perchè dob biamo nutrirci a teatro di tristezze e di angoscie? Anche il teatro può e deve essere allegro. La vera sciagura della nostra epoca è quella di avere perso la spensieratezza e il senso del comico. Ed e per questo — continua che ho riservato questa mia prima all’Italia; perche il vostro paese resterà per (•) Avrà voluto dire «Luclen Guitry », con tutta l’ammirazione per Sacha. noi uomini di teatro il paese della «Commedia dell’Arte » e quindi la patria del teatro. Qui, tra il vostro popolo e tra i vostri magnifici attori, rivive immortale quello spirito gioioso e scanzonato, assai più profondo e più sag gio nelle sue conclusioni di tanto teatro ideologico ». Ammiccando attraverso i suoi occhialoni di tartaruga conclude: «Mi lano, — dove, se permettete, mi sento un poco Stendhal — il mio caro amico Luigi Almirante, (che ci sta vicino con aria divertita), questi bravissimi giovani attori: Mondolfo, Moretti, Caprioli, Bonucci, questo nuovo teatro guidato unicamente con criteri artistici, mi sono sembrati e mi sembrano ancora di più, ora che la conoscenza si è approfondita, il luogo e gli artefici ideali per il mio Cavallo a dondolo. Si tratta di una farsa, dice, una vera farsa all’antica alla maniera della ’’Commedia dell’Arte”. Questa pièce si riallaccia alla commedia italiana, a Goldoni: alla piazzetta veneziana ho sostituito l’atrio di una piccola stazione francese. Qualcuno mi ha consigliato di situare l’azione in una stazione italiana, ma sarebbe stato imprudente, perchè io conosco le stazioni francesi ». Tutti attorno, attori e tecnici, sorridono con aria divertita ed allegra. Hanno una gran voglia di ritornare alla prova, ma noi insistiamo nel trat tenerlo, e sottoponiamo Achard ad una sequenza di domande sulle sue pre dilezioni nel teatro francese. Ecco la lista dei preferiti: fra gli autori: Jean Anouilh; fra gli attori: Pierre Fresnay; fra i critici: Lemarchand del «Com bat », Robert Kemp de «Le Monde», Thierry Maulnier del «Figaro »; fra i giovani registi teatrali: Jean-Louis Barrault; fra i giovani registi cinemato grafici: Jacques Becker. Infine, mentre sta oltrepassando la soglia del palcoscenico, gli domandiamo; «Ma come potete dirigere le prove se non conoscete la nostra lingua? ». Achard prende un’aria inorgoglita: «Li ho sbalorditi tutti!», esclama. «Punto per punto capisco se la traduzione e gli attori rendono esattamente quello che ho voluto dire. Capisco così bene, che ho tagliato venti minuti di testo. Credo — soggiunge — che la migliore esperienza per un autore di teatro sia quella di ascoltare i suoi lavori in una lingua che non conosce ». « La peggiore esperienza per il pubblico — ribattiamo — è di ascoltare lavori che non capisce nella lingua che conosce ». « Ma il pubblico capisce! », esclama Achard. «Oh, se capisce! ». E sembra per un momento allontanarsi, contemplare qualcosa: contempla il suo Cu* vallo a dondolo. « Una piccola stazione — dice — e una vicenda d’amore: è la prima volta che scrivo una commedia d’amore. Una vicenda comica, s’in tende. Io considero il teatro comico il più utile, e quello di cui la gente ha oggi maggiormente bisogno: e mi sforzo di dare il gusto di questo teatro». « La vostra tradizione sale a Molière, dunque? ». « Sì, a de Musset e a Molière; ma mi costringete aU’immodestia. Cerco, precisamente, di andare da de Musset a Molière. Cerco di fare dei personaggi ». «E che cosa pensate del teatro esistenzialista? ». « Non credo in un teatro esistenzialista, proprio perchè esso non crea dei personaggi. Solo Simone de Beauvoir, con Les bouches inútiles, Sartre con Huis clos e Anouilh ci sono riusciti, ma è teatro, senza esattamente l’esi stenzialismo. Nel teatro la letteratura muore presto, eccn perchè Giraudoux è condannato, avendo creato dialoghi squisiti ma non persone. Ecco perchè dà voi d’Annunzio cade e rimane Pirandello. Da anni a Parigi si rappre sentano drammi d’ispirazione pirandelliana; e anche quest’inverno se n’è dato uno, che non vi dico per non essere indiscreto verso un mio collega. Un autore che ha tanti imitatori non può essere morto. Sono sicuro che entro dieci anni Pirandello sarà riconosciuto come il massimo autore contemporaneo ». Siamo così giunti in palcoscenico; gli attori sono tutti accanto ad Achard: vicini a lui, solidali, compagni nell’arte: e mi basta assistere per un momento alla prova per capire quanta fusione ed unità sia sorta fra di loro, miracolosamente, per virtù del teatro. Sul palcoscenico c’è un senso di felicità. Achard compita il suo italiano a stento, ma ogni sua parola è preziosa. I suoi gesti, la sua mimica sono straordinariamente vivi e gioiosi, come la sua stessa farsa. Però Almirante, con scherzosa malignità, facendo scintillare i suoi furbi occhi da «maschera» mi sussurra all’orecchio che la gioia di Achard non è del tutto di ordine artistico. Ha ricevuto in questi giorni un magico messaggio da Hollywood: 4000 dollari alla settimana per lavorare a sceneggiature cinematografiche. Lo vorrebbero subito. Subito, s’intende, dopo la rappresentazione di Milano, che a questa tiene come ad una creatura prediletta. r> PUBBLICHEREMO NEL PROS SIMO FASCICOLO, UN'OPERA DI ECCEZIONALE INTERESSE, TRADOTTA E PRESENTATA PER LA PRIMA VOLTA IN ITALIA FERNAND CKOMMELYNCK CALDO t f f OVVERO l l l L’ IDEA DEL S M DOi COM MEDIA IN TRE A T T I (CHAUD ET FROID, OU L’ IDÉE DE MONSIEUR DOM) VERSIONE ITALIANA DI LORENZO GIGLI Rappresentata a Parigi, 'aPa «Comé die des Champs Elysées » il 24 novem bre 1934, da Rachel Berendt, è stata nel novembre 1940, recitata a Bruxel les, al «Théâtre Royal des Galeries St-Hubert », da Berthe Angely. Quest’opera del belga Fernand Crommelynck, la cui fama mondiale è do vuta al.a rinomanza della commedia «Le cocu magnifique », si sposta dal piano paradossale di questa su un piano più umano, più apertamente romantico, presentando il conditio di sentimenti d’una donna di schietto stampo popolano, tutta passioni ele mentari, che diventa gelosa del ma rito «post-mortem » alla rivelazione del fascino che costui (uomo apparen temente privo di seduzioni e di slanci erotici) ha esercitato sulla fantasia e sui sensi d’una faiiciui.a. Commedia di sensualità sfrenata, ma sana, sin cera, in una successione di scene pie ne di movimento sostenute da un dialogo straordinariamente vivo. «Cal do e freddo » è una del*e coinmeuie più origina.i non soltanto del reper torio di Crommelynck, ma del teatro contemporaneo. D Evi Maltagliati rappresenterà per la prima volta in Italia «Caldo e fred do », probabilmente col titolo «Leo na », che è il nome della protagoni sta, in questa stagione teatrale. PALCOSCENICO DEL TEATRO CARIGNANO 1)1 TORINO S IM O N G ANT1LL O N del qualepubblichiamo in questo stesso fasci colo una paginadi un suo scritto per l’Italia e gli autori italiani ■ Le due foto accanto: Sopra, PEPPINO DE FILIPPO, NICO PE PE, e ANNIBALE BETBONEnellacom media di De Filippo: Il contrariodellaltra; sotto: nellacommedia di PeppinoDeFilippo e Armando Curcio: C’era una. volta un compagno di scuola. Attori: NICO PEPE, LUISA GARELLA e . DE F I L I P P O MARCEL ACHAHÜ con RUGGERO ROGGERI MARCEL ACHARO con RUGGERO ROGGERI 'e SARA FERRATI f¿ | MARCEL ACHAROconGIGETTO ALMIRANTE " che al Teatro dell’Arte di Milano interpretalanuova commedia di Achard // cavalli) a dondola SEGUE MARCEL ACHARD ed il nostro collaboratore VITO PANDOLCI Anna Lueasta di Philip Yordan. unaoriginalissima commedia, inter pretala da tutti attori negri, che si rappresenta dall’agosto 194-1. A m e r i c a (’ll interpret negri della commedia Anna Lucasta: Frederick O’Neal: Hilda Simms; Georgia Burke: Alice Childress \lvin Childress Altre due scene della stessa commedia Anna Lucas tu: .¡olili Procior: Frederick O'Neal: George Randol; Hilda Simms; Earle Hyman Lacelebrecommedia Vita conpapà di Lindsiy eCrouse che sarà rappresentata in questastagione, ancheinItalia, dalla CompagniaMorelli Stoppa. Alto 1°. scena la; attori : John Drew Devereaux e Teresa Wright. A m e r i c a EUGENE O’NEILL. il primo a sinistra, foto grafato alla prova della sua nuova commedia Viene¿‘uomodi ghiaccio, a! TeatroMartinBeck, il 9 ottobre 1946. È con gli attori, suoi inter preti, e sono molto lieti, comesi vede. Il nostro corrispondente ha detto al l'olografo di serbare per noi quel sorriso. Della nuova commedia di O’Neill. leggi il servizio particolare di Gino Caimi, in questostessofascicoloa pagg. 100- 101 PICK-UP-GIRL di ELSA SHELLEY la ormai famosa commedia con la quale Buggero Buggeri eLaura Adami, esordiranno al Teatro Nuovo di Milano il 16 dicembre 1946. Nella foto: William Harrigan (Il giudice); Grill Kathryn, (La madre della pick-up-girl) : il personaggio in mezzo è la stenografa, della quale Doro Merande fa una spiritosa inter prelazione. Il regista dell’edizione americana è Boy Hargrave; dell’edizione italiana, sarà Luchino Visconti. La prima attrice (la pick-up-girl) è in America, Pamela Bivers. ★ Nella piccola foto asinistra, la protagonista della commedia Anna Lucana: l'attrice negra Simms I ita ori papà: Atto 3°; Scena la; attori: Dorothy Stickney e Howard Lindsay l’intransigente, disperato senti mentale. Monime, con incantevo mento della vita e dell’amore, e le ingenuità, in cui già traspare l’originalità del personaggio. Per una profonda grazia di donna, M M m sonaggio? Questa figura, nella nel vedere Franz così avido e quale trascorrono vaghe remini tremante, così perduto accanto a scenze di altri illustri immorali lei, crede di intuire, e, a placarlo, sti, da Giuliano Sorel di Rouge gli si offre, diventa la sua aman et noir a Corrado Brando, non è te. Tutto inutile. I sotterfugi, ♦ L’ ERMELLINO - Dramma in tre propriamente un individuo : è quel che di fugace, la complicità atti di Jean Anouilh (Compagnia di piuttosto la rappresentazione, for che non li libera ma li lega, au Renzo Ricci con Èva Magni, al temente oratoria, immaginosa e mentano anziché diminuire l ’esa Teatro Carignano di Torino, il 12 sottile, di una condizione umana. sperazione di Franz; e l’idea del ottobre 1946). Prima in Italia. Per Franz l’amore è un assoluto, delitto si fìssa sempre più nel suo che non ha nulla a che fare con cervello. In una notte di terrore, Nella linea esteriore è una spe ogni altro affetto, nè con le con- entra nella stanza della Duchessa, e con un martello colpisce, colpi cie di drammone: grosso delitto, sce, colpisce, occhi sbarrati, ca brividi di terrore, inchiesta poli pelli irti, fin che tutto tace. La ziesca. E’ una delle « pièces noipadrona, quella che soggiogava la res » di Jean Anouilh, la prima sorte di Franz, è freddo cadave anzi rappresentata, nel ’32, se re. Liberazione? No, la fine. Ar non erriamo, da Lugné Poe a riva la polizia, Franz si difende l’«Oeuvre» ; e l ’autore era novizio, con arditezza e lucidità, ma quan ma subito tratto alla luce da ima do Monime sopraggiunge, e gli strana potenza scenica e dall’a dice di non amarlo più, e che spro linguaggio. All’intemo vi è avrebbero potuto, sì, essere felici, invece un conflitto ideale, crudo, se si fossero accontentati di una violento, e uno di quei personag più modesta porzione di bene, ma gi delicati e mostruosi che la let che trascinati a tanta follia d’a teratura francese coltiva, scaltra more tutto è distrutto, allora mente, da ima trentina d’anni. Franz cede, cade su se stesso, si Franz è innamorato di Monime, arrende ai poliziotti. E Monime ma la fanciulla è nipote della Du grida: — Franz, io t ’amo. chessa di Granat; grande eredi Intervistato nel 1937, al tempo tiera, dunque, e di razza aristo del successo del Voyageur sans craticissima. Franz, figlio di un bagages, Anouilh ebbe a dire che dottore della Duchessa, allevato il suo grande incontro teatrale da costei al castello, non ha un era stato Giraudoux. L’autore di soldo, è un borghesuccio. E’ chia Siegfried gli aveva rivelata la ro che la Duchessa non permette possibilità scenica di un linguag rà mai nozze simili. In quanto a (A utocaricatura di S acha G uitry) Monime, essa riama Franz con gio poetico e artificiale. E, per tenerezza antica, umile, profonda, conto suo, rivendicava i diritti fin dall’infanzia; creatura docile dell’artifìcio a teatro: alto artifì e pronta ai più gentili sacrifì cio e poesia. Già in questo Ermel ci. Si disse che qui si delinea lino si sente la forza dell’ima e A R E N ZO R IC C I un dramma sociale, ribellandosi dell’altra cosa: eloquenza fanta Voulez vous me faire la grâce de siosa, artificio che suscita e sca Franz al soffocante ordine della società, all’ingiusta distribuzione transmettre a mes interprètes les va il mistero della vita. Ma l’au della ricchezza, che gli impedisce voeux que je forme pour leur suc cès et voulez vous les remercier tore cerca ancora se stesso, e per di raggiungere la felicità. E in d’avoir donné à mon ouvrage Fappui trovare personaggi e situazioni si fatti la continua sua argomenta zione e giustificazione dell’assas de leur expérience et de leur talent dilunga; dalla visione un po’ con sinio che poi commetterà, è tutta agréez l’hommage de mes sentiments fusa, si giunge alla chiarezza per vie tortuose, e non è l ’incisività choisis Sacha Guitry. rivolta contro la potenza del de naro altrui. Ma perchè, essendo Il 15 ottobre, per la prima rappre la virtù della sceneggiatura e del Monime disposta a seguirlo an sentazione in Italie della commedia: fraseggio. Ma vi è un tormento di oscure piaghe che non lascia che nella povertà, egli non accet «Non ascoltate, signore! ». indifferenti, e che Renzo Ricci ha ta questa banale, consueta solu ridestato alla ribalta con un’im zione? Perchè egli pensa che al l’amore in genere e a quello di giunture dell’esistenza: tremendo postazione scenica semplice e si Monime in ispecie, la ricchezza e puro. E per purezza s’intende cura, a grossi blocchi; attore di sia necessaria. Passato il primo qui non il fatto morale, ma l ’in impeto e veemente, ha fatto pul slancio amoroso, quante ferite e tegrità dello stato primitivo, irri sare e stridere il dramma. Èva piaghe e brutture immedicabili ducibile, del cuore e della coscien Magni fu un’aggraziata Monime, infliggerebbe la miseria alla feli za. Contro un amore siffatto non e l ’insieme dello spettacolo — non si ergono soltanto l ’avversità del facile — equilibrato. Il pubblico, cità! Ed ecco, dall’urto sociale si la miseria, l ’irrisione dello stu foltissimo, ha accolto lo spettacolo passa ad altro contrasto ben più pido denaro, ma le possibilità con applausi cordiali. Francesco Bernardclll intimo e bruciante; e appaiono stesse di una comune vita senti * SIGNORE, NON ASCOLTATE!Commedia in tre atti di Sacha Guitry (Compagnia di Renrx> Ricci, con Èva Magni, ai Teatro Carignano di Torino - 16 ottobre 1946). Prima in Italia. C’è da credere alle donne? Cer tamente no — dice Guitry —; e non è neppure il caso di pren dere le donne troppo sul serio. A qualcuna, a molte, la menzo gna sta bene; è un dono, una grazia leggermente perversa, che ne accresce e completa il fasci no. Ma quando, in quali occasio ni, le donne sono bugiarde? Cosa difficile a sapersi. Maddalena ri torna dall’aver trascorsa la not te fuori di casa, e dice al marito Daniele : « Sono stata còlta da un dolore, come l ’altra volta, tal quale; e come l’altra volta, tale e quale, ho passato la notte con la signora Belin ». Ma Daniele scatta : « Sì, ma questa volta non ti credo ». Ed è allora che Mad dalena si stizzisce. « La prima volta ti avevo mentito — dice — e tu mi hai creduta; questa volta ti dico la verità e non mi credi ». E’ uno sciocco Daniele? Non più di ogni altro uomo, ed anzi è un po’ filosofo, ed afferma che con la verità le donne non si racca pezzano, perchè è astratta e im personale, mentre alla bugia, che è loro propria, aderiscono con una specie di istinto irresistibile. Così l ’uomo può non essere convinto delle parole, ma accecato dalla attrazione di creature che sono insieme schiette e menzognere, traditrici e spensierate, truccate e spontanee. Si sa, è questa la tecnica di Guitry: « boutades » e motti di spirito, trovatine e ma lizie, e la commedia procede di scena in scena. Ma le scene non contano gran che, e neppure i personaggi: conta, se mai, ma sempre meno, Guitry, conversa tore e illusionista, che ripete per la millesima volta quei pochi afo rismi, salaci, disincantati (« de liziosi » si diceva trent’anni fa) che la sua esperienza mondana, da più di trent’anni, gli ha via via suggerito. Esperienza monda na e di palcoscenico, conoscenza superficiale ma insinuante della donna, e quel fare molto molto vissuto, che in altri tempi fece effettoni. Dell’amore, o, meglio, dei capricci d’amore, egli sa il semplice congegno, e ne appro fitta, e ne abusa: come nascano, come si esaltino fugacemente, co me scompaiono; dell’amore, e del le marionette, uomini e donne, che fanno all’amore, conosce i piccoli segreti: curiosità, estro sensuale, spregiudicatezza, ma linconia. Agli inizi queste storiel le furono un dono di freschezza e di felicità; ora, anacronistiche, stancano. Che cosa càpita dun que a Daniele? Ben poco o quasi nulla. Si dibatte tra le bugie delle donne, ecco tutto, si dibat te come può farlo un personaggio di Guitry, ossia senza conseguen ze. Tradito da una, tradito dal l ’altra, divorziato, incerto, si può essere sicuri che se si riconcilia con una moglie è proprio nel mo mento che questa lo fa becco, se la scaccia è quando la canaglietta vorrebbe farsi perdonare, e se la prima riappare è per equivoco, e se l ’amico sopraggiunge è per inganno, e così via. Tra tanti guai egli vive collezionando gingilli, deliziosi gingilli settecenteschi. Mandarli in briciole è presto fat to, ma le sue mani sono delicate. E con le donne avviene qualcosa di simile; se non delicatezza, uno scorrer via tra l ’accorto e l’indifferente, e un lasciarsi sorpren dere dai fatti, ma non troppo, raggirato con discrezione, tradito con garbo. Perchè poi quel che dicono, quel che fanno, quel che pensano le donne non ha grande importanza, l ’importante è di stare al gioco... I dialoghi a con trattempo, le freddure, la briosa recitazione di Renzo Ricci e della sua Compagnia, hanno divertito il pubblico, che ha sorriso e riso, ed ha applaudito cordialmente. * ASSASSINIO NEI.L\ CATTE DRALE - Triigedia di Thomas Stearns Eliot (Rappresentata a Milano il 27 settembre 1946 nell’ex-Chiesa di San Paolo, dal -«Teatro della Basilica» con Ruggero Buggeri). Prima in Italia. Tommaso di Becket, santo e martire della chiesa anglicana, assassinato da sicari armati del Re Enrico V, nel 1170, sui gradini della Cattedrale di Canterbury. Thomas Stearns Eliot, lo rievo ca in un vasto poema dramma tico, rigoglioso di immagini, di sentimenti, di fervide trasfigura zioni, fecondo di orizzonti: do ve si agita e germina la formi colante materia umana di allo ra e di oggi. Egli raggiunge la molteplicità vibrante dell’esisten- za : Tommaso di Becket, è l ’uomo che afferma la sua libertà, mo rendo trafitto dalle armi. Disse Tommaso allora, ed Eliot glielo fa prorompere dal chiuso guscio della coscienza : «ha diritto l ’uo mo al potere, e a ricevere obbe dienza dagli uomini? Ed anche se questo potere è davvero volu to ed amato, quale dovrà essere la sua natura? Temporale o spi rituale? Frutto di azione, e inci dente sull’azione degli uomini, 0 meditazione e persuasione? La volontà deve imporsi sulla cono scenza o viceversa? ». Questi aperti conflitti, che poi nella sto ria prendono veste di ideologie, e muovono le potenze alla guerra, nel Medioevo trovarono sbocco in violenti e sanguinosi antago nismi, tra Chiesa e Stato. Di Tommaso che difende e non opprime, che illumina e che com pone, Eliot ha creato un mito: mito che rinnova la passione di Cristo, mito che allora spesso i suoi sacerdoti sapevano imperso nare, dando il senso libero e profondo dell’esistenza. Tommaso, ritornando all’Arci vescovado della sua Canterbury dopo un lungo esilio, viene sa lutato con commozione da un coro di donne. Quattro tentatori lo assalgono con grotteschi stra tagemmi. Ma egli abbraccia i fe deli, e comunica loro la sua nuo va visione, dall’alto del pulpito, nel Natale portatore di pace: la pace, ancora una volta, sarà se gnata dal martirio, che dà vita alla verità. Egli soffrirà il marti rio per affermare la libertà dello spirito, che il re intende invece assoggettare duramente, spezzare e finire. L’indomani è l ’anniversario di Santo Stefano protomartire. Quattro cavalieri rozzi e feroci, irrompono nel salone e giunti al la sua presenza chiamano infa mia e tradimento la resistenza alle ingiunzioni del re. Il coro e 1 sacerdoti trascinano Tommaso sull’altare, perchè sia protetto dall’immunità. Ma Tommaso non deve fuggire: spalanca la porta maggiore che essi si erano affret tati a sbarrare, e si offre olocau sto alle spade. Gli assassini, na turalmente, espongono al pubbli co con involontario umorismo, le loro pietose ragioni: non sen tono la colpa, ed è molto se av vertono la necessità di giustifi carsi. I sacerdoti e il coro delle donne, povere mogli di servi del la gleba e di lavoranti a gior- nata, magnificano con supremo slancio di sentimenti, il loro Id dio e la loro « ecclesia », nella gloria del martire. > Il tessuto storico non è ripreso da T. S. Eliot, con ambizioni di verosimiglianza e con pretese di ricostruzione ambientale : ma nelle sue più intime radici, per segnare vigorosamente l’eternità dei conflitti all’interno 'dell’uo mo, la loro dialettica perenne in cui nessuna risoluzione è defini tiva, per cui la vita dell’uomo continuamente si imbeve di di sperazione e di speranza, come dice Tommaso di Becket. La poesia, e questa poesia drammatica di Eliot, si presenta all’animo del contemporaneo co me un aspro e doloroso crinale. Da un versante giace il passato, di informi residui e dì grige sco rie, fra cui però può ancora scorrere qualche pura acqua sor giva: è il poema del 1922 La terra devastata. All’altro versante appare un fu turo ancora avvolto di nebbie antelucane, da cui però si posso no sentir trasalire le tinte del l’aurora: è La rocca, una nuova struttura di oratorio moderno, dove egli ha fatto risuonare i solenni cori del proletariato. T. S. Eliot, come Mosè, non giun ge alla terra promessa: ma può abbracciarla con lo sguardo, che già si sta velando. Difatti i suoi migliori discepoli, e la nostra ge nerazione che lo ha seguito fin là e va più innanzi di lui, ve dono e sentono sorgere possen temente il lavoro felice, l’edifi cazione del socialismo. Anche L’assassinio nella Catte drale ha un suo compito puri ficatore ed esaltante: con esso il teatro assume d’impeto la par te che gli si addice per le nuove regioni che si sono scoperte og gi all’animo umano. Diviene riu nione di popolo, per celebrare con commozione religiosa, il suo lavo ro presente, per meditare sui princìpi e sul pensiero che lo guidano nell’azione. Vi è dunque un duplice fatto: si riuniscono gli uomini attorno a un dramma che li affratella e che rivela loro un nuovo mito e un nuovo valore della libertà, e al tempo stesso si allarga con solenne movimento il respiro del teatro: lo si rende respiro del l’universo attraversa l’emozione sacra degli uomini. Oltre le sue credenze, o me glio in fondo ad esse, nel suo cattolicesimo schietto e patetico, anche noi possiamo unirci al poeta, -e ascoltare attraverso le sue strofe ampie e colme di vita, il sentimento e la passione del l’umanità. Eliot svolge le sue scene, i suoi dialoghi, i suoi cori multanimi, con evidente accavallarsi di mo tivi e di oggetti da rappresen tare: a volte può sembrare di perderne l’ossatura e la fiducia. In questa epoca così sconvolta, non è facile parlare per il poeta: le « espressioni » gli sorgono dal cuore a fiotti, eppure ancora do lorose, incerte. Ma il popolo sa comprendere, perchè il poeta an che nelle epoche di maggior tor mento, anzi maggiormente allo ra, è l ’annunciatore del suo de stino, la voce salda del suo eter no essere. A Canterbury, sui gra dini della cattedrale, dove giac que Tommaso di Becket, un vasto insieme di donne e di uomini del popolo, ha ascoltato con le lacri me agli occhi, nella rappresenta zione del dramma, l’ansito della libertà, come allora, e come nelle figure della vicenda. La rappresentazione cui abbia mo assistito non ci è parsa, nel suo complesso, adeguatamente intonata ai valori del testo e al suo stile: gravemente ostacolata purtroppo dall’enfatica ed ap prossimativa traduzione di C. V. Lodovici. Ruggero Ruggeri, come Tom maso di Becket, ha dato momen ti di grande emozione, soprat tutto nella predica dal pulpito, con dolce e magico lirismo: al trove ha scosso e turbato con la eroica asprezza dei suoi accenti. Ma non si può dire che sia stato unitario e continuo, costruendo appieno il personaggio, come tan te volte ha saputo fare, con grande finezza e verità. Negli al tri interpreti, il commovente en tusiasmo e la fede nell’opera non si sono concretati in armonia e vigore di risultati: da essi però si è elevata spesso Cesarina Gheraldi con espressioni commoven ti. Soprattutto per la regìa, cu rata amorosamente da Enzo Ferrieri, le difficoltà erano davvero pesanti, perchè il nostro costu me teatrale — a volte malcostume — si oppone a una interpretazio ne coerente di simili opere. Ferrieri ha potuto efficacemente su perare queste difficoltà solo in parte, ma il pubblico gli è stato ugualmente assai grato ed ha ap plaudito con sincero entusiasmo. Vii» E*amlol3ì ♦ I PARENTI TERRIBILI - Com media in Ire atti di Jean Cocteau. (Compagnia di Andreina Pagnani, con Sandro RuSfini e Lola Braccini, al Teatro Odeon di Milano, il 9 ottobre 19-16). Nuova a Milano. Terribile e spaventoso, tutto. Anzi spa-ven-to-so, dicono i per sonaggi. Terrore che però dà uno strano godimento. Solletica e fa fremere: piacere e dolore spinti assieme all’eccesso per masochi smo. Questo è il dramma: che non s’innalza all’assurdo, ma sguazza nel grottesco, parodian dosi di continuo. Termina ad un letto di morto: ma è commedia. Cocteau stesso lo dice. Vediamo dunque quale campo è stato preso d’assalto per simili manovre. La famiglia nella no stra società, con i suoi legami e il suo ferreo codice: turbata dall’esterno, per un intervento che la sconvolge e la distrugge. Una famiglia, anzi un « carroz zone», in preda a disordini cao tici e avvilienti: appunto come l’hanno resa le pesanti strutture fra cui la si è voluta inchiodare. Quattro membri : Giorgio e Yvonne, i genitori; Mik, il gio vane figlio; Leo, la zia. Lontano, in un piccolo appar tamento, vive Maddalena, che dopo un tenero affetto per Gior gio, ha conosciuto e amato Mik, senza saperlo suo figlio. Leo e Maddalena hanno insite in sè la fermezza e la necessità dell’or dine. Yvonne e Mik si abbando nano a forze che non vogliono controllare e li trascinano nel fluire rovinoso delle correnti. Giorgio, maniaco della caccia col fucile subacqueo e niente più, rinuncia sempre a qualsiasi adersione. E su di loro grava l’incubo dell’inconscio e del « complesso edipico. E’ la notte del nostro es sere che agisce » (Leo). Solo essa. Posto così il problema, la com media corre alla sua soluzione, come un gioco di scacchi, lucida e incisiva. Appassionante per lo spettatore, stupefacente per l ’at tore che vi si trova imbrigliato e ne viene preso fino all’intimo. Lo svolgimento dei fatti segue un teorema chiaro e coerente. Mik ha trascorso la notte fuori di casa, senza spiegazioni: Yvon ne ne è talmente disperata, che tenta di suicidarsi con iniezioni d’insulina. Viene salvata per un attimo da Leo. E ricompare Mik. Violenta scenata di gelosia di Yvonne: dove si avverte il tu multo dei suoi sensi e della sua femminilità, avvinti a Mik. Leo vuol provocare un urto finale: convince tutti a recarsi in visita da Maddalena, ramante. Seconda fase: l ’incontro. Gior gio resta per un momento solo con Maddalena, e la costringe brutalmente a diffamarsi dinanzi a Mik, per allontanarlo da sè, gettarlo alla disperazione e al disgusto (Giorgio ha qui il « com plesso paterno » di punizione e di vendetta). Mik viene sconfit to facilmente: si macera per tut ta una notte in un’angoscia mor tale, a capofitto nelle tenebre, come sepolto sotto il suo destino. Ma Leo gli restituisce ben presto Maddalena: ora che Yvonne agonizza dopo aver preso nuova mente insulina. Ora che Gior gio, dopo vent’anni d’attesa, tor na ad essere suo. Scacco matto: e « l ’ordine regna a Varsavia ». Maddalena chiude gli occhi a Yvonne: c’è Mik che l’attende, per averla. Yvonne è morta di troppo e crudele amore. Risposta evidente e compiuta al quesito iniziale. L’invenzione e la macchina hanno girato senza un arresto, ed hanno offerto ciò che era dovuto. Maddalena che giunge da un altro mondo, da vasti e ancora fervidi strati so ciali, impersona la legge del l ’amore nella sua intera fre schezza vitale, e per quanto Leo sia stata, coscientemente o no, il segreto deus-ex-machina, è a Maddalena che spetta rimettere in ballo per un nuovo cammino lo stanco « carrozzone ». L’ab bandono dell’esistenza e il suo fondo torbido hanno trascinato alla fine Yvonne, in un cedimento totale. Giorgio e Mik potrebbero forse risalire le acque ed accet tare una vita d’uomo. Ma Leo? Se l’avesse vinta anche su Mad dalena? Se «l ’ordine » non fosse altro che un irrigidirsi e un r i prendersi sotto nuove forme del l’antica schiavitù familiare? Cocteau lascia l ’equivoco, che del resto è al fondo della sua stessa natura, del suo pensiero, delle sue emozioni. Questo è l ’intimo e ineliminabile contrasto dram matico dell’opera. Tanto, dietro la bionda immagine di Madda lena, appare l ’ombra di Leo, quanto sotto il compiuto sfrut tamento del mezzo tecnico - il « mèlo » - traspare una dolorosa e vana ricerca della materia umana. Voler credere, e non poter cre dere. Voler sapere e non poter sapere. Da più di trent’anni Cocteau strascica qua e là que sto suo rancore: sempre pronto a sperare nella verità, ma de luso allo stesso istante. Parenti terribili dà indubbiamente al cune veridiche indicazioni su questa tristezza: che oggi è di molti. Perciò, contrariamente al l’opinione comune, mi pare que sta una delle sue maggiori pro ve: se non altro perchè ha rag giunto il suo scopo. Non crediate: Leo è arida. Porse anche per questo può vincere : e il lavoro risucchia tutta la platea, costrin gendola a guardare in ciò che Cocteau scopre di sè e di ogni spettatore. Non si tratta qui di svolazzare finemente sui miti del passato, come aveva fatto a lun go, con estrema intelligenza. La partita è davvero maggiore. Mad dalena e Mik potevano perdere tutto. Ma sono immobili a quel punto: Cocteau non li vede al trove. L’emozione si arresta: e questa bufera familiare ha scon volto senza scalfire. Anche la fine di Yvonne era troppo prevedibile. Così la commedia, pur sommovendo ogni fibra, non prende con sè; e non lascia impronta durevole nella storia degli uomini. Cocteau tace cause e conse guenze del conflitto drammatico, quindi rende puramente mec canica, tecnica, la progressione dei sentimenti. Nell’analisi de gli istinti, non osa mettere a nudo le loro tragiche inibizioni. E’ evidente come sfugga e si na sconda all’irrompere di queste istanze, col facile paravento del la teatralità : e nel suo comporta mento sono racchiusi amara mente, pur in una loro brillante e ingannevole fantasmagoria, i mali dell’epoca, le sue abiezioni. Nel ’45 avevo seguito e com mentato il trionfale successo di Roma. Avevo posto molte riserve, di diverso genere, sulla qualità del lavoro, che poi avevo dovuto attenuare, in seguito a nuove riflessioni. Ma nel frattempo, e questo è il destino del teatro, la commedia si è avvizzita, probabil mente, oltre che per un mutato stato d’animo degli spettatori, anche perchè il nuovo repertorio francese che ora si va largamente introducendo da noi, appare non solo più violento e preciso, ma soprattutto, sovente davvero ge- nuìno. n successo naturalmente si è ripetuto, ma per quanto as sai caloroso ed entusiastico, non più trionfale. Avevano colpito grandemente allora le qualità registiche di Vi sconti, alla loro prima e bella prova, come l ’alto stile dramma tico di Andreina Pagnani giunto qui a profondità ed a emozioni intime e frementi: a un parossi smo sconvolto. Dicevo allora che la sua interpretazione era ap parsa scavata, di infinite e an gosciose sfumature, con l ’estrema poesia della verità. Che l ’attrice si era rivelata a sè stessa in un’altra, possedendo e dando una vita ogni volta. Come Vi sconti aveva scoperto in sè quell ’ineguagliabile istinto, che è la nuova vita del palcoscenico; e un temperamento - come si di ce nel gergo - un incisivo vigore ideologico, che avrebbero potuto offrire al nostro teatro un’altra e impetuosa partecipazione (co me difatti è stato). Dinanzi alla nuova prova, ima chiara conferma. Si è posta mag giormente in risalto la compiuta e lucida coerenza dell’insieme e della sua guida: il ritmo pieno che muoveva lo spettacolo. Forse a volte questa continua vibra zione ha sconfinato in una certa carenza di sfumature, ha perso i necessarii appigli psicologici. Ma solo quando il testo cedeva mag giormente ai suoi artifici. Lola Braccini (Leo) ha avuta la composta e misteriosa decisio ne del suo personaggio : non sempre espressa compiutamen te. Sandro Rufffni (Giorgio) ha dato una sommessa umanità al la sua figura. Lea Padovani (Maddalena), con impeto giova nile esternava l ’ansito della pas sione: a volte non sorretta sufficentemente dai mezzi vocali e da una propria ricchezza di psi cologia. L’interpretazione di An tonio Pierfederici (Mik), ha fat to sempre trasparire la commos sa realtà del suo personaggio, porgendo sensazioni che hanno turbato e avvinto. Il respiro con vulso dei suoi accenti, era spon tanea effusione del dramma che viveva. --------v. |.; Questa commedia di Jean Cocteau, nuova per Milano, era già stata rap presentata a Roma, al Teatro Eliseo, come Pandolfl stesso accenna nella sua critica. Nel nostro primo fasci colo della nuova serie, ne abbiamo fatto largo cenno. Landi. Tra gli interpreti pri meggiò per bravura e potenza Lilla Brignone, che è certo una delle nostre migliori attrici, e re citarono con passione e con in telligenza Elena Zareschi, Paola Veneroni, un po’ troppo aspra, Silverio Blasi, che ha una inte ressante personalità artistica, an cora però più lampeggiante che approfondita, il Volpi e la fresca e spontanea Lia Murano. Il Ca lindri era un po’ sacrificato nel grigiore della sua parte. * Al Teatro Olimpia di Milano, la sera del 14 ottobre, la Compa gnia veneta Micheluzzi, ha rap presentato Temporali d’inverno di Enzo Duse. Seguendo la tradizione del tea tro dialettale veneziano, Enzo Duse ha composto con molto garbo una commedia di « dolcez ze crepuscolari » alla maniera di Gallina e di Sarfatti. Sebbene il tema abbia una certa leziosità fondamentale, troppo tenue per sostenere tre atti, l ’Autore è riu scito ugualmente ad interessare il pubblico ed a farsi applaudire. La commedia ha, infatti, ottenuto un vivo successo. Gli attori, da Margherita Seglin a Carlo e Leo Micheluzzi, divertentissimi, han no suscitato la simpatia del pub blico ed hanno ben concorso al * Al Teatro Excelsior di Mila successo. no, il 18 ottobre 1946, il regista Mario Landi ha presentato Gio * Al Teatro Olimpia di Milano, ventù malata, commedia in tre la sera del 22 ottobre, un gruppo di attori, guidati dal regista atti di Ferdinand Bruckner, il cui teatro fu definito da Alberto d’Anza, hanno rappresentata la Spaini « riduzione borghese del commedia di Erbert Keats : Il teatro espressionista ». Nel nostro mio sogno è oltre la montagna. L’autore ha impostato il proble fascicolo n. 2-3, abbiamo dato il resoconto della prima rappresen ma dei negri, che è soprattutto tazione a Roma di questa comme un problema letterario america dia, presentata dallo stesso regi no. In questi ultimi anni se ne sta; ora la commedia è giunta a sono ocoupati in molti nei loro Milano. Gioventù malata non è romanzi: da O’Nefil a Cari Van più un’opera teatrale, come ap Vechten; da Anderson a Heyparve nell’altro dopoguerra, giac ward. Sulla scena i negri ricom ché, passato il tempo in cui fu paiono ad ogni stagione, in nuo scritta, il dramma non ha più che vi lavori; nelle nostre cronache un valore documentario. Fu scrit fotografiche americane di questo ta nel periodo più torbido del fascicolo, diamo la documenta l ’altro dopoguerra tedesco; quello zione di Anna Lucasta, di Philip in cui l’espressionismo assumeva Yordan, una commedia di tutti forme popolari e la polemica ar negri. In quella di Erbert Keats, tistica e metafisica si spostava il negro è uno solo, un reduce verso la polemica sociale, con che crede, per aver fatto la guer fluendo in altri più vasti motivi ra, alla redenzione della sua raz za. La vita pratica lo fa ricre di sovvertimento. Ne derivarono, più che rivela dere subito, ed egli si uccide, zioni poetiche, aspri documenti di Tino Carrara è stato molto bra costume. Gioventù malata è stata vo nella parte del negro prota applaudita, anche in questa nuova gonista. Ottima la regìa di d’An edizione, molto e con calore. Di za e la recitazione degli altri at bel disegno drammatico e attenta tori, particolarmente di Fanny e ingegnosa la regìa di Mario Marchiò. R U G G E R [ -A D A N I R Laura Adani ha potuto realizzare un suo progetto che le era partico larmente caro e, da tempo, le stava a cuore. Impegni diversi non ne ave vano mai potuto permettere la rea lizzazione, ma ecco — finalmente — l’incontro artistico col più grande attore che vanti oggi l’Italia: Rug gero Ruggeri. Questa nuova ed im provvisa possibilità, annulla in par te i progetti già esposti col pro gramma per questa stagione teatrale. Tra gli attori, ritroviamo Calindri, Isabella Riva, Lina Volonghi, Renzo Giavampietro, Luciano Alberici, Ma rio Pucci, Piero Pandolfini, Pierluigi Pelitti. Dirigerà la Compagnia, natu ralmente, Ruggero Ruggeri. Luchino Visconti porterà il contributo di al cune sue regìe. Prima fra tutte la ormai notissima e sconcertante Pick-up-Girl che sarà il successo del prossimo mese, e della quale ci siamo occupati nel fascicolo scorso in « Ribalta inglese », ed in questo stesso riproduciamo una fotografia della edizione americana. La Com pagnia Ruggeri-Adani, esordirà al Teatro Nuovo di Milano il 16 di cembre, appunto con Pick-up-Girl. Saranno poi rappresentate Angelo di Melchior Lengyel e la nuova com media del grande irlandese Vincent Carroll : Conflitti. * Al Teatro delle Arti, ad un anno di distanza dalla prima rappresentazione milanese, un gruppo di attori -— Giuditta Rissone, la Galletti, Hinrich, Crast, Mastrantoni, Gallina — hanno rappresentato il miracolo moder no di Eugene O’ Neill: Giorni senza fine. Pubblicando in que sto fascicolo la mirabile opera di O’ Neill, con la presentazione di Diego Fabbri, non ci resta che far cenno al caldo successo col quale anche il pubblico di Roma ha accolto questo dramma, ed ai consensi della critica che, se so no stati unanimi per l ’opera, non hanno risparmiato agli attori il disappunto di averne data una esecuzione che non ha piena mente soddisfatto. Fare dei con fronti, soprattutto nei riguardi interpretativi di un’opera non è certo di nostro gradimento, ma Paola Borboni, Salvo Randone e Piero Camabuci non possono es sere dimenticati. Furono gli in terpreti della prima rappresenta zione in Italia e per temperamen to ed attitudini rispondevano pie namente all’indole dei personag gi. Non che gli eccellenti attori di questa seconda edizione abbia no del tutto mancato al loro compito, trattandosi di un eccel lente complesso, ma è mancato quel « quid » necessario ed indi spensabile all’opera di O’ Neill. * Al Teatro Valle di Roma, la Compagnia di Peppino De Fi lippo che recita, come è risapu to, in italiano e non in dialetto napoletano, ha rappresentato il 28 settembre, la nuova comme dia di Peppino De Filippo stes so: Il contrario dell’altra; il con trario cioè di una sua stessa commedia sulla iettatura : « Non è vero, ma ci credo ». Ha voluto l’autore rifare se stesso, soste nendo esattamente l ’opposto di quanto aveva già costruito : il gioco è valso allora, come ora, si capisce, giacché Peppino De Fi lippo, possedendo ormai la chiave di simili componimenti scenici, non può mancare all’effetto, abil- mente dosando la sua infallibile ricetta. Ha ottenuto un vivo suc cesso di ilarità. Il male dei vir tuosismi del genere è la fatica con la quale si raggiunge la fine, giacché tutto è già risolto, per Io spettatore, alla fine del primo atto. Il suo vero compito sareb be, infatti, l ’atto unico. Con Peppino hanno diviso gli entusiasmi del pubblico : Annibaie Betrone — applaudito ad ogni sua scena —, Nico Pepe, sempre più bravo, la Garella e Petacci. * La Compagnia italiana di Peppino De Filippo, ha rappresen tato il 12 ottobre 1946, al Teatro Valle di Roma, con vivo successo, la commedia in tre atti dello stes so Peppino De Filippo e Arman do Curcio : C’era una volta un compagno di scuola. La commedia è scritta, naturalmente, per l ’in terprete, e non è che un tenue pretesto, ma tale da permettere a Peppino di arricchirlo con la situazione unica e statica del suo personaggio: peritoso e smarrito amico che, per distogliere il com pagno di scuola da una attrice sua amante ed indurlo a sposar si, inventa di essere lui a sua Vol ta l ’amante dell’attrice ed è tra volto dalla sua generosa inven zione in una serie di facili im barazzi comicamente vissuti e sofferti fino al grottesco. Certe risoluzioni, come quella del : « Ci possedemmo! », hanno strappato al pubblico applausi a scena aper ta. Si sa che questi espedienti scenici, più che vere e proprie commedie, sono sorretti ed ani mati non soltanto dall’interpre tazione del protagonista, ma da tutti gli altri attori. Anche que sta volta, ed in modo eccezionale, il maggiore contributo a Peppino Io ha portato Nico Pepe, che ha creato un tipo caricaturale di au tore drammatico, con estrosa fan tasia ed un senso esatto della misura, nella sua istintiva comi cità, veramente ammirevole. Le lodi della stampa sono state, co me per Peppino stesso, incondizio nate ed entusiasmanti per Pepe. Ottimi ed efficaci la Garella, il Betrone e la Zocchi. * Per la rappresentazione al Tea tro Eliseo, di Roma, ITI ottobre 1946, della commedia in tre atti di Louis Ducreux: La parte del diavolo, sono stati riuniti gli at tori Tullio Carminati, Vivi Gioì e Leonardo Cortese. Fatica spre cata, dato il merito di questi ot timi interpreti, per un grossolano pasticcio, brutto fino all’inverosi mile. Gli attori si sono prodigati con tutte le loro possibilità e la commedia si è mantenuta in piedi, con qualche consenso, so prattutto al secondo atto. * A Roma: Al Teatro Eliseo, il 20 settembre, è stata rappresen tata per la prima volta in Ita lia, la commedia in tre atti del l’inglese Terence Rattigan, Bobby, Joe e René. Gaia piccola com media, ispirata ad un momento particolare della vita delle Na zioni; l ’attualità bellica di tre anni or sono. Tre giovanotti, un milord che presta servizio in ma rina, un tenente aviatore ame ricano e un ufficialetto francese si contendono una bella ragaz za, anche essa sotto le armi in qualità di caporale ausiliaria. La ragazza, in realtà, è fidanzata del milordino, ma, per una serie di circostanze e contrattempi, il matrimonio minaccia di andare in .fumo, e poco manca che la bionda caporalessa non finisca tra le braccia dell’americano, come una segnorina qualsiasi, op pure non ceda alle romantiche profferte dell’insistente degaullista. Ma tutto si conclude per il meglio: il matrimonio s’aveva da fare e si farà: nè, d’altronde, l ’autore aveva mai pensatoi di farlo rompere sul serio, d’altro non trattandosi che d’un gioco. La vicenda s’avvale di facili mo tivi umoristici offerti dalla pre senza a Londra (come altrove) di militari delle Nazioni Unite, d’ogni razza e colore; ma ogni spunto, ogni variazione sul fru sto tema, ogni ironica trovata, ogni frizzo, ogni appiglio all’ccat tualità » rivelano, oltre a inne gabile senso umoristico, un gar bo e una leggerezza che rendono i tre atti accettabili anche da noi, tre anni dopo dalla messa a fuo co di una simile situazione. Il regista Ettore Giannini, ha trattato la materia col suo giu sto tono, per la messinscena e l ’interpretazione. Gli attori sono stati scelti molto felicemente, e la commedia ha tratto da essi grande vantaggio. Giuseppe Porelli e Francesco Coop hanno r i trovato nelle rispettive parti (due personaggi, si direbbe « creati » per loro) la perfezione artistica degli anni migliori, e molto mi surati, ciascuno nelle caratteri stiche della propria parte, sono stati Mario Pisu, Aroldo Tieri, Leonardo Cortese. Le interpreti femminili, Olga Villi e Laura So lari, hanno prestato la loro gra zia giovanile, ma sono ben lon tane dalla maturità artistica ne cessaria a simili complessi. La commedia ha ottenuto un vivis simo successo. ♦ Al Teatro delle Arti, il 21 set tembre, è stata rappresentata la commedia in tre atti di Jean De Létraz: La signora di mezzanotte. Piccola commedia : non abbastan za comica per essere una farsa e non abbastanza seria per es sere una commedia. Situazioni tradizionali del repertorio bril lante, rinfrescate con circostanze attuali, o quasi: coprifuoco, borsa nera, ecc. La vicenda racconta la storia di una attrice cinema tografica la quale, abbandonata dall’amante, sa riconquistarlo sti molando la sua gelosia e quella della figlia che è stata la causa principale della rottura. Essa si fìnge innamorata del fidanzato della ragazza e quando, alla fine, scopre il gioco e le restituisce l’amore, non le rimane difficile di ottenere anche per sè quella felicità che l ’esperienza ha or mai rivelato tanto preziosa alla sua piccola e crudele oppositrice. La povertà della vicenda non vor rebbe dir nulla, in effetti, per chè una buona commedia può nascere anche da una trama pe regrina quanto questa, ma l ’au tore non ha, purtroppo, nè fan tasia nè sentimento; procede ba nalmente sulla falsariga delle for mule e dei congegni e riesce ad ottenere l’effetto meccanico del movimento scenico senza . mai raggiùngere una parvenza sia pure esteriore di vita. Tutto è predisposto, tutto prevedibile e tutto perciò suona falso ed inu tile. Daniela Palmer, che era la diva, e Filippo Scelzo, che era l’amante, hanno cercato come meglio sapevano di ravvivare l ’azione con la loro esperienza scenica e la regìa di D’Aversa ha cercato di dare vivace colore al gruppo giovanilmente agitato degli altri personaggi che erano affidati alla recitazione della Al tieri, della Papa, del Villa, del Colli, del Carlini. H pubblico ha seguito lo spettacolo con bene vola cordialità ed ha applaudito alla fine di ogni atto. . I L T E A T R O I N G L E S E NELLE CONSIDERAZIONI D I UNA DELLE MAGGIORI A T T R IC I B R I T A N N I C H E : S YB I L T H O R N D IK E Sybil Thorndike è, fra le attrici inglesi, quella che gode di mag gior autorità e prestigio. Interprete ideale della tragedia greca», ella possiede uno stile umano vibrante, cui sempre soccorre ima intelligenza vivissima. Ha recitato e recita nelle più importanti Com pagnie britanniche. Interrogata dal nostro corrispondente sulle con dizioni del Teatro inglese, dopo la guerra, ha risposto con queste parole : Riandando col pensiero agli anni che precedettero il secondo conflitto mondiale, ci si avvede che il teatro, in Gran Bretagna e altrove, era sempre in ritardo sul tempo, a causa della censura che negli stati totalitari imponeva e da noi garbatamente consigliava i soggetti ed i problemi più importanti da trattare. Questa infausta condizione trattenne molte personalità dallo scrivere per la scena: esse si rendevano conto che sarebbe stata un’inutile perdita dì tempo dedicare la propria attività al teatro. L’unica eccezione no tevole fu George Bernard Shaw. Egli ebbe il coraggio di porre la parola parlata al centro della sua attenzione, e seppe rivoluzionare profondamente il teatro, pur avendo in un pruno tempo soltanto scandalizzato le menti più timorose, giacché ritraeva un lato della vita fino allora considerato inadatto alla pubblica rappresentazione. Quasi tutti gli scrittori le cui opere furono accettate dai teatri londinesi prima della guerra, si occupavano — com’era naturale — di vicende d’amore, e furono queste le opere teatrali che divennero più popolari. Alcuni, dotati di maggior spirito inventivo (come Emlyn Williams e J. B. Priestley) cercarono ispirazioni in altri temi. La maggior parte dei commediografi inglesi, tuttavia, sembra avere un elemento in comune: una viva aspirazione al realismo; ed il pubblico è pronto ad apprezzare l’opera di coloro che maggior mente si accostano all’ideale cui tutti aspirano. Sfortunatamente, a meno che non si tratti di un classico, il più vasto campo della poesia non è stato quasi mai toccato. Pochi scrit tori di, opere in versi hanno la speranza di accattivarsi le simpatie del pubblico. Eppure in Gran Bretagna si stanno tentando esperi menti (su scala ridotta, ma non per questo meno interessanti) che col tempo daranno i loro frutti. Durante la guerra si sentì la necessità di poter disporre di qual cosa di più dei centri di divertimento fino allora in funzione: si ricordi che spesso si è dato il caso di grandi gruppi di persone riu nite, per effetto della guerra, in località dove non esistevano teatri. E fu il teatro stesso che dovette andare incontro a questo pubblico speciale. Ben presto ci si accorse, inoltre, che l’intelligenza dei nostri soldati era stata sottovalutatg; essi si ribellavano, quando veniva loro offerto un eccessivo nwriiero di spettacoli di varietà. Il governo comprese che, per contribuire ad alleviare i sacrifici della vita di guerra, occorreva qualche altra cosa, ed appoggiò il Consiglio per l’Incoraggiamento della Musica e delle Arti, il cui scopo era quello di .fornire a coloro che compivano il loro dovere verso il Paese, la possibilità di ascoltare della buona musica e di assistere a buoni, spettacoli. L’esito dell’iniziativa fu più che soddisfacente: la Com pagnia dell’a Old Vie » rappre sentò ad esempio la Santa Gio vanna di Shaw, Tliey Carne to a City di J. B. Priestley, drammi di Shakespeare e tragedie greche, presentando così degli spettacoli dei quali si era sentita in pas sato la mancanza. L’effetto pili importante che la guerra ha causato sul teatro del tempo di pace, credo sia il desiderio di dimenticare: coloro che hanno sofferto gli orrori del la guerra, vogliono che non se ne parli troppo, desiderano di vertirsi o, al più, asciugare una sola lacrima dai loro occhi. A mio parere, invece, occorre che il teatro si sforzi di consi derare il mondo da un più am pio punto di vista. Non possia mo eliminare la tragedia dal teatro. Il teatro, non è fatto soltanto per consentire allo spet tatore di non pensare: esso è il luogo dove ognuno è chia mato a « ricordare con l’aiuto della fantasia». Nessuna trage dia, o perchè troppo profon da o perchè troppo piccola e umana, dovrebbe essere esclusa. Possiamo piangere, possiamo ri dere, ma dobbiamo «sentire», e sentire intensamente, e ricordare. Dobbiamo trovare un sollievo al nostro comune destino ed una soluzione ai nostri comuni pro blemi. Ci sono sempre i classici cui rivolgersi. Shakespeare viene rap presentato in Gran Bretagna dall’« Old Vie » e da altre buone Compagnie, e lo stesso possiamo dire di Cekov. Queste rappresen tazioni possono tormentarci, farci dimenticare o indurci a trarre speranza e forza dalla tragedia, a seconda del maggiore o minor svi luppo della nostra sensibilità. Ma ripiegare solo sui classici è un atto di viltà; un indice di scarso coraggio inventivo. Dobbiamo in citare gli scrittori, gli attori ed il pubblico a calarsi maggiormente nel mondo, e non cercare nel teatro, quasi sempre, solo un mez zo per sfuggirvi. Sybil Thorndike blighi di una moglie, che le sor ge nella mente il dubbio di non avere la forza e la serietà suffi m m m . cienti per sottomettervisi), ed al le più o meno spiritose ripercus sioni del suo gesto tra i familiari. Esilissimo filo che minaccereb* Molte cose interessanti si deb be di spezzarsi da un momento bono dire sull’attività del teatro all’altro, se l’Autore non avesse londinese in queste ultime setti infiorato il dialogo di piccanti mane. Cominciamo con le novità. battute e di notazioni umoristi Al « Teatro della Commedia » che assai divertenti. E se, più an è andata in scena Mother of men cora, gli attori (fra i quali pri (Madre di uomini) di Abbott. L'o meggia la graziosissima Glynis pera non esce dai limiti della con Johns, tutta fragilità e pudore) venzionalità scenica, ed all’attivo non avessero prestato alle parole può vantare soprattutto una certa di Kenneth Home una squisita freschezza di intreccio e di movi vivacità di recitazione. Il «Mercury Theatre », piccolo menti, sulla quale una buona at trice ha l’opportunità di imbastire teatro che intende porre il pub una gustosa interpretazione. E blico di fronte ad opere svinco questo è riuscito a fare Barba late dalle pastoie del comune re ra Mullen, giovane attrice irlan pertorio (si ricordi This Way to dese, che ha rivelato spiccate doti thè Tomb di Ronald Duncan), ha riaperto i battenti. Per inaugura di sincerità e di semplicità. Una vedova timorata di Dio re la nuova stagione, la seconda, vive con i suoi tre figli, pescato è stato scelto Tangent, un dram ri, i quali si invaghiscono di una ma che Gilbert Murray ha scritto ragazza del villaggio, da poco tor mentre si trovava in un campo nata da Londra. Il periodo tra di concentramento tedesco, dopo scorso in città ha profondamente essere stato fatto prigioniero a trasformato l ’animo della ragaz Creta. L’azione si svolge in un’isola za, ha mutato la primitiva inge nuità in affettazione, in artifìcio della quale non viene detto il un po’ equivoco e morboso, e sono nome, in tempo di guerra. H tra proprio queste attrattive, così in vaglio. di ignoti uomini, posti a consuete per la rozza esistenza contatto con la realtà di un con che si conduce nel villaggio, a far flitto atroce, nel quale ogni spe uscir di ragione i tre giovani. Il ranza sembra nafragare, ogni aminore di essi si lascia indurre nelito di bene sembra esser sof a. rubare, il maggiore decide di focato per sempre, costituisce il abbandonare la ragazza che sta tema, ambiziosissimo, che l’Auto per dargli un figlio, ma la sag re si è proposto di affrontare. I gia madre vigila e impedisce che giovani soldati protagonisti del egli porti a compimento la sua dramma vedono nella morte Tu azione, e lotta per ricondurre nica possibilità di sfuggire al de sulla via dell’onestà lui e i fra stino e di concludere logicamente telli. Ci riesce tanto bene che il un’esistenza che non ha più va terzo figlio, il più innamorato di lore nè significato. A tanta nobiltà di propositi non tutti, si incarica di scacciare le ubbìe dal cervellino frivolo della corrisponde sempre un tessuto « cittadina » e, accortosi che in drammatico di adeguata robu fin dei conti non è una cattiva stezza, e l ’Autore è costretto a ragazza, se la sposa. E tutto fi cedere in vari punti al moralismo nisce in letizia, con la vittoria delle perorazioni e all’aridità dell’onestà e della morale. Com delle dimostrazioni astratte. La media, come si vede, adattissima schiettezza dell’assunto ed alcuni per il teatrino di un educandato momenti di lirico abbandono so femminile. no le cose migliori di quest’opera Kenneth Home ha scritto e a mezzo mancata. Ma è già gran fatto rappresentare al « Fortune de titolo di merito, pensiamo, Theatre » una brillante comme l ’esservisi accinti. L’interpretazio dia intitolata Fools rush in, tre ne è stata affidata ai giovani at atti durante i quali si assiste ai tori Barbara Lott, Julian Randall pentimenti di ima fidanzata alla e Manning Wilson. vigilia delle nozze (ha letto il co Volgiamo ora lo sguardo agli dice, l ’accorta ragazza, ed ha vi altri avvenimenti. All’ «Arts sto che tanti e tali sono gli ob Theatre s è stata ripresa la com- media The Constant wife (La mo glie fedele) di Somerset Maugham, rappresentata per la prima volta or sono vent’anni. Vent’anni fa, appunto, la bizzarra teoria ma trimoniale di Maugham (se la moglie perdona l ’adulterio al ma rito, questi deve fare altrettanto, quando ella lo tradisca per ren dersi economicamente indipen dente), proposta sulle scene in termini di sottile ma feroce sar casmo, poteva interessare e di vertire; oggi, nell’atmosfera in cui viviamo, tutto ciò fa l ’effetto di una stonatura. I londinesi hanno applaudito egualmente, ma forse soltanto per deferenza ver so l ’Autore. Qualche critico ha osservato, giustamente, che la commedia avrebbe tratto gran beneficio da una realizzazione in costume. Le stesse cose potrebbero essere ripetute per un’altra, commedia di Maugham, Our betters, messa in scena al « The Playhouse » dal noto attore-scrittore-regista Ivor Novello, con gli attori Dorothy Dickson, Nuna Davey, Anthony Hankey e Cathleen Nesbitt. Del resto un esperimento simile era stato attuato lo scorso anno, con buon esito, per The circle (Il cerchio). La Compagnia dell’« Old Vie » ha iniziato la sua stagione autun nale al «New Theatre » con una rappresentazione del Re Lear, che è stata giudicata di altissima qua lità; Laurence Olivier, protagoni sta e regista, ha ottenuto — a detta dei critici londinesi — uno dei più grandi trionfi della sua carriera. Nelle vesti del vecchio re (uno dei personaggi più diffi cili di Shakespeare), Olivier ha fornito un’interpretazione piena sempre di maestà e potenza, e piegantesi, di volta in volta, con una duttilità sorprendente, alle varie sfumature del carattere del personaggio, e alle situazioni psi cologiche create dalTintreccio. Come regista, egli ha cercato di eliminare o ridurre le innume revoli difficoltà che la tragedia presenta, mantenendo tuttavia, e concertando accuratamente, le molte scene secondarie che di so lito vengono tagliate. Per colle gare un atto all’altro ha fatto uso con molta sagacia della mu sica di Alan Rawsthorne. Gli at tori che ha raccolto intorno a sè sono fra i più adatti e preparati a interpretare Shakespeare : da Pamela Brown, Margaret Leighton, Joyce Redman, a Nicholas Hanner e a George Ralph. I direttori dell’,«Old Vie » han no varato inoltre, con l ’appoggio del Comitato per le Arti, mi pro gramma di attività, basato essen zialmente sulla creazione di un centro sperimentale; a dirigerlo hanno invitato Michael St. De nis, che prima della guerra fu a capo del

Documenti

Tipologia

Il dramma : rivista mensile di commedie di grande successo. - Torino : Grandi firme, 1925-1992.

Fondi collegati

appartiene a