TEATRO STABILE TORINO 47 NOTIZIARIO DEL TEATRO STABILE DELLA CITTA DI TORINO PIAZZA CASTELLO 215 -TELEFONO 53.97.07 Autor. del Trib. di Torino N. 1681 del 3 Novembre 1964 Responsabile ALDO TRIONFO Sp6dizione in abbonamento postale a tariffa intera N_ 2 del 2• semestre Dicembre 1974- Gennaio 1975 lo Stabile "mamma d'Italia"? Questo notiziario affronta, con le consuete informazioni sugli spettacoli del cartellone, temi importanti come l'animazione, il decentramento, i rapporti con la scuola. Prospetta anche l'attività di un "gruppo" di giovani attori costituitosi appositamente all'interno dello Stabile per stimolare attraverso montaggi scenici in sé autonomi ma deliberatamente strumentali ( strumenti di lavoro, appunto), l'interesse e il dibattito sul teatro oggi e sulla rilettura dei classici antichi e contemporanei, soprattutto fra i giovani dei licei e degli istituti superiori, in pro· vincia e nei quartieri. È un'attività articolata che qualifica, di là dal panorama •ufficiale" delle rappresentazioni, il Teatro Stabile di Torino come organismo produttore e propulsore nella cultura cittadina e iu regione. È un'attività, anche, in cui H TST è impegnato da anni: è stato all'avanguardia fra gli Stabili nel promuovere queste iniziative, e si muove oggi sempre in posizione di primo piano. Lo si deve sottolineare senza falsa modestia, anche perché questo impegno ha un suo risvolto, soltanto superficialmente paradossale. Accade ogni anno, è puntualmente ac· caduto già in questo scorcio di stagi()ne, forse proprio perché è stato uno scorcio particolarmente attivo e soddisfacente: contro lo Stabile si muovono polemiche e accuse infondate. Potremmo non parlarne, lasciare che i fatti prevalgano da soli sulle chiacchiere, ma c'è un rapporto di fiducia e chiarezza con il nostro pubblico che queste chiacchiere non debbono neppure sfiorare. Presiedere, dirigere, organizzare, inter· venire nell'attività dello Stabile torinese, fare un lavoro di promozione e di informazione culturale amministrando denaro pubblico, vuole dire assumersi precise responsabilità, preceder·e secondo criteri rigorosi e una verifica continua. Sembra invece che qualcuno ritenga questo lavoro una festa e si risenta quando gli succede di esserne tagliato fuori. Oppure consideri lo Sta-bile una sorta di •mamma d'Italia" che dovrebbe assumersi e risolvere i problemi d'occupazione e di prestigio, condiscendere a tutte le velleità e am-bizioni dei teatranti. Non si poss()no in effetti spiegare, se non come frustrazioni, certi sospetti e illazioni. Se lo Stabile porta spettacoli e fa animazione in quartiere, in provincia e in Regione, viene accusato di "colonia· lismo"; se sceglie, nel panorama teatrale italiano, gli allestimenti che · la direzione artistica ritiene i più validi, tenendo conto del momento d'austerità che si riflette anche sulla scena (sarebbe opportuno che il cartellone degli Stabili, come più volte ho sostenuto, ospitasse unicamente "scambi" fra gli spettacoli di questi Enti, eventual· mente qualche cooperativa, ma se ciò è obbiettivamente impossibile, se gli altri Stabili non si muovono o non hanno novità da offrire, è giocoforza cercare altrove, anche fra le compagnie private, ciò che offre maggiori garanzie e maggiore spirito di collaborazione), se questa scelta, com'è pacifico, scontenta gli esclusi, si alza un polverone di polemiche sui "criteri mercantili" con cui operiamo. segue a pag. 2 Aldo Trionfo, regista di ELETTRA con Marisa Fabbri, protagonista. IL MITO RIVISITATO Il teatro permetteva ai greci di bloccare il fluire del mito; le antiche storie, le ombre della memoria, il magma del passato collettivo che avevano assunto via via tutte le suggestioni e le ripercussioni del mito, materializzato in una forma concreta, filtrato dall'artificio dell'azione scenica di fronte alla comunità, venivano rimessi in discussione e con esso tutti i valori etici. politici e religiosi che il mito ingloba e istituzionalizza nel processo di codificazione. Il meccanismo, la tragedia - nella sua struttura base di itinerario prestab ilito attraverso una storia prefissata e da tutt i conosciuta - vaie come luogo deputato del confronto tra un uomo, l'eroe, e quell'insieme di dat1 codificati che configurano il mito. Quest'uomo, l'eroe. e l'esperienza che vive sulla scena entro il pe rimetro prestabilito, vengono assunti a parad1gma di uno scontro· più vasto tra la comunità nel suo insieme e i propri miti. La tragedia diventa, dunque. per la comunità, l'occasione di un confronto con le pro;Jrie radici, il momento privilegiato in cui si esorcizzano le facoltà immun1zzatrici del mito e vengono sottoposte a ver ifi ca le ragioni della storia di un'intera società. Ciò che conta di ELETTRA dunque non è il passato (il dato prefissato: cioè, la catena di delitti il cui ultimo anello è l'uccisione del padre Agamennone da parte della madre Clitennestra e del suo amante Egisto) né il futuro (il dato imposto dalla scelta dettata dal passato: cioè, l'assassinio, l'adempimento dell 'o bbligo di uccidere Clitennestra e Egisto in obbedienza a leggi divihe ed umane, eti- che e politiche ... ) Ciò che conta è il lasso di tempo che intercorre tra quel passato e quel futuro, il "tempo" della rappresentazione; e in questo "ritardamento" della conclusione ciò che conta è che Elettra viva, davanti al pubblico, l'esperienza del mito e che, vivendo/a, ne sveli il funzionamento e che, insomma, smonti la struttura del mito vivisezion'andolo, aprendo al pubblico la strada per un processo di analisi. Nel teatro greco - la cui struttura non è a fratture successive, non frontale, ma avvolgente, mentre il problema della quarta parete non si pone poiché una sua possibile esistenza non è neanche supposta lo spazio scenico è continuazione dello spazio della sala, lo spettatore non è "fuori" ma "dentro" l'azione. E al- SOMMARIO: 1 1 2 3 4 6 6 7 7 8 Lo Stabile "mamma d'Italia"? Il mito rivisitato Scuola-TeatroAnimazione O Cesare o nessuno Gesù: La Critica Antonio e Cleopatra Decentramento non occasionale Il "Prometeo" del Gruppo Il Cavaliere finale Il Calendario /ora, attraverso un gioco di committenze in cui al coro ed agli attori spetta il ruolo di officianti di un rito cui il pubblico partecipa in prima persona, non è soltanto di Elettra il confronto con il mito, ma degli spettatori tutti, "tramite" Elettra. Da qui parte lo spettacolo di Aldo Trionfo: dall'assunzione di questa struttura-modello che vede demandato ad Elettra, da parte del pubblico, il compito di "analizzare " un mondo di valori. Da qui e dal problema di azionare questo rapporto pubblico-Elettra in una convenzione teatrale, come la nostra, in cui la quarta parete non solo esiste. ma esplica un suo ruolo specifico nel g1oco tutto diverso delle committenze e dei filtri che caratterizza il teatro moderno e in particolare quello borghese . La soluzione adottata si pone in questi termini: la quarta parete è retrocessa, Elettra è isolata in una zona intermedia che sul palcoscenico prosegue la platea in una specie di metafisica sala d'aspetto dove una ansia indefinita e un'angoscia che è dentro e fuori il personaggio si concentrano e precipitano: qui tocca ad Elettra d'essere continuamente "investita" del suo ruolo, dall 'urgenza di quell'angoscia e da parte di tre o quattro unità di passaggio (il coro) che rappresentano la continuazione del pubblico. Sullo sfondo, proiettati su un diverso livello di rappresentazione, si materializzano i dati del mito: Clitennestra ed Egisto (il passato che necessita la scelta di Elettra e al tempo stesso il futuro che l'attende come segue a pag. 2 segue da pag. 1 IL MITO RIVISITATO adempimento del "compito": ucciderli) e Oreste (lo strumento atteso per l'attuazione del compito). Ora, questa proiez ione avviene "davanti" ad Elettra, spettatrice, e le viene imposta come dato con cui misurarsi; ma avviene anche in quanto emanata o evocata da Elettra-personaggio , come materia delle sue proprie mitizzazioni. Dunque Elettra vive questa dupljcità di funzione. Nella struttura della tragedia, è agente cui si demanda il compito di far scattare le molle del meccanismo che sottopone ad analisi critica i dati del mito . Nel dramma, Elettra vive da personaggio questa esperienza e, nella misura in cui i materiali del mito sono anche i materiali della sua realtà di personaggio, i fantasmi e gli incubi delle sue personali mitizzazioni, sperimenta sul la propria pelle il suo compito strutturale . Nella conclusione, la tragedia vera di Elettra - quando, complice della mano di Oreste, l'adempimento del compito mitico la coinvolge nella responsabilità del delitto - consiste nel rimanere stritolata, come personaggio, da quello stesso meccanismo che ha azionato, come agente strutturale. ELETTRA, di Sofocle nella traduzione di Umberto Albini, secondo spettacolo prodotto in questa stagione dal Teatro Stabile di Torino, con la regia di Aldo Trionfo, le scene e i costumi di Giorgio .Panni va in scena al Gobetti il 13 dicembre. Lo spettacolo, realizzato particolarmente per il ·decentramento, ha come protagonista Marisa Fabbri. Gli altri attori: Maria Cumani Quasimodo (la Signora in ve7de) ~ Mirella Falco (Ciitennestra} Giancarlo Fantini (l'Uomo in viola) Gabriella Franchini (Crisotemide) Berlo Gaviali (Egisto) Elio Marconato (Pedagogo) Maddalena Piccinini (la Signora in rosso) Pasquale Pierro (Pilade) Caterina Rochira (l'lstitutrice) Nico Vassallo (Oreste) SCUOLA- TEATRO -ANIMAZIONE Il Teatro Stabile di Torino ha organizzato nei giorni 29-30 novembre- l dicembre un Convegno di Studi avente come tema i rapporti fra scuola, teatro e animazione, i cui lavori si sono articolati in tre diversi luoghi: ,tf Teatro Gobetti si è aperta l'assemblea con la relazione introduttiva del Presidente del T.S.T. on. Rotando Picchioni seguita, anche nei giorni successivi dalle relazioni ufficiali tenute rispettivamente dai professori Sisto Dalla Palma, Loredana Perissinotto, Gianni 'Gruppioni. Silvio Mei'Ciai e Giuliano Scabia_ Il Centro Studi del T. S. T. è stata la sede dei lavori di gruppo; la Galleria d'Arte Moderna ha ospitato, 11ella giornata del 29 gli spettacoli DEDANSDEHORS del Thedtre deNice, VIENI NEL MIO SOGNO del Teatro del Sole di Milano e, in serata, una dimo;-trazione teatrale del Gruppo del T.S.T., mentre nel pomeriggio del 30, dedicato all'incontro con gli animatori. sono state presentate alcune esemplificazioni delle tecniche di lavoro dei gruppi Tt'atro-Gioco-Vita di Torino e Tbea/l'e Création di Losanna. N ella serata i partecipanti al Convegno hanno assistito allo spettacolo l SETTE CONTRO TEBE di Eschilo con la Cooperativa U nione-4 Cantoni. La giornata di domenica ba visto la chiusura del dibattito assembleare al Teatro Gobetti e la formulazione di un documento programmatico, sottoscritto dai partecipanti al Convegno, inteso a definire e ad approfondire la funzione e l'impegno del Centro Studi del T.S.T. nel campo dell'animazione come nuova sperimentazione pedagogica, specie nell'ambito della scuola dell'obbligo. Dei due temi centrali emersi dai lavori del Convegno: "Ammazione teatrale colti<' nuova drammaturgia" (relazwm Dalla Palma e Scabia) c "Animazione teatrale come sperimentazwnc pedagogica'' (relazioni Penssinotto, Gmppzom e Merciai) il dibattito assembleare c z lauori di gruppo hanno portato ad approfondire soprattutto il secondo, anche per una maggiort partecipazione di insegnanti, educatori e polillci. Questo Convegno ha vol1110 essere un mome11- segue da pag. 1 LO STABILE "MAMMA D'ITALIA"? Si arriva così a negare alla direzione artistica e ai suoi collaboratori quella libertà di scelta che le compete, e dietro tale libertà di scelta si intravve· dono, assurdamente, oscure manovre, pregiudiziali nei riguardi di chi non è stato "ricevuto. a palazzo". In particolare alcune cooperative sbandierano la loro etichetta quasi fosse garanzia assoluta di qualità: in realtà la gestione in cooperativa non è altro che una (forse oggi la più diffusa) delle for· me di gestione privata, partecipa allo stesso gioco dei rientri e del mercato. Si dimentica spesso che lo Stabile è un'azienda, sia pure pubblica, e come ogni azienda deve tener conto della salute dei suoi bilanci: deve quindi, nelle sue scelte - fatto salvo, ovviamente, il livello culturale - realizzare, per quanto possibile, un equilibrio fra costi e ricavi e valutare, in questo, le esigenze del pubblico, non assecon· dandone, ovviamente, i gusti più ba· nali, ma fornendogli, appunto come "servizio pubblico", gli spettacoli di maggior validità, prestigio e richiamo, a prezzo politico. Qui sta il nodo centrale della questione, la sostanza del problema che non è stata toccata: il "criterio mercantile" secondo cui agisce lo Stabile è quello di offrire, nel suo cartellone in abbo· namento, del buon teatro, se è possibile dell'ottimo teatro, a prezzi politici, dando cioè la più qualificata e larga "informazione" teatrale agli spet· tatori con una spesa estremamente contenuta. Lo stesso tipo di politica culturale, rifiutando ogni speculazione mercantilistica, ha d'altronde portato lo Stabile a varare da quest'anno un "calmiere" sulle paghe degli attori ed Marisa Fabbri in una sc ena di ELETTR A a contenere rigidamente il costo delle sue due produzioni, GESù ed ELETTRA, pur preoccupandosi di garantirne la qualità che, a proposito della prima realizzazione, critica e pubblico hanno unanimemente riconosciuto. Dopo queste semplici spiegazioni ai nostri abbonati e a chi ci segue non resta, dunque, che vedere quanto si è già fatto e quanto ci proponiamo di fare: il notiziario riporta nei dettagli il consuntivo del convegno internazio· naie sull'animazione, propone un bi· lancio del GESù attraverso una scelta di critiche, conferma gli impegni verso la scuola e il decentramento al quale è stato particolarmente destinato l'allestimento dell'ELETTRA. E avremmo preferito che su queste cose si fosse aperta la discussione portando un contributo costruttivo e non il risentimento gratuito. Rolando Picchioni Presidente del Teatro Stabile di Torino to di informazione e di riflessione su quelle esperienze di animazione teatrale che oggi, nello spirito dei Decreti Delegati, aprono nuovi spazi d1 sperimentazione didattica nella scuola dell'obbligo. Il documento conclusivo del Convegno ha posto l'accento sulla necessità di una "strategia della sperimentazione e dell'aggiornamento degli insegnanti come via ad una gestione democratica della scuola". L'animazione teatrale come sperimentazione perj.agogica è stata in questi ultimi anni sostenuta dal T.S.T. cbe ha organizzato e patrocinato corsi di drammatizzazione per insegnanti e interventi di gruppi di animazione nella scuola dell'obbligo. Le prospettive che l'a pplicazione dei Decreti Delegati oggi offre alla scuola, rendono necessario ed urgente l'avvio di un dibattito con gli insegnanti di ogni ordine e grado, la creazzone di centri di interesse e di sperimentazione come stimolo al corpo docente perché si 1·iconosca nel nuovo ruolo che i Decreti stessi gli indicano . Il Centro Studi del T.S.T. si propone di coordinare quelle _esperienze di animazione teatrale che prenderanno avvio nella scuola dell'obbligo, e insieme puntualizzarc e documentare l'attività di animazione degli anni passati. a livello nazionale. Lo strumento organizzativo che si è ritenuto di scegliere, permette di collegare il corso di drammatizzazione per insegnanti con le esperienze di draml?7ttlizzazione che verranno realiz:zate nell'ambito della scuola. Il successo di un simile progetto, oltre cbe dall'impegno del Centro Studi del T.S.T ., dipenderà dall'interesse e dalla collaborazione del Provveditorato agli Jtudi, dalle direzioni didattiche, dalle presidenze degli istituti e, soprattutto, dagli insegnanti interessati. Nelle scuole medie superiori proseguirà l'intervento di animatnri del T.S.T. che, oltre a presentare gli spettacoli, suggeriranno ricerche, organizzeranno dibattiti e seminari. Inoltre, nelle scuole in cui imegnantt e studenti lo richiederanno, proseguirà un'attività teatrale vera e propria, con la collaborazione di attori e tecniu del T.S.T Il documento finale , in particolare, ha mt'sso l'accento su -cinque punti: l) Il ruolo del/'anmzazione wlturale ht~ sicuramente una sua autonomia e tltt mo campo d'azione specifica che in parte coincide con quello del Teatro, d.:/la Sczmla e d t altri l stituti, e che è dcLt·rminato da 1111a domanda precisa c rilevante_ 2) Tn mancanza di una adeguata presenza e iniziatiua degli Enti localt c della Scuola, iln10lo assunto dal Tcalt o Stabile di Torma (e altrove da alit i i1·1ituti culturali non specifici per l'allu?tazione) può valere per i contributi cbt' il settore teatrale può portare all'antn-hC ogni tanto cita il suo fortunatissimo Nerone. Arturo Lazzari l'Unità ... Quando il sipario si apre , si vede la scenografia, riconoscibile ad un miglio di distanza: una speoe di p ira· mide fatta di mobili vari, culminante in alto con un armadio-simbolo che sar .ì il luogo dove sono tenuti i sacri li bri nella sinagoga e la stanza di dove esce Ponzio Pilato, alto, vestito di candidi panni, con una corona in testa: è di Lele Luzzati, così come i costumi ebraici ma un po' atemporali. Davanti a questa costruzione vengono portati e rimossi dei carrelli con altre sedie: le sedie sono una delle costanti dello spettacolo, ed hanno una loro significazione emblematica. ... Queste scene d'assieme, quando la piramide si anima , sono anche assai belle: un tocco di poesia è dato d~lh scena della Pasqua, con quegli ebrei che consumano il loro rituale, e roi cantano ; o dalla scena ultima, quando la piramide si trasforma in chiesa, con la discesa dall'alto di lampadari accesi, l'ofliciante e i fedeli, con Gesù che se ne sta "in prima" (al proscenio) in posa trionfale, dopo la sua resurrezione. Alberto Blandi LA STAMPA ... L'inizio è piuttosto bello, pieno di aspettazione e di mistero, con gente che corre quà e là, inquieta e affannata, davanti al sipario chiuso, per poi mettersi sui sedili disposti in file ai lati, e con il Battista che entra, isolato e in un fascio di luce. E il finale è anche più bello: la frastagliata piramide di seggiole, tavoli e armadi che in quel momento è il Golgota s'abbuia rapidamente, e non appena risuona la voce del centurione che ordina a Simone di portare la croce per Cristo, si trasforma in una Chiesa - tutte le chiese di tutti i riti cristiani - sfolgorante di luci e di arredi. Sono questi due momenti nei quali si riconoscono la mano e l'intelligenza di Trionfo sia che nel primo egli si attenga scrupolosamente al testo del regista danese, sia che nel secondo, ma è il solo caso, se ne discosti. E altri ve ne sono, come la splendida macchia di colore della cacciata dei mercanti dal tempio e che è la sola, perciò tanto più efficace, accensione cromatica di uno spettacolo tenuto sempre su toni bianchi, grigi e neri che fanno più Bergman che Dreyer (ma Bergman viene fuori anche da quell'aura di attonita e pacata problematicità e di stupore sospeso nella quale la rappresentazione è immersa), o come il finale del primo tempo quando Gesù, che sinora ha compiuto miracoli senza os-tentarli, dona la vista a un cieco con la ritualità di un taumaturgo. Donata Righetti Odoardo Bertani AVVENIRE Franco Branciaroli, acclamato protagonista del GESù di Dreyer, con la regia di Aldo Trionfo, che ritorna a Torino, al Teatro Alfieri, il 14 gennaio. ... La rappresentazione in sé è ammirl"· vole per scio] tezza di ritmo c splendida per partiti figurati vi. La scena, di Emanuele Luzzati, si innalza in una costruzione centrale dove spiccano le tavole (luogo d'incontro e di colloquio) e un armadio (il mistero, il pot e r~) . ma che è valida soprattutto nella sua ricchezza metaforica (è il tempio , il sinedrio, il calvario) e trova almeno tre occasioni di fascino straordinario (la scena dei mercanti, quell a di Pilato e l' ultima). Una sapi enti ssima orchestrazione delle luci accompagn a e C. Th. Dreyer: ''la critica,, rileva i quadri, scolpendoli dentro i colori fondamenta! i. che sono il grigio, il nero e il marrone , r10nché il bianco della tovaglia, e con il suo morbid o fraseggio guida il succedersi degli episodi, che trapassano l'uno nell'altro in dissolvenza cinematografica. Sottu LjliCsto aspetto è assai app1·ezzabile l '<.~se cuzione dei numerosissi1ni ;Htori, assai giovani i piLI, che danno un 'ordinata animazione al palcoscenico. li compi tn di impersonare Gesc1 è affidato a l'ran co Branciaroli, atwre di te mperi e so t· tile . Accoglienze assai favorevoli. (e il compenso mi pare sia pic1 che "''lido) la loro ca ld~ e entusiastic-a immediatezza. Successo bellissimo. concretatosi in lunghi e calorosi applausi. giatura; tak scenq~giatura è ora prupO· sta come dr;lmma tealrale. rigorosamente dal regista Trionfo, con risultati deg~i di rirÌessione. Giorgio Polacco Carlo Maria Pensa mlommto ..stra I~Un!1 C hi si attendeva, da qlll"Stll c;r;so c"\)1) il quale il Teatro Stahile di Torino h:1 inaugurato la sua stagione, uno spl'l tacolo su ll 'onda dei var i "rock-sho\\'s" che infastidiscono platee e schermi di mezzo mondo facendo indossare j..:a11> a Crist i e Santi che intonano indiavolat i Drever h~ lasciato, senza riuscire a farne ii film che vo lt'va, qt>esta sua sceneggiatura, Cl:SU che ora Aldo Trionfo, con sincera isp irazione drammaturgica, e nella versione di Ernes to Ferrera, ha trasferiro, per il Teatro Sl~ - bile di Torino, in termini scenici. Franco Quadri lillbliiHti riprendono ampiamente temi e sonorità della liturgia ebraica. E ingegnosissimo è risultato il gioco delle luci che ha consentito contrasti e sottolineature di illuminazione, oltre ad improvv ise accensioni visive intense nell e citaz.ioni pittoriche e figurative . Molto ha contribuito l'imp ian to scenico, semplice ma assai or iginale, di Le le Luzzati: con si parietti e sedie, disposti secondo iterati schemi geometrici, intorno a un corpo centrale costituito da un ammasso di mobili e suppellettili disparati, di volta in volta resi praticabili ai diversi momenti dell'azione scenica. Il protagonista, Franco Branciaroli, (vestito con una tunica e una lunga su arpa che ricordavano il Gesù di Buiiud della VIA LATTEA) ha trovato un 'opportuna dizione: scandita e solenne. Enrico Baragli S .I. Aldo Trionfo ha sempre avuto dimestichezza con i ritmi bruschi o distesi delle trasposizioni di romanzi o delle narrazioni cinematografiche. Questo suo GESù ambientato nel grande vuoto di un palcoscenico cosparso solo di Ljualche fila di sedie - al centro una tendina bianca, e dietro magari coperta da un drappo bianco, una simbolica montagna piramidale fatta di tavoli, di sedie, su cui torreggia un misterioso armadio è un rigoroso e ieratico omaggio al grande regista danese. Sotto i riccioli neri di Franco Branciaruli , Gesù si contrappone soltanto per una diversa tensione di discorso, con la calma interiore e la sorprendente ironia delle parole, e per un tocco di colore in più l la lunghissima sciarpa amaranto sulla veste nocciola) al dinamismo silenzioso e alle tuniche brune dei discepoli , dei rivoluzionari , dei dot tori. LACIVILTA CATTOLICA Spettacolo buono. A p;trte il dialogo, già tutto approntaru, non era impresa facile trasporre la sceneggiatura di Dreyer in az ione scenica. Campi e piani, movimenti di macchina, flash back, insomma, quasi tutti i mezzi espressivi propri del cinema sono Ìnterclusi alla regia tea trale. Eppure il regista Trionfo ed i suoi collaboratori l'hanno portata a termine con esi ti , tutto sommato, positivi, e quà e là eccellenti. A comin ci·t>·e dall'uso del mat eriale scenografìco .. La recitazione, sopratt utw, estrosa e mobilissima del Branciaroli, eccessiva"'C' nte indulgente alla mimica ed ai toni scanzonati del Cristo della VIA LATTEA di Buiiuel, ma sconvolgente quando, sul boccascena, volto alla "quarta parete", indirizza direttamente a noi, pubblico di oggi, le parole di Cristo, roventi di vita e di condanna. Ancora una volta se ne avverte la LJuasi in trinseca efficacia sacramentale: le gridi sullo schermo il Cr isto pasoliniano o le scandisca, nella finzione: scenica. il Cri·;to provocatore di Drc:yer-Trionfo. Paolo Emilio Poesia LA NAZIONE La scena del processo nel "GESù"_ ... Complesso spçttacolo, questo di Trionfo: può anche essere dillìcile, all'inizio, entrare in LJuesto st:rratissimo e tuttavia, alla superficie , pressoché monotono gioco (ma in realtà non c'è un attimo di sosta, tutto lo spettacolo è fondato su un fitto, continuo mo vimento): eppure rare volte mi è accaduto di avvertire in teatro un cusì profondo, teso silenzio e una così intensa e contenuta attenzione. Segno che il .di scorso di Trionfo è arrivato chiaro in tutte le sue· molteplici pieghe, attraverso tutte le sue soluzioni ... Devo dire che assieme alla scenografia di Luzzati, Trionfo ha trovato in Sergio Liberovici un prezioso alleato per la realizzazione di questo suo GESU: le musiche ispirate a quelle antiche ebraiche il fremere delle voci argentine dei Pic~oli Cantori di Torino non sono più "aggiunte" alla rappresentazione, ne fanno parte integrale come carne e sangue. Né posso tacere di quei violini: sti che paiono sfuggiti a una tela d1 Chagall e accompagnano con le loro melopee il grande canto non cantato, della parola di Gesù. Al quale Franco Branciaroli ha recato una carica straordinaria di robusta semplicità: il suo Gesù è privo di enfasi, privo di ogni "effetto". Paziente e a momenti ironico , comprensivo e scattante, raggiunge la potenza comunicativa attraverso una fìnissima, preziosa ncerca d1 toni e di gesti. Accanto a lui ci sono, sl, i "veterani" (non se n'abbiano a mal e) cume Andrea Bosich suasivu Caifa, l va n Cecchini nelle vesti di Pilato, Alessandro Esposito come sempre incisivo e tra le nuove leve - Valeriano Gialli e Saverio Marconi, ma ci è anche una ventina e più di giovanissimi, molti dei quali debuttanti, che alla inevitabile acerbità contrappongono ritmi afrocubani, o ancor;! chi si at tendeva da questo C I :SU ,-he si sa peva portare la fi rma d1 .\ JJ,, Trionfo , un altro di quegli sperra,·uli sovraccari chi rutilanti barocchi come ""1o nel le 'corde di' Ljuesto est roso c dotalo regista ebbene "li uni e gli altri sono usciti ~ielusi d~lj; sala del Regio torinese dove è andato in scena, in "pri ma" mon dia le il GE.'ì(J di Ca ri Theodor Dreyer. _'__ Spettacolo 'rigoroso , a tratti affascinante, che andava svolgendo una sua linea dichiaratamente ideologica con molte attrattive sceniche; innanzi tutto le folgoranti invenzioni di un "mago" (di cui non mi stanco mai di ripeterne i meriti) qual è Emanuele Luzzati .. ... Franco Branciaroli, tutt'altro che enfatico anzi limpido e misurato, tranquilla~enre distaccato nella sua "illuminazione" ... Se non dallo schermo, l'ultimo messaggio di Dreyer rimbalza ancor vivo sul palcoscenico. Sarà difficile dimenu care quella Gerusalemme sfolgorante di colpo in una luce di sogno, accecante , paradisiaca. Carlo Laurenzi il Giornale .". Cari Theodor Dreyer, che molti hanno stimato un cineasta sommo e altri un calligrafo perfezion ista, meditò a lun go un film su Gesù; il tormento del l'uomo dinanzi alla fede, i rapporti ambig ui tra la metafisica e la superstizione erano la plestra di Dreyer. TI danese non gi rò mai quel film , sebbene ne avesse condotto a termine la sceneg- Aldo Trionfo ha dovuto anendersi gli estri estetizza nti che sono propn; ma è un a resa vittor ios a, donde nasce uno spettacolo insolito , lucido e coerente ... morti~cando Mauro Manciot ti IL SECOLO XIX . Trionfo è stato costretto a impegnarsi strenuamente per recuperare emotlvità, movimento e colore ad un testo che ha le apparenze della fredda didascalicità. E vi è riuscito senza concessioni, conservando allo spettacolo una linearità semplice e schiva, rinunciando ad attingere a quelle libertà fantastiche estrose ed extravaganti che costituiscono il meglio del suo bagaglio registico . Va precisato, però, che la sua regia non ha messo la sordina alla fantasia l'ha soltanto incanalata in una direz,ione sorvegliata e precisa. Molro suggestivamente hanno figurato gli inserti musicali (Sergio Liberovici) che Angelo Libertini L'OSSERVATORE ROMANO La prima impressione (che non è necessariamente la più importante) di fronte a questo GESù.. è che solo in apparenza questo spettacolo è molto differente e quasi anomalo risnetto alla precedente produzione di Trionfo: vi è indubbiamente un 'approfondita e intelligente ricerca di un linguaggio diverso che possa adattarsi alla profonda diversità della materia. ma tale ricerca non rinnega affatto le precedenti esperienze e le riutilizza coerentemente secondo una rigorosa applicazione della logica dei contrari. Mentre Trionfo ci aveva fino ad oggi abituati ad un uso sfarzoso e spregiudicato del colore, in questo caso ricorre LJuasi esclus ivamente a tinte smo rzate, con predominanza del grigio e di un nero polveroso, dove la tunica mar rone chiaro del Cristo ha modo di spiccare quasi con violenza. Dopo il successo ottenuto a Torino al Teatro Re~io, il

Documenti

Tipologia

Informazioni al pubblico [poi] Notiziario del Teatro Stabile della Città di Torino. - Torino : Teatro Stabile della Città di Torino, 1964-1975

relazione