Tessuti di qualità nel mondo ABBIGLIAMENTO ARREDAMENTO COPERTE TORINO- MILANO MAGNO N l & TEDESCHI SHAW SATIRA SOCIALE IL TEATRO STORICO TESTIMONIANZE DELL'AUTORE BIBLIOGRAFIA E FILMOGRAFIA I QUADERNI DEL TEATRO STABILE DELLA CITTA' DI TORINO N. l SHAW /SATIRA SOCIALE IL TEATRO STORICO / CESARE E CLEOPATRA /TESTIMONIANZE DELL' AUTORE/ BIBLIOGRAFIA E FILMOGRAFIA Edizioni del Tearro Stabile di Torino - 1964 Con questo quaderno dedicato a Shaw ed edito in occasione della rappresentazione della commedia Cesare e Cleopatra, in apertura della stagione 1964-65, il Teatro Stabile di Torino inizia una nuova attività. Non si tratta però di una attività che venga ad aggiungersi a quelle preesistenti per un mero processo di somma; nelle nostre intenzioni essa non vuole essere un'aggiunta a quanto sinora ha fatto e continua fare, bensì soprattutto una testimonianza critica e do cumentaria su quanto il T eatro fa. N el disegno di una stagione teatrale come nella linea stilistica dì una regia si celano sempre un lavorio intellettuale, un pensiero, delle scelte, delle intenzioni, una volontà di comunicare in un certo modo con i! pubblico. E' ovvio che questo complesso di istanze deve trovare il proprio sbocco naturale nello spettacolo, il quale quindi deve esserne la voce piena, esauriente, autosufficiente: quanto meno per ciò che riguarda la espressione artistica; ed è superfluo dire che con i quaderni non ci illudiamo di spiegare i nostri spettacoli e tanto meno giustificarli. T uttavia ci è sembrato utile lasciare traccia delle ricerche, delle ipotesi di lavoro, delle indagini critiche che precedono e accompagnano la nascita dei nostri spettacoli, giacchè si tratta di un materiale cui altri domani, accettandolo o rifiutando/o, non importa, potrà far riferimento nella rilettura di un autore o nella riproposta sulle scene di un testo, e tutto ciò anche quando del nostro spettacolo di oggi, per la crudele ed affascinante legge del teatro, non resterà che un ricordo nella memoria degli spettatori. Ouesti quaderni perciò nasceranno sempre in stretta co;;:elazìone con l'attività del teatro, spettacoli in primo luogo (ma non soltanto spettacoli) . Essi si ripromettono la finalità immediata di agire come stimolo a quanti si occupano di teatro, di suscitare interessi, di sollecitare controlli critici e di provocare all'occorrenza dibattiti e, perchè no, polemiche. La cultura teatrale italiana ha bisogno di chiarezza e di ordine . No n potremo certamente essere noi a realizzare l'una e l'altro . Possiamo però contribuirvi per la nostra parte e lo sforzo che intraprendiamo con questa pubblicazione vuole essere, per lo meno, una testimonianza di buona volontà. Abbiamo d'altronde l'ambizione di mobilitare attorno al Teatro il maggior numero di forze culturali vive, seriamente impegnate e anche giovanilmente entusiaste e al medesimo tempo disponibili. Così in questo primo fascicolo, accanto ad una nota di un illustre docente, il lettore troverà due ampi saggi redatti da due studenti universitari che hanno seguito le prove del nostro spettacolo e lungamente discusso col regista sui criteri di una moderna e attenta lettura shawiana. Il rapporto con l'Università, cioè con la più alta e cosciente espressione culturale, è uno dei nostri principali abbiettivi, sia per ciò che essa può darci in fatto di metodo critico, di rigore e di esperienza, sia per il vantaggio che può derivare al teatro da una riconciliazione che fiorisca sul terreno delle collaborazioni, superate le diffidenze e le ingiustificate e ormai invecchiate preclusioni. Questi quaderni non pretendono di essere manografie esaurienti, ma semplicemente, come dicevamo, il risultato critico di un determinato lavoro. E noi ci auguriamo che essi possano venir giudicati strumenti con cui proficuamente continuare il lavoro. Shaw e il «Teatro N uovo»* Il 1892 può essere consideratO come una data memorabile nella storia del teatro inglese. Non solo vide la espressione piu compiuta e trionfale della farsa tradizionale (Charlie's Aunt di Brandon Thomas) e il debutto di Oscar Wilde come commediografo, ma in quell'anno il poeta irlandese W. B. Yeats pubblicava la sua Countess Kathleen, segnando in tal modo l'atto di nascita di una nuova corrente drammatica, e infine per la prima volta compariva sulle scene una commedia di Bemard Shaw, Widower's Houses (Le ca.re del vedovo) al «Teatro indipendente» da poco fondato. G eorge Bernard Shaw (1856-1950), nato a D ublino, è stato considerato come irlandese, anche in vista di un costante interesse da lui manifestato per il suo paese natale, e di quella ironia pungente che è sembrata a taluno caratteristica dell'arguto spirito dell'altra isola britannica (si ricordi che Wilde era appunto irlandese di origine). Ma in verità Shaw, al pari del maggior scrittore satirico della letteratura inglese, Jonathan Swift, con il quale egli ebbe piu di un punto di contatto, era si irlandese per nascita, ma di razza inglese e protestante. E basterebbe confrontare le sue commedie con i prodotti del teatro irlandese autentico che allora sorgeva per rendersi conto della profonda differenza di tono. In Shaw l'ironia è polemica e si colora costantemente di argomenti sociali, mentre in Y eats e negli altri irlandesi è soltanto osservazione partecipe e colorata di crepuscolar.e patetismo della vita di un popolo. Shaw si " Da : G. Melchiori, Teatro Inglese dell'SOO e 900 di prossima pubblicazione nella Storia del Teatro a cura di Mario Praz (Francesco Vallardi, Milano). 8 recò a Londra a vent'anni, senza avere avuto una istruzione regolare, e si formò negli ambienti piu anticonformisti della città, fra gli artisti piu giovani (si interessava allora soprattutto di musica e di pittura). Nel 1884 fu fra i fondatori della Società Fabiana, che proponeva una interpretazione inglese delle dottrine socialiste, e poco dopo iniziò la sua attività di critico musicale (fu un sostenitore e divulgatore della estetica e dell'arte wagneriana) e di critico d'arte. Shaw trovò la sua strada allorché nel 1891, nella sua ricerca di novità nell'estetica, contribui alla fondazione dell'Independente Theatre. Già era stato attirato dal pensiero di Ibsen ·e aveva scritto in quell'anno The Quintessence of lbsenism, un libro di importanza storica per lo sviluppo del teatro inglese, e aveva iniziato in collaborazione con il critico William Archer, l'altro apostolo dell'ibsenismo in Inghilterra, una commedia che si proponeva di trasferire all'ambiente e ai problemi inglesi la crociata sociale iniziata da Ibsen. La creazione del nuovo teatro d'arte in Inghilterra, che aveva come programma di opporsi al teatro commerciale presentando opere soprattutto straniere indicative delle nuove tendenze del teatro contemporaneo, agi da potente stimolo per l'energia creativa di Shaw. Come egli raccontò in seguito, fu per dimostrare che anche in Inghilterra esistevano autori drammatici interessati agli stessi problemi che egli completò e fece rappresentare la commedia già iniziata con Archer, W idower's H ouses, e seguitò a scrivere per il teatro, benché spesso la censura inglese impedisse la rappresentazione dei suoi drammi nei teatri regolari, ed essi dovessero essere presentati, con anni di ritardo, in sale private. Tale è il caso delle altre due commedie che il Shaw raggruppò poi insieme alla prima con il titolo di Plays Unpleasant : The PlJilmzde1·er (L'uomo amato dalle donne, scritta nel 1894, ra?presentata nel 1905 dal New Stage Club) e Mrs. W arren's Profession (scritta nel 1894, rappresentata nel 1902 dalla Stage Society). L'arte di Shaw fu quella di usare la piu raffinata tecnica comica, quella portata a perfezione da Oscar Wilde, per trattare temi di estremamente serio im· pegno sociale, come ad esempio il problema degli slums, nella prima delle tre commedie citate, quello della posizione 9 di ~nferiorità della donna nella seconda, quella della prostituzione nella terza. I numerosi attacchi da lui sferzati comro la tradizionale piéce bien faite non sono in verità attacchi contro le forme drammatiche dominanti al suo tempo (forme e convenzioni. di cui egli si giovò ampiamente, portandole ad un ultenore raffinamento) ma contro il conten~to di quelle fo~me, contro la mancanza di coraggio dei suoi conteJ_D~Oranei. Qu_es~i ultimi avevano a disposizione, se_condo lUI, Il modo miglJore per fare dell'esperienza artistica un fattore non solo di divertimento, ma di elevazione moral_e e so~iale; ~ lo ri~uc~vano invece ad un mezzo per compi.acere I gusti mediocn e i pregiudizi meschini del pubblJCo ~neno cosciente e preparato. Shaw si propose ?unque _di. usare questo strumento per diffondere quelle Idee ~oCiahste ch_e . altre volte aveva sostenuto perfino improvvisando comiZI per le strade. La sua concezione moralistica del fatto estetico fu in netto contrasto con la dottrina dell:arte per l'arte che dominava il suo tempo, e perfino oggi potrebbe riuscire inaccettabile ad una estetica smaliziata che _guarda con diffidenza ad ogni specie di engagement. Ma il suo se~so del teatro, istinto e genio ad un tempo, fu tale da fargli superare i limiti di ogni polemica, anzi da trasformare la polemica stessa in una forma d'arte. Anche se dapprima egli dovett•e accontentarsi di far pubblicare i suoi drammi prima che essi apparissero sulla scena la loro vitalità teatrale, fondata su un dialogo costanteme~te brillante e tagliente, su una costruzione solida ed eminentemente drammatica, cioè tale da presentare sul palcoscenico autentici con~itti di i?~e piuttosto che di personaggi, su una osservazione sensibile e non soltanto spietata della natura umana, fini con il far riconoscere in Shaw il maggiore drammaturgo non solo del suo tempo ma forse degli ultimi due secoli. L'ibsenismo iniziale, manifesto soprattutto nella asprezza polemica delle «commedie spiacevoli», andò assumendo i caratt·eri di uno stile strettamente personale, anzitutto attraverso l'~dozione di . quell'eleganza dialogica già portata alla perfezione dal Wdde (e sostanzialmente ereditata . dai r_affinati moduli comici della Restaurazione), poi mediante il progressivo affermarsi di un pensiero autonomo lO e originale, criticabile forse da un punto di vista filosofico, ma validissimo come stimolo creativo per il suo aurore. Maggiore fortuna immediata delle commedie spiacevoli ebbero quelle cosiddette «piacevoli»: Arms and the Man (Le armi e l'uomo, 1894), satira antimilitarista, Candida (1895), ove è ripreso il tema del rapporto fra i due sessi. L'arto unico The Man of Destiny (L'uomo del destino, 1896), che umanizza il « superuomo » Napoleone preludendo al trattamento shawiano di altre figure analoghe come Giulio Cesare e Shakespeare, e la commedia piu wildiana di Shaw, Yo u Never Can T ell (Non si sa mai, 1897). Seguirono quelle che l'autore, rifacendosi alla sua concezione anti· edonistica dell'arte, chiamò « tre commedie per puritani » : The Devil's Disciple (Il discepolo del diavolo, 1897) che ironizza il « melodramma » tradizionale, l'ammirevole interpretazione borghese della storia Caesar and Cleopatra (1898), e Captain Bras.rbound's Conversion (La conversione del Capitano Brassbound, 1899). Ma non è da credere che, come suggerirebbero le date, nel 1900 lo Shaw fosse un autore drammatico già noto: era conosciuto piuttosto come acutissimo e spietato critico teatrale (carriera questa che aveva intrapreso nel 1895), mentre le sue commedie rimanevano fra le coperti ne dei volumi da lui pubblicati. La loro rappresentazione fu dovuta soprattutto all'iniziativa di un nuovo teatro d'arte apertosi nel 1904, il Royal Court Theatre di Londra, sotto la direzione amm inistrativa di L Vedrenne e artistica dell'attore, regista, e drammaturgo Harley Granville Barker. Fu in questo teatro che, grazie anche alla partecipazione personale di Shaw all'allestimento scenico delle proprie opere, venne creato il clima ideale per la rappresentazione del teatro shawiano. Lo stile di recitazione inaugurato dal Granville Barker, basato sulla compostezza, sull'antiretorica, sul risalto drammatico orte· nuto non con l'insistere sulla battuta ma piuttosto con l'aver l'aria di « buttarla via >>, su un uso discreto di pause ed esitazioni nel discorso, era il piu adatto a sottolineare le qualità della scrittura di Shaw. Fu dunque al Royal Court fra il 1904 e il 1907, e in seguito al Savoy e al Little Theatre, ov.e si trasferi il Granville Barker, che trionfarono 11 le commedie shawiane. Non solo quelle già pubblicate, ma molt~ delle altre che egli andò scrivendo nei primi tre lustn del nostro secolo, a cominciare da quella che rimane l'opera sua piu impegnativa anche da un punto di vista letterario, Man and Sttperman (Uomo e superuomo, 1903). Essa fu presentata al Royal Court Theatre nel 1905 senza però la. lunghissim~ scena del terz'atto in cui i protagonisti ?ella VIcenda ~m~Jentata nel mondo contemporaneo appa!Ono nelle vest1 de1 personaggi del Don Giovanni mozartiano per schiarire il significato dell'opera, che è ancora una volta l~ q~esti?ne della funzione sociale della donna come depo· sJ.tana ~~ una f?rza vitale che, attraverso la sua capacità dt seleziOne, puo produrre il « superuomo »; ossia portare l'uon:o ~u un miglio.re piano d i esistenza. Tale lunga scena, con 1l titolo D on Gtovanni all'Inferno, fu poi rappresentata ~eparatamente ~~o s.tesso teatr<~ due anni ?opo. E' appunto m essa, come s1 e vtsto, che v1ene enunCiata la cosiddetta filosofia esistenziale shawiana, una filosofia che colora le sue opere successive e si manifesta soprattutto nell'altro suo lavoro di vastissimo respiro, Back to Methuselah (Rirorno a M~tusalemm~, 1921) in cinque parti, una specie di pentalogta wagnenana (Pentateuco, lo chiamò Shaw) in cui l'azione si estende dal tempo del Paradiso Terrestre al 1920 d?~ ~risto, sostenendo addirittura la necessità e la possibthta dt una estensione dei termini naturali della vira umana. I?ottrine, .come si vede, che fondono una originaria ispiraZIOne soCialista con principi pericolosamente orientati in senso autoritario : tale la concezione della selezione naturale (derivata del resto dalle teorie darwiniane ottocentesche), e del superuomo di chiara origine nietzschiana. Ma a controbilanciare tali tendenze v'era il fondamentale buon senso e la profonda umanità dell'autore, e soprattutto il suo indi· struttibile ottimism~, che fa sf che la sua ironia, per quanto feroce, non s1a ma1 totalmente distruttiva, rende umani i personaggi e trasforma la crudeltà della satira nel civile gioco dell'humour. Queste qualità si osservano anche nelle sue commedie che attaccano difetti specifici della società in cui egli viveva come fohn Bul.l's Other lsland (L'altra isola di John Bull: 12 1904) sul problema dell'Irlanda, che però non è sentimentalizzato alla maniera dei drammaturghi irlandesi, Major Barbara (Il Maggiore Barbara, 1905), sull'esercito della Salvezza e sui difetti della beneficenza privata, The Doc:tor's Dilemma (Il dilemma del dottore, 1906) sugli aspetti negativi e ciarlataneschi della professione medica, Androc:les and the Lion (Androde e il leone, 1912) ove si affaccia il concetto shawiano della religione considerata non come fede ma come impulso sociale, Pygmalion (1912) che mette alla berlina le distinzioni di classe. L'elenco sarebbe lunghissimo, e conviene perciò non passare in rassegna uno per uno tutti i drammi di Shaw, ma !imitarci a quelli che, al di là della sapienza formale e del sempre vivo impeto polemico, mostrano qualche carattere nuovo ed inusitato nello sviluppo della sua personalità. E' appunto il caso di Saint ]oan (Santa Giovanna, 1923), la cui novità sta nell'inconsueta e trepida tenerezza con cui l'autore, ormai vicino ai settanta anni, avvicina la figura della protagonista. Giovanna d'Arco diviene creatura viva, trionfante e dolorosa, anche se intenzionalmente doveva essere portavoce della teoria della forza vitale trasposta nel campo della polemica religiosa. n protestantesimo razionalista e puritano di Shaw rimane fedele a se stesso anche in Santa Giovanna, ma con un piu caldo e commosso accento umano, mentre il suo humour, tendente al farsesco in Androcle e il leone che trattava lo stesso tema, diventa non meno intenso e fertile, ma piu calcolato e preciso; tanto da resistere ai malintesi tentativi di registi e di prime attrici di sentimentalizzare un dramma che in'V'ece è frutto di una lucida intelligenza e di una sana sensibilità umana. Dopo il conferimento del premio Nobel nel 1925, che consacrava la sua fama, Bernard Shaw seguitò la sua opera di polemista fino iÙ termine della sua lunga vita; a volte con obiettivo molto limitato, come in Geneva (Ginevra, 1938), che satireggia la Lega delle Nazioni; a volte con fini piu generali, come nel suo attacco contro il sistema capitalistico che si svolge attraverso The Apple Cart (Il carretto delle mele, o L'imperatore d'America, 1929), The Millionairess (La milionaria, 1936), o Buoyant Billions 13 (1948), l'ultima commedia che egli vide rappresentata a quel Festival di Malvern istituito nel 1929 in onore di Shaw da uno dei piu attivi e intraprendenti animatori del teatro d'arte in Inghilterra negli ultimi quarant'anni, Sir Barry Jackson. Giorgio Melchiori Ordinario di Letteratura Inglese presso la Facoltà di Lettere della Università di Torino. Satira sociale LE COMMEDIE FABIANE La formazione culturale-ideologica di Shaw si viene maturando nella dimensione temporale dell'tùtimo ventennio dell'Ottocento inglese, caratterizzato dal lento ma progressivo diffondersi del socialismo ad opera di quegli intellettuali che a tal fine si erano organizzati in una società 1• Cosicché più che dai volumi compulsati nella grande sala rotonda del British Museum, è dalla vita attiva, dalla frequentazione dei circoli politici, dei dibattiti, dei comizi che Shaw assorbirà gli elementi essenziali alla propria « W eltanschauung >>; e Das Kapital letto in traduzione francese si risolse nella particolare accezione con cui lo intendevano gli intellettuali fabiani. E' dunque in questo quadro storicamente ben precisato che si muove Shaw, ammettendo anche lui la necessità di un «cautious and graduai change », di un cauto e graduale mutamento. E lo vediamo cosi nei suoi primi saggi (Saggio fabiano 1889, Imp ossibilità dell'anarchismo 1891) rifiutare, non diversamente dai fabiani, la lotta di classe teorizzata da Marx, e rifiutare anche - appoggiandosi sugli studi del C·elebre economista Stanley Jevons - la teoria marxiana del plus·valore. E' in questa direzione di interessi sociali che furono composte le sue prime commedie, ed è in questa stessa prospettiva che ne va operata quindi una lettura. E si inizi pure con la prima di esse, Le case del vedovo, rappresentata l Si tratta della Società Fabiana sorta nel 1884 con lo scopo di educare la classe operaia alla vita politica attraverso una azione avvedutamente temporeggiatrice. Di qui il nome che allude al romano Fabio Massimo detto il Temporeggiatore. 16 al Royalty Theatre di Londra nel 1892, ma la cu1 genesi risale assai indietro, al 1885 quando il critico teatrale e famoso traduttore di Ibsen, William Archer propose a Shaw di collaborare a una commedia di cui egli avrebbe steso la trama e Shaw il dialogo. La collaborazione s'interruppe quasi subito, ma l'impostazione di Archer rimase anche nella stesura definitiva shawiana, almeno limitatamente al primo atto. Come nell'abbozzo ideato da Archer siamo infatti nel giardino prospiciente un albergo sul Reno, con una vicenda imperniata sull'amore di due giovani turisti inglesi. E tutta l'azione di questo primo atto è tenuta su un ritmo leggero, spesso comico. E' il comico di carattere di Cokane, sorta di astuto mezzano del giovane Trench; o di Trench stesso, comico nella sua goffaggine e mancanza di tatto. Altrove è il comico di situazione, come nella scena Trench-Bianca, dove la giovane attende una dichiarazione d'amore di cui Trench per timidezza e per balordaggine è assolutamente incapace, sino al punto che sarà la ragazza a prendere la iniziativa 2 ; oppure nell'altro episodio in cui Trench, dovendo scrivere ai parenti una lettera annunziante il fidanzamento, se la fa scrivere da Cokane, il quale a sua volta se la fa suggerire da Sartorius, il padr·e della ragazza. Ma un'altra tonalità corre pure parallelamente per tutto il primo atto : una gradazione piu cupa, torbida talvolta di una attesa strana, misteriosa. E' il mistero della posizione di Sartorius, dei suoi soldi e soprattutto dell'origine di questi soldi. « Che cos'è Sartorius? » chiede Cokane a Trench, e la domanda rimane sospesa, senza risposta, isolata in una atmosfera piu carica, piu allusiva. « Se tua moglie ti porta del denaro, non credi che interessi alla tua famiglia sapere com'è stato fatto quel denaro ? » insiste ancora Cokane. E Trench « lo guarda smarrito, stirandosi nervosamente le dita », s·econdo l'indicazione della didascalia. « Per quel che 2 Notiamo qui di passaggio la prima incarnazione di quel tema - la donna assalitrice, l'uomo preda - che tornerà spesso in Shaw sino alla sua teorizzazione piu riuscita in Uomo e superuomo. 17 ne so io, Sartorius potrebbe essere un ladro in ritiro». Tocca quindi a Cokane, per la sua intelligenza pronta e per l'assoluta immaturità di Trench, portare sull~ scena la illuminazione di un sospetto. E sara ancora lm, quando Sartorius gli detterà la lettera, a guardarlo « con un principio di sospetto » e poi « con una nuova n~ta di fredde~z~ nella voce », mentre ripete le pa:ole ~o~ cm Sa.~to~lus SI e autodefinito « un gentiluomo d1 pos1z1one e al ncchezza note· voli ». E piu avanti ancora, battuta di Cokane: « Basterà indicare la sua professione, o la sua occupazione, o ... (Pausa. I due si guardano con una certa durezza) ». E qua?do ~ar: torius preciserà come i suo i beni provengano da p1g10m d1 immobili che possiede a Londra, Cokane, « nuovamente ossequioso, ma pur sempre indagatore >> domanderà: «In quale quartiere diceva che sono situate ques:e sue proprietà? >> . E Sartorius se ne andrà dopo aver npetuto evasivamente «A Londra, signore>>. E' dunque questa nota piu profonda che corre in sottofondo per tutto l'arco del primo atto a impedire che la commedia si esaurisca su toni comico-leggeri. Ed è questa stessa nota a rendere possibile l'approfondimento diversamente inaspettato che Shaw compie nel secondo atto. Q~i la vicenda si precisa sociologicamente nelle sue com~onen:c siamo a Londra, nello studio di Sartorius, e lo coghamo m un dialogo scarno, ma efficace con Lic~ch~e~e, l' esatror~ spietato degli affitti di Sartorius. E questl. ~fi1t~1 sono tratt~ dagli slums, le catapecchie luride e anng1emc~e d~ve SI ammassano le folle dei proletari e sottoproletan, benmreso con una speculazione tale che i canoni ra~giungono c!fre, proporzionalmente, enormi. E lo stesso L1ckcheese .v1e'7e licenziato per aver speso una sterlina e quattro scelhm m una riparazione senza averne avvertito i~ padrone : « E' la scala del terzo piano. Era veramente pencolosa: non aveva che tre gradini sani, e niente ringhiera. Ho pensato fosse meglio farci mettere qualche tavola ». . Siamo di fronte a una realtà sordida e cupa che, nvelata improvvisamente all'ignaro Trench, fa scattare il. dram: ma. Trench stesso dinanzi a questa scoperta perde 1 tratu goffi e maldestri che l'avevano caratterizzato nel primo atto 18 come un bamboccione, per assumere quelli del giovane ricco di un genuino anche se semplice senso morale. Riaffiora la sua esperienza di studente di medicina ; « Ho visto tutto questo attraverso i malati dell'ospedale; e mi ribolliva il sangue al pensiero che certe cose non potevano essere evitate» . Ma il futuro suocero ribatte che la modesta rendita di cui gode Trench, figlio cadetto di una nobile famiglia - e di cui Trench ignora la fonte - non è altro che il frutto di una ipoteca su quegli stessi slums dai quali Sarrorius tra-e la propria ricchezza. Il fatto, per quanto prostri moralmente Trench, non può che essere accettato con rassegnazione. « Chi vive in una casa di vetro - conclude sconsolatamente il giovane - non ha diritto di tirare sassi >>. Ma la validità della rappresentazione shawiana è proprio nell'aver fa tto di Trench non già un cinico sfruttatore del tipo di Sartorius, bensf un giovane dotato di una sua propria moralità; e, anche dopo il suo cedimento, Trench continua ad apparire come la <>, muovendosi sulla scena << con opaca rassegnazione », secondo le varie indicazioni delle didascalie. Il suo limite quindi non è morale, bensi sociologico: è nella sua collocazione ·politica di conservatore ( « Sono un conservatore... o, per lo meno, se mai mi prendessi la briga di votare, voterei per i conservatori ») che si confessa quindi « incapace di modificare l'andamento della società ». Cogliamo qui tutto il significato di critica sociale, di rottura, e diciamo pure di propaganda politica che questo primo teatro di Shaw comporta. E questo sia detto per certa critica marxiana la quale, lungi dal sottolineare la portata ami-borghese della satira shawiana, ricolloca semplicisticamente Shaw all'interno dì questa stessa società sino a farne addirittura il « buffone di corte» 3. Il che poi d'altro canto non significa assorbire Shaw a una problematica rivoluzionaria ed eversiva, dovendosi giustamente 3 C. Caudwell, « G. B. Shaw », m La fine di una cultura, Torino. 1949, p. 38. 19 tener presente il quadro storico in cui si muove lo scrittore, da un socialismo caratterizzato - come già si disse fabiano, cioè social-riformista. Valga per questo la testimonianza di Shaw premessa alla Prefazione delle tre « commedie sgradevoli », dove egli fa appello « all'intero corpo dei cittadini che, con la pubblica opinione, la pubblica azione e il pubblico contributo in tasse, è l'unico organismo in grado di sostituire le catapecchie di Sartorius con abitazioni decorose, gli intrighi di Charteris con ragionevoli contratti matrimoniali e la professione della signora Warren con onorevoli industrie salvaguardate da un umano codice industriale>>. Non diversamente da Le case del vedovo va quindi analizzata anche la terza delle commedie cosiddette ({ sgradevoli », La professione della signora W arren, composta nel 1894, di due anni posteriore alla precedente, ma ad essa unita da una medesima tematica, come lo stesso Shaw precisa; « Tornando alla vena che avevo sfruttato con Le case del vedovo, scrissi una terza commedia, La professione della signora W arren su un soggetto sociale di spaventosa forza >>. E in effetti la potenzialità polemica di questo lavoro è subito rilevata dai tratti con cui Shaw scolpisce il suo personaggio, la signora Warren, già prostituta ed ora tenutaria di diverse « case >l disseminate in tutta Europa. Sul tema della prostituta Shaw aveva a disposizione una vasta letteratura, soprattutto francese, a base di donne fatali perverse ciniche lussuriose o avide di denaro, le quali poi morivano di etisia, o suicide, o pentite e redente, fra le lacrime del pubblico commosso. In tutti questi casi comunque sì trattava di riportare il problema della prostituzione a una fenomenologia individuale e personale dell'anima umana, significava caso mai farne un caso patologico; ma soprattutto significava lasciar-e al pubblico il diritto di considerarsi non responsabile della vicenda narrata. Shaw opera la sua rivoluzione ristrutturando la t-ematica tradizionale su nuove basi ; la signora Warren, l'ex-prostituta Warren, non ,era altro che una povera cameriera di un bar della stazione che lavorava « quattordici ore al giorno a servire bibite e a lavare bicchieri per quattro 20 scellini alla settimana >> con la prospettiva di essere sfiorita a venticinque anni e morta per denutrizione a quarantacinque. Cosf ha scelto la prostituzione, senza nessuna perversità innata o compiacimento morboso o altro: per una semplice, non procrastinabile esigenza di vita. A questa condizione dunque, e soltanto a questa, il pubblico borghese può sentirsi in qualche modo responsabile. Responsabile dì aver costretto e di continuare a costringere, con i salari di fame, le proprie impiegate, le proprie cameriere e le proprie operaie alla triste « professione » della signora W arren. Siamo ben l ungi quindi dal dramma lacrimoso di tipo romantico dove anzi le stesse lacrime avevano la funzione di pacificare gli spettatori con la propria coscienza; siamo nel pieno di una costruzione gelida, logica, razionale e precisa nelle sue accuse conclusive. Una commedia che non poteva non urtare la farisaica rispettabilità della società vittoriana. E cominciò con l'urtare la censura che per molti anni ne vietò le rappresentazioni. Vada detto a onore della censura che non si trattò - come si disse - di cecità, ma anzi, dal punto di vista della classe dirigente, di grande acutezza sulla portata polemicamente ami-borghese della commedia. Resta ora da esaminare il problema di Vivie, la figlia della signora Warren, la quale di fronte alla rivelazione del passato della madre ha dapprima un moto di comprensione e anzi di affetto, ma poi la rinnega quando viene a sapere che la madre continua a dirigere il suo sistema dì « case ». La critica in genere si è ferma ta su un problema di morale : Vivie accetterebbe la madre che vende se stessa, ma non potrebbe tollerare che ella venda il corpo di altre ragazze. Una tale interpretazione è contraddetta da una lettura attenta della vicenda, in quanto già nella prima confessione la madre ha accennato a Vivie del costituirsi di << case » di cui ella era la organizzatrice. E anzi organizzatrice perfetta dal momento che qualcuna delle ragazze aveva anche fatto una ottima riuscita, « una ha sposato un ambasciatore». Non è quindi il caso di insistere su motivazioni di tipo morale. E' altrove che va cercata la ragione della reazione di Vivie. E' nel suo carattere soprattutto che questa 21 ragione va ricercata: Vi vie è una donna « pronta, forte, fiduciosa, sicura di sé >>. E' vestita << con la semplicità della donna che lavora, ma non sciattamente >> . Donna evoluta quindi, e come tale, ·nonostante le ricchezze della madre, sinceramente desiderosa di una vita indipendente, incentrata su un lavoro. Già prima della rivelazione, la sua prospettiva è chiara e lucida: << Mi metterò negli uffici della City e lavorerò come contabile e come ragioniera. In questo modo mi sarà permesso di studiare un po' di legge e di tener d'occhio la Borsa. Sono v·enuta qua per star sola e studiare legge, non in vacanza come crede mia madre. Io odio le vacanze». E all'imerlocutore sbalordito, che domanda se non vuole avere « né amore, né bellezza nella vita », risponde decisa: « Sono due cose che non mi interessano affatto, gliel'assicuro >>. Il rifiuto di Vivie si allarga a tutto un modo di vivere, a tutta una società : « Io non voglio essere futile. Io non mi diverto a trottare su e giu nei viali del parco, per fare pubblicità al mio sarto e al mio carrozziere, o a sbadigliare all'opera per esibire un'intera vetrina di brillami ». Cosi definisce la vita della nobiltà londinese : « La solita esistenza di caccia, di cavalli, di pranzi, di sarti, di perdigiorno vissuta da tutto il mondo soltanto perché la vivono gli altri ». Si notino le ultime righe; c'è qui il rifiuto preciso e netto di ogni conformismo, di ogni vita modellata in una certa direzione «soltanto perché la vivono gli altri» . C'è in Vivie la ricerca di una fedeltà a se stessa, al proprio io piu profondo. Ed è qui che la sua vicenda si riannoda a quella della madre. L'unica vera ragione per cui Vivie rinnega alla fine la madre è la sua mancanza di coerenza, di sincerità verso se st·essa, prima ancora che verso la figlia : « E' meglio scegliere una linea e seguirla. Se fossi stata in te, mamma, avrei fatto quello che hai fatto tu; ma non avrei fatto una vita credendo in un'altra. Tu, in cuor tuo, sei una donna convenzionale. E' per questo che oggi ti dico add io». Vivìe, da donna evoluta, non ha scrupoli moralistici, ma esige anche nel cosiddetto « male » una linea rettilinea coerente; e non può quindi accettare la madre che, da una parte vuole continuare a dirigere le sue « case», ma dal- 22 l'altra parte aspira a una certa rispettabilità, cercando di far credere alla figlia che rutto ciò appartiene solo al passato. Dal punto di vista strutturale, anche qui, come in Le case de! v edovo, abbiamo nei primi due at ti una tensione che s1 va facendo sempre piu carica, sino alla rivelazione del finale del secondo atto. Subito all'inizio, all'interlocutore che crede Vivie al corrente della posizione e del passato della madre, la giovane risponde : « Mia madre, io la cono· sco appena. Io ho vissuto in Inghilterra fin da bambina, a scuola o in collegio, o con persone pagate perché avessero cura di me. Io non ho mai vissuto in casa. Mia madre stava a Bruxelles e a Vienna e non mi ha mai permesso di raggiungerla ». Di qui inizia tutta una scena in cui la giovane, intuendo qualcosa, cerca di costringere Praed a parlare, e il pover'uomo « con grande disagio » si sforza goffamente di cambiare discorso, creando cosi nello spettatore una atmosfera di attesa destinata a raggiungere il proprio apice quando Praed, « prendendo una risoluzione disperata », si decide alla fine a parlare, ma è interrotto alle prime parole dall'arrivo di altri personaggi. E per tutto l'atto sarà proprio Praed (come Cokane nel primo atto de «Le case del 'Vea'ovo ») con le sue parole tronche e piu ancora con i suoi gesti, a determinare l'ansia e l'incertezza che aleggia sulla ancora non ben precisata esistenza della signora W arren : « Praed scrolla gravemente la testa e seguita a passeggiare con le mani dietro la schiena. La signora W arren finge di ridere, ma lo osserva con una certa apprensione >> . E piu avanti: « Praed scrolla la testa, come presentisse un guaio >>. Nel secondo atto la signora Warren non nascond e a p iu riprese la sua irritazione· per il fatto che la figlia si è allon· tanata con Praed, temendo appunto che il vecchio amico di famiglia possa rivelare qualcosa: « Non mi piace che si allontani cosi senza avvertirmi ll. « Adesso bisognerebbe che quei due si decidessero a tornare>>. Si tratta quindi di tutta una serie di elementi che si vanno via via sempre piu infittendo sino a risolversi, al finale del secondo atto, nella fred da e risoluta interrogazione di Vivie : «Sei mia madre, tu? ». 23 N aturalmente non bisogna con ciò considerare questa commedia come una sona di «dramma>> nel senso tradì· zionale. Esiste infatti già in questi primi lavori, quella peculiare dote di Shaw che consiste in una affascinante mobilità di comico, scintillante nelle sue diverse sfumature e gradazioni. Cosi, anche qui, abbiamo il comico di contrasto come nelle scene fra Vivie e Praed nel primo e nell'ultimo atto. Praed, gentile, buono, sentimentale, amante dell'arte, finisce inevitabilmente p er apparire sempre buffo e confuso dinanzi alla sicurezza, alla praticità, alla mancanza di sentimentalismi e di estetismi di Vivie. E lo stesso gli accadrà nei contatti con il giovane Franco, irriverente e con la battuta di spirito sempre pronta. Altrove il comico avrà invece la funzione di scoprire un contrasto che è interiore, come nel caso del Rev. Gardner, già libertino in passato e ora amante del whisky, ma che tende a mostrare di sé un'immagine assai piu confacente alla sua posizione di religioso. E anche in questo caso sarà ancora l'irriguardoso Franco a farne affiorare, con le sue battute ironiche, la realtà piu vera. E la stessa signora Warren infine, ancorché nei momenti piu drammatici con Vivie, non può non risultare leggermente buffa con quel suo patetico portare avanti i propri diritti di madre, i diritti ad essere amata dalla figlia. Concludendo possiamo comunque dire che questi primi lavori shawiani si muovono nella prospettiva di una in· fiuenza ibseniana, com'è confermato dai vari saggi che Shaw dedicò a Ibsen proprio nello stesso giro di tempo in cui veniva elaborando le sue prime commedie: Il so cialismo in Ibsen è del 1890, La quintessenza dell'ibsenismo è del 1891 (ricordiamo come il primo lavoro di Shaw, Le case del vedovo fosse del 1892). Orbene, la lezione ibseniana è per Shaw, prima ancora che tecnica e strutturale, di poetica teatrale : il rifiuto del teatro di in trattenimento dove gli spettatori potessero divertirsi, o comunque passare in piena spensieratezza una serata, Ben !ungi dal limitarsi a tutto ciò il teatro deve - secondo Shaw - diventare la pedana da cui « si sollevano e si discutono in modo suggestivo problemi di condotta e di carattere che interessano personalmente gli spettatori >> . E la conseguenza, sul piano tecnico, sarà che 24 25 mentre « una volta in un lavoro di quelli che si chiamavano ben fatti, c'era nel primo atto l'.esposizione, la situazione nel secondo, la soluzione nel terzo, ora invece c'è esposizione, situazione e discussione ». La discussione è quindi « la novità tecnica dei drammi di Ibsen». Ed è nella ibseniana Casa di bambola che Shaw coglie storicamente la prima formulazione di questa nuova tecnica teatrale, in quel punto dell'ultimo atto dove Nora si interrompe a un tratto e dice: « Adesso mettiamoci a ragionare su quanto è accaduto fra di noi ». E Shaw commenta: « E fu con questa nuova caratteristica tecnica, con questo nuovo tempo direbbe un musicista - aggiunto allo schema solito della sinfonia, che Casa di bambola si impose trionfalmente alla Europa e fondò una scuola nuova nella lett·eratura teatrale». IL SALOTTO BORGHESE La cr1ttca s1 e soffermata spesso a sottolineare nelle commedie di satira sociale sopra esaminate la costruzione teatrale di tipo regolare, tradizionale, in opposizione ovviamente a quel ritmo piu mobile su cui Shaw preferi piu tardi articolare i suoi lavori. In questa direzione di ricerche il modello insuperato risulta però sempre, e non a torto, Candida, un'opera che data ancora agli inizi della produzione shawiana, il 1895. Candida si può infatti definire, nella sua strutturazione teatrale, addirittura « aristotelica», dal momento che abbiamo una scena fissa per tutti e tre gli atti (il salotto-studio del pastore Morell) e una distribuzione cronologica che contempla il mattino per il primo atto, il pomeriggio nel secondo, e la sera nel terzo. Ma non sono state le sole ragioni strutturali ad aver decretato presso la critica il trionfo di Candida. Piu decisive motivazioni vengono dal mutamento tematico che Shaw ha operato nella sua ispirazione « trattando meno dei delitti della società e piu delle sue romantiche follie » - secondo le sue stesse parole-. C'è quindi uno spostamento di grado, dalla problematica sociale a quella piu raccolta intima del salotto borghese, imperniata naturalmente sul classico triangolo piu o meno adulterino. Soprattutto poi la storicizzazione dei personaggi è ridotta all'indispensabile e ricca invece è l'individualizzazione psicologica: il che è fondamentale per una certa critica fondata sul presupposto della poesia come valore universale, metastorico. E c'è infine una terza ragione ancora che spiega il grande successo di questa commedia, ed è il finale che si conclude con la vittoria del focolare domestico contro l'adultero insidiatore del sacro legame coniugale. Quest'ultima però è in realtà motivazione assai poco documentabile. Anzi proprio Shaw ne La quintessenza dell'ibsenismo - il richiamo si fa qui pressante data una certa analogia fra il personaggio di Candida e l'ibseniana Ellida de La donna del mare scriveva : « Ibseniani e antibseniani mostrano ugualmente di pensare che i due casi di Nora e della signora Elvsted siano presentati da Ibsen per stabilire una "regola aurea" per le donne che vogliano "emanciparsi". Regola che si riassumerebbe cosi: "Fuggite da vostro marito". Ma si ingannano: per Ibsen questa regola è falsa, quanto quella della Chiesa che dice: "Rimanete accanto a vostro marito finché la morte non vi divida" ( ... ). Quello che Ibsen intende dirci è che non esiste regola aurea» . Candida, quindi, non è meno ibseniana o meno femminista per il fatto che alla fine decide di rimanere col marito. Anzi, proprio nel secondo atto esclama: «Oh, Giacomo, come mi capisci poco se mi parli della tua fiducia nella mia purezza e nella mia bontà! Le donerei entrambe al povero Eugenio cosi come darei il mio scialle a un povero morente di freddo, se non ci fossero altre cose a trattenermi. Riponi piuttosto la tua fiducia nel mio amore per te, Giacomo: perché se questo dovesse venire a mancare, ben poco conto farei allora delle tue prediche: vuote frasi con cui ogni giorno inganni te stesso e gli altri ». Come si vede non ci si poteva attendere da Candida professione di fede piu ibseniana. E anzi - per concludere il paragone Candida-Ellida - l'eroina shawiana ha superato addirittura il livello della Donna del mare. Quest'ultima chiede a suo marito di essere liberata, che le 2. 26 si permetta di scegliere; Candida mvece non chiede nulla, è già libera, e già emancipata. Ma stabilito tutto ciò restano pur sempre da motivare le ragioni per cui Candida sceglie alla fine il marito. E q~este ragioni andranno ricercate quindi non già all'interno dt una morale matrimoniale di tipo borghese, che Shaw non può accettare, ma piuttosto all'interno di una certa personale concezione dei rapporti coniugali che lo scrittore è andato progressivamente elaborando nelle sue commedie e che continuerà a svolgere anche dopo Candida. E in effetti se vogliamo servirei di qualche esempio per illuminare il problema è ne La conversione del capitano Brassbound che dobbiamo cercarlo, una commedia del 1899 e posteriore quindi di quattro anni a Candida. In quella commedia cogliamo dunque come il capitano Brassbound e Lady Cecilia, pur amandosi, rinuncino alla fine a sposarsi avendo scoperto d'essere due caratteri egualmente forti e volitivi. Un matri· monio, secondo Shaw, per riuscire deve contemplare una complementarietà di caratteri per cui a un temperamento forte se ne accoppi uno debole. Naturalmente ne La conversione del capitano Brassbound il finale aveva una portata chiara~ente_ anticonformista sottraendo al pubblico borghese la soddtsfazJOne del "lieto fine"; in Candida invece il fatto che il carattere debole sia il marito può legittimare l'erronea conclusione che Shaw abbia fatto sua, in sede di casistica matrimoniale, la morale borghese. Dal punto di vista di Candida, è poi chiaro come agiscano a~che altri stimoli e motivazioni, non ultima quella « attracnon sexuelle » che ella proverebbe per il marito, e di cui parlava già all'inizio del secolo l'Hamon '- E soprattutto la progressiva scoperta dell'eccessiva idealizzazione che Eugenio fa di lei. Eugenio sentendo parlare della necessità che Candida triti delle cipolle, rimane « convulso », secondo la didascalia. E non diversamente è colto da « ribrezzi poetici » scoprendo Candida con le mani sporche di petrolio 4 A. Hamon, Le Molière du XX siècle: Bernard Shaw, Paris, 1913, p. 148. 27 per riempire le lampade. Egli non può immaginarla che « su nel cielo, dove le lampade sono stelle e non hanno bisogno d'esser riempite ogni giorno». E sentendo poi parlare di scarpe subito la idealizza con i piedi nudi « bellissimi sulle montagne », cui realisticamente Candida ribatte: « I miei piedi sarebbero tutt'altro che bellissimi, senza scarpe, in Hackney Road », cioé sul lastricato di Londra. Osserviamo qui come il comico abbia la funzione di demistificare i personaggi, in questo caso Eugenio, rivelandone tutti i limiti, che sono nella fattispecie limiti di astratt·ezza, di idealizzazione poetica spinta sino al parossismo. Ma non diversamente il comico agisce nei riguardi dell'altro personaggio maschile, Morell, colto continuamente nel~a sua vanità e inconscia presunzione di marito felice e snmato dalla moglie. Cosi lo vediamo già in apertura d'atto predicare al suo giovane vice-parroco: « Si trovi una moglie come la mia Candida... ». E poi, a Eugenio: « Eugemo ascoltami. Un giorno, lo spero e lo credo, tu sarai un uomo felice come me ». E poco piu avanti: « In avvenire, quando sarai felice come me... ». In questo vanitoso compiacimento per il proprio matrimonio, il personaggio non si rend~ nemmeno piu conto del ridicolo di cui inevitabilmente st copre. Non a caso quindi la sua dattilografa sentenzierà : « Un uomo dovrebbe poter amare la propria moglie ·senza rendersi ridicolo ». Tutt'intorno poi altri personaggi minori, ma non da meno comici, anche se di una diversa comicità. Comico di imitazione è quello del vice-parroco che nella sua « devozione addirittura canina » verso Morell non può fare a meno di modellare su lui i suoi gesti e le sue parole. Comico di carattere è invece Burgess, il padre di Candida, il borghese avido di denaro e insensibile a qualunque dramma, tanto è vero che passa attraverso la vicenda senza minimamente accorgersi di cosa accade. Infine la stessa dattilografa, dove però il comico ha ancora un diverso signific~to, non dissi: mile da quello che investiva Morell ed Eugemo. Anche qUJ si tratta di rivelare la contraddizione fra quello che ella veramente è (una povera donnina assetata di desiderio 29 28 sessuale per il reverendo Morell) e quello che vuole apparire ~un~ donna pia e severa di costumi). Valga come esempio il dtalogo fra lei ed Eugenio all'inizio dell'atto secondo. VERSO NUOVE STRUTTURE TEATRALI Il tema della donna forte ritorna anche in Uomo e una commedia composta nel 1903 per suggenmento dt Arthur Walkley, critico teatrale del Times e amico di Shaw. Quest'ultimo gli aveva proposto infatti un lavoro sul tema del «Don Giovanni». A Walkley Shaw dedicò il lavoro con una lettera, premessa al dramma dove spieg_a le linee-forza della sua commedia. E' prima d{ tutto una Interpretazione del mito di Don Giovanni totalmente opposta a quella tradizionale : il Don Giovanni di Shaw non è un seduttore, bensi - se cosi si può dire - il sedotto. Né_ si tratta di un capovolgimento gratuito, per ottenere facili ~ffetti di comicità : « E' vero che gli uomini, per proteggerst da una troppo aggressiva persecuzione da parte del settore femminile, hanno istituito una debole convenzione romantica secondo la quale l'iniziativa nel settore sesso viene sempre dall'uomo ». Per cui il fatto che sia la donna ad essere corteggiata è solo una apparenza che non muta la sostanza dei fatti : « E' il modo con cui il ragno aspetta la mosca. Ma il ragno tesse la sua tela. E se la mosca, come il mio protagonista, dimostra una forza che promette di liberarla, com'è lesto, lui ad abbandonare la sua finta passività e a lanciarle addosso, sfacciatamente, una dopo l'altra, le sue spirali, fino a che essa è irretita per sempre ». In questo senso va però detto che piu propriamente che in Candida è altrove che devono essere ricercati gli antecedenti di V omo e superuomo : nella Bianca - e lo notammo allora - de Le case del vedovo, e poi nella Giulia de L'uomo amato dalle donne (1893), e nella Gloria di Non si sa come (1897) soprattutto. A questa vicenda s'inframmezza poi, sotto forma di s~peruomo~ sogno del protagonista, il « dialogo shawiano-socratico » che avviene all'inferno fra il Don Giovanni tradizionale e gli altri personaggi del noto episodio: Anna, il padre di Anna, il diavolo. Si tratta di un intermezzo metafisico-filosofico che spiega il sottotitolo dato alla commedia, « una commedia e una filosofia ». Beninteso il termine « filosofia » ha per Shaw un significato volutamente e scientemente ironico. E in effetti la « filosofia » di Shaw non ha pretese di originalità limitandosi a innestare su una base di ascendenza marxianadarwiniana-spenceriana le teorie di un lamarck, le uniche capaci di strappare l'evoluzionismo a un ciclo di materialismo biologico_ di tipo meccanicistico, immettendovi un elemento energetico volontaristico e per cosi dire « spirituale », nel senso di un superamento della materia. E tutto questo senza citare Nietzsche e la sua « volontà di potenza » dal momento che, come giustamente ricordava Shaw, «l'aspirazione al Superuomo non cominciò da Nietzsche, né finirà con la sua moda». Naturalmente l'intermezzo vive, piu che sui rivoli dialettici di questa « filosofia », sullo scintillio di una comicità offerta e sparsa in tutte le sue variazioni : dal comico di struttura (un inferno dove i dannati non soffrono e un paradiso dove ci si annoia, per cui tutti i migliori, « i principi della chiesa », sono all'inferno), a un comico di situazione fondato su battute usuali e tutt'altro che comiche le quali diventano però tali trasportate in questa particolare "situazione" (l'imprecazione «perché diavolo dovrebbe mai ... » esige profonde scuse da parte del responsabile alla suprema autorità infernale; le lunghissime discussioni di Don Giovanni diventano sopportabili « dato che in questo posto dobbiamo, anziché !imitarci ad ammazzare il tempo, arrunazzare l'eternità »), a un comico infine determinato dalla prospettiva della terra vista dall'aldilà (il diavolo ad esempio parla di un « pazzo mezzo tedesco e mezzo polacco » che «disgraziatamente ha incontrate Wagner, quaggiu, e si sono azzuffati»; o l'altra sua battuta ancora: « Siete mai stati nel paese in cui io ho il maggior seguito, in Inghilterra? »). Ma è soprattutto nella vicenda « terrena » che rifulge il comico in tutta la sua potenzialità, non piu con funzioni 1 30 chiaroscurali, bensi assorbito all'interno della tematica e diventato intriseco ad essa. Già la vicenda infatti è di per sé strutturata su un motivo comico (l'uomo che fugge e la donna che l'insegue per sposarlo a tutti i costi) complicato dal comico derivante da quanto di meccanico, di necessitante è in Anna, spinta appunto a inseguire il suo uomo dalla Forza Vitale. Si sa come Bergson abbia individuato proprio nel meccanico, nell'automatico una delle fonti principali del COm !CO. Su questa struttura già fondamentalmente comica si inseriscono poi tutta una serie di elementi varianti. A cominciare dal comico di situazione nella sua particolare accezione della « situazione rovesciata », come ad esempio nel terzo atto dove troviamo degli strani briganti della Sierra N evada tutti intenti a discettare dialetticamente di politica, divisi anch'essi in anarchici socialdemocratici e moderati. Ma il comico aumenta quando l'inversione diventa sempre piu improbabile, con il capo dei briganti, Mendoza, che confessa al protagonista, Tanner (scappato in automobile in Spagna per sfuggire ad Anna e catturato appunto dai banditi) le sue pene d'amore e lo implora di ascoltare i suoi versi scritti per la donna amata. Altrove poi abbiamo il comico di intrigo, come quando ancora nel terzo atto scopriamo che la donna perdutamente amata dal bandito Mendoza è la sorella dell'autista di Tanner; oppure come nel quarto atto dove la banda di Mendoza si scopre essere finanziata da un ricco e distinto gentiluomo. Tutto un atto poi, il secondo, è imperniato sul cosiddetto comico di interferenza delle serie di cui il quiproquo costituisce il modello piu semplice. Si tratta cioè di un dislivello di consapevolezza per cui lo spettatore sa quanto un certo attore non sa ancora •. Cosi Ottavio, l'innamorato romantico e poeta di Anna continua a credere nella sua bontà, lealtà, generosità, ecc., mentre invece Tanner ne ha ormai intuito tutti i limiti, avendo riconosciuto in lei nient'altro che lo strumento della Forza Vitale. Senonché Tanner crede a sua s H. Bergson, Il riso, Milano, 1961, pp. 92 sgg. 31 volta che le brame di Anna siano rivolte verso Ottavio e non già contro se stesso. Si viene quindi a creare un doppio dislivello per cui lo spettatore ride di Ottavio nei colloqui Ottavio-Tanner, e ride di Tanner nei colloqui Tanner-Anna. Ma soprattutto è tutta una società a essere investita dal crepitio scintillante del riso shawiano. Si pensi alla presen· tazione fra Mendoza e Tanner: « Io sono un brigante. Vivo derubando i ricchi ». « Io sono un signore. Vivo derubando i poveri. Qua la mano! ». Cosi nel giro di una brevissima battuta Shaw sposta l'attacco alla organizzazione capitalista dal piano serioso della polemica « engagé » al piano ben piu stimolante dell'humour. Non diversamente nel primo atto leggiamo la battuta di un gentiluomo di formazione politica conservatrice : « Ho fra le mani una copia del libro piu infame, piu scandaloso, piu malvagio, piu sconcio, che mai sia sfuggito dalle fiamme di un boia. Non l'ho letto : non vorrei mai sporcarmi la mente con un luridume siffatto, ma ho letto quel che ne dicono i giornali. Il titolo mi basta. Il Manuale e il Compagno tascabile del rivoluzionario. ». Anche qui la polemica contro la superficialità, la leggerezza e la mala fede di un personaggio (e quindi di una società) che condannano un libro senza averlo nemmeno letto o, peggio ancora, fidandosi delle recensioni dei giornali o del semplice titolo, è risolta in quella gradazione ascendente di epiteti che si devono presupporre detti a gran voce da un vecchio fremente di fiero sdegno. Vale insomma qui quanto ha scritto una recente studiosa tedesca: « I personaggi in Shaw vengono coscientemente foggiati come prodotti della loro condizione sociale e la loro comicità consiste nel fatto che nelle loro azioni si espri· me l'insensatezza e la contradditori·età dei rapporti sociali in cui vivono. Cosi l'autentico apportatore della comicità è qui l'ordine borghese che sempre rimane presente ed agente sullo sfondo dell'azione » 6 • E tutto questo soprattutto non facendo piu leva sul fattore emotivo (disgusto, pietà, 6 G. Baum, Humor und Satire in der Burgerlichen Aesthetik, Berlin, 1959, pp. 165 sgg. 32 irritazione), come poteva essere nelle prime commedie di critica sociale, bensf appellandosi all'« intelligenza pura», secondo la nota formula bergsoniana 7• Con il che Shaw viene a collocarsi entro le linee di sviluppo di una rivoluzione teatrale che, nel primo Novecento, ha finito per rovesciare l'atteggiamento dello spettatore di fronte alla « favola >> di aristotelica memoria : esso non è piu trascinato emotivamente nella vicenda rappresentata, ma ne diventa piuttosto un lucido ed attento osservatore. In questa direzione Uomo e superuomo è la commedia dove meglio si evidenzia il distacco consumatosi in una dozzina d'anni di operosità da un tipo di teatro tradizionale, quello in fondo accettato dallo stesso Ibsen e da Ibsen trasmesso a Shaw. Cosi lo stesso salotto borghese su cui si apre la commedia ha solo la funzione di rassicurare inizialmente gli spettatori, ma subito finisce per scomparire risolvendosi unicamente in una piattaforma dove i personaggi entrano ed escono senza nessun rispetto delle leggi della verisimiglianza. E soprattutto agiscono con criteri che restano assai lontani dai modelli di psicologia del teatro tradizionale. Le stesse coordinate spazi ali cominciano a crollare : dal salotto borghese passiamo al parco di una villa vicina a Richmond, p er passare poi alle pendici digradanti della Sierra Nevada, quindi aìl'inferno, quindi di nuovo sulla Sierra e infine a Granada, nel giardino di una villa su una collina, mentre tutti i personaggi ricompaiono sorprendentemente in Spagna al termine di un improbabile inseguimento sulle tracce di T anner e del suo autista. 7 Bergson, op. cit., p. 39 : « Sembra che il comico non possa produrre la sua scossa se non a condizione di cadere su di una superficie d'anima molto calma e uni forme. L'indifferenza è il suo centro naturale. Il piu grande nemico del riso è l'emozione ( ...). Il comico esige dunque, per produrre tutto il suo effetto, qualcosa come una anestesia momentanea del cuore. Esso si rivolge alla intelligenza pura >l. 33 La stessa rottura degli schemi comportament!St1C1 dei p ersonaggi secondo modelli di psicologia avviene ne lì maggiore una commedia posteriore di solo due anni a Uo mo e superuomo e di questa non meno stimolante a una ricerca strutturale. Anche abbiamo all'inizio un salotto borghese : Britomarr, un colloquio di apertura con il figlio Stefano, domand a consiglio a quest'ultimo sulla opportunità di invitare a casa il padre, ricchissimo fabbricante d'armi, dal quale ella vive divisa, per chiedergli i denari indispensabili al matrimonio delle figlie. Senonché, alla fine del colloquio e dopo il parere negativo di Stefano, vedremo come non solo la madre insista nella decisione di invitare il marito, ma come anzi l'abbia già invitato per quella stessa sera, e come per di piu manch ino appena dieci minuti al suo arrivo fissato per le nove. E' chiaro come i personaggi abbiano ormai consumato per sempre la loro riduzione a modelli strutturali della tesi di fondo, e Shaw rifiuta pertanto la convenzione teatrale del discorso che inizia da lontano per riannodarsi a poco a poco sui temi che si desidera esporre al pubblico. Rinunciando deliberatamente a ogni finzione di verisimiglianza, Shaw confessa esplicitamente la funzionalità espositiva del suo colloquio d'apertura. Cosi Lady Britomart finisce inevitabilmente per assumere la funzione di un io-narratore che presenti e cataloghi i vari personaggi. Subito all'inizio, dopo poche battute introduttive, la vediamo presentarci le figlie e la loro condizione di fidanzate : « Si : ho combinato un ottimo matrimonio per Sara. Carlo Lomax sarà milionario a trentacinque anni. Ma ci vogliono ancora dieci anni; e nel frattempo i suoi tutori non possono, dato i termini del testamento di suo padre, concedergli piu di ottocento sterline all'anno ( ...). Sara dovrà trovare almeno altre ottocento sterline all'anno per i prossimi dieci anni ll. << E Barbara? Credevo che Barbara avrebbe fatto la carriera piu brillante di tutti voi. E che cosa ha fatto? S'è messa nell'Esercito della Salvezza; ha licenziato la propria cameriera; vive con una sterlina alla settimana; e una sera porta in casa un professore di greco raccattato in mezzo alla strada >l. L'impressione di 34 schematismo che sostanzia questa presentazione non solo è contraddetta, ma anzi è rafforzata dai movimenti di scena: « le ragazze entrano per prime, lasciando fuori i loro innamorati ». Poi è la volta di questi ultimi : « BARBARA: Vieni, Dolly; e conduciti bene. SARA : Vieni Cholly ». E non meno evidenziato sarà infine l'ingresso del padre, Undershaft, annunziato dal maggiordomo, mentre « tutti si alzano», aumentando vieppiù la tensione. C'è insomma qualcosa di meccanico, di non autonomo in questi personaggi che, salvo forse Barbara, confessano chiaramente la loro essenza per cosi dire burattinesca. Ma è soprattutto il secondo atto a rivelarsi ricco di innovazioni stilistiche. Si tratta della visita che U ndershaft compie a una sezione dell'Esercito della Salvezza, la celebre organizzazione religiosa con scopi assistenziali oltre che prettamente religiosi, attiva fra le plebi più miserabili degli sl~ms lor_rdinesi. l'atto si compone di una serie di episodi, dr quadn che devono porre in evidenza le « debolezze dell'EsercitO della Salvezza » secondo la titolazione di un paragrafo della Prefazione alla commedia. In questo parag~afo Sh~w enumera appunto i limiti di questa organizzaZI~ne reltg10sa : .l) «la cattiva abitudine alla m enzogna chiamata confessione », la quale comporta l'assurda conseguenza di false confessioni da parte di qualche povero relitto umano alla ricerca di una minestra. 2) Il problema del perdono - che è però problema generalmente cristiano e non solo dell'Esercito della Salvezza - cui Shaw vorrebbe contrapporre una sorta di riparazione materiale: «Il perdono senza vendetta è impossibile, come la guarigion~ senza malattia» . 3) Per contrasto la necessità di accettare denaro d~i ri~chi, se.nza il quale denaro la sopravvivenza dell'orgalllzzazione diventerebbe problematica. 4) Il legame che si viene cosi a stabilire fra l'Esercito della Salvezza e la classe abbiente, per cui essa finirà fa talmente per predicare « la sottomissione allo Stato, qual è attualmente organizzato secondo il Capitalismo». Tutto questo ha poi una sua concretizzazione drammaturgica in una serie di piccoli quadri il cui montaggio crea l'impressione di una esemplificazione che Shaw voglia darci. 35 E in effetti il personaggio di Undershaft, che visita l'Esercito della Salvezza per compiacere alla figli a Barbara che vi occupa il grado di maggiore, è solo un pretesto, mentre in realtà la sequela dei quadri che compongono la « lezione >> shawiana non si rivolge tanto a lui quanto piuttosto al pubblico direttamente. C'è quindi una relativizzazione del dramma che perde quei caratteri di assolutezza che sono sempre stati alla base del concetto tradizionale di dramma 8 . Soprattutto è da notare come il personaggio di Barbara, che attraverso il susseguirsi dei quadri perde progressivamente la sua fede sino a dare le dimissioni dal suo grado di maggiore, ricordi assai da vicino l'« eroe bastonato>> di cui parla Benj amin. E sì sa che Benj amìn ha scritto che « il teatro epico è il teatro dell'eroe bastonato. L'eroe non bastonato non giunge alla riflessione >> 9. Con il che naturalmente non si vuole affatto instaurare un rapporto Shaw-teatro epico: sarebbe assurdo, se non puerile. Si vogliono soltanto indicare certe movenze, certe linee stilistiche nuove in grado di spiegare un'operazione teatrale come quella che anni fa (1956) realizzò un attore serio come Charles l aughto n, mettendo in scena a N ew York un'edizione de Il Maggiore Barbara in chiave epica, con il palcoscenico ricondotto alla misura di una pedana. D'altra parte anche quanti hanno rivendicato a Shaw l'invenzione del teatro epico - e fra questi il Chiaromonte, critico notoriamente refrattario a suggestioni marxiste non hanno potuto fare a meno di sottolineare le profonde differenze fra uno Shaw e un Brecht sino ovviamente ad annullare il significato di questa ipotizzata analogia : « [Shaw] capi d'istinto una cosa che il tedesco, nel suo greve cinismo, non poteva che considerare frivola: che il teatro "didattico" non deve insegnar nulla, ma semplicemente 8 Sui caratteri di assolutezza come essenziali al dramma tradizionale Cfr. P. Szondi, Teoria del dramma moderno, Torino, 1962, pp. 9-13. 9 W. Benjamin, Schriften, Frankfurt am Main, 1955, vol. II, pp. 259 sgg. 37 36 sconcertare le opinioni correnti » 10 . Questa in fondo è la cosa piu importante: la Barbara di Shaw anche quando è giunta alla fine del suo calvario non ha nulla da proporre, non ha soluzioni da offrire. La conclusione di Shaw è sempre « aperta », polivalente. E soprattutto è giocata sempre sul ritmo del paradosso. Barbara alla fine del secondo atto ha scoperto l'impossibilità di una azione religiosa fra i diseredati : questi, in quanto diseredati, hanno bisogno di una azione assistenziale che si unisca a quella r·eligiosa, ma questa presuppone un finanziamento, che come tale non può essere effettuato che dalle classi agiate; si viene cosi a creare una pericolosa saldatura fra interessi religiosi e interessi sociali, con il conclusivo fallimento degli scopi religiosi, dal momento che le plebi giungono facilmente alla conclusione che « tutti gli uomini religiosi sono ipocriti e alleati dei loro sfruttatori e oppressori ». Dunque come uscire da questa "impasse"? Limitando l'azione religiosa alle sfere dove i diseredati hanno ormai raggiunto un certo livello di benessere. E qui si inserisce l'elemento paradossale di cui si diceva : il terribile fabbricante d'armi Undershaft assicura, con la sua fiorentissima industria, un discreto livello di vita ai propri operai. Sarà dunque da costoro che Barbara riprenderà la sua missione: « Ecco dove la salvezza è veramente necessaria. Mio padre non mi dirà mai piu in faccia che i miei convertiti sono stati corrotti col pane ». Beninteso questa conclusione non ha significato di soluzione, di proposta seriamente avanzata da Shaw al problema delle deficienze dell'Esercito della Salvezza; si tratta semplicemente dì una provocazione paradossale al pubblico conformista delle rappresentazioni shawiane: fabbricare armi diventa l'unico mezzo per essere salvati. « Una idea meravigliosamente farsesca » la definf Fergusson 11 , e come tale, e solo come tale, va accettata. 10 N. Chiaromonte, << Shaw, le parole e la minestra », m La situazione drammatica, Milano, 1960, p. 54. 11 F. Fergusson, << La teatralità di Shaw e di Pirandello », in Idea di un teatro, Milano, 1962, p. 22 5. IL DRAMMA-CONVERSAZIONE E' stato ancora Fergusson a porre per primo l'attenzione sul finale di una tarda commedia di Shaw, Troppo vero per es.rere bello (1932) come documento di « poetica implicita», nel senso usato in estetica 12 • Mentre il protagonista, Aubrey, sorta di predicatore laico, comincia la sua orazione finale, gli altri personaggi se ne vanno via ad uno ad uno !asciandolo solo; ed egli, riferendosi ad essi cosi li definisce: « V'è in loro qualcosa di fantastico, di irreale, e di perverso, qualcosa di profondamente ìnsoddisfacente. Sono troppo assurdi perché possano essere creduti; e tuttavia essi non sono una finzione : i giornali sono pieni di loro ». Tutti i personaggi di Shaw possono essere a ragione definiti in questi termini. Avendo infatti rifiutato il teatro tradizionale impostato sulla individualizzazione psicologica e sulla verisimiglianza e logicità dell'azione, i personaggi di Shaw risultano fatalmente «troppo assurdi perché possano essere creduti». Shaw rifiuta di fare del suo teatro il semplice rispecchiamento della società a lui contemporanea, rifiuta di offrire alla borghesia il riflesso rassicurante di un cosmo stabile come quello degli elisabettiani. Ma al tempo stesso abbiamo visto come Shaw rinunci egualmente a suggerire le linee per l'edificazione di un altro diverso migliore cosmo, di un'altra società. Per questo i personaggi non possono essere finzioni ( « e tuttavia essi non sono una finzione ») come nel « Lehrsriick » brechtiano, nel « pezzo didattico ». Lo scrittore lavora perciò a riprodurre sf sulla scena il cosmo borghese ( « i giornali, sono pieni di loro », dei personaggi shawiani), ma per poterlo capovolgere, per poterlo - attraverso il comico, l'eliminazione della psicologia, l'illogicità delle azioni e tutti gli altri elementi strutturali - demistificare, rivelandolo in tutta la sua assurdità, in tutte le sue contraddizioni. L'operazione di Shaw ricorda quella di certi specchi concavi che ci danno sf ancora la nostra immagine, ma deformata, 12 Fergusson, op. cit., pp. 230-231. ;i l 38 grottesca. In questo senso i personaggi di Shaw hanno effettivamente qualcosa « di perverso ». Ma al tempo stesso, in questi limiti, Shaw non può non trovare nei suoi personaggi qualcosa di ambiguo, « qualcosa di profondamente insoddisfacente ». Il suo predicatore laico non ha niente da predicare perché ha solo dei dinieghi da offrire, delle negazioni: « Per predicare debbo avere delle affermazioni. Senza di esse non posso farmi ascoltare». Ma come il suo Aubrey, Shaw non può uscire da questa contraddizione e, come quello, rimane solo sul palcoscenico mentre « una bianca nebbia sale » dal mare a ricoprirlo interamente, e il pubblico ode solo la sua voce: « Ma finché il mio estro mi possiede, io debbo predicare e predicare e predicare, non importa se l'ora è tarda e il giorno è breve, non importa se non ho nulla da dire ». Nasce cosi in Shaw il teatro-predica, il teatro-oratoria o - se si vuole usare la terminologia szondiana - il « dramma-conversazione » 13, suscettibile di assumere qualsiasi tematica, ma senza però mai trapassare in azione. Avendo infatti consumato la riduzione dei personaggi a modelli di organizzazione strutturale, senza piu una propria psicologia, una propria vita interiore, ecco che il dialogo non è piu il mezzo espressivo in cui si concretizzano i rapporti interumani, bensi qualcosa di autonomo, di estraniato ai personaggi. E allora lo spazio dialogico rimasto per cosi dire vuoto finisce per assorbire qualsiasi tema, qualsivoglia argomento di attualità. In questo senso vediamo Shaw trattare nelle sue commedie dei piu disparati problemi: del problema irlandese (L'altra isola di fohn Bull 1904), della professione medica (Il dilemma del dottore 1906), del matrimonio con la conseguente necessità del divorzio (Getting married 1908, tradotto variamente in italiano come Sposarsi, oppure Oh, il matrimonio.'), dell'emancipazione femminile (Press cuttings 1909, tradotto Ritagli di giornale), dei rapporti genitori-figli (Misalliance 1910, I fidanzati im- 13 Szondi, op. cit., pp. 70-73. Sono pagine utilissime anche se Szondi non tratta di Shaw. 39 possibili), della fonetica (Pigmalione 1913), della guerra mondiale (Il decorato O'Flaherty 1915), ancora sull'evoluzionismo (Torniamo a Matusalemme 1921), e nell'ultimo periodo su problemi di attualità politica (L'imperatore d'America 1929, Sugli scogli 1933, Ginevra 1938) e basti cosi per non tediare con un freddo elenco delle opere shawiane 14. 14 Una certa cnuca marxiana ha creduto scorgere in questi drammi politici dell'ultima produzione shawiana una decisa involuzione ideologica che lo avrebbe portato ad appoggiare decisamente le soluzioni politiche dittatoriali che si vennero affermando in Europa nel primo dopoguerra. Questo soprattutto tenendo conto della famosa polemica del 1927 quando Shaw difese Mussolini sui giornali inglesi in contradditorio, fra gli altri, con il nostro Salvemini allora esule in Inghilterra. Salvemini fece poi conoscere questa polemica nel 1954 con una pubblicazione su Il Mondo, raccolta quindi in volume l'anno seguente: Salvemini, G. B. Shaw e il fascismo, Parma, 1955. La difesa di Mussolini da parte di Shaw non è contestabile; occorre però tenere presente come essa fosse motivata esattamente dalle ragioni opposte a quelle dei veri fascisti. Shaw commise infatti l'errore storico di considerare Mussolini il difensore delle classi oppresse, come risulta da diversi passi dei suoi interventi del 1927. Basti questo a esemplificazione: «Alcune delle cose che Mussolini ha fatto ed altre che minaccia di fare vanno nella direzione del socialismo piu avanti di quanto il Labour Party inglese oserebbe fare se andasse al potere. Quelle opere condurranno Mussolini prima o poi a un serio conflitto con il capitalismo, e non è certo affar mio né di un socialista indebolirlo in previsione di questo conflitto ». [Manchester Guardian del 13 ottobre 1927]. Come si vede quindi a Shaw sfuggi totalmente la percezione del fascismo come fenomeno di lotta di classe, come baluardo degli interessi costituiti contro il pericolo (per altro inesistente secondo la storiografia piu recente) di una rivoluzione socialista. Ma d'altra parte non si può negare che il fascismo amò presentarsi fino a un certo punto - solo propagandisticamente s'intende con una possibile interpretazione « di sinistra », sviluppando gli elementi anti-borghesi del famoso programma di S. Sepolcro. D'altro canto infine lo stesso impietoso Salvemini, commentando proprio il passo sopra citato di Shaw, scriveva: « Quando doveva darla a bere a uomini come Shaw, la propaganda fascista vantava Mussolini come l'uomo che preparava in Italia un nuovo regime economico simile a quello della Russia Sovietica» [Salvemini, op. cit., p. 33]. La lettura delle commedie politiche dell'ultima produzione shawiana va quindi operata tenendo presente le suddette precisazioni. 40 Resta da trarre la lezione da una cosi vasta produzione; ed è quella già accennata prima : la lezione coraggiosa di un uomo che per tutta la vita ha continuato a dibattere a problematicizzare, a demistificare, conservando al tempo st_esso quel tanto di rispetto per i suoi simili da impedirsi dt proporre soluzioni già pronte, da lasciarsi piu intelligentemente alla spontanea elaborazione del suo pubblico. Roberto Alonge Il teatro storico di B. Shaw Premessa Due delle tre opere che Shaw pubblicò sotto il titolo di « Commedie per puritani » sono drammi storici, ma l'intero suo teatro potrebbe raccogliersi sotto questa dedicatoria, destinato com'è a pungere e combattere quell'abito di conformismo piccolo-borghese che permea a diversi livelli le manifestazioni morali, politiche ed intellettuali di larghi strati della popolazione inglese (e non di essa solamente). Il fatto che l'autore stesso non abbia inteso segnare un confine netto tra i drammi di argomento storico e quelli la cui materia scaturisce da una invenzione fantastica, se da un lato rivela come gli uni e gli altri siano tappe ugualmente significative di un'identica battaglia, d'altro canto non può impedirci di cogliere i caratteri distintivi che questa lotta assume impegnandosi sul terreno degli avvenimenti reali già coperti dalla patina del passato. Le commedie che vogliamo esaminare, dunque, non costituiscono un capitolo a parte nell'attività di Shaw; la loro distribuzione nell'arco della sua attività drammatica è di per sé significativa: dal 1896 (l'anno de L'uomo del destino), al 1939 (quello di Ai tempi d'oro del buon re Carlo) esse sottolineano una costante nell'evoluzione del drammaturgo: una linea che prolunga la tematica sociale (si pensi allo spirito antimilitarista de L'uomo del destino) e insieme la polemica morale (evidente ne Il discepolo del diavolo) dei precedenti drammi « d'invenzione », senza tuttavia provocare un Tinnegamento della loro struttura (tant'è vero che drammi storici e drammi d'invenzione si sue- 42 cedono sino al 19.39 con prevalenza numerica di questi ultimi). Segnato da una continuità d'intenti polemici, l'accostamento alla tematica storica si spiega in Shaw come scelta di un terreno ideale per quelle armi dell'ironia e dell'umorismo demistificatore che gli sono congeniali, in quanto la sostituzione del personaggio realmente vissuto al personaggio fantastico, come oggetto dell'implacabile e divertita analisi shawiana, aggiunge un effetto di scandalosa iconoclastia a quello ottenuto (già attraverso commedie come La professione della signora W arre n) dalla rivelazione spregiudicata dei vizi d'una società. D'altra parte, se i personaggi delle prime commedie erano « inventati » (e in questo senso fantastici), eppure non facevano parte di una capricciosa fantasia, ma vivevano in un ambiente umano ben preciso (quello inglese di fine secolo), anche i «grandi » protagonisti delle opere di cui parliamo non si inseriscono in una astratta rappresentazione storica, ma intendono prepotentemente affacciarsi ai problemi del mondo contemporaneo. Shaw li porta sulla scena obbligandoli a scendere dai loro piedestalli, traendoli fuori dall'ombra delle nicchie in cui sono stati confinati dallo spirito puritano (borghese). Egli, infatti, dopo aver smascherato (ne La professione della signora W arre n) la facciata rispettabile d'un mondo che ama credersi il migliore dei mondi possibili, solo per crearsi un alibi di fronte a chi vorrebbe mutarlo, con queste commedie risale (per colpirla) alla radice stessa dell'altissimo orgoglio borghese: quella vita, o sciocca o canagliesca, dei suoi contemporanei (ma forse anche dei nostri) non è altro che il quieto vivere alla giornata di chi presume di essere sulla vetta del Progresso e vede la Storia come la base del proprio monumento, una base in cui tutto è bene, in cui tutto è stato in funzione di un fine, di cui nulla ha un aspetto conturbante che possa far riflettere sul presente. Questa è la Storia studiata a scuola, questa la Storia giudicata dallo spirito «puritano»: uno spirito il quale, come 43 riduce l'etica ad un vuoto formulario coercitivo, cosl, volgendosi al passato, crea il mito del grande personaggio politico, dell'invincibile eroe o del santo inarrivabile, congelandone la problematicità in una galleria di oleografiche figurine da manuale, instaurando un rapporto tra presente e passato che non è più comunicazione, ma supina ammirazione del primo verso il secondo, oppure oblio degli aspetti più conturbanti di quest'ultimo. All'arte che si accosti ai suoi miti, infine, una simile storiografia non può che lasciare il compito di avvallarli, di illustrarli, di propagandarli. Con il suo teatro storico, Shaw apre pertanto una polemica a triplice livello nei confronti della mentalità «puritana»: contro il pubblico, con una insistita attualizzazione della materia trattata (rivolto alla platea, in Cesare e Cleopatra il dio Ra afferma: «nella vostra ignoranza, vi stupirete che uomini di venti secoli addietro fossero proprio uguali a voi, e parlassero e vivessero come voi parlate e vivete, né peggio né meglio, né più saggi, né più sciocchi » ). Contro la critica storica, con un totale ribaltamento dei luoghi comuni più intoccabili (per cui, ad es. Giovanna, santa cattolica, diviene in Shaw martire protestante) : un procedimento che, se da un lato irride anche alle più ferme consuetudini della verosimiglianza, d'altra parte può indurre gli stessi studiosi ad un ripensamento totale del problema trattato. Contro il precedente teatro storico, per mezzo del dissolvimento dei canonici schemi strutturali, e, parallelamente, con la diretta polemica nei confronti dei suoi esponenti più rappresentativi. Shakespeare innanzitutto E' una lotta seria quella che Shaw combatte contro tali obbiettivi, ma una lotta per la quale non accetta come campo di scontro la serietà (la serietà pseudoscientifica, la serietà puritana). Non esiste un pensiero storico scientifico di Shaw : esiste il pensiero che della storia avevano i contemporanei del nostro autore filtrato alla luce del suo umorismo, contestato dai suoi paradossi. E' questo un pensiero che ci invita ad accostare con 44 45 intelligenza la monumentale prefazione che accompagna Santa Giovanna, cosl come le prefazioni, di minore estensione, delle altre commedie: scritti in cui, dalla minuzia dell'informazione documentaristica, discendono interpretazioni sconcertanti, ma altrettanto logicamente dedotte di quelle più ortodosse. E' l'apparente fondatezza delle prime che, paragonate alle altre nel gioco del paradosso, ne infìrma sottilmente la validità. A questo umorismo totale sul livello ideologico, corrisponde una simile forza dirompente nella polemica teatrale, che si fa negazione blasfema di Shakespeare solo per contrapporre un assoluto negativo ad uno positivo (l'indiscriminato culto del grande tragediografo) rivelando l'inanità di entrambi e la necessità di porre continuamente in discussione la fama consacrata per instaurare una critica più realistica e dar vita ad un'arte costantemente impegnata col proprio tempo: «Lo spettatore può ragionevolmente pretendere che gli avvenimenti storici gli siano presentati alla luce del proprio tempo, anche se Omero e Shakespeare li hanno già presentati alla luce del tempo loro » 1• Questo diritto del presente ad interpretare il passato catturandolo nella sfera dei propri interessi e della problematica che lo caratterizzano, trasformano dall'interno le strutture del teatro storico romantico, ora scomponendone caricaturalmente gli schemi più tipici (valga l'esempio delle magistrali battaglie portate o descritte sulla scena di tanti drammi classici e romantici, paradigma della loro spettacolarità e del loro « realismo », contrapposta all'arruffata battaglia del Faro di Cesare e Cleopatra dove un buffo caos e i capricci della Fortuna regnano sovrani ad onta di tanto duce), ora superando la concezione moralistica della storia come campo in cui si fronteggiano il bene ed il male, attraverso la negazione satirica della possibilità di un giudizio « purita- l G. B. Shaw: Prefazione a: T1·e commedie per Puritani. no», ora compromettendo addirittura i moduli recitativi del teatro borghese. Se Shaw ostenta ironicamente di non accorgersi della novità scenica del suo teatro ( « i brividi e gli scherzi di scene adoperati da me sono quelli in voga quando ero ragazzo io, quando cioè mio nonno se ne era stancato » 2 ; « per gli spettatori più anziani, l'insospettato mio tentativo di sostituire la storia naturale all'etica convenzionale e alla logica romantica può trasfigurare gli eterni burattini scenici e i loro inevitabili dilemmi al punto da renderli per adesso inidentifìcabili » ). E' innegabile che il concetto di attualizzazione della storia accentua quella caratteristica dei personaggi di Shaw per cui essi vivono una storia antica col senno di poi, assumendo inevitabilmente nei confronti delle loro vicende un atteggiamento critico, o almeno un umoristico distacco. In aperta opposizione al teatro romantico, Shaw non ama mostrarci le peripezie attraverso le quali il grande personaggio storico realizza se stesso : preferisce portarlo sulla scena già carico del mito della sua grandezza. E' l'interpretazione di questo mito che di volta in volta lo interessa, è la precoscienza che di esso assume il personaggio o gli viene prospettata da quanti l'attorniano (Napoleone, ne L'uomo del destino, agisce in un contrappunto di voci come queste: «Voi sarete imperatore della Francia ... poi dell'Europa, forse del mondo ») che rende possibile tale interpretazione. Sintesi di una personalità antica e di una mente moderna che giudica il passato (e che spesso assume l'inconfondibile voce di Shaw), gli eroi di questi drammi sembrano suggerire una recitazione che sia insieme « interpretazione » critica, per una caratteristica che li accomuna: il gusto istrionico, che in Napoleone è desiderio di costruire il proprio personaggio storico, in Cesare è 2 G. B. Shaw: Prefazione a: Tre commedie per Pttritani. 46 47 fl:utto di ambizione l~tteraria e oratoria frustrata (e gli viene apertamente nnfacciata dal suo luogotenente : « Ce~are, la cen~ si guasta se tiri fuori il predicozzo P.rediletto sulla vita e sulla morte » ), in Carlo II è pasSIOne pura per il mestiere di attore. E' questo « teatro nel teatro » che apre le più ampie prospettive di superamento delle convenzioni tradizionali, che sacrifica il pilastro del realismo scenico borghese: la identificazione totale di attore e personaggio; è l'attore che deve restare se stesso per aiutarci a capire Cesare o Carlo II così come il personaggio stesso suggerisce con le sue 'fondamentali ambiguità tra quello che è e quello che di se stesso ama rappresentare negli squarci istrionid. Del resto, Shaw in persona autorizza queste conclusioni sui mo?ul~ della propria teatrdità quando, a proposito della recrtazwne, afferma: « Quanto più audace è la caricatura, tanto meglio è per l'esecuzione. Il teatro ha biso~o J?iù di ca.ratteri comprensibili che di persone reali; è l umca mamera perchè riescano comprensibili al pubblico ». Ed è proprio nella misura in cui Shaw rifiuta l'equivoco della verosimiglianza scenica in nome di una salutare opera d'igiene mentale nei confronti del pubblico che il suo teatro merita di essere accostato a quelli di Strindbe~g. e di Br~c?t,. al di là di ogni esteriore paragone e d1 1mprobab1h dipendenze, come una delle lineeforza componenti della moderna rivoluzione teatrale. L'uomo del destino 3 • La ~onsiderazione che «L'uomo del destino» (1896) fu scritta, secondo quanto confessa Shaw, « in un mo3 Questo capitolo e i seguenti esaminano le commedie storiche di Shaw in base alla loro successione cronologica· solo per quanto riguarda Cesm·e e Cleopatra (del 1898) tal~ criterio non viene rispettato, per l'evidente opportunità di dedicare all'opera uno studio particolare. mento di ozio come abile scherzo per dar modo ai due attori principali di mostrare la loro bravura » ha sempre trattenuto i critici nei limiti di un giudizio affrettato e superficiale : per primo il Chesterton 4 valutò questo unico atto un'opera « frivola », al più valida come parodia ante-litteram di Cesare e Cleopatra (che il biografo di Shaw esaminava in tutta serietà alla stregua di una tragedia shakespeariana). Il confronto dei due lavori si risolveva naturalmente in un giudizio negativo per il primo e soprattutto impediva di considerarlo in un rapporto con il secondo che non fosse di pura e netta ~ontrapposizione. In realtà, pur accentuandone farsescamente gli aspetti, in dipendenza della contrazione dei tempi, L'uomo del destino contiene in germe il teatro storico di Shaw. Il breve lavoro, nel riprendere la polemica antimilitarista de Le armi e l'uomo (1894) ne supera la vicenda fantastica per cogliere il proprio bersaglio sul più concreto terreno della storia. Alla demistificazione della retorica bellica (« è la paura che fa combattere gli uomini... ») si accompagna la distruzione dell'eroe : « ...il vero eroe non esiste ». Ma la polemica, trasferita nel campo della storia, si arricchisce di nuovi obbiettivi, suggeriti dalla complessità stessa del fenomeno storico. Così, se da un lato Napoleone (qui rappresentato durante la campagna d'Italia, quando cinge l'aureola di invitto generale) non è affatto il genio militare vagheggiato dagli idealisti, ma solo colui che sa vincere le sue battaglie disprezzando gli schemi tattici della scuola e seguendo in ogni modo la sua buona stella (« egli agisce secondo i suoi impulsi, ridendosi dei metodi professionali e degli ordini che gli giungono da Parigi » ), il suo esercito non è né l'alfiere della Rivoluzione (anzi, una accolita di gente molto pratica e poco provvista di denaro, della quale Napoleone sa servirsi bene proprio 4 G. K. Chesterton : George Bernard Shaw, Ed. « Da Vinci ». Bari [ 195. ] pag. 110. 49 48 secondandone gli istinti), né quelle bande di feroci sanculotti che gli storiografi borghesi amano rappresentare ebbri di sangue. Il soldato incaricato di recapitare a Napoleone importanti documenti militari e non meno importanti notizie sulla moglie del generale, ad esempio, si fa derubare abbastanza stupidamente da una indiavolata Signora, spia degli Austriaci, alle prese con la quale neppure il grande Corso, in realtà, fa una figura brillante. E' questa l'invenzione scenica dalla quale nasce l'umorismo della situazione : il conflitto tra il generale e la spia, imperniato sui documenti militari contesi, si risolve nel confronto tra un Napoleone molto interessato ai suoi affari familiari e una donna che non ha nulla da invidiargli per capacità umane: la posta della partita si riduce ad una lettera pettegola su Giuseppina Beauharnais. Paradossalmente, in questa lotta giocata su un dialogo scattante, condotta tra le pareti di una taverna, Napoleone vince con le stesse doti attraverso le quali ha sgominato gli Austriaci, grazie alle quali ascenderà all'Impero: una profonda conoscenza degli uomini, del loro carattere, delle loro debolezze. Vince a patto di scoprire la fragilità della propria vita privata (un accenno di tono « lirico » in questo personaggio) e insieme il suo istinto istrionico. Al di là degli obbligati giudizi negativi sulla sua facilità teatrale, sulle sue caratteristiche di opera minore. il testo offre pertanto una lettura ricca di spunti stimolanti, se inserito nel quadro complessivo dell'opera storica di Shaw: sono accenni parentetici a temi più ampiamente sfruttati in seguito (si veda la lunga disquisizione di Napoleone sulle differenti caratteristiche degli Irlandesi e degli Inglesi, sintetizzati nella profezia secondo la quale egli sarà vinto solo da un esercito inglese guidato da un Irlandese); ma soprattuto è il capovolgimento totale di un mito e l'affacciarci di una consapevolezza ironica di se stesso all'interno di un grande personaggio della storia. Il discepolo del diavolo Il discepolo del diavolo (1897) è una _tipica stru~tur~ melodrammatica e insieme una commedia ~er ~untan~ . Caratteristiche del melodramma sono le penpez1e scemche che Shaw vi adotta « ...la lettura del testamento, l'orfana oppressa che trova un ~rote~tore, _l'arresto, il sacrificio eroico la Corte Marz1ale, 11 paubolo, la redenzione all'ulti~o momento » 5 • E testimoniano della altissima disinvoltura con cui l'autore si impadronisce degli schemi tradizionali (cosl come rifarà il dramma. sto rico shakespeariano con Cesare e Cleopatra) proprw. al fine di metterli in rilievo per quelli che sono : vuote 1mpalcature che non reggono nulla di yitale; o, m~gli~, che si reggono in virtù di una convenzwne: la _taClta ~ntesa che lega il facile drammaturgo al suo ~ubbhco, p~ntan~. Dick Dudgeon, il discepolo del d1avolo, e 1l P_untano dei Puritani. Puritano è il mondo che lo ha npu~ diato, dal quale egli si è allontan?!o ~er una sete d1 religione pietistica che non tr.ov~ pm ah~ento ne~ mar; ciume morale della sua fam1gha « Lo ZlO Gughelmo · Non vi vedo da quando avete smesso _di bere.·: e ades~o dov'è quell'onestissimo mercante d1 cavalh_, l~ z1o Tito? ») e della sua società, sulla quale domma 11 pastore Anderson. Una simile sete religiosa, conduce D1ck paradossalmente a prendere le parti del. Diavol~ an~i chè di Dio : « ... fin dapprincipio ho cap1to che 1l D1avolo era il mio naturale padrone e capitano, e amico »: La strana religione di Dick è l'estrema conseguenza d1 una concezione astratta del Bene e del Male (quella Puritana, per intenderei) che co?tr~p~one ~terilmente due termini vuoti di contenuto, ms1gmficant1 al punto di permettere a Shaw la satirica sostituzione dell'Assoluto Male all'Assoluto Bene come oggetto della devozione. 5 3. G. B. Shaw: Prefazione a Tre commedie per Puritani. 50 La riprova dell'ambivalenza dei due concetti, scaturisce dalla condotta morale del protagonista, che pur sotto l'egida del suo demonismo, non può agire altrimenti se non seguendo i dettami del calvinismo : l'etica dell'atto gratuito. Un problema questo, che ci riconduce alla tematica storica, e più precisamente alla moralità della storia. Se esteriormente l'aspetto storico del ?ram~a si rivela nella sua ambientazione (l'epoca dell~ r~voluzwne americana, e la società dei patrioti calvimsti), la sua forza satirica colpisce radicalmente tanto la concezione moralistica della storia come trionfo del bene sul male, quanto il mito dell'eroico sacrificio. Nella cit~à ove abita Dick, occupata dagli Inglesi, costoro decidono di condannare a morte il pastore Anderson per dare un esempio terroristico ai ribelli. Dick prende il posto del pastore senza che alcun motivo razionale lo spinga a tanto. La causa del suo atto gli è oscura: egli in realtà non fa altro che seguire la legcre fondamentale di un'etica che lo guida suo malgrado : oil g~sto c~lvinista dell'atto gratuito, dell'azione che si giustifica m se stessa. Questo eroe senza eroismo viene sal~ato all'ultimo momento dal sopraggiungere ' di un capitano americano che altri non è se non Anderson, fuggito tra i ribelli. L'uomo di Dio ha conosciuto davanti al pericolo concreto della morte, di essere un 'uomo di guerra (il vero « discepolo del diavolo » ); davanti allo stesso pericolo, Dick ha scoperto di essere, ad onta delle affermazioni demoniache, il vero pastore calvinista della sua città: «Io mi credevo - è Anderson che parla un discreto ministro del vangelo di pace, ma quando l'ora della grande prova è giunta per me, ho capito che il mio destino era quello di un uomo d'azione e che il mio posto era tra i ... gridi di guerra. E cosl comincio la vita a 50 anni come capitano Antonio Anderson della milizia di Springtown; e questo Discepolo del Diavolo comincerà a essere il reverendo Riccardo Dudgeon ». Chi si attendeva un finale in cui il Male fosse salvato dal Bene (dal sacrificio cioè del pastore che rive- 51 lasse eroicamente la sostituzione avvenuta), trova il Bene salvato dal Male, cosl come resta sconcertato nel rivelarsi della vera natura di Anderson davanti al pericolo : il pastore, che sbotta in una franca bestemmia, si sottrae fulmineamente alla casistica morale puritana : « Pregare! Possiamo forse pregare che la corda .. . si stacchi dal collo di Riccardo? ». E' la sua scelta di una condotta che non tiene conto della morale astratta, si impegna concretamente nell'azione affidata al buon senso che salva Dick e fa di lui l'insospettato eroe positivo della commedia. A fianco di questa tematica centrale, Shaw sviluppa ne Il Discepolo del Diavolo una polemica parallela (nè avrebbe saputo astenersi da un bersaglio cosl ghiotto) aperta tanto nei confronti della retorica rivoluzionaria, quanto verso la pretesa « giusta causa » dell'esercito inglese di repressione: «l'anno 1777 è l'anno in cui per il distacco delle colonie americane dall'Inghilterra, - distacco avvenuto peraltro, più a causa del loro peso che della loro volontà - gli animi si accesero fino a raggiungere il punto di bollore : bollore idealizzato nella mente inglese come soppressione di ogni moto ribelle e conservazione dei domini britannici e nelle menti americane come difesa della libertà, resistenza alla tirannide e sacrificio sull'altare dei Diritti dell'uomo 6 ». Questo il concetto che informa tanto la rappresentazione dei patrioti (il mondo bigotto della famiglia di Riccardo ), quanto quella degli ufficiali Inglesi: moralmente meschino l'uno, ottuso e formalmente ipocrita l'altro, impegnati entrambi a cercare una giustificazione morale o politica delle proprie azioni (dice Burgoyne 7 a Riccardo : «Voi capirete, signore, spero, poichè siete un gentiluomo e avete un certo spirito nonostante la vostra vocazione, che se dovremo avere la disgrazia d'im- ma 6 7 Didascalia miziale de Il discepolo del Diavolo. Comandante delle truppe inglesi di occupazione. 53 52 piccarvi, lo faremo per necessità politica e dovere militare, senza alcun risentimento personale » ). Una visione beffardamente pessimistica, alla quale sfugge lo spregiudicato senso pratico di Anderson: l'uomo che non teme di sembrare malvagio, ed egoista, pur di raggiungere la propria salvezza. Tanto più che essa è anche la salvezza degli altri. Santa Giovanna. Se i precedenti drammi richiedono al lettore od allo spettatore una certa capacità di mantenersi aperti ai problemi più tipicamente anglosassoni e soprattutto allo spirito umoristico con cui vengono trattati, Santa Giovanna (del 1923) è forse l'opera di Shaw più strettamente legata alla cultura inglese, e quella più lontana dalla problematica storica del mondo latino. Le interpretazioni che la critica via via ha avanzato alla Pulzella portata sulle scene da Shaw, costituiscono le tappe di un dibattito che spesso, per amore di esegesi storica, o per troppo credito di serietà alle opinioni espresse dall'autore, ha frainteso il senso della sua polemica, e non ha trattato il dramma come meritava : cioè ìnnanzitutto come opera teatrale. Se dunque Castelli 8 puntigliosamente ha contrapposto all'immagine shawiana di una Giovanna protestante le numerose affermazioni di ortodossia da lei affidate alle cronache del tempo, anche l'interpretazione di Caudwel1 9 per cui il dramma vorrebbe mostrarci l'eroina dell'individualismo borghese in lotta con il medioevo moribondo , appare alquanto azzardata. a Castelli: Lettura di G. B. Shaw, ed. « Vita e pensiero», Milano 1945, pag. 82. 9 C. Caudwell: La fine di una cultura, Torino 1949, Ed. Einaudi, pag. 42. Rispondendo in anticipo al primo critico, Shaw, nella prefazione, mostra una buona conoscenza dei resoconti del processo, pubblicati da Quicherat nel 1841 , in cui tali proteste sono appunto riferite 10 • E' quindi evidente la sua volontà di andare al di là della cronaca, sacrificando scopertamente la stessa verosimiglianza storica per operare una vivifi.cazione del personaggio simile a quella già tentata con Napoleone, possibile solo sostituendo alla verosimiglianza tradizionale una tesi storica nuova, umoristicamente sostenuta contro la prosopopea dei saccenti. All'interpretazione di Caudwell, d'altra parte, si oppone il carattere di « attualità » del dramma di Santa Giovanna che non vuole tanto analizzare il conflitto tra due civiltà, quanto piuttosto togliere al medioevo la patina che lo separa da noi, aflinchè i contemporanei scoprano quanto di medioevale permane in loro, a confronto di Giovanna (non indi~idualista borghese, ma creatura genuina dotata di un certo buon senso). Uno stretto rapporto unisce pertanto il medioevo del dramma al nostro tempo, rapporto reso possibile ancora una volta dalla coscienza che i personaggi hanno della storia : essi « facevano parte della storia e, quindi, non avevano coscienza delle sue particolarità come non ne avevano della formula atomica dell'aria che respiravano. Ma la commedia non sarebbe intelligibile se io non li avessi dotati di quel tanto di coscienza del loro tempo che li mette in grado di spiegare il loro atteggiamento al ventesimo secolo ». La santità di Giovanna non era evidentemente un argomento tale da convincere Shaw a rispettarne la canonica ieraticità. Liquidato con umoristica grazia il capitolo riguardante i miracoli e le visioni del suo personaggio (« Ella vedeva santi immaginari proprio come allO G. B. Shaw: Pref. a Santa Giovanna: <; .. .la pubblicazione fatta da Quìcherat nel 1841 dei resoconti del processo e della riabilitazione hanno dato nuove basi al problema ». 54 tre persone vedono immaginari diagrammi e paesaggi punteggiati di numeri e sono quindi capaci di compiere prodigi di memoria e di aritmetica impossibili ai non visualizzatori » : con il che, se colpisce la religione la satira investe anche i « moderni indagatori delle fac~ltà umane » ), la preoccupazione del drammaturgo è quella di circoscriverne la figura nell'ambito del campo storico in cui si trovava ad operare, ed a questo fine ulteriormente smaschera quegli elementi che potrebbero essergli di ostacolo: come il fascino della personalità femminile della Santa-guerriera, colpita nel mito della sua bellezza (« nessuno dei compagni di Giovanna, al paese, alla corte o sul campo di battaglia, neanche qu~ndo si sforzavano di piacere al re lodando lei, ha mal preteso che fosse bella » ), e nella stravaganza della sua milizia (« E' stata la pioniera dell'abito razionale per le donne e, come Cristina di Svezia due secoli dopo, per non citare il cavaliere d'Eon e innumerevoli oscure eroine che si travestirono da uomo per servire come soldati e marinai, essa rifiutò di accettare gli specifici attributi femminili, si vestl, combattè e visse come un uomo»). Quando Giovanna si affaccia alla storia di Francia, il regno del Delfino Carlo è in piena bancarotta contro l'Inghilterra accampata sui suoi territori, dominati da una schiatta militare ottusa come ogni schiatta militare. La Pulzella, di fronte al conformismo che costitui:>ee la rovina della Francia, si presenta come una persona che sa pensare con il proprio cervello, pronta a infrangere le regole cavalleresche della guerra medioevale con un realismo « napoleonico » (e già abbiamo visto cosa significhi), così come le regole politiche (anticipando lo spirito nazionalista, solo perchè il senso del possesso di una nazione propria è lo stimolo migliore al combattente.) Ella è un genio, nel senso che non ha conosciuto il conformismo dell'educazione impartita ai fanciulli inglesi del proprio tempo, cioè è « una persona che vedendo più lontano e indagando più profondamente delle altre persone ha una serie di valutazioni morali diverse dalla 55 loro »; nia è anche una santa, pertanto il suo abilissimo progetto politico « atto a sanare la disperata situazione del re e del coronato » la considera « una speciale missione divina », così come la sua preveggenza nazionalistica è posta anch'essa sotto la protezione di Dio ( « i nostri soldati » dirà « sono sempre sconfitti perchè combattono unicamente per salvarsi la pelle; e il modo più sbrigativo di salvarsi la pelle è scappare ... Eppure io insegnerò loro a combattere perchè in Francia sia fatta la volontà di Dio». La quale volontà desidera che non ci sia più « un solo soldato inglese sulla terra di Francia »). Giovanna crede in un Dio che rassomiglia stranamente alla sua ragione : tanto è vero che la volontà di questo dio rifiuta, sia pure amabilmente, la Chiesa ufficiale come intermediaria, per manifestarsi quando Giovanna è sola con le sue apparizioni, o, forse, sola con se stessa (l' Arcivescovo, durante il processo le rinfaccerà; « Io non ho la dimestichezza che hai tu col nome di Dio perchè io interpreto la Sua volontà con l'autorità dell; Chiesa e del mio sacro ufficio » ). Ella, che ha vinto gli Inglesi, viene tradita dal re che ha beneficato, e venduta ad essi. Il vero processo che avrebbe fatto giustizia di Giovanna d'Arco sarebbe stato una accusa di nazionalismo, ma di lei s'impadronisce l'Inquisizione. Quando la chiesa le impone « di accettare la sua interpretazione del volere divino e di sacrificare la propria, ella rifiuta nettamente, e dichiara apertamente che la Chiesa Cattolic,\ vista da lei era una Chiesa il cui Papa era la Papessa Giovanna». Tra l'altro, nella rappresentazione del processo, Shaw realizza una visione per nulla tenebrosa delle sedute dell'Inquisizione, in polemica con la pretesa equanimità giuridica del nostro tempo: «Giovanna... ha avuto un processo assai più leale di quello che qualsiasi prigioniero del suo tipo e nella sua situazione ottiene oggi da qualsiasi tribunale secolare ufficiale ». Il che esprime ancor pitl scopertamente le ragioni della sua condanna a morte : «lavorava col buon senso : e quando la dottrina era l'unica guida di certe istituzioni, si trovava all'oscuro e si rompeva gli stinchi ». Quel buon Il R l l 56 57 s~nso che ttc~mente la conduceva a trionfare militarmente e polisul suo tempo (ridicolizzando gli Inglesi, batt~tl ~a una donna, ma anche i Francesi, guidati alla vtttona da una donna), la tradisce dove il buon senso non vale, ma solo l'autorità. Tra Giovanna e la Chiesa cattolica c'è incompatibilità di carattere; almeno finchè essa non è morta, almeno finchè non la si può canonizzare senza pericolo. L'estrema polemica di Shaw è appunto condotta contro il Cattolicesimo da lui accusato d~ non esse~e abbastanza « cattolico » da rendere possibde ad un hbero pensatore di unirsi ad esso. Per questo, Shaw rivendica paradossalmente al prote~tant_esimo un martire cattolico, per questo Giovanna non e fehce neppure nel suo paradiso, e alla battuta del semplice soldato, che esprime tutta la sua parabola: «Hai diritto alle tue idee, quanto quelli hanno diritto alle loro e magari di più », può alzare una domanda senza rispo~ st~ : « Oh Dio, Creatore di questa stupenda terra, dimmt, quando mai sarà pronta per ricevere i tuoi Santi? Quando, mio Signore, quando?». Ai tempi d'oro del buon re Carlo. La prima metà del 1600 vide in Inghilterra la rivolta dei Puritani che, capeggiati da Cromwell abbattevano il regno e giustiziavano il re Carlo I. Terminata la dittatut~ di . Cromwell, e ritiratosi dalla scena politica suo figho Rtccardo, nasceva la possibilità di una restaurazione della monarchia. L'erede, Carlo II, rioccupava il trono degli Stuart in un momento di ancor accese polemiche religiose e politiche tra puritani, presbiteriani e catt<:lici. Questo re, che indubbiamente seppe ricondurre 11. paese ad un pacifico equilibrio politico, passò alla stona co.me sovrano inetto, ambiguo, dominato dalle molte amanti. Le sue vicende sentimentali divennero argomento per molti drammi inglesi più o meno storici. Scrivendo Ai tem pi d'oro del buo11 re Carlo, nel1939 , Shaw si discosta profondamente dalla struttura delle opere precedenti, basate su precisi da ti cronachistici, ora offerti da Mommsen - per quanto riguarda Cesare e Cleopatra - ora da Quicherat - per quanto riguarda Santa Giovanna, e adotta piuttosto le fonne di quello che egli definisce come « dramma storico romanzato ». In altre parole, il nostro autore, passando in rassegna le precedenti opere su Carlo II nota come esse ne trascurino assolutamente la figura e l'evoluzione storica, per risolversi in una serie di scene tra ìl re e le sue amanti. Premesso che questi scontri non hanno ovviamente nulla di significativo, Shaw ne ricalca la struttura scenica per animarla di vivacità intellettuale; il commediografo non inventa sentimentali figure di donne da avvicinare a Carlo, ma si limita a forzare la logica dei fatti immaginando una serie capricciosa di incontri tra il re ed alcuni personaggi fondamentali del suo tempo: lo scienziato Newton, il fondatore dei Quaccheri Fox, il pittore Godfrey Kneller. La commedia con la quale Shaw si congeda dal genere storico, rappresenta uno scoppiettante fuoco d'artificio umoristico : non è la vicenda d'un uomo che sovrasti la sua epoca, ma addirittura un concilio di personaggi eminenti. L'unico rappresentante della mediocrità è Giacomo, il fratello di Carlo. La sua devozione per le formule ed i miti più stantiì della retorica politica (popolarità, prestigio militare, onestà), permette a Shaw di capovolgere per contrasto il giudizio storico su re Carlo che si rivela dotato di spregiudic<~to realismo: Giacomo : Sono popolare ovunque: ecco quello che non capite voi perché non siete uomo d'azione, mentre io lo sono. In questa isola, Carlo, non vi è nulla di piu idolatrato d'un ammiraglio che abbia riportato una grande vittoria navale. E' proprio quello che ho fatto io mentre voi non avete fatto nulla di si mile. Ecco perché agli occhi del popolo sono piu popolare di voi. Carlo : Senza dubbio, ma non è il popolo inglese quello che fa i suoi re! l a corona è nelle mani di quei dan nati latifondisti, i Whigs, che si son arricchiti spogliando la Chiesa ed hanno 58 59 tagliato la testa di nostro padre prendendosi la corona e tutto il resto. Per quella gente la vostra vittoria navale ha la stessa importanza d'una manciata di erbacce : non darebbero un soldo per la Marina se sapessero che le tasse servono a mantenerla ... In funzione delle sue finalità politiche convergono tutti gli aspetti della personalità del monarca: il suo atteggiamento nei confronti della religione è opportunisticamente ambiguo tra le diverse confessioni inglesi in lotta, il suo dongiovannismo è in larga parte dettato dal calcolo (a proposito di una delle sue amanti, afferma : «non sono più innamorato di lei, ma la tengo lo stesso perchè è intelligente, ha dei modi signorili e mi mantiene in contatto con la Francia e con la corte Francese, senza parlare poi del denaro che per mezzo suo tiro fuori da Luigi » ), non solo, ma risente dell'interpretazione che di Don Giovanni diede Shaw nella commedia omonima, per cui non è il re che corre dietro alle donne, ma sono queste che buffamente lo inseguono sin nel suo rifugio in casa di Newton. Questo Carlo non è certamente il fedele ritratto del re: troppa parte dell'intelligenza di Shaw si riflette in lui perchè possa esserlo; ma proprio questa estremizzazione positiva contribuisce a ridimensionare il giudizio totalmente negativo della storia nei suoi confronti. Resta da dire che anche il personaggio di Carlo ha una sua dimensione lirica, che si manifesta nell'asciutto rimpianto di una verità interiore che l'opportunismo nasconde: l'adesione al Cattolicesimo, solo davanti alla morte ed alla moglie Caterina di Braganza affermata: « ebbene, vi prometto che non morirò protestante. Siete voi che dovrete far sì che ciò avvenga quando l'ultima ora sarà giunta per me, l'ora finale ». Questo dramma, che non conosce peripezie, tutto risolto nell'umorismo di dialoghi essenziali, non ha una vicenda da raccontare, ma una serie di visioni del mondo e dell'uomo da criticare per la loro parzialità che vuoi assurgere a verità assoluta: il mondo geometrico di Newton, bizzarramente contestato dalla confusione infernale che Carlo ed i suoi amici scatenano nella sua dimora ordinatissima; il mondo fatto di am1c1z1a e di bontà di Fox, che si risolve nella puritana paura per tutto ciò che è concreto e che quindi non è il Bene assoluto; il mondo artistico di Kneller, e la sua bellezza irrazionale. La verità che ciascuno di questi personaggi esprime, non nasce mai dalla enunciazione astratta dei loro sistemi, bensl dal calore della polemica reciproca che faticosamente recupera piccoli brandelli di realtà. E' questa, antidogmatica, anticonformista, la lezione del teatro storico di Shaw in favore del gusto democratico del confronto e della discussione. Roberto T essari l r i: l r ~ t ' Cesare e Cleopatra Genesi del dramma. Un primo accenno al personaggio di Cesare, nell'opera drammatica di B. Shaw, può essere riscontrato nella didascalia che precede L'uomo del destino, laddove l'autore rivela un umoristico rammarico per « quanto abbia perduto l'Inghilterra a non essere conquistata da Cesare o da Napoleone », accenno tanto più significativo in guanto esprime germinalmente il contenuto di polemica attualità nei confronti del mondo britannico di cui vedremo investita l'interpretazione shawiana del mondo romano. Intrapresa sul finire del 1898 durante un soggiorno all'isola di Wight, la composizione di Cesare e Cleopatra occupa l'intera attività di Shaw fino ai primi mesi dell'anno successivo, in un periodo tanto creativamente felice quanto sfortunato per la salute dell'autore, che deve lottare contro le conseguenze di due operazioni ad un piede, una caduta dalle scale, un braccio rotto, una caviglia slogata tre volte. Il 2 dicembre del 1898, Shaw scrive a Henry Arthur Jones: « ... devo riconoscere di aver consacrato tutta l'energia recuperata questa settimana al quarto atto di Cesare e Cleopatra » 1 . Testimonianza del suo impegno di artista, queste parole idealmente vanno accostate alla lettera da Shaw indirizzata l Questa, come tutte le altre lettere citate nel seguente paragrafo sono tratte da: Hesketh Pearson: Bemard Shaw, Ed. « Le Pavois » Parigi 1949. 62 nel 1918 al suo critico Hesket Pearson, dove si precisano le caratteristiche di tale impegno, che è anche e soprattutto aderenza realistica ai problemi concreti del teatro: « .. .Io ho scritto Cesare e Cleopatra per Forbes Robertson 2 e la Campbell 3 all'epoca in cui recitavano assieme. Ma la commedia non fu rappresentata che quando ciascuno d'essi ebbe preso una strada diversa. A Cleopatra diede vita Gertrud~ Elliot, che ~ià aveva recitato con Robertson ne Il dtscepolo del dtavolo ... ». La lettera a Pearson, importantissima per diversi aspetti, permette anche di comprendere l'atteggiamento del drammaturgo nei confronti della storia, che è l'atteggiamento di chi ama documentarsi pun:ualt_nent~ accostandosi con curiosità alla letteratura sc1ent1fica m materia. Proprio perchè la curiosità è quella di un personaggio che si chiama Berna~d Shaw, d'altra p~rte sarebbe stolto pretendere in lm una cultura stanca non contaminata da finalità polemiche: «ho seguito, senza modificare nulla, la cronaca di Mommsen. Ho letto molte altre cose da Plutarco (che odiava Cesare) a Warde Fowler. Ho trovato che Mommsen concepiva Cesare così come io desideravo rappresentarlo, e io ho raccontato la visita in Egitto sulla scorta di uno che ci cred: (a differenza di molti storici). Io mi sono attenuto a lm come Shakespeare a Plutarco visto da Holished. Goethe aveva proclamato che l'assissinio di Cesare era ~ peggior crimine della storia. Io concludo che anche lm ha considerato Cesare alla luce di Shaw-Mommsen ». Ben può affermare dunque il Pearson che il Cesare di Shaw è quello di Mommsen shawizzato? anche se potrem~~ aggiungere che il nome dello stonco te~esco serve pm per creare un alibi a questa interpretaz10ne, che per fornirle un apporto sostanziale. 2 o 3 Celebri attori inglesi dell'epoca, piu volte interpeti delle commedie di Shaw. 63 In altre parole, la figura di Cesare, evocata all'attenzione di Shaw dalle riflessioni su Napoleone e considerata soprattutto nei suoi rapporti con l'Inghilterra (e quindi nel suo significato rispetto al mondo contemporaneo), per di più già carica di una tradizione letteraria che faceva capo al nome autorevole di Shakespeare, si offriva come obbiettivo ideale al drammaturgo irlandese e probabilmente faceva nascere in lui il desiderio di abbinarla ad un altro personaggio segnato da Shakespeare: Cleopatra. Mommsen offriva la possibilità di conciliare le esigenze di un confronto demistificatore tra le due personalità senza violentare la logica della storia. In queste linee portanti dovevano infine confluire diversi motivi fantastici la cui storia più facilmente sfugge all'indagine razionale: valga come esempio la scena iniziale della Sfinge di cui l'autore, sempre nella lettera a Pearson già citata, dice: « mi fu suggerita da un disegno francese della fuga in Egitto. Non mi sono mai ricordato il nome del pittore, ma il disegno ... rappresentava una vergine e un bambino addormentati tra le braccia d'una Sfinge colossale, che contemplava un deserto così intensamente calmo che il fumo del fuoco di Giuseppe, lì accanto, si alzava diritto come un bastone; questa figura è rimasta nella mia memoria per vent'anni prima di essere esumata e portata sulla scena». Cesare e Cleopatra non convinse nessuno, tra quanti erano destinati a rappresentarla, alla prima lettura. Lo stesso Robertson, prima di metterla in scena, conobbe molte perplessità: per non parlare poi dell'attore Mansfield, cui Shaw mandò copia della sua opera onde saggiarne le possibilità di esecuzione in America, e se la vide gratificare del titolo di « parodia imbecille ». I primi anni del 1900 trovano il nostro impegnato in quella lotta che doveva portare alla affermazione del suo capolavoro, preoccupato dell'esito e dei problemi che la sua messa in scena suscitavano, interessato ad ogni pedina dello scacchiere sul quale lottava per il successo di Cesare e Cleopatra: « In quanto a Cesare, Io 65 64 si sta allestendo con molta magnificenza al Neues Thcater di Berlino per febbraio ... Cesare porterà a spese enormi per le scene... ci sono sei scene e una Sfinge, anche senza il terzo atto che la scarsità di tempo obbligherà a sopprimere puramente e semplicemente». (Da una lettera a Robertson del 190.3). Nell'autunno del 1906, realizzato da Robertson al New Amsterdam Theatre di New York, Cesare e Cleopatra conquistava la critica americana. Più lento era il orocesso di affermazione in Inghilterra dove Robertson tornava verso la fine del 1907 per rappresentarla in alcuni centri provinciali. Il trasferimento della commedia al teatro Savoy di Londra, il 25 novembre dello stesso anno la avviava verso una conquista lenta, ma sicura e progressiva, dei favori del pubblico. Ogni tournée in provincia segnava progressi sempre più notevoli verso il successo, che arrideva finalmente pieno quando Robertson, nel 191.3, incluse l'opera nel suo programma di addio al pubblico londinese. Per tutto il periodo compreso tra il 1899 e quest'ultima data, Shaw non cessa mai di interessarsi ai problemi teatrali che dal lavoro scaturiscono (egli deve difenderlo, tra l'altro, dalle mutilazioni più sacrileghe, come quella riduzione del dramma ad atto unico proposta nel 1903, riguardo alla quale pazientemente risponde a Robertson: «Non bisogna presentare solo il primo atto; è negli altri atti che Cesare prende corpo; nel primo potrebbe anche essere Harun Al Rashid e non vi si prenderebbe affatto sul serio ... » ), cosl come non si stanca di operare attorno al testo per renderlo più comprensibile, spiegandolo, ma approfondendone insieme la carica polemica, con il prologo di Ra (aggiunto nel 191.3 ), dove è facile cogliere, nel tono stizzito di chi comincia a spazientirsi verso l'ottusità del pubblico, un'eco del risentimento di Shaw per l'incomprensione contro cui dovettero lottare le prime rap . presentazioni. Attualizzazione del passato Il rapporto di Shaw con il suo pubblico è all'origine dell'immagine della storia che egli propone con Cesare e Cleopatra. Ma che cosa è questo pubblico? L'incarnazione dello spirito puritano, che assume i volti del conformismo borghese (cosl stigmatizzato da Ra: «Voi non potete né inginocchiarvi né prostrarvi; chè siete ammucchiati in file e non riuscite a muovervi, e ostruite la visuale l'uno dell'altro; né alcuno di voi ritiene sia bene compiere un qualsivoglia dovere prima d'aver veduto che tutti gli altri lo compiono; di modo che nelle grandi occasioni vi accade comunemente di non far nulla fino a che ognuno di voi non ha detto al compagno che alcuna cosa ha da essere fatta » ), che copre la libidine con la maschera del pudore scandalizzato (Ra : «Vi ho fatto perdere la pazienza? Siete ansiosi di conoscere la storia di una donna impudica? Il nome di Cleopatra vi ha già tentato?»), che soprattutto è intolleranza, amore del quieto vivere, ignoranza coltivata per timore del vero sapere che mette sempre ogni status in discussione. - Non si tratta di un Pubblico astratto; coloro ai quali si rivolge Ra sono i contemporanei inglesi del drammaturgo. Potremmo perciò dire che i suoi strali non ci toccano? che questa polemica è caduca? No, perchè gli elementi che colpisce non conoscono barriere nazionali, ma aderiscono ad ogni sistema di vita che abbia la presunzione di essere insuperabile, solo perchè teme i cambiamenti, che creda di essere al colmo del Progresso, solo perchè ha paura di progredire: «Gli uomini, più ignoranti sono e più convinti rimangono che la loro piccola parrocchia è un apice al quale la civiltà e la filosofia sono faticosamente arrivate scalando la piramide del tempo da un deserto selvaggio ». Il concetto borghese di Progresso è un velo che lo spettatore ama porsi davanti agli occhi quando considera la storia; un velo che gli permette di vederne i 66 personaggi come esseri di un altro pianeta, ridicoli nella loro inciviltà, o grandi, sì, ma di una grandezza gelida e distaccata come quella di antichi ritratti. Egli è sulla vetta di una montagna: non lo turba quello che accade in basso. Il commediografo al servizio di questo pubblico Io conferma nella sua sicurezza x;nediante una visione del passato dalla formula ben prec1sa: « Il solo modo di scrivere una commedia che debba dare al pubblico comune l'impressione dell'antichità è di far parlare i suoi personaggi in versi sciolti e di astenersi da ogni riferimento al vapore, alla telegrafia, a qualsiasi con· dizione materiale della loro esistenza ». Tutto ciò che sfugge a questa ricetta suscita ovviamente lo scandalo dei benpensanti, che gridano all'anacronismo. Shaw, che inserisce un solo anacronismo evidente nella sua commedia quando fa consigliare da Cleopatra come ri; medio contro la calvizie di Cesare una cura a base dt rhum, se ne scusa formalmente nelle Note al testo, ma solo al fine di giustificare l'anacronismo macroscopico di tutta l'opera: il fatto di porre in scena personaggi antichi tanto simili agli uomini del suo tempo . Alla base di questa giustificazione è un ironico at· tacco contro il concetto borghese di Progresso : il progresso inteso come « maggior dominio dell'uomo sulla natura » ( « ... se anche il maggior comando dell'uomo sulla natura includesse un maggior comando su se stes· so (il solo genere di comando che può essere inerente alla sua evoluzione verso un essere più elevato), rimane il fatto che soltanto fuggendo dal maggior comando sulla natura verso luoghi nei quali la natura conserva il primitivo comando sull'uomo egli può riprendersi dagli effetti del fumo, del fetore, dell'aria viziata, dell'affollamento, del fragore, della bruttura, del sudiciume che ci costa il cotone a buon mercato »), o come pro· gresso industriale ( « Infine osserverò che se la vita è coronata dal proprio successo e dalla propria devozione nell'organizzazione e nell'ingenuità industriali, tanto vale che adoriamo la formica e l'ape >~ ). Beffardamente estremistico in questa affermazione satirica il discorso 67 di Shaw tuttavia contempla una possibilità di vero progresso, salvando, dietro la mascher? conserv.at~ice assunta per l'occasione, l'animo progress1sta e soc1ahsta dell'autore. « ... né si può negare che nel mondo sorgeranno occasioni di grandi cambiamenti se aumenterà la percentuale degli individui accuratamente allevati e ber: nutriti e che si arriverà fors 'anche a far sì che ogm uomo 'e donna venga al mondo nelle condizioni più adatte a dare il meglio di sé ». Scomparso il Progresso mitico, cade la barriera che separa il passato dal presente; il palcoscenico sul quale agisce Cesare, diviene una tribuna da cui si dibattono oroblemi che coinvolgono il presente, che lo provocano incessantemente a ripiegarsi su se stesso, a problematicizzarsi , specchiandosi nella sua essenza in ciò che è stato. L'analisi della storia non è immagine di un corpo morto, ma radiografia di un organismo vivente. Ri~e lare i modi attraverso i quali essa è attuata, vuoi dtre insegnare le regole di un gioco ancora in atto. Il fatto che i drammi storici tradizionali dovessero servire a confermare il pubblico borghese nel suo placido distacco da ogni problema, comportava che essi portassero in scena una storia vista alla luce della morale corrente, per cui ogni evento diveniva spiegabile in base alla lotta del Bene e del Male, ogni conflitto aveva una sua logica intrinseca, un ordine etico, una possibilità di catarsi. La radiografia della storia di Shaw ripropone passato e presente in quanto di più inquietante offrono i loro avvenimenti : un palese disordine , una lotta in cui la vittoria spetta allo spirito canagliesco che combatte in nome della virtù. Il divorzio, presente in Cesare e Cleopatra come negli altri drammi prima esaminati, tra storia e morale, impone di giudicare pessimistico il contenuto del teatro storico di Shaw, privo di eroi o situazioni positive tradizionalmente intese. Ma questo carattere, di per sé spiega· bile come reazione al diluvio d'ottimismo della storiagrafia romantica, non può impedire di porre in primo piano l'aspetto positivo del nuovo dramma : dopo Cesare- 68 e Cleopatra, la scena è sgombra di ogni orpello romantico, capace di accogliere una visione problematica dell'uomo, un dibattito ideologico sulla sua storia. Romani ed Egiziani Il concetto di attualizzazione, che Shaw illustra attraverso l'espediente scenico di parlare per bocca __> di Giorgio Melchiori 15 Satira sociale di Robe1·to Alonge 41 Il teatro storico di B. Shaw di Roberto Tessari 61 Cesare e Cleopatra di R. T. 77 Testimonianze dell'autore 84 D istribuzione 87 Bibliografia 91 Filmografia Finito di Jtmn fJare in T orino il 27 ottobre 1964 per conto del Teatro Stabile della Città di T o1'ino pt'e.rso la Tipografia Teat1'ale e Comme,-ciale - Via Ariosto 3

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Tipologia

Collocazione/Localizzazione

I quaderni del Teatro Stabile della città di Torino. - Torino : Teatro Stabile di Torino, 1964-1975.

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