.. GNA CRITICA ~ TE DI LAVORO SU _,ESARE E CLEOPATRA, cos!cm/e doz'ere corso, esso per le~ nuova 1J'I()éJ,uz>"n"' ltécmé?1UP richiamato l'attenzione altrettanti valori di ciÒ H ne!l c~ dm ili!/ e !c t ed uno C r)JJ essenziale << Le 1dtime note di lavoro St,zbile torinese, Ci sembra et continuazione anche come docui:/ ed e de] nostro mento c1 sé stante, cwè come zmct mra occasione per accos!ani al /liMare COSci Jt?l di queslct J.q i'Ol.!!lr! che projJone di eJSere CJSC1lzialnzente un OJJ!Crggzo Corruzione a Palazzo di Giustizia, c;ppe~I'"IC Jui quotidiano (gìomale lo Jtesm Betti negli ultimi eiliJ,'Ì deìlcz -vita c:ol!aborlll ti) i! 12 agosto 1952) cioè rneno di ttn auno dct!LcL nzorlr: del nutturgo, a1/ucnufcL il 9 giltgno pos,rct ttscolttJre fornzct pùt !imjJida e Jcrit/orcJ lc1 con/cJJione Jo/]usa di tlJ7Uirr;.zza e aL n;cdesin;o te?l!po (che, badi bene, è !et << ehi Ull artista /cwe u11 bilcmcìo e di dichiarare mento dal'ci!Jti al IIIO!Jdo_ d cii' i n q 11Ìetudin e che c!SJi!la t di doc1tJne12to del maSJiJno 1 be l'ha redatto ha cil'!!io il merito e hlicato -Che del della condizione dello dei zn lavori luglio-dicembre del momento tr-acciato tratta di uuo scritto che P eTtcmt o partù olar mente che riveiCJ U go Betf:i queste Prtgine e leatro e Jocietcì. Slc.ono di di intelligenza e di impegrzo morale. /l chrtcmzd di !,infi r:Lnni !C! JOJttnrza del diJcorJo iJ1 gran jhn'!e pa/idr~ e rztt!!rdc. 21 20 prima lettura, serviva soprattutto a lui. Era un magnifico lettore; tutti sono concordi nell'affermarlo. Oltre che in veste di ascoltatrice, successivamente entravo in funzione come dattilografa. Ricopiavo via via quel che Ugo andava scrivendo, ed anche io dattilografavo t·enendo grandi margini e grandi spazi fra una riga e l'altra, affinché Ugo avesse spazio sufficiente per le future correzioni ·e i futuri ripensamenti. Una volta completato il dattiloscritto, Ugo lo leggeva a me tutto di seguito, e cosi era possibile iniziare qualche discussione costruttiva. Purtroppo forse io non ero un ,19iudice molto utile, perché generalmente, debbo confessarlo, trovavo bellissimo quel che U go av·eva scritto, cosi le mie critiche erano, diciamo cosi, marginali. In ogni modo Ugo soleva dire che lui riteneva utile ogni critica, e da tutte, anche - se mai ve ne fossero - dalle pitJ stravaganti, ritraeva suggerimenti e idee. Allora cominciavano le «vere» letture. Ugo convocava a casa nostra, specialmente di domenica, alcuni amici, fra i quah po~evano essere Fabbri, Costa, Vasile, Fiocco, GigLiozzi, Prosperi ed altri, e dava lettura del nuovo lavoro. Si accendevano cosi discussioni, si cJJiticava, si lodava; Ugo ascoltava tutti, con quel sorriso che aveva, cosi gentile e quasi infantiLe, e gi :1 nascevano in lui idee, mod.ifiche, cambiamenti; e cosi il primo dattiloscr.itto si riempiva di segni, correzioni, cancellature, aggiunte. Le letture potevano esser·e varie, a vari gruppi di amici. Quando Ugo riteneva di essere soddisfatto, mi consegnava il cincischiatissimo dattiloscritto da r.icopiarc, in varie copie con spazi normali. Il lavoro, per quel momento, era ,!giunto al suo termine. Naturalmente poi, in sede di rappresentazione e di pubblicazione, Ugo tornava sempre sopra alla sua opera, e penso sia giusto quel che mi diceva qualche volta, e cioè che per lui, ciò che andava scrivendo, drammi, poesi·e, racconti, non era mai veramen:e terminato, perché sempre avrebbe trovato da lavorarci nuovamente sopra e ogni volta ut.ilmente. Nel dicembre 1952, andavo ricopiando, scena per scena, via via che le scriveva, il dramma <~;a~de~a~~s~~ s ~~hler e, irnomma, Gd as~:a~, q:e;tt~; migli~ri spetta~oli di lingua italiana esporet . . l tatl tn Brasile negli u1ttmt. annt. t" su queste co onne Pochi autori sono staN commenta l l .t a cui abbiamo dedicato un lungo avoro come U go Bett , Sumw lieti di o.rpitdre q!!eJiu Jludio di delle pid atiil'e « t)etiia;n » del drm;zmc~turgo marchigianu. fori1111a di questo dolJO· glleJTtl stata lrtrghininut in tutto il JJ!Ondo. E' douero.ro però ricoJ/OJcere che a!ld cle1;e la rivelazione campo intcrnr:nionale Petlctzzo di 50 tradotto Una bella 1959 scnsse Betti che di de Musset in questa appena sospettavamo.. Bella Domenica Musset scherzava con ciò che avrebbe fessere la sua vera che ancora scherzava per allontanare da sé cui avrebbe dovuto riconoscere che razione sarebbe morto. questo spettatore troppo sensibile. BellcJ INIZI del sinuose concordi collaborazione compare Ron1a, tecdrali ( l92H), 3 o p, 38 39 linguaggio» 9_ Né i-l quadro muta con il passare degli anni e con il variare dei critici. Cosi, ancora nel '30, dopo quattro anni di attività e quattro lavori rappresentati, un altro recensore come il Ferrigni rifiutava di riconoscere doti teatrali a Betti. Se irrlfatti a proposito della sua quarta commedia, L'Isola meravigliosa, lodava il suo coraggio~o tentativo di tentare vie nuove da queUe troppo faCilmente gradite al pubblico ( « Se [l'autore] ha qualcos_a di_ bello, di vero, di grande e soprattutto dt chtaro da dtre, ·tl pubblico è felice di seguirlo » 10 ), tuttavia non poteva fare a meno di aggiungere: « Ma perché un caso cosi fortunato si verifichi, bisogna che il teatro sia teatro: sia pure anche lirica, filosofia, allegoria, fantasia, ma prima di tutto teatro. Non soltanto rappr-esentazione, spettacolo, figurazione, ma dramma. Ora ne L'Isola meravigliosa c'è di tutto: ma non c'è dramma» n_ Soluzioni o prime ipotesi atte a individuar~ il significato della drammaturgia bettiana non verranno mfine nem: meno quando le sparse note sul .Nostro si spos~~ranno. da t fogli dei quotidiani di informaziOne a quellt pm medttatt dei periodici e delle riviste. Cosi concl~~eva ad ese~pto t! Bevilacqua, esammando alla fine del ~9 suUe pagme dt « Convivium » il passaggio di Betti dalla lirica alla novella - di cui ·era uscita una raccolta nel '28 - al dramma: « A prima occhiata rileverei un progr-esso de~iso_ tra la prima e la seconda tappa. Più c~·e u?-o slancto mnanzt~ questa verza mi dà l'idea d'un acchtto vtgoroso v·erso nuo':t slanci di domani» 12 . Ritornano, più o meno approfondltl, gli st•essi spunti degli anni precedenti, !?li stessi _pregi udizi sulla « teatral·ità » bettiana. Anche Bevtlacqua nprende la accusa di Martini, di Praga, di Simoni a propositO della indeterminatezza, della mancanza di sroricizzazione delle situazioni bettiane, estendendone però l'area critica da La donna sullo scudo alla stessa La Padrona, sulla quale è pressoché totalmente incentrato il breve saggio : « Strano mondo, come di sogno: di brutto sogno; formicolante come il sogno appunto - di spunti realistici, e tuttavia troppo fuor del reale; di cui par quasi una maschera sinistra, una smorfia macabra» 13 . Più avanti, nella stessa pagina: « Un mondo cosi malato, cosi irreale, cosi... esotico più che nostrano, conveniamone pure » 14• Ma si diceva del so1ito preconcetto sulla mancanza di teatralità nei drammi di Betti: « E però anche La Padrona, in ultimo appello, re:>ta forse più opera di poesia che di vero e proprio teatro » 15 . Egualmente incentrato su La Padrona - che parve, e pare effettivamente, l'opera più valida della prima produzione - è l'articolo del Neppi che ne allarga tuttavia gli int-eressi alla Premessa da lui considerata una sorta di « poetica » veatrale del Retti. L'intuizione è acuta e in -effetti ancora la critica più recente si è rifatta spesso a questa Premessa per spiegare l'opera del Nostro. Troppo semplicisticameme però il Neppi interpretava questa «poetica» come una specie di tensione volta a scoprire le ragioni per cui in alcuni è il bene e la felicità, in altri il male e il dolore 16 . Né par•eva poi al Neppi che questa « poe~ica », nel senso da lui int-eso, si fosse pienament-e realizzata ne La Padrona o in altre ope11e del Betti come ad esempio La casa sull'acqua 17 . Un deciso contributo ag1i studi sul Nostro non giungeva infine nemmeno con l'ingresso nell'elenco della bibliografia bettiana dei grandi nomi della critica e della cultura accademica- Momigliano, Marzot, De Michelis, De Robertis - . In eff•etti il teatro sconta - e continua a scontare tuttora Ibid. 10M. Ferrigni, Cronache teat1·ali (1930), Milano-Roma, 1932, p. 209. Il Ibid., p. 210. 12E. Bevilacqua, Teatro di Ugo Betti, in Convivium, a. I, nn. 5-6, dicembre 1929, p. 649. lbid., p. 650. 14 Ibid. 15 Ibid., p. 651. 16 A. Neppi, V go Betti, m L'Italia che scrive, a. VIII, n. 12, dicembre 1930, p. 3 70. 17 Ibid. 9 13 )) 2] < Ancora sulla scorra f 42 teatrale di Betri. Fra questi pochi-ssimi ci piace ricordare quelli del Cecchi, fondamentali ad esempio per una prima formulazione dei rapporti P,irandello-Berti. Scrive il Cecchi a proposito dei personaggi bettiani: (( La vita è ridotta a delle ·essenzialità quasi carnali, e non oseremmo dire bestiali. I personaggi di questa sooietà ist.intivamente ridotta al cinismo e alla negazione sono ben lomani dall'esser·e imbarazzati dai problemi che, poniamo, dilaniano un Enrico IV, o un altro qualsiasi degLi ·eroi di Pirandello » 23 . Precisava poi meglio il Gecchi il carattere di questi personaggi: « E' gente che argomenta in modo assai scarso, che non sa analizzare per nulla quello che avviene in lei stessa, ·e che vive giorno per giorno, sottostando solo a quella serie infinita e minuta di guai che ogni ~iorno porta con sé ciascuno di noi. Le fedi sono abolite, l'imeUettualità non ha alcun sapore, la eleganza del quanto soffro non ha significato » 24• Eppure proprio in questi personaggi che paiono privi di ogni ide:tlità sorge improvvisa l'esigenza di un centro di .rifer,imento, d i una speranza: « Singolare condizione: un popolo che non crede alla f.ede, che non sospetta l'esistenza degli ideali, che v.ive soltanto cercando un suo benessere pratico e sensuale; eppure chiede a ogni costo un punto fermo, per banale che sia, un'entità spirituale che giustifichi le sofferenz·e e le soppmtazioni della vita più grama» 25 • PRIME IPOTESI DI LETTURA Nel decennio seguente, il decennio del conflitto mondiale e dell'immediato dopoguerra, dagli anni '40 agli anni 'SO, gli studi su Betti denunciano quella riduzione, quella rarefazione che subi un po' tutta l'attività culturale nelle dolorose contingenz,e belliche. Ma saremmo tentati di affer- A. Cecchi, Drammi di V go Betti, in Scenario, a. I, n. 11, dicembre 1932, p. l. 24 lbid., p. 2. 25 Ibid. 23 mare che proprio la limitazione quantitativa, permettendo quasi una maggior riflessione, sorti un effettivo miglioramento qualitativo dei saggi stessi. Cosi gli studi che Fabbri dedica a Betti nel '40 e nel '41 26 contengono senz'altro spunti notevoli nonostante, -ma direi : proprio per - cene aff·ermazioni contraddittorie, pregnanti di possibili e più dialettici sviluppi. Nel primo di questi studi, Fabbri, riprendendo forse le note di Cecchi, riafferma indirettament·e anche lui il carattere antitetico del teltro bettiano rispetto alla impostazione drammanugica pirandelliana tutta volta all'analisi fenomenologica dei modi di esist·ere: «Un nuovo mondo svelato, un paradiso conquistato- o conquistabile - attraverso quel dolore, una nuova confor.revole contemplazione, un arricchimento dal di dentro, una certezza resistent~ ad ogni succhiello di logica. Poiché alla base del suo dramma c'è una ninuncia a spiegare logicamente, c'è una insanabile contraddizione, c'è il peccato oritJinale che sfugge alla logica •e pur è la chiave dell'umano. ln questo, Betti si accosta più di quamo sia stato fino ad oggi osservato, alla posizione pascaliana, posizione fatta più lirica e liberata da ogni robustezza dogmat,ica » 27• Fabbri rappresenta quindi il pr·imo t~entativo di interpretazione religiosa - più propniameme cattolica con v~enature gianseniste --. Proprio in questa direzione acquistano cosi finalmente un senso quelle accuse di astrattezza, di mancanza di storioizzazione di ambi.enti e di personaggi: « Meritano di essere esaminati i tempi e i luoghi in cui si svolgono le vicende. Paesi che non hanno confini, epoche che non hanno secolo. Ci si sente come fuori dello spazio e del tempo » 28. Tutti elementi attraverso i quaLi Fabbri può concludere accennando a una « tendenza del Betti ad alzare fino ad 26 D. Fabbri, La drt~mmatica di Ugo Betti, in Rivista ItaliaJu del Dramma, a. IV, n. 2, 15 marzo 1940. Idem, L'ttltimo Betti, m Via Consolare, Roma, maggio 1941. 27 Idem, op. cit., p. 133. 28 Ibid., p. 139. 45 44 un piano universale le vicende personali e contigenti delle sue cr·eature » 29 • Ma proprio questa impostazione decisamente e c?raggiosamente « reLigiosa » finisce per contrasta11e con un altra lucida intuizione del Fabbri a proposito di uno strano lavoro di Betti Il diluvio, che tutto un filone critico e interpr•etativo cons~de;a una satira del costume del tempo fascista 30 . Non diversamente il Fabbri: « La commedia colorisce spietatamente la soòetà borghese fino a suscitare la piu cruda pietà : quella vana, che non ha piu appigli per farsi tenera perché c'è §ià un ineluttabile che si comp~e, c'è già un diluvio che · » 31 . . Forte sta per sommergere rutto un mon do d ecreptto . è la tentazione di leggere ha queste righe le tmpr•esstont che dalla guerra iniziata dov·ette aveJ:te il Fabbri. Ma ~ltro è tl nostro problema: come conciliare il « ptano umversale » del ùeatro bettiano con questo improvviso aderire della sua tematica ai problemi sociali sino a tramutarsi in sa~ira? 11 problema che è di natura dialettica esige una ~oluzt?ne unitaria quale la Cflitica non ha saputo ancora offnre, dtvtdendosi anzi in un filone « religioso » che contmua a sottolineare l'aspetto non contingent•e e « universale» d~.i drammi bettiani, e in un altro filone di ispirazione marxtana che s'ostina all'inverso a sollecitare unicamente l'altro aspetto del problema. Sempre degLi anni della guerra è quindi un altro. importante contributo, quello del Barbettl, stud10so entu~tasta di Betti (uno dei pochissimi insieme a D'Amtco ·e qualche altro) cui ha dedicato studi a piu riprese 32 . DeU.a stima che Ibid ., p. 141. Per le mterpretaziOnl m questo senso cfr. l'edizione curata da F. Parenti al « Carignano » di Torino il 9 gennaiO 1956. 31 D. Fabbri, op. cit., p. 150. 32 E. Barbetti, Il teat1·o di V go Betti, Firenze, 1943. Idem, Evoluzione di Betti, in Teatro, a. II, l febbraio 1950. Idem, !tatlt1"a di V go Betti, in Il Ponte, a. X, n. 12, dicembre 1954.. Que~t ulnmo articolo è una ricapitolazione dei due stud1 precede~u. e_d e soprattutto una analisi criticamente negativa della pubbhCJst!Ca apparsa in occasione della morte di Betti . 29 30 il Barbetti ha per il Nostro faccia fede questo passo dell'articolo-ricapirolazione del '54 dove, parlando dei rapporti Pirandello-Betti, non esita ad affermare: «Cui [a Pirandello] •egli [Betti] è indiscutibilmente superiore nel campo artistico e drammaticamente realizzativo » 33 . Tutto questo naturalment-e in polemica fin troppo chiara con tanta critica che, al limite, aveva concesso di classificare Betti come il piu grande drammaturgo del Novecento dopo Pirandello. Proprio cercando anzi di spiegarsi le ragioni di fondo della incomprensione della critica per il Nostro, Barbetti le individua nella sua « originale posizione non realistica o naturalistico-psicologistica, né allegorica o simbolistica ma trascendente perpetuamente dall'uno > 36• Alla luce quindi di questa interpretazione Barbetti non aveva difficoltà nell'articolo del '50, dove esaminava la serie dei lavori 33 H 35 36 Idem, op. cit., p. 1927. Ibid. Ibid., p. 1928. Ibid. 40 lbid. 49 48 chiaro, di immediata percussione sugli animi degli spettatori. La poesia in teatro scatu.cisce quando meno la si cerca. Il Betti ne possiede senza bisogno di rincorrerla. Ma egli oscilla fra la sincerità degli impulsi artistici e l'alto proposito di cimentarsi .in lavori di mole grandiosa» 43 . Velleitarismo quindi, .in ultima istanza quello di Betti, come di chi insegua « un suo bel sogno di pervenire a scrivere la tragedia moderna » 44 • Qualche sprazzo tuttavia, qualche limpida eccezione anche nel mondo strettamente teatrale. E' il caso di un Bernardelli che in quello stesso anno - il '49 - introducendo alla sua recensione dell'edizione torinese di Corruzioni! al Palazzo di Giustizia sembrava riprendere i suggerimenti di Fabbri, riconfermandoci cosi in una determinata direzione di lettura, certo impugnabile ma comunque criticamente fondata: « Nella letteratura angosciata e mitica del nostro vempo ritorna hequente il motivo biblico della colpa. Se non si vuoi piu dire che all'origine del destino umano sta l'oscuro errme di Adamo, si ripete però ad ogni tratto, in romanz;i e drammi, in liriche e saggi, che alcunché di immane e nefando e ~nespiabile è alle nostre spalle, e grava dai secoli dei secoli sulla nostra esistenza, e determina il nostro perenne rimorso, la inquietudine, la disperazione. Nessuno sa di che si tratti esattamente; è la corruzione arcana, vasta, profonda, della vita dell'uomo » 4s. non solo dalla cmtlca bensi pure dal pubblico. Fenomeno questo non nuovo nel nostro paese dal momento che lo stesso « iter » aveva dovuto percorrere Pirandello. Qualche anno piu tardi anzi, ricercando proprio le cause di una tale reazione, un padre gesuita, il Mondrone, scriverà giustamenve: « Col drammaturgo di Agrigento ti! Betti aveva in comune certa amar·ezza e certo lievito di angoscia che lo faceva più accessibile ai pa,esi dell'esistenzialismo che al nostro» 46 • Appunto tin Francia il teatro di Betti cominciò ad affermarsi con l'edizione parigina di Corruzione al Palazzo di Giustizia nel dicembr.e del '52: traduzione e regia di Y. VilLette 41; e soprattutto con l'ancora più strepitoso successo, nell'aprile successivo, di Delitto all'Isola delle capre. Ope!1e queste che suscitarono un profondo interesse nella critica franoese 48 tant'è che la rivista « Arts » dedicava il numero dell'l maggio '53 a un dibattito sul Delitto all'!Jola delle capre. Un'altra rivista, i « Cahi·ers de 1a Compagnie Renaud-Barrault » pubblicava quindi due articoli su !rene innocente, rappresentata al Teatro Municipale di Vienne (Isère) dalla « Comédi.e de Saint-Etienne » nella primavera del '53 e quindi successiV'amente al « Petit Marigny » di Parigi ad opera dello stesso Barrault 49 • Lo stesso lavoro aveva ~ià tr:ionfato nel novembre del '52 a Vienna e un mese dopo al «Teatro Naz,ionale » di Bruxelles. Sempre con lrene innocente Betti aveva cominciato ad imporsi, ancor prima, sui ben più difficili - ma non solo per Betti LA PUBBLICISTICA DEGLI ANNI '50 Nel complesso si può però affermar.e che quando la notorietà cominciò finalmente a diffondersi da Oltralpe intorno al nome di Betti, sui primi degli anni '50, in Italia il suo teatro non era stato ancora praticamente capito, e lbid. Ibid. 4S F. Bernardell i, La colpa dell'uomo, in La Stampa, l ottobre 1949, p. 3. 43 44 46 D. Mondrone, Amarezza e appmrli cristiani di Ugo Betti, in La civiltà cattolica, a. IV, vol. III, 4 luglio 1953, pp. 13-14. 47 A Y. Villette dobbiamo anche un articolo commemorativo su Paris-Théatre, cfr. gli estremi nella bibliografia. 48 Cfr. le recensioni dei due spettacoli di G. Marcel riportate su Teatro-Scenario rispenivamenre dell'1-15 gennaio e del 16-31 maggio 1953. 49 Cahiers de la Compagnie Renaud-Barrault, a. X, n . 7, 1954. Articoli di S. D'Amico, M. Clave! e M. Lebesque. Cfr. gli estremi nella Bibliografia. Le pagine del Clave! sono interessanti per il problema della « resa » stilistica di Betti in altra lingua. Clave! è infatti il traduttore di Betti in Francia. Cfr. soprattutto p. 23. 50 1950; allo Swlo Nord nel 195 Audiffred, 63 teatro italiano del uu,cu"ue' ottob.re·dicembre 1954, 227 64 Pullini, ll teatro italiano del aoDo,~Ut'rra gennaio-giugno 1955, po 111 Arena, o li1 8-9, D! lbicL, p. 823. Ibid. HG Ibld. Ibicl. ìhid .. p. 761-762. 60 Ugo 196) Milano. 'JI lbicL, p. l/. U go nella Ugo Betti, voL personalità MoNDRONE civile~ cattolica, MONFORT S., gno '53. j\;fONFORT unc:t di Ugo /lmarezza e vol. in Paris-Comoedia, Ei11 fH:nimist wp jt! Gli aneddoti delle sue commedie rCicchiude~·atw rn Teatro-Scenario, a. XVII, 10, MORONT! MULLER marzo NEPPl A., Ugo che scrive, U., Teatm li11gzu tedesca, in Sipario, SlMONI T1'ent'anni 1951-1960 SPADARO U go Betti o del n. 48, aprile SPADARO Vinti dctll'imzocenza lO, Sipario, l- dicembre "30. NEVEUX Una ri.rcosSCI de/l'i.rtinto della letticrt, in Teatro-Scenario, XV!I, n, 10, '53. PANDOLFI Teatro italiano del dojJO[;!

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I quaderni del Teatro Stabile della città di Torino. - Torino : Teatro Stabile di Torino, 1964-1975.

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