l •' ::l >< l lo . c l:i:i ..... ,~ .1:0 , .: 1- ' > . Roy - ha finito per dire che per parlare ~el~e. sue pièces « occorre ricorrere a tutte le parole un po sibtlantl della lingua francese, alle parole sdrucciolevoli in cui si insinuano le esse » e che queste pièces sono « altrettante trappole sornione, fischianti, lancinant.i, poco rassicuranti, 2 dolcemente sinistre, talvolta laceranti » • In verità come osserva un critico belga - Jean Leirens - il te;tro di Billetdoux si presenta assai meno rivoluzionario di quello di Ionesco, di Beckett o di Ada?lov, esso cioè non tende alla esplosione del mondo ~o~Ico .e non costituisce una rottura con le forme tradiziOnali; « tuttavia se resta alle soglie dell'esplosione, François Billetdoux, per l'originalità del suo mod~ di proce~e~e, è un vero e proprio innovatore e non esistono motlvi per non collocarlo visto che l'etichetta esiste tra l'élite dell' avanguardia >; 3 • Il giudizio è sostanzialmente va~i,do, con la sola variante che, per conto nostro, sarebbe pm esat:o sostenere che l'autore di Cin-Cin anziché restare alle soghe dell'esplosione, si colloca oltre l'esplosione, co~e la maggior parte dei commediografi della sua generaz10ne - la seconda del dopoguerra - per i quali il mo~d? di Becke~t: Ionesco e Adamov è un fatto ormai acqu1Slto, ~o? pm una rivelazione polemica: in questo mondo ess~ s~ trovano quasi a loro agio, mentre il l~ro yroblema e d.I trovare i modi, ma piu ancora le rag10ru per sopravvivere. Un tratto distintivo di Billetdoux, tratto collegato alla situazione culturale in cui opera la seconda generazione teatrale del dopoguerra e all'atteggia~ento che. ne deriva è la sua costante ed in qualche m1sura persmo teoriz~ata « disponibilità ». Per lui la vita è un'es~erienz~ intraducibile in formule ed il teatro, che la registra, di conseguenza un fenomeno cangiante, mutevole, ribelle ad ogni definizione, in quanto ?gni definizione è .fatalmente limitativa. A questo proposito vale la pena ncordare la Claude Roy Un apologue ambigue et genereux. Jean Leirens Franfois Billetdoux ou le monde en question, in " Le Phare >>, Bruxelles 28 luglio 1963. 2 3 42 43 risposta ad una nv1sta letteraria che lo aveva invitato ad esprimere le sue idee sul teatro •. « ... Il teatro, come tutti gli altri modi d'espressione, è un alibi. Dovrei quindi spiegare le mie relazioni con l'esistenza, che evidentemente sono molteplici. Non meritano una messa in mostra. Inoltre, in senso speculativo, non posso garantire oggi ciò che ho pensato ieri. lo sussisto - e non è sempre comodo - senza discipline fisse, né sistemi, forse senza memoria. Ascolto, presto attenzione, faccio confronti sulla base di quel metro-campione che ciascuno è per se stesso e la cui proprietà è di variare secondo i luoghi, le circostanze, le ore, le stagioni; tento di rimanere aperto ai movimenti delle cose e delle creature, rimettendo a zero il mio piccolo motore per poter accogliere le novità del giorno, ed applico il mio pensiero all'azione cui sono intento cosi come un fanciullo osserva. Proprio quando non ho dubbi, sono nell' incertezza. « Sicché non ho alcuna idea definitiva a proposito del teatro, di qualsiasi altra cosa. Per lo meno lo spero. Mi sforzo di non rendere definitiva alcuna idea. Il Teatro, io lo fabbrico, lo consumo, mi ci mescolo, me ne vanto, ci battaglio. Ma non è una sedia. È meglio ancora, se cosi posso dire: è qualcosa che impedisce di sedersi. Qualcosa che si fa, come l'amore. « Per finire, le teorie non sono il mio forte e, se mi capita di occuparmene, non posso impedirmi d'essere attento ai loro aspetti dubbi. È degno di nota ai miei occhi che Antonin Artaud abbia scritto uno splendido poema sul teatro (e il suo doppio) ma che l'applicazione del suo sogno nella realtà rimanga ancora allo stato di progetto. Ed anche che Brecht abbia chiarito con intelligenza i François Billetdoux Lettre à Simone Benmussa, in « Cahiers Renaud-Barrault ", n. 46, ottobre 1964. Segnaliamo che Billetdoux fece attendere la risposta ben quattro mesi: il che è una chiara indicazio ne sul disagio che gli procurano le richieste di definire in sede teorica il suo lavoro. ' problemi specifici dell'opera nelle note a proposito di Mahagonny, ma che, a mia conoscenza, non abbia poi l composto null'altro del genere. In breve, nulla mi sembra equivalere all'opera d'arte per imbrigliare un pensiero fresco, non discorsivo, veramente vivo ed offrirlo alla gente ». È evidente che questa mancanza di idee sul teatro è una ben precisa idea, soprattutto una idea viva in forma dinamica e con caratteristiche quasi organiche. Ed è anche una testimonianza di partecipazione non mediata da precostituiti schemi culturali, bensi impegnata soprattutto all'apporto diretto e personale. Cosi possiamo capire meglio un altro pensiero di Billetdoux (espresso in una lettera a J. L. Barrault) relativo al valore e alla funzione del teatro. « ... osservo, constato la degenerazione dell'attenzione profonda - l'atrofia del « terzo occhio» favorita in Occidente dallo sviluppo della radio, della televisione, del cinema, procedimenti privilegiati ma nell'ordine del sogno. E credo via via di piu alla necessità vitale, alla qualità specifica dello spettacolo scenico: questa presenza diretta dell'attore in azione, che può risvegliare nello spettatore non già il desiderio d'identificarsi con un personaggio rappresentato, bensi il bisogno d'essere attore a sua volta, per istrada, di dominare se stesso e di sapere quale personaggio egli recita attraverso l'intrico avventuroso di tutti i giorni » 5 • Sarebbe infatti senza dubbio un grave errore considerare la disponibilità del commediografo una forma di passività o peggio ancora di indifferenze. Si tratta di una disponibilità avida, curiosa, alla ricerca di qualche cosa che l'appaghi. Questo aspetto dello scrittore è stato analizzato con molta acutezza dal Leirens. « Ciò che a mio avviso caratterizza fondamentalmente François Billetdoux - scrive il critico belga - è il suo 1 5 François Billetdoux Lettre à Jean-Louis Barrault, in « Cahiers Renaud-Barrault "' n. 46, ottobre 1964. Da questa let- tera sono tratte anche le successive citazioni del commediografo. note di Billetdoux su del dal 47 46 privilegiati senza cattiva coscienza per i quali la cultura andava di pari passo con la ricchezza). Ma le porte sociali sono spalancate e non ci è più permesso di scrivere per Luigi XIV; anche se volessimo considerare ogni spettatore come un re, il linguaggio piu parlato rimarrebbe il veicolo obbligatorio, anche del pensiero piu alto, le consuetudini della nostra società avendo perso ogni stile. Persino il contado ha perso il suo, per influenze volgari. Un tempo il saper vivere coincideva con il nominare bene le cose, battezzarle ogni volta dando loro il vero nome ». Date queste premesse, non ci stupiremo che Billetdoux esclami: « Concludendo, ho bisogno di migliorare la mia metrica, un po' alla volta. Credo che l'ottonario possa costituire una base adatta a un fraseggio corrispondente al linguaggio parlato di oggi ». Non ci stupiremo neppure che la scrittura del commediografo, cosf sensibilmente controllata, acquisti un_a fermezza ed una solidità e allo stesso tempo una duttilità tali da garantirle piena autonomia anche sulla pao-ina del libro ' ossia anche in una sede ove a suo sostegno l:> • non interviene l'abilità degli attori; non ci stuprremo, insomma che i testi di Billetdoux posseggano anche una autentica' dignità letteraria. A questo proposito riteni~'?o interessante riferire il giudizio di un autorevole cnuco francese, estraneo abitualmente agli interessi specificatamente teatrali, e che forse proprio in virtu della particolare angolatura che usa per osservare l'opera ?el con:mediografo, è in grado di mettere a fuoco alcuru aspetti ed alcuni rapporti di solito trascurati, ma non per questo meno significativi ed illuminanti. « Ciò che soprattutto ammiro in François Billetdoux, e ancor piu dopo aver letto le sue commedie - scrive François Nourissier 8 - , è il fatto che egli abbia saputo esprimere lo smarrimento, l'ira e le . assurdi~à che se~ bravano esigere, per essere dette, la d1sgregaz1one dellin- come retto da leggi musicali, vale a dire da una precisa dosatura di tempi. (Incidentalmente si potrebbe sostenere che il carattere leggermente inquietante delle commedie di Billetdoux, rilevato da Claude Roy, derivi dal contrasto tra una grande partecipazione di fondo ed una sorta di lieve estraniamente espressivo). « Per me, - scrive Billetdoux - lavorandoci, il teatro diventa il « luogo musicale » in cui evocare, fisicamente e metafisicamente insieme, ciò che vi è d'immutabile e ciò che vi è di cangevole nell'uomo e per l'uomo, e in cui evocare realmente al presente, non tanto mediante i significati della parola e dell'argomento che sono solo ingredienti, quanto piuttosto grazie all' orchestrazione e alla coreografia, quella parte viva che nessuna notazion~ saprebbe trascrivere sulla piu precisa delle partiture ». E interessante rilevare che per l'autore di Cin-Cin il richiamo alla musica non è soltanto l'espressione di una esigenza ritmica e quindi di una propensione verso una de:erm~ nata scansione dello spettacolo, ma anche (non si puo dire soprattutto in quanto le due c~se sor:o stretta!llell:te legate tra di loro) la conseguenza di un bisogno di chiarezza formale che sia a sua volta riflesso di un ordine intellettuale ; sociale. A questo proposito è significativa una confessione dello stesso Billetdoux, nelle parole del quale sarebbe stolto scorgere nostalgici rimpianti del pa~ sato se non nella misura in cui esso, a differenza, per 1l momento, del nostro tempo, ha saputo trovare una sua misura. « I musicisti son ben fortunati di non doversi esprimere con la moneta spicciola delle parole - leggiamo ancora nella lettera a Barrault - perché c'è anche questo problema. lo rimpiango la squadratura dell'aless~n drino e la prosa aristocratica del nostro teatro classico (che si rivolgevano entrambi ovviamente a qualcuno, a commediografo in occasione della rappresentazion e di Il fa ut passer per les nuages e pubblicato nel già ricordato << cahier >> della compagnia Renaud-Barrault. << I 8 Françoi s Nourissier « Thédtre » de Franrois Billetdoux, in Nouvelles litteraires », 14 gennaio I9razia. Sciorinano i loro cenci davanti al colto pubblico con protervia ansiosa, senza illudersi, esaltandosi se mai nella umiliazione, rifugiandosi nella immaginazione e la rivolta si scatena per il ridestarsi della violenza che fu imposta da altri. Lo spettacolo ha avuto un successo felicissimo ed è cosa significativa se si pensa che si trovava nella culla del 90 91 « fiorentinesco » e si parlava in scena un linguaggio che con quello ha ben scarsa parentela. Ciò vuoi dire che la regla di de Bosio è chiara e chiarificatrice, che il suo amore per Ruzante è ben corrisposto. Le scene di Luzzati sono come al solito suggestive, sospese come stanno fra la reliquia e il sortilegio. OnoARDO BERTANI, L'Avvenire d'Italia Il Prologo è stato vivace e leggiadra introduzione alla Prima Oratione. Mai piu ascoltata da alcuno, par bene, dopo che l'udi, per bocca del Ruzante medesimo, il cardinale Marco Cornaro, protettore dell'impertinente e giovanissimo autore di questa prima manifestazione della poetica dello « snaturale », che informerà tutta l'attività creativa del Beolco. L'Oratione è un gaudioso affresco apologetico della terra padovana, « che ondeggia tra commozione e sorriso, non senza delicati tratti di poesia » (Grabher), dal quale si passa ad una serie di petizio~i, in tono umoristico o il contenuto paradossale delle quah non celano davvero la simpatia del Ruzante per il mondo contadino e non ne nascondono il misero e tribolato vivere, anzi n~ rispecchiano fermenti di vario genere, in sintonia con una situazione europea. Il processo di assimilazione di Ruzante nel mondo contadino è agli inizi; il personaggio è ancora un oggetto estraniato d'ironia. Il Beolco - come dice Ludovico Zorzi - si rivolge al suo « Sgardenale » con « ammiccante complicità ». Simpatia, ma con distacco per i contadini, che non avranno piu elogi per nessuno, e non si nasconderanno dietro ambasciatori. L'annullamento d'ogni distanza tra il Ruzante e il suo mondo è però prossimo, e avrà nel Parlamento e nel Bilora, nel loro verismo essenziale, i suoi piu alti esiti artistici. Dopo averli osservati vivere, Ruzante penetrerà il segreto, arriverà alla loro condizione umana, al loro dolore, e lo dirà, con crudeltà di chirurgo e pietà d'uomo e intuito d'artista ... ... Il Mauri era già stato eccellente come Oratore nel citato brano introduttivo, articolato in dialogo da de Bosio, dove aveva giostrato con tutto il suo raro mestiere e la sua intelligenza governatrice di una mimica prepotente ... ... Lo spettacolo ha una sua logica e unità di fondo, sia nella prospettiva didascalicamente suggerita dal Prologo, sia nel proposito di operare « un raffronto tra la personalità cortigiana del commediografo-autore e l'invenzione dei suoi personaggi contadini, profondamente radicati nella realtà sociale del tempo », esemplificato nel passaggio dalla Oratione ai Dialoghi, sia nel far sempre perno sul personaggio, liricamente prospettato in varie accezioni. BRUNO ScHACHERL, Rinascita Sono quindici anni che il lavoro di Gianfranco de Bosio è indissolubilmente legato al nome di Ruzante: esattamente da quando egli mise in scena, con i ragazzi cresciuti con lui all'Università di Padova e con la collaborazione di un giovane studioso, Ludovico Zorzi, la prima Moscheta. Ricordo ancora di aver visto con commozione assistere a quella rappresentazione il vecchissimo Emilio Lovarini, che da prima del 1900 andava esplorando le carte del Cinquecento per tentare di restituire alla cultura italiana colui che è forse il suo piu grande antenato sul versante teatrale, e che la crisi postrinascimentale aveva travolto in un oblio quasi totale. Per quanto fondamentali rimangano quei pazienti studi (che finalmente sono stati raccolti quest'anno in un volume organico), non mi par dubbio che la loro incidenza sarebbe rimasta confinata nell'ambito degli specialisti, se sul lavoro del filologo e dei giovani che ne seguivano le orme non si fosse innestata l'iniziativa del teatrante, il suo audace sondaggio in quella dimensione tipica e insostituibile che nessuna carta stampata potrà mai rendere, e che è il linguaggio teatrale. È quindi anche merito di de Bosio se la pubblicazione dei testi del Ruzante è andata avanti, se è cresciuta, accanto allo Zorzi, una nuova generazione di ottimi specialisti, dal Baratto al Borsellino, e se il nome del grande commediografo e attore padovano è ormai uno 92 93 dei termini-cardine per una storia del teatro italiano (o forse, dovremo dire, per una revisione delle storie tradizionali). Ma mi pare anche che il lavoro del regista continui ad avere il raro merito, e la modestia, di evolversi secondo il progresso degli studi ruzantini. Cosi, nello spettacolo di Firenze, la struttura appare ancora una volta originale. Ecco perché un attore come Glauco Mauri, sottile, violento e insieme razionale, può essere oggi il suo Ruzante ideale ... ... una creazione di assoluto rigore culturale e insieme di grande popolarità, ma soprattutto di raro impegno civile e storicistico. MARIO RAIMONDO, La Fiera Letteraria Nello spettacolo ruzantiano ... la novità era costituita dalla «Prima Orazione». Con questo spettacolo de Bosio e il Teatro Stabile di Torino continuano un discorso sul personaggio popolare e su Ruzante. In questo discorso, la « Orazione » si inserisce in un tono piu sottile, ricco di una somma di fermenti culturali (basti pensare alla suggestione della riforma protestante: Ruzante chiede al Cardinal Cornaro di lasciar sposare i preti) difficilmente traducibili attraverso il tessuto di un fatto teatrale. Il successo a Firenze è stato larghissimo e sicuro, come conveniva che fosse. FRANCO QuADRI, Sipario Al centro della scena, sulla scala monocroma allusiva e bifronte, che al pubblico offre un angolo tormentosamente istoriato, una folla di attori-popolani; intorno sulla pedana lignea degradante verso la platea, contro il fondale nero, ancora con costumi a macchie vive e fondi scuri, altri attori, altri danzatori: bagliori colorati e dinamici, scena nuda, riflettori a vista; soltanto sulla destra un secondo accenno monumentale, a riprendere i colori lividi e lo stile architettonico della scala, secondo i det- tami di Emanuele Luzzati, uno scenografo che è ormai arrivato alla semplicità di una misura classica e che ha il merito di essersela inventata. Grossa l'idea di restituirei in un unico affresco l'espressione protestataria piu autentica e vitale del teatro del Ruzante; di evidenziarne la coerenza programmando insieme i due dialoghi sulla guerra (Parlamento) e sul dopoguerra (Bilora), e approfondirne le dimensioni e valutarne le prospettive avvicinandoli all'Orazione al Cardinal Cornaro (una quasi-novità per le scene), in cui la protesta contadina viene assunta dal personaggio Ruzante in modo diretto, sia pure in termini scherzosi; non solo, ma vi fa la sua corposa comparsa il contraltare cortigiano; e il problema religioso, una chiave per comprendere il tempo, è inquadrato con precisione e concretezza popolaresca. Concludiamo questa rassegna delle recensioni dedicate allo spettacolo « Dialoghi del Ruzante », riportando il giudizio di Ossia Thrilling che, occupandosi sul « Times » della Rassegna di Firenze, dedica alla nostra rappresentazione ampio rilievo: OssiA THRILLING, The Times Mr. Gianfranco de Bosio's new mixed bill with the Turin Stabile players based on some of the dialogues of Angelo Beolco, alias Ruzante (1499?-1542), recalled his masterly production of La Moscheta four years ago. Here again were the spokesmen of the feudal estabilshment side by side with the poor exploited common people, who not only had to risk life and limb fìghting their masters' battles but got little thanks for their pains. Ruzante, whom Mr. Glauco Mauri enacts with a sly and Rabelaisian humor that goes naturally with his Paduan dialects, is a touching portrait. 37 ~ ~M~ oc(è)lll~oc(è)~l@):> ~ n ~ ~ ~ ~~~~~rooo~ i l & @ ~ ~ - D~DHJE sotto gli auspici del Merropolnan Museum of Art di New York Versione italiana di Guido Errante In dodici quaderni. un'introduzione facile e piana alla comprensione del significato e del valore artistico delle testimonianze pittoriche di tutti i tempi: un'introduzione semplice. bonaria, quale può essere quella del direttore di un museo. che a ccompagni il visitatore attraverso le sale della sua @ :il::cs~:d:;~fnt? i~~ispe1 nsab1 ) ~8 ~ ~a . @ ) iledpfer vinceref il comp esso m enonta eu tura e 1 ronte a1 enomeni artistici di ieri e di oggi. lnogni quaderno un problema preciso: 1) Che cosa è un quadro? 2) Il RealismoJ) L'Espressionismo 4) L'Astrattismo 5.G 7) La composizione come ritmo lineare- come struttura -come espressione 8.9.10) Le tecniche: Affresco-Olio-Tempera-Acquerello- Pastello- Stampe 11) L'Artista come critico sociale 12) L'Artista e le visioni del fantastico. l dodici volumi. corredati di 144 tavole a colori. in elegante l. 36.000 co t a netto A RATE MENSILI DI LIRE 1500 I 'S' ~- ~ ... ~·~ ~ 1r ~• ~ s ~ ~lll@h ~~~~@h ~~~@h ~

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I quaderni del Teatro Stabile della città di Torino. - Torino : Teatro Stabile di Torino, 1964-1975.

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