i n o 1° X Y II - I . L u g lio m 1941 É SOCIETÀ EDITRICE TORINESE-TORINO SPEDIZIONEIN ABBONAMENTO POSTALE(Secondo Gruppo) 3 5 7 - X IX m a n q u in d ic in a le d i commedie d i grande successa d ir e llo da I m b Ì U s F Ì e L e T lI Ì Paolo Stoppa Tre atti di Guglielmo Giannini I L M E 9 IIIO PAOLA R IV IS T A D E L L ’ A L T A M O D A E DI V IT A I T A L I A N A COMITATO DI DIREZIONE: CIPRIANO E. OPPO, PRESIDENTE GIO P O N T I - L U C IO R ID E N T I - ALBER TO F R A N C IN I HA PREPARATO PER L ESTATE UN MAGNIFICO FASCICOLO CHE U S C IR À I L 10 L U G L IO IN T U T T A I T A L I A PREPARA PER IL 10 AGOSTO UN " NUMERO DOPPIO ECCEZIONALMENTE IMPORTANTE. CONTERRÀ UN ANTICIPO DELLA MODA D’AUTUNMQ, INFORMANDOVI SULLA NUOVA LINEA, I COLORI, LE STOFFE, LE FOGGE ED I PARTICOLARI PUBBLICHERÀ NUMEROSISSIMI MODELLI ORIGINALI DI ABITI, SOPRABITI, PELLICCE E CAPPELLI CHE I MAGGIORI SARTI PELLICCIAI E MODISTE - CON SPIRITO DI AMMIREVOLE COM PRENSIONE E CON ENTUSIASMO DI COLLABORAZIONE - HANNO PREPARATO ESPRESSAMENTE PER QUESTA RIVISTA, ANTICI PANDO DI QUASI DUE MESI LE PROPRIE COLLEZIONI AUTUNNALI Un numero L. 15 - Abbonamento annuo L. 150 - Abbonamento trimestrale L. 40 Per i versamenti servitevi del conto corrente postale N. 2/23000 CHI PROCURA TRE ABBONAMENTI NE RICEVE UNO IN OMAGGIO e d it r ic e E .M .S .A . * VIA ROMA, 24 * TELEF. 53-425 * TORINO FO RN I TO RE DI S.M.ILRE D'ITALIA EDIALBANIAIMPERATORE D'ETIOPIA S.A.R. ILDUCADI SPOLETO DI SM. IL RE DI BULGARIA SA.R. ILCONTEDI TORINO SAJLILPRINCIPEDIPIEMONTE S.A.R. ILDUCADI GENOVA CASADIS.AJR.ILP.DI PIEMONTE S-A.R. ILDUCADI BERGAMO S.A.FL IL DUCA D'AOSTA * * * * * * M IL A N O - C O R S O V IT T O R IO EM AN UELE 31 I N V E N D IT A D A T U T T I I P R O F U M IE R I E IN O G N I F A R M A C I A DIRETTAMENTE: PRODOTTI OLEOLACT * VIALE EZIO. 5 * MILANO * TELEF. <1*1-318 IL MUSEO D E L L E CALZE C R E A T O DA FRANCESCHI HA ORMAI RISONANZA INTERNAZIONALE... MtSEO FRANCESCHI - MILANO IN V IA M A N Z O N I N. 16 »A UNA P A G IN A D E L CATALOGO: PAOLINA BORGHESE BUONAPARTE (1780-1825) La bellissima ed elegantissima sorella di Napoleone, quand’era sposa al Principe Borghese in seconde nozze, fu scolpita nuda dal grande Canova. Una sua dama d’onore, quando vide il noto stu pendo nudo, esclamò scandalizzata: — Ma come. Principessa!?... (Siete stata così, nuda nuda, davanti ad Canova? E Paolina ribattè con delizioso candore: — Oh! La stanza era molto riscaldata... E poi, tenevo sem pre le calze!... (Le calze appartenute a Paolina Borghese Buonoparte, esistenti nel Museo Franceschi, sono state ri cevute dalla Principessa Borghese di Roma, per il cortese interessamento dell’aw. Carlo E. Barduzzi). LUIGI XVI (1754-1793) Luigi XVI fu condannato a morte unitamente alla moglie Maria Antonietta dal tribunale rivoluzionario, e accettò con serenità la condanna. Il fedele servo iClèry, alla vigilia del giorno in cui il (Sovrano doveva essere ghigliottinato, piangeva. Il Re allora lo rimproverò: — Non essere sciocco! E vai a dormire piuttosto, altrimenti domattina ti di mentichi di svegliarmi alle cinque! In quell’alba tragica si fece accuratamente rasare e mentre già nell’anticamera lo attendevano gli aiu tanti del boia, giunto sulla porta si guardò le gambe. — Clèry! —chiamò il morituro Sovrano. —Dammi un altro paio di calze; queste non sono intonate: sono da ricevimento di gala... Dammene un paio più austere: stamattina mi fanno l’onore di una fun zione molto seria!... (Le calze appartenute a Luigi XVI, esistenti nel Museo Franceschi, sono state acquistate a Parigi dall*antiquario Nissin Allanati). MARIA FELICITA GARCIA MALIBRAN (1808-1836) La celebre cantante francese studiò il canto col padre, famoso tenore. Genitore severissimo, preten deva una perfezione che la bambina non poteva dare alla sua età. Un giorno il padre le urlò: — Ma ten dilo di più!... Tiralo al massimo queiracuto: non vedi che fa delle pieghe!... E la Malibran pronta: — Ma papà!... la mia voce non è un paio di calze!... (Le calze appartenute a Maria Felicita Garda Ma libran-, esistenti nel Museo Franceschi, sono state acquistate a Milano dall’antiquario Tornei). MB AIE SONO OCCUPATI GRANDI GIORNALI E ILLUSTRI SCRITTORI. HA AVUTO UFFICIALMENTE DESCRIZIONE E ILLUSTRAZIONE NELLA RASSEGNA DELL’ENTE NAZIONALE DELLA MODA. È DIVENUTO META DI COLLEZIONISTI, CURIOSI, STUDIOSI, TURISTI... A Q UESTO PU N TO F R A N C E S C H I F O R M A IE C A TA LO G O D E E SUO M U S E O , C H E È IN C O M P IL A Z IO N E E D U S C IR À T R A POCHE S E TTIM A N E ★ MILLE AGHI, TEATRO SCALA. Giuoco d’ombra e di luce sul color della pelle, tenuissime e resistenti, imper cettibili sull’epidermide, il paio L. 39. MILLE AGHI, QUIRINALE. Sottilissime, aderenti, fa sciano le gambe di un leggero alito d’ombra e nel giuoco dei riflessi affusolano le caviglie, di preferenza sovrana, Due pesi: Serata, leggerissime come il respiro. Mattinata, sensibilmente più resistenti, il paio L. 50. MILLE AGHI, ALCIONE. Ispirate dal poema omonimo di D’Annunzio. Vaporose, evanescenti, senza peso, quasi impalpabili, di suprema bellezza, il paio L. 65. MARATONA (ricordano le «Gui »). Pesantissime, erme tiche, resistenti, di lunga durata, le uniche calze con le quali si può camminare per dei mesi, sfidano le smaglia ture, il paio L. 45. NUOVA CONFEZIONE, TRITTICO. Geniale trovata di Franceschi per render la vita tranquilla alle donne. Le calze «Trittico » anziché a paio si vendono a gruppi di tre unità, cioè un paio e mezzo, allo scopo di fornire una calza di riserva per l’eventuale sorpresa delle smagliature. MILLE AGHI, PRENDIMI (trittico). Leggerissime, dia fane e luminose, conferiscono alle gambe femminili gio ventù e snellezza, il trittico L. 70. MILLE AGHI, VALCHIRIA (trittico). Il fior flore delle «Mille aghi », pellicola lievissima e trasparente, ciprigna al tatto come ala di farfalla, il realizzato sogno di un poeta, le più belle \del mondo. Collaborazione italo-germanica: telaio Hilscher, tecnica Franceschi, il trittico L. 95. U n ic o n e g o z io d i v e n d ita in I t a l i a FR AN C ES C H I, v ia M a n zo n i 16, M ila n o Per riceverle fuori Milano inviare l’importo delle calze a mezzo vaglia postale o bancario, più L. 1 ogni palo per le spese postali, e saranno consegnate a domicilio, franco di ogni spesa, 11 giorno successivo all’ordine. Coloro che acquisteranno le calze «Mille aghi » riceveranno In omag gio l ’artistico cofanetto porta-calze che eleva le meravi gliose guaine all’altezza di un dono principesco, gradito da tutte le donne. S N IA V IS C O S A - V IA C E R N A IA 8 - M IL A N O P e l l ’u o m o e p o i m o d e r n a , e m ìg ^ lm la e fd g iio ìa d m a m ic a La Superlavanda Piemonte Reale è un concentrato di lavanda alpestre ad alta gradazione, d’un tono partico lare, che differenzia questa nuova specialità da tu tti i prodotti del genere. E’ adatta per uomo ed anche, parti colarmente, per la signora moderna attiva ed energica. ¿7. / f a - PROFUM I E PR O D O TTI DI BELLEZZA - M IL A N O A M O X V II m I o L u g lio 1941 - X I X t e q u in d ic in a le i d i X . 3S7 i c o m m e d ie d i g r a n d e s u c c e s s o , d ir e tto d a L U C IO R I D I A T I l i b i t i COUSO VALDOCCO, » ■ TORINO . Tel. 40-443 UN FASCICOLO !.. Odi . ABBOHA9IKNTO ANACO L. 40 - ESTERO L. 70 Quando fu rappresentata in Italia, nel 1935, la commedia di Bourdet « Tempi difficili », Paolo Stoppa re ★ citò una di quelle parti che si di cono « fortunate » per un attore ed ebbe dalla critica e dal pub P A O L O blico il suo passaporto per la cele S T O P P A brità. Da allora, e fino ad oggi, (Disegno di Onorato). su quel passaporto ha già ag giunto tante lodi e consensi, da apporvi la qualifica di « attore completo », poiché alle virtù comiche egli ha unito quelle drammatiche, non meno effi caci alla sua bravura. Ma, certo con, un equivoco, si continua a considerarlo ancora un attore essenzialmente comico, men tre basterebbe ricordare alcune sue recenti interpretazioni di carattere drammatico, quali — ad esempio — Emo di « Viaggio alle stelle » e Antonio di « Turbamento », per sta bilire senza più errori la seconda natura di Paolo Stoppa, considerandolo tra i migliori attori della nostra scena di prosa. Intuitivo, personale, comunicativo, Stoppa è diventato — ed era inevitabile — in questi ultimi anni anche uno degli attori dello schermo più interessanti. Terminata da poche settimane l’attività della Compagnia del Teatro Eliseo, della quale Stoppa ha sempre fatto parte, egli interpreta ora il «Bona ventura » nel film omonimo di Sergio Tòfano. E per il nuovo Anno teatrale si riparla di ricomporre la Compagnia dell’Eliseo: con Paolo Stoppa in primo piano, naturalmente. C O P E R TU R A HANNO COLLABORATO A QUESTO FASCICOLO: G U G L IE L M O G IA N N IN I con Io spettacolo giallo drammatico in tre a?tì I L N E M I C O Colili ADO AI VAno : UN PO’ PIÙ DI STILE, SE POSSIBILE * EDUCO BOCCA : OGNI SEDA IL TEATRO NASCE ; OGNI SERA SI CONSUMA * E. H. : TE ATRO IN VOLUME A COMMEDIE NUOVE * CRONACHE FOTOGRAFICHE * VARIE TERMOCAUTERIO Assistevo giorni or sono alla fedele ripresa fotografica di una rappresentazione tea trale. I l film non aveva pretese artistiche, ma intento unica mente documentario. I l suo sco po era d i fornir un esempio del teatro di un emisfero agli abi tatori dell’emisfero opposto: in tenzione informativa, quindi, dimostrativa, squisitamente cul turale. Mentre tuttavia apprezzavo le ragioni per cui si proiettava codesta pellicola, non potevo far a meno di pensare al perchè quei gesti e quelle espressioni, che a teatro sarebber parse in teressanti e vive, qui si prolun gavano in un ritmo lento e in naturale malgrado Vintegrazio ne della colonna sonora. E’ chiaro: dal film siamo abi tuati a pretendere un altro ta glio, una diversa e più svariata e svelta sintassi espressiva. Ed essa riempie del tutto lo spazio bidimensionale cui è affidata e non fa sentir la mancanza della terza dimensione. Invece, quando si proietta del teatro, si risente (e come!) il difetto della profondità, di quella benedetta profondità che dà aria ai personaggi, r i lievo alle cose, prospettiva e plastica alle figure e alle pa role. E manca il fluido che cor re tra scena e sala. Nel film questo fluido lo si ottiene per alchimia registica, sotto i fasci dei riflettori; e la macchina da presa lo raccoglie, e la scatola lo conserva, e la luce e il suono si posson far r i scaturire, ogni volta si voglia, dallo schermo. Ma i l teatro i l suo fluido lo emana là per là, nel momento stesso del suo scenico divenire. Ogni sera esso nasce; ogni sera si consuma. Non lo puoi foto grafare, non lo puoi efficace mente incidere, non potresti senza danno ritrasmetterlo ra- dio fonicamente, affidandolo, cioè, alla sola audizione. E questo è veramente il mi stero del teatro. Ogni rappre sentazione ce lo rivela nella sua natura composita, costituita dalla creazione dell’artista, dalFinterpretazione dell’attore, dalla sensibilità del regista, dal gusto dello scenografo, dalla r i spondenza del pubblico. E ogni rappresentazione ce lo fa di menticare. Perchè non ci si ac corge più d i ciò che, per abitu dine, fa quasi parte di noi stessi. Ma basta che si stabilisca un confronto e che al mondo trid i mensionale, cromatico, diretto e caldo di una sala di teatro si sostituisca Tobiettivo freddo della macchina da presa cine matografica e sonora o, per me glio dire, i l suo bidimensionale e grigio prodotto perchè ci si accorga della ineffabilità del teatro, e, insomma, del suo mi stero. ,i E poiché — con tutto il r i spetto per le altre forme spet tacolari — questo mistero è unico e insurrogabile, ne con segue anche i l suo sicuro per petuarsi nel tempo, la sua vit toria certa su ogni preteso suc cedaneo, la sua gloriosa immor talità. G LI A U T O R I, TANTO PER NON S B A G L IA R E ... "A" Ascoltavo sere fa una brut ta commedia, un male sfornato pasticcio di sorpassato gusto niuiorchese, in cui scene poli ziesche e affari di banditi s’al ternavano ad ambienti e nu meri di varietà. Nulla di male, dopo tutto. Ma il sintomo di uno stato d’a nimo del pubblico, e quindi di certi autori, da cui forse sarà bene uscire. M i pare, insomma, che troppo di frequente sulle scene d’oggi si ammanniscano farse che hanno la nostalgia della commedia o commedie che vogliono utilizzare i vantag gi della farsa, riviste che tirano alla prosa e commedie musicali cui non manca molto- per sdruc ciolar nella rivista. Gli autori, tanto per non sbagliare, offrono al pubblico un gelato misto, una macedonia di tutte le frut ta, un torrone d i molti sapori e sperano che così i consuma tori ostici a un gusto s’attac chino alValtro e perdonino al pasticcere una metà o due terzi della composizione. I l pubblico poi preferisce questi pasticci eclettici per una ragione netta mente complementare : piacen dogli un genere fino a un certo punto e un altro un po’ di più, vuol avere un tacito diritto di scelta : se gli va a fagiolo il va rietà, ma s’annoia alla comme dia, accoglie con tripudio il va rietà nella commedia che gli dà modo — Chi ha telefonato? Attilio — Una persona che si è qualificata per la si gnora Ortensia... Silvia (stupita) — Ma non c’è nessuno che si chiami così, in casa nostra... Federico — Appunto, l’ho già spiegato questo al ser gente... Si tratterà d’uno scherzo di cattivo genere... Sen tiamo cos’è accaduto. Silvia (è smarrita, muove le mani, fa per parlare, non sa come cominciare, scoppia in pianto, si nasconde il volto fra le mani) — Oh Dio santo... Federico (spaventato) — — Posso fissarlo al muro... Pietro — Dopo, ora ci vorrebbe troppo tempo. Mettete l’apparecchio... (cerca, poi) sul pianoforte. Doriano — Sì, signore. (Prenderà il telefono, lo colle gherà al filo, lo metterà sul pianoforte, curando che il filo scenda dalla destra lungo la parete in modo che nes suno possa inciamparvi). Pietro — Voi, Vriz, accompagnate le signore alla villa... Il signor Harle rimarrà con me™ (A Erick) Voi, colonnello, e voi, signor Stilius, potete andare col ser gente... Attilio (s’è fermato sul fondo). Silvia, Clara, Erick e Giulio (escono dal fondo a destra). Pietro (ad Attilio) — Vi servirete degli agenti che ho lasciati all’entrata per disporre la vigilanza... poi torne rete qui subito. Attilio — Bene, ispettore. (Esce dal fondo a destra). Doriano (ha finito) — Ecco fatto. Volete che chiami la centrale? Pietro — No... c’è la linea? Doriano (col microtelefono allorecchio) — Sì che c’è. (Soffia nel microfono, poi porge il microtelefono a Pietro). Pietro (ascolta al telefono, batte due o tre colpi col dito sul microfono, poi, soddisfatto) — Bene, potete andare. Grazie. Doriano —- Dovere, signore. (Esce dal fondo a destra). Pietro (a Marco) — Tu siediti nel corridoio e aspetta. Puoi fumare. Hai sigarette? Marco — No, signor ispettore. Pietro (cava il portasigarette, offre a Marco). Marco — Grazie, fumo la pipa. Pietro — Ah, benissimo, hai la pipa? Marco — Signorsì. Pietro —• E allora vai, caro, vai. Marco (saluta, esce dal fondo a destra). Pietro (accende una sigaretta, fuma) — Non conosco ancora questi ragazzi, 6ono qui da... (S’accorge di non aver offerto sigarette a Federico mentre sta per intascare il portasigarette-, lo riapre, offre premuroso) Oh, scu satemi... Federico (prende una sigaretta) — Grazie... Pietro (accende la sigaretta a Federico) — Dicevo, non conosco questi bravi figlioli, sono qui da due giorni sol tanto... Federico (attento, guardingo, sempre cortesissimo) — Ah, ecco perchè non v’avevo mai visto™ Sono molto lieto di sapervi qui... Oh, dolente della causa incidentale che v’ha portato in casa mia... Pietro — Questo è naturale... Federico — Mi meraviglio però™ voi permettete... Pietro — Ma vi pare! Di che vi meravigliate? Federico — Di vedere un ufficiale di polizia del vo stro grado in una stazioncina come la nostra... Di solito c’è un sergente o al massimo un viceispettore, men tre voi™ Pietro — Io sono ispettore capo. Federico — Appunto, lo sapevo perchè ho già sentito parlare di voi. Pietro — Ah sì? Federico — A proposito di quel delitto del Derby™ Pietro — Ah, siete uno studioso di criminologia? Federico — No, ma m’intereBSO alle corse di cavalli. Pietro — Ah, vedo. Federico — Ho una scuderia. Pietro — Bene... Federico — Così ebbi modo di seguire quell’inchiesta tanto drammatica... Pietro — Certo fu emozionante. IL NEMICO Federico — Finì con due fucilazioni, se non sbaglio, un chimico e... (si ferma). Pietro — ... e una donna. Federico — Appunto... Spionaggio, vero? Pietro — Spionaggio. Federico — E così, sentendo il vostro nome, mi sono domandato cosa poteva venire a fare un funzionario della vostra importanza in un posto sperduto come questo— Pietro — Caro signor Harle, cosa volete farci? Siamo soldati, ci si dice andate lì, fate questo... Noi andiamo e facciamo... Poi... (Ha un gesto, s’interrompe, sorride) Sapete che siete straordinario? Federico (sbalordito) — Straordinario? Pietro — Vi prego di trattenervi per interrogarvi— e siete voi che interrogate me! (Ha un breve riso). Federico (confuso) —■Scusatemi... Pietro — E sono io che vi rispondo, come ad un giudice istruttore! Federico — Vi prego di perdonarmi, non avevo alcuna intenzione di— Pietro — Ne sono sicuro, è istintivo, ci s’incontra, ci si riconosce per persone di mondo, si comincia a con versare... Federico — Ecco— Pietro —■E così senza volerlo si fanno delle domande— Federico — Vi prego di credere ch’è stato solo un interessamento— Pietro (sorridendo, inchinandosi lievemente) — ... di cui vi ringrazio. Federico (ha un gesto di cortese protesta). Pietro —• Dunque vediamo... Parlatemi di quel di sgraziato, Antonio, m’avete detto™ Federico — Sì, Antonio Vlime, un meridionale, d’una cinquantina d’anni... Pietro (con lieve stupore) — Ah sì? Fedehico i— Non li dimostrava affatto, alto, dritto, forte, senza un capello bianco... Pietro — Era da molto tempo in casa vostra? Federico — Potrei dire che .c’è stato sempre, era figlio del vecchio giardiniere, entrò in casa nostra che avrà avuto dieci anni... Sì, non più di tanto, perchè ricordo che prese la licenza elementare proprio nell’anno che suo padre fu assunto da mio padre... Lo aiutavo un po’ nei compiti... Poi partì per il servizio militare, entrò nei gendarmi— Pietro ,— Oh? Federico — Sì, e ci rimase dodici anni, si congedò sergente, ed io lo ripresi molto volentieri. Pietro — Aveva,moglie, figli? Federico — Nessuno. Il padre morì e fu sostituito da un altro giardiniere— Pietro — .Quel Doriano— Federico -— No, Doriano è con noi da tre anni sol tanto, è più che altro un portinaio, un custode... Pietro — Ho capito, torniamo ad Antonio. Era addetto particolarmente al bibliotecario? Federico — A questa palazzina, e s’occupava anche del bibliotecario, si capisce— Pietro — Poveretto... (Pensa) Questo signor— Steven mi pare— Federico — Stilius, Giulio Stilius, dottore in lettere— un elemento prezioso— Pietro — Lo conoscete da molto tempo? Federico — Personalmente da un anno soltanto, pia credo di poter rispondere di lui. Pietro — In che senso? Federico —• In tutti i sensi—E’ uno studioso, assetato di sapere— nei rapporti amministrativi scrupoloso in modo perfetto— Mi fu raccomandato da persona a cui tengo molto. Pietro (gentile, ma subito) — — E’ molto inferiore alle vostre possibilità. Voi siete un elettricista provetto. Doriano (spaventato) — lo? Pietro — Voi. Perchè vi spaventate? Doriano — Io non ¡mi spavento, mi stupisco di... Pietro (tagliando) — Parlate anche con grande pròprietà, distinguete fra spavento e stupore, polemizzate, sottilizzate... è troppo per un giardiniere! Doriano —• Signor ispettore, ma... io non sono un cretino e... Pietro — Lo so! Cretini sono quelli che vi mandano ad occupare un posto inadatto... Dal modo come avete steso il filo, fatte le (giunte, collegato l’apparecchio, si vede che siete pratico... Doriano — Ma io «sono » pratico e... Pietro — (Cosa fate, impiantate telefoni tutto il giorno? Doriano —■Certo no, ma... Pietro — Perchè avete inserito un microfono nel cir cuito? Doriano (sbalordito) \— lo? Pietro —• Voi, non fermatevi per pensare, rispondete! Doriano (sincero) — Ma signor ispettore, se avessi voluto ascoltare le vostre telefonate che bisogno avevo d’inserire un microfono? Mi bastava mettermi in ascolto in portineria o agli altri telefoni interni, gli apparecchi sono tutti in serie, non in derivazione! Pietro — E dopo avermi parlato così osate ancora sostenere di non essere un elettricista provetto? Doriano j(sconvolto) — Ma io non ho detto che non me ne intendo, ho detto... (Tace di colpo, imbarazzato). Augusta (sedici anni, abito da cavallo, frustino, un rotolo di carta da musica, fresca, sorridente, irrompe dalla sinistra, evidentemente diretta al pianoforte, si ferma imbarazzata vedendo Pietro). Pietro (seccato) ■ —■¡Chi siete, cosa volete? Augusta (seccatissima) — Voi chi siete e cosa volete, io sono in casa mia! Doriano (a Pietro) — E’ la signorina Augusta... Pietro (ad Augusta) — La figlia del signor Harle? Augusta — Sì! Pietro — Io sono un ufficiale di polizia. Augusta i— E a me che me ne importa? Pietro (seccandosi) — Scusate, signorina, io sono qui per ragioni di servizio che i vostri genitori conoscono benissimo... Come siete entrata senza essere vista dagli agenti? Augusta — Ci sono anche degli agenti? Pietro — Ci sono anche degli agenti. Come siete entrata? Augusta — Dalla finestra. Pietro — E perchè? Augusta — Oh bella, perchè è più comodo scendendo da cavallo! Pietro -— Cosa cercate qui? Augusta — Giulio. Pietro — Il dottor Stilius? Augusta i—■Sì, Giulio. Pietro — Perchè? Augusta — Per della musica. Pietro (accennando al rotolo di musica) — Quella? Augusta —• Questa... si può sapere perchè mi fate tante domande? Pietro — Andate alla villa, e la vostra signora madre ve lo spiegherà. Augusta — Ma io voglio parlare con Giulio! Pietro ■ — E’ anche lui alla villa. Augusta — E perchè? Pietro — Perchè l’ho pregato io di lasciarmi solo, qui. Sono tutti alla villa, andateci anche voi, ve ne prego! * Augusta — Vado, vado... Che modi, però, questi poli ziotti! (Fa per uscire dal fondo). Attilio (appare sul fondo). Augusta (indicando Attilio col frustino) — E questo cos’è? Pietro — Un altro poliziotto! Augusta — Quanti ce ne sono, Dio santo! (Esce dal fondo a destra). Attilio (guarda stupito Augusta uscire, poi) — Ho telefonato al giudice, ma... IL NEMICO Pietro —- Se non è urgentissimo mi direte dopo. (A Doriano di scatto) Voi, ora, senza tergiversare, senza pensare, mi direte immediatamente chi vi ha messo qui, per quale scopo, con quale preciso incarico... Doriano (spaventato) — Ispettore, mi rendo conto che uno strano equivoco sulle mie attitudini ha potuto farvi pensare che io sia qui non soltanto come un umile giar diniere. Effettivamente sono stato capotecnico in una grande centrale idroelettrica, ma in seguito ad un in cidente... (Scoppia una detonazione (Tarma da fuoco dalla sinistra. Doriano, colpito in pieno petto, s’abbatte con un gemito). Attilio (gridando) — Attenzione, ispettore..: (Indie treggia sul fondo). Pietro (si slancia alla sinistra) — Non vi movete... (Esce cavando la rivoltella). Attilio (si precipita incontro a Doriano, fa per sol levarlo). Marco, Alano ed Erick (irrompono dal fondo) — Ispettore! - Cos’è successo, Dio santo? - Chi ha spa rato? (Dalla destra è violentemente tirato il filo, il te lefono cade a destra, ma il filo non si stacca). Attilio (accorrendo presso il telefono, cavando la rivoltella) —• Cos’altro c’è... (Corre alla destra, la spa lanca, puntando la rivoltella) Chi è là? Mani in alto! Pietro (dall’interno a destra) — Sono io, Vriz, atten zione... (Irrompe dalla destra con la rivoltella in mano) Ho fatto il giro del terrazzo, ma... (Si guarda intorno, ansioso). Alano — Cos’è successo? Pietro (imponendo silenzio) — Per favore... (Guarda alla sinistra). H colpo è partito di là... Attilio — Miravano a voi... Pietro — No, a lui... (indica Doriano) e sono riusciti a chiudergli la bocca in tempo, disgraziato! Erick. (spaventato) — E’ cosi... evidentemente aveva da dire delle cose molto gravi... Pietro — Appunto... quali? S S k f f l o Stessa scena, un’ora dopo gli avvenimenti del primo atto. Alano (fumando un sigaro, movendosi per la scena in cerca d’un argomento su cui parlare, guardando di sfuggita Marco, fa per parlargli una volta o due, poi tace). Marco (seduto, con la pipa spenta fra le mani, immo bile, senza guardare Alano, fermamente deciso a non rispondergli). Alano (scoppiando) — Però che giornata, accidenti... (Pausa, guarda Marco aspettando una risposta, poi) Eh? Marco (non risponde). Alano — Due alla volta, uno dopo l’altro, nello spa zio d’un’ora... Cose dell’altro mondo... (Pausa) Eh? Scommetto che anche voi non riuscite a raccapezzarvici. Marco (sporge il labbro inferiore, alza le spalle). Alano —- Lo pensavo anch’io, una storia assolutamente incomprensibile... E dovete starvene là, di guar dia, senza far niente per... eh? Gran brutto mestiere, il poliziotto. Marco (smorfia: Ah, brutto assai). Alano i— Mah! Meno male però... adesso che hanno portato via quei due disgraziati, si respira meglio... Con due morti intorno... brr... io sono medico, ma non rie sco ad abituarmi. Voi poliziotti finite con l’assuefarvi allo spettacolo della morte, non è vero? Marco (gesto e smorfia: Mah! questo è il mestiere!). Alano (aggrappandosi al simulacro di risposta) — Ah sì, è proprio come dite voi, questione d’abitudine! E’ molto tempo che siete nella polizia? Marco (gesto e smorfia: Oh! tanto di quel tempo). Alano — Però fate una vita interessante, piena di mo vimento... eh? Frugare, cercare, scoprire... E’ una cac cia... caccia all’uomo! Marco (accenna di sì, senza parlare). Alano — E’ così! Il vostro ispettore è veramente ge niale... eh? Marco (gesto, smorfia: Oh, quello Zi...). Alano — Sono certo che finirà per scoprire tutto, lo sento... Quando credete che tornerà? Marco (gesto, smorfia: Mah!). Alano (si stringe nelle spalle) — E’ andato via col giudice distrettuale alle cinque, sono a momenti le sei... (guarda l’orologio) che dico, le sei e cinque! (Scuote la testa, si muove) Mah... speriamo che il medico della Direzione Generale di Polizia confermi la mia perizia... Fra colleghi, non si sa mai quali dispetti, alle volte... Pietro (entra dal fondo). Attilio (lo segue). Alano — Oh, ispettore, ben tornato! Marco (scatta in piedi). Alano — Sono stato qui a far quattro chiacchiere con questo giovanotto... Avete bisogno di me? Pietro — Per ora no, grazie. Alano —• Allora vado, perchè capisco che dovete par lare di cose riservate... Buongiorno, sergente... (A Mar co) Oh, addio, giovanotto, e grazie della compagnia! (Esce dal fondo). Marco (estenuato, a Pietro) — Credetemi, signor ispet tore, non ho aperto bocca, non gli ho mai risposto... Pietro — Lo credo. Vai, caro, vai. Marco (abbozza un saluto, esce per il fondo). Pietro —• Dunque, cerchiamo d’orizzontarci. Non ab biamo scoperto niente, ma questo non prova che non c’è qualche cosa, anzi... prova che è ben nascosta. (Guar da alla sinistra) Il colpo non può esser partito che di là... ossia da una distanza massima di dieci metri. Attilio — Undici. Pietro — Undici, misurando dal parapetto del terraz zo... (sta guardando oltre la sinistra) anzi dall’orlo esterno del parapetto... E’ assurdo pensare che l’assas sino fosse in equilibrio sul parapetto, ha mirato troppo bene, doveva tenere i piedi saldamente a terra, sul ter razzo se non addirittura alFimbocco del corridoio. Sta bilito questo, rimane da stabilire solo un’altra cosa: GUGLIELMO GIANNINI come ho potuto essere così somaro da lasciarmi sfug gire un uomo in un raggio di dieci metri? Attilio —«Sarà saltato giù... Pietro — Ammettiamolo... il terrazzo è alto meno di tre metri, il nostro amico, dopo aver sparato, è saltato giù ed è corso a nascondersi verso la villa... Ma per ar rivare alla villa doveva percorrere almeno quaranta me tri allo scoperto, io sono uscito subito fuori e non ho visto nessuno... Attilio — Siete sicuro, uscito sul terrazzo, d’aver guardato verso la villa? Siete uscito di qui (indica la si nistra) e pochi secondi dopo siete rientrato di là (indica la destra) dopo aver fatto il giro del terrazzo. (Ha un gesto circolare da sinistra a destra seguendo il fondo) Certamente non vi siete fermato a guardare se qualcuno correva verso la villa. (Indica oltre la sinistra). Pietro (viene pensoso verso il pianoforte, poi, colpito da una idea, porta il telefono un po’ più avanti, dicendo ad Attilio) — State attento, questa è la palazzina in cui ci troviamo adesso... (indica il telefono). Questa è la villa... (colloca il cestino della musica a sinistra del tele fono, a una distanza di mezzo metro) e qui..* (prende un libro e lo colloca a mezzo metro a destra del telefono)) c’è la portineria... In mezzo ai tre edifici c’è il parco... Tutt’intorno (gesto circolare intorno al libro, al telefono, al cestino) c’è il muro di cinta. L’assassino, noi presenti, ha sparato di là (indica la sinistra) poi è fuggito... {Si ferma, colpito da un’idea). Attilio (timidamente, indicando il cestino) — ...verso la villa dove si è nascosto, mentre voi, correndo intorno al terrazzo... (indica col dito intorno al telefono) siete rien trato di là (indica la destra) senza vederlo! Pietro (è preso dalla nuova idea) — E’ assurdo... in nanzi tutto dovrebbero esserci le orme profonde d’una persona che ha fatto un salto di quasi tre metri... e non ci sono... poi la persona avrebbe dovuto fare una qua rantina di metri di corsa allo scoperto... Attilio — Ci sono gli alberi... Pietro — Sì, ma non una siepe di alberi... No, no, siamo due bestie... anzi tre, perchè io conto per due... (Va dove è caduto Doriano nel primo atto, guarda oltre la sinistra) E’ chiaro, lampante... (Fissa Attilio, senza muoversi) Avete avvertito odore di polvere? Attilio (colpito, pensa, poi) — No... Pietro — Nemmeno io... e sono saltato sul terrazzo (indica oltre la sinistra) un secondo dopo la detona zione ! Attilio (disorientato) .— Certo, almeno per qualche minuto si deve sentire l’odore di polvere nella zona in cui è stato sparato un colpo di rivoltella... Pietro (va al fondo) — Marco, corri alla casa del dot tore e pregalo di venir subito qui... Alano (dall’interno) — Ma sono qui, chi si è mosso? (Entra dal fondo) Stavo facendo quattro chiacchiere con quei ragazzi... Pietro e Attilio (si guardano, poi alzano gli occhi al cielo). Alano (contentissimo) — Lo sapevo che c’era biso gno di me, le sento certe cose, io! (Siede, beato) Dun que ditemi, caro ispettore, ditemi... Pietro — Nella perizia per Doriano voi avete dichia rato... Alano (felice di poter chiacchierare) — ...morte istan tanea, causata da ferita al cuore, prodotta da arma da fuoco! Pietro — Di che genere? Cannone, mitragliatrice? Alano (colpito) — Perdinci, dovevo specificarlo! Pietro — Direi! Correte alla sala mortuaria e... Alano \— No, la perizia è qui, l’avete voi! Pietro — Sì, ma... Alano — ...la correggo subito, datemela! (Cava la penna stilografica, ne smonta il coperchio). Pietro (sbalordito, cavando dalla tasca, fra varie car te, un foglio piegato in quattro) — Ma isiete certo di poter specificare l’arma? Alano — Senz’altro! (Gli toglie il foglio di mano, si prepara a scrivere, inforcando gli occhiali) Morte istantanea, causata da ferita al cuore, prodotta da arma da fuoco... Giusto c’è un mezzo rigo bianco, faccio di ventar virgola il punto... (scrive) a lunga... portata... Pietro (balzando) — Eh? Alano (contento, spiegativo) — Fucile! Pietro — Scrivetelo, allora! Alano — No, perchè potrei sbagliarmi, la palla non è stata estratta, s’aspetta il medico della Direzione... I giudici distrettuali hanno alle volte certi capricci... Que sto non mi può vedere, una sera giocammo in quattro, mi costrinse a dirgli ch’era un cretino, e d’allora... Pietro — Dottore, in nome del Cielo! Voi non po tete accertarmi che si tratta d’un fucile, però escludete che sia una rivoltella... Alano — No, perchè? Potrebb’essere benissimo una rivoltella a lunga portata, di quelle col fodero-manico, vanno anche a quattrocento metri! Una volta, a caccia... Pietro ■ — Parleremo dopo della caccia! Secondo voi quest’arma, fucile o rivoltella a lunga portata, ha spa rato da lontano? Alano — Senz’altro, il foro d’entrata prova che la palla è giunta un po’ inclinata... Praticamente, però, la precisione del tiro esclude una distanza troppo grande! Pietro — Rimane però una distanza... Voi la desu mete dal fatto che il proiettile è giunto inclinato? Alano — E dal fatto che non è uscito dal corpo! Pietro — Benissimo! Se il colpo fosse stato sparato dal terrazzo, per esempio... (indica a sinistra) da una diecina di metri... Alano — ...la palla sarebbe arrivata diritta e avrebbe attraversato il torace fuoruscendo dalla schiena. Il ter razzo è tassativamente escluso. Pietro — Ottimamente. (Gli toglie di mano la peri zia) Tutto questo, però, potevate dirmelo prima! (Inta sca la perizia). Alano — Voi potevate anche idomandarmelo prima! Pietro — E’ giusto. Comunque grazie... e arrivederci! Alano (deluso) — Non avete più bisogno di me? Pietro — No, dottore, potere andare. Alano (seccato) — Purché fra dieci minuti non mi richiamiate per chiedermi qualche altra cosa! Pietro — Non credo. (Gli indica cortesemente il fon do) Se volete... i l nemico Alano — Vado, vado... Ma mi tengo a portata di voce! (iEsce dal fondo). Pietro (ad Attilio) — E’ chiaro, adesso? Attilio — Chiarissimo, il colpo è stato sparato dalla villa... Pietro (s’è messo nel punto dov’è caduto Doriano nel primo atto, e indica oltre la sinistra) — ...e precisamente dalla seconda finestra del secondo piano... Prendete la pianta della villa, rileveremo intanto le distanze... Attilio (s’è già mosso verso la destra) — ...appunto, senza sbagliare d’un centimetro! (E’ sulla destra, apre la porta, ha iun jmoto di sorpresa, si ferma stupito) E cose* fate là, voi? Pietro (sussurrando)' f— Chi c’è? Isabella (appare sulla destra, venticinque anni, came riera, molto graziosa ed elegante, un po’ intimorita) — Io, signore... Pietro —• Cosa fate nella biblioteca? Isabella — Nulla, spolvero, metto in ordine... Pietro — Venite avanti. Isabella (scende). Pietro — E’ la signora Silvia che vi ha dato l’ordine di spolverare anche oggi? Isabella — Me l’ha dato quando siamo arrivati, a me basta dirmele una volta le cose... Pietro — Siete salita per la scala di servizio? (indica a destra). Isabella — Ah, sempre, signore, non mi permetto mai di... Pietro — Da quanto tempo, siete su? Isabella —• Sarà una mezz’ora... ho rifatto anche le stanze del dottor Stilius... Pietro — Insomma, avete ascoltato tutto ciò che s’è detto qui! Isabella — Ascoltato per modo di dire, le voci arri vano confuse... Poi, io non ho il difetto di origliare, io... Pietro — Basta. Vi chiamate? Isabella i—■Isabella Sandor. Pietro — Da quanto tempo siete in casa Harle? Isabella — Oh, molto, ci entrai bambina, poco dopo la nascita della signorina Augusta... Saranno, fra poco, quindici anni. Pietro — La vostra padrona, si fida molto di voi? Isabella —■Oh, sì, signore. Pietro (ad Attilio) — Pregate la signora Harle di ve nir subito qui. Attilio (esce per il fondo). Isabella — Credetemi, ho detto la verità. Pietro — E’ sempre bene controllarla. La vostra pa drona ha piena fiducia in voi... Isabella — Sì, signore. Pietro — Se dovesse, per esempio, affidare un incarico delicato a qualcuno... lo affiderebbe a voi! Isabella i— Senza dubbio! Pietro — Quale incarico vi ha affidato, oggi? Isabella — Ma... nessuno... Pietro — Non v’ha mandata a cercar qualcosa nella biblioteca? Isabella — No... cosa doveva mandarmi a cercare? Pietro (la fissa, poi va dove è caduto Doriano nel pri mo atto, indica oltre la sinistra) — Chi dorme in quella camera là... sì, la seconda finestra al secondo piano? Isabella — La signora Silvia. Pietro — Ah... e in quella appresso? Isabella — Il signor Harle... il marito. Pietro — E in quella sotto... la seconda finestra del primo piano? Isabella — Nessuno, è un solo ambiente, la seconda e la prima finestra, c’è lo studio del signor Harle. 'Pietro — Molto bene. Adesso ditemi... Attilio (entra dal fondo). Silvia (lo segue: s’è rimessa, ha lo sguardo duro e attento, vedendo Isabella non può trattenere un moto di stupore). Isabella (alza quasi impercettibilmente le spalle). Pietro (ha visto i due movimenti) — Scusatemi, (si gnora. Silvia — Oh, prego, ispettore. Pietro (si sposta verso il pianoforte) — Vriz... Attilio > —■Eccomi... (S’accosta a Pietro). Pietro (scrive rapidamente su un pezzo di carta, e intanto sorveglia le due donne che vede riflesse nel lume che è sul pianoforte e che fa da specchio). Isabella e Silvia (si sono avvicinate verso la sini stra in fondo, Silvia interroga con lo sguardo Isabella, Isabella le risponde rassicurandola col gesto, facendo cenno di tacere). Pietro (ha finito di scrivere, porge il foglio ad Atti lio) — Ecco. Attilio (prende il foglio, legge, ha una rapida occhiata per Isabella, poi mette il foglio in tasca) — Bene, ispet tore. (Si avvicina a Isabella) Andiamo. Isabella (inquieta) — Dove? Attilio — Venite e vedrete. (Le indica la sinistra). Isabella (esce per la sinistra un po’ spaurita, doìpo aver vibrato un’occhiata a Silvia). Silvia (ha guardato con angoscia Isabella). Attilio (esce dalla sinistra dietro Isabella). Pietro — Spero che non aspetterete ch’io vi inviti a sedere... siete in casa vostra. Silvia — Grazie. (Siede, indica una sedia a Pietro). Pietro — Grazie. (Non siede) Ditemi, adesso. Silvia — Che cosa? Pietro — Tutto quanto credete utile dirmi... Sono ap pena all’inizio dell’inchiesta, brancolo nel buio. Silvia (non sa che dire, poi) — Quel disgraziato di Doriano è proprio...? Pietro — Eh sì, ha finito per sempre di fare quello che faceva... Ma parleremo dopo di lui. Ditemi ciò che dovete dirmi. Silvia — E’ che non so... da dove cominciare... Pietro —• Dal principio... (Espressione stupita di Sil via) Così non c’è pericolo di dimenticare nulla. Silvia (imbarazzata) — Ma... dal principio può signi ficare dal giorno in cui sono nata... Pietro — Cominciate da quello che ritenete sia il principio... Io non voglio interrogarvi, intendo lasciarvi assolutamente libera... Silvia — ... di contraddirmi, nel caso... Pietro — Non credo, perchè voi mi direte la verità, GUGLIELMO GIANNINI e quando si dice la verità è impossibile sbagliarsi. Par Pietro — Nè molto nè poco: quaranta secondi. Il dot late, vi ascolto. tor Stilius... ossia Giulio, voi lo chiamate Giulio... Silvia (fissa Pietro come se volesse leggergli nel Silvia (esitante) — Io... cuore) — Sono venuta nella biblioteca verso le due e Pietro (incalzante) —■ Così avete detto: ho capito mezzo, e ci sono rimasta fino alle quattro... poco più male? poco meno, non ricordo il minuto preciso... Silvia (seccata) •— No, ma non ha nessuna importanza, Pietro — Sarebbe strano se ve ne ricordaste. lo considero un po’ come di famiglia... Silvia — Improvvisamente il dottor Stilius ha udito Pietro — ... e lo chiamate per nome. Giulio, dunque, un rumore e... è tornato e vi ha riferito che Antonio era morto. Poi? Pietro — Che rumore? Silvia — Poi sono trascorsi alcuni minuti di disorien Silvia —- Ah, non lo so, io non l’ho sentito. tamento, non sapevamo cosa fare... Poi... Pietro — Lui non v’ha detto di che rumore si Pietro — Poi siete andata alla villa... Cosa avete fatto trattava? da quel momento fino ad ora? Silvia — No, ha voluto subito scendere a vedere, per Silvia — Ma... nulla... quanto io lo trattenessi e... Pietro — Non siete mai uscita dalla vostra camera? Pietro — Come? Silvia — No. Silvia — Non capisco. Pietro (la fissa, poi si muove, si porta nel punto in Pietro — Come lo avete trattenuto, con parole, gesti... cui è caduto Doriano nel primo atto, guarda oltre la Silvia (seccandosi un po'*) — Con parole, credo anche sinistra) — Volete indicarmi la finestra della vostra con gesti, gli ho detto che non c’era niente, che se ne camera? stesse tranquillo... Ma lui ha voluto scendere, l’ho se Silvia (gli è vicina) — E’ la seconda, al secondo guito là sulle scale (indica la destra), lui è uscito di là piano. (indica la sinistra) ed è rientrato subito dopo, smarrito, Pietro — E mi confermate di non essere mai uscita convulso, dicendo d’aver trovato Antonio morto. dalla vostra camera? Pietro — Quanto tempo intendete indicare con l’e (Silvia — Sì. spressione «subito dopo »? Pietro — C’era qualcuno con voi? Silvia •—■ Un tempo non apprezzabile... qualche se Silvia — Nessuno... chi doveva esserci? condo... Pietro 1 — Non so... la cameriera, per esempio. Pietro —■Vediamo un po’, voi eravate sulle scale, lui Silvia — Non ricordo. è uscito... Voi cosa avete fatto? Pietro — Poco male, è qui, ora la chiamiamo... (Chia Silvia — Ho aspettato un istante... non saprei dire ma) Vriz! quanto... Attilio (entra dalla sinistra) — Eccomi. Pietro — Poi? Pietro (gli fa un cenno interrogativo). Silvia —■Poi... ho fatto per uscire... Attilio (risponde con un cenno affermativo). Pietro — Ma non siete uscita. Perchè? Pietro — Fate vedere. Silvia — Ho udito un rumore che poi ho saputo era Attilio (cava di tasca qualcosa avvolta in un fazzo quello della sedia che il dottor Stilius aveva fatto ca letto, porge a Pietro). dere... Allora ho chiamato... Giulio... Pietro (senza toccare con le dita Voggetto, svolge il Pietro — Ah. Quante volte? fazzoletto: c’è una rivoltella-, Pietro la mostra a Silvia) Silvia ■ — Due o tre... poi lui è rientrato e m’ha detto... — La vostra cameriera aveva questa addosso... Pietro —- Scusate: dov’eravate quando lui è rientrato? Silvia (smarrita) — Non capisco perchè... Silvia (indicando il punto in cui era nel primo atto Pietro — Nemmeno io, ma capiremo subito. (Ad At quando è rientrato Giulio) — Là. tilio) Conducetela qui. Pietro — Ora vedremo esattamente quanto tempo è Attilio (esce per la sinistra). trascorso. (Cava Forologio, alza la mano) State attenta, Pietro (smonta la rivoltella, cercando di non toccarla dal momento in cui Giulio esce voi ripetete ciò che con le dita, ne esamina il caricatore) — E’ carica*., non che avete fatto... (Guarda Torologio) Pronta... via! Giu manca nessun colpo... la canna... (guarda) è pulita, segno lio è uscito... voi aspettate qualche istante... poi fate che l’arma non è stata adoperata... Ma perchè quella ra per rientrare nella biblioteca... poi udite il rumore... gazza va in giro con una rivoltella? allora vi fermate, ascoltate un istante ancora, poi, preoc Silvia — Credo di poter spiegare... E’ la rivoltella cupata, chiamate: Giulio! (Unisce l’azione alle parole, del dottor Stilius... senza precipitare i tempi). Pietro —- Di Giulio. Silvia (un po’ spaventata segue la battuta di Pietro). Silvia — Di Giulio... Isabella l’ha presa rifacendogli Pietro — Aspettate la risposta che non viene, allora la camera... ha pensato forse di giovargli, e... richiamate: Giulio! Non arriva risposta nemmeno ades Pietro — E’ anche lei innamorata di... Giulio? so, voi gridate: Giulio! per la terza volta. Quindi scen Silvia — Perchè dite «anche» lei?... dete e venite qui. (Si porta dove Silvia ha indicato, Pietro — Perchè mi pare d’aver capito che Giulio sia guarda l’orologio) Sono passati esattamente quaranta il beniamino e... (Vedendo arrivare Isabella) Oh, bene, secondi. ora sapremo tutto. Silvia (è scesa anche lei, guarda inquieta Pietro) — Attilio (entra dalla sinistra). Non è molto. Isabella (lo segue, è furente, i capelli in disordine. IL NEMICO si rimette a posto il grembiale, investe subito Pietro) — Quando si vuol perquisire una donna, si comanda una donna poliziotto! Pietro —- Ah, siete stata in carcere? Isabella — Io? Siete pazzo? Pietro — Conoscete così bene i regolamenti— Isabella — Perchè leggo i romanzi polizieschi! Pietro — Ah, meno male, sappiate allora che solo in carcere le perquisizioni alle donne vanno fatte da donne. Comunque, la vostra è stata fruttuosa. Di chi è questa rivoltella? Isabella — E’ mia! Silvia — Dite la verità, Isabella! Pietro (a Silvia) — Signora, vi prego di parlare solo per rispondere a me. (A Isabella) Perchè dite che è vo stra questa rivoltella che invece appartiene a Giulio... sì, a Giulio Stilius? Isabella (guarda smarrita Silvia). Pietro — Guardate me e rispondete. Isabella (riprendendosi) — Ero così furiosa d’essere stata frugata senza alcun riguardo, che ho detto così. Pietro ■ — Brava! Siete pronta, intelligente, precisa li vostro avvocato non dovrà far gran che per difen dervi se siete voi l’assassina. Isabella (fissandolo) — Io l’assassina? Ma io posso documentarvi i miei passi minuto per minuto, caro voi, non sono stata mai sola! Silvia —• Effettivamente, ispettore, scusate se trasgre disco ai vostri ordini, Isabella era in cucina a preparare il tè quando è stata scoperta la morte di Antonio, non s’è più allontanata dalla villa da quando io vi sono rientrata— Pietro —■Ha parlato con voi? Silvia -— Sì— Pietro (a Isabella) — Con chi altro? Isabella — Col signor Harle, con il signor Korsen, col dottor Stilius, con la signora Clara, con tutti— Pietro — Anche con la figlia della signora? Isabella — Se ho detto con tutti—Ho servito il tè! Pietro — Anche alla signora? (Indica Silvia). Isabella — Certo! Silvia (si muove sulla sedia). Pietro — Dove avete servito il tè? Isabella — Nel salone! Pietro — Allora, la signora è uscita dalla sua camera per prendere il tè? Isabella — Sì, che c’è di strano? (Fissa Silvia). Silvia (è indispettita). Pietro (a Isabella} ■ — No, guardate me. La signora è uscita dalla sua camera solo per prendere il tè? Isabella —• Credo di sì—prima aveva parlato col ma rito— col signor Harle— Silvia ■ — Ah sì, ricordo— Pietro (a Silvia) — E’ bene che ve ne ricordiate. (A Isabella) Come sapete che la signora ha parlato col marito? Isabella — Perchè l’ho vista scendere. Pietro — Ah, il signor Harle era giù, nello studio? Isabella — Sì. Pietro — Se eravate in cucina a preparare il tè, come l’avete vista scendere? Isabella — Ma quando l’ho vista scendere non ero in cucina, non si può stare continuamente in cucina! D’al tra parte, che c’è di strano che una moglie parli col marito? Pietro — Niente di strano, desidero solo accertarmi dei movimenti della signora! Silvia — Scusate, ve li dico io, perchè ora ricordo benissimo. Ho sentito il bisogno di parlare con mio ma rito, cosa più che naturale— Pietro — Naturalissima, avanti! Silvia —- Allora gli ho telefonato: puoi ricevermi? Lui ha risposto di sì, ed io sono scesa. Isabella — Ed io l’ho vista scendere! Pietro — Poi siete andata con vostro marito a pren dere il tè? Silvia — Sì. Pietro — Benissimo. Ciò prova che nella vostra stan za ci siete stata poco, che nella stanza c’è un telefono— Silvia — Ce n’è in tutte le stanze. Pietro — Ottimamente. (A Isabella) Voi, finito di servire il tè, siete venuta a rifare l’appartamento di Giu lio. Perchè avete preso la sua rivoltella? Isabella (scattando) — Pensate quel che volete, ma la verità è questa: siccome è uni bravo figliolo ho cre>s duto di evitargli guai portando via quella rivoltella! Pietro — Evviva la sincerità. Non avete pensato che potevate attirargli dei guai, anziché evitargliene? Isabella — Se l’avessi pensato— Pietro — ...non vi sareste mossa! Isabella —- Ecco! Pietro — Ed avreste fatto molto meglio! (Ad Attilio) Riconducetela nella sua camera. Attilio (va alla sinistra, si ferma). Isabella (furiosa, esce per la sinistra). Attilio (la segue). Silvia — lo non so cosa penserete, adesso— Pietro — Oh, quello che pensavo prima, e cioè che in questa casa ci dev’essere un grosso pasticcio. Perchè non vi decidete a dirmi la verità? Silvia — Cosa, voi osate supporre— Pietro — Signora, deploro che non vi siate accorta che vi sto trattando con grande deferenza—Non ditemi voi osate supporre ed altre frasi che usereste con una guardia campestre... Silvia (smontata) — Vi assicuro— Pietro — Se c’è uno a cui dànno fastidio le frasi, sono io— Ecco perchè non vi ho subito chiesto da quanto tempo siete l ’amante di Giulio Stilius— Silvia (balza in piedi) — Voi— Pietro — Non alzatevi, avreste forse intenzione d’andarvene come una regina oltraggiata? Non costringetemi a ricordarvi che siete quasi in stato d’arresto. Silvia (nervosa) — Non potrò andarmene— ma potrò non rispondere a queste ridicole insinuazioni! Pietro — E farete malissimo, perchè io, per costrin gervi a rispondermi, dovrò ricorrere ad altri mezzi, pro vocando quello scandalo che invece vorrei evitare! Silvia (risiede, ¡disperata, quasi si morde le mani) — Ma insomma, che volete da me? Pietro — Voglio sapere tutta la verità sui vostri rap porti col bibliotecario, perchè c’è qualcosa che mi sfug- GUGLIELMO GIANNINI ge, che non lega, che «convolge tutti gli elementi rac Alano — Allora andiamo alla villa. (A Pietro) Questa colti. Se quest’uomo è il vostro amante i fatti hanno un ragazza può aiutarmi? (Indica Isabella). senso, se non lo è ne hanno un ¡altro... Nel vostro inte Pietro (quasi furente) —- Ma sì, andate, andate pure. resse, in quello della vostra casa... avete una figlia di se Silvia (aiutata da Alano e da Isabella esce per il fon dici anni, Dio ¡santo, (pensate anche a lei... do, a passo incerto). Silvia (quasi aggressiva) — Chi vi dice che non ci Alano e Isabella (sono ¡usciti per il fondo con Silvia). pensi? Pietro (a Roberto, basso) — Seguili e... cioè no! (Fa Pietro — E dunque siate sincera! Chi è questo Giu dov’è caduto Doriano nel primo atto, guarda attento lio, cos’è per voi? oltre la sinistra, poi torna indietro stringendosi nelle Silvia (esita, poi) — Non posso certo nascondere la spalle, fa cenno a Roberto di andarsene). mia simpatia per lui... Roberto (esce per il fondo). Pietro — Sarebbe difficile! Pietro (si muove pensoso, poi cava una sigaretta, la Silvia — E’ un bravo giovine, lavora molto per noi, mette in bocca). ci è stato raccomandato... Attilio (accende un fiammifero o l’accenditore, offre Pietro — ... dall’ex ministro Rodolfo Barney, me l’ha fuoco). già detto vostro marito, col quale avete parlato! Ma Pietro — No... (Getta la sigaretta sul tavolo) Andate questo non basta, non spiega il vostro contegno, le vo alla villa, senz’affrettarvi... dovete arrivarci insieme alla stre reticenze! Mi dite di esservi chiusa nella vostra signora Harle che, per giustificare il suo svenimento, cam stanza, di non aver parlato con nessuno, e mi occorre mina con lentezza... Lasciatela parlare con chi vuole, ma un confronto per obbligarvi a riconoscere che ci siete portatemi qui la prima persona con cui parlerà... stata pochi minuti ed avete avuto un lungo colloquio Attilio — Sì, ispettore... con vostro marito nel suo studio, che è al piano di Pietro (pensoso) — Questa persona è forse... (Si sotto! Sapete cosa significa per voi essere stata più o ferma). meno a lungo in quella stanza? Significa essere più o Attilio — L’assassino? meno sospettata dell’assassinio di Doriano! Pietro (quasi furioso, ma non contro Attilio) — No, Silvia (con un urlo) — Eh? che importa a me di sapere questo? Pietro (la prende per un braccio, la trascina dov’è ca Attilio (sbalordito) — Come? duto Doriano nel primo atto, le indica oltre la sinistra) Pietro — Lo so già, lo sapevo oltrepassando il muro —• Guardate, quella è la finestra della vostra stanza, è di cinta! Voglio sapere come ha ucciso... perchè ha uc di là che hanno sparato su Doriano! ciso... e chi deve ancora... (Si ferma, ha un gesto vio Silvia (ha un gemito, sviene, si piega sulle ginocchia). lento). Pietro (afferrandola) — (Signora... (Più forte) Ehi, Attilio (ansioso, credendo di terminare la frase di Marco... qualcuno... chiamate la cameriera, il dottore... Pietro) — ...uccidere? Alano (dall’interno) — Ma lo sapevo che c’era ancora Pietro (lo fissa, si stringe nelle spalle) — Andate, e bisogno di me... (Irrompe dal fondo) Ho fatto bene a cercate di non farvi giuocare... Ah! Sorvegliate il dot fermarmi... (Stupito, vedendo Pietro e Silvia) E cosa c’è? tore, è troppo in confidenza con la signora, ed è molto Attilio (è entrato con Alano). meno stupido di quanto sembra! (Congeda Attilio con Pietro (ad Alano) — La ¡signora non sta bene... (Ad un gesto). Attilio) Fate venire la cameriera... Attilio (esce dal fondo, stupito). Attilio (esce dalla sinistra). Pietro (si guarda intorno, guarda il soffitto: ma non Alano (è corso ad aiutare Pietro, insieme depongono trova quello che vorrebbe trovare. Va alla destra, l’apre Silvia sul divano) — Un semplice svenimento... Cercale di scatto, guarda dentro, poi prende il filo del telefono, un po’ d’acqua... lo segue, scende verso il pianoforte senza lasciare il Pietro (esce per il fondo, ma si riaffaccia immediata filo, arriva al telefono, lascia il filo e stacca il ricevitore mente ascoltando). dal gancio, accostandolo all’orecchio) — Pronto... Scusate, Silvia (apre gli occhi, mormora) — Dottore, porta signorina, sono l’ispettore Pietro IStoll, arrivato ieri l’al temi via di qui, subito! (Richiude gli occhi). tro... Ah, lo sapete? Benissimo. Vi sto parlando da un Pietro (sparisce per il fondo). apparecchio messo in derivazione sulla linea princi Alano (sbalordito) — Sì, signora... (Poi battendole pale... Non vi pare che ci sia un disturbo? Ah, lo avver leggermente sul volto) Signora... Signora Harle... tite anche voi? Molto lieve? Volete farmi la cortesia di Isabella (irrompe dalla sinistra) — Cosa le avete sorvegliare un po’ questo apparecchio? Sì, grazie, e se fatto? sentite qualcosa d’anormale... Ecco, brava... Io? Qui, Attilio (la segue). alla villa Harle... Oh, mi trattengo per ora... Cosa do Pietro (rientra dal fondo). vete dirmi? Ma sì, venite, venite pure... Grazie, arrive Roberto (agente di polizia, tipo qualsiasi, lo segue derci... (Riattacca il ricevitore, riprende il filo, lo guar con una bottiglia d’acqua e un bicchiere in mano). da, poi lo lascia con dispetto) Ma cosa ci sarà, 'santa pa JAlano (bagna un fazzoletto, poi tocca la fronte di zienza! (Guarda sotto il pianoforte). Silvia). Attilio (rientra dalla sinistra, guarda intorno, stupito Silvia (apre gli occhi rabbrividendo). di non vedere Pietro, poi lo scopre) — Ah... Alano (a Pietro) — ¡Dovete farle altre domande? Pietro (rialzandosi) — Che c’è? Pietro (seccato) — Per ora no ! Attilio — Non v’avevo visto subito e allora... (Gesto). IL NEMICO Pietro (con furore concentrato) — Sulla linea c’è un microfono... l’abbiamo ispezionata metro per metro e non l’abbiamo trovato... ma c’è! Dove diamine può essere? Attilio — Io, scusate, ispettore, mi permetto di con fermare quanto ho già detto... Un disturbo c’è, ma non è un microfono. Pietro — Se ne sente il soffio, chiarissimo! Attilio — Ma molto debole e lontano, se fosse inse rito sarebbe molto più forte... D’altra parte perchè in serire un microfono? Pietro (ha un guizzo). Attilio — Un microfono serve per parlare, non per ascoltare... Pietro (esclamando) — Oh, perbacco! Attilio — Per ascoltare basta inserire un telefono ! Pietro (pensando intensamente) — Ma un telefono non darebbe soffio, mentre qui, benché lontano, benché debole, il soffio si sente... Ora questo maledetto micro fono serve per comunicare qualcosa a qualcuno... Ma soltanto il microfono non basta, occorre anche un tele fono, altrimenti si può solo trasmettere, non ricevere... Attilio — Ci sarà un apparecchio completo... Pietro — Appunto, come questo, con microfono (toc ca il microfono) per trasmettere, e telefono (tocca il telefono) per ricevere... Solo che, in un apparecchio or dinario come questo, quando il microtelefono è appog giato sul gancio (tocca il microtelefono sul gancio) il circuito del microfono è interrotto e non si dovrebbe sentire più il soffio caratteristico... Attilio > — Bisogna pensare che l’apparecchio in que stione stia continuamente col microtelefono staccato... Pietro (pensoso solleva il microtelefono dal gancio, 10 mette sul pianoforte) —* Così... Attilio — Appunto. Pietro — A quale scopo? Consumare corrente? Attilio — Oh, ne consuma così poca... Pietro — E’ assurdo tenere un apparecchio staccato in permanenza... Innanzi tutto, non si può esser chiamati perchè, col gancio sollevato, la suoneria non funziona! Attilio — Non potrebbe darsi che l’apparecchio sia stato dimenticato così... Pietro (fissandolo) — ...da qualcuno che non ha potuto più rimetterlo a posto... Attilio — Uno dei due assassinati... Pietro — ... o un terzo che non abbiamo ancora sco perto... Attilio — Lo troveremo! Pietro — Sì, ma quando? Dove? L’interferenza s’av verte solo sul circuito fra qui e la portineria, dopo scom pare... Sono cento metri, in questi cento metri c’è il mistero ! Se almeno m’avessero mandato l’ingegnere elet trotecnico, forse ciò che ci fa perdere la testa non sarà che un giuoco per una persona pratica... (Pensa, prende 11 microtelefono, Vaccosta alVorecchio, ascolta, poi lo porge ad Attilio) Ascoltate un po’. Attilio fprende il microtelefono*, ascolta). Pietro — Sentite il soffio del microfono? Attilio (ascoltando) — Sì... ma lontano, debole... Pietro — Ma chiaro! Attilio — Ed è questo che mi disorienta... Pietro —• Per me invece è questo che spiega tutto... Il microfono... non è « inserito » sulla linea, ecco perchè non abbiamo trovato niente... Ma la linea ci passa vici nissimo, e il microfono si sente «per induzione»... Attilio (sorpreso, immediatamente convinto) ■ — Ma sì, è chiarissimo, la corrente che circola nel microfono nascosto crea un’induzione in questo apparecchio... Ecco perchè il soffio è debole, ma chiaro... Se parlassero, po tremmo udire! Pietro — Ho paura che nessuno potrà più parlare a quel microfono! (Si muove, fremente, poi) Bene, con chi ha parlato la signora Harle tornando alla villa? Attilio — Con il signor Korsen. Pietro (breve gesto d’assenso, come se avesse previsto la risposta)[ — Mh... Attilio — Suo cognato... Pietro — Ha parlato con nessun altro? Attilio —■No, s’è chiusa nella sua camera. Pietro — Ha chiesto del marito? Attilio —1No. Pietro (quasi gaio) — Benissimo. Fate passare il signor Korsen. Attilio (esce dal fondo). Pietro (cava la rivoltella dalla fondina, ne verifica il funzionamento, poi la mette nella tasca destra della giacca). Attilio (riappare sul fondo). Erick (lo segue, serio, rigido) —• Eccomi, signor Stoll. Pietro — Venite avanti, prego... Erick (avanza). Pietro (fa cennq con la sinistra ad Attilio d’uscire). Attilio (esce per il fondo). Pietro (con la destra nella tasca della giacca, indica con la sinistra una sedia a Erick) — Accomodatevi. Erick (siede). Pietro — Desidero chiedervi innanzi tutto degli schia rimenti sull’impianto elettrico autonomo installato qui tre anni fa... Fu per vostro consiglio che il signor Harle si decise, vero? Erick — Sì. Pietro — Perchè gli consigliaste un impianto così potente? Erick — Previdi non soltanto necessità di illumina zione, ma anche di riscaldamento. ¡Pietro — Ah, pensavate di poter rimanere senza com bustibile per i termosifoni? Erick — Appunto. Pietro — Però per mandare avanti i generatori dovete azionare un motore a olio pesante... ¡Non avete pensato di poter rimanere anche senza olio pesante? Erick (ha un gesto vago) — Non si può pensare a tutto. Pietro ,— E’ vero. E’ proprio per questo che a volte i piani meglio architettati falliscono... Erick (imbarazzato) — La verità... è un’altra... Pietro — Appunto, e sono ansioso di conoscerla. Erick — Quest’impianto apparteneva ad un mio amico che voleva disfarsene. Ho indotto mio cognato ad acqui starlo, per favorire il mio amico. Pietro i— Come si chiama e dove abita? (Cava il tac cuino, scrive). GUGLIELMO GIANNINI Erick — Roberto Brigg, direttore delle officine Brigg di pietà... o di disprezzo— Sentendomi povero mi esa e Moser. sperano. Pietro (gli vibra una rapida occhiata, poi scrive) —Pietro —• Come avete conosciuta la signora Clara? Di Stokton? Erick — Come ci si conosce di solito nell’ambiente Erick — Sì. cosiddetto mondano... Venni qui con la missione del Pietro (scrivendo) — Una società molto potente. (In- generale Ingersoll—Allora i nostri paesi erano amici— tasica il taccuino). Pietro — Lo sono ancora. Erick — Sì, signore. Erick — Sì, perchè non ancora sono dichiaratamente Pietro — E molto ricca. nemici, ma allora eravamo amici davvero—La missione Erick (esitante) -— Credo. fu accolta cordialmente, festeggiata, invitata ovunque— Pietro — C’è poco da credere, è notoriamente ric In un ricevimento conobbi Clara— chissima. Pietro —■ Scusate, la missione Ingersoll venne ven Erick •— Lo ammetto. tanni fa, se non sbaglio... Pietro — Come spiegate, allora, che il signor Brigg, Erick — Ventiquattro. persona facoltosa, abbia avuto bisogno d’esser favorito Pietro —■ Ecco, appunto— So che avete sposata la da voi— signora Clara solo da sette anni— Erick (ha un gesto disperato, abbassa la testa). Erick — Sì, ma la conobbi allora la prima volta, ero Pietro (incalzando) — ...nella vendita d’un impianto tenente appena promosso, lei aveva quindici anni, stava elettrogeneratore d’un valore relativamente modesto? in collegio— Erick (si torce le mani) — La verità— Pietro (seccato) — Oh guarda! Pietro — ... è un’altra, ho capito, e voglio vedere Erick '— Sì, ma ne usciva nelle feste natalizie... Era quando vi deciderete a dirmela! una creatura deliziosa— Erick — E’ una terribile umiliazione che m’infliggete, Pietro — Oh, lo so! ma me la merito... Non so mentire— Erick (stupito) ■ —• Come? Pietro — Sembra. Pietro (riprendendosi) — Sì, dico, lo immagino, quin Erick —• Io sono povero... dolorosamente povero per dici anni, collegiale— chè sono stato ricchissimo... Ho ancora delle necessitàErick — ... ingenua, pura— abitudini a cui non so rinunziare... Ho fatto un... sì, un Pietro — Ah, certo, certo! affare su quell’impianto; Brigg, amico dei tempi buoni, Erick —- Insomma me ne innamorai pazzamente... me lo ha ceduto quasi per niente, ed io l’ho fatto acqui Pietro — E lei? stare a mio cognato al prezzo commerciale— Erick — Oh—sapete che a quell’età le ragazze hanno Pietro — So che il signor Harle provvede alla vostra degli impeti—lei poi— vita e a quella di sua sorella. Pietro (decisamente seccato) — ... era tutto un impeto... Erick — Sì, all’alloggio, al vitto, e tante altre cose, Erick — Voleva fuggire dal collegio, seguirmi— ma non a tutto... Pietro — Ma guarda un po’ ! Pietro — Pure è molto ricco— Erick —-Io riuscii a calmarla, ero ancora giovanissimo, Erick — Sì, ma chiedere, sempre, per ogni cosa, è ma ragionevole—Le conseguenze di una scappata simile una tortura... Mi si è presentata quell’occasione, ne ho avrebbero potuto essere molto gravi— approfittato... Ora il pensiero che Federico debba sapere Pietro — Oh, l’avreste sposata subito e tutto sarebbe che ho guadagnato qualche biglietto da mille alle sue finito regolamente... spalle mi... mi sconvolge... Erick — Non troppo—e poi c’era un altro pasticcio— Pietro — Certo vi domanderà: perchè non me le hai La cugina di Clara—Silvia, l’attuale mia cognata— chieste? Pietro (attento) — Ah ah— Erick (con furore contenuto) — Ed io non posso Erick — —maggiore di lei di qualche anno, s’era rispondergli che non ho voluto, che non vorrei mai innamorata del generale Ingersoll— chiedergli niente, che darei non so cosa per restituirgli Pietro (attentissimo) — Oh guarda— tutto, ad usura, per potergli finalmente dire: ecco, non Erick — Si fecero dei commenti, e improvvisamente ti debbo più nulla, t’ho pagato! il generale ed io fummo richiamati. Non avemmo nem Pietro (con lieve stupore) — Ma... voi odiate vostro meno il tempo per salutarle. Diciassette anni dopo, cognato ! trovandomi in contrasto con la nuova politica del mio Erick (sussulta) — Io? (Si calma, poi, con amarezza) paese, emigrai. Ero ricco, solo, ritrovai Clara che non No, ispettore, no... io non odio che il mio destino- s’era maritata, fedele al ricordo di quel breve amore— questa vita misera che m’è stata imposta da una serie Pietro — iChe costanza! di circostanze assurde... Alle volte dimentico che debbo Erick —• —e la sposai. L’anno seguente scoppiò la tacere e subire. rivoluzione nel mio paese, fui tagliato fuori, non ebbi Pietro — Subire che? Vostro cognato? più amici, lo stesso generale Ingersoll, oggi maresciallo, Erick (si stringe nelle spalle) — Oh! divenne mio nemico, mi processarono, condannarono, Pietro — Vostra moglie, allora? spogliarono di tutto— e oggi— (con voce un po’ più Erick (ha un lampo d’odio negli occhi, che però si cupa) se scoppierà la guerra sarò internato— sarò trat spegne subito) — Le donne— sono donne, ispettore. Se tato, anche qui, come— fossi ancora ricco certe cose potrebbero farmi sorridere Pietro (grave) — —un nemico. IL NEMICO Erick (amaro) — Già. Un nemico. Vecchio, immiserito, ma sono, debbo essere... il nemico. E’ la ruota del de stino che continua a girare. Pietro — Gira per tutti. Erick — Sì, ma non ugualmente. Io, senza aver fatto niente per esserlo, sono nemico nel mio paese, nemico nella mia patria d’adozione... Nemico di tutti. Pietro — Quanto mi dite mi addolora per voi perso nalmente, ma... Erick — Oh, capisco, e del resto non posso aspet tarmi altro. Pietro — Torniamo all’inchiesta. Erick — Ah già, m’era completamente uscita dalla testa. L’impianto elettrico autonomo, dunque... Pietro —• Consideriamo chiarita la questione dell’im pianto, nel caso ne riparleremo. Quel Doriano... Erick — Ah. Pietro — Ho accertato che fu condannato per furto... Erick (sorpreso) — Non l’ho mai saputo, e in tutto il tempo ch’è stato qui, non... Pietro — Sì, non ha mai sgarrato, come si suol dire: molti ladri imparano questa grande furberia del non rubare... Com’è che l’avete assunto senza certificati? Erick — Mi fu, raccomandato da Brigg... non potevo certo rifiutargli... Pietro--- Capisco. Erick —• Brigg mi disse che il disgraziato aveva avuto una vita un po’ avventurosa, ed io lo sorvegliavo sempre. E’ appunto per questo che posso assicurarvi della sua onestà... Pietro — Della sua onestà... nel senso che non rubava? Erick —■Appunto. Pietro —■Non basta non rubare iper essere onesti. Erick — Non... non capisco... Pietro — Si può non rubare ed esercitare altre atti vità disoneste... Erick — Quali? Oh, qualche mezzo chilo di tabacco di contrabbando acquistato dai pescatori? Se non è che questo debbo confessarvi che anch’io, a volte... Pietro — Colonnello Korsen... Erick (è colpito, si rialza un po’ sul busto con inquie tudine, e anche con alterezza). Pietro — ... coi pescatori del mare aperto ci sono possibilità di contatti non solo per un po’ di tabacco. Durante la grande guerra c’è stato chi ha aiutato i sotto marini nemici da qui. Erick (sbalordito) — Voi pensate che il povero Do riano fosse una spia? Pietro — E’ stato ucciso mentre stava per parlare, perchè non parlasse... Voi lo sapete, questo, eravate pre sente, siete stato il primo a pensarlo e a dirlo ! Erick (agitato) — Nego, nego assolutamente che quel disgraziato fosse un traditore. Voi basate il vostro so spetto sul fatto ch’era un liberato dal carcere, ma questo solo elemento non può bastare! Pietro — Colonnello Korsen... le spie, e gli aiutanti delle spie, ,si reclutano quasi sempre fra i naufraghi e gli sbandati... liberati dal carcere, falliti, rovinati... Erick (balza in piedi) '—>Rovinati... Voi... alludete a me, adesso... Pietro (mette la destra nella tasca della giacca) — Io interrogo, non alludo. Erick (fremente) ,— No, voi non interrogate... mi state provando come uno strumento che deve suonare... per sentire se c’è un tasto falso... Ma io non sono un piano forte... (ha un rapido sguardo per il pianoforte a destra) sono un uomo, e un uomo che è stato un ufficiale... Pietro — Che lo è ancora... Erick — Come volete... Ho avuto il torto di fare della conversazione con voi, scoprendomi imprudentemente... dovrebbe bastarvi questo per convincervi che non ho le qualità per fare la spia... Ho sbagliato. 'D’ora in poi mi limiterò a rispondere alle vostre domande... e solo se saranno chiare e precise. Pietro — Non ho altre domande da farvi. Erick —■Allora... (Fa per muoversi). Pietro -— No, un momento! (Va al fondo) Sergente Vriz! Attilio (appare sul fondo). Pietro —■Accompagnate il colonnello Korsen in una delle stanze del seminterrato e fatelo guardare da un agente. Verificate se ha armi. Erick — Non ho che questa. (Cava la rivoltella, la mette sul tavolo). Pietro (ad Attilio) — Verificate se ne ha altre. Attilio (s’avvicina a Pietro, gli dice qualcosa al l’orecchio). Pietro — Benissimo, andate e poi aspettate di là. (Congeda Erick con un gesto). Erick (risponde con un secco cenno di testa). Attilio (s’è fermato sulla sinistra). Erick (esce dalla sinistra). Attilio (lo segue). Pietro (va al fondo) — Venite avanti, dottor Stilius. Giulio (entra dal fondo) — Scusate se ho insistito per vedervi... Ho bisogno di cambiarmi, tutta la mia roba è nelle due stanze su... (Indica a destra). Pietro (gentile) —■Vi ci manderò subito. Scusatemi, ma nel primo momento ho dovuto cercare, frugare, farmi un’idea topografica... Giulio — ¡Capisco. Pietro (gl’indica una sedia) — Accomodatevi, dot tore... (Gli offre una sigaretta, glieFaccende, e intanto gli osserva le mani e i polsi, poi accende la sigaretta che prima ha gettato sul tavolo, si muove pensando) Dunque... il signor Harle... è molto che non lo vedete? Giulio — Da un’ora e mezzo circa... un po’ più, forse. Pietro — E’ sempre nel suo studio? Giulio — Sì, non s’è mosso. Pietro — Bene. Il signor Harle, dunque, m’ha detto1 che, oltre che dell’amministrazione, vi occupate anche della biblioteca. Giulio — Per essere esatto vi dirò che, oltre che della biblioteca, mi occupo «anche » dell’amministrazione. Pietro — Ma allora si tratta veramente di una biblio teca importante? Giulio — Molto importante, benché molto trascurata prima che io fossi chiamato a riordinarla. C’erano cen tinaia di volumi ancora chiusi nell’imballaggio originale! Ho trovato una Storia dell’Arte Gotica, rarissima e di grande valore, in una cassa giunta qui nel 1842... GUGLIELMO GIANNINI Pietro — Che nessuno aveva aperta mai? Giulio — Mai. Stava in cantina, sotto un mucchio di legna da ardere'. Non vi dico di edizioni antiche e pre ziose, manoscritti, volumi da collezione... C’è un codice rùnico legato in cuoio che stava da chissà quanto tempo per terra, sotto uno scaffale: miracolo se i tarli non l’hanno divorato... L’altro ieri la Biblioteca di Filadelfia me ne ha offerto duemila dollari. Pietro (sorpreso) — Ah? Giulio — Sì, ho pubblicato un catalogo tre mesi fa appena finito il primo lavoro di riordinamento. (Fa per alzarsi) Se mi permettete di prendervene una copia... Pietro (gentile) — Grazie, ho già visto... molto ben fatto... Non sapevo che fosse opera vostra... Giulio — E’ fatica esclusivamente mia, ho perfino riveduto le bozze di stampa da me... Il successo è stato grandissimo, ed io... scusatemi... ho la debolezza di esserne orgoglioso... Pietro — E’ naturale. Giulio — L’offerta della biblioteca di Filadelfia è la più forte, ma abbiamo ricevuto centinaia di proposte di cambi e di acquisti... Pietro —- Ah sì? Giulio — Le biblioteche tendono a completarsi, ca pite? Accade sempre, in ogni genere di collezioni... Io conto, se mi lasceranno fare, di assicurarmi almeno altri cinquecento volumi senza alcuna spesa, anzi col gua dagno di cinquanta o sessantamila corone. Pietro — Capisco perchè il signor Harle è così entu siasta di voi. Giulio (contentissimo) — Ah, il signor Harle vi ha parlato bene di me? Pietro — Molto bene. Giulio •— Ho piacere... molto piacere... è un ricono scimento che aspettavo... A me non ha detto niente... è un carattere un po’ chiuso... ma è chiaro che ha visto, apprezzato... Vi ringrazio d’avermelo detto... Pietro —• Lieto d’avervelo potuto dire... Giulio — Non si vive di solo pane... Io poi ho la passione di queste cose... Si è proprio dichiarato con tento di me? Pietro — Vi dico di sì! Giulio — Chiaramente, senza riserve? Pietro — Senza nessuna riserva. Giulio — Mi date proprio una grande gioia. Pietro — Meritata. Ditemi adesso, dottore... so che conoscete bene l’onorevole Barney, l’ex ministro... Giulio — Non precisamente... Lui conosce bene me, e ha fatto molto per me... io non sono che un suo ammi ratore. Pietro — E’ lui che v’ha raccomandato al signor Harle, vero? Giulio — Sì... Cercavo un impiego che non m’allon tanasse troppo dai miei studi... Non mi trovavo bene nell’«Araldo »... Pietro — Ah, avete fatto il giornalista? Giulio —State attento, non fate confusione, non po tete intendervi anche di questo: se fate il poliziotto, non potete fare il telefonista! Pietro — Avete ragione, signorina, datemi tutte le spiegazioni che volete. Violetta — Il mio centralino ha sessanta numeri, di cui solo quarantuno sono occupati... posso recitarvi a memoria l’elenco degli abbonati... Pietro — Non occorre, almeno per ora, andate avanti con le spiegazioni tecniche. Violetta -—• ISe questo signore si divertisse a suonare col telefono staccato l’avrei scoperto! Pietro — Appunto, avreste ascoltato e... Violetta -— Lasciatelo dire a me, voi non ve ne in tendete! IL NEMICO Pietro —• Scusate, dimentico sempre. L’avreste scoper to, avete detto, perchè? Violetta — Perchè, udendo il pianoforte nella cuf fia, ho messo la spina in tutti e quarantuno i « gek »... (spiegando) sì, i fori, i buchi, noi li chiamiamo « gek »... (Guarda Pietro, attenta). \ Pietro — Ho capito: fori, «gek». Violetta — Se questo signore suonasse col telefono staccato io avrei dovuto sentire debolmente su quaranta linee, ma sulla quarantunesima, sulla sua, insomma, avrei dovuto sentir forte, capite? Pietro — Capisco. Violetta —■ In questo modo l’avrei scoperto, avrei potuto chiamarlo e dirgli: caro signore, se è per me questa serenata, fatemela meglio! Capite? Pietro — Capisco. Avete finito? Violetta (soddisfatta) — Sì. Pietro •— Avete provato le linee; tutt’e quarantuna? Violetta — Se vi dico di sì! Pietro — Avete provato mai le altre diciannove? Violetta — Se non c’è attaccato nessuno?! Pietro — Ne siete certa? Violetta — Certissima! Vorreste che qualcuno s’at taccasse al centralino senza ch’io me ne accorgessi? Pietro (quasi fra se) — E| questo anche è giusto. Violetta — Giustissimo, io sciocchezze in telefonia non ne dico. Il pianoforte non suona su nessuna linea, si sente su tutte, ma per induzione! Pietro (guarda il pianoforte) — Che genere di musica suona? Sempre la stessa, naturalmente, come un segnale convenuto, per avvertire qualcuno che sta in ascolto, e... Violetta (scuotendo la testa) — Affatto affatto, musica varia... opere, canzonette, pezzi difficili... Pietro — Oh guarda... sempre alla stessa ora? Violetta !— A tutte le ore... Una volta che stemmo su per un servizio straordinario, lo sentimmo anche di notte. Pietro — Curioso... di che genere era questo servizio straordinario? Violetta — Politico, venne qui alla villa un ministro e ci rimase due giorni, e a noi toccò star su la notte. Pietro — Ah ah... affari di Stato. Violetta — Veramente parlò sempre con la moglie. Pietro — Affari di famiglia, allora. Violetta — Parlò anche con un’altra... Pietro — Affari di cuore... Vi ricordate il nome di questo ministro? Violetta — E’ passato tanto tempo... Pietro — Quanto? Violetta — Sette, otto mesi... Pietro —• Non si trattava, per caso, d’un ex, ministro delle Colonie? Violetta (vivamente) — Mi pare di sì! Pietro — Rodolfo Barney? Violetta — Proprio! La moglie lo chiamava Rodolfo e quell’altra Rorò! Lui, però, le dava del voi, segno che qualche altra gli era vicina mentre parlava... (Im provvisamente inquieta) Veramente noi non dovremmo ascoltare conversazioni, ma iqui non c’è nessuna distra zione... Pietro — Avete fatto benissimo ad ascoltare, anzi... è «tato un utile servizio di censura! Violetta — In tempo di guerra sì, è d’obbligo, però ci vuole l’ordine... Comunque voi non ci darete noia per questa sciocchezza... Pietro — Cercherò di farvi dare una gratificazione. Violetta (si alza, felice) — Siete molto gentile... ce l’avevano detto, ma non speravo tanto... Pietro — Ah, avete ricevuto informazioni sul mio conto? Violetta — Sapete, fra telefoniste... Dalla capitale ci hanno avvertite, arriverà l’ispettore Pietro Stoll, qua rantadue anni, celibe... Pietro — Anche questo? Violetta — Non siete celibe? Pietro — Sì, signorina. Violetta — Nessun fidanzamento, nessuna relazione seria, cuore liberissimo, bruno, ispettore capo, prossimo a ispettore generale, buonissima posizione, suona il pia noforte e la chitarra... Pietro — Accidenti... Non v’hanno detto, per caso, che da piccolo ho avuto il morbillo? Violetta (ride) — M’hanno detto: sano fisicamente e spiritualmente, e mi pare che sia esatto. Sono, del resto, le sole informazioni che interessano... Pietro — Ne sono lusingato... Mi permettete di dirvi che sono felicissimo d’aver conosciuta una signorina così simpatica? Violetta —«Grazie... Come vi piace il tè? Pietro — Col latte. Violetta » — Biscotti, tartine? Pietro — Sì, ma senza dolci. Informatene subito la capitale! Violetta — Quando sarete partito! Per ora vi preparo tè, biscotti e tartine... Pietro — Oggi non posso. Violetta — Domani. Pietro — Proverò. Violetta — Dovete venire. Mia sorella muore dalla voglia di conoscervi. Pietro — Perbacco, allora verrò a salvarla. Violetta — Ci conto. (Gli offre la mano, gli fa un inchino da bimba) A domani. Pietro — Alle cinque. Violetta — Precise. (Esce dal fondo). Pietro (è fremente) ■ — Oh, perdinci! (Batte le mani, una sola volta, afferrandosele, poi va al pianoforte, apre la tastiera, cerca, fruga, poi, messo il telefono su una sedia, e sgombrato in fretta il pianoforte di quant9altro vi è sopra, ne solleva il coperchio, cerca, guarda; fruga dentro. A un certo punto ha un9esclamazione di trionfo) Ah... ma lo sapevo, questo, ne ero certo... (Segue feb brilmente una traccia nello strumento, poi si china, se guendo una gamba del pianoforte se questo può essere a coda, poi fa per sollevarlo senza riuscirvi). Attilio (irrompe dal fondo, allarmato) — Ispettore! Pietro (senza rialzarsi ne voltarsi, tutto preso dalla sua indagine) — Cosa c’è? Attilio — Il signor Harle è fuggito! Pietro (c. s.) — Qualcuno doveva fuggire, tanto peg^ gio se è toccato a lui! GUGLIELMO GIANNINI Attilio — Pare che sia andato via due ore fa—Sono disperato, credetemi, umiliatissimo— Pietro — Io invece sono felicissimo. (Si rialza) Guar date dov’è il microfono! (Gli indica Vinterno del pia noforte). Attilio (guarda, sbalordito, poi assume la posizione d’attenti, salutando Pietro). Pietro (fremente) — Oh, c’è poco da congratularsi, è stato un caso! Attilio — Mi auguro di averne molti di questi casi nella mia carriera! Pietro — Bisogna vedere dove va a finire il filodalia cassa passa nella gamba, da qni nel pavimento... (solleva con uno sforzo il pianoforte per un centimetro o due) ma dal pavimento, dove andrà? Attilio — E’ facile, sfondiamo— Pietro — Sì, ma non subito... Il microfono, fino a poco fa, è servito a loro, da questo momento deve ser vire a me... Date ordine agli agenti di nascondersi... La scino entrare chiunque, ma fermino chiunque tentasse d’uscire! Attilio (esce per il fondo). Pietro (chiude in fretta il pianoforte, mette sul leg gìo una carta di musica che prende dal cestino, siede, comincia a suonare la romanza del secondo atto della «Frasquito » di Lehàr). Alano (dopo una pausa entra dalla sinistra, stupito, si ferma un istante sulla soglia, poi avanza, si ferma di nuovo sbalordito vedendo che è Pietro a suonare). Pietro (continua c. s. sorvegliando Alano, senza far capire che l’ha veduto: ed ugualmente farà con gli altri che entreranno). Augusta (entra dal fondo, non più in abito da ca vallo, con della musica in manot. Fa per parlare, ma si ferma e tace a un cenno di Alano che le indica Pietro). Pietro (continua c. s.). Silvia (irrompe angosciata dal fondo, si ferma sbalor dita). Isabella (la segue). Giulio (irrompe agitato dalla destra; è vestito diver samente, si ferma sulla scala sbalordito, guardando pri ma Pietro, poi gli altri. Fa per parlare). Augusta (gli fa un imperioso cenno di tacere). Erick (urlando, dalla sinistra) — Ma chi si permette di suonare, perdio, che indecenza è questa... (Irrompe dalla sinistra, ha i capelli in disordine, senza giacca, con una manica della camicia strappata) Cosa c’è, carnevale? Pietro (smette di suonare, balza in piedi chiudendo la tastiera con un colpo secco, poi batte le mani chia mando) — Vriz, Marco, Roberto! Attilio (appare sulla sinistra, si ferma sulla soglia). Marco (appare sul fondo, si ferma sulla soglia). Roberto (entra dalla destra, si ferma sulla soglia). Pietro (dardeggia uno sguardo sui presenti). Alano (sembra preoccupato). Augusta (sorride, quasi divertita). Silvia (è in preda al terrore). Isabella (è confusa, spaurita). Giulio (è sempre stupito). Pietro (guarda per ultimo Erick. Poi) — Scusate, co lonnello, volete avere l’amabilità di spiegarmi come vi trovate fra noi, anziché nella stanza del seminterrato ove vi avevo pregato di attendere? Erick (furente) — Perchè ho dato due pugni in testa al vostro agente— Pietro — Eh? Erick — ... che voleva impedirmi di uscire... oh, non vi spaventate, non è morto, si riavrà fra qualche minuto... (Ha uno sguardo pieno di minaccia per Giulio) Volevo sapere chi si è permesso di suonare— Pietro — Io! Erick — Ho visto. Pietro — Che c’è di strano? E’ un reato? Erick (si riprende con evidente sforzo) — E’ almeno una prova di cattivo gusto. Due persone sono morte e mi sembra troppo presto per dare un trattenimento mu sicale, ecco tutto. Pietro — Non è tutto. Voi siete venuto qui per sco prire chi suonava, disposto a tutto per farlo smettere, e vi siete calmato solo quando avete saputo che il pia nista ero io... Chi altri suona, in questa casa? Silvia (terrorizzata) — Io, ispettore, qualche volta. Giulio (agitato) — Io, spesso... Augusta (subito, allegra) — Ed io, sempre... Che c’è di male, è proibito suonare? Pietro (fissa Augusta, poi gli altri, e il suo sguardo si ferma per ultimo su Isabella) — Voi, signorina... Isabella (tremante di paura) — Io, ispettore, non— non suono— Pietro — E allora, perchè siete accorsa qui? Isabella (c. s.) — Perchè volevo vedere— Pietro — —chi suonava! Tutti siete venuti—ma che dico, venuti? Tutti vi siete slanciati qni, correndo, col cuore in gola, per sapere chi suonava, e tutti con la speranza o la paura di trovare chi non avete trovato, chi non c’era nè poteva esserci! (A Silvia) Voi, signora— cioè no! (A Isabella) Voi— rispondete alle mie doman de con un sì o un no, subito, senza fermarvi un solo attimo a pensare, se non volete che vi faccia amma nettare... Augusta — Oh, ma che modi— Pietro (ad Augusta) — Silenzio! (A Isabella) A voi, rispondete! Suona, il signor Harle? Isabella (terrorizzata) — Ma— Pietro — Rispondete immediatamente! Snona? Isabella —- Sì! Augusta — Ma non a questo pianoforte! Pietro (a Isabella) — A quale? Isabella (tremando) — Quello della villa, nel salone— Pietro — Suona spesso? Isabella — Ogni giorno, quasi. Pietro — Cosa suona, opere, canzonette? Isabella — Di solito balli americani... Li riprende dai dischi— Pietro (ha un gesto di dispetto, poi) — C’è nessun altro che sappia suonare? Alano — Scusate, ispettore— non so a che può ser virvi, e se io c’entro con gli abitanti della ' illa... Ma tengo ad essere a posto per la pace della mia coscienza e per— Pietro ■ — Abbreviate, cosa dovete dirmi? Alano — Che una volta anch’io— IL NEMICO Pietro — ... suonavate? Alano — Sì... Pietro — Conoscete la musica? Alano •— Una volta, ma adesso... Pietro — La musica non si dimentica: Alano (con tristezza) — Oh... si dimenticano tante cose... Chiedetelo al signor Korsen, anche lui era un ottimo pianista, ed ora... Pietro (fissando beffardo Erick) — Ah? E non mi dicevate niente? Erick. — Io mi studio di non dir mai ridicolaggini... Cosa può importare se venti, trent’anni fa, sapevo strim pellare un valzer... Pietro (ha un breve riso sdegnoso) — Mh... (Guarda gli altri, poi) Signori... non so ancora quale... quanti di voi... hanno la responsabilità di ciò che è accaduto e può ancora accadere... Quello che so con certezza, è che il colpevole è fra voi e non mi sfuggirà... Augusta (irritandosi) —• Ma colpevole di che? Pietro (guarda con malinconia Augusta) — Non m’in terrompete, signorina... Mi dispiace sentirvi parlare con l’intenzione di difendere, obbedendo ad un impulso ge neroso che è proprio dei ragazzi, irruenti e pieni di cuore... Voi siete, senza dubbio, la più degna di pietà... Augusta (scattando) — Ma siete voi che mi fate pie tà, caro signore! Si può sapere cosa state almanaccando, cosa cercate, cosa credete d’aver trovato, qui? Pietro (fissa Augusta, cattivo, poi, a Silvia) —• Signo ra... in quel pianoforte c’è un microfono... Silvia (vacilla) — Oh... Isabella (la sorregge). Erick (spaventato) — Chi ce l’ha messo? Pietro (a Erick) — Sapremo anche questo. Silvia (affranta) — Ma quando l’avremo saputo... cosa avremo scoperto? Erick (con tristezza) ■ — Molto, Silvia... molto, che non avrebbe mai dovuto essere scoperto in casa vostra... dirò, anzi, nostra, perchè ora c’è una responsabilità da dividere e ne reclamo la mia parte... Durante l’ultima guerra molte notizie segrete furono trasmesse col mezzo di partiture musicali... Silvia (ha un urlo) — Che? Erick — ... apparentemente ingenue... Dalla disposi zione delle note si poteva ricostruire l’informazione... Augusta 1 — Ma è meraviglioso... Silvia — Spaventoso... Augusta (a Pietro) — Ma noi non abbiamo mai spe dito musica, potete informarvi all’ufficio postale... Ne riceviamo molta, anzi la ricevo tutta io, ma fino a que sto momento non sapevo che si può nascondere un pia no di guerra in un «fox-trot »... Pietro -— Oggi non c’è più bisogno di mandarla per posta, la musica... Basta suonarla davanti a un micro fono... Augusta (gridando) — Cosa? Pietro — ... che la trasmette per radio! Chi riceve il motivo ne trascrive le note a orecchio, e... Augusta — Ma è terribile, chi avrebbe mai potuto immaginare una tale malvagità! (A Giulio) Giulio, co s’aspetti per parlare, per giustificarti? Giulio (con impeto) — Ecco, io... Silvia (con furia) — No, tacete, aspettate, non par late se non in presenza d’un avvocato, verrà qualcuno che... Augusta — Ma non c’è bisogno che venga nessuno, spiego io tutto! Il microfono l’ho comprato io... Tutti (meno Giulio) — Eh? (Sorpresa). Augusta — ... sicuro, quando venimmo qui l’anno scorso... Pietro — Per incarico di chi? Augusta — Di nessuno, ci mettemmo d’accordo io e Giulio, lo facemmo montare da Doriano nel pianoforte e lo collegammo alla radio... quella! (Va alla radio, l’a pre) Per sentir meglio noi stessi, per avere un effetto! Pietro (è sbalordito). Augusta (continuando) ■ — A chi volete trasmettere con quella baracca, in Cocincina? E’ un apparecchio ricevente, non trasmittente! (Siede al piano, l’apre, fa agire un commutatore sulla tastiera, comincia a suonare un pezzo allegrissimo) Ecco a che serve il microfono! (Dalla radio esce, amplificato, il suono del pezzo che Augusta suona al piano con brio indiavolato. Sempre suonando, a Pietro) Siete convinto? Sentite la mia voce? (Solfeggia nel motivo. Dall’altoparlante della radio s’o dono, insieme alle note musicali, le battute ed il sol feggio di Augusta). Pietro (ha avuto un attimo di smarrimento, si ripren de subito) — Basta. Augusta (smette di suonare) — Vi siete persuaso? Pietro — Sì, basta adesso. Andate pure, signori... tut ti... (a Silvia) meno voi, signora... (a Giulio) e voi. Augusta — Ma perchè? Pietro — Perchè così ordino io. (Ad Attilio) Sergente... Augusta (fa un cenno agli altri). Roberto (scende dalla destra). Alano, Isabella, Augusta e Clara (escono per il fondo). Erick (esce per la sinistra). Roberto (lo segue, a un cenno di Attilio). Attilio e Marco (escono per il fondo). Pietro (fissa lo sguardo duro su Silvia) — Dov’è vo stro marito? Silvia (tremante di spavento) — Ma... alla villa... Pietro — Mezz’ora fa, quando avete interrotto l’in terrogatorio con un comodo svenimento... Silvia (vacillando) — Io... Pietro — Ho udito ciò che avete detto al dottore... Silvia (smarrita, gestisce, vacilla). Pietro — Sedete e cercate di non svenire di nuovo, per favore. Silvia (siede, affranta). Giulio (seccato) — Mi pare che stiate facendo sfoggio d’una brutalità che... Pietro (tagliando) — Io faccio sempre ciò che deb bo, e so smettere d’esser gentile, quando vedo ch’è pe ricoloso. La signora Harle, che è la vostra... Silvia (ha un urlo, protende le mani come ad impe dire che Pietro dica di più) — Ispettore! Pietro (la guarda con disdegno, poi) — Mh... La si gnora è tornata alla villa dopo lo svenimento... La lo gica, il più elementare raziocinio, le avrebbero consi gliato di correre dal marito, parlare con lui, la persona GUGLIELMO GIANNINI da cui meglio e più naturalmente avrebbe potuto otte amante, ma non vedete dunque, non leggete nel mio nere conforto, consiglio... Invece ha chiamato il cognato, volto l’età, l’angoscia, non capite che mio marito è an uno straniero... dato a cercare le prove, che ve le porterà, perchè ab Giulio (irruente) — Questo perchè suo marito... (Si biamo subito capito che le avreste chieste... (Guarda con ferina a un’occhiata di Silvia). angoscia Giulio, poi, a Pietro) Giulio... è mio jfiglio! Pietro (beffardo, continuando) ...era partito, e lei lo Giulio (con un grido, a Silvia) — Voi?... |Oh... (Scop pia in pianto). sapeva benissimo, così come lo sapevate voi! Giulio — Io? Pietro (è sbalordito). Pietro — Stavate per dirmelo, adesso! Silvia (profondamente commossa) — Mio povero ra Giulio (fuori di sè) — E con questo? Ho fcomipesso gazzo... non avresti dovuto mai sapere... almeno non sa pere così; in tanta tristezza, tanta umiliazione... Ma non un delitto? Pietro — Avete mentito. V’ho chiesto, venti minuti ho potuto resistere ad un sospetto mostruoso... Giulio (ha un singhiozzo). fa... è stata la prima domanda che vi ho rivolta... da Attilio (irrompe dal fondo, si ferma stupito). quanto tempo non vedevate il signor Harle... M’avete risposto: da due ore... Pietro — Che c’è? Giulio — E ho detto la verità! Attilio —- Il signor Harle è rientrato in questo mo Pietro -— Non m’avete detto ch’era partito! mento... Silvia (ha una superba espressione di trionfo) —Giulio — Non me l’avete chiesto! Pietro — Non me l’avreste detto! M’avete anzi pre Solo? cisato che il signor Harle era chiuso nel suo studio. Attilio (continuando) — ... con un signore... Giulio — Così credevo. Silvia (sciogliendosi dall’abbraccio di Giulio, ma sem Pietro (ha un altro sorriso sprezzante) — Mh... iCosìf pre tenendolo per mano, a Pietro, con altera dignità) 1— credevate... Ma un minuto fa, per giustificare lei (indica Fra qualche minuto avrete le prove che cercate. Ora Silvia) stavate per dirmelo che il marito era partito, consentiteci di ritirarci. (Senz’aspettare la risposta di avete ammesso di saperlo! Come, quando l’avete saputo? Pietro s’avvia al fondo, al braccio di Giulio, ed esce a fronte alta). Giulio (fissa Pietro, interdetto). Pietro — Difficile risposta, vero? Risponderò io per Giulio (esce con lei, sconvolto). voi: lo sapevate prima di venir da me, perchè ve lo Pietro (li ha guardati uscire, sbalordito: ora ha un aveva detto lei (indica Silvia) perchè dopo d’aver par gesto furioso) — Ah che imbecille! lato col cognato ha parlato con voi, che siete entrato Attilio (stupito) — Chi? nella sua camera... Anche due ore fa c’eravate in quella Pietro (furente) — Io! (Stringe i pugni) Io! Io! camera, partiti di qui vi ci siete rinchiusi... Dopo aver parlato fra voi, lei è scesa dal marito, lo ha convinto, pregato, scongiurato di partire, éd egli è partito, pie gandosi docilmente, ridicolmente... (A Silvia, volgendosi di scatto verso di lei) Non è così, forse? Silvia (affranta) — Ispettore... riconosco che esistono apparenze che possono creare un’atmosfera di sospetto... Ma tutto ciò sparirà fra breve, forse stasera stessa, quan do mio marito ritornerà... Pietro (sorpreso, ma incredulo) —- Ah ritornerà? L’a Un9ora dopo gli avvenimenti del secondo atto. Stesso vete persuaso non solo a partire, ma anche a ritornare! ambiente. E’ dunque un eroe quest’uomo? Accetta le situazioni Federico (è seduto verso sinistra, cupo, sta terminan più strane, subisce le imposizioni più assurde, incurante do il suo racconto, senza guardare Rodolfo e Pietro) del pericolo, del ridicolo, senza protestare, senza fia — Silvia mi confessò la sua disgrazia prima ch’io la tare... Ah, è un bel marito, non c’è che dire! Silvia (nasconde il volto fra le mani, oppressa dal do sposassi... Rodolfo (a {Pietro) — Appunto, per lasciarlo libero lore e dalla vergogna). | Giulio (con rispettoso rimprovero) — Vedete, signo delle sue decisioni... Pietro — Quanto tempo prima? ra? Io ve lo avevo detto, ve l’ho ripetuto, la vostra cor Federico (con profonda tristezza) — Un’ora, un gior tesia, la vostra sollecitudine per me sarebbero state no, un mese, un anno, a che serve stabilirlo? Me lo con fraintese. Silvia (si torce le mani, disperata, ha come un mu fessò sei mesi prima, e con questo? Potevo non spo sarla? L’amavo... pazzamente... L’avrei sposata anche se golio) — Mh... Pietro (beffardo) — Finiamola con questa comme m’avesse confessato una colpa mille volte peggiore... dia... Confessate francamente cos’è questa combriccola Nella loro istintiva crudeltà... ingenua certe volte, come in quattro... Il cognato, il marito, la moglie, l’amante... il male che fanno i ¡bimbi... le donne non si rendono conto dello strazio che c’infliggono... Confessare prima Silvia (con un urlo) — No! Non dite questo! Pietro — Negate ch’egli (indica Giulio) è il vostro di farsi sposare basta, secondo loro, a mettere a posto la loro coscienza... Ma bisognerebbe confessare prima amante? Silvia (disperata) — Che amante, che amante, che di farsi amare! {Ha un gesto furioso). IL ¡NEMICO Rodolfo (con affettuoso rimprovero) — Andiamo, Fe derico... non è degno di te pentirsi... Federico ‘— Io non mi pento di ciò che ho fatto... mi pento di ciò che non ho fatto... (Si passa una mano sulla fronte) E’ stato quello l’errore... la causa di tutti i mali che sono venuti e che verranno ancora... (A Pietro) Su perato il terribile dolore, deciso a sposarla ugualmente, esaminai la situazione con freddezza, ne discussi con l’amico Barney... (tocca l’avambraccio di Rodolfo, strin gendolo leggermente, affettuosamente) e gli espressi l’i dea di riconoscere il bambino, di prenderlo in casa come figlio... Ma Silvia non volle. Pietro —■Non so darle torto. Federico (cupo) — Nemmeno io seppi darglielo, al lora... Pietro — La signora pensò a voi, e... Federico (interrompendo, amaro) — Pensò a sè, uni camente, crudelmente... Rodolfo (addolorato) — Federico... Federico (con appassionato dolore) ■ — Lasciamene par lare, è la prima volta che ne parlo in diciassette anni... non ne^parlerò mai più... Ho bisogno di dirle queste cose... ho il cuore gonfio... (A Pietro) E’ difficile... forse impossibile misurare quanto egoismo c’è nella nostra dignità... nella nostra generosità... Cominciare la nostra vita coniugale con un bambino di sette anni... Silvia si preoccupò dei sorrisi delle amiche, del pettegolezzo del nostro mondo, più che del fatto che Giulio non fosse mio figlio... (Con profonda malinconia) Sono tutti figli, purché crescano sotto i nostri occhi, come noi li vo gliamo... La nascita è un caso, queRo che conta è l’edu cazione, l’ambiente, lo spirito familiare... Noi condan nammo, volontariamente, quell’innocente ragazzo a vi vere in collegio, lo privammo dell’affetto della madre, dell’amorosa tutela d’un padre... Poco dopo nacque Au gusta, e Giulio fu dimenticato... Rodolfo — Questo non è vero! Federico — E’ vero. Pensasti tu solo per lui, noi ci limitammo a pagare i conti che tu ci rimettevi (gesto di Rodolfo), si, conti forti, che non erano niente per la nostra casa... I doni che Augusta riceveva alla sua festa valevano più di quanto costava un anno di vita di quel disgraziato. E poi venne il giorno in cui fummo co stretti a ricordarcene... il giorno che aspettavo e te mevo... (espressione interrogativa, gesto stupito di Pie tro e di RodolfoX si, che temevo, perchè facendo bene o facendo male, Giulio avrebbe bussato alla nostra porta un giorno, fatalmente... Ci bussò facendo bene, supe rando gli ultimi esami liceali brillantemente, primo su novecento alunni... Aveva diciassette anni, Augusta ne aveva dieci, e benché aiutata da governanti, ripetitori, si dibatteva fra le difficoltà elementari... Sentimmo aspro ed improvviso il rimorso per il suo abbandono... Ora sì, ora, non si poteva più riparare. Undici anni prima avrebbe potuto entrare in casa come un figlio, avremmo confessato un peccato nell’atto di ripararlo, di cui io avrei portato la metà del peso, di cui si sarebbe finito per sorridere... Ma allora... Giulio era già un uomo, dimostrava più di diciassette anni, la severità del col legio, la clausura, ne avevano formato ed inasprito il carattere... Augusta era già una donnina: era social- mente impossibile darle un fratello che dimostrava ven tanni, assurdo darglielo per compagno di giuochi... Co minciò la punizione per Silvia e per me. Ogni trionfo di Giulio era un rimorso più cocente. L’università fu una continua vittoria per lui, il grande giornalismo lo accolse subito... Il mio amico Barney gli spianava la strada, ma Giulio vinceva per sè, per intima forza, per virtù sue a cui noi non avevamo saputo e voluto contri buire... Oh, avesse portato il mio nome, avrebbe onorata la mia casa... Non pensavo che a questo, e Silvia... (ha un gesto violento), Silvia non pensava che a questo, sempre. L’amore della madre per il figlio diseredato, l’ammirazione della donna per il giovane che, malgrado tutto, riusciva, presero, poco a poco, una strana for ma... un’avversione per Augusta, la figlia che tutto ave va, e che si contentava solo di sorridere e di suonare... Man mano che passavano i giorni, questo... disamore, sì, questa malevolenza... che in certi istanti assumeva l’aspetto dell’odio... diventava sempre più profonda. Giulio era stato mandato in India dal giornale, vi si era ammalato di febbri malariche, Silvia sembrava impaz zita. Allora mi decisi, pregai Barney d’aiutarmi ancora, mi feci raccomandare Giulio, lo accolsi in casa come amministratore e bibliotecario... Non ho mai avuta una biblioteca, ne comprai una, in fretta e furia, per giu stificare la sua presenza... Ma non fu una soluzione, il vizio del rapporto era alla base, l’interessamento di Sil via cominciò a provocare commenti spiacevoli, Augu sta... (con maggiore amarezza) la mia figliola... divenne una preoccupazione per un altro verso, per la cordialità, la franca simpatia con cui trattava il... bibliotecario... Una situazione spaventosa, dalla quale non so come uscirò... dalla quale non so se potrò mai uscire senza spezzare il cuore di mia moglie, infangare il mio nome e quello della mia bambina... E’ la Nèmesi... Ho sba gliato, ho peccato, è giusto che paghi... Ma vorrei esser solo a pagare... risparmiare, almeno a mia figlia, il peso di questa sventura che non dovrebbe toccarla... che non ha meritato. (Nasconde il volto fra le mani) Ed ora, se non avete domande da rivolgermi, consentitemi di riti rarmi. Ho bisogno di... esser solo... Vi lascio col mio avvocato... col mio amico... Fate ciò che dovete... La vo stra coscienza potrà dirvi se la mia famiglia ed io... meritiamo qualche riguardo... (Ha un inchino per Pie tro, poi, a Rodolfo) Addio, Rodolfo. Rodolfo (commosso) — A fra poco. (L’abbraccia). Federico (risponde all’abbraccio di Rodolfo, esce per il fondo). Pietro (viene avanti, si ferma pensoso accanto al pia noforte). Rodolfo (gli si accosta) — Vi dò la mia parola d’o nore che tutto quanto ha detto il mio amico Harle è vero e verificato da me. Non credo sia indispensabile farlo apparire nell’inchiesta... Pietro — Nemmeno io lo credo. (Guarda fisso Ro dolfo) La vostra parola mi basta... specie perchè data in queste circostanze... Esservi allontanato dalla capitale, in un simile momento di crisi, e solo per confermarmi con la vostra autorità la deposizione di Federico Harle, mi prova l’importanza che date a quanto è accaduto. GUGLIELMO GIANNINI Rodolfo (fissa Pietro, poi) — Amo Federico come un Pietro — Allora il signore può restare, è un collega. fratello. Elena — Della polizia? Pietro — L’ho visto. (Pausa) Chi è il padre di Giulio Pietro — Sì, direttore dell’ufficio impronte digitali. Stilius? Sentiamo la notizia politica. Rodolfo (subito, fissando Pietro) —- Non lo so. Elena — Hanno fatto il rimpasto... Pietro — Lui... Harle... lo sa? Rodolfo (turbato) — Ah sì? Rodolfo — No. Non l’ha mai chiesto alla moglie... che Elena — ... mezz’ora fa ! Ci hanno subito avvertito credo non glielo avrebbe mai detto. dalla capitale... Pietro (pensoso) — Mh... (Alza la testa, fissa Rodolfo) Rodolfo — L’ufficio voci che funziona, eh? In sostanza io debbo trovare l’assassino del cameriere Elena 1 — Fra telefoniste... E’ stato fatto Ministro quel e del giardiniere... signore che è arrivato oggi alla villa... Rodolfo (emozionato) — Pensate, che Giulio...? (Si Rodolfo — Eh? ferma). Elena — Sì, riceverà un telegramma fra pochi minuti, Pietro — Non so. Finche l’ho creduto amante della lo stavano ricevendo al telegrafo quando sono scappata signora Harle, potevo pensare a un delitto per motivi dall’ufficio... Oh, convenzionale, naturalmente, lo capirà di onore... Era illogico, assurdo, ma l’esperienza m’ha lui solo. L’hanno fatto Ministro della Polizia e quindi insegnato ad aspettarmi tutto dagli amanti in peccato sarà vostro superiore... che debbono nascondere la loro vergogna... Ma si tratta Rodolfo (contento) —■Oh, perbacco! d’una madre e d’un figlio e allora debbo ritornare alla Pietro (ha un lievissimo inchino per Rodolfo) — Ne mia prima idea. siamo lietissimi. Rodolfo — Quale? Elena — Mia sorella m’ha spedita di corsa per avver Pietro (lo fissa, poi) —- Non mi sento autorizzato a tirvi, fategli subito le belle perchè è un osso duro da dirvelo. rodere! Rodolfo — Capisco. Voi, però, dovreste sapere che io... Rodolfo — Eh? Pietro — Oh, sì, so benissimo che state per ritornare Elena — Ce l’hanno descritto: caratteraccio, severis al Governo, mi sono stupito anzi che, in questo mo simo, cinquantasei anni, moglie bisbetica, un’amante con mento, abbiate lasciato la capitale: ciò mi dimostra che i capelli rossi... Rodolfo — Ma... per voi l’amicizia vale più dell’ambizione... sì, della le gittima ambizione di servire il proprio paese. Ma anche Pietro — Signorina, scusate... «e foste di nuovo Ministro delle Colonie non parlerei: Elena —- ...tremendo, gran galantuomo, sempre primo ci son cose che si possono e si debbono dire solo ai a fare il suo dovere, ma rigidissimo, incapace di mol superiori diretti. (Bussano alla porta) Chi è? lare con nessuno, capite? Attilio (appare sul fondo) — Scusate, ispettore... c’è Rodolfo — Oh, bene, questa è enorme davvero! una signorina che dice di dovervi parlare immediata Pietro —- Signorina, ci avete fatta la descrizione del mente... miglior superiore che potevamo sperare... Ditemi: voi Pietro -—- Non ho tempo. sapete scrivere a macchina? Attilio — Gliel’ho detto, ma ha insistito... Dice che è Elena — Certo, velocissima! la sorella della signorina del telefono, ha una notizia Pietro —•Molto bene. Volete copiare qualcosa per me? urgentissima e riservata... Elena —• Con piacere, datemi l’originale, corro all’uf Pietro (a Rodolfo) — Voi scusate... ficio e... Rodolfo — Prego, prego. Pietro (cavando delle carte di tasca) — No, abbiamo Pietro (ad Attilio) — Fate passare. una macchina qui in biblioteca... (Chiamando) Vriz? Attilio (esce dal fondo). (Va verso il pianoforte, spiega le carte, comincia a cor Pietro (a Rodolfo) — Si tratterà forse d’una scioc reggere rapidamente). chezza, ma nel caso che non lo sia... Rodolfo (guarda Elena, scuote la testa). Attilio (rientra dal fondo precedendo Elena). Elena (gli sorride). Elena (appare sul fondo, ventotto-trent’anni, grembiale Rodolfo (si volge altrove, seccato). da ufficio, occhiali, penna stilografica nella tasca di Attilio (appare sul fondo). petto, affannata, sorridente, contentissima di conoscere Pietro (finisce di correggere, dà le carte a Elena, poi, Pietro) — L’ispettore Stoll? ad Attilio) — Accompagnate la signorina nella biblio Pietro — Sì, signorina, dite. Elena — Sono la sorella di Violetta Webster... Elena teca, e dettatele questi appunti... (A Elena) Ne farete Webster... sono venuta io perchè siccome in ufficio due copie con la carta carbone. Elena — Volentieri, anche di più... siamo vestite così e non c’era tempo di cambiarci... Pietro — Rastano due. Fate presto, se volete essere Pietro — ...vostra sorella ha pensato bene di spedir ancora più gentile. voi, ho capito. Ditemi. Elena — Subito. Dov’è la macchina? Elena (si guarda intorno) —■E’ che... A ttilio (va alla destra, l’apre, fa passare Elena). Pietro (fa cenno ad Attilio di uscire). Elena (esce per la destra). Attilio (esce per il fondo). Attilio (la segue, ma rientra subito) — Oh, scusate, Elena — ... è una notizia politica... dimenticavo... C’è un telegramma per il signore. (ScenRodolfo (allarmato) — Eh? IL NEMICO de, porge un telegramma chiuso a Rodolfo, esce dalla destra). Rodolfo (ha quasi strappato il telegramma dalle mani di Attilio, seccatissimo, ed ora Vha aperto e lo sta leg gendo. Si stringe nelle spalle, poi) — Mh... (fissa Pietro). Pietro (sull’attenti) — Eccellenza... Rodolfo — Ah, non c’è che dire, il segreto d’ufficio è rispettato nel nostro paese— Pietro — Credo che sia lo stesso in tutti i paesi... L’a vete detto voi stesso poco fa, l’ufficio voci— Rodolfo —• Sì, ma accidenti! (Si stringe nelle spalle) Bene, ispettore, io debbo partire immediatamente... Sono lieto d’avervi conosciuto e visto all’opera... me ne ri corderò... (Pensa) E’ inutile punire quelle due ragazze... Pietro — Bisognerebbe punire troppa gente— Rodolfo — Appunto. Chi vuol tener segreti i segreti si regola come voi, non parla con nessuno... Mi ricor derò anche di questo... Pietro — Grazie... Ora, però, debbo parlare— Rodolfo — Mi farete un rapporto— Pietro — Credo non ci sia tempo da perdere. Questo è un delitto di spionaggio. Rodolfo (sbalordito) — Eh? Pietro —• Sì, eccellenza. Permettetemi di spiegarvi— Rodolfo — Ma prego, prego, ditemi tutto! Pietro — Da questo punto della nostra costa— non so se da questa casa o da un’altra, ma certo in questa città—partono delle informazioni per il nemico. Il mez zo di trasmissione è forse radiotelegrafico, non ho an cora trovato la stazione trasmittente, ma sono certo deRa sua presenza in un breve raggio. Questa stazione— ra diotelegrafica o altro, non so—dirò questo trasmetttitore è alimentato da accumulatori che vengono caricati dal l’impianto elettrico autonomo che c’è in questa casa. Rodolfo (grave) — Lo avete accertato? Pietro —• In modo assoluto. Nel locale delle dinamo c’è l’odore caratteristico delle batterie, le spazzole sono lucide per l’uso costante— Sono certo di non ingannar mi! Oggi Antonio, il cameriere, complice volontario o inconsapevole, ha scoperto qualcuno o qualcosa, poi è stato investito dalla corrente dell’elettrogeneratore ed è morto. Il giardiniere, Doriano Herzer, era al corrente di quanto accadeva, eseguiva la carica degli accumula tori, e forse sapeva a quale scopo. Ha sorpreso Antonio accanto alla dinamo, l’ha colpito con una baionettata alla schiena, senz’accorgersi ch’era già morto. Poi l’ha trascinato fuori del locale della dinamo, facendo sparire gli accumulatori e le poche tracce di sangue. Giulio, ac corso al rumore, ha trovato il cameriere morto—Ha im piegato, per scendere nel seminterrato, scoprire il ca davere, risalire, quaranta secondi precisi— Rodolfo —■Ve l’ha detto lui? Pietro — No, l’ho accertato io, non ve lo direi se non fossi matematicamente certo. Rodolfo (pensoso) — Quaranta secondi sono pochi. Pietro — .Certo non sono molti. In questo spazio di tempo, però, Giulio ha potuto vedere Doriano, ammesso che questi fosse ancora nel seminterrato? Non lo so. Se non l’ha visto è un conto, se l’ha visto e non ha parlato la cosa diventa grave— A suo favore, però, c’è questo fatto: è stato lui a dirmi che Doriano usava una vec chia baionetta per pulire le piante. Rodolfo — E questo v’ha messo sulle tracce di Do riano? Pietro — — Che c’è? siete con Barbarisi! — C’è fuori un can — Desideravo tanto un brillante! tante che chiede di — rispose l’attrice con un sospiro. essere aiutato... — E come faccio? "A Qualcuno ha domandato a Giovacchino Forzano come mai ancora Tu lo sai che non so egli non facesse parte dell’Accademia. cantare... E Remigio si riaf Il celebre autore ha risposto : 'o c c h ia ie —- Se io già fossi all’Accademia si fonda nel suo piano in vendita presso domanderebbero : «Ma perchè ITian- sottomarino. imigliori ottici. p a m s o fe TERMINATE LE RIPRESE DI ESTERNI SUL LAG O DI C O M O , A C IN E C IT T À M A R IO LA C O N T IN U A , C A M E R IN I, GRANDE CHE G IN O HA LA CON A R M A N D O "L U X IN T E R P R E T I C E R V I - G L O R I NUMEROSI DE F IL M ,, R U G G E R I F A LC O N I - C A R LO E DI P R IN C IP A L I: R U G G E R O E N R IC O R E G IA L A V O R A Z IO N E P R O D U Z IO N E PER LA ALTRI N IN C H I I Q U A T T R O A S S I D E L T E S S U T O F IN E P E R U O M O L E Q UATTRO M A R C H E CHE D I S T IN G U O N O I L T E S S U T O F IN E P E R U O M O

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Il dramma : rivista mensile di commedie di grande successo. - Torino : Grandi firme, 1925-1992.

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