l ~ u< V) o :E :;:; < V) :;s o < G "'"' di Henrik Ibsen traduzione di Anita Rho regia di Massimo Castri Teatro Stabile Torino JOHN GABRIEL BORKMAN di Henrik Ibsen traduzione di Anita Rho regia di Massimo Castri Teatro Nuovo- Torino martedì 9 aprile 2002 Assemblea dei Soci Comune di Torino Regione Piemonte Provincia di Torino Compagnia di San Paolo Fondazione CRT Teatro Stabile Torino Presidente Agostino Re Rebaudengo Vice Pmidente Guido Boursier Consiglio d'amministrazione Flavio Dezzani Manuela Lamberti Antonella Parigi Rolando Picchioni Laura Salvetti Firpo Alberto Savinio Enrico Ibsen e le donne 21 Roberto Alonge Le regie ibseniane di Massimo Castri 27 Scipio Slataper John Gabriel Borkman 33 Roberto Alonge L'epopea del Grande Vecchio Direttore organizzativo Gianbeppe Colombano 40 Marceffo N orberth Foto dello spettacolo 50 Henrik Ibsen John Gabriel Borkman Traduzione di Anita Rho Edizione a cura del Teatro Stabile Torino Adriano Bertotto, Coordinamento Editoriale Ave Fontana, Redazione Pietro Crivellato, Respomabile Centro Studi Carla Galliano, Capo Settore Stampa e Comunicazione Stampa: Arti Grafiche Roccia, Torino 15 39 Locandina dello spettacolo Segretaria del Consiglio Giovannina Boeretto Foto di scena: Marcello Norberth Henrik Ibsen, biografia Direttore Massimo Castri Coffegio dei revisori dei conti Desiderio De Petris Piero Rosso Collaborazione di: Gianpaolo Alciati Simona Carrera Antonino Varsallona Indice p. 5 Ringraziamenti: Carmen Zuelli, Giulio Einaudi Editore Prof. Franco Perrelli, Università di Torino Biblioteca del Dipartimento di Discipline Artistiche, Musicali e dello Spettacolo, Università di Torino Henrik Ibsen biografia Da: Sci pio Slataper, Ib.ren, Vallecchi Editore, Firenze 1977 Un di.regno giovanile di lb.ren 4 Nasce a Skien il 20 marzo 1828, nella Norvegia sud-orientale, in una famiglia ricca e molto ospitale. La tavola imbandita a tutte le ore; gli invitati vanno e vengono; si spende e si spande. Ma un giorno si fa bancarotta e bisogna trasferirsi in una casupola dei sobborghi. Henrik ha otto anni. Il babbo un "rovinato" abbastanza allegro, pare, senza più nessuna resistenza o capacità seria di lavoro, beone: è il tipo, impressionantemente solito, del "fallito" ibseniano; la madre cerca di dimenticare lo squallore improvviso sognando, pregando e intrattenendo i figlioli in quell'immaginare misto di fate e di leggende bibliche così caratteristico dei popoli nordici protestanti. Da piccolo, chiesa e fiaba sono tutto il suo mondo. Non è socievole, neanche con i suoi, e preferisce la solitudine e il silenzio. Si rinchiude in uno stretto stambugio per star solo con i suoi sogni, le sue malinconie, la sua scatola di colori. I primi lavori in prosa e in versi, fino al 1850, sono pieni di visioni, di tradimenti, di disperazioni. Voi sentite, in fondo, una gioventù senza compagni e senza espansione, un anelito di moto, lotta, vittoria, che cede impaurito e si rassegna prima ancora di tentare. Non ancora sedicenne viene mandato a Grimstad a fare il garzone farmacista. Ci rimane dal '44 al '50. Timido e iroso, sta solo e selvaggio, masticando la sua povertà e la sua schiavitù. I più vecchi di Grimstad lo ricordano ancora: "piccolo, magro, ma tarchiato, tutto bisunto, con un ciuffo di capelli neri sulla fronte, e uno sguardo incerto, sfuggente". Gli avvenimenti del '48 sono il primo contatto con il mondo. È in quest'epoca che incomincia ad affermarsi il suo carattere e a sciogliersi deliberatamente dai legami della famiglia in cui si sente estraneo e con quell"'egoismo puro 5 sangue" ch'egli afferma necessario a vivere in verità e dirittura non s'occupa più dei suoi, né li rivede più né scrive, se non, pochissimo, alla sorella. "Se l'uomo può veramente sulla propria sorte, egli potrebbe ancor più se possedesse sufficiente coscienza di sé per accordare le proprie azioni alle forze di cui dispone". Ecco l'eroe, Catilina (1850), il primo dramma. Un'altra delle sue composizioni drammatiche, i Normanni, viene rappresentata nel 1850 a Cristiania. L'anno seguente il violinista John Bull lo chiama come direttore e poeta artistico del "Teatro norvegese" di Bergen. Ha la paga d'un professore di ginnasio ed è obbligato a fornir ogni 2 gennaio (natalizio del teatro) un lavoro drammatico, più un prologo in versi, senza contare tutte le altre poesie d'occasione. Così nel '53 mette in scena La notte di San Giovanni, nel '54 Il tumulo dell'eroe (i Normanni rielaborato), nel '55 Il festino a Solhang, nel '57 Olaf Liljekrans. Cosucce. Col teatro, aveva da faticare e arrabbiarsi molto. Le sue noie a trattar con i cervellini e ambizioncelle comicali, lui, col suo temperamento! Un'unica "risorsa": s'innamora, e per la prima volta, di Ricchetta Holst, fresca, sfacciatella e animosa (come le creature delle fiabe). Ha sedici anni e le piacciono molto le chicche (come a Nora). Fanno delle lunghe passeggiate nel parco. Il padre di lei li scopre, e il nostro poeta scappa via. Con questo atto di coraggio finisce il loro amore e Ricchetta sposerà un uomo come un altro. Ma con tutto ciò, Ibsen ne deve aver sofferto, se dice che questa "passione subito annodata e violentemente rotta" è lo stato d'animo in cui nasce Donna Inger, fosca storia medioevale d'amori, odi e intrighi. Contemporaneamente alla rappresentazione del Festino a La farmacia di Grìm.rtctdt Henrìk Ih.ren nel 1863 Edvard Munch, Carl-Johan-Strasse di Cristiania, 1892 6 Il tecttro Norvegese dì Cristiania, 1860 Solhang (gennaio 1856) si fidanza con Susanne Thoresen, giovinetta di diciannove anni, sua fervida ammiratrice, di una dolcezza in cui già si preannunzia un carattere forte e risoluto. Nel 1857 Ibsen, con I Vichinghi approda alla saga. È l'opera di un poeta di trent'anni: e ce ne vorranno ancora quasi dieci perché trovi tutta la sua persona. Terminato il contratto con il teatro di Bergen, si trasferisce a Cristiania come direttore artistico del "Teatro norvegese", che si oppone al "Teatro di Cristiania" con l'intento di contribuire alla lotta contro la preponderanza della cultura danese. Ma figurarsi che eccellente direttore artistico! Egli che per suo conto non è mai e mai del tutto contento dell'inscenatura più perfetta dei suoi lavori, che brontola nella barba perfino contro il colore del tappeto, assiste alle prove e sta zitto o afferma che tutto va bene. Gentile e cortese con tutti, se ne sta in un angolo ravvolto nel suo mantello. Gli occhi piccoli e imperterriti. Quei piccoli occhi sono appuntiti contro gli altri e contro sé. È malcontento e inquieto. Nel 1862 esce La commedia dell'amore. Amara, sarcastica, ironica; una sfida folle; una ridda d'immagini come d'un maligno genio montano che si sfoghi a franar pietre, fiori, sghignazzate sui poveri piccoli valligiani. La pubblicazione scatena l'ira di Dio. Tutte le più sante istituzioni domestiche e sociali sono messe alla gogna: la burocrazia e il clero, la famiglia e il fidanzamento. I debiti aumentano, i mobili gli sono sequestrati. Nel '63 chiede ed ottiene uno stipendio di viaggio di 1600 corone. Si prepara a partire. La guerra dello Slevig-Holstein è il colpo definitivo che lo decide. Si tratta di due ducati indipendenti, ma abitati il primo da danesi, il secondo da tedeschi bassi. Quando la Danimarca cerca d'incorporarsi lo Slevig, truppe tedesche e austriache penetrano nella penisola. Intervengono le potenze: pace: la Danimarca ha perso. In tutta questa guerra la Svezia e la Norvegia non si muovono. Ciò suscita lo sdegno fremente di Ibsen, che sosteneva che, vinta o vincitrice, partecipando alla guerra, la Norvegia sarebbe diventata di colpo una nazione. L'impassibilità dei suoi connazionali lo aliena completamente da loro e dalle sue illusioni. Egli ormai deve partire. Lascia la moglie e il figlio a Cristiania e il 2 aprile 1864 si imbarca. Alla metà di giugno è a Roma e, nella doviziosa noncuranza che lo circonda, si riposa. È di nuovo in miseria, si indebita, deve farsi raggiungere da moglie e figlio. Ad Ariccia, da luglio a settembre, scrive il Brand, forse il 7 suo unico dramma costruito con libera legge di passione. È il poema della Critica della Ragion Pratica. La massima cui l'uomo deve ubbidire è: "Fa dipendere la tua volontà da una legge che sarebbe propria di una volontà perfetta, quale non è la tua". Brand è il primo lavoro serio d'Ibsen che piace. Entrato di straforo in Norvegia, ha molta parte nell'educazione del suo popolo. Finito il Brand, Ibsen s'ammala. La febbre romana lo tenne per qualche settimana fra la vita e la morte. Vince la sua forte costituzione e, dopo un altro breve periodo di assoluta povertà, il 12 maggio '66, su proposta di re Carlo e quasi per plebiscito popolare, il parlamento gli vota una "paga di poeta" di 1600 corone annue e, un mese dopo, gli accorda altre 1400 corone come seconda rata dello stipendio di viaggio. Bjornson lo mette in relazione col suo editore. Per Ibsen comincia una vita nuova. Difatti muta anche il vestito e il portamento. La giacca di velluto sparisce per far posto al vestito solido di passeggio e società: e sparisce l'arruffata barbaccia, riducendosi a un bel paio di diplomatici "favoriti". Si stabilisce a Frascati e sta in pace. Scrive più lettere del solito. È di buon umore e ha tempo. Gli pare che la gente gli voglia più bene ed egli più ne vuole. Lentamente un nuovo lavoro l'incomincia a occupare: il Peer Gynt. Per compierlo, nel maggio si trasferisce ad Ischia, poi alla metà d'agosto, a Sorrento. Esce nel novembre '67. Il poeta ha giudicato il suo paese e se stesso. Il proprio volere, la verità non han più bisogno di essere formulati come un programma, ma trovano la loro forma; vivono. Vivono giocondamente, sfrenatamente, magnificamente. Peer Gynt è l'antitesi di Brand. Uno si concentra e sale verso il ghiaccio; l'altro si espande per la superficie del mondo. Azione, e sogno. I trolli stabiliscono così la differenza principale tra essi e l'uomo; l'uomo dice: "Sii te stesso"; i trolli dicono: "Ti basti d'essere come sei". È proprio del carattere di Gynt di scambiarli, di credere d'obbedire al primo mentre è schiavo del secondo. Dall'ottobre '68 al marzo '69 Ibsen scrive La lega della gioventù. È piccola, gretta, borghese, senz'aria. Magari è divertente, come la commedia richiesta da chi va a teatro per dimenticare gli affari della giornata. Partito da Roma, dopo aver un po' girovagato, si stabilisce a Dresda, dove starà fino al '75. Alla fine del '68 fa un viaggio a Stoccolma, re Carlo XV gli conferisce l'ordine dei Vasa e lo manda a rappresentare la Norvegia all'inaugura- 8 Monumento a Peer Gynt Ibsen nel 1874 zione del Canale di Suez. Tornato a Dresda, riprende la sua vita familiare. Educatore severo del figlio Sigurd, stima molto ed è grato a sua moglie, e litiga spesso con lei. La sorella Maria, che fino al '72 vive a casa loro è bionda, buona, dolce: un'anima pura. Ibsen ha più che simpatia per lei e in una poesia le parla come si parla ad un'innamorata che non si debba amare. E Maria parte. Muore due anni dopo. In questi anni le sue opere vengono tradotte e rappresentate all'estero e gli esteri hanno un po' il valore dei posteri. E la patria lo riconosce. Ibsen ha cinquant'anni. Si concentra sempre più in se stesso per dedicarsi al suo lavoro. Veste di nero e parla pochissimo. S'inizia un'epoca più effettuale. La forza di "quello che è" fuga il fantasma di "quello che dovrebbe essere". "I diritti dei popoli oppressi" diventano "la necessità dell' espansione commerciale". In questo eccitato ritmo di grandezza nasce il nuovo tipo di eroe, in cui la sfrenata ambizione è congiunta alla fredda tenacia, il "cavalier d'industria", che tutto sacrifica per una smania di possesso dominante e che attendendo soltanto al proprio egoismo è pur ridotto meccanicamente all'utile della società. L'arte, come accade di solito e naturalmente, non s'accorge subito di questo travolgimento. Per un intero decennio e più il pubblico continua a nutrirsi di travestimenti romantici francesi e domanda ancora e sempre "du ciel, du bleu; des ai l es, d es ailes, des ai les". Lo stato d'animo generale è un sentirsi tagliati i ponti dietro le spalle, e mancar di carta geografica per il nuovo paese. Una sottile inquietudine tiene gli animi. Che è? Che sarà? Qualcuno lo domanda anche a Ibsen. Ed egli risponde con una parabola poetica: nel piroscafo che è salpato per la nuova terra tutto è in ordine. Eppure i passeggeri si voltolano insonni nelle cuccette di bordo, presi da un'inesplicabile angoscia. È che c'è un morto a bordo. Anche nel vascello della civiltà europea c'è un Due autocaricature di Ibsen Villa Ibsen a Casamicciola, Ischia 9 morto a bordo. Si parte per il viaggio, ma incerti della meta. Incerti anche se importi o no tenderei. Riappare il passato, come una visione funerea. Sono i fantasmi ritornanti. Ereditarietà, colpe antiche, vendetta. Il punto di partenza tocca l'arrivo; e nel processo circolare è contenuta tutta l'atmosfera dell'opera ibseniana. Dal 1850 al 1900, in venticinque drammi, il poeta esprime quelli che sono stati e sono ancora in parte i problemi sociali più importanti d'una generazione: il problema della democrazia; quello dell'ereditarietà e quello della donna. Ci ritroviamo Kant, e Schopenhauer, Mill, Darwin, Spencer e magari Nietzche. La prima nuova opera di Ibsen è le Colonne della società. Presenta l'industriale, questa nuova personalità, immorale ma utile, ambiziosa e avida ma grande, di fronte e dentro la piccola società borghese scandalizzata e inorridita. Tutti gli uomini pratici, nelle opere di Ibsen, sono sconfitti dall'ambiente loro; ma la colpa ultima è l'esser stati intimamente bugiardi. Egli assolve il peccato verso la società; ma inesorabilmente condanna il peccato del cuore. Nominato dottore honoris causa ad Upsala nel '77, malcontento della Germania, ritorna a Roma. In questi anni nasce Nora. "lo parto sempre dall'individualismo; la scena, il quadro scenico, l'insieme drammatico vengon da sé, e quando vedo chiaro l'individuo in tutta la sua umanità non ci penso più. Anche nel suo aspetto esterno devo averlo davanti agli occhi, fino all'ultimo bottone, come sta in piedi e come cammina, come si comporta, che tono ha la sua voce. Poi non lo lascio più finché non s'è compiuta tutta la sua sorte". L'accoglienza a Casa di bambola è strepitosa, ma ignorante. Viene rappresentata via via, cominciando dalla Nor- Ibsen con il figlio Sigurd nel 1874 Casa di Moldegaard Jul percor.ro della passeggiata quotidiana di Ibsm che l'ha i.rpirato jJer Rosmersholm e La donna del mare IO Aljred Shmidt, caricatura di Ibsen vegia, attraverso la Germania e la Francia, in tutti i paesi d'Europa. I teatri ogni sera rimbombano di applausi, fischi, imprecazioni, discussioni, entusiasmi. La malattia noriana è tale che in Norvegia, nell'inverno '79, sugli inviti dei festini familiari l'ospite metteva un "N.B. Si prega V.S.I. di non parlare assolutamente di Nora". Dopo Casa di bambola, Ibsen si prende il solito anno di attivo riposo. Si trasferisce a Monaco e poi, nel novembre '80, a Roma, dove il figlio Sigurd si laurea in legge. Vi rimane quattro anni. Della sua lunga vita in Italia nessuna traccia se non quella laude e gaudio del sole e della libertà meridionale che si ripete come tema fisso in tutti i suoi drammi. Sa abbastanza bene la nostra lingua, ma di libri italiani ne deve aver letti pochi o punti (Dante, sì, ma tradotto): Carducci, D'Annunzio, Pascoli, Verga, Scarfoglio, Serao, Capuana ecc. gente ignota ad Ibsen. E Ibsen ignoto a loro. Passa lunghe ore seduto al tavolo di un caffè: sempre allo stesso tavolo, dello stesso caffè, di fronte allo specchio riflettente i volti e il passo di tutti che entrano. Nel novembre del 1880 comincia a pensare a Spettri. C'è il morto, dunque, a bordo; e quando si avrebbe il coraggio di buttarlo in mare la peste è già in noi. Il dramma ibseniano comincia per lo più con una speranza d'effusione, quando i protagonisti credono che i loro sforzi stiano per essere premiati. Il passato colpevole, ch'essi non ricordano più o non sanno o credono d'aver già scontato, si rivela nelle sue irrimediabili conseguenze proprio quando sta per cominciare la vita nuova. Non c'è riscatto. Se non nella grandezza morale con cui sono scesi nel loro abisso interiore, e han giudicato imparzialmente tutta la loro vita, e si sono condannati. Ibsen non piange, non s'abbandona, non ama. Guardate Brand, guardate Ibsen: quest'uomo che lb.ren nel .ruo .rtudio a CriJticmia Il - passa la vita chiuso nel suo segreto, con le mani dietro la schiena e un breve ghigno sulle labbra, con negli occhi un armato terrore. Gli Spettri indignano e muovono a schifo il pubblico. Questa è cronaca da ospedale, non poesia. È uno scandalo. Ibsen rimane abbastanza calmo. Non risponde, ma scrive una nuova opera Il nemico del popolo. È la vendetta allegra del poeta. Difatti a prima vista il dottor Stockman pare sia veramente vicario in terra del poeta. La sua decisione, e come nasce e come tenta di realizzarsi, i mali stessi che gliene derivano sono sulla linea di Brand per ciò che vuole, su quella di Gynt per come egli vuole. Stockman in sé è comico. La grandezza dell'individuo non è più tragica; comincia a esser ridicola. Nell'Anatra selvatica, condotto a termine nel 1884, non si scherza né si sorride più. L'ambiente è grigio, sperso, sfatto. Sono resti e rifiuti d'umanità quelli che ci vegetano. La massa amorfa della vita ha ingoiato in sé l'uomo. Ne rimane la velleità, ma come malattia più grave e più disastrosa del niente che vorrebbe combattere. Il poeta non giudica, ma constata e nota. Scrive la storia naturale d'una soffitta umana. L'Anatra viene rappresentata in tutta la Scandinavia con grande successo, e pubblico e critica norvegesi sono d'accordo nel riconoscere finalmente la grandezza indiscutibile d'Ibsen. Fama e benessere non mitigano l'asprezza solitaria del suo carattere. Ma sotto la ruvidezza sprezzante c'è una timidità e una verecondia femminile paurosa d'esser ferita; e nel realismo crudo per cui le cose hanno il nome che hanno e non quello che è desiderabile abbiano, è domata una nostalgia, un'inquietudine ansiosa, un desiderio di comprensione, d'affetto, di patria. Dal luglio all'ottobre '88 scrive la Donna del mare, il dramma così stranamente marino d'Ibsen. Respira natura, colori, movimento, immagini. È la fata morgana del deserto ibseniano. Nel '90, a Monaco, Edda Gabler. È il punto di quiete nello svolgimento del suo spirito. Weininger dice che Nora è la donna come dovrebbe essere, Edda la donna com'è. In quegli anni lo scrittore è ormai celebre. Lo chiamano a Berlino, Weimar, Vienna, Budapest per assistere alle rappresentazioni dei suoi lavori. È ricco. La lotta per l'esistenza è chiusa da tempo. Viene la gloria. Nel 1891 torna in patria, a Cristiania. Ci rimane festeggiato e curiosato. Non è una vecchiaia di nonno la sua. È l'ultimo giorno della sua "settimana di passione". C'è sì il sogno del "sole di maggio di una vita autunnale": una giovane figliola che ha conosciuto fra i monti. Sono stati assieme qualche setti- 12 mana; ella s'è compiaciuta dell'amore del grande poeta mentr' egli l'ha amata col rispetto che si prova verso una felicità irrangiungibile. Tutto è vuoto e deserto. E il poeta scrive: Costruttore Solness ('92), la caduta dell'ultimo sogno; Piccolo Eyolf ('94), il pentimento sperato ancora come una redenzione; john Gabriel Borkman ('96), insufficiente anche il pentimento se non è l'atto mortale; Quando noi morti ci destiamo ('98), epilogo eroico della tragedia e della vita. La colpa è questa: essere stato casto per l'arte. Non esser vissuto, ma essersi servito della vita e dell'amore come modello della propria opera. Diciamo pure che è il dramma e la colpa della poesia verso la vita. Egli lo scrive con una tale spasimante e febbricitante eccitazione da inquietare i suoi. Sa che sarà il suo ultimo lavoro. Vuole finire. Nel 1900-1901 due colpi apoplettici lo riducono a un povero essere inerte e mezzo scemo. La sua straordinaria fibra resiste per cinque anni fino al 23 maggio 1906. Bozzetti di V Gyllich's per L'anitra selvatica al Teatro Reale Danese nel 1885 Ibsen sulla slitta, pasJa davanti al suo monumento, 1902 13 Enrico Ibsen e le donne Alberto Savinio Da: Alberto Savinio, Vita di Enrico Ibsen, Adelphi, Milano, 1979 Ibsen era un grande femminista. Se si vuole un'immagine plastica del femminismo, basta ripensare a quel curioso episodio della guerra tra l'Olanda e la Francia di Luigi decimoquarto in cui la cavalleria di Turenna, approfittando che l'inverno straordinariamente freddo aveva congelato lo Zuiderzee, si lanciò al galoppo e andò a conquistare i vascelli dell'ammiraglio Tromp. (Anche l'eventuale attuazione della tanto progettata galleria sotto la Manica può servire allo scopo). Che cos'è il femminismo? Apro il vocabolario alla voce indicata e trovo: "Tendenza a far riconoscere alle donne i diritti civili e politici posseduti dagli uomini e ad ammetterle a tutti gli uffici riservati ad essi". Spiegazione monca. Dirò di più: spiegazione falsa e formulata al fine di nascondere la ragione vera del femminismo. Il riconoscimento alla donna dei diritti civili e politici posseduti dall'uomo non è se non il "pretesto" del femminismo, la ragione dichiarata ma finta, e posta a mascherare la ragione effettiva "che non si vuole dichiarare": una larvata finzione simile a quelle che nascondono i veri motivi di certe conquiste coloniali, come di portare ai popoli immersi nella barbarie i benefici della civiltà. In verità il femminismo è il modo di sopprimere l'ostacolo che separa l'uomo dalla donna: è il modo di "congelare il mare" che sta fra Adamo ed Eva e fare sì che la cavalleria-maschio possa muovere liberamente alla conquista dei vascelli-femmina. In che si distingue questo modo di conquista dai precedenti modi di conquista? In questo che mentre i modi precedenti usavano la violenza, questo usa una forma di beneficenza; e mentre i modi precedenti erano apertamente fieri e armati, il femminismo è una conquista pacifica, una presa di possesso oleata e lubrificata, un assalto lento e che si fa precedere da un invitante ramoscello di ulivo, una espugnazione che palesemente offre il bene dell'avversario. Ma quale ragione intima e profonda, quale ragione "naturale" ha l'uomo di desiderare alla donna i suoi propri diritti civili e politici, e quale ragione intima e profonda, quale ragione "naturale" ha per parte sua la donna di desiderare a se stessa l'acquisto di essi diritti? Nessuna - e il femminismo, nella sua ragione apparente e dichiarata, è una pura finzione. Un profondo abisso separa l'uomo dalla donna. Abisso colmo d'inimicizia, di dispregio da parte dell'uomo, di timore da parte della donna. Leggete nella Scienza Nuova di Giambattista Vico il capitolo sulle primitive e fierissime relazioni tra uomini e donne, la caccia che l'uomo dava alle donne brade nelle foreste, e come l'uomo catturava la don- Alberto Savinio, Ibsen il costruttore 14 15 -na e legata se la portava nella sua caverna, e capirete guanto di terribilmente vero è in fondo a questa locuzione ridotta ormai a semplice scherzo, che "l'uomo è cacciatore". La convivenza sociale, il formarsi delle famiglie, delle tribù, delle nazioni colma apparentemente l'abisso tra l'uomo e la donna, ma la differenza, la profonda differenza tra uomo e donna rimane e la civiltà ha come scopo principale di abbreviare a poco a poco questa differenza, mirando a un moderno ideale che confonde in sé i caratteri di Ermete e di Afrodite, ossia al divino Ermafrodito. L'uomo nella pienezza del suo aspetto di maschio, nel rigoglio dei suoi attributi maschili è spaventoso. La fronte increspata nel concentramento di un pensiero solitario e cupo: pensiero di vita istintiva e dunque di morte, perché l'istinto è l'appello infido che ci trascina alla morte; la mascella potente al macinare e turchina di quel turchino di cui né il rasoio più affilato né il più insistente contrappelo riescono a far sparire la traccia, siccome la falce più arrotata non riesce a far sparire sul campo la traccia dell'erba falciata; l'occhio senza lume d'intelligenza "disinteressata" e dallo sguardo tanto breve da colpire soltanto la preda "a portata di mano" e chiuso in una idea unica e sempre la stessa. Si capisce il terrore, l'orrore che il maschio nel suo pieno splendore ispira alla fanciulla, ossia alla donna non assuefatta ancora all'orrore del gioco mortale, e che la confessione di Maria Teresa Paradies conferma. Costei divenne cieca poco tempo dopo la nascita e riacguistò la vista già in epoca di pubertà per effetto del trattamento magnetico che le praticò Federico Antonio Mesmer. Le prime impressioni di Maria Teresa Paradies risorta alla luce sono spaventose. La realtà della vita veduta cogli occhi le procurò una immensa delusione, una profonda tristezza e amaramente essa rimpianse la vita immaginata nella propizia tenebra della cecità [ ... }. L'aspetto degli oggetti la terrorizzò, i più intimi e familiari che essa così bene conosceva al tatto. Soltanto l'aspetto del cane di casa non le apparve nuovo e orribile, e solo del cane Maria Teresa Paradies disse che "era quale essa lo aveva veduto con il suo sguardo di cieca".[ ... } Ma quello che più profondamente terrorizzò attraverso il nuovo sguardo la mente di Maria Teresa Paradies, fu la faccia dell'uomo e in particolare il naso nel mezzo di essa, imperioso e perentorio, simile a un rostro che minacciava i suoi occhi così deboli ancora e vulnerabili, di immergerli nuovamente nella tenebra onde poco stante si erano destati ... Concentrati, lettore, e cerca di capire profondamente, cerca di penetrare il simbolo di gue- 16 sto terrore "nasale", e capirai il terrore della giovinetta guarita da Federico Antonio Mesmer. Tra i rapporti di cacciatore e preda quali li descrive Giambattista Vico e i nostri rapporti amichevoli e sorridenti tra uomo e donna, la differenza è grande; ma è grande altrettanto nella sostanza guanto lo è nell'apparenza? Io ho buone ragioni di credere che la concordia, la cordialità dei rapporti tra uomo e donna sono superficiali e simulate; ho il sospetto che la concordia, la cordialità dei rapporti tra uomo e donna sono intese "a ingannare un terzo" ... Chi? Dio forse. O forse una terza creatura umana: una misteriosa creatura che non si rivela materialmente a noi, ma di cui noi uomini forniti di fiuto straordinariamente fine e di un acutissimo senso segnalatore, avvertiamo in giro l'ineffabile presenza. La verità - la "triste" verità è che intimità tra uomo e donna non c'è, non confidenza. Non per colpa dell'uomo: l'uomo si fida anche di ciò che non gli somiglia, anche di ciò che non conosce; senza dire che sulla fede di una favola augusta e tenace egli crede che la donna è parte di se stesso e dunque cosa Jua. Non così la donna, la quale non Ji è abituata ancora alla compagnia dell'uomo. Che cos'è quel pudore, quell'imbarazzo, quella repulsione che l'uomo fresco di sentimenti, fresco di sensibilità, non opacizzato ancora dalla triste assuefazione alla vita sessuale sente in presenza della donna, che cos'è se non il sentimento che una creatura profondamente diversa da lui e nemica lo giudica senza amore e senza pietà? Che cos'è la corte? Che cos'è la galanteria se non un gioco per nascondere questa profonda e insanabile inimicizia, una specie di "guerra in Betty Hennings nella parte di Hedvig, (L'anitra selvatica, Copenaghen 1885) Eleonora Duse nella parte di Rebecca West, (Rosmersholm, Firenze 1905) La Réjane nella parte di N ora, (Casa di bambola, Parigi 1894) 17 -trina" e la perpetua, monotona ripetizione del tirez les premiers, messieurs les Anglaisì Buttiamo un occhio nel Paradiso Terrestre. Ecco Adamo ed Eva nella loro innocenza. Che cosa ci ha dipinto Michelangelo nella volta della Sistina? Se Masaccio ha figurato Adamo ed Eva come vanno figurati, è perché li ha figurati dopo la cacciata dal Paradiso e dunque nell'acquisita diversità. Ma Michelangelo ha sbagliato. Prima di peccare, Adamo ed Eva erano simili. Questo era il segno della loro innocenza, questa la loro felicità, la loro condizione paradisiaca. Stato di innocenza significa simiglianza, ossia l'uomo simile alla donna, e non solo alla donna ma simile alla pecora, simile al leone, simile alla pianta, simile all'acqua, simile alla pietra, simile alla nuvola, simile alla stella. E se alla fusione dei sessi mira la civiltà più alta come al suo fine supremo, è perché spera di ritrovare nella fusione la perduta simiglianza, ossia l'innocenza primitiva e lo stato paradisiaco. È il peccato che ha determinato la diversità tra Adamo ed Eva: ha aperto l'abisso; ed è per questo che, peccatori, Adamo ed Eva hanno voluto coprirsi, per nascondere la diversità che ormai li divideva: la diversità che li spaventava. E l'uomo da allora si sente diverso nonché dalla donna ma dalla pecora, dal leone, dalla pianta, dall'acqua, dalla pietra, dalla nuvola, dalla stella; è per questo che l'uomo - parlo di uomini come noi che serbiamo intatti gli antichi e sacri pudori e sentiamo vivere in noi la storia intera dell'umanità - è per questo che l'uomo si vergogna nonché della donna, ma della pecora pure, del leone, della pianta, dell'acqua, della pietra, della nuvola, della stella. Di questa mancanza di simiglianza, di questa drammatica diversità più di noi soffre la donna, e quindi deriva il suo pudore più vigile, la sua reticenza più stretta, il suo desiderio più assillante di vivere appartata dal suo compagno. (Qui sopra invece di soffre la mia macchina da scrivere aveva scritto sioffre, nel che più che una involontaria epèntesi con inserzione dell'i tra l'esse e l'o, sarebbe da vedere forse una prepotente riapparizione di quel senso di "si offre" che così erroneamente è nella mente dell'uomo, questo barbaro vanitoso, nei riguardi della donna). In noi più che sofferenza è rammarico, è amara nostalgia di non poter entrare se non da intrusi, se non da perturbatori, se non da personaggi "sgraditi", se non da guastafeste, se non da "non addetti ai lavori" nel mondo, nel paradiso delle donne e con la cautela ancora di un guardiano di zoo che entra in un'uccelliera. (Ripeto: paradiso in fondo non significa altro che giardino, e 18 Ragna Wettergreen nella jJarte di H edda Gabler, (Hedda Gabler , Cristiania 190 l) Alberto Savinio, Innocenza e somiglianza a parte ogni riecheggiamento poetico o parsifaliano la differenza tra un giardino e un parco di donne - cfr. "parco di dàini" - non è poi così grande da non consentire la similitudine, compresa la similitudine tra l'odore dei fiori e l'odore delle donne, dietro entrambi i quali si nasconde il lezzo della morte). Più vado avanti a scrivere questa vita di Ibsen, più mi accorgo che scrivendo la vita di Ibsen scrivo la vita mia propria; non per deviazione dal soggetto che mi sono proposto, sì perché femministi entrambi ed entrambi intesi a penetrare il mondo segreto, misterioso, inviolabile delle donne, vedo che le arti da cacciatore di martore usate da Ibsen, i suoi trucchi da trappoliere, le sue astuzie da uccellatore sono le medesime che uso io. Quante volte, Enrico, ci siamo nascosti tu e io presso il luogo nel quale le donne usano raccogliersi tra loro lontano dall'occhio del maschio, e col fiato sospeso e l'ossessionante timore dello starnuto siamo stati come cacciatori presso il fiume in attesa che le antilopi scendano a bere? Quante volte, Enrico, abbiamo spiato tu e io a traverso il buco della serratura la vita così libera e sicura delle donne quando occhio di maschio non le guarda? Non nasconderti te come non mi nascondo io: siamo entrambi come quel professore di glottologia di cui parla l'immortale Jules Verne nel suo Villaggio aereo, il quale si recò sulle rive dello Zambesi munito di un vecchio organetto a manovella che macinava "Tu che al ciel spiegasti l'ali" e là, quatto quatto sotto un albero, per ore e giornate, paziente, instancabile, aiutandosi un po' con la voce e un po' con l'organetto, cercava di imparare il linguaggio delle scimmie per entrare in comunicazione orale con esse. Diciamoci la verità, Enrico: quale delusione ogni volta, quale amarezza, quale sconforto dover riconoscere quanto diversa è la vita della donna lontana dall'uomo, e bianca, e sciolta, e libera di sospetti, e "naturale"; e come la nostra presenza distrugge ogni volta quella scioltezza, risveglia i sospetti, lega quella naturalezza, macchia quel biancore come una goccia di inchiostro che cada in una scodella di latte; e quale dolore, Enrico, dover riconoscere ogni volta che noi, sempre, e a dispetto di ogni nostro sforzo, di ogni nostra volontà, di ogni nostro desiderio, saremo sempre come il corvo fra le colombe! Ricordi, Enrico, come finì quel pitecòfilo? Matto finì. Perché a cercar di penetrare i linguaggi segreti, sia quello delle scimmie sia quello delle donne, si è puniti con la pazzia. Ma finire matti, Enrico, a noi che importa? 19 Le regie ibseniane di Massimo Castri Rosmersholm, 1980 Roberto Alonge Da: Roberto Alonge, Ibsen. l}opera e la fortuna scenica, Casa Editrice Le Lettere, Firenze, 1995) Hedda Gabler, 1980 Il piccolo Eyolf, 1985 Tino Schirinzi, Rosmersholm, 1980 20 Gli anni Ottanta vedono il configurarsi di una viva e prolungata attenzione ibseniana da parte di uno dei registi più geniali del secondo dopoguerra, Massimo Castri. Regista ma anche studioso di cose teatrali, autore di libri assai più originali di quanti mediamente ne pubblichi il mondo universitario. Castri ha infatti molto a cuore quello che egli chiama "lavoro di drammaturgia", e cioè - per usare le sue stesse parole - "un lavoro di scavo critico del testo, di approccio al teatro, con svariati strumenti di appropriazione del testo", che è, ovviamente, un impegno intellettuale che precede le regie, che non è ancora regia, e che diventa soltanto in un secondo momento un lavoro di produzione di immagini, di produzione di un sistema di segni in cui si traduce propriamente il lavoro critico fatto sul testo. Il suo volume Ibsen postborghese, che raccoglie i materiali che hanno accompagnato la nascita dei suoi primi due spettacoli ibseniani, Rosmersho!m e Hedda Gabler, testimonia bene della lucidità e dell'intelligenza critica con cui Castri si accosta a Ibsen. Il teatro ibseniano gli appare come un grande De profundis sulla borghesia ottocentesca, che crede di avere una missione da compiere per l'umanità. Ibsen, per Castri, mette in luce il prezzo che la borghesia ha pagato per la costruzione del suo universo, un universo maschile, "il cui nemico primario è sempre e soltanto la donna. [ ... } Nel mondo maschile la donna non può vivere: o è oggetto usato o è ideale intoccabile. Non viene mai amata e a questo si ribella". Castri ha cioè il merito di buttarsi alle spalle, con brusco gesto di fastidio, tutta la retorica su un Ibsen cantore di idealità civili e progressive. È come se il regista guardasse a Ibsen attraverso la lente di Strindberg: l'universo ibseniano gli appare incentrato in maniera quasi maniacale sul confronto-scontro che mette uomo e donna, maschio e femmina, ai due poli della comunicazione teatrale. L'approccio sociologico scivola irresistibilmente verso l'approccio psicanalitico. Gli autori che Castri utilizza di più, per mettere in scena Ibsen, risultano non per nulla Freud e Groddeck, sebbene il punto di arrivo dello spettacolo sia originale e autonomo anche rispetto a questi punti di riferimento. Rosmersholm, prodotto dal Centro Teatrale Bresciano, andato in scena a Firenze il 21 marzo 1980, è certo la realizzazione più nuova e anche più scandalosamente provocatoria. Il lavoro drammarurgico spinge Castri a cogliere il nucleo profondo del dramma in una sorta di "personaggio 21 unico", come se Rosmer e Rebekka fossero le due metà di un unico carattere, due facce che non riescono a fondersi. Entrambi agitati da una pulsione di morte che nasconde probabilmente il senso di colpa per un incesto compiuto o desiderato (che per l'inconscio è notoriamente la stessa cosa). Rosmer e Rebekka hanno commesso insieme, più o meno consapevolmente, un assassinio, quello di Beate, e alla fine si uccidono insieme. Di qui deriva la scelta di rielaborare il testo, che viene prosciugato, ridotto a un copione che raccoglie essenzialmente le battute di Rosmer e di Rebekka, cancellando ogni altro personaggio, recuperandone semmai qualche spezzone come pensiero e ricordo dei due unici protagonisti o attraverso qualche artificio gustoso (Rosmer accende la radio, e la radio trasmette, come in un "radiodramma", brani di Rosmersholm: la lunga didascalia iniziale, le battute della signora Helseth, il suo monologo finale che racconta l'epilogo di morte, ecc.). Lo spettacolo diventa un "monodramma a due", che si sofferma sui passaggi centrali della vicenda e in particolare sulla confessione di Rebekka (che narra a Rosmer come abbia spinto Beate al suicidio), la partenza di Rebekka, la finale decisione di suicidio. La confessione diventa però una sorta di "gioco della confessione", come fosse una fiaba ritualizzata, tante volte ripetuta per calmare Rosmer. Il racconto-confessione è compiuto una prima volta con Rebekka che recita le battute di Rosmer che recita le battute di Rebekka; poi i due attori recitano entrambi le sole battute di Rosmer e quindi le sole battute di Rebekka, con una lieve sfasatura ritmica che rende il tutto di una fragorosa comicità, anche grazie alle piccole geniali gags profuse a piene mani da due attori eccezionali come Tino Schirinzi e Fiera Degli Esposti. La scenografia è funzionale a questo impianto. Si tratta di una camera da letto divisa in due, con un muro centrale che arriva fino al soffitto e che avanza fino al proscenio, costringendo i due personaggi a parlarsi attraverso il muro che li divide. A qualche critico è sembrata una derivazione dalla spazio frammentato dell'Anitra selvatica di Ronconi, ma in realtà questo spazio duplicato nasce essenzialmente dallo spunto originario di un personaggio unico sdoppiato in due figure. S'intende che questa distruzione del canonico "salotto borghese", sostituito da una duplice impoetica camera da letto, con due porte sul fondo che aprono su due toilettes, costituisce un intervento di radicale straniamento 22 Tino Schirinzi, Piera Degli E.rpo.rti, Rosmersholm, 1980 Vct!eria Morriconi, Antonio Francioni, Hedda Gabler, 1980 rispetto alla tradizione scenica ibseniana. Al decoro formale che accompagna il grande dibattito di idee della tradizione ibseniana si sostituisce la fenomenologia del vivere quotidiano, con tutte le sue banalità e le sue miserie (il rumore dello sciacquone, le operazioni del lavarsi i denti, del tagliarsi le unghie dei piedi, circolare in lunghi e goffi camicioni da notte, e così via). Lo spazio dignitoso, quasi solenne, del salotto borghese, è degradato, reso grottesco. Castri recupera evidentemente lo spunto di Groddeck relativo a Ibsen "aurore di commedie" anziché autore di drammi, di tragedie. Lo spettacolo diventa in definitiva un ambizioso (provocatorio, e un po' impertinente) "saggio sulla drammaturgia ottocentesca". Il regista ripercorre le nervature fondamentali del dramma ibseniano soltanto per mostrare l'impossibilità del dramma, l'improponibilità della tragedia quale struttura in cui possa mai riconoscersi una società di mercanti. Ed è questo stesso asse interpretativo che presiede al sorgere della seconda rappresentazione ibseniana, l'Hedda Gabler, sempre prodotta dal Centro Teatrale Bresciano, prima rappresentazione il 29 ottobre 1980, a Ferrara. Castri rinuncia a ogni interpretazione di "drammaturgo"; l'intervento sulla scrittura ibseniana è minimo. La novità della rivisitazione nasce unicamente dalla incisività della "scrittura scenica" del regista, dall'insieme dei movimenti, dei gesti, della partitura musicale, delle intonazioni recitative degli attori. L'idea di fondo è ancora quella della "commedia" come struttura profonda, autentica, dell'opera ibseniana. Lo spunto è nello stesso testo, nel personaggio di Brack, cantore un po' volgare e un po' cinico del triangolo adulterino, spalleggiato in qualche passaggio da certe ambiguità dialogiche dell'eroina. Castri assume questi dati e li dilata sino al grottesco. Il suo Brack - per toni di voce e sguaiataggini di movenze - è un autentico personaggio da pochade, e si pone come vettore di un'oltranza linguisticoespressiva che coinvolge tutti i personaggi, tutti in qualche modo farseschi e ridicoli e patetici, come in una buona commedia di Feydeau. La stessa Hedda di Valeria Moriconi non ha i toni squisiti, aristocratico-decadenti di una certa tradizione scenica. Il regista la mostra con la vestaglia aperta o in sottoveste, un po' discinta, anche in colloquio con Brack, che vediamo a un certo punto legarle una scarpa. I dialoghi (ma non solo quelli "brillanti" fra Brack e Hedda) 23 strappano al pubblico franche risate, a riprova, dopo il Rosmersholm, della segreta "comicità" della scrittura ibseniana. S'intende che la figura di Hedda è più complessa degli altri personaggi. Se per un verso la Moriconi partecipa di quella degradazione borghese che ha il suo corifeo in Brack, per un altro verso è completamente "altra" rispetto al livello quotidiano, banale dei restanti interpreti. C'è in lei una sofferenza profonda, una incapacità di adattamento alla routine, una tensione al sublime. Se gli altri personaggi recitano in maniera uniforme, su una sola tonalità monocorde, appunto farsesca, la Moriconi alterna i due registri, quello comico e quello tragico. Fra Hedda e il "coro" anonimo, squallido, della medierà borghese si stabilisce una contrapposizione determinata, che esplode soprattutto nel finale, quando Hedda esulta per il suicidio "sublime" di Lovborg, e Tesman Brack Thea si muovono invece compatti, all'unisono, contro di lei, suggerendo come un balletto di morte contro il "diverso". Sicché anche la morte dell'eroina è in effetti una sua semplice "espulsione" dallo spazio della mediocrità borghese. Al colpo di pistola di Hedda la scenografia opera una rotazione di centottanta gradi dell'impianto strutturale (due salotti, uno in proscenio e uno sullo sfondo, come da didascalia ibseniana, divisi orizzontalmente da una vetrata): lo spazio di fondo passa in primo piano e viceversa. È l'idea del cerchio, dello speculare, che impone la ripresa delle stesse battute dell'inizio, fatta salva l'assenza della protagonista. La cameriera, la zia, il marito riavviano la commedia della vuotaggine, della chiacchiera, della meschineria, al di là della scomparsa di Hedda. È come se la vicenda ricominciasse, ma senza Hedda, sostanzialmente inessenziale all'esistenza di quel cosmo angusto e un po' misero. Dopo Hedda Gabler Castri acquisisce un contegno che sarà poi costante anche per i successivi Ibsen (Il piccolo Eyolf che debutta a Pavia il 21 febbraio 198 5, e il J oh n Gabriel Borkman che debutta a Brescia il 9 marzo 1988, entrambi prodotti dal Centro Teatrale Bresciano), vale a dire la scelta di riconoscere il testo come oggetto in qualche modo "inafferrabile", come materiale da conservare nella sua intatta configurazione. Il che significa la rinuncia a ogni lavoro drammaturgico sul testo e il suo rispetto sostanzialmente integrale, quasi filologico, ma esaltando ancor più, para- 24 dossalmente, la capacità di esplorazione creativa del testo da parte del regista. Il lavoro si sposta su altre linee, prima di tutto su quella scenografica. Nel Piccolo Eyolf vediamo succedersi a un primo atto ancora ambientato nel consueto interno del salotto ibseniano un secondo atto e un terzo atto in cui la struttura scenografica via via si sfrangia, si smaglia, si perde. All'ultimo siamo al palcoscenico nudo tipo Sei personaggi. Ciò che permane è solo un tavolo e le quattro sedie, unici oggetti che attraversino incolumi collocati nello stesso posto, a destra dello spettatore, leggermente in proscenio - i tre atti del dramma. Perché sono loro a garantire in qualche modo la continuità dei personaggi (il classico "Sediamoci e parliamo" della drammaturgia ibseniana). Castri spinge Ibsen verso Beckett. I coniugi del finale si parlano per non dirsi niente, fissi in una immobilità amara e ironica al tempo stesso, mentre riannodano la rete faticosa dei rapporti tipici di una quotidianità beckettiana, fra litigi repentini e non meno fulminei acquietamenti, sull' orlo sempre di un estenuato silenzio. Qualcosa di simile anche nel Borkman, memorabile soprattutto per il trasformarsi, dapprima, del porticato in bosco, e poi per il lento disfarsi del bosco innevato dell'ultimo atto che si riduce a poco a poco a un solo albero striminzito davanti alla luna. Di nuovo un palcoscenico quasi nudo, in un'atmosfera di sottile malia fiabesca, che fissa l'ultima immagine clownesca di un Borkman (lo straordinario e compianto Tino Schirinzi) che va a gettarsi in una cassa d'oro, come Paperon de' Paperoni, per morirvi con le gambe penzolanti di fuori. Paola Mannoni, Alarico Salaroli, Il piccolo Eyolf, 1985 Micaela Esdra, Alarico Salaroli, Il piccolo Eyolf, 1985 25 Joh n Gabriel Borkman Scipio Slataper Da: Sci pio Slataper, Ibsen, Vallecchi Editore, 1972 La casa di Cristiania, dove Ibsen abitò durante la giovinezza C.D. Friedrich, La prima neve, 1828 26 "Il nuovo lavoro è ]ohn Gabriel Borkman, il più semplice e schietto dramma d 'Ibsen. Il fatto e il commento è terso. Non c'è incrocio e cozzo di forze svariate, inquietudine di troppe complicazioni rigurgitanti sensi e controsensi. È il dramma disperato della vecchiaia serena. Una notte, una sola notte d'inverno, senz'alba. Un passo regolare, automatico, di prigioniero, ossessionante, nella camera sempre chiusa; un'amarezza e disfatta senza sfogo. Poi s'esce dalla cella, si respira l'aria libera che avrebbe dovuto - nel nostro sogno di condannati - rinnovarci per la vita, e ci quieta invece nella riconciliazione mortale. Ma s'esce. Ormai si sa e s'accetta che l'ultima ascensione del Costruttore è il montare alla morte, che l'aria della cima di Allmers è troppo sottile e fredda per lo spirito sfinito; ma la coscienza e la rinunzia finale hanno la chiara magnanimità che nella speranza disperante non aveva. Hilde intorbida il Costruttore Solness; la volontaria convinzione astrattizza, insecchisce Piccolo Eyolf Qui, nella morte, rinasce la poesia. Nasce l'amore nell 'atto in cui ci si pente con la più inutile serietà di aver peccato mortalmente contro di lui. E l'ingiustizia è tanto più solenne perché danna ciò che non dipese dall'uomo; John Gabriel Borkman doveva voler la potenza, ciò era la sua sorte: ma sopra la sorte dell'uomo, sopra ciò che gli è dato sta l'assoluta realtà d'Amore. Chi pecca contro di lui, pur perché era stabilito che così facesse, è giudicato, Né c'è Dio, ne c'è Margherita che lo salvi. C'è bensì l'uomo che muore. È una vita morta, nell'intimo, già quando comincia il dramma: "Siamo tre morti - noi tre qui": diceva nella prima versione Ella stendendo la mano alla sorella nemica sul cadavere del loro uomo. Ciò che in principio vorrebbero è una loro pietosa illusione. Tutti sono come Guglielmo Foldal, l'ex impiegato di banca coinvolto nella sorte di Borkman, che ora scrive commedie e non sopporta si dubiti di lui mentr'egli sa, in fondo, di sognare. Non c'è che la gioventù, Erhard e Frida, a scappar via da quest'aria di sepolcro, crudelmente, passando sopra il corpo di chi li ama, ma senza grandezza nella loro feroce sete di godere la vita, senza ragioni, compiti, scrupoli. Ne hanno diritto: ma anche la loro furia è una così effimera apparenza. Né Frida sarà una gloriosa pianista, né Erhard sarà il nuovo giovane amatore. Questa impietosa generazione nietzchiana è già nelle buone mani di Fanny Wilton, cocotte d 'alto bordo, con prudente tendenza materna quando si sente invecchiare. È un 27 meschino ménage à trois quella fuga in slitta con campanelli argentei. Oh la gioventù a cui bisogna far posto! I vecchi rimangono, soli. C'è una vera amante-mamma tra essi, Ella, la sorella (gemella) della signora Borkman, come lona della signora Bernick. Ma lona, tornata, era ancor giovane e violenta da risvegliare il suo eroe: qui non c'è gioventù. Qui è troppo tardi. Per tutto il mondo ibseniano è sonata l'ora dell'irrimediabile vecchiezza: e come l'ardita eroina redentrice s'è convertita, s'è composta in nobile, disinteressata, dura accusatrice, così la moglie trascurata, la signora Bernick e Alina, s'è svelata acre, inacidita, violenta vendicatrice. Aurelia e Furia, inutili ambedue, attraverso Nora, attraverso il processo d'una vita, si sono scambiate le parti. "Noi gemelle - sopra lui, che abbiamo amato tutt'e due". - "Noi due, ombre - sopra il morto". le compagne dell'eroe. John Gabriel Borkman, Oslo 1991 Tu hai uccisa in me la vita d'amore. Comprendi tu che significa ciò? La Bibbia parla di un peccato misterioso per cui non vi è assoluzione. Prima, non ho mai potuto capire a che alludesse questo peccato. Ora comprendo. Il mortale, inassolvibile peccato- è il peccato che si commette uccidendo in una creatura la vita d'amore. Tu hai abbandonata la donna che tu amavi! Me, me, me. Ciò che avevi di più caro sulla terra, tu lo desti via per dei vantaggi. Quest'è il doppio omicidio che pesa sulla tua coscienza! L'omicidio della tua anima e della mia! In realtà, se voi tendete l'orecchio all'intimo significato delle parole che si dicono questi esseri, il movimento, pur così breve del dramma, vi par un'illusione. Tutto accade in una sera d'inverno, e l'ultima esclamazione dell'atto precedente si riattacca alla prima parola del prossimo. Come in Fantasmi. Ma lì veniva a galla, nel giudizio, la verità indeprecabile; c'era dolore, spasimo, dramma nell'agnizione; c'era - nella negazione di tutto - la reale e attiva, benché inutilmente attiva, grandezza umana. Un sì contrastava, tenace, al no. Qui non c'è veramente un dramma. l'uomo è già esaurito delle sue forze; più che una crisi è un exitus; più che una tragedia in quattro atti è una scena lirica in quattro strofe: la seconda lotta - inutile - delle sorelle intorno al figlio dell'uomo che hanno amato; il "Dommedag" (giorno del giudizio), la lotta - inutile - della donna contro l'eroe che l'ha venduta; la lotta - inutile - dei tre vecchi disperati intorno al figlio che vuol godere; l'ascesa mortale dell'eroe accompagnato dalla donna amata. Quando John Gabriel s'accorge che i suoi lunghi anni di aspettativa che si compiesse l'impossibile ed egli ricominciasse la vita, non sono stati che un sogno di prigioniero, non c'è più nessun urlo in lui. È una cosa che già sapeva. Quando salendo sul colle deserto di neve gli si scioglie improvvisamente l'oppressione che gli ghiacciava il cuore, non è una nuova, vera libertà che l'invade, ma semplicemente è sciolto dal vincolo della sua dura vita. È un giudizio john Gabriel Borkman: ma un giudizio liberato ormai dalla crudeltà logica, un giudizio 28 senza scopo terreno; ripiegamento colpevole e nostalgico nell'amore che si è, in vita, mercanteggiato per la potenza. È la nuova, non più romantica, ma cristiana, identità di amore e morte. È l'epilogo della redenzione mortale. E le parole del poeta hanno perduto la loro consueta verità sillogica di tortura e di preda; la fredda "mano metallica", il nesso implacabile è sciolto e sono come l'umile e rassegnato pianto di Brand. Non c'è più "orgoglio" stilistico in Ibsen. l'eroe e il poeta han vinto nell'ultimo momento di vita la loro avarizia spirituale.John Gabriel è un dono d'amore, grave e cupo come chi, morendo, sa che è fallita la propria opera. I tesori fondi della terra invocanti luce sono rimasti giù nella loro tenebra, a chi per averli ha rinnegato l'amore. Ma parla Ella, una donna; è naturale che parli così. Una donna vede le cose soltanto dal lato del sentimento. Un uomo, come John Gabriel, non può avere dei riguardi sentimentali. Egli deve agire con i mezzi adatti al suo scopo. Deve avere la potenza per poter "far felici" gli uomini. Borkman avrebbe voluto essere un Napoleone della banca e dell'industria, un poeta che realizza i suoi sogni. E se Ella ha come donna, per sé, ragione, Borkman ha per sé, come uomo, ragione. Come egli aveva diritto di manomettere i soldi e il benessere altrui, egli doveva pur mercanteggiare il suo amore. Anch'esso era una condizione. Veramente? Forse, finché l'amore è l'amore della madre e del dottore. Ma egli amava, egli sentiva che soltanto con la sua amata donna, felice e sicuro del suo amore, egli avrebbe potuto compiere ciò che voleva. Contro la realtà eterna, cristiana d'Amore egli peccò; perché amò soltanto le ricchezze giacenti "nell'oscura profondità". John Gabriel Borkman, Oslo 1966 "Ma io voglio sussurrarvi, qui, nel silenzio della notte ... Io vi amo, valori invocanti vita - vi amo con tutto il vostro lucente seguito di potenza e magnificenza! Io vi amo, vi amo, vi amo!" 29 "Sì, laggiù, ora come una volta, è il tuo amore,John. È stato sempre là. Ma qui su, nella luce del giorno - qui c'era un caldo, vivo cuore umano che batteva e pulsava per te. E tu hai rotto questo cuore. Ah , più, più ancora; dieci volte più grave è ciò che hai fatto - tu l'hai venduto per ... per ... ". "Per amore del regno - e della potenza- e della magnificenza, intendi questo?". "Sì, intendo ciò ... E perciò io ti profetizzo,John Gabriel Borkman:Mai riceverai il premio che tu hai chiesto in cambio dell'omicidio. Mai entrerai vincitore nel tuo freddo, scuro regno". · Anche la potenza viene da Dio, e l'uomo che ha obbedito alle tentazioni di Satana è il fallito e il dannato. Borkman (vacilla verso il banco, e vi si abbandona di piombo): "Temo quasi che tu hai profetato il vero, Ella". Ella (va a lui): "Non temere, devi tu, John. Niente di più buono ti poteva accadere". Borkman (dà un grido e s'afferra il petto): "Ah! (Smorto). Ora m 'ha lasciato". Ella (lo scuote): "Cos'era, John!". Borkman (si rovescia sullo schienale): "Una mano di ghiaccio m 'afferrò il cuore". Ella: "John! Hai sentito ora la mano diaccia'". Borkman (mormora): "No. Non una mano di ghiaccio, una mano di ferro, era (scivola lungo disteso sul banco)". "Era figlio d'un minatore- il direttore di banca. L'aria aperta non la sopportava". La liberazione dal carcere fu la morte. "Certo fu più il freddo ad ucciderlo". "Il freddo, dici ì Il freddo- esso l'aveva già da molto tempo ucciso". E mutate in ombre le creature che l'amarono. Quando l'eroe morto si desta sperando di poter nnnovare la sua vita, s'accorge di non esser mai vissuto. E l'aria aperta, a cui egli non è abituato, non fa che placare l'ultimo spasimo. È salvo, ma non resta che morire. Siamo arrivati all'epilogo. La tomba di Ibsen C.D. Friedrich, Quercia nella neve, 1827-28 30 31 L'epopea del Grande Vecchio Roberto Alonge Il nucleo poetico di john Gabriel Borkman è dato indubbiamente dalla glorificazione del Grande Vecchio rappresentato dal protagonista, un tipico self-made man, come piacciono a Ibsen. Quando compare finalmente in scena, all'inizio del secondo atto - dopo un intero atto iniziale in cui si allude a lui, in cui si sentono risuonare nel salone di sopra i suoi passi di lupo in gabbia - la prima rivendicazione che fa è la sua origine di «figlio d'un minatore>>. La febbre di John Gabriel non è il denaro o il successo personale. È questo, sì, ma è anche qualcosa di più. Nelle sÙe parole c'è una consonanza perfetta fra la propria storia privata e il definirsi di una più ampia missione. Egli è la levatrice del mondo . La sua opera di banchiere è maieutica. Gli accenti di questa accensione farneticante sono gli stessi, con chiunque abbia a parlare. Grida all 'amico Foldal: << lo avrei potuto creare milioni e milioni! Sarei stato padrone di infinite miniere! Cascate, cave di pietra, strade per il commercio e linee di navigazione in tutto il mondo. A quante , a quante imprese avrei dato vita ... io solo!>>. E all'amata Ella: «>. Per Borkman la ricchezza non è fine a se stessa, ma deve servire principalmente per creare opere fondamentali, strutture vitali per la società. C'è strazio tremendo e violenza efferata in questo delirio di Borkman che dall'altura guarda il paesaggio onirico del suo passato e delle sue allucinazioni sorretto da Ella: BORKMAN Sono là i milioni prigionieri; io li sento; i filoni di metallo serpeggiano, si diramano, tendono verso di me le braccia supplichevoli. Mi circondavano come ombre viventi ... quella notte in cui discesi nel sotterraneo della banca con la mia lanterna in mano. Mi chiedevano la liberazione, ed io tentai. Ma non ne ebbi la forza. Il tesoro ripiombò nell'abisso. (Tendendo le braccia) Ma ve lo sussurro piano, nel silenzio della notte : io vi amo, voi che giacete nelle tenebre e nella morte apparente. Vi amo, ricchezze che invocate la vita ... col vostro rutilante corteo di potenza e splendore. Vi amo, vi amo, vi amo! ELLA (con commozione crescente) Sì, è ancor sempre laggiù il tuo amore, John. È sempre rimasto laggiù. Ma qui alla luce del giorno ... un cuore umano e vivo batteva e palpitava per te. E questo cuore tu l'hai calpestato. Bozzetti per i costumi di Maurizio Balò:}ohn Gabriel Borkman 32 Erhart L'unico grande amore di Gabriel è questo . È la fedeltà a se 33 stesso, a sentirsi e a viversi come anonimo e impersonale strumento del capitale, anello docile di una macchina della storia che è progresso, felicità per gli uomini. Il suo nome - come ha ben visto la critica - non è casuale; John Gabriel significa qualcosa: John, di assonanza anglosassone, fa pensare all'uomo d'affari, al capitalista; e Gabriel all'arcangelo Gabriele. Borkman è l'interprete titanico dell'ideologia del lavoro, del sacrificio, è l'angelo sterminato re del vecchio universo precapitalistico. Il figlio del proletario vendica i suoi avi. Come ha annotato fascinosamente Mario Apollonia, il banchiere Borkman «per portare alla luce le sue imprese è penetrato di notte, munito di lanterna, nella camera del tesoro, come suo padre minatore scendeva nelle viscere del monte >>. È anche il riscatto di una stirpe di umili, di lavoratori della terra, di schiavi. Pulsioni biografiche e investitura della storia si intrecciano e si confondono. Ciò che resta esclusa è la squallida miseria di un utile individuale. Soltanto l'occhio di una donna, di un essere inferiore, può scambiare tutto questo per egoismo. Ci riferiamo alla moglie, ma anche a Ella. Gunhild è particolarmente arcigna, spiacevole, ma non è equo lasciarsi ingannare dalle apparenze. La sorella Ella è dolce e appassionata, ma le sue argomentazioni sono le stesse. E una variante della figura archetipica della donna contro il maschio non può non scontrarsi in modo antagonistico. La sua protesta è più accorata, perciò più commovente, ma esprime in fondo le medesime ragioni di Gunhild. D'altra parte non è per caso che Gunhild e Ella siano gemelle; John Gabriel può non amare la prima ed amare la seconda, ma il suo contegno verso la donna è alla fin fine il medesimo, almeno nella sostanza. Non c' è il cinismo delle sue repliche alla moglie, ma c'è sempre la determinazione eroica, la scelta grandiosamente crudele. In qualche punto, anzi, Borkman è con Ella persino più atroce di quanto non sia con la moglie. Soprattutto all'inizio del suo colloquio con lei, la colpevolizza in maniera veramente spietata. Non soltanto si assolve di averla abbandonata - pur amandola - per !asciarla libera sul mercato matrimoniale alle offerte del rivale, ma si rammarica che ella non abbia accettato la parte che i due maschi avevano deciso per lei. Si adira quasi perché il suo rifiuto ha determinato praticamente la sua disfatta; le rinfaccia di non essersi sacrificata per lui. Diciamo che siamo dinanzi all'universo della Cultura (che vuol 34 Gunhild Ella dire poi Repressione) di contro alla vita dell'Istinto, della Carne, della Felicità, della soddisfazione personale. È il maschio che si sente articolazione indeterminata di una forza che lo travalica (il Progresso, il Capitalismo, la Società) contro la donna che si arresta al particolare della propria esistenza biograficamente data, circoscritta. Ma c'è anche qualche cosa di più; si intuisce l'opposizione fra i due sessi come guerra senza quartiere per il dominio sulle fonti della creazione. C'è un intervento di Ella estremamente perspicuo: <> . All'ultimo momento si scopre che ciò che Ella piange non è tanto l'amore di Borkman, ma la maternità da parte di Borkman, che non ha potuto ottenere, e che ha surrogato con la maternità adottiva nei confronti del nipote. Il personaggio femminile si svela in extremis, di colpo, non come donna ma piuttosto come madre, denuncia suo malgrado la vecchia ideologia conservatrice della donna che esiste solamente per diventare madre (ed è questo che giustifica il rapporto altrimenti un po' strano, poco credibile - fra Ella ed Erhart). Ma allora, a questa altezza interpretativa, è lecito ripercorrere tutta la vicenda in una luce inedita. Perché, in conclusione, se Ella voleva da Borkman la maternità, Borkman, a sua volta, questa maternità, gliela ha negata. Perché era Borkman che pretendeva di figliare, che esigeva di essere madre in prima persona. <> aveva detto a Foldal. Ed era cosa da sussurrare, appunto, soltanto a un maschio. La grandiosa, tirannica, sete di potere era poi, in pratica, sete di generare, di accogliere nel proprio grembo potenzialità vitali che aspettavano di essere messe alla luce, di essere partorite. L'inquietante, segreto, sogno dei maschi è di procreare direttamente, senza la mediazione della donna. Lo scontro frontale fra uomo e donna si produce su questo crinale. È già avvenuto nel passato remoto, fra John Gabriel ed Ella; e si è compiuto nel passato prossimo, tra John Gabriel e Gunhild. Anzi, Borkman le unisce nel suo odio per la comune immagine femminile di madre, concorrenziale rispetto alla sua frustrata aspirazione materna. Sentiamo Borkman quando parla a Foldal: <>. Non solo le donne producono figli al posto e a dispetto del maschio, ma gli impediscono di esercitare anche solo una funzione educativa sui medesimi . È un assioma centrale in Ibsen che i figli sono soltanto figli della madre, appartengono esclusivamente a lei, già solo per il fatto che nascono dal suo ventre anziché da quello del padre. Per un breve momento Borkman si illude, nel finale, di poter riconquistare a sé il figlio. Aspetta pazientemente il suo turno; lascia che le due donne gli facciano le loro profferte - diverse ma complementari: la madre di vivere come suo vendicatore, la zia come suo consolatore nella morte che le si approssima - e che il giovane le respinga entrambe, per intervenire in terza battuta. Ma Erhart respinge anche la proposta del padre come ha respinto quelle della madre e della zia. Erhart non è assolutamente il figlio del padre. Nulla condivide dei grandi valori paterni: disciplina, lavoro spirito d'impresa. Egli si sottrae al dispotismo delle due madri, ma solo perché è succube della signoria d 'una terza madre, quella signora Wilton non casualmente più anziana di lui di sette anni, già sposata (già divorziata, e dunque facilmente riconoscibile quale sembianza materna). Una storia d 'amore - questa di Erhart e di Fanny Wilton che non ha un disegno di vita, un'ipotesi esistenziale di qualche genere. Se progetto c'è, implicito, è solo un controprogetto, ripulsa del modello paterno, ricusazione ferma del quotidiano, della fatica, del lavoro. Il loro amore è una fuga, un viaggio-vacanza nel sud dell'Europa, cioè presumibilmente in Italia, nel paese del sole, del canto, del sesso, del non lavoro, della felicità in una parola. Con in più quella presenza ambigua della << giovane protetta>> della Wilton che è Frida Foldal, che aggiunge un segno malsano, di torbido e di corrotto, a questo commercio già un po' malsano fra una donna matura e un ragazzo appena sfuggito alle cure doppiamente opprimenti delle due madri. Ma è un discorso senza dignità e credibilità alcune (e su cui la critica seria non ha mai puntato nemmeno mezzo scellino). I giovani, i figli, vanno a scialacquare tutto quello che i padri, gli avi, hanno accumulato. Con la pena e gli stenti delle opere e dei giorni (casomai sbagliando, perdendo tutto, finendo in galera). È il rovesciamento di un mondo. Ma Ibsen non de- 36 Foldaf Fanny Wifton Frida Foldaf gna di uno sguardo queste pulsioni dissipate e cieche dei giovani, dei figli, di questo Erhart ridicolmente subalterno alla donna, così intrinsecamente sottomesso alla potestà femminile da arrivare ad affrancarsi dal governo della zia solo a condizione di precipitare in quello della madre, e a sciogliersi dai lacci di quest'ultima a patto di confessarsi sotto la dominazione dell'amante-mamma. Di tutte e tre le donne Fanny Wilton è quella che vince perché è colei che incoraggia di più la vana pigrizia e lo sterile ozio sessuale del maschietto fannullone. La madre, sia pure a suo modo, lo vorrebbe in fondo investire di un compito - risollevare dal fango il nome dei Borkman - che richiede indubbiamente spirito di sacrificio e dedizione di lavoro; e la zia lo sollecita - almeno alla fine - a stringersi al padre, a ricominciare con lui una severa vita di rinuncia, stabilita su una ritrovata etica capitalistica. Fanny Wilton g li propone solo turismo di lusso, esperte lascivie matronali e, a medio termine, le primizie di una vergine tenuta in serra per lui. Naturalmente c'è - in tutto questo - una enfasi, un tono alto e solenne, come si addice a Ibsen cantore dell'epopea borghese, interprete ispirato del cavaliere d'industria che domina gli anni di ferro della grande stagione storica della fase imperialistica del Capitalismo. Non è detto, ovviamente, che la lettura di un regista moderno debba essere questa. E questa, da Massimo Castri, proprio non possiamo aspettarcela. Ma il teatro di regia - quando è grande teatro, e non g ià prassi commerciale, semplice routine - è sempre creazione e riscoperta di un testo. Se non fosse così, d'altra parte, perché mettere in scena i testi teatrali? Basterebbe leggerli . .. Edvard Mzmch, John Gabriel Borkman, 1896 37 Teatro Stabile Torino John Gabriel Borkman Di Henrik Ibsen Traduzione di Anita Rho ]ohn Gabriel Borkman Vittorio Franceschi ex direttore di banca Gunhild Ilaria Occhini sua moglie Erhart Pierluigi Corallo loro figlio, studente Ella Rentheim Lucilla Morlacchi sorella gemella della signora Borkman Fanny Wilton Sara Alzetta Vilhelm Foldal Alarico Salaroli scrivano aggiunto m tm ufficio governativo Frida Silvia Ajelli sua figlia Regia di Massimo Castri Scene e costumi di Maurizio Balò Luci di Gigi Saccomandi Musiche di Arturo Annecchino Suono di Franco Visioli Aiuto regista Marco Plini Direttore dell'allestimento Carmelo Giammello Massimo Castri Coordinatore tecnico: Claudio Sacco - Assistente agli allestimenti: Gianni Murru Responsabile elettricisti: Giancarlo Salvatori - Responsabile macchinisti: Roberto Leanti Ufficio produzioni: Roberto Gho, Loredana Chessa, Isabella Lagattolla Ufficio programmazione: Patrizia Caletta, Elena Ormezzano Assistente alla regia: Gianna De Martino - Assistente scenografo: Davide Amadei - Assistente ai costumi: Paola Moro Direttore di scena: Marco Albertano - Capo macchinista: Vincenzo Cutrupi - Macchinista: Adriano Maraffìno Capo elettricista: Franco Gaydou - Elettricista: Nicola Mirigliani - Fonico: Franco Visioli Microfonista: Andrea Taglia - Attrezzista: Marco Anedda - Capo sarta: Nirvana Angioletto Collaboratore tecnico: Hermes Pancaldi - Amministratore di compagnia: Roberto Gho Costruzioni scenografìche: Props & Decors (Alessandria) - Realizzazioni pittoriche: Fulvio Lanza (Milano) Costumi: Brancato (Milano) - Calzature: Sacchi (Firenze) - Parrucche: Audello (Torino) Responsabile stampa e comunicazione: Carla Galliano - Coordinamento promozione e immagine: Adriano Bertotto Foto di Marcello Norberth 38 39 r Ifatia Occhini (Gunhild) , Lucilla Morlacchi (Ella) 40 41 Vittorio Franceschi Uohn Gabriel Borkman), Silvia Ajelli (Frida) Vittorio Franceschi, Ilaria Occhini Alarico Salaroli (Vilhelm Foldal), Vittorio Franceschi Alarico Salaroli, Vittorio Franceschi, Lucilla Morlacchi 42 43 Vittorio Franceschi, Luci/la Morlacchi Luci/la Morlacchi, Pierluigi Corallo (Erhart), Ilaria Occhini Luci/la Morlacchi, Ilaria Occhini Ilaria Occhini, Pierluigi Corallo, Sara Alzetta (Fanny Wilton) 44 45 46 47 48 49 Henrik Ibsen Atto primo JOHN GABRIEL BORKMAN Il salotto della signora Borkman, arredato con uno sfarzo fuori moda e stinto. Infondo una porta scorrevole si apre su una veranda con finestre eporta a vetri attraverso le quali si vede il giardino dove nella luce crepuscolare turbinano fiocchi di neve. A destra la porta del vestibolo, più avanti una vecchia stujà di ferro accesa. A sinistra in secondo piano una piccola porta. Sul davanti una finestra con tende pesanti. Fra la finestra e la porta un divano di crine; davanti al sofà un tavolo con tappeto. Sul tavolo una lampada accesa velata da un paralume. Accanto alla stufa una poltrona dal! 'alto schienale. traduzione di Anita Rho Personaggi fohn Gabriel Borkman ex direttore di banca Gunhild sua moglie Erhart loro figlio, studente Ella Rentheim sorella gemella della signora Borkman Fanny Wilton Vilhelm Foldal scrivano aggiunto in un ufficio governativo Frida sua figlia La Cameriera della signora Borkman L'azione si svolge in una sera d'inverno nella proprietà dei Rentheim, alle porte della capitale. La signora Borkman è seduta sul divano e lavora all'uncinetto. È una signora anziana dall'aspetto freddo e distinto, portamento rigido e tratti severi. Capelli abbondanti, molto grigi. Mani trasparenti e sottili. Porta un abito scuro di seta pesante, di un'eleganza passata, un po' logoro. Sulle spalle uno scialle di lana. Per qualche istante la signora Borkman rimane immobile, in silenzio, col lavoro tra le mani. Si ode al di fuori la sonaglieria di una slitta che passa. Signora Borkman (tende l'orecchio, i suoi occhi brillano di gioia,· mormora suo malgrado) Erhart! Finalmente! (Si alza e scosta le tende per guardar fuori. Sembra delusa, torna a sedersi sul divano e riprende il lavoro). Dopo una pausa la cameriera entra dal vestibolo portando un biglietto da visita su un vassoio (Vivamente) È lui vero? ... Il signor Erhart! Cameriera No, signora. Di là c'è una signora... Signora Borkman Cameriera (mettendo via il lavoro) Ah, la signora Wilton ... (avvicinandosi) No ... è una signora che non conosco. Signora Borkman (prendendo il biglietto) Fate vedere ... (Legge, si alza in fretta e jìssa la cameriera) Siete sicura che è per me? Cameriera Io ho capito così. Signora Borkman Cameriera È con la signora Borkman che desidera parlare? Ma sì signora. Signora Borkman (con rapida risoluzione) Va bene. Fatela entrare. La cameriera introduce la visitatrice e si ritira. Ella Rentheim entra nella stanza. Somiglia alla sorella, ma il suo volto rivela la sofferenza piuttosto che la durezza. Reca ancora le tracce di una bellezza nobile ed espressiva. l folti capelli bianchi come l 'argento sono pettinati alt 'indietro e naturalmente ondulati. Porta abito e cappello di velluto nero, il soprabito foderato di pelliccia è della stessa stoffa. Le due sorelle si esaminano per un istante in silenzio. Evidentemente ognuna attende che l'altra sia la prima a parlare. Ella (che è rimasta accanto alla porta) Sì, sono io, Gunhild. Th sei certo stupita di vedermi qui. Signora Borkman (è ritta immobile tra il divano e la tavola, e appoggia la punta delle dita sul tavolino) Non hai sbagliato strada? L'amministratore abita qui accanto. Ella Non volevo parlare con l'amministratore, oggi. Signora Borkman 50 Dunque vuoi qualcosa da me? 51 Ella Signora Borkman Ella (avvicinandosi un poco) Siediti, allora. Grazie; posso stare in piedi. Signora Borkman Ella Signora Borkman Sì. Vorrei dirti due parole. Come vuoi. Togliti il soprabito, almeno. (Sbottonandosi il soprabito) Veramente fa molto caldo qui... Signora Borkman Io ho sempre freddo. (fredda) O almeno che non ci parliamo. Ella È vero: che non ci parliamo. Perchè mi hai vista ogni tanto ... quando venivo dall'amministratore, una volta l'anno. Signora Borkman · Ella Sì, ti ho vista, credo, un paio di volte. Anch'io ti ho vista una o due volte di sfuggita alla finestra. Signora Borkman Attraverso le tende. Hai la vista buona, tu. (Con voce dura e tagliente) Ma l'ultima volta che ci siamo parlate ... è stato proprio qui, nel mio salotto ... Ella Ella ... una settimana prima... prima che lui uscisse. (muovendosi per la stanza) Oh, lasciamo andare! Signora Borkman libertà. Signora Borkman (c.s.) Lui che è stato cinque anni in prigione! {Coprendosi il vL\'0 con le mani) Oh, questa vergogna che mi schiaccia! (Raddrizzandosi) Pensare che cosa significava un tempo il nome di john Gabriel Borkman! No, no, no!. .. Non voglio mai più vederlo! ... Mai più! Ella Ella (la guarda per un istante) Hai il cuore duro, Gunhild. (con voce ferma ma velata) Una settimana prima che lui...il direttore, fosse messo in Per lui, sì. Ma è tuo marito. Signora Borkman Non ha detto forse davanti al tribunale che io ero stata la prima causa della sua rovina? Che spendevo somme pazzesche ... ? Ella (con cautela) Non c'era qualcosa di vero? Signora Borkman Ella Era lui che voleva così. Thtto doveva essere splendido, lussuoso ... Lo so. Ma tu avresti dovuto trattenerlo. E non l'hai fatto. Signora Borkman Sapevo io, che non gli apparteneva... quel denaro che mi dava da sciupare? E che sciupava lui stesso. Dieci volte più pazzamente di me! Ella (evasivamente) Sì, sì, Gunhild, me ne ricordo! Signora Borkman Neppure vederlo! Signora Borkman Ella (la contempla per qualche istante, col braccio sulla spalliera della poltrona) Già Gunhild, sono quasi otto anni che non ci vediamo. Signora Borkman Ella (guardandola stupita) Ma... credi forse ch'io viva con lui? Che lo incontri? Che lo veda? (calma) La sua posizione lo esigeva, immagino. Almeno fino a un certo punto. Signora Borkman (ironica) Oh, certo, diceva sempre che erano spese di "rappresentanza". E che "rappresentanza", ti dico io! Tiro a quattro ... come un re. Voleva essere riverito come un re. (Ride) E in tutto il paese lo chiamavano per nome né più né meno del re: "john Gabriel... john Gabriel!" Perfino i bambini sapevano quanto fosse grande john Gabriel! Ella (con calore) E infatti era grande, allora. Lo sai. Ella (venendo avanti) Oh, sì, sì! Non dimenticherò mai quel momento! Ma è un pensiero che fa troppo male. Meglio non indùgiarvi su ... Oh! Signora Borkman Sì, in apparenza. Ma non mi ha mai detto una parola della sua vera situazione. Mai mi ha rivelato donde provenisse la sua ricchezza. Signora Borkman (cupa) Eppure non si può pensare ad altro! (Con animazione, giungendo le mani) No, è impossibile! Non mi ci adatterò mai! Che una cosa tanto ... tanto mostruosa possa colpire una famiglia! E la nostra... la nostra famiglia! Una famiglia così per bene! Chi avrebbe immaginato che una simile vergogna potesse colpirla? Ella Ella Ah, Gunhild ... su molte, molte altre famiglie si è abbattuto lo stesso colpo. Signora Borkman Mio Dio, sì; ma degli altri non m'importa. Avranno perduto un po' di denaro. .. qualche titolo. Ma noi...! Io! Erhart, ch'era ancora bambino! (Sempre più esaltata) La vergogna su noi innocenti! Il disonore! L'orribile disonore! E per giunta la completa rovina! Ella (cautamente) Dimmi Gunhild... e lui come sopporta tutto questo? Signora Borkman Ella Signora Borkman Che gli altri lo sapessero o no, poco m'importa. Ma sarebbe stato suo dovere dirmi la verità. E lui non l'ha mai fatto! Mi ha sempre mentito ... spudoratamente mentito ... ! Ella (con sarcasmo) E credi che glielo abbia mai chiesto? Chiedere? Non c'e bisogno di chiedere ... 52 (interrompendo/a) Questo non lo credo, Gunhild! Avrà taciuto; ma non può aver mentito. Signora Borkman Chiamalo come vuoi; tanto è tutt'uno ... E poi la rovina. Thtto crollato. E di tanti splendori... più nulla. Ella (jra sé) Sì, tutto è crollato ... per lui... e per altri. Signora Borkman riparazione. Vedrai! Ella No ... lui, tuo marito. Come sopporta... ? Signora Borkman Ella Chi, Erhart? Può darsi... nessuno lo sapeva, d'altronde. (drizzandosi minacciosa) Ma ti giuro, Ella... io non mi arrendo! Saprò procurarmi (ansiosa) Riparazione? Che intendi dire? Signora Borkman Riparazione per la perdita dell'onore, del nome e del benessere! Riparazione per tutta la mia vita sciupata, ecco che cosa intendo dire. Ho qualcuno in riserva, sappilo!. .. Qualcuno che laverà tutto quel che ... il direttore Borkman ha insudiciato. 53 Ella Oh Gunhild! Gunhild! Signora Borkman m'ha fatto. Ella (alzando il tono) Sappi che c'è un vendicatore' Egli riparerà tutto il male che suo padre Signora Borkman Ella Ella Erhart! (lentamente) Volevo appianargli la strada, aiutarlo a diventare un uomo felice. (sprezzante) Bah ... la gente nella nostra situazione ha altro da fare che pensare alla felicità. E a che cosa dovrebbe pensare? Signora Borkman Sì, Erhart... il mio splendido figlio! Lui farà risorgere la famiglia, la casa, il nome! Thtto quel che può risorgere... E forse anche di più! Signora Borkman (guardandola con e~pressione grave) Prima di tutto Erhart deve cercare di innalzarsi e di brillare a tal punto che nessuno, in tutto il paese, possa scorgere l'ombra che suo padre ha gettato su me ... e su mio figlio. Ella Ella E in che modo avverrà tutto questo, secondo te? (.~crutandola) Signora Borkman Signora Borkman Non lo so ancora. Ma non importa. Sono sicura che così dev'essere e così sarà. (Guardandola interrogativamente) Ma, Ella... in fondo non hai avuto anche tu la stessa idea, fin da quando era piccino? Ella Ella Signora Borkman No, veramente non posso dir questo. Signora Borkman casa? Ella No ... è vero purtroppo. E suo padre ... aveva un importantissimo impedimento ... era sotto (sdegnata) Come puoi parlare così? Th! Signora Borkman (con un 'espressione velenosa) E tu come hai potuto risolverti a raccogliere il figlio dijohn Gabriel! Proprio come se fosse un figlio tuo ... Togliermelo ... e portartelo a casa! E tener! o con te per anni ed anni! Era quasi un uomo quando è tornato. (La guarda con diffidenza) Perché l'hai fatto, Ella? Perché l'hai tenuto con te tanto tempo? Ella Mi ero tanto affezionata a lui... Signora Borkman Ella Più di me ... di sua madre! (recisa) Per Erhart e per me lo scopo è uno solo. (a voce lenta e sorda) Così sicura sei di tuo figlio, Gunhild? (con accento di trionfo) Sì, grazie a Dio ... son sicura di lui! Stà tranquilla. Ella Allora dovresti sentirti felice, malgrado tutto. Signora Borkman Infatti lo sono, sotto questo riguardo. Ma poi, vedi... improvvisamente ... quell'altra cosa mi travolge come una bufera. Ella (cambiando tono) Dimmi... Tanto vale subito. Poiché in fondo son venuta per questo ... Signora Borkman Ella Di che mai si tratta? Di una cosa di cui devo assolutamente parlarti. Dimmi... Erhart non abita qui, presso ... di voi? Signora Borkman Ella (dura) Erhart non può stare qui con me. Deve vivere in città... Sì, me l'ha scritto. Signora Borkman È necessario per i suoi studi. Ma ogni sera viene a passare un'ora con me. (evasivamente) Non lo so. E poi Erhart era un po' delicato, durante lo sviluppo ... Signora Borkman Delicato, Erhart? Ella Ella (turbata) Oh, lo spero bene! ... oppure sei tu che glielo imponi? Signora Borkman Th non potevi occupartene, allora Gunhild. Signora Borkman chiave ... Ella No? Ma allora perché l'hai preso con te, quando la tempesta s'è abbattuta su ... su questa Dimmi Gunhild... anche Erhart s'é proposto questo scopo di vita... ? Ella Allora potrei vederlo, forse? E parlargli subito? Signora Borkman Sì... o almeno così mi pareva, allora. E l'aria sulla costa di ponente è molto più mite che qui, tu lo sai. Signora Borkman (con un sorriso amaro) Oh, davvero? (Seccamente) Ma sì, tu hai fatto moltissimo per Erhart. (Cambiando tono) D'altronde ne avevi anche i mezzi. (Sorridendo) Sei stata così fortunata, Ella! Hai potuto salvare tutto quanto t'apparteneva. Ella Ma sì, Gunhild ... dev'essere già venuto. Lo sento camminare di sopra. Signora Borkman Ella Non è ancora venuto. Ma l'aspetto da un momento all'altro. (con una rapida occhiata) Su nel salone? Sì, sento i suoi passi da quando sono entrata. (guardando altrove) Non è lui, Ella. Ella (ferita) Io non ho mosso un dito ... te lo giuro. Per molto, molto tempo ho completamente ignorato che i valori depositati in banca al mio nome ... non erano stati toccati... Signora Borkman Signora Borkman Già, già... di queste cose io non m'intendo. Ho detto soltanto che hai avuto fortuna. (Con uno sguardo interrogativo) Ma quando ti sei incaricata spontaneamente di educare Erhart in vece mia.. .? Qual'era la tua intenzione? Signora Borkman Il direttore. Ella Ella (sussulta) Non è Erhart? (Con un presentimento) Ma chi è allora? (piano, reprimendo il suo dolore) Borkman. john Gabriel Borkman! Signora Borkman (guardandola) Intenzione ... ? Signora Borkman Ella Ma sì... avrai pure avuto uno scopo. Che cosa volevi fare di lui? Ache cosa lo destinavi? 54 Ella Cammina così, in lungo e in largo. Su, giù. Dal mattino alla sera. Thtti i giorni dell'anno. Ho sentito dire qualcosa, infatti... 55 Signora Borkman Lo credo. Chi sa come chiacchiera la gente, qui intorno. Ella È stato Erhart a parlarmene, nelle sue lettere. M'ha accennato che suo padre se ne stava quasi sempre di sopra... solo. E tu sola, qui sotto. soprabito e uscire. Ma di solito si ferma a metà della scala... e torna indietro. Epoi si chiude di nuovo nel salone. Ella (con cautela) Nessuno dei suoi vecchi amici viene a trovarlo? Signora Borkman Egli non ha vecchi amici. Signora Borkman Sì... così siamo vissuti, Ella. Da quando l'hanno lasciato libero e me l'hanno rimandato a casa. Per tutti questi otto lunghi anni. Ella Ella Signora Borkman Uhm! Ha saputo così bene toglierseli d'intorno. Un'amicizia che è loro costata cara... Quella di john Gabriel. Non ho mai potuto credere che fosse vero. Che fosse possibile ... ! Signora Borkman Ella (guardandola) Dev'essere una vita orribile, Gunhild. Signora Borkman Ella (accennando di sì) È vero. E non sarà mai altrimenti. Più che orribile! Non resisterò a lungo. Me lo immagino. Ella Ne aveva tanti ... una volta. Eh sì... forse hai ragione, Gunhild. Signora Borkman (con violenza) D'altra parte è volgare, meschino, miserabile, dar tanta importanza a quel poco che possono aver perduto per causa sua. Non era che denaro. Null'altro. Ella (senza rispondere) E così vive lassù, solo. Abbandonato a se stesso. Signora Borkman Sentire sempre il suo passo lassù! Dal primo mattino fino a notte inoltrata... E come risuona qua sotto! Signora Borkman trovarlo. Ella Ella Sì, risuona molto, infatti. Signora Borkman Avolte mi sembra di aver lassù un lupo ammalato in gabbia. Proprio qui sul mio capo. (Tende l'orecchio e mormora) Ascolta! Ascolta! Cammina, il lupo ... su e giù ... su e giù! Ella (cautamente) Non potrebbero cambiare le cose, Gunhild? Signora Borkman (con un gesto di rifiuto) Egli non ha mai fatto nulla per cambiarle. Credo di sì. Ho sentito dire che un vecchio copista o scrivano di quando in quando viene a Ah, dev'essere Faldai. So che erano amici fin da giovani. Signora Borkman Già, mi pare. lo non lo conosco. Non frequentava la nostra società... al tempo in cui avevamo una società... Ella E adesso viene a trovare Borkrnan? Signora Borkman Sì. Non è schifiltoso, lui. Però viene soltanto dopo il calar del sole. Ella Ma non potresti farlo tu il primo passo? Ella Signora Borkman (sussultando) lo! Dopo tutto il male che mi ha fatto ... No davvero! Continui pure a dar le volte nella sua gabbia, piuttosto! Signora Borkman (con indffferenza) Sì, mi sembra di ricordare che ha perduto un po' di denaro. Ma era così poco ... Ella Si soffoca, qui. Mi permetti di togliermi il soprabito? Ella Signora Borkman Signora Borkman (sorridendo) Dio mio ... quel che possedeva lui doveva essere una miseria. Non vale neanche la pena di parlarne. Ma sì, te l'avevo proposto poco fa ... Ella (depone il soprabito e il cappello su una sedia vicino alla porta) Non lo incontri qualche volta fuori di casa? Signora Borkman Ella Volevo dire quando esce a prender aria. Nel bosco, oppure ... Signora Borkman Ella Infatti non se n'è parlato, al processo. Faldai non ne ha parlato. Signora Borkman Ella Ella Mai. Pare di no. Il suo soprabito e il suo cappello sono là nell'armadio a muro del vestibolo, sai (assorta) ... nell'armadio in cui ci nascondevamo da bambini... Signora Borkman (appoggiando sulle parole) Era tutto ciò che possedeva. Ti dirò d'altronde che Erhart lo ha indennizzato largamente. (stupita) Erhart? E come ha potuto. Signora Borkman Si è occupato della figlia minore di Faldai. Le ha dato delle lezioni... così che forse un giorno potrà provvedere a se stessa. Come vedi... è molto più di quanto suo padre avrebbe potuto fare per lei. (turbata) Non ne ha il coraggio? Signora Borkman bene ... Ella Il direttore non esce mai. Neppure quando è buio? Signora Borkman Ella (con un riso amaro) In società forse? Ella Questo Faldai è una delle vittime della bancarotta. (accennando di sì) Qualche volta ... la sera tardi... lo sento scendere per indossare il 56 Già, suo padre deve avere mezzi molto limitati, immagino. Signora Borkman E poi Erhart le ha fatto imparare la musica. Ora la ragazza è già in grado di venire a suonare qui da... lui, su nel salone. Ella Ama ancora tanto la musica? Signora Borkman ritorno ... Oh sì. Ha nella sua stanza il piano che gli hai mandato tu ... quando si aspettava il suo 57 Ella Ed è su quel piano che la piccola Foldal suona per lui? Signora Borkman Ella Sì, di quando, in quando, la sera. Anche questa è stata un'idea di Erhart. Sicchè quella povera figliola deve far tutta la strada dalla città fin qui, e poi tornare indietro? Signora Borkman No, non è necessario. Erhart l'ha fatta ospitare da una signora che abita qui vicino. Una certa signora Wilton ... Ella (vivamente) La signora Wilton! Signora Borkman Ella Ella Sì, è lei. Erhart la nomina sovente nelle sue lettere ... Abita qui, adesso? (esitante) La gente dice che è divorziata. Signora Borkman Ella Ella Suo marito dev'essere morto da un pezzo. L'aveva abbandonata, ecco la verità. Lei non ne ebbe colpa di certo. Abbastanza, abita così vicino. E viene ogni tanto a trovarmi. Ella Ha un'intelligenza notevole. Ed è straordinariamente sicura del suo modo di giudicare. Signora Borkman Sì, soprattutto la gente. Erhart, per esempio, l'ha studiato a fondo. Ha esplorato tutte le pieghe della sua anima. E quindi lo adora... com'è naturale. Ella (con un po' di malizia) Allora è più in confidenza con Erhart che con te. Signora Borkman Sì, Erhart l'ha incontrata sovente in città, prima che venisse a stabilirsi qui. Ella (senza riflettere) E tuttavia ella ha lasciato la città? Signora Borkman Ella (evasiva) Dio mio ... che cosa dovrei intendere? ... Signora Borkman Ella L'hai detto in un tono così strano. C'era un sottinteso, Ella! (guardandola fermamente negli occhi) Ebbene sì, Gunhild, c'era un sottinteso. Signora Borkman Ella (ja un gesto di stupore e la guarda duramente) TUttavia? Che cosa intendi dire? Parla chiaro, allora! Signora Borkman Signora Borkman (guardando in giro per la stanza) Ma no! Ti è costato molto denaro ... 58 (indignata) Io! E poi quella signora Wilton ... temo. Signora Borkman (la guarda per un istante senza parole) E puoi supporre questo, di Erhart! Mio figlio! Lui che deve compiere la sua grande missione. (sprezzante) Ma che missione ... ! Signora Borkman (indignata) Come osi parlarne con quell'accento di scherno! Ella Credi davvero che un uomo dell'età di Erhart, giovane e in buona salute, sia disposlo a sacrificarsi per... per una cosiddetta "missione"? Ella Ella Ella Ella (con voce ferma e convinta) Erhart lo farà. Ne sono certa. (crollando il capo) Non ne sei certa, Gunhild. Non lo credi neppure tu. Io! È un sogno, nient'altro. Se non potessi aggrapparti a quello, cadresti in preda alla disperazione. Sì, è vero. (Eccitata) E forse tu ne saresti felice, Ella! (ergendo il capo) Certo meglio questo ... che vederti salva sacrificando Erhart! Signora Borkman (minacciosa) Vuoi metterti fra noi, dunque? Fra madre e figlio! Th! Voglio liberarlo dalla tua influenza... dal tuo potere ... dal tuo dominio! Signora Borkman (in tono di trionfo) Non puoi più farlo. Lo hai avuto nelle tue reti... fino ai quindici anni. Ma ora te l'ho ripreso! Ella Ebbene, lo riconquisterò a mia volta! (con voce rauca, quasi bisbigliando) Già un'altra volta abbiamo lottato a morte per un uomo, Gunhild! Signora Borkman Ella (cupa) No ... purtroppo hai ragione. Neppure questa volta ci guadagnerai niente. Signora Borkman Ella (con gioia maligna) Sì, e ho vinto io! (ironicamente) Credi ancora che la vittoria ti abbia giovato? Signora Borkman Ella Prima di tutto voglio dirti che anch'io credo di avere certi diritti su Erhart. Mi dai torto, forse? Minaccia Erhart? Ma che cosa lo minaccia? O chi lo minaccia? Ella Th, innanzi tutto ... a modo tuo ... Signora Borkman Di giudicare la gente? Ma sì, può essere; però ... E perciò naturalmente mi inquieto quando sento che qualcosa lo minaccia. Signora Borkman Ella E ti piace? Signora Borkman Signora Borkman Ella (con un sorriso ironico) Per mio figlio? Th? Nonostante tutto? Sì. Nonostante tutto. Amo Erhart quanto si può amare una creatura umana, alla mia età. Signora Borkman La conosci bene, Gunhild? Signora Borkman Ella Ella Sì... ma erano divorziati. Fu lui a chiedere il divorzio. Signora Borkman Signora Borkman Ella Signora Borkman Sì, ha affittato una villa e si è trasferita qui dalfa città, da poco tempo. Ella Non si tratta di questo, Gunhild. Parlo dell'affetto che ho per lui... Signora Borkman Una signora ricchissima. Th non la conosci. Ho sentito parlare di lei. Fanny Wilton, se non mi sbaglio ... Signora Borkman Ella Niente? Non è niente conservare il mio potere materno su Erhart? Già... perché tu non aspiri che al potere. 59 Signora Borkman Ella (con calore) Io voglio il suo affetto ... la sua anima... tutto il suo cuore! Signora Borkman Ella (sorridendo) Sì, con tua buona pace. Non l'hai capito dalle sue lettere? (accennando di sì lentamente) Sì. Portavano tutte la tua impronta. Signora Borkman Ella (impetuosamente) Non l'avrai mai più! (guardandola) Hai già preso le tue misure per questo? Signora Borkman Ella Ella E tu? (pungente) Ho saputo trame profitto dagli otto anni che l'ho avuto sott'occhio, cara mia. (dominandosi) Che cos'hai detto a Erhart di me? Me lo puoi ripetere? Signora Borkman Ma certo! Signora Borkman Signora Borkman Ella Signora Borkman Ella Ella Sentiamo! In questa casa... ? Thtta la notte? Fino al giorno della mia morte, se è necessario. (riprendendosi) Ma sì, Ella... la casa è tua. Ah, che importa? ... Signora Borkman Thtto t'appartiene, qui. La seggiola sulla quale son seduta è tua. Il letto in cui passo le notti insonni, ti appartiene. Il pane che mangiamo, lo dobbiamo a te. Non si può far diverso. Borkman non può possedere nulla, altrimenti verrebbero a portarglielo via. Signora Borkman Signora Borkman Gli ho detto semplicemente quello che è vero! (fissandola) Qui? Ella Sì! Ella Ella Parla! (con fredda risoluzione) Vedremo! Io intanto rimango qui. Ella Lo so, lo so. Dobbiamo rassegnarci a vivere della tua carità. (fredda) Non posso impedirti di considerare la cosa come ti piace, Gunhild. Signora Borkman No, non me lo puoi impedire. Quando dobbiamo andar via? Signora Borkman Gli ho inculcato la convinzione che è merito tuo se viviamo decorosamente. Anzi se non siamo morti di fame. Ella Ella Thtto qui? Signora Borkman (eccitata) Non crederai mica ch'io voglia vivere con te sotto uno stesso tetto? No! piuttosto la strada o l'asilo di carità! Signora Borkman Ella Oh, questo basta, stai tranquilla. Lo so per esperienza. Ma Erhart press'a poco lo sapeva già. Ella La verità. Gli ho chiesto come si spiegava che la zia Ella non venisse mai a trovarci... Signora Borkman Ora ne sa di più. Tu lo avevi persuaso che era per un senso di delicatezza verso di me ... e verso quello di sopra. Ella (riflette un istante, poi dice risolutamente) Sceglierà Erhart fra noi. (la guarda dubbiosa) Erhart? Davvero ... vuoi correre il rischio, Gunhild? (con un riso aspro) Se voglio? Lasciar che mio figlio scelga tra sua madre e te? Oh, certo! (tendendo l'orecchio) Sta venendo qualcuno? Mi sembra di udire ... Signora Borkman Sarà Erhart... Colpi rapidi alla porta d'ingresso, che tosto s'apre senz'altro. Entra la signora Wilton in abito da visita e mantello. Dietro a lei, con aria perplessa, la cameriera che non ha avuto il tempo di annunciarla. La porta rimane semiaperta. Fanny Wilton è una donna sui trent'anni, appariscente e molto bella. Labbra sorridenti, rosse e sinuose, occhi vivaci, florida capigliatura bruna. Ella Era così, infatti. Ella Ella Erhart! Mio figlio! Il mio diletto! Sì. Se me lo rendi, parto stasera stessa. Signora Borkman (interrompendola) Ma lo sapeva! Signora Borkman Ella Signora Borkman Che cosa crede adesso? Signora Borkman Va bene. Allora rendimi Erhart... Signora Borkman Signora Borkman Quando tornò a casa credeva che tu lo facessi per buon cuore. (La guarda con perfida gioia) Ma ora non lo crede più, Ella. Ella Ella (guardandola) Andar via? Erhart si è ricreduto. Ma che opinione gli hai dato di me? Signora Borkman Quella che corrisponde al vero: egli è convinto che tu ti vergogni di noi... che ci disprezzi. Non è la verità, questa? Non hai mai pensato forse di portarmelo via del tutto? Ricordati, Ella! Non puoi averlo dimenticato. Ella (protestando) Fu quando scoppiò lo scandalo ... ai tempi del processo ... Da molto tempo non ci penso più. Signora Borkman Tanto non ti servirebbe a nulla. Che ne sarebbe della sua missione? Ah, no, sai! Erhart ha bisogno di me ... non di te. E per questo tu sei morta per lui, e lui per te. Signora Wilton Signora Borkman (un po' seccamente) Buona sera, signora. (Alla cameriera indicando la stanza che dà sul giardino) Portate di là la lampada e accendetela. La cameriera prende la lampada ed esce. Signora Wilton Signora Borkman 60 Buona sera, cara signora Borkman! (vedendo Ella) Oh, le chiedo scusa... Ha visite ... È mia sorella, arrivata oggi... 61 Ella Erhart Borkman spalanca la porta semiaperta del vestibolo ed entra a precipizio. È un giovane elegantemente vestito. Occhi chiari efranchi, baffetti nascenti. Erhart (vicino alla porta, raggiante di gioia) Oh, guarda! La zia Ella qui? (Corre a lei e le afferra le mani) Zia, zia! Ma è proprio vero? Th qui? Ella (gettandogli le braccia al collo) Erhart! Caro, caro figliolo! Come sei cresciuto! Ah, che gioia rivederti! (in tono aspro) Ma come, Erhart, stavi nascosto in anticamera? Signora Borkman (pronta) Erhart... il signor Borkman è venuto con me. Signora Wilton Signora Borkman Erhart Son passato un momento dalla signora Wilton ... per andare a prendere la piccola Frida. Signora Borkman Signora Wilton Erhart (squadrando/o) Dunque, Erhart, la prima visita non è per tua madre? C'è anche la signorina Foldal, allora? Sì. È fuori nel vestibolo. Un silenzio. Ella osserva Erhart. Questi sembra imbarazzato e un po' impaziente; il suo viso assume un 'espressione ansiosa e più fredda. La cameriera porta la lampada accesa, la posa nella camera di fondo, ed esce chiudendo la porta dietro di sé. (in tono forzatamente cortese) Signora Wilton ... se vuoi passare la sera con noi... Signora Wilton Mille grazie, cara signora Borkman. Non avevo quest'intenzione. Siamo già invitati. Ci aspettano in casa dell'avvocato Hinkel. Signora Borkman Erhart Ma sì, ma sì, cara zia, non parliamone più. (Con esitazione, guardando la signora Wilton) Come facciamo, però? Non sarà uno sgarbo? Lei ha già accettato l'invito ... in nome mio. Signora Wilton (allegramente) Sciocchezze! Non c'è nessuna difficoltà. Andrò sola alla festa ... sola e abbandonata.. e farò delle scuse ... in nome suo. Erhart (con voce stentata) Bene, se le sembra possibile, allora... Signora Wilton (in tono leggero e disinvolto) Eh! Ho detto tante volte di sì e poi di no .. .io! Vorrebbe forse lasciare sua zia, che è appena arrivata? Vergogna, signor Erhart! Le pare che un figlio affettuoso debba agire così? Signora Borkman Signora Wilton (guardandola) "Ci" aspettano? Di chi parla? (ferita) Figlio? Bè, diciamo: figlio adottivo, signora Borkman. Signora Borkman Signora Wilton (parlando attraverso la porta) Vada pure disopra, Frida. Signora Borkman No, Erhart. .. non voglio davvero che tu ti trattenga per me ... Direi che è una specificazione indispensabile. Amio parere una buona madre adottiva ha più diritto alla riconoscenza che una madre vera. Signora Borkman Parla per esperienza sua? Signora Wilton Dio mio, no ... mia madre, si può dire, non l'ho conosciuta. Ma se avessi avuto anch'io una buona madre adottiva... forse non sarei così ... così poco saggia come mi si accusa di essere. (A Erhart) Dunque, si resterà a casa buono buono con la mamma e la zia, a prendere il tè ... signor studente! (Alle signore) Buona sera, cara signora Borkman! Buona sera, signorina! Le signore ricambiano mute il saluto. La signora Wilton si avvia alla porta. Erhart (seguendo/a) Non vuole che l'accompagni per un tratto? ... Signora Wilton (ridendo) Di me sola a dire il vero. Ma le signore mi hanno pregato di condurre il signor Borkman ... se per caso lo incontravo. Signora Wilton (sulla porta, rifiutando) Neanche per sogno. Sono abituata a far la mia strada da sola. (Si ferma nel vano della porta, lo guarda e gli fa segno col capo) Ma stia in guardia, signor studente ... non le dico altro! Signora Borkman Erhart Signora Wilton Signora Borkman E infatti l'ha incontrato, si vede. Già, per fortuna. Ha avuto la cortesia di passare da me ... per via della piccola Frida. (asciutta) Erhart, non sapevo che tu conoscessi questi... questa famiglia Hinkel. Erhart (irritato) Veramente non li conosco. (Con impazienza) Th sai benissimo, mamma, chi conosco e chi non conosco. Perché dovrei stare in guardia? Signora Wilton (allegramente) Ecco ... quando sarò per la strada... sola e abbandonata, come dicevo ... proverò su di lei il mio potere magnetico. Erhart (ridendo) Ah, vuoi provare di nuovo? Signora Wilton (in tono semiserio) Sì, l'avverto! Quando sarò fuori di qui, dirò internamente, concentrando tutta la mia volontà : "Erhart Borkman, prenda il suo cappello!" Signora Wilton Oh, in quella casa lì si fa presto a conoscersi. Gente allegra, ospitale, piena di brio. Un mucchio di signorine. Signora Borkman Signora Borkman (accentuando le parole) Per quel che ne so di mio figlio, non mi pare una compagnia adatta per lui, signora Wilton. Signora Wilton (ridendo) E come! Lo prenderà immediatamente. E poi io dirò: si metta il soprabito, Erhart Borkman. E le soprascarpe. Non dimentichi le soprascarpe! E mi segua! Così ... così ... obbedisca! Signora Wilton Erhart Dio mio, ma è giovane anche lui, signora Borkman. E lei crede che lo prenderà? (con gaiezza sforzata) Ci può contare. Erhart (reprimendo a stento la sua impazienza) Via, mamma, s'intende che oggi dai Hinkel non ci vado. Resto con te e con la zia Ella, naturalmente. Signora Wilton (con l'indice alzato) Obbedisca! Buona sera! (Ride, fa un cenno alle signore e chiude la porta dietro di sé). Signora Borkman Signora Borkman Lo sapevo, mio caro Erhart. 62 Pratica davvero simili arti quella signora? 63 Erhart Ma no, che idea. Fa per scherzo. (Cambiando tono) Bè, lasciamo stare la signora Wilton, ora. (Conduce Ella a sedersi sulla poltrona vicino alla stufa. Rimane qualche istante in piedi a guardarla) Dunque hai fatto questo lunghissimo viaggio, zia Ella! E in questa stagione, poi! Ella Erhart Ella Erhart Bisognava che consultassi dei medici qui in città. Ah, bene! Ella (c.s.) Sai bene che tutto, qui, appartiene a tua zia. Erhart Giusto. Là ci sono delle camere sempre pronte ad accoglierti. (Con improvvisa animazione) Ma, ora che ci penso, zia... il viaggio deve averti stancata molto ... Erhart Sì, che tu ti sia decisa a curarti, si capisce. Ella (dal sofà dov'è seduta, con freddezza) Sei ammalata, Ella? (con uno sguardo duro) Sai benissimo che sono ammalata. Signora Borkman Signora Borkman Ella (sorridendo) Ti pare proprio che sia un bene? Signora Borkman Sì. L'ho deciso poco fa. Ella E così rimango qui, Erhart. Almeno per ora... fino a nuovo ordine. Abiterò da sola... nell'ala occupata dall'intendente. Era assolutamente necessario, Erhart. Erhart Perché? Ella Ella Ma sì, un po' malaticcia... come sei sempre stata... È vero, sono un po' stanca. Allora dovresti coricarti presto, mi sembra. (lo guarda sorrzdendo) Sì, è quel che penso di fare. Erhart (vivamente) Potremo riprendere la conversazione domani, non è vero? Oppure un altro giorno. Parleremo di tutto. Di cose importanti e meno. Th, la mamma ed io. Non sarebbe meglio zia Ella? Signora Borkman (eccitata, alzandosi in piedi) Erhart!. .. Th vuoi !asciarmi, lo vedo! (trasalendo) Che cosa vuoi dire? Erhart Quando stavo con te ti ho detto tante volte di consultare un medico. Erhart Ella I medici di laggiù non m'ispirano fiducia. E poi non mi sentivo ancora tanto male, allora. Signora Borkman Erhart Stai peggio ora, zia? Erhart (senza volerlo) Ah ecco! (Riprendendosi) Preferisci ch'io rimanga fino a tardi, e privi la zia Ella del suo riposo? La zia è malata, mamma. Dovresti pensarci. Ella Erhart Ella Erhart Ella Erhart Ella Erhart Ella Erhart Ella Erhart Ella Erhart Oh sì, ragazzo mio, sto veramente un po' peggio. Erhart Mah... dipende. (premuroso) Oh ma allora, zia Ella... non devi pensare di ripartire tanto presto. Ella Devi stare in città. Qui puoi avere a disposizione i migliori medici. Appunto per questo mi sono decisa al viaggio. E bisogna trovarti una bella camera... in una pensione comoda, tranquilla. Sono scesa stamane alla mia solita pensione. Ella È meglio che tu agisca liberamente, Erhart. Ella Davvero? E perché? Erhart Perché ho cambiato idea, dacché sono qui. (alzandosi) Magari lo potessi, Gunhild! Erhart (esasperato) Oh, non ne posso più! (Guardandosi intorno) Dov'è il mio cappello? (A Ella) Conosci il pezzo che suonano disopra? Erhart Infatti... ma tuttavia non intendo fermarmici. No. Che cos'è? La Dance Macabre. Non conosci la danza della morte, zia? (con un sorriso doloroso) Non ancora Erhart. (alla signora Borkman) Mamma... ti supplico ... !asciami andare! Signora Borkman (sorpreso) Come? ... Hai cambiato idea.. .? Erhart (lavorando all'uncinetto, senza alzare gli occhi) Tha zia si stabilirà qui, Erhart, nella (guardando ora l'una ora l'altra) Qui? Da noi? ... Ma è proprio vero, zia Ella? 64 (andando verso di lei, in tono minaccioso) Th vuoi togliermi il suo affetto! Si ode musica di pianoforte al piano superiore. Ella Oh, lì ti troverai benissimo. Th vuoi andare dai Hinkel, Erhart! (impaziente) Dio mio, mamma... mi sembra di non potermi dispensare. Che cosa ne pensi tu, zia? Signora Borkman No, infatti non ci penso. Signora Borkman sua proprietà. Erhart Signora Borkman Non c'è nessun pericolo, vero? Vuoi andare da... da quei Hinkel. Ritornerò ... forse domani stesso! Signora Borkman neppure pensarlo! Erhart (guardandolo duramente) Vuoi lasciare tua madre! Dunque è vero? (sconvolta) Mi vuoi lasciare! Per andare da quegli estranei! Da ... da... no, non voglio Là ci sono tanti lumi accesi:.. E visi giovani, allegri... E musica, mamma! 65 Signora Borkman (additando il sojjìtto) Anche qui sopra si fa musica, Erhart. Erhart Ella Erhart Ah, questa musica... è proprio quella che mi fa fuggire. Non sei contento che tuo padre abbia qualche momento d'oblio? Ma sì, naturalmente. Contentissimo. Purché io non sia costretto a star qui ad ascoltare. Signora Borkman (incoraggiando/o con lo sguardo) Sii forte! Sii forte, Erhart figlio mio! Non dimenticare mai la tua grande missione ... Erhart Oh, mamma... risparmiami queste frasi! Non sono nato per fare il missionario. Buona notte, cara zia! Buona notte, mamma! (Esce in fretta dalla porta del vestibolo) Signora Borkman (dopo un breve silenzio) Tu me lo riprenderai, Ella. Ella Ah, fosse vero! Signora Borkman Ella Per opera tua? Signora Borkman Ella Mia... o di quell'altra. John Gabriel Borkman è ritto accanto al piano, le mani dietro la schiena, e ascolta Frida Faldai che sta suonando le ultime battute della Dance Macabre. Borkman è un uomo sui sessant'anni, di statura media e di robusta complessione. Egli ha l'aspetto del gran signore, profilo fine, occhi penetranti, capelli e barba crespi e quasi bianchi. Porta un abito nero un po' fuori moda, e una cravatta bianca. Frida Faldai è una fanciulletta quindicenne, graziosa e pallida; il suo viso rivela la stanchezza e il lavoro eccessivo. È poveramente vestita di un abituccio chiaro. Il pezzo è finito. Un silenzio. Borkman Frida (approvando col capo, lentamente) Capisco. Io dico altrettanto. Meglio lei che te. In fondo sarebbe lo stesso. Ella (raccogliendo il cappello e il soprabito) Per la prima volta in vita loro, le gemelle sono d'accordo. Buona notte, Gunhild. (Esce dalla porta del vestibolo) La musica echeggia più forte. Signora Borkman (rimane un istante immobile, poi sussulta, si irrigidisce e mormora involontariamente) Ricomincia a urlare,illupo ... il lupo ammalato. (Resta ancora un momento in piedi poi si getta sul tappeto e si torce gemendo e lamentandosi) Erh art, Erhart! Restami fedele! Ritorna, soccorri tua madre ... perché io non posso più reggere a questa vita! Laggiù nelle miniere ... (senza capire) Ah, sì? Nelle miniere ... ? Borkman Frida Indovini dove ho sentito per la prima volta una musica simile a questa.! (alzando gli occhi verso di lui) Dove, signor Borkman? Borkman Qualunque cosa gli possa accadere ... Signora Borkman L'antico salone di gala in casa Rentheim. Le pareti sono rivestite di arazzi sbiaditi rappresentanti scene di caccia, pastori e pastore/le. A sinistra una porta a due battenti, e più avanti un pianoforte. Nell'angolo a sinistra della parete di fondo una porta nella tappezzeria. A metà della parete di destra una grande scrivania di quercia scolpita con molti libri e carte. Sempre a destra ma più avantz: un sofà con tavolino e sedie. Tutti i mobili sono in stile impero. Lampade accese sulla scrivania e sul tavolo. Frida Meglio lei, ad ogni modo. Signora Borkman Ella Ma vedrai! Non sarà per molto tempo: lo riperderai. Atto secondo Son figlio d'un minatore, lo sa. Ma no, forse non lo sapeva. No, signor Borkman. Borkman Figlio d'un minatore. E mio padre qualche volta mi portava con sé nella miniera. Laggiù si sentiva cantare il minerale. Frida Davvero ... ? Canta? Borkman (accenna di sì) Quando viene spezzato. I colpi di martello che lo spezzano ... sono come i rintocchi della campana di mezzanotte, che suona l'ora della liberazione. E per questo il minerale canta... di gioia... come può. Frida Ma perchè canta, signor Borkman? Borkman Perché vuoi vedere la luce e servire gli uomini. (Cammina su e giù per la stanza, le mani dietro la schiena). Frida (resta seduta per qualche istante, poi guarda l'orologio e si alza) Scusi, signor Borkman ... mi rincresce, ma debbo andare. Borkman Frida (fermandosi davanti a lei) Se ne va già! (mettendo via la musica) Sì. (Visibilmente imbarazzata) Mi hanno impegnata per questa sera. Borkman In qualche luogo dove c'è una festa? Frida Sì. Borkman Frida 66 E deve suonare davanti agli invitati? (mordendosi le labbra) No ... devo soltanto suonare i ballabili. 67 T l l l Borkman Frida Frida (guardandola) Le piace suonare per far ballare gli altri? Così, andare di casa in casa? (indossando il soprabito) Se mi capita l'occasione ... Si guadagna sempre qualcosa. Borkman Frida Borkman Sì. Dopo la cena vogliono ballare. Borkman Frida Soltanto i ballabili? (insistendo) Pensa soltanto al guadagno, quando è lì seduta a suonare musica da ballo? No. Penso soprattutto quanto mi rincresce di non poter ballare io stessa. Borkman (approvando) È questo che volevo sapere. (Camminando avanti e indietro, irrequieto) Sì, sì, sì. Non poter partecipare ... non c'è nulla di più triste. (Si ferma) Ma c'è un compenso, Frida. Frida (con aria interrogativa) E quale, signor Borkman? Borkman Frida (sorridendo, evasiva) Oh, non ne sono sicura. Borkman Frida (alzando il dito, ammonitore) Non sia mai così pazza da dubitare di se stessa! Ma, Dio mio, poichè nessuno se ne accorge ... Borkman Frida Questo: lei ha dieci volte più musica in sè che tutti quei ballerini presi insieme. Basta che se ne accorga lei. Dove suona stasera? (guardandola a un tratto severamente) Hinkel, ha detto? Frida Sì. Borkman (con un sorriso amaro e pungente) C'è della gente che frequenta quell'uomo? Che accetta di andare a casa sua? Frida Ma sì, va molta gente da lui, l'ho sentito dire dalla signora Wilton. Borkman Frida (con violenza) Ma che specie di gente? Lo sa? (un po' inquieta) No, non lo so davvero. Ah sì... il signor Erhart è stato invitato. Borkman Se vedo il signor Erhart, più tardi, devo dirgli di venire da lei? Borkman (in tono rude) No, non gli dica nulla! Glielo proibisco! Chi vuoi vedermi deve venire spontaneamente. Io non prego nessuno. Frida Va bene, signor Borkman ... Non dirò nulla. Buona notte, signor Borkman. (brontola, riprendendo la sua passeggiata) Buona notte. Borkman Frida Posso passare dalla scala a chiocciola? Faccio più presto. Borkman Frida Ma sì! Per me, può passare dove vuole. Buona notte! Buona notte, signor Borkman. (Esce per la porticina nascosta nella tappezzeria). Borkman, soprappensiero, s'avvicina al pianoforte efa per chiuderlo, ma cambia idea. Si guarda intorno nella sala vuota e comincia a camminare su e giù dall'angolo del pianoforte all'angolo a sinistra in fondo, sempre inquieto e senza mai fermarsi. Finalmente va a sedersi alla scrivania, tende l 'orecchio verso la porta a battenti, prende uno specchietto a mano, si guarda e si riordina la cravatta. Picchiano alla porta a battenti. Borkman sente i colpi, si volta verso la porta, ma non dice nulla. Dopo qualche tempo picchiano di nuovo, più jòrte. Borkman (in piedi, con la sinistra appoggiata alla scrivania, e la destra infilata nell'apertura della giacca) Avanti! Dall'avvocato Hinkel. Borkman Ah sì? Già ... di tanto in tanto qualcuno viene a trovarla. Vilhelm Falda! entra cautamente. È un uomo dall'aspetto logoro, il dorso curvo; occhi azzurri e miti, e radi capelli grigi che cadono sul colletto della giacca. Ha una borsa da avvocato sotto il braccio. Tiene in mano un cappello floscio e porta grossi occhiali di corno che respinge sulla fronte. (Cambia posizione e guarda il nuovo venuto con un'aria mezzo delusa e mezzo soddisfatta) Ah, sei soltanto tu! Foldal (con un'occhiata severa) Direi che vieni ben tardi, sai! Borkman Foldal (sussultando) Erhart? Mio figlio? Buona sera, John Gabriel. Sì, sono proprio io. Mah, la strada è un po' lunga, soprattutto per chi la fa a piedi. Frida Sì ci sarà anche lui. Borkman Borkman Foldal Camminare è più sano. Epoi risparmio dieci centesimi... Ebbene, Frida è venuta a farti un po' di musica? Frida Borkman Lo ha detto lui, un'ora fa. Borkman Frida Come lo sa? Foldal È venuto qui stasera? Sì, ha passato tutto il pomeriggio dalla signora Wilton. Borkman E perché vai sempre a piedi, Vilhelm? C'è un tram che passa vicino a casa tua. È uscita poco fa. Non l'hai incontrata fuori? No. Non la vedo da un pezzo ... da quando sta in casa di quella signora Wilton. (si siede sul sofà e gli indica una sedia) Siedi anche tu, Vilhelm. Borkman (seguitando a indagare) Mi sa dire se sia venuto anche qui? Se abbia parlato con qualcuno, giù, al pianterreno? Foldal (sedendo sull'orlo della sedia) Grazie. (Guardandolo tristemente) Ah, non puoi immaginare quanto mi sento solo dacché Frida se n'è andata. Frida Borkman Sì, è passato un momento dalla signora. Borkman Frida (amaramente) Ah, ecco ... me l'immaginavo. La signora non era sola. Mi sembra che ci fosse da lei un'altra signora. 68 Foldal Ma via... se hai una filza di bambini...! Mio Dio, sì, altri cinque. Ma Frida era l'unica che mi capisse un poco. (Scuotendo malinconicamente il capo) Gli altri non mi capiscono affatto. 69 Borkman (cupo, guardando davanti a sé e tamburellando sul tavolo) Già... proprio così. Questa è la maledizione che pesa su noi, gli isolati, gli eletti. La massa, la folla ... la mediocrità non ha comprensione per noi, Vilhelm. f'oldal (rassegnato) Esser capiti senz'altro ... sarebbe fin troppo. Con un po' di pazienza, si può aspettare che la comprensione venga, a poco a poco. (Con voce so.flòcata dalle lagrime) Ma, vedi, ci son cose molto più amare! (con violenza) Non c'è nulla di più amaro che essere incompreso! Borkman Foldal Oh sì, John Gabriel. Poco fa - prima di uscire - c'è stata una scenata in famiglia. Borkman Come mai? (prorompendo) I miei di casa mi ... mi disprezzano. Foldal (con un sobbalzo) Ti disprezzano ... ? Borkman Foldal (asciugandosi gli occhi) Me n'ero accorto da un pezzo. Ma oggi l'hanno manifestato chiaramente. (dopo un breve silenzio) Certo non hai fatto una buona scelta, sposandoti. Borkman Foldal Non avevo scelta, si può dire. D'altronde, invecchiando ci si sposa volentieri. E poi rovinato com'ero, ridotto sul lastrico ... Borkman (adirato, balzando in piedi) È una botta per me? Un rimprovero ... ? (spaventato) Per l'amor del cielo, John Gabriel...! Foldal Borkman Ma sì! Tu alludi al disastro della banca... ! (tentando di placar/o) Ma io non do la colpa a te! Dio me ne guardi...! Foldal Borkman (brontola tornando a sedersi) Bè, meno male. Foldal Del resto, non credere ch'io mi lagni di mia moglie. Non ha molta educazione, povera donna, questo è vero. Ma non è cattiva. No, sai, sono i figlioli che ... Borkman Foldal Foldal Borkman tragedia? Foldal Borkman (guardandolo con simpatia) E perciò i ragazzi ti disprezzano, Vilhelm? (alzando le spalle) Sai... non ho fatto una gran carriera, io. Questo bisogna ammetterlo ... (si avvicina e gli mette una mano sulla spalla) Non lo sanno che in gioventù hai scritto una Sì che lo sanno. Ma non ne sono rimasti molto impressionati. Allora non capiscono niente. La tragedia è bellissima; io ne sono convinto. Foldal (rischiarandosi in viso) Vero che c'è qualcosa di buono, John Gabriel? Ah Dio mio, se potessi farla recitare ... (Apre la cartella e sfoglia con premura il contenuto) Guarda! Ti voglio mostrare certi cambiamenti. Borkman Foldal Borkman riprende a passeggiare per la stanza. Falda! ripone il manoscritto. Borkman (fermandosi davanti a lui) È vero quel che hai detto poco fa ... che non hai fatto carriera. Ma io ti prometto, Vilhelm, che quando suonerà per me l'ora della rivincita... (facendo per alzarsi) Oh, come ti sono grato ... ! Foldal Borkman (lo ferma d'un cenno) Resta pure seduto. (Con commozione crescente) Quando suonerà l'ora della mia rivincita... Quando capiranno di non poter più fare a meno di me ... Quando verranno a umiliarsi, a pregarmi e a supplicarmi di riprendere la direzione della banca... ! Della nuova banca che hanno fondata e che non riescono a padroneggiare ... (S'appoggia sulla scrivania, come prima, e si picchia sul petto) lo starò qui per riceverli. E in tutto il paese si saprà quali condizioni avrà posto John Gabriel Borkman per... (S'interrompe improvvisamente e fissa gli occhi su Falda!) Tu mi guardi con un'aria dubbiosa! Dunque non credi che verranno? Che saranno obbligati a venire ... sì, obbligati! Non lo credi? Foldal Ma sì, John Gabriel, lo credo. Dio sa... Borkman (sedendo sul sofà) lo lo credo fermamente. So con certezza incrollabile che verranno ... Se non ne fossi sicuro ... da molto tempo mi sarei cacciata una pallottola nel cervello. (spaventato) Oh, per l'amor di Dio ... ! Foldal Borkman (trionfante) Ma verranno! Verranno! Vedrai! Ogni giorno, ogni ora possono venire. Ed io, come vedi, sono pronto a riceverli. (con un sospiro) Se almeno venissero presto! Foldal Borkman (inquieto) Ah, sì, il tempo passa; passano gli anni; la vita... no, no ... non oso pensarci! (Lo guarda) Sai come mi sento, a volte? Foldal Come? Borkman Foldal Foldal Sì, l'ho portata. È tanto tempo dacché te l'ho letta. E ho pensato che forse sarebbe una distrazione per te ascoltarne un atto o due ... 70 Come un Napoleone che una palla ha storpiato alla sua prima battaglia. (posando la mano sulla sua cartella) Sì, conosco anch'io quella sensazione. Foldal Già, ma in piccolo, naturalmente. (calmo) Il mio piccolo mondo poetico ha un gran valore per me, John Gabriel. Borkman (violento) Sì, ma io avrei potuto creare milioni e milioni! Sarei stato padrone di infinite miniere! Cascate, cave di pietra, strade per il commercio e linee di navigazione in tutto il mondo. A quante, a quante imprese avrei dato vita... io solo! Foldal Sì ... lo so. Non saresti indiettreggiato davanti a nulla. Borkman (stringendo le palme una contro l'altra) E ora son qui come un'aquila ferita, a vedere come gli altri mi precedono ... e mi rubano le idee, ad una ad una! Foldal Ce l'hai qui? (alzandosi, fa un gesto di diniego) No, no. Un'altra volta. Va bene come vuoi. Borkman Me l'immaginavo. Vedi, i figlioli sono più istruiti. E quindi hanno maggiori pretese. Borkman Borkman Anche a me succede lo stesso. Borkman (senza badargli) E pensare che ero già così vicino alla meta! Otto giorni di tempo per mettermi a posto, e tutti i depositi sarebbero stati rimborsati. I valori di cui avevo avuto l'audacia di servirmi sarebbero 71 ritornati dov'erano. Le gigantesche compagnie da me ideate stavano per essere costituite. Nessuno avrebbe perduto un centesimo ... Foldal Dio mio, sì... eri proprio vicino alla meta... Borkman Non è l'assassinio, né la rapina, né il furto con scasso. E nemmeno il falso giuramento. Queste azioni si commettono generalmente contro persone che si odiano o che sono indifferenti. Foldal (approvando col capo) Terribile quasi quanto il tuo, se ci si pensa. (ingenuamente) Oh, sì, altrettanto terribile. Foldal Foldal (Con un riso sommesso) Ma da un altro punto di vista è una vera commedia. Una commedia? Ma come? Borkman Foldal E allora, John Gabriel, il più infame ... ? Borkman Oh, che dramma terribile ... Borkman No. Qual'è? Foldal Foldal Ed io sono precipitato molto in basso. Borkman Borkman (con sordo furore) E invece il tradimento mi sorprese! Proprio nel momento in cui tutto stava per realizzarsi! (Guardando Foldal) Sai qual'è a mio avviso il delitto più infame che un uomo possa commettere? Foldal Borkman (scandendo le parole) È quello di colui che abusa della fiducia di un amico. Sì, succedono certe cose ... Vuoi sentirne una? Sentiamo. Borkman Quando sei venuto, Frida era già andata via. Foldal Sì. (un po' perplesso) Sì, ma senti ... Borkman Ebbene, mentre noi due siamo qui, lei sta suonando ballabili in casa dell'uomo che mi ha tradito e rovinato. Borkman (con un sobbalzo) So quel che vuoi dire. Ma non è giusto. La gente che aveva depositi in banca avrebbe ricuperato ogni cosa, fino all'ultimo soldo ... ! No, caro mio ... l'atto più infame che un uomo possa compiere è di abusare delle lettere di un amico ... di dare in pasto al pubblico quello che era stato confidato ad uno solo, nell'intimità, come il segreto che si bisbiglia chiusi a quattr'occhi in una camera buia. L'uomo che ricorre a simili mezzi è avvelenato e appestato fino al midollo da una morale scellerata. Ed io ho avuto un amico di questa specie ... È stato lui a stroncarmi... Foldal Foldal Borkman Credo di sapere a chi alludi. Foldal Ma io non ne sapevo nulla! Borkman Foldal Già, ha preso la sua musica ed è andata... da quei signori. (Cercando di scusare sua figlia) Eh già... povera bambina... E indovina chi fa ballare, tra gli altri? Chi mai? Borkman In tutta la mia vita non c'era nulla ch'io gli tenessi nascosto. Ma lui, venuto il momento, rivolse contro di me le armi che io stesso gli avevo dato in mano. Borkman Foldal Foldal Che dici? Non ho mai capito perchè egli ... Cioè la gente faceva delle supposizioni... Borkman Vilhelm? Foldal Foldal Foldal Foldal Foldal Foldal Fu una storia... una storia di donne, capisci? Una storia di donne? Ma via, John Gabriel... Io sono convinto che tuo figlio ignora come stanno le cose, John Gabriel. (con voce cupa, tamburellando sul tavolo) Sa tutto ... quant'è vero che io sono qui. E tu credi che se sapesse frequenterebbe quella casa? Dio mio, ma chi può avergli mostrato i fatti sotto questa luce? Borkman (mutando tono) Sì, sì... ma non parliamo più di queste sciocchezze. Il fatto è che ministri non lo siamo diventati, né lui né io. Borkman madre! Foldal Foldal 72 Chiamalo pure per nome. Ormai non mi irrita più. Borkman (crollando la testa) Mio figlio vede le cose con occhio diverso dal mio. Giurerei che parteggia per i miei nemici. Pensa, come loro, che l'avvocato Hinkel, denunziandomi, ha fatto il suo maledetto dovere. Foldal Lui però è salito molto in alto. Di che cosa? Non sa in che modo quel... quell'individuo, insomma... Borkman Ormai te lo posso dire, Vilhelm. Ebbene? Borkman Foldal Borkman Oh no, e non è neppure per questo che mi ha tradito. Allora non capisco davvero ... Borkman Ma allora lui non sa nulla. Borkman M'era stata offerta quella carica, ma io l'avevo rifiutata. Dunque non gli eri d'ostacolo nella carriera. Borkman Borkman Eh, che te ne pare, Vilhelm? Stasera mio figlio è nel numero dei ballerini. Non è una commedia, dì? Foldal Si era parlato della tua nomina a ministro. Borkman Foldal Quali supposizioni? Dimmele! Io non so nulla. Venni quasi subito ... isolato. Cosa diceva la gente, Mio figlio. Chi? Non ti ricordi chi l'ha allevato? Prima sua zia... dai sei o sette anni in su ... E più tardi... sua Io credo che tu le accusi a torto. 73 Borkman (dà un balzo) Io non faccio mai torto a nessuno! Ti dico che l'hanno aizzato contro di me, tanto l'una che l'altra! (cedendo) Sì, sì ... può darsi che tu abbia ragione. Foldal Borkman (amaro) Oh, queste donne! Ci guastano e ci sconvolgono la vita! Spezzano il nostro destino ... ci precludono la vittoria. Foldal Oh, non tutte! Borkman Foldal (ironico) Allora che importa che ci siano donne diverse ... se noi non le conosciamo! Foldal (con calore) Sì, che importa, John Gabriel! Non è dolce e confortante pensare che laggiù, in qualche luogo la vera donna esiste ... vicina o lontana? Borkman (con un gesto d'impazienza) Ah, !asciami in pace con le tue ciance poetiche! (lo guarda profondamente ferito) Ciance? Th chiami ciance le mie convinzioni più sacre? Foldal Borkman (duramente) Ma sì, proprio! Ed è questo che ti ha impedito di fare la tua strada nel mondo. Se tu rinunziassi a quelle sciocchezze, io potrei darti una mano ... rimetterti a galla. (agitato internamente da una collera sorda) Oh, non saresti in grado di farlo. Foldal Borkman Foldal Vedrai, purché arrivi di nuovo al potere. Foldal (con violenza) Th credi forse che quel momento non verrà mai? Rispondimi! Non so che cosa risponderti. Borkman Borkman (docilmente, prendendo la sua cartella) Va bene, sarà così. Foldal Borkman Th mi hai sempre mentito. (scuotendo il capo) Io non ho mai mentito, John Gabriel. Borkman Non hai sempre finto di aver speranza e fiducia nel mio avvenire? Foldal Non era una menzogna finché tu hai creduto alla mia vocazione. Finché tu hai avuto fede in me, io ho avuto fede in te. Borkman Foldal Dunque ci siamo ingannati l'un l'altro. E forse abbiamo anche ingannato noi stessi... tanto tu che io. Sì, ma questa, in fondo, non è amicizia, John Gabriel? Borkman (con un sorriso amaro) Hai ragione ... saper ingannare ... questa è l'amicizia. Ho già fatto altre volte la stessa esperienza. (guardandolo) Dunque io non sono poeta. E hai avuto il coraggio di dirmelo così spietatamente? Foldal Borkman Foldal (si alza, freddo e superbo, e gli addita la porta) Allora la tua presenza qui è inutile. Se tu non credi che il mio destino debba mutare ... Borkman Borkman Borkman Io non sono arrivato a prendere la laurea ... ma ne so abbastanza da ... Borkman Foldal Non ci sono precedenti. Borkman Foldal (secco) Impossibile, secondo te? Non sono necessari per uomini superiori. Foldal Borkman E anche tu per me. Buona notte, John Gabriel. Buona notte, Vilhelm. Falda! esce da sinistra. Borkman resta immobile, con gli occhi fissi sulla porta che si è richiusa, fa un gesto come per richiamare Falda!, ma vi rinunzia e comincia a passeggiare su e giù, le mani sulla schiena. Poi si ferma davanti al tavolo presso al sofà e spegne la lampada. La sala cade nella penombra. Poco dopo picchiano alla porta nella tappezzeria. (ritto presso la tavola, trasale, si volta e chiede ad alta voce) Chi è? La legge non fa simili distinzioni. Borkman Se dubiti di te stesso, non concluderai nulla. Foldal Appunto per questo mi era di conforto venir qui ad attingere forze da te che avevi la fede. (Prende il suo cappello) Ma ora sei un estraneo per me. Foldal Foldal Io? Foldal (a bassa voce) Sì, tu. Sai, io stesso ho avuto i miei dubbi, a volte. Il sospetto angoscioso di aver sacrificato la vita a un'illusione. Foldal Ma io non posso credere quello che è contrario al buon senso! ... Prima di tutto dovresti essere riabilitato ... Continua! Continua! (in tono più dolce) Bè, in fondo io non ho nessuna competenza. Forse più di quel che credi. Borkman (balzando in piedi) Inutile! Foldal (senza guardarlo) Non ho più bisogno di te. Borkman Borkman Ce ne vorrà ancora del tempo! Borkman Foldal Allora mi mandi via! Foldal No? Ne conosci una che valga qualcosa? No, è vero. Le poche che conosco non valgono niente. Borkman ritorni più. (in tono duro e perentorio) Th non sei un poeta Vilhelm. (giungendo involontariamente le mani) Lo dici sul serio? (tagliando corto, senza rispondere) Stiamo perdendo il tempo tutti e due. È meglio che tu non 74 Nessuna risposta; altri colpi. (Senza muoversi) Chi è? Avanti! Ella Rentheim, recando in mano una candela accesa, appare sulla soglia. È vestita come nel primo atto, 75 il mantello gettato sulle spalle. Ella Va bene. E la mia? (Fissandola) Chi è lei? Che vuole da me? Borkman Ella (chiude la porta dietro di sé e si avvicina) Sono io, Borkman. (Posa la candela sul pianoforte e si ferma). Ella Borkman (quasi colpito dal fulmine, la contempla fissamente, e mormora a mezza voce) Sei... sei Ella? Ella Rentheim? Ella Lo credi? Ella Sì. La "tua" Ella... come mi chiamavi una volta. Molto ... molto tempo fa. Borkman (c.s.) Sì, sei tu, Ella... Ti riconosco, ora. Ella Ella (con sforzo) Sei un po' cambiata. Al primo momento ... Ella (vivamente) È vero! Ora capisco, Ella, hai cambiato pettinatura. (con un sorriso malinconico) Sì... è la pettinatura. Borkman (cambiando discorso) Non sapevo che tu fossi da queste parti. Sono appena arrivata. Borkman Se tu avessi voluto. (amara) Sì, lo so, un altro era pronto ad accogliermi a braccia aperte ... Borkman Ella Non li ho più i riccioli scuri che m'inondavano il collo. I riccioli che ti piaceva attorcigliarti intorno alle dita. Borkman Avresti potuto essere perfettamente felice senza di me. Ma tu l'hai respinto ... Ella Sì l'ho respinto ... Sì, comincio a... Gli anni sono stati rudi con me, Borkman. Non ti sembra? Borkman Borkman Borkman Ella Mi riconosci? Borkman (con un sussulto) E sei tu che lo dici? Borkman Ella È colpa tua, Ella. Perché questo viaggio ... in pieno inverno? Ella Più d'una volta. Per anni di seguito ... (ironicamente) ... per anni di seguito ho respinto la felicità, non è vero? Borkman Anche con lui avresti potuto esser felice. Ed io sarei stato salvo. Ella Th ... ? Borkman Ella Sì, tu mi avresti salvato Ella. Che cosa intendi dire? Borkman Egli incolpava me dei tuoi rifiuti... delle tue continue ripulse. Esi è vendicato. Era così facile per lui... aveva in mano la lettera in cui gli confidavo tutto, senza riserve. Ne ha fatto uso ... e mi ha perduto ... almeno per allora. Vedi bene che di tutto questo hai colpa tu, Ella. Ella Te lo dirò. Ella Borkman Borkman Secondo i punti di vista. So benissimo tutto quel che ti devo. Hai comprato questa proprietà, quando è stata messa all'asta. Hai messo la casa a disposizione mia e di ... tua sorella. Hai preso con te Erhart, l'hai allevato, istruito ... Ella Vuoi qualche cosa da me? Anche da te. Ma prima di venire a questo, debbo risalire indietro di molti e molti anni. Borkman Devi essere stanca. Ella Ella Sì, sono stanca. Borkman Ella Non vuoi sederti? Là... sul sofà. Grazie. Infatti non reggo a stare in piedi. (Va verso destra e siede nell'angolo più vicino del sofà). Borkman rimane in piedi presso la tavola, le mani sul dorso, e la guarda. Un breve silenzio. È molto tempo che non ci troviamo così, a faccia a faccia, Borkman. Borkman Ella (cupo) Sì, molto, molto tempo. Cose atroci ci separano da quell'ultimo incontro. Thtta una vita. Thtta una vita sprecata. Borkman Ella Sì sprecata. Per tutti e due. Borkman (freddamente, come se parlasse d'affari) lo non considero ancora sprecata la mia vita. Ella (indignata) Ti sbagli totalmente Borkman. Io non obbedivo che a un sentimento di tenerezza, di affetto profondo per Erhart... e anche per te. Ecco tutto! Borkman (interrompendo/a) Cara Ella, lasciamo da parte i sentimenti e simili cose. Io ho voluto dire che se tu hai agito come hai fatto, è perchè io te ne avevo dato la possibilità. (sorridendo) Oh... la possibilità... Borkman (con fuoco) Sì, la possibilità. Alla vigilia della battaglia decisiva... quando non potevo risparmiare né parenti né amici... quando fui costretto a servirmi dei milioni che m'erano stati affidati... io lasciai tutto quel che era tuo, tutti i tuoi averi... Eppure avrei potuto impadronirmene ... come avevo fatto del resto! Ella 76 .. .finché me l'hanno permesso. Borkman ..finché tua sorella te l'ha permesso. Io non mi sono mai immischiato nelle questioni domestiche. Sì, come dicevo, conosco i sacrifici che hai fatto per me e per tua sorella. Ma tu eri in grado di compierli, Ella. E non dovresti dimenticare che se eri in grado di compierli è merito mio. Ella (la guarda duramente) Sprecata! Sicché... a conti fatti, sta' a vedere che resterò io tua debitrice. (fredda e calma) Questo è esatto, Borkman. 77 Borkman Certamente. E perciò ... quando vennero ad arrestarmi trovarono il tuo deposito intatto nei sotterranei della banca. Ella (con voce tremante, guardandolo) È vero quello che hai detto: che ero io, a quell'epoca, ciò che avevi di più caro al mondo? Ella (fissando gli occhi su di lui) Mi son chiesta sovente ... perché hai risparmiato tutto quei che io possedevo ... e quello soltanto? Borkman Borkman Ella Eppure mi hai venduta. Del tuo diritto d'amore hai fatto mercato con un altro uomo. Hai barattato il mio amore ... con un posto di direttore di banca! Ella Perché? Sì, perché? Dimmelo. Borkman Borkman (duro e sarcastico) Forse credi ch'io l'abbia fatto per avere qualche riserva... se le cose fossero andate male? Ella Ella Ma perché, dunque ... ? (sorridendo) Th che non dubitasti mai della vittoria. Borkman (con impazienza) Gli uomini son fatti così, Ella. Dubitano e credono al tempo stesso. (Assorto) E suppongo che sia questo il motivo per cui non volevo prendere sul mio pallone anche te e tutto quello che possedevi. Ella (ansiosa) Ma perché, ti chiedo. Dimmi, perché? Borkman viaggio. Ella (senza guardarla) Non si porta con sé quel che si ha di più caro, imbarcandosi per un simile La vita non è sempre quel che si ha di più caro. Ella (trattenendo il fiato) Sentivi così, allora? Borkman Ella Mi pare di sì. Sì a quel che ricordo. Ella Eppure erano passati degli anni dal giorno in cui mi avevi abbandonata per sposare .. per sposare un'altra! Borkman Abbandonata? Sai bene che vi ero stato costretto da motivi più alti... o diciamo, se preferisci, da motivi di altro genere ... Senza l'appoggio di quell'uomo non potevo fare la mia strada. Ella (dominandosi) Dunque mi hai lasciata per.. motivi più alti. Borkman Ella (ansioso) Che cosa avresti fatto, Elia? Ella Credimi, avrei affrontato tutto con gioia, insieme con te. Lo scandalo, la rovina... tutto, tutto t'avrei aiutato a sopportare ... Borkman Ella Borkman Ella Quale? Che cosa vuoi dire? Il delitto che non ha remissione. Borkman Ella Ne avresti avuto la volontà? E la forza? Sì. Perché allora ignoravo il tuo orrendo delitto ... (guardandola) Th sei fuori di te. (avvicinandosi a lui) Sei un assassino! Hai commesso il grande peccato mortale! Ella Hai ucciso in me la vita d'amore. (Avvicinandosi ancora) Capisci che cosa vuoi dire? La Bibbia parla di un peccato misterioso per il quale non v'è remissione. Non avevo mai capito, finora, quale fosse questo peccato. Oggi capisco. Il grande peccato che non può essere perdonato ... è quello di chi uccide in una creatura umana la vita d'amore. Borkman Quello che avevi di più caro ero io? Borkman Borkman Borkman (indiettreggiando verso il pianoforte) Sei pazza, Ella! Ma la cosa più cara era a bordo: la tua vita, il tuo avvenire ... Borkman (trasale ma si domina) Ho già sentito questa parola! Ella Ah, non alludo a quello che hai commesso contro le leggi del paese. Non m'importa dell'uso che hai fatto dei valori, delle azioni - o come mai si dicono - che ti erano stati affidati. Mi fosse stato concesso di esserti accanto quando tutto crollò intorno a te ... Mai! Ero sicuro della vittoria. Borkman (alzando le spalle) Dio mio, Ella... non è facile ricordare i motivi, a vent'anni di distanza. Ricordo soltanto questo: nelle ore solitarie in cui meditavo segretamente le gigantesche imprese che volevo creare, provavo impressioni che dovevano essere simili a quelle di un aeronauta. Nelle notti insonni mi sembrava di riempire un pallone immenso, che dovesse portarmi su oceani incerti e malfidi. Ella (cupo, a testa china) Ero sotto l'impero della necessità, Ella. (balzando dal sofà, vibrante di sdegno) Delinquente! Borkman Oh, no ... allora non ci pensasti di certo. Borkman Ella Aquell'epoca, e anche più tardi... per molto, molto tempo ancora. Non potevo fare a meno del suo aiuto. E il prezzo del suo aiuto eri tu. E questo prezzo tu gliel'hai pagato. L'intera somma. Senza mercanteggiare. Borkman Non avevo scelta. Dovevo vincere o cadere. Ella Sì! Non avevo mai avuto fino a questa sera la piena coscienza di quanto mi era avvenuto. Che tu m'avessi tradita per Gunhild, lo avevo interpretato come un caso d'incostanza ordinaria da parte tua. E come il risultato delle manovre d'una donna senza cuore. Credo, nonostante tutto, di averti disprezzato un po'. Ma ora capisco! Th hai abbandonato quella che amavi. Me, me, me hai abbandonato. Non hai esitato a sacrificare alla tua ambizione quello che avevi di più caro al mondo. Ecco il doppio crimine che hai sulla coscienza! Th lpi assassinato la tua anima e la mia! Borkman (freddo, padrone di sé) Ella, come riconosco la tua natura appassionata, indomabile! È proprio da te considerare le cose da questo punto di vista. Sei donna, e per te non esiste nient'altro sulla terra. Ella Certo ... nient'altro! Borkman 78 Ed è questa la mia colpa? Nient'altro che le tue vicende passionali... 79 Ella Sì, sì. Solo quelle. È verissimo. Ella Borkman Ma non devi dimenticare che io sono un uomo. Come donna, tu eri quel che avevo di più caro al mondo. Ma se è necessario, una donna può essere sostituita da un'altra donna... Borkman Ella (lo guarda, con un sorriso) Hai fatto questa esperienza, sposando Gunhild? Borkman No. Ma la missione che m'ero imposto mi ha aiutato a sopportare anche quello. Io volevo impadronirmi di tutte le fonti di potere che esistevano in questo paese. Sottomettere alla mia legge tutte le ricchezze contenute nel suolo e nei monti, nei boschi e nel mare ... e così dare la prosperità a migliaia e migliaia di esseri umani. Ella (perduta nel ricordo) Lo so. Quante volte, la sera, mi parlavi dei tuoi progetti... Borkman Ella Io ti burlavo, e ti chiedevo se volevi destare tutti gli spiriti dormienti dell'oro. Borkman Ella Sì, con te ne potevo parlare, Ella. (accennando di sì) Ricordo quella espressione. (Lentamente) "Gli spiriti dormienti dell'oro". Ma tu la prendevi sul serio. Dicevi: sì, sì, Ella, è proprio questo che voglio. Borkman Era così infatti. Se avessi potuto mettere il piede nella staffa... Thtto dipendeva da un uomo solo. Egli poteva e voleva procurarmi la direzione della banca... purché io, da parte mia... Ella Già! Purché tu rinunziassi alla donna che amavi... e che ti amava con tutta l'anima. Borkman Io conoscevo la sua cieca passione per te. Sapevo che soltanto a quella condizione ... Ella E l'accettasti. Ella Erhart, naturalmente. Erhart... Tho figlio, Borkman. Borkman Ella Borkman Borkman Borkman Ella Borkman (guardandola) Una maledizione? Borkman Ella Forse. Ma perché? ... (con impeto) Ah Ella... non so più chi di noi abbia ragione ... tu od io! Sei tu il colpevole. Th hai ucciso in me ogni felicità umana. Borkman Ella Fino a quale giorno? Quello in cui sua madre... sua madre secondo il sangue... me l'ha ripreso. Non poteva restare con te. Doveva fare i suoi studi in città. (torcendosi le mani) Sì, ma io non posso sopportare la solitudine! Il vuoto! La perdita del suo cuore! Borkman (con un 'espressione cattiva negli occhi) Uhm ... sono certo che non l'hai perduto, Ella. Colei che abita qui sotto, a pianterreno ... non sa l'arte di conquistare i cuori. Ella Io ho perduto Erhart. E lei me l'ha preso. Lei o un'altra. L'ho capito chiaramente ... dalle lettere che egli mi scriveva ogni tanto. Borkman Ella Sì. Non lo credi? Davvero, Ella? Ella Chi sa? Erano forse le pene e le lagrime della maternità quello di cui avevo soprattutto bisogno. (Profondamente commossa) Ma non ho potuto rassegnarmi! E perciò ho portato via Erhart. E ho saputo legarlo a me, conquistare il suo piccolo cuore infantile ... fino al giorno in cui... oh! Ella Ella (dopo un istante di meditazione) Borkman ... non credi che ci fosse sul nostro amore come una maledizione? Ma non per Erhart. Ella No. Per tuo figlio no. Ma, tranne lui, per tutti, per tutti gli esseri viventi. Th hai privato la mia vita delle gioie materne. E m'hai tolto anche le pene e le lagrime della maternità. È stata questa, forse, la perdita più crudele. Borkman Ma alla fine egli mi precipitò di nuovo nell'abisso. Per causa tua, Ella. Credevo che tu l'avessi fatto per un impulso di carità, come tutto il resto. Ella (con violenta commozione) Un impulso di carità! Ah, ah! Io non ho più saputo che cosa fosse la carità... da quando tu mi hai lasciata. Non potevo. Se un povero bimbo affamato e intirizzito veniva nella mia cucina a piangere, a chiedere un pezzo di pane, io lo affidavo alla cuoca. Non ho mai sentito il bisogno di farlo entrare in camera mia, di riscaldarlo alla mia stufa, di guardarlo togliersi la fame. Eppure ero diversa, quand'ero giovane; me ne ricordo bene! Sei stato tu a fare il vuoto di un deserto ... in me e intorno a me! Borkman Borkman Davvero? Hai tanto affetto per lui? Perché l'avrei preso con me, se non per questo, e tenuto con me finché ho potuto? Perché? Borkman Sì, Ella, accettai. Perché vedi, la sete del potere era invincibile in me! Accettai il mercato. Dovevo accettarlo. Ed egli mi aiutò a salire verso le cime sognate che mi attiravano. Salii sempre più in alto. Ogni anno m'innalzavo di più ... Ed io ero come cancellata dalla tua vita. Erhart? Dunque sei venuta per riportartelo via? Ella Sì, è possibile ... Borkman Certo che è possibile, se veramente lo vuoi. Th hai su di lui i maggiori e più antichi diritti. Ella Oh, i diritti! Che vale qui un diritto? Se Erhart non viene con me di sua spontanea volontà... egli non è mio. Ed io lo voglio per me, tutto per me! Voglio possedere io sola il cuore del mio figliolo! (atterrito) Non dir questo, Ella! Ella O almeno ogni felicità di donna. Dal tempo in cui la tua immagine ha cominciato a cancellarsi dal mio cuore, ho vissuto come in un limbo. In questi lunghi anni m'è divenuto sempre più difficile ... e impossibile, alla fine, amare una creatura vivente - uomo, bestia o pianta. Un solo essere faceva eccezione .. . Borkman Ricordati che Erhart ha più di vent'anni. Non puoi pretendere di possedere per molto tempo tutto il suo cuore. Borkman Ella Chi...? (con un sorriso velato) Non si tratterebbe di molto tempo. Borkman 80 No? Credevo che le tue esigenze durassero quanto la tua vita. 81 Ella Borkman Ella luce, senza lasciare sulla terra un solo essere che pensi a me, che di me conservi un ricordo dolce e malinconico ... come quello di un figlio per la madre che ha perduto. Sì, infatti, Ma appunto perciò non è molto. (colpito) Che cosa vuoi dire? Sai che sono stata sempre sofferente in questi ultimi anni? Borkman Davvero? Ella Ella Ella No, veramente ... (guardandolo stupita) Erhart non te l'ha detto? Borkman In questo momento non ricordo. Sicurissimo. (Cambiando tono) Dunque sei stata malata, Ella? Ebbene parla. Mi troverai puerile ... forse non mi capirai neppure ... Ma parla, dunque! Alla mia morte ... che non può esser lontana... lascerò un discreto patrimonio ... Borkman Ella Ne sei così sicuro, Borkman? Borkman Ella (con aria cupa) Sì. E non è un grande sacrificio. Io sono un estraneo per lui. Grazie lo stesso, grazie! Ho ancora una preghiera, Borkman. Una grande preghiera, ai miei occhi. Borkman Ella (dopo un breve silenzio) Prenditelo, Ella... se puoi riconquistare il suo cuore. (vivamente) Th acconsenti? Davvero? Borkman Forse non ti ha mai parlato di me? Borkman Oh sì, qualche volta, mi pare. D'altronde lo vedo raramente. Quasi mai. Qui sotto c'è qualcuno che lo tiene lontano da me. Lontano, lontano, capisci. Ella Ella Borkman Ella Non lo sapevi? Borkman Borkman Lo supponevo. È mia intenzione lasciare tutto a Erhart. Borkman È il tuo parente più prossimo. (con calore) Sì, nessuno mi è più prossimo di lui. Ella Sì, e quest'autunno il male è peggiorato tanto da obbligarmi a venir qui per consultare dei clinici famosi. Ella Borkman Li hai già consultati? Borkman Ella Ella (accennando di sì) Appunto. Quando morirò, anche il nome dei Rentheim sarà estinto. Equesto pensiero mi tormenta. Sparire ... non lasciare neppure il nome ... Sì, questa mattina. Borkman Ella Mi hanno confermato quello che sospettavo da molto tempo ... Borkman Ella E che cosa hanno detto? E cioè? (semplice e calma) Ho una malattia mortale, Borkman. Borkman Non è possibile Ella! Ella Una malattia per la quale non c'è rimedio. I medici non conoscono alcun modo di guarirla. Incapaci di arrestarla, possono tutt'al più apportarvi qualche sollievo. È già qualcosa. Borkman Ella È probabile che passerò l'inverno, mi hanno detto. Borkman Ella Oh, ma potrà durare molto tempo ... ne sono certo. (senza riflettere) Ma sì... l'inverno è ancora lungo. (piano) In ogni caso è abbastanza lungo per me. Borkman (con premura, per cambiare discorso) Ma dove ti sei presa una simile malattia? Hai sempre fatto una vita sana e regolare, non è vero? Quale può essere la causa. .. Ella (guardandolo) I medici dicono che devo aver avuto un giorno delle forti emozioni. Borkman (scattando) Emozioni? Ah, capisco! La colpa sarebbe mia! Ella (eccitandosi vieppiù) È troppo tardi per discutere! Ma prima di andarmene io voglio mio figlio, il figlio del mio cuore. Mi fa troppo male pensare che dovrò abbandonare tutto, dare un addio alla vita... al sole, all'aria, alla 82 Borkman Ella Nessuno dei tuoi. Sei l'ultima della tua famiglia. (sussultando) Ah! Capisco il tuo scopo! (con passione) Fa' che questo non sia! Lascia che Erhart porti il mio nome dopo di me! Borkman (guardandola con durezza) T'intendo. Th vuoi risparmiare a mio figlio la vergogna di portare il nome di suo padre. Ecco la verità. Ella Non ho mai pensato a questo. Io stessa l'avrei portato con gioia ed orgoglio, quel nome! Ma una madre che sta per morire ... Un nome è un legame più forte di quanto tu creda, Borkman. Borkman (freddo e con fierezza) Va bene, Ella. Sono uomo da portare il mio nome da solo. Ella (gli afferra le mani e le stringe fra le sue) Grazie, grazie! Ora tutto è regolato fra noi. Sì, sì, !asciami dire! Th hai riparato i tuoi torti, per quanto potevi. Io morirò, ma Erhart Rentheim mi sopravviverà! La porta nella tappezzeria si apre violentemente. La signora Borkman appare sulla soglia, la testa avvolta nel suo gran scialle nero. Signora Borkman Ella (estremamente eccitata) Mai! Mai Erhart porterà quel nome! (arretrando) Gunhild! Borkman (duro e minaccioso) Nessuno ha il diritto di penetrare nella mia stanza! Signora Borkman Borkman (avanzando nella sala) Io me lo prendo questo diritto. (camminando verso di lei) Che cosa vuoi qui? Signora Borkman Voglio lottare per te. Difenderti contro le forze del male. 83 Ella Le forze peggiori sono quelle che ti posseggono, Gunhild! Signora Borkman (dura) Non si tratta di questo. (Minacciosa, levando il braccio) Ascoltate quel che vi dico: egli porterà il nome di suo padre! E lo porterà con orgoglio, e gli restituirà l'onore! Ed io, io sola voglio esser sua madre. Ame deve appartenere il cuore di mio figlio! Ame e a nessun'altra. (Esce chiudendo dietro di sé la porticina nella tappezzeria). Ella (sconvolta ed affranta) Borkman ... Erhart perirà in queste tempeste. È necessaria un'intesa fra te e Gunhild. Presto, scendiamo da lei. Borkman (guardandola) Come, anch'io? Atto terzo Il salotto della signora Borkman. La lampada sul tavolino accanto al divano è ancora accesa. La veranda è buia. La signora Borkman, con lo scialle in capo, entra in preda a una viva agitazione, va verso la finestra e scosta un pocola tenda, poi s'avvicina alla stufa e si siede, per balzare in piedi poco dopo e tirare il cordone del campanello. Si ferma accanto al divano, in attesa. Nessuno appare. Ella suona di nuovo più forte. Dopo un istante entra la cameriera, dalla porta dell'anticamera. Ha l'aria imbronciata e assonnata. Si vede che si è vestita in fretta, alla meglio. Ella Sì, anche tu. Signora Borkman Borkman (scuotendo il capo) Gunhild è così dura. Dura come il ferro che sognavo di strappare alle viscere della montagna. Cameriera Signora Borkman Ella Cameriera Ebbene, tentalo ora! Borkman la guarda senza rispondere, immobile, indeciso. Ho sentito, signora. (trasalendo) E dove dovrebbe essere? (sorride) Oh, credevo che fosse dove va tutte le sere. Signora Borkman Cameriera Evvia! Non sapete dov'è la villa Hinkel? (beffarda) Ah! È lì il signor Erhart stasera? Signora Borkman Cameriera Oh, non importa. Andate e fate presto. È lì, appena svoltato l'angolo. Ma no, signora, non è tanto vicino. Signora Borkman Cameriera Perché? Perché attacchi la slitta. Con questo tempaccio e questa neve! Signora Borkman Cameriera Sì, Gli direte che venga subito: ho da parlargli. (immusonita) Allora sarà meglio ch'io vada dall'intendente a svegliare il cocchiere. Signora Borkman Cameriera Sì, vestitevi a modo e correte a cercare mio figlio. (stupita) La signora vuole ch'io vada a cercare il signor Erhart? Signora Borkman Cameriera E perché non siete venuta? (rustica) Dovevo ben buttarmi qualcosa addosso. Signora Borkman Cameriera (con impazienza) Dove eravate, Malene? Ho suonato due volte! E cioè? Da quella signora Wilton, o come si chiama. Signora Borkman Dalla signora Wilton? Ma mio figlio non ci va poi molto spesso! Cameriera (fra i denti) Ho sentito dire che ci va tutti i santi giorni. Signora Borkman Cameriera Pettegolezzi! Malene. Dunque, fate un salto in casa Hinkel, e avvertitelo. (alzando le spalle) Eh ... sì ... vado, vado. (Si avvia all'uscita). In quel momento si apre la porta del vestibolo. Ella Rentheim e Borkman appaiono sulla soglia. Signora Borkman Cameriera 84 (dando un passo indietro) Che cosa vuoi dire questo? (spaventata, giungendo istintivamente le mani) Gesù mio! 85 Signora Borkman Cameriera (sottovoce alla cameriera) Ditegli di venire immediatamente! (piano) Va bene, signora. Ella (ritrovando la padronanza di sé, rivolta a Ella) Che viene a fare lui, qui? Vorrebbe intendersi con te, Gunhild. Signora Borkman Non ha mai fatto tentativi di questo genere. Signora Borkman L'ultima volta che ci siamo trovati di fronte ... fu davanti ai tribunali. Quando fui invitata a dare spiegazioni... (avvicinandosi) E oggi sono io che vengo a darne. Signora Borkman Borkman (guardandolo) Th! Non sui miei trascorsi. Quelli son noti a tutti. Signora Borkman (con un sospiro amaro) È vero. Atutti, purtroppo. (dolcemente, in tono di preghiera) Borkman, puoi dirlo in coscienza? Borkman (accennando di sì) Da quella colpa mi considero assolto. Ma ho elevato contro me stesso un'altra accusa, grave, schiacciante. Signora Borkman Signora Borkman Signora Borkman (scuotendo il capo) Ache serve? Non si è assolti per aver agito sotto un impulso. E neppure sotto una suggestione. Ella Signora Borkman questioni. (con un gesto evasivo) Oh, lasciamo andare! Ho già riflettuto tanto su queste tue oscure Borkman Anch'io. Nei cinque interminabili anni di carcere ho avuto agio di riflettere. E ancor più negli otto anni passati disopra, nel salone. Ho ripreso tutto il processo, l'ho riesaminato ... davanti a me stesso, più e più volte. E sono stato il mio accusatore, il mio difensore e il mio giudice. Imparziale più di qualunque altro, posso ben dirlo. Lassù mentre misuravo coi miei passi la gran sala, ho preso in esame ognuna delle mie azioni, l'ho girata e rigirata da tutti i lati. L'ho considerata sotto tutti gli aspetti, crudelmente e spietatamente come un avvocato. E il verdetto al quale son giunto ogni volta è questo: il solo contro il quale mi riconosco colpevole sono io stesso. Signora Borkman Borkman E contro di me non sei colpevole? E contro tuo figlio? Quando parlo di me stesso, siete compresi anche tu e lui. Signora Borkman E le centinaia di altre persone che tu avresti rovinato, a quanto dice la gente? Borkman (infiammandosi) Io avevo il potere! E obbedivo a una forza interiore irresistibile. Da tutto il paese, dal cuore delle montagne, i milioni incatenati mi chiamavano, invocando la liberazione. Nessun altro li udiva, io solo! Signora Borkman Sì, per il disonore del nome dei Borkman. 86 Non avresti fatto che rivivere la stessa vicenda di prima. Puoi esserne certo. Borkman (scuotendo il capo e guardandola con l'aria di chi ammaestra) Al mondo non accade nulla di nuovo. Ma quello che è già accaduto non si ripete più. È la visione che se ne ha che trasforma le azioni. L'occhio rigenerato trasfigura la vecchia azione. (Interrompendosi) Ma tu non puoi capire queste cose. Signora Borkman Ma si può essere assolti davanti a se stessi. E qual'è? Borkman Ho sciupato lassù otto anni preziosi della mia esistenza! Il giorno stesso della mia liberazione avrei dovuto ritornare alla realtà... alla realtà che è dura come il ferro e che non conosce i sogni! Avrei dovuto ricominciare da capo e innalzarmi di nuovo verso le cime ... più in alto di prima, a dispetto di tutto il passato. Borkman Ma quello che nessuno sa, è il motivo delle mie azioni. Quello che mi costringeva a commetterle. La gente non capisce che io non potevo agire altrimenti, appunto perché ero io ... John Gabriel Borkman ... e non un altro. Ecco quello che voglio tentare di spiegarti. Borkman Nessuno avrebbe agito come hai agito tu. Borkman Forse. Ma soltanto perchè nessuno era in grado di fare ciò che potevo far io. Ese avessero agito come me, non avrebbero avuto dinanzi agli occhi lo stesso scopo. L'atto sarebbe stato diverso. Insomma... io ho assolto me stesso. Ella Ella Lo fa ora. Borkman Vorrei sapere come avrebbero agito gli altri, se avessero avuto il potere. Signora Borkman Ella, seguita da Borkman, entra nella stanza. La cameriera sguscia via dietro a loro, esce e chiude la porta. Un breve silenzio. Signora Borkman Borkman Borkman (secca) Certo che no. Ecco la mia maledizione. Non aver mai trovato un'anima che mi comprendesse. (guardandolo) Mai un'anima, Borkman? Borkman Una sola... forse. Molto, molto tempo fa. Al tempo in cui non credevo di aver bisogno di comprensione. Ma più tardi, nessuno! Nessuno che fosse vigile e desto a chiamarmi... come una squilla mattutina... ad incitarmi a un lavoro giocondo. Nessuno che mi dicesse che non avevo compiuto nulla di irreparabile. Signora Borkman (con sarcasmo) Ah, dunque hai bisogno che qualcuno te lo dica? Borkman (in preda alla collera) Certo! Poiché tutti quanti mi latrano in coro che sono irrimediabilmente perduto, possono esservi dei momenti in cui quasi sto per crederlo anch'io. (Levando fieramente il capo) Ma poi la mia coscienza riprende il sopravvento. E pronuncia la mia assoluzione. Signora Borkman (guardandolo con durezza) Perché non sei mai venuto da me, a cercare quello che tu chiamavi comprensione? Borkman Avrebbe giovato ... se io fossi venuro da te? Signora Borkman Borkman (con orgoglio) Ho amato il potere ... Signora Borkman Borkman Sì, il potere! ... il potere di creare la felicità intorno a me! Signora Borkman Borkman (con un gesto di ripulsa) Th hai sempre amato soltanto te stesso ... ecco la verità. Ci fu un tempo in cui sarebbe stato in tuo potere rendermi felice. L'hai mai tentato? (senza guardarla) C'è sempre qualche vittima... in un naufragio. 87 Signora Borkman Borkman Mio figlio? Non lo conosco. Signora Borkman Borkman (con forza) Lo sei infatti. Ella (rivoltata) Gunhild! Gunhild! Come puoi...? Signora Borkman Borkman (senza badarle) Farò erigere un monumento sulla tua tomba. (con voce roca e tagliente) È questa l'opera d'amore che tu vuoi compiere? Signora Borkman Non con le mie forze. Non posso sperarlo. Ma ho allevato colui che mi aiuterà, che consacrerà la vita a questo compito. La sua esistenza dev'essere pura, luminosa ed eccelsa, così che il suo fulgore cancelli la tua vita dal ricordo degli uomini. Borkman (cupo e minaccioso) Se è di Erhart che parli, dillo subito. Signora Borkman (guardandolo fieramente negli occhi) Sì, di Erhart. Mio figlio. Di lui, che tu vuoi sacrificare ... offrendolo in olocausto per i tuoi peccati. Borkman Vicino a me, vicino a me ti voglio! C'è qualcuno che vuoi portarti via! (arretrando d'un passo) Ah ... ! Dunque tu sai! Certo. Anche tu lo sai? (sussulta e la guarda) Io? Ma sì, naturalmente ... Signora Borkman Ah, un gioco predisposto! Dietro la mia schiena! Erhart! Erhart! (vivamente) Mamma, parla, che cosa sai? Erhart So tutto. So che tua zia è venuta per toglierti a me. Erhart Zia Ella! Ella Oh, Erhart, !asciami dire! Signora Borkman (seguitando) Vuole ch'io ti ceda a lei. Vuole esserti madre, Erhart! D'ora in poi tu dovresti essere suo figlio, e non più il mio! Ereditare tutto quel che possiede. Lasciare il tuo nome ed assumere il suo! Erhart Zia Ella, è vero? Ella Sì, è vero. Una colonna imfame, suppongo? Signora Borkman (sempre più eccitata) Oh, non sarà un monumento di pietra o di metallo. E nessuno oserà incidere una scritta infamante sul monumento da me eretto. Sarà come un recinto, una siepe naturale di alberi e di cespugli che circonderà fitta fitta la tomba in cui vivi. Coprirà tutte le ombre del passato. E l'oblio scenderà su John Gabriel Borkman. Borkman Signora Borkman Signora Borkman (col braccio alzato) Non sognare più la vita! Resta disteso, dove sei! (fendendogli le braccia) Volevo vederti, Erhart! Tu devi restare vicino a me ... sempre! (balbettando) Vicino a te ... sempre? Che cosa intendi dire? Erhart Erhart Ho provveduto alla tua memoria. Borkman (aspramente) Forse hai ragione. (Scattando) Ma no, no! Non ancora. C'è mancato, poco, pochissimo. Ma ora mi sono ripreso. Mi sono destato. La vita è ancora davanti a me. La vedo, questa vita nuova, smagliante, che fermenta e m'aspetta... E anche tu la vedrai. Signora Borkman Signora Borkman Signora Borkman (con una breve stridula risata) Alla mia memoria? Guarda un po'! Parli come se fossi già morto. Signora Borkman Erhart (pallido e sgomento) Mamma... per amor del cielo, che cosa c'è ... ? (Vedendo Borkman ritto sulla soglia della camera difondo, trasale e si toglie il cappello. Resta un istante in silenzio, poi chiede) Che cosa volevi mamma? Che cosa è successo? Erhart Sì, io. Io sola. Dillo dunque. Signora Borkman Borkman (guardandolo con superiorità) Oh, tu non sai che altro ho fatto! Tu? Signora Borkman Borkman Sì, è vero. Non lo conosci neppure. (aspro) Tu hai fatto in modo che fosse così ... tu, sua madre. Signora Borkman Borkman E tuo figlio? Hai tu usato il tuo potere ... hai respirato e vissuto per farlo felice? (con uno sguardo a Ella) Per il più grave dei miei delitti. Signora Borkman (negando) Una colpa verso un'estranea. Pensa alle tue colpe verso di me! (Li guarda trionfante) Ma lui non vi ubbidirà! Quando lo chiamerò nella mia pena, egli verrà. Perché egli sarà accanto a me! Ame e a nessun altro ... (improvvisamente s'arresta, in ascolto, e grida) Lo sento! È lui... è lui! Erhart! Erhart Borkman spalanca la porta ed entra nella stanza col soprabito indosso, il cappello in capo. 88 Erhart Ella Non sapevo nulla di tutto questo. Perché vuoi che ritorni a vivere con te? Perché sento che ti perderò, se resti qui. Signora Borkman Ella Erhart (con durezza) Sì, io te l'ho ripreso, certo! E così doveva essere. (lo guarda supplichevole) Erhart, non posso perderti adesso. Sappi: sono sola... e la morte mi aspetta... La morte? ... Ella Sì, la morte. Vuoi restare con me sino alla fine? Dedicarti tutto a me? Essere per me come il mio bambino? Signora Borkman (interrompendo/a) ... e tradire tua madre e forse anche la tua missione in questo mondo? Vuoi far questo, Erhart? Ella Sono condannata a morire fra poco. Rispondimi Erhart. Erhart (con viva commozione) Zia Ella... tu sei stata infinitamente buona con me. In casa tua sono cresciuto felice e spensierato come nessun altro fanciullo al mondo ... Signora Borkman Ella Erhart figlio ... Erhart! Erhart! Quale dolcezza che tu pensi ancora così. ... ma tuttavia non posso sacrificarmi per te ora. Non posso votarmi a una simile vita, come se fossi tuo 89 Signora Borkman Ella (con accento di trionfò) Ah, lo sapevo! 'fu non l'avrai, Ella, tu non l'avrai! (dolorosamente) Lo vedo. 'fu me l'hai ripreso. Signora Borkman Sì, sì! È mio, e mio rimane! Erhart, non è vero? tu ... tu ed io abbiamo un lungo cammino da compiere insieme. Erhart (lottando con se stesso) Mamma... è meglio che te lo dica subito ... Signora Borkman Erhart (ansiosa) Che cosa? Il cammino che faremo insieme, mamma, non sarà molto lungo. Signora Borkman (come atterrata da un colpo) Che cosa vuoi dire? Erhart (facendosi forza) Dio mio, mamma... io sono giovane! Mi sento soffocare da questo odore di rinchiuso. Signora Borkman Erhart Qui... in casa mia! Erhart Oh zia Ella qua o da te, è tutt'uno. Muterebbe soltanto la scena. Ma non mi sentirei meglio che qui. Anche la tua casa odora di rose e di lavanda... lo stesso tanfo di rinchiuso! (scossa, ma tentando di dominarsi) Di rinchiuso! In casa di tua madre. Erhart (con crescente impazienza) Non trovo altra parola. Quella sollecitudine morbosa... quell'idolatria... non so che cosa sia. So che non ci resisto più. (con uno sguardo grave eprofondo) Dimentichi la missione a cui hai consacrato la tua Erhart (in preda a crescente sgomento) Chi ti ha trasformato così, Erhart? (turbato) Chi...? Non posso esser io stesso, che ... ? Signora Borkman No, no, no! 'fu sei sotto un influsso straniero. Tha madre non ha più alcun potere su di te. E neppure ... neppure la tua madre adottiva. Erhart (con aria di ifida forzata) Io non subisco altro influsso che il mio, mamma! E obbedisco alla mia propria volontà! Borkman Erhart (avvicinandosi ad Erhart) Chi sa che non sia venuta anche la mia ora, finalmente. (con fredda cortesia) Come ... ? Che intende dire mio padre? Signora Borkman Borkman Voglio rialzarmi. Ricominciare da capo. Solo il presente e l'avvenire di un uomo possono riscattare il suo passato. Voglio lavorare, lavorare instancabilmente all'opera che ho sognato in gioventù- quella che per me era la vita, allora, e che oggi lo è mille volte di più. Erhart... vuoi venire con me e aiutarmi a ricostruire la mia vita? Signora Borkman Ella Ella (ironicamente) Me lo domando anch'io. Borkman (senza turbarsi) Senti, Erhart... non vorresti seguire tuo padre? Un uomo caduto non può essere riabilitato dalla condotta di un altro. Sono vuote fantasie di cui ti hanno nutrito ... qui, nelle stanze che sanno di rinchiuso. Anche se tu conducessi una vita più esemplare di quella di un santo non potresti minimamente giovarmi. 90 Erhart Dunque, Erhart? (in preda a un penoso imbarazzo) Babbo ... non posso più. È ormai impossibile. Borkman Ella Già, purché non sia io a portartelo via. Così è, Gunhild. Erhart Ella È questo il tuo consiglio? 'fu ... la solitaria, la morente! Sia di me quel che Dio vuole. Borkman Erhart (ammonendolo col braccio levato) Non farlo, Erhart! (con calore) Sì, Erhart, sì! Dàgli il tuo aiuto! Signora Borkman Erhart Erhart (prorompendo) Oh, diciamo piuttosto: a cui tu hai consacrato la mia vita. 'fu m'hai imposto la tua volontà. Non ho mai avuto il diritto di volere. Ma ne ho abbastanza di questo giogo! Sono giovane, mamma, non devi dimenticarlo! (Guardando Borkman con diferenza e rispetto) Non posso dare la mia vita per espiare i torti d'un altro, chiunque egli sia. Signora Borkman (inchinandosi leggermente) E che cosa conta di fare mio padre? Erhart Signora Borkman Ella Allora vieni con me, Erhart! Signora Borkman vita, Erhart? (con calore) Sì, Erhart, sì! Dàgli il tuo aiuto! Borkman Sì, e altrettanto poco gioverebbe se io mi macerassi nella contrizione e nella penitenza. Ho cercato di sostenermi con sogni e con speranze ... in tutti questi anni. Ma non son cose per me. Ora basta coi sogni!. .. Ella Sì, mamma, qui, in casa tua! Signora Borkman Ella Ma che cosa vuoi fare, insomma? (con fuoco) Sono giovane! Voglio vivere anch'io! Vivere la mia vita! E non vuoi sacrificare qualche mese a rischiarare una povera vita che si spegne? Zia, lo vorrei, ma non posso. Neanche per un essere che ti ama sopra ogni cosa al mondo? Quant'è vero Dio, zia Ella... non posso. Signora Borkman (scrutandolo) E neppure tua madre ti può trattenere? Erhart Ti vorrò sempre bene mamma. Ma non posso più vivere per te sola. Questa al tuo fianco non è vita per me. Borkman Ebbene, unisciti a me, allora. La vita, Erhart, è lavoro. Vieni, andiamo incontro alla vita tenendoci per mano, e lavoriamo insieme. Erhart (con passione) Ma io non voglio lavorare, ora! Son giovane! Fino ad oggi non me ne ero accorto. Ma ora sento il fuoco della giovinezza scorrermi per tutte le vene. Non voglio lavorare! Voglio vivere, vivere, vivere! Signora Borkman Erhart (con gli occhi sfavillanti) La felicità, mamma. Signora Borkman Erhart E dove credi di trovarla? L'ho già trovata! Signora Borkman Erhart (colta da un presentimento) Erhart... qual' è la tua meta? (con un grido) Erhart! (va rapidamente alla porta e la spalanca chiamando) Fanny. .. puoi venire, ora. 91 La signora Wilton, in soprabito, appare sulla soglia. Signora Borkman (un po' intimidita, con uno sguardo interrogativo a Erhart) Allora, posso .. .? Signora Wilton Erhart (alzando le braccia) La signora Wilton ... ! Sì, vieni pure. Ho detto tutto. La signora Wilton entra nella stanza. Erhart chiude la porta dietro di lei. Ella s'inchina moderatamente a Erhart (con sdegnosa baldanza) Io so che voglio esser felice, null'altro! Son giovane! Voglio vivere, vivere, vivere! Signora Borkman Sì, sei giovane, Erhart! Troppo giovane per queste cose. Signora Wilton (grave, con forza) Gliel'ho detto anch'io, signora Borkman, mi creda. Gli ho narrato tutta la mia vita. Più di una volta gli ho ricordato che ho sette anni più di lui... Erhart (interrompendo/a) Oh, Fanny... lo sapevo da tanto tempo. Borkman, che le rende il saluto tacendo. Breve silenzio. Signora Wilton Signora Wilton (con voce bassa ma ferma) Dunque sapete tutto. E vedo bene che mi considerate come la causa di una grave sventura. Signora Borkman dovuto fare! Signora Borkman (lentamente, guardandola fisso) Lei ha distrutto le mie ultime ragioni di vita. (Con impeto) Ma è una cosa impossibile! Signora Wilton (la guarda e dice con voce smorzata) Questo era superiore alle mie forze, signora Borkman. Signora Wilton Signora Wilton Capisco che le debba sembrare impossibile, signora Borkman. Signora Borkman Signora Wilton Direi piuttosto che è assurdo. Ma è così. Signora Borkman Erhart Lei stessa si deve render conto che è impossibile. Non è vero ... ? (rivolta a Erhart) Hai detto sul serio Erhart? Mamma, per me è la felicità. La grande, suprema felicità della vita. Non so dirti altro. Signora Borkman mio povero figlio! (alla signora Wilton, torcendosi le mani) Ah, come ha saputo ammaliarlo e sedurlo, il Signora Borkman Dice che non l'ha fatto? Signora Wilton No. Non l'ho ammaliato nè sedotto. Egli è venuto a me volontariamente. E volontariamente io gli sono andata incontro fino a metà del cammino. Signora Borkman (squadrando/a con disprezzo) Lei, sì! Lo credo bene. (padroneggiandosi) Signora Borkman ... la vita umana è in balìa di forze che lei sembra Signora Wilton ignorare. Signora Borkman Quali forze se è lecito? (seccamente) Quell'altro mi ha abbandonata. Signora Wilton Signora Borkman Signora Wilton Erhart Ma è vivo, si dice. (con uno sguardo severo) Th la conosci dunque ... la storia di quell'altro? Erhart E tuttavia dici che non te ne importa! 92 (con disprezzo) Oh ... la felicità, la felicità ... E quanto crede che possa durare, questa felicità? (intervenendo) Che duri poco o molto, mamma... che importa? (con ira) Cieco che sei! Non vedi che cosa ti aspetta? Erhart Non mi curo dell'avvenire. Non voglio guardarmi innanzi né indietro. Voglio vivere anch'io, finalmente, ecco tutto! Signora Borkman Erhart (dolorosamente) Ed è questo che tu chiami vivere, Erhart! Ma non vedi dunque com'è bella! Signora Borkman (torcendosi le mani) Ah, un'altra ignominia da sopportare! Borkman (dal fondo della stanza, con voce dura e tagliente) Oh ... tu ci sei abituata, Gunhild, a sopportare simili cose! Erhart (supplichevole) Borkman ... ! (c.s.) Babbo ... ! Signora Borkman Erhart Vedere giorno per giorno, con questi occhi, mio figlio unito ad una... ad una... (interrompendo con asprezza) Non vedrai nulla, mamma! Non temere. Io non resterò qui. (pronta e decisa) Noi partiamo, signora Borkman. (impallidendo) Anche lei! Insieme, forse? Signora Wilton (accennando di sì) Vado all'estero, nel Mezzogiorno, con una mia giovane protetta. Ed Erhart viene con noi. Signora Borkman Sì, mamma, so tutto. Signora Borkman Signora Borkman Signora Borkman (intervenendo) Sì, mamma, per Fanny è morto. E d'altronde che me ne importa di lui! Perché? Signora Wilton Fino ad oggi non sapevo che cosa volesse dire esser felice. E non posso respingere la felicità, solo perché è venuta così tardi. Signora Wilton Per me è morto. Signora Borkman Erhart (con un sorriso) Credevo che lei fosse già unita per sempre ... ad un altro. Davvero? E perché non l'ha semplicemente messo alla porta? Ecco quello che avrebbe Perché lui, lui solo è per me la felicità. Signora Borkman Ella Signora Wilton Quelle che costringono due esseri a unire per sempre i loro destini... senza riguardi per nessuno. Signora Borkman Signora Borkman Signora Borkman (alzando fieramente il capo) Io non ho fatto questo, signora. Signora Wilton ... ma nulla... nulla è servito. Con voi e... con una ragazza? Signora Wilton Sì, è la piccola Frida Foldal, che abita a casa mia. Voglio portarla in giro per il mondo, a studiar 93 musica. Il mio mantello! (S'avvia rapidamente alla porta). Signora Borkman Signora Wilton Ella Sì, non posso farla viaggiare da sola, così giovane. Signora Borkman Erhart E perciò la porta seco? (reprimendo un sorriso) E tu che cosa ne dici Erhart? (un po' imbarazzato, alzando le spalle) Mio Dio, mamma... poiché Fanny vuole così... Signora Borkman Signora Wilton Subito. Stanotte stessa. La mia slitta ci aspetta laggiù davanti alla villa Hinkel. Signora Borkman Signora Wilton (squadrando/a dalla testa ai piedi) Ah. Ecco cos'era la famosa serata! (con un sorriso) Già, ne eravamo i soli ospiti, Erhart ed io. E la piccola Frida, naturalmente. Signora Borkman Signora Wilton (fredda) Si può saper quando partono i signori? (sbarrandogli il passo, angosciata) ]ohn Gabriel, dove vai? Borkman Ella (trattenendo/o) No, no, non ti lascio uscire! Sei ammalato. Te lo vedo in faccia. Borkman Ella Nella tormenta della vita, hai capito? Lasciami Ella! Lasciami andare, ti dico! (Staccandosi da lei con violenza, esce dalla porta del vestibolo). (sulla soglia) Aiutami a trattenerlo, Gunhild! Signora Borkman (ritta in mezzo alla stanza, con voce fredda e dura) Io non trattengo nessuno. Nessuno al mondo. Mi abbandonino pure tutti quanti sono. Se ne vadano lontano, lontano ... dove vorranno. (A un tratto, con un grido lacerante) Erhart, non andar via! (Si precipita verso la porta con le braccia tese). Ella le sbarra il cammino. E dov'è in questo momento? Ci aspetta giù nella slitta. Erhart (con penoso imbarazzo) Mamma... tu mi capisci...? Volevo risparmiare a te e agli altri questa scena dolorosa.... Signora Borkman (lo guarda profondamente ferita) Volevi partire senza dirmi addio? Erhart Sì, mi pareva che fosse meglio così. Meglio per tutti. I bauli erano pronti, tutto predisposto. Ma poi tu m'hai mandato a cercare, e allora... (fa per fenderle le mani) Addio dunque, mamma. Signora Borkman Erhart (irresoluto) È la tua ultima parola? Signora Borkman Erhart (respingendo/o col gesto) Non ti avvicinare! (duramente) Sì. (voltandosi verso Ella) Addio, zia Ella. Ella (gli stringe le mani) Addio Erhart! Goditi la vita... e sii felice ... Il più felice possibile! Erhart Grazie zia. (Inchinandosi davanti a Borkman) Addio, Babbo. (Sottovoce alla signora Wilton) Sbrighiamoci, andiamocene più presto che si può. Signora Wilton Signora Borkman (piano) Sì, andiamo. (con un sorriso maligno) Signora Wilton, le pare prudente portarsi appresso la ragazza? Signora Wilton (rispondendo al sorriso, in tono tra il serio e l'ironico) Gli uomini sono così incostanti signora Borkrnan. E le donne anche. Quando Erhart sarà stanco di me - ed io di lui- sarà meglio per entrambi che il povero ragazzo abbia qualcosa in riserva. Signora Borkman Signora Wilton vestibolo). E lei? Ah, io m'aggiusterò, non tema. Buon giorno, signori. (Saluta ed esce dalla porta del Erhart rimane un istante indeciso, poi si volta e la segue. Signora Borkman Borkman (con le mani giunte e abbandonate) Non ho più figlio. (come prendendo un'improvvisa risoluzione) Su dunque! Solo nella tormenta! Il mio cappello! 94 95 Atto quarto Un cortile aperto davanti all'edificio principale della proprietà, che sorge a destra. Si vede un angolo della casa, con qualche scalino basso di pietra che dà adito a un portale. Lo ifondo èformato da pendii ripidi irti d'abeti. A sinistra gruppi sparsi di cespugli. La nevicata è cessata, ma il suolo è coperto da un alto tappeto di neve fresca. Anche i rami degli abeti ne sono carichi. Notte scura, cielo solcato da nubi che la luna traversa debolmente di tanto in tanto. Solo la neve illumina il paesaggio di un riflesso opaco. Borkman, la signora Borkman e Ella Rentheim sono in piedi sugli scalini, Borkman, spossato, s'addossa al muro della casa. S'è gettato sulle spalle un vecchio mantello, in una mano ha un feltro grigio, molle, e nell'altra un grosso bastone nodoso. Ella Rentheim porta il suo mantello sul braccio. La signora Borkman ha lasciato scivolare il suo scialle sul dorso, ed è a capo scoperto. Ella (impedendo il passo alla signora Borkman) Non puoi corrergli dietro, Gunhild! Signora Borkman Ella Ti ripeto che è inutile. Non puoi raggiungerlo. Signora Borkman madre! Ella (angosciata efuori di sé) Lasciami passare, ti dico! Non voglio che parta! Lasciami tentare, Ella! Griderò forte, dall'alto della strada. Dovrà ben udire il grido di sua Non può udirti. Aquest'ora è già nella slitta chiusa... Signora Borkman No, no ... forse non è ancora salito. Borkman Ella No ... non lo sentirà. (Tendendo l'orecchio) Zitti! Cos'è questo rumore? (con un 'esclamazione soffocata) È la sua slitta... (pensosa, crollando il capo) Chi sa che non lo chiami invece alla gioia, alla vita, Gunhild. Signora Borkman Ella Th gli auguri vita e felicità ... accanto a lei? (con calore) Oh, sì...! con tutta l'anima! Signora Borkman Ella (sussulta e la guarda con asprezza) Alla gioia e alla vita, tu dici? Almeno per qualche breve istante. Signora Borkman Ella No. Suona per me. E per colui che mi ha abbandonata. (fredda) Allora la tua capacità d'amore è più grande della mia. (guardando lontano, assorta) Forse è la privazione che mantiene viva questa forza d'amore. Signora Borkman (fissando lo sguardo su di lei) Se è così... fra poco ne sarò ricca come te, Ella. {Si volge e rientra in casa). Ella (resta immobile per qualche istante e guarda Borkman ansiosa; poi pone cautamente la mano sulla spalla di lui) John, vieni, devi rientrare anche tu. Borkman (come destandosi dal sonno) Io? Ella Sì. Quest'aria è troppo viva e fredda per te. Te lo vedo in viso, John. Vieni dunque, torniamo in casa, al caldo. Ella No ... piuttosto giù da lei. Borkman Ella Ella (brusco) Lassù, forse, nel salone? (ribellandosi) Non rimetterò più piede in quella casa... mai, finchè vivo! Dove vuoi andare, John? Aquest'ora, di notte? (mettendosi il cappello) Prima di tutto andrò a vedere i miei tesori nascosti. (guardandolo angosciata) John ... non ti capisco! Borkman (ride, tossicchiando) Oh, non si tratta di roba rubata. Non aver paura, Ella. {S'arresta e indica col gesto) Oh guarda? Ma chi è? Oun'altra... Signora Borkman No, no è la slitta della signora Wilton. Conosco il suono dei campanelli d'argento! Ascoltate! Passano davanti a noi... laggiù ai piedi della collina! Ella Ella Sembrava la campana dei morti. (con un riso secco e sommesso) Eh, eh! ... Non è ancora per me che suona. Signora Borkman Borkman (in ascolto) Sembra una sonagliera. Signora Borkman Ella (disperata) Ma se è già in slitta... allora è seduto accanto a lei... a lei... lei! (con un riso tetro) E allora non sente di certo il grido di sua madre. Signora Borkman Borkman Borkman Ella Ma sì. È già salito, puoi star sicura. Signora Borkman Signora Borkman (vivamente) Gunhild, se vuoi chiamarlo, ora è il momento! Forse, chi sa... ! Vilhelm Falda! sbuca di dietro l'angolo della casa. Porta una vecchia palandrana coperta di neve, ha abbassato la falda del cappello e regge un gran parapioggia. Avanza a fatica sulla neve e zoppica fortemente dalla gamba sinistra. Si ode la sonagliera nel bosco, a breve distanza. Vilhelm! Cosa vieni di nuovo a far qui? Presto, Gunhild! Sono vicini! Foldal (alzando gli occhi) Signore Iddio ... ! Th]ohn Gabriel, fuori di casa? (Saluta) E anche tua moglie, vedo! Signora Borkman (resta un momento indecisa, poi si irrigidisce in una durezza di gelo) No. Non lo chiamerò. M'abbandoni pure, Erhart Borkman. Vada lontano, lontano ... verso ciò che egli chiama oggi la vita e la felicità. Borkman Chiedo scusa. Ho perso gli occhiali nella neve. Ma tu che non fai mai un passo fuori dalla porta... ? Borkman (gaio e noncurante) È tempo che mi riabitui all'aria aperta, mio caro. Quasi tre anni di detenzione preventiva, cinque di prigione cellulare, otto lassù nella grande sala... Lo scampanellio si perde in lontananza. Ella Foldal (asciutto) Non è mia moglie. (dopo un breve silenzio) I sonagli non si odono più. 96 97 Ella (inquieta) Borkman ... ti prego. Foldal domestico. E sai perché mi scriveva? Eh già, già... Borkman Borkman Ma dunque, che cosa vuoi da me? Foldal (ancora ai piedi della scala) Venivo a trovarti, john Gabriel. Avevo bisogno di tornare nella tua sala... Oh, signore Iddio, quella sala! Borkman Foldal Volevi tornare da me che ti avevo messo alla porta? Dio mio, che cosa importa? Per dire addio ai suoi genitori, suppongo. Foldal Esatto. Strano, come indovini giusto, John Gabriel! Sì, dice che la signora Wilton l'ha presa a ben volere, e che ora questa signora ha pensato di condurla all'estero e di farle studiar musica. E scrive anche che la signora Wilton ha assunto un bravo maestro che viaggi con loro, e dia lezioni a Frida. Purtroppo la sua educazione sotto parecchi riguardi lascia un poco a desiderare, capirai. .. Borkman (scosso da un riso che cerca di nascondere) Ma sì, ma sì ... capisco tutto perfettamente, Vilhelm. Ella Investito! Foldal (continuando, con calore) E figurati che lei ha avuto notizia di questo progetto soltanto stasera. Durante quel ricevimento ... sai bene. E tuttavia ha trovato il tempo di scrivermi. Non ti puoi immaginare che bella lettera affettuosa. Neanche più l'ombra di disprezzo per suo padre. E poi è stato un pensiero gentile dirci addio per iscritto ... prima di partire. (Ridendo) Ma ha fatto male i conti! Foldal Borkman Borkman Foldal Che cos'hai al piede? Th zoppichi! Ma sì, figurati, sono stato investito. Sì, da una slitta... Borkman Foldal Senti, senti! (guardandolo interrogativamente) Perché? Scrive che partono domattina, prestissimo. Foldal ... tirata da due cavalli. Scendeva la collina a rotta di collo. Non ho avuto il tempo di scansarmi, e allora... Borkman Ella ... e allora è stato buttato a terra? Foldal (ridendo efregandosi le mani) Sì, ma vedi, io sono più furbo di loro! Ora vado difilato dalla signora Wilton ... Foldal Sì, signora... o signorina. È venuta dritta contro di me così che sono caduto nella neve, ho perso gli occhiali e ho rotto il parapioggia. (Soffregandosi la caviglia) E anche il piede ha sofferto un poco. Borkman Borkman (soffocando una risata) Sai chi c'era nella slitta, Vilhelm? Borkman Borkman Borkman Foldal Sì, non saprei come dire altrimenti. Mi sembra che contento sia la parola giusta. Èsuccessa una cosa così straordinaria! E non ho potuto fare a meno di venire qui... per farti dividere la mia gioia, john Gabriel! Borkman Ella Ma prima entra in casa col tuo amico, Borkman! Borkman Ella (brusco) Ebbene, avanti, dividiamola questa gioia! (duramente) Non voglio entrare in casa, te l'ho già detto. Ma hai sentito che una slitta l'ha buttato a terra. Foldal Ella Sua figlia è già partita! Signor Foldal. (annientato) Frida già partita? Ne è certa? Come lo sa? Foldal Borkman Foldal Foldal Borkman Borkman Foldal Precisamente. Hai indovinato. Sì, era una lettera di Frida ... abbastanza lunga. L'aveva portata un 98 Ma sì: è lui che aiuterà la signora Wilton a compiere l'educazione della tua piccola Frida. Dio sia lodato! Allora la bimba è in buone mani. Ma sei sicuro che siano già partiti? Foldal Dunque ascolta: poco fa ... tornato a casa dopo essere stato da te, ho trovato una lettera. Indovina di chi? Foldal Un certo Erhart Borkman, studente. (raggiante) Tho figlio john Gabriel! Parte anche lui? Borkman Foldal Ce l'ha detto il suo futuro maestro. Dawero? E chi è? Foldal Un pensiero profondo, John Gabriel. Restiamo pure qui. Posso raccontarti quel che è accaduto in poche parole. Della tua piccola Frida, forse? Già. E poi, tanto non potrai entrare in casa Wilton. Foldal Ma sì che potrò. M'attaccherò al campanello finché qualcuno verrà ad aprire. Voglio vedere Frida a tutti i costi. Borkman (in tono raddolcito) Racconta, Vilhelm. Ascolta, mio povero Vilhelm ... ti puoi risparmiare la fatica di far quella strada. Oh, vuoi dire per via del mio piede ... Borkman Oh, tutti vengono buttati a terra... almeno una volta nella vita. Bisogna rialzarsi e far finta di niente. Borkman Aquest'ora? Foldal Dio mio, non è poi tanto tardi. E se la porta di casa sarà chiusa, suonerò. Senz' altro. Perché debbo e voglio vedere Frida prima della partenza. Buona notte, dunque. Buona notte! (Fa per rimettersi in cammino). Foldal No. Come posso saperlo? Era una slitta chiusa, con le tendine abbassate. E il cocchiere non s'è fermato neppure un istante vedendomi ruzzolare a terra. Ma non me ne importa, perchè ... (Commosso) Oh sono così contento, se tu sapessi! Contento? Guarda, guarda... domattina? Scrive così? Borkman Erano nella slitta che ti ha buttato a terra. (Giungendo le mani) Dio buono! La mia piccola Frida in quella slitta principesca! Proprio così, Vilhelm ... tua figlia farà una bella vita. E il giovane Borkman pure. Bè ... hai notato 99 anche tu i sonagli d'argento? Foldal Ella Certo, certo ... sonagli d'argento, hai detto? Erano sonagli d'argento? D'argento vero? Borkman Senza dubbio. Thtto autentico. Di fuori... e di dentro. Foldal (con quieta emozione) Strano, come ci raggiunge talvolta la fortuna. Quel mio talento ... quel modesto talento poetico si è trasformato in musica nella mia Frida. E così non sarò stato poeta invano. Lo conoscerà lei il vasto mondo di cui mi struggevo nei miei splendidi sogni. La piccola Frida parte in una slitta lussuosa, al suono di campanelli d'argento ... Borkman ... passando sul corpo di suo padre. Borkman Borkman (resta immobile, guardando davanti a sé) Addio, Vilhelm! Non è la prima volta che passano sul tuo corpo, vecchio amico. (lo guarda cercando di vincere la sua angoscia) Sei così pallido, così pallido, John ... Borkman È l'aria di prigione che ho respirato lassù. Ella Non ti ho mai visto così. Borkman Ella Ella Probabilmente non hai mai visto un forzato dopo la galera. Rientra ora in casa con me, John. Borkman Ma dove vuoi andare? Borkman Lontano, sempre più lontano. Tentar di tornare alla libertà, alla vita, alla società degli uomini. Vuoi venire con me, Ella? Borkman Sì, sì, subito! Borkman Finchè le forze mi sosterranno. Ella Ma rifletti Borkman. In questa notte umida e fredda ... E tu ridi, Vilhelm. Foldal Eh, io sì, rido! Ma lei, povera donna, che vuoi? Non può capire. Addio dunque! Meno male che la tramvia passa così vicino. Addio, addio, John Gabriel. I miei rispetti signorina. (Saluta e s'allontana zoppicando nella direzione donde è venuto). Ella Ella Ella Ma fin dove andremo? Piange? (sorridendo) Ma sì, figurati. Si struggeva in lagrime quando l'ho lasciata. Foldal Borkman (piano, come colto dalla paura) Ritornare in casa? No, mai! Si sta bene qui fuori, nella notte! Se ora ritornassi disopra, nel salone ... le pareti e il soffitto crollerebbero. Rimarrei soffocato, schiacciato come una mosca... Ella Io? Adesso? Foldal (allegramente) Ah, che importa... purché la bimba... Ebbene, non ho fatto a tempo. Non mi resta che tornare a casa a consolare sua madre che è là a piangere in cucina. Borkman (raggiungendolo) Ma anche in casa sei libero, John. Puoi andare e venire come ti piace. Basta con queste lusinghe. T'ho già detto ... Borkman (con voce rauca) Oh, la signorina teme per la sua salute? Già, già... è un poco malferma... Ella È per la tua salute che tremo. Borkman Ella (seguendolo e cercando di trattenerlo) Che cos'hai detto? Borkman Ella Ahahah! La salute di un morto! Mi fai ridere, Ella! (Fa qualche passo). Ho detto "la salute di un morto". Non ricordi le parole di Gunhild: "Resta disteso dove sei"? (risolutamente, avvolgendosi nel mantello) Vengo con te, John. Borkman Sì, Ella! noi due ci apparteniamo. (Si mette in cammino) Vieni! Sono giunti tra i cespugli di sinistra, che li sottraggono a poco a poco alla vista degli spettatori, così che alla fine non si vedono più; la casa e il cortile svaniscono. Il paesaggio apendici e colline si trasforma lentamente e diventa sempre più acczdentato e selvaggio. Voce di Ella (a destra nel bosco) Dove siamo, John? Non mi ritrovo più. Voce di Borkman Ma se ti prego, John? È per il tuo bene ... La Cameriera appare sulla porta. Voce di Ella Cameriera Scusino, la signora mi ha detto di chiudere il portone. Voce di Borkman Borkman (piano a Ella) Senti? Vogliono di nuovo rinchiudermi! Voce di Ella Ella (alla Cameriera) Il signor direttore si sente poco bene. Vuole respirare ancora un po' d'aria fresca. Cameriera Ella Ma la signora m'ha dato ordine ... Cameriera Per me ... Come la signorina desidera. (Rientra in casa) Ma perchè dobbiamo salire così in alto? (più vicina) Bisogna seguire il sentiero tortuoso. Oh, ma non ne posso più! Borkman (apparendo sul limitare del bosco) Vieni, vieni! Pochi passi e saremo lassù dove si vede lontano. C'era una panchina, una volta... Ella Chiuderò io. Lasciate la chiave nella serratura. (più in alto) Segui le mie tracce sulla neve! (uscendo di tra gli alberi) Te ne ricordi ancora? Borkman Là potrai riposare. Borkman (rimane qualche istante in ascolto, poi scende rapidamente in cortile) Ora sono al di là del muro! Ora non mi pigliano più. Sono giunti a una piccola radura del bosco, dietro alla quale si erge un ripido pendio. A sinistra in basso si stende un ampio paesaggio col fiordo e alte catene di montagne che si elevano le une dietro alle altre. Nella radura a sinistra un abete morto con una panchina davanti. La radura è coperta di neve alta. 100 101 Borkman Ella (raggiungendolo) Che cosa, John? Borkman Ella (fermandosi a sinistra sull'orlo del precipizio) Vieni a vedere, Ella. (indicando l'orizzonte) Guarda, come il paese si stende davanti a noi... così aperto e immenso! Quella è la panca su cui venivamo spesso a sederci... e a guardare lontano, oh, ben più lontano! Borkman I nostri sguardi allora si perdevano nel paese dei sogni. Ella (accennando dolorosamente di sì) Il paese della vita sognata. E ora tutto è coperto di neve ... E il vecchio albero è morto. Borkman (senza ascoltarla) Vedi, laggiù sul fiordo, il fumo dei grandi vapori? qui alla luce del giorno ... un cuore umano e vivo batteva e palpitava per te. E questo cuore tu l'hai calpestato. Oh, non soltanto calpestato, no, mille volte peggio! Chai venduto per... per... Borkman Ella Sì, te l'ho già detto poco fa. Tu hai ucciso la vita d'amore nella donna che ti amava... e che anche tu amavi, quel tanto che eri capace di amare. (Alzando un braccio) E per questo io ti predico ... John Gabriel Borkman ... tu non riscuoterai mai il prezzo del delitto. Tu non entrerai mai da trionfatore nel tuo regno di ghiaccio e di tenebre. Borkman (s'avvicina alla panca con passo vacillante e si lascia cadere pesantemente) Ella, ho paura che la tua predizione si compia. (accanto a lui) Non aver paura, John. È la miglior cosa che ti possa accadere. Ella No. Ella Borkman Io sì ... Vanno e vengono, le grandi navi. Fanno circolare la vita da un capo all'altro del mondo. Portano luce e calore alle anime, in migliaia e migliaia di case. Copera che anch'io sognavo di compiere. Borkman Ella (piano) Ma è rimasto un sogno. Ella No. Borkman Ella Io lo sento. (inquieta) Credo che tu t'inganni, John. Borkman (infiammandosi sempre più) Oh, ma tutte queste cose, sai... non sono che i posti avanzati ai confini del regno! Ella Del regno! Che regno? Borkman Ella Ella Il mio regno! Il regno di cui stavo per impossessarmi, quando ... quando morii.. (piano, rabbrividendo) Oh John, john! Ella (dà un grido portando le mani al petto) Ah ... ! (con voce spenta) M'ha lasciato, ora. (scuotendolo) Cos'è stato, John? Borkman Borkman Sì è rimasto un sogno. (Fende l'orecchio) E laggiù lungo il fiume ... ascolta! Il pulsare delle fabbriche! Le mie fabbriche! Tutte quelle che volevo creare! Senti, come lavorano. È il turno di notte. Lavorano notte e giorno. Ascolta, ascolta! Le ruote girano e i cilindri folgorano... senza mai fermarsi. Non senti, Ella? (trema come percorso da un brivido) Per un regno ... per il potere ... per gli onori, non è vero? (ricadendo contro la spalliera) Una mano di ghiaccio mi ha attanagliato il cuore. John! L'hai sentita dunque, la mano di ghiaccio? Borkman (in un mormorio) No ... non di ghiaccio ... una mano di ferro. (Scivola a giacere sulla panca). Ella (strappandosi il mantello e coprendo Borkman) Resta lì disteso! Vado a cercare soccorso. (Fa due o tre passi verso destra, poi si ferma, torna indietro e gli tasta a lungo il polso e il viso. Con voce sommessa e ferma) No. Meglio così, John Gabriel Borkman. Per te è meglio così. (Lo avvolge più stretto nel mantello e siede di fronte alla panca, sulla neve). Breve pausa. La signora Borkman, in soprabito, appare a destra tra gli alberi. È preceduta dalla cameriera che porta una lanterna accesa. Cameriera (facendo cadere la luce sulla neve) Ma sì, signora. Ecco le loro tracce ... Signora Borkman Ella (alzandosi) Cercavi noi? Borkman E ora è lì... senza difesa, senza padrone ... esposto alle rapine, ai saccheggi dei banditi. Ella! Vedi le catene di montagne ... laggiù, lontano? Cuna sovrasta all'altra. S'inerpicano, si ammucchiano. Là è il mio regno, profondo, immenso, inesausto. Ella Ella Signora Borkman Sì, John, ma un soffio di gelo c'investe da quel regno! Borkman Quel soffio mi rianima come un alito di vita. Come il saluto degli spiriti tributari. Sono là i milioni prigionieri; io li sento; i filoni di metallo serpeggiano, si diramano, tendono verso di me le braccia supplichevoli. Mi circondavano come ombre viventi... quella notte in cui discesi nel sotterraneo della banca, con la mia lanterna in mano. Mi chiedevano la liberazione, ed io tentai. Ma non ebbi la forza. Il tesoro ripiombò nell'abisso. (tendendo le braccia) Ma ve lo sussurro piano, nel silenzio della notte: io vi amo voi che giacete nelle tenebre e nella morte apparente! Vi amo, ricchezze che invocate la vita... col vostro rutilante corteo di potenza e splendore. Vi amo, vi amo, vi amo! Ella (con commozione crescente) Sì, è ancor sempre laggiù il tuo amore, John. È sempre rimasto laggiù. Ma Signora Borkman Ella (duramente) Per forza. (indicando Borkman) Eccolo lì, Gunhild. Dorme? (accennando di sì) Un sonno lungo e profondo credo. Signora Borkman (fuori di sé) Ella (Si domina e chiede con voce velata) È finito ... volontariamente? Ella No. Signora Borkman Ella (sollevata) Dunque ... non di sua mano? No. Un'altra mano ... una gelida mano di ferro gli ha spezzato il cuore. Signora Borkman Cameriera 102 (guardandosi intorno) Sono là! Laggiù sulla panca. (Chiamando) Ella! (alla cameriera) Andate a cercare qualcuno. Svegliate la gente di casa. Sì, signora. (Piano) Oh, Gesù! (Scompare nel bosco, a destra) 103 Signora Borkman (in piedi dietro la panca) L'aria della notte lo ha ucciso ... Ella Dev'essere così. Signora Borkman ... lui, l'uomo forte! Ella (davanti alla panca) Non vuoi veder! o, Gunhild? Signora Borkman (rifiutando col gesto) No, no! (A bassa voce) Era un figlio delle miniere ... L'aria aperta gli è stata fatale. Ella È stato piuttosto il freddo ad ucciderlo. Signora Borkman Ella (approvando col capo) Sì, e di noi aveva fatto due ombre. Signora Borkman Ella (scuotendo il capo) Il freddo, dici? Il freddo ... l'aveva già ucciso molto tempo fa. Hai ragione. (con un doloroso sorriso) Un cadavere e due ombre ... ecco l'opera del gelo. Signora Borkman Sì, il gelo del cuore ... E ora, Ella, credo che possiamo tenderei la mano. Ella Sì ... ora sì. Signora Borkman Le due sorelle ... sul cadavere di colui che hanno amato. Ella Le due ombre ... al di sopra del morto. La signora Borkman, dietro alla panca, ed Ella Rentheim, dinnanzi alla panca, uniscono le loro mani. © Giulio Einaudi Editore, Torino per gentile concessione 104

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