Data Testata 29 SETTEMBRE 2000 LA STAMPA TORINOSETTE Un'immagine della scenografia che sarà allestita per lo spettacolo teatrale ) Quante volte, stregati da un mestiere affascinante, si è sognato di salire su un palcoscenico e di diventare attori, anche solo per una sera? Ebbene, questa volta la pos~ sibilità c'è, ed è rivolta a tutti, anche a chi non ha mai provqto nemmeno a interpretare un brario teatrale e l'unica volta in cui ha recitato lo ha fatto con le poesie imparate a memoria alle elementari. L'Associazione culturale Azione, con il Teatro Stabile di Torino, in occasione del «Gesù» di Carl Theodor Dreyer, in scena fuori abbonamento al Teatro Cari- ' gnano dà.l17 al22 ottobre, per la regì.a di Franco Branciaroli, offre la possibilità di pm:tecipare come comparse a tutti i cittadini (maggiorenni} interessati a vivere un'esperienza insolita e interessante . L'iniziativa, promossa dal Comitato per il Giubileo e dal Comitato per l' Ostensione della Sindone, consente a chi è sempre stato spettatore di salire su un palco prestigioso, di essere diretto da un importante regista contemporaneo, Franco Branciaroli, e con uno staff importante, che va dallo scenografo Franco. Capuana a tutti i tecnici impegnati. Ma soprattutto ci sarà la possibilità di seguire dal vivo le fasi . della messa in scena di uno spettacolo teatrale. Per fare parte dello spettacolo dunque occorre rivolgersi entro, e non oltre, 1'8 ottobre, all'Associazione culturale Azione, in via Timavo 10, a Torino (chiedere di Laura Stringari}, tel. 0338/ 124.62 .66 oppure Teatro degli Incamminati, te l. O11/377.191 e-mail: azioneac@yahoo.it e lasciare i propri dati indicando anche i giomi di disponibilità per le prove e per la scena. · Il «Gesù» di Dreyer nòn è un'opera concepita per il teatro, ma il copione di un film mai realizzato, cui l'autore dedicò gran parte della sua esistenza, riassumendovi i tratti essenziali della propria poetica. Per queste sue caratteristiche, il testo si presta a coinvolgere in modo attivo anche gli spettatori, trasformandoli in . comparse di un'opera complessa e corale. Estratto da paqina 49 ·-. Agenzia Italia Notizia 11/10/2000 RO~_OQ89 del Quotidiano Il Gesù di Brancìaroli al Carignano di Torino ~~-10-00 AGI0089 3 CRO O ROl / + VQZ CR06 (Segùe 0088) GIUBILEO: IL GESU 1 DI BRANCIAROLI AL CARIGNANO DI TORINO (2) =(AGI} - Torino, ~~ ott - "Quando mi fu chiesto casa si poteva fare in occasioné del Giubileo a Torino - ha raccontato Branciarali, che gia 1 IU interprete di questo Gesu' in una pradu;::ione dello Stabile subalpino 26 anni fa - pensai che questo Gesur scritto da Dreyer, regista cinematografico di religione ebraica, poteva essere interessante in una citta' come questa tradizionalmente anticlericale e con una grossa componente ebraica". 11 Anche il messaggio dello spettacolo- ha prosegtiito Branciaroli - mi sembra importante in un anno come questo. La tesi dì sottofondo allo spettacolo e 1 , infatti, che a volere la morte di Gesu 1 non sono stati gli ebrei ma i roman1. Un messaggio interessante in un anno come quello del Giubileo contraddistinto dalla visita del Papa in Terra Santan. Lo spettacolo, che vede la presenza dì trenta attori, tra -~i alCUJ?i ~iov~nissim.i, un~ sceno~afia fi~ata da Marco c::::-:r;m~/ ~ _ cent~naJ..a di .. comparse d:tlettant:t, sara' ln scena al Carl~,:~ Torino ~ìno al prossimo 22 ottobre. (AGI) - · Che :Li~246 OTI 00 TORINO SERA SPETTACOLO e CULTURA Giovedì 12 ottobre 2000 25 Franco Branciaroli interprete e regista della pièce in programma dal17 al22 ottobre 1111111 l D testo l l l DreyeraUestito in occasione deU'Ostensione sinodale A destra, l'attore Franco Branciaroli. A sinistra, il regista Dreyer. Accanto, un ritratto di Gesù Cristo. La vita del Salvatore è al centro di una pièce allestita dal Teatro Stabile TI nuovo corso del Teatro Stabile si vede anche da questo: con l'allestimento del "Gesù" di Cari Theodor Dreyer per la regia e l'adattamento di Franco Branciaroli, si è voluto rendere omaggio ad Aldo Trionfo che nel1974 aprì con questo testo la stagione del Teatro Stabile torinese, dando vita ad un pièce memorabile con protagonista proprio Brandaroli. Il lavoro attuale, che sarà al Carignano dal 17 al 22 ottobre, fa parte delle iniziative culturali finanziate dalla Regione attraverso il Comitato per il Giubileo e quello per l'Ostensione della Sindone. Allesti- to e curato grazie alla collaborazione dell'Associazione Culturale Azione, del Teatro de Gli Incamminati e dello Stabile, non si tratta di un'opera scritta per il palcoscenico di un teatro, ma è un copione cinematografico per un :film mai realizzato. Nel testo, Dreyer riassume i temi principali della sua poetica e parte dalla sua constatazione che la morte di Cristo sia stata causata dalle leggi romane e non dai conflitti tra gli Ebrei. Segue fedelmente i Vangeli di Marco e Giovanni soprattutto e prende posizione sul dibattito storico e sulle ideologie antisemite. Una Parola-Verbo, quella del Gesù di Dreyer,.che suggerisce come la salvezza non sia questione di religione, ma di virtù e fede. Oltre il pietismo e il moralismo c'è l'annuncio della vittoria di Gesù sulla morte. La sconcertante verità profetica del Cristo emerge prepotente dal testo allestito e l'azione teatrale passa tra il presente dell'accadere e il passato narrativo della memoria. Un incontro con Gesù che è non solo testimonianza dei momenti più drammatici della sua Passione, ma un colloquio intimo tra uomo e Dio. Branciaroli rende per immagini moderne il senso della predicazione, trasformando i disperati dei Vangeli in barboni e drogati, nel contesto di una realtà alienante che può illuminarsi con la luce di Cristo. (g.f.) Branciaroli cerca un Gesù autentico B • Il regista spiega • cerca un Gesù significato del dramma tratto dalla sceneggiatura di Dreyer FRANCO GARNERO «Gesù» è il film che Cari Theodor Dreyer non riuscì a realizzare. Alla sceneggiatura e alla preparazione del film il regista aveva dedicato trent'anni della sua vita. «Se una casa di produzione finanzierà questo progetto, sarà il mio capolavoro», ebbe a scrivere. L'idea del film maturò nell931 durante il suo soggiorno parigino, mentre cresceva in Europa la minaccia nazista. Punto di partenza il conflitto, politico tra Ebrei e Romani, nel cui ambito Dreyer voleva collocare la vicenda di Cristo. Negli anni Quaranta e Cinquanta Dreyer, che aveva imparato l'ebraico, lavorò molto al progetto: nel suo archivio vi sono casse e casse di materiali, accl,lmulati anche in Israele. Nel1950 una prima sceneggiatura era pronta. Nel1953, dopo vari insuccessi produttivi hollywoodiani, il governo danese stanziò un contributo ma non fu sufficiente. Nell963 anche Dino De Laurentiis propose a'Dreyer di girare un film biblico, ma il tema non doveva essere collegato a Gesù. 1120 marzo 1968 il grande maestro danese scomparve sen~a riuscire a portare a compimento il suo prògetto più caro. È quindi particolarmente significativa l'occasione che ci offre lo Stabile di Torino, IL VERBO Franco Branciaroli si rifà direttamente ai Vangeli in collaborazione con il Comitato per il Giubileo e il Comitato per l'Ostensione della Sindane coordinati dall'assessore regionale aila Cultura Giampiero Leo, di assistere alla versione teatrale di quel copione, per l'adattamento e la regia di Franco Branciaroli, che nel '7 4 era stato l'attore protagonista di un'analoga iniziativa proc mossa dal grande Aldo Trionfo. Lo spettacolo, fuori abbonamento, andrà in scena al Carignano dal 17 al 22 ottobre. «Dio ha dei figli tra i suoi nemici e dei nemici tra i suoi figli» dice Sant'Agostino. La sceneggiatura del film diDreyer prevede sequenze nelle quali Cristo scaccia adepti ipocriti e imbroglioni e chiama a sé quelli che non lo conoscono malo cercano, quelli che praticano la morale e la virtù in modo eroico, quelli che, derelitti, intuiscono la via della salvezza. Dreyer, che segue fedelmente i Vangeli (Marco e Giovanni soprattutto) s.ostiene anche che la morte di Cristo sia imputabile alle leggi romane e non ai conflhti tra gli Ebrei: Prendendo posizione sia sul dibattito storico sia su certe derive dell'ideologia antisemitica. «Sonò partito da questi nuclei forti - spiega Franco Branciaroli - che sono anche il leit motiv del progetto cinematografico per affrontare via via le tante variazioni della partitura di Dreyer nella quale viene comunque evocata la forza dirompente della Parola. Una Parola-Verbo che nel Gesù teatrale sembra voglia soprattutto suggetire che la salvezza non è questione di religione, ma di virtù e di fede. Oltre il moralismo, oltre il pietismo, vi è l'annunzio della vittoria di Gesù sulla morte». Il dinamismo del copione asseconda o cita, per così dire, il mezzo cinematografico, i usoi primi piani, campi e controcampi, soggettivo e dissolvenze. L'oscillazione stilistica è tra il punto di vista di rivoluzionari che hanno creduto in un Messia vendicatore venuto a liberare la loro terra dall'oppressore, e quello dellò stesso Gesù, che rivela meditazioni-lacerazioni di folgorante grandezza. «Un viaggio - conclude il regista - attraverso il narrare di un viaggiatore che vuole affrancarsi dalla polvere di troppi film, di un viàggiatore che vuole ritrovare la Parola, oggi sempre portatrice di una sconcertante verità profetica». e La Stampa Data 12/10/2000 Perioalcìfà-~3 Quotidiano Titolo Casalinghe, medici e studentesse sul palcoscenico-set del «Gesù» IN SCENA AL CARIGNANO Casalinghe, medici e studentesse sul palcoscenico-set del «Gesù» Uno spettacolo-evento, per diverse ragioni, questo «Gesù» di Carl Theodor Dreyer, nella riduzione teatrale e adattamento di Franco Branciaroli, presentato ieri e in scena al Carignano dal 17 al 22 ottobre, per il cartellone dello Stabile. Evento non solo perché in scena, ad affiancare i 30 attori della Compagnia, saranno, a rotazione 300 comparse un po' speciali, scelte tra gli iscritti al «Progetto dietro le quinte»: tutti rigorosamente non-professionisti del teatro. Di questo imponente cast reclutato dal Comitato per il Giubileo, fanno parte casalinghe e medici, dirigenti e studentesse. Eterogenea formazione in campo, dunque, per interpretare questo spettacolo, che coinvolge numerosi enti. «A promuovere l'allestimento, prodotto da Teatro degli Incamminati in collaborazione con lò Stabile di Torino, sono stati il Comitato astensione Sindone e Comitato per il Giubileo, con il finanziamento della Regione» ha spiegato l'assessore Giampiero Leo. E non è dunque un caso che l'approdo in scena di questo «Gesù» coincida con gli ultimi giorni dell'astensione. «Ma non si tratta certo di una rilettura del Vangelo tout court» avverte Branciaroli, che anzi lavora attorno a una tesi-choc, ovvero: «L'incolpevolezza degli ebrei nella condanna e nell'uccisione di Cristo, che vide, invece, una forte responsabilità dei romani». Quanto alle scelte di regia, Branciaroli si cuce la bocca e, sullo spettacolo tratto dalla sceneggiatura cinematografica firmata da Dreyer, rivela quanto basta per non guastare la sorpresa. Ovvero : taglio cinematografico, con il palcoscenico trasformato in un immaginario set (e con lo stesso Branciaroli nelle vesti del produttore), scene brevissime, ambientazione della vicenda in tempi recenti e molta attenzione al messaggio umano di Cristo, più che a quello strettamente religioso. [si. fr.] Il cartellone della Rai comincia con Lazarev Il «Gesù» di Dreyer con Franco Branciaroli Gli ultimi giorni di Anteprima Spazio Torino I Percorsi del gusto, aspettando il Salone SUPPLEMENTO REDAZIONALE AL NUMERO ODIERNO DE LA STAMPA AL CARIGNANO ---- IL ccGESU')) DtDREYER- L'allestimento di Branciaroli in omaggio ad Aldo Trionfo EL 1974 l'allora direttore del Teatro Stabile Aldo trionfo inaugurò la _stagione teatrale con uno spettacolo memorabile: si intitolava «Gesù», e non era l'allestimento di un testo scritto per la scena, bensì la sceneggiatura di un fùm, mai realizzato, a cui lavorò per buona parte della propria esistenza l'autore, Carl TheodorDreyer. Trionfo adattò il copione alla rappresentazione scenica e affidò l'interpretazione del protagonista ad un attore che contribuì non poco al successo della messinscena: Franco Branciaroli. N UNA NUOVA VERSIONE CREATA APPOSTA PER IL GIUBILEO E L'OSTENSIONE DELLA SINDONE HE cosa succede dietro le quinte d'un grande evento teatrale? Che aria si respira a pochi giorni dalla prima di uno spettacolo che prevede l'impiego di cinque tecnici solo per spostare un pezzo della scena? Cos'è la sfilata e la prova luci e la generale? In questi giorni decine di persone hanno potuto sperimentare come si costruisce un prodotto culturale seguendone le prove; di più, parteciperanno a quell'evento in modo attivo, calcando le scene come comparse mute. C'è un medico anestesista che ha preso le ferie per cogliere quest'opportunità, un dentista che in questi giorni chiude prima lo studio. Gente normale chè vuole conoscere e rimane estasiata a vedere il regista ripetere - per trenta volte la stessa scena, intonazione dopo intonazione fino a raggiungere quella giusta, quella che fa vibrare il cuore. A volte la Cultura diviene soffocante, C Ora, in occasione del Giubileo e dell'Ostensione della Sindone, nell' ambito delle manifestazioni culturali che sono state finanziate a questo proposito dalla Regione, l'Associazione Culturale Azione e il Teatro degli Incamminati in collaborazione con il T.S.T. hanno deciso di offrire un nuovo allestimento del «Gesù» affidando a Franco Branciaroli non soltanto il ruolo del protagonista ma anche la riduzione e l'adattamento per la scena e la regia; le scene invece sono state ideate da Marco Capuana. Così realizzato, lo spettacolo Dietro le quinte rigida, addirittura snob ... Invece, come è avvenuto in questo caso, è importante aprire le porte. Grazie all'associazione cultùrale Azione che ha realizzato il progetto, oltre ad essere uno degli enti produttori, alla Circoscrizione IV ed alla Circoscrizione VII si è potuto offrire ai torinesi un altro modo di intendere la cultura .. E così lo spettacolo diviene un po' di tutti: si rompe il muro trasparente che separa il palcoscenico dalla platea e gli spettatori possono diventare un tutt'uno con l'opera che prima avevano la possibilità di guardare, ma non vivere. Qualcuno diceva che i registi sono gli atleti del cuore. In questi giorni il Carignano è una palestra in cui neofiti, e non, stanno Franco Branciaroli, già interprete dello spettacolo del74 per lo Stabile torinese debutta al Teatro Carignano martedì 17 ottobre alle ore 20,45 e sarà in replica sino a domenica 22. «Il testo possiede caratteristiche peculiari che lo rendono coinvolgente qualunque sia la professione di fede della spettatore» - ha scritto Branciaroli- spiegando poi il doppio asse lungo cui si dipana il facendo un po' di ginnastica. Certo l'argomento dello spettacolo non è roba da poco. Questo «Gesù» realizzato in occasione del Giubileo e dell'astensione, è un'opera molto forte nelle scene e nella regia. Branciaroli, che ne cura l'adattamento e la regia, affrontando la figura del Cristo attraverso le sole parole dei Vangeli cattura le emozioni anche chi non è cristiano. Infatti illustra il percorso di un uomo, Cristo, che, inascoltato, annuncia la vittoria sulla morte e suggerisce che la salvezza non è solo una questione di religione, ma di virtù. Forse è anche questa la ragione della fascinazione di così tante persone: il vedere affrontato un tema così noto in modo così diretto, scevro da ret'brica e polvere, giunge dritto dentro l'anima e un po' la cambia. testo, una duplice prospettiva che prende in considerazione da un lato gli aspetti storiografici della vicenda umana di Cristo, dall'altro gli aspetti più teologici, dell'uomo figlio di Dio e dell' «impossibilità di un dialogo diretto con gli uomini in quanto la parola di Cristo è Verbo, verbo che si è incarnato e come tale è enunciato, norma, principio». · Lo spettacolo tuttavia, si orienta e approfondisce con più interesse la prospettiva storiografica, quella che si occupa di rappresentare un uomo 'figlio del suo tempo ma destinato a minare e sovvertire nel profondo «l'assetto convenzionale del mondo in cui si muove» . n biglietto d'ingresso per assistere allo spettacolo costa 30 mila lire, ridotto 20 mila. Si acquista . alla biglietteria T.S.T. in piazza Carignano 6, oppure telefonando allo 011/563 .70.79. La biglietteria on line è www .biglietto.it. Ulteriori informazioni 24 ore su 24 allo 011/516.94.90 e in rete visitando info@teatrostabiletorino.it. Manuela Lamberti Consiglio d'amministrazione T.S.T. Monica Bonetto --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------~ l Data 17 ottobre 2000 1 Pagina XV ,_rogno -·· . l- 1 l •••••••••••••••••••••••••••••••• INSBEN" ~~~~~: Al Carignano dalla sceneggiatura di Dreyer su' ALESSANDRA VINDROLA ~PETTACOLOdalle«scenogra ~e ronconiane», • •• ••"' ••· •• • •"' @ * ~®fi~lt~~l1l4 : "Volevo catturare * il cuore della gente : indipendentemente : dalla loro religione" "' con oltre 350 persone coinvolte in una specie di «corso di alfabetizzazione teatra-le>> e disponibili a far da comparse insieme ai 30 interpreti, il Gesù di Dreyer diretto e @ interpretato da Franco Branciaroli, in scena da stasera al 22 ottobre al Carignano, definito dall'assessore regionale allaCultura Giampiero Leo come * il «più importante evento culturale del* l'Ostensione>>. Di sicuro, il più importante targato centro-destra:aldilàdelle *

note simpatie di Branciaroli (qui * a Torino fu un Franco Branciaroli e Riccarcio Mantanì Renzi sostenitore di ------------------~-------------------Costa durante la campagna per la poltrona di sindaco), lo spettacolo, promosso dal Comitato per il Giubileo e dal Comitato astensio* ne Sindone, è stato voluto e organizzato da Manuela Lamberti, consigliere d'amministrazione in quota An per la Regione allo Stabile, coproduttore assieme alla compagnia di Branciaroli con la cifissione di Cristo, in quanto uocollaborazione dell'associazione m o politico e portatore di un m es- ; culturale Azione, delle Circoscrisaggio di grande umanità. <> delle produzioni del Tst, il occasione uno spettacolo capace ~ Gesù di Branciaroli non può-essedicatturareilcuoredellagentein- ~ re considerata un'operazione di dipendentemente dalla religione ~ puro omaggio teatrale all'evento a cui appartiene- aggiunge Bran- ~ religioso. L'allestimento è infatti ciaroli- IltestodiDreyermièsem- ~ una sorta di montaggio della scebrato molto adatto, perché del- ~< neggiatura che Theodor Dreyer l'infanzia trascorsa a Torino con- >, grande componente ebraica>>. « racconta Branciaroli, che già nel Lungo il lavoro di adattamento e • 1974lavorò come interprete nelmontaggio della sceneggiatura • l'allestimento del Gesù che ne .cinematografica per le scene: «Il • trasse Aldo Trionfo proprio per lo testo originale, ovviamente; con ® Stabile torinese «ma poi ebbero sequenze di pochi minuti, è disa- ·• paura, e produssero Il re dei re, dostroso dal punto di vista teatrale>>, , ve Gesù era un bel giovane biondo ammette Branciaroli, che però • e aitante>>. Ilnucleocentraleattor- non vuole rivelare particolari sul- • no a cui ruota infatti la sceneggia" Io spettacolo: <>. • •· • •• • • • •• • ••"' . • "Gli americani : preferivano un figlio : di Dio biondo, bello giovane e aitante" : ! 1 • - A - - - - A - .• Al Carignano,finoal22,lapiècediBranciaroli G , , l'uo oel'a In scena un testoperUcinema TORINO- "ll testo possiede caratteristiche che lo rendono coinvolgente qualunque sia la professione di fede dello spettatore": così Franco Branciaroli nelle note di regia del suo "Gesù" di Cari Theodor Dreyer, lo spettacolo in scena in questi giorni al Carignano per il Progetto Giubileo dello Stabile torinese. Un copione, è bene ricordarlo, nato non per il palcoscenico ma come sceneggiatura di un film mai realizzato, opera a cui il giornalista e regista danese si dedicò per gran parte della sua vita. Ne nasce un allestimento apprezzabile per alcune idee di fondo, ma non del tutto soddisfacente per la resa finale delle stessè con alcune scelte teatralmente coraggiose ma, alla resa dei fatti, discutibili. Branciaroli, la cui presenza in scena è una volta tanto limitata al ruolo di comparsa, imposta il proprio lavoro sul rapporto Gesù-Apostoli, quest'ultimi per l'occasione trasformati in una dozzina di clochard, barboni senza identità che trascinano mestamente i loro fagotti colmi di abiti sudici: metafora forse dell'eterno isolamento di molti uomini, i Dodici si trovano di fronte un Gesù anch'esso dai capelli grigi che con la forza delle sue parole, il testo di Dreyer ricorre pèr precisa scelta alle parole dei Vangeli, indica loro la giusta via da seguire per la via della salvezza eterna, simboleggiata dalla catartica vittoria sulla morte. In questo itinerario salvi:fico Branciaroli inserisce un elemento di rottura, o se vogliamo per paradosso di fortissima aggregazione, quale si deve considerare Gino Riboldi, figura testoriana nei modi e nella parlata che riconduce il tutto, in squarci narrativi inseriti ad hoc, ad una dimensio. ne più moderna fungendo da coscienza morale per l'uomo del 2000, colpevole di aver ·abbandonato la retta via p~r · dedicarsi ai piaceri della car- Franco Branciaroli ne rimanendo prigioniero di un regime di vita corrotto ed immorale. Riferito del Giuda fragile ed atterrito dalla personalità quasi annientata, del tutto in balia del volere altrui, e del Pilato più che mai mostro di cinismo e grettezza, si deve dare atto ai protagonisti Umberto Ceriani, Riccardo Mantani Renzi e Gianluca Gobbi di un'apprezzabile resa scenica, il tutto fermo restando le perplessità per un allestimento non privo di spunti interessanti ma per certi versi contraddittorio. Si replica fino a domenica. Piace l non piace una nuova rubrica sui commenti della gente a teatro, ai concerti, alle feste l Gesù di e con Franco Branciaroli al Teatro Carignano • Elena, attrice: "Bravo Branèiaroli come attore e per la rivisitazione dell'opera. Bella anche l'idea del gruppo dei vagabondi". •Letizia, casalinga: "Lavoro impegnativo, ma un po' noioso". • Edoardo, pensionato: "Nessun nesso con Gesù e troppe divagazioni. Spettacolo poco coerente". Susanna, giornalista: "Lavoro tosto". • Mari lena, studentessa: "Innovativo, ma noioso". • Data 19 ottobre 2000 Pagina 25 Foglio 1 Data 19 ottobre 2000 )a Repubblica Pagina XIX Foglio l OSÌ il Gesù di Karl C Theodor Dreyer, copione di un film realizmai zato, è entrato al Carignano, e non per scacciare i mercanti dal tempio. Riduzione e.regia sono di Franco Branciaroli, che può contare su una profusione di mezzi, essendo la messa in scena inserita trai e manifestazioni finanziate dalla Regione attraverso i Comitati per il Giubileo e 1'0stensione della Sindone, mentre la produzione risulta dell'Associazione Culturale Azione e del Teatro de gli Incamminati in collaborazione con Io Stabile. Con così tanti enti coinvolti Io spettacolo deve necessariamente essere un grande spettacolo. E per farlo capire anche ai finanziatori più distratti si ricorre a una s p ettaco Iarizzazio n e ostentata, con scenografie imponenti e masse di comparse da opera lirica. Qui un Gesù vecchio, estraneo a un mondo che Io relega a reietto, si aggira tra i suoi apostoli-barbooi in attesa che si compia l'inevitabile. Premesso che la storia è nota, poco si capisce quel che accade, dato che in scena si mescolano fedayn e settelevisivi, immagini di Karol WojtylaediOlocausto,l'urIo di Testori e il piagnisteo di unkamikaze, ilsalvifico e I'apostatico, il sacro e il blasfemo, in una matassa il cui bandolo rimane estraneo allo spettatore che poco applaude e molto sbadiglia. GESÙ, regia di Franco Branciaroli. Teatro Carignano, fino a122 ottobre. Data 19 ottobre 2000 LA STAMPA Pagina 31 Foglio 1 L'attore-regista, che dice una sola battuta, confeziona uno spettacolo punitivo Povero Gesù: sopporta i trucchi di Branciaroli Masolino d'Amico TORINO Da «Gesù», copione di Carl Theodor Dreyer per un film mai realizzato, Aldo Trionfo ricavò più di un quarto di secolo fa un memorabile spettacolo interpretato da Franco Branciaroli, il quale ora riprende il testo come regista e adattatore («non» come attore, benché locandine e manifesti lo mettano al primo posto tra gli interpreti: trucchetto da comici gaglioffi di altri tempi!), intervenendovi così pesantemente con tagli e aggiunte da renderlo cosa nuova. I tagli s'ervono a mettere in rilievo l'antefatto del Golgotha, ossia i traffici dei Farisei per convincere Giuda a consegnare il pericoloso eretico; le pressioni di Pilato sugli stessi Farisei per eliminare un sovversivo; e l'acquiescenza dello stesso Giuda, il quale, principale novità nella visione del grande cineasta, crede nel Cristo, ma appunto, vuole che quanto è scritto si compia. Le aggiunte consistono soprattutto nel reiterato contrappunto di un ragazzo che singhiozza, su una nota sola e stridula, brani di «In Exitu» di Giovanni Testori - grido dal fango di compiaciuta abiezione, con eloquente afasia, finta balbuzie, ripetizioni ossessive, e dovizia di u lombarde. Chi trova insopportabili queste tirate ha la mia solidarietà. Quanto accade è suggestivamente ma macchinosamente ambientato in una lussuo'sa scenografia di Marco Capuana con due grossi blocchi praticabili che diventano quinte laterali, spaccati di case con terrazzini di ringhiera al primo piano e pareti con scale ·a ntincendio, nonché, quando s "r d.iv aricano, {i. n ampio e solenne 'sal'one con colonne romane. I personaggi sono, ovviamente verrebbe fatto di dire, . in tenute moderne, i farisei in nero da ebrei osservanti, con riccioli laterali e yarmulke o cappelli a tesa larga, e i fedeli in jeans e magliette. Gesù, ecco la trovata, è molto vecchio, e undici apostoli su dodici (fa eccezione Giuda, in nero come gli altri ebrei) sono anziani barboni dalle barbe e dalle chiome candide. Questi barboni ogni tanto sono accampati coi loro poveri beni in pacchi di carta nel salone di cui sopra - ammirevole quadro plastico -, ed è a loro che il Cristo predica, in· tono di solito spazientito. Pilato è un potente in mantello rosso che rimane ronconianamente sospeso in un triclinio calato dal cielo prima di spogliarsi e immergersi in una vasca da bagno, dalla quale dà ordini ai farisei . Dopo l'arresto del Cristo irrompono riflettori, una macchina da presa e una troupe con un aiuto che dice solo «Okay»; la crocifissione, evento ormai troppo hollywoodiano, è stata filmata altrove . In compenso il vecchio Cristo ricompare solo, seduto a un tavolino, e dietro di lui sono proiettate immagm1 con pile di morti della Shoah. Tutti rientrano, ora vestiti da prigionieri dei lager, per il commiato, risorge anche il giovane testoriano maledetto, nuova uscita generale, e una ragazza molto incinta prima e ultima presenza femminile - ci allarma (sono passate circa tre ore) cominciando a dire nervosamnte l'inizio del Vangelo secondo Giovanni. Ma per fortuna è finita davvero. Saggiamente è rimasto il brano in cui ai farisei che gli rinfacciano lo spreco del prezioso unguento della Maddalena dicendo che quei soldi si potevano spendere per i poveri il Cristo riSJ?Onde che i pove'r i sond sempre' lì, ma lui è vénuto quella volta sola. Non staremo così a calcolare se i fondi generosamente elargiti dal Giubileo per questo evento avrebbero potuto sal- vare almeno un piccolo ponte. Piuttosto si vorrebbe sapere se sono previste indulgenze per i non moltissimi che chi vi hanno assistito fino in fondo . Ci voleva, infatti, molta pazienza, perché a parte i criptici intermezzi in lingua testoriana, il grosso di quanto viene detto, e che era ben noto, viene porto con metodica, lancinante lentezza, e da attori che con l'eccezione di Umberto Ceriani e di pochi altri sembrano alle prime armi. Chi vuol soffrire comunque si accomodi, si replica al Carignano fino al22. Riccardo Mantani Renzi è Gesù: gli apostoli sono 12 barboni, i più applauditi Data AWENIRE 20 ottobre 2000 Pagina 25 Foglio l Si intersecano brani di Testori in un lavoro che tende a riavvicinare cristiani ed ebrei er capire qualcosa di questo Gesù, che Franco Branciaroli ha messo in scena a Torino, teatro Carignano, bisogna prima intendersi sul ruolo che Branciaroli, intenzionalmente opreterintenzionalmente, assume in questo spettacolo (o, per dir meglio, in questa lussureggiante ipotesi di spettacolo). Che non è quello del rej;p.sta, bensì quello dell'autore. Ne fanno fede le inserzioni, nella sceneggiatura di Dreyer, di altri testi, tra cui (ma non solo) alcuni brani tratti da In exitu, forse il capolavoro interpretativo di questo grande attore. Impossibile riassumere la storia branciaroliana se non attraverso la cronologia evangelica- processo e morte di Cristo-, che Dreyer segue con nordica fedeltà. Molto opportuna è stata, qui, la scelta di un testo che tende a salvare in parte l'operato del Sinedrio, mostrando le intenzioni dei Sacerdoti, e la stessa figura di Giuda, come parte essenzi<:ile del grande dramma della Salvezza. il Disegno misericordioso di Dio s'insinua insomma nei calcoli, talora impietosi, di uomini che, tuttavia, dicono e pensano, mandando Gesù sulla croce, di amarLo e servirLo. Un testo che tende, insomma, a riavvicinare cristiani ed ebrei, Antico e P Sopra, Franco Branciaroli in una scena del «Gesùn tratto da Dreyeral/o Stabile di Torino A destra, un'altra scena del/a pièce PROSA/1 ATorino Branciaroli regista dell'opera tratta dalla sceneggiatura di Dreyer Nuovo Testamento sotto l'occhio dell'unico Dio e dell'unica storia da Lui segnata. Se c'è vera malvagità, secondo Dreyer, è da Pilato che viene, ossia dal potere cinico e ateo, che vive di se stesso consumando ideali, passioni e ragioni per il proprio esclusivo vantaggio. Ed è Pilato, qui, a chiedere al Sinedrio impaurito la testa di Gesù. FinquiDreyer.Mafindal- LUCA DONINELLI la prima scena, con Gianlu- ca Gobbi a ripetere il rantolo di Gino, che Testori mise in bocca a Branciaroli dodici anni fa, e con lo stesso a trascinarsi in mezzo ai Dodici e allo stesso Gesù- tutti ormai vecchi, a significare l'antichità stessa della Chiesa- si capisce che lo spettacolo sarà un'altra cosa, e che la stessa linearità degli eventi dovrà subire la scossa di un'altra forza, più circolare, più ritorta. Con questo Gesù, Branciaroli ha realizzato una sorta di autobiografia mentale in forma di diario, di appunto. Come se tutta la sua vicenda artistica avesse lasciato in lui dei segni, delle cicatrici, delle ferite ancora aperte, con i quali era necessario fare i conti. Questo Gesù è infatti, innanzitutto un viaggio nella mente del più grande attore italiano, un febbrile commentario - con appunti, spunti, idee, provocazioni, ripensamenti -di trent'anni di teatro italiano. Ci troviamo gli inizi brechtiani; le macchineronconiane(belle le scenografie di Marco Capuana); la presenza di Giovanni Testori -definitiva fino all'identificazione di sé con il protagonista di In exitu, affidato non a caso a Gobbi, che di Branciaroli è l'alter-egogiovane-etantialtri segni che hanno scalfito, talora sporcato il mondo interiore dell'attore. Come in The cell, il film con Jennifer Lopez che va per la maggiore, anche qui si tratta, in modo più sostanziale e meno spettacolare, di un viaggio mentale. Che ha al centro, però, Gesù Cristo. E si vede, e si tocca. ll regista Branciaroli è bravo nell'istruire gli attori, ma poi è regista soprattutto nel trovare scorciatoie (come le inserzioni di filmati da Bob Dylan ad Auschwitz), ed è questo il lato più debole dell'allestimento. Un bello spettacolo? No, sarebbe disonesto dirlo. Troppi i nessi che non si realizzano sul piano teatrale (quello, per esempio, tra Testori e Dreyer), troppe le idee abba11donate a se stesse -come quella, bellissima, di rappresentare Gesù e i Dodici come un gruppo di vecchi. Diciamo, piuttosto, che si tratta di una serie di ap- punti teatrali, di tanti piccoli centri di riflessione, note, figurazioni. Facile dir male di uno spettacolo come questo- anche se, con buona pace di tutti, c'è più teatro in un'intuizione di Branciaroli, e persino in un suo fallimento, che nell'intera carriera di tanti teatranti che godono di miglior trattamento e migliori sovvenzioni senza che nessunà voce si levi invocando- come Giuda Iscariote - denaro per i poveri, o per rifare ponti. Inoltre Branciaroli è tra i pochi (come, a modo suo, Dario Fo) a trattare Gesù Cristo come una questione seria, la più seria che ci sia. E a trattarla in chiave personale, come va trattata. Data IL GIORNO Pagina 10 Foglio o 20 ottobre 2000 1 ' o «GESU» IN SCENA l A Torino, la pièce che l'attore interpretò nel '74 e ora dirige, con echi di Bufiuel e Testori Branciaroli si reincarna in Dreyer FILM MAl FATTO di Ugo Ronfani PerDreyer fu un sogno lungo una vita TORINO- Nel '74 a Torino un giovane Branciaroli interpretò il «Gesù» che Aldo Trionfo felicemente adattò dalla sceneggiatura che il grande Dreyer aveva scritto pensando a un film purtroppo mai realizzato, per inconcludenti contatti con Hollywood e poi, nel '68, per la sua morte. Un quarto di secolo dopo Branciaroli riprende, nella maturità il «Gesù» (al Carignano, produzione «Incamminati» e Stabile torinese; pubblico decimato dai postumi dell'alluvione), ma lo fa in veste di adattatore e regista. L'attore si riserva soltanto una breve apparizione nel finale a sorpresa: mentre Gesù vaga come un barbone nel buio del mondo e raccoglie l'ultimo respiro del ragazzo marchettaro e drogato del testoriano «In Exitu», il film rifiutato si fa, è un kolossal di cartapesta; ed egli è Dreyer redivivo accompagnato da un aiuto che ripete soltanto «okay». Per contrappasso, il vecchio Cristo barbone CRiccardo Mantani Renzi), uscito diritto dalla scena dei mendicanti di «Viridiana» di Bufiuel, proietta su uno schermo atroci immagini sui campi di morte della Shoah: ruspe sopra i cadaveri, scheletri trasvolanti in una macabra resurrezione della carne. In epilogo un' Annunciazione profana: una giovane donna incinta dice in proscenio, concitatamente, l'incipit del Vangelo secondo Giovanni, e s'adunano come fantasmi i 30 attori, nelle divise dellager. Cala il sipario. di Pierfranco Bianchetti MILANO- Era il sogno della sua vita, inseguito vanamente per 37 anni. Cari Theodor Dreyer, autore di capolavori quali «La Passione di Giovanna d'Arco», «ll vampiro», «Dies Irae» e «Ordet», tentò per tutta la vita di portare atermine il progetto artistico di un film su Gesù. Il lO giugno 1949, firmò finalmente con Blevis Davis un contratto per questo film, intitolato «Gesù di Nazareth», effettuando successivamente sopralluoghi in Palestina e trasferte negli Usa alla disperata caccia di finanziamenti. Ma tutti i produttori rinunciarono. «Fu pochi giorni dopo l'occupazione tedesca della Danimarca- confessò il regista, morto nel '68 - che intuii come in Palestina gli ebrei avevano dovuto trovarsi nella nostra stessa situazione. L'odio che noi provavamo per i nazisti, gli ebrei avevano dovuto provarlo verso i romani. La mia teoria si è definita attraverso questa scoperta. Questo film su Gesù sarebbe stato vantaggioso per gli ebrei, che subirono per secoli tante ingiuste accuse, ma anche i cristiani avrebbero capito». Dreyer, per prepararsi a questa imponente fatica cinematografica, studiò l'ebraico, perché nel film Gesù avrebbe dovuto parlarlo.«Gesù di Nazareth», la cui sceneggiatura incompiuta è stata pubblicata da Einaudi, rappresentava per Dreyer la testimonianza dell'innocenza degli ebrei, così come falsa fu l'accusa di tradimento e di stregoneria addossata a Giovanna d'Arco e da lui sublimemente raffigurata nel già citato «La Passione di Giovanna d'Arco» . o Molte cose riguardanti la Chiesa, la società e lo spettacolo sono accadute nel secondo Novecento e Branciaroli espone nelle due ore e mezza della rappresentazione - lenta nei ritmi, cupa nelle atmosfere - le sue convinzioni di uomo, di credente e di artista. Vuole che l'illuminato revisionismo storiografico e morale di Dreyer (la nuda parola di Dio contro la forma liturgica; l'ambiguità del rapporto tra il Caifa moderato e prudente nell'interpretazione di Umberto Ceriani e un Pilato ozioso e perplesso sopra un triclinio sospeso in aria; il dramma di Giuda che tradisce perchè, paradossalmente, è convinto che il Nazareno sia il Messia e vuole che le Scritture si zione di Milano, sono momenti di forte emozione. L'irrompere di soldati palestinesi, che hanno sostituito i «rivoluzionari» del testo di Dreyer, o le straniate confabulazioni dei farisei in case borghesi, ingenerano ad chard del Mantani ha impennate di disperata collera. Ma esempio sensi di dispersione va riconosciuto che la rappre- nel pubblico. Così come m'è sentazione «bufiueliana» dei parso incongruo l'imponendivini emarginati della Gali- te, e opprimente, apparato lea fa da amalgama al dise- scenografico di Marco Cagno complessivo della rap- puana: blocchi semoventi, presentazione. In ogni caso, scene calate dall'alto a ricoscene come l'ultima cena struire fuorvianti ambientaconsumata con le cibarie ac- - zioni, un insieme fanaginoquistate da Giuda in un su- so, di ronconiana memoria, permercato e, soprattutto, il che blocca la progressione controcanto fra la veglia di drammatica. paura del Cristo a Getsema- Nella foto piccola Branciani e la morte del ragazzo di roli, in quella grande una Testori nelle latrine della Sta- scena dello spettacolo. Un'Annunciazione profana e un collerico Cristo barbone compiano sul Golgota) si scontri in apparenza, in realtà si saldi con la cristologia testoriana della salvezza nella disperazione, come rappresentata dall'agonia del Riboldi Gino: un Gianluca Gobbi prima malfermo, poi capace di rendere con giovanile affanno la lingua di fuoco di «In Exitu». Le due scritture - rigore logico, ispirato in Dreyer, affannosa ricerca della fede in·Testori - non sempre risultano compatibili, anche se il Cristo cio- IL SOLE 24 ORE Data 22 ottobre 2000 Pagina 45 Foglio di Renato Palazzi T orna in scena, a più di venticinque anni di distanza, il Gesù di Cari Theodor Dreyer, sceneggiatura inedita di un film che il grande cineasta danese non riuscì mai a realizzare, portata alla ribalta nel '74 da Aldo Trionfo per il Teatro Stabile di Torino. Ne era protagonista un giovane Franco Branciaroli, che in sintonia coi tempi interpretava un Cristo aspro e contestatore, un Cristo idealmente in eskimo, anche se l'elemento caratterizzante del suo abbigliamento era in verità una lunga sciarpa rossa. E pr<;>prio Branciaroli, in occasione del Giubileo, fuma a Torino la regia e l'adattamento di questa nuova versione dello spettacolo, sempre attenta a cogliere tematiche attuali e in 1 Troppe idee nel Gesù dei derelitti Da «Gesù», regia di Franco Branciaroli qualche modo provocatorie, ma in un senso ben diverso da allora. · Con un'invenzione dal . potente impatto·visivo, egli infatti sembra cogliere la misura dei decenni trascorsi ambien- tando la vicenda evangelica in una sorta di ospizio o di ricovero dei poveri dove gli apostoli sono dei vecchi clochard male in ;unese, e in mezzo a loro lo stesso Gesù è incongruamente un uomo anziano e provato dall'immane fatica di vivere, un irascibile brontolone che ripete le sue massime con bisbetica insistenza e con una specie di fissità un po' sclerotica: una bella e drammatica intuizione, dal risalto pressoché caravaggesco, che avrebbe forse meritato di essere sviluppata in pieno in una messinscena interamente e autonomamente inoentrata su ·di essa e sulle sue paradossali implicazioni. Invece Branciaroli, attingendo direttamente alla propria personale storia di attore, intreccia questo Cristo dell'emarginazione e del disagio con un'altra lancinante metafora della speranza di redenzione presente anche nel fondo più cupo della disperazione metro- politana, ovvero col lamento e con l'invettiva estrema e balbettante del Riboldi Gino, il tossico che si vende nei cessi della stazione protagonista del monologo In exitu di Giovanni Testori: le ragioni del parallelismo sono chiare, ma lo stratificato universo linguistico dello scrittore lombardo, pur evocato dal giovane Gianluca Gobbi con accenti di intensa commozione e di torbido candore, si adatta con una certa difficoltà al tagliente traliccio verbale di · Dreyer. Ma non basta: aperto ad ogni chiave di lettura, lo spettacolo ci mostra i membri del Sinedrio in veste di rabbini, mentre le fazioni ribelli di Gerusalemme hanno divise e ke- fiah da guerriglieri palestinesi, Pilato compare sdraiato su un letto Impero sospeso a mezz'aria e Giuda ha un enorme sacco di com-fla:kes. Per essere certo che i suoi messaggi arrivino a buon fine, Brandaroti introduce anche le riprese di un ipotetico fùm hollywoodiano da cui il Cristo anziano è cacciato perché ritenuto inadatto, immagini del Papa che assiste al concerto di Bob Dylan mentre la sacra:lità si incarna nei derelitti, filmati di cadaveri nei lager e per soprarnmercato comparse in tenuta da deportati che si uniscono al Riboldi e ai vecchi apostoli. Che dire di una tale furiosa commistione di idee, di stili, di terni drarnmaturgici, sullo sfon- do delle scenografie ronconiane di Marco C apuana? Prese in sé, le singole parti possono anche risultare ispirate: ma la regia è soprattutto un'arte della scelta, e accostare materiali tanto eterogenei non ne chiarisce certo i significati. E infatti lo spettacolo trabocca, tracima, trava:lica, non riesce mai a concludersi, allinea quattro o cinque finili. Strano anche l'apporto attorale di Branciaroli, che, annunciato praticamente in lo- , candina come interprete principale, lascia il ruolo del Cristo a Riccardo Mantani Renzi, quello del Riboldi - per ovvie ragioni di età- al citato Gobbi, riservandosi una comparsata di un minuto e una battuta di un paio di parole. «Gesù» di Cari Theodor Dreyer, adattamento e regia di Franco Branciaroli, Torino, Teatro Carignano, oggi ultima replica. l' N. 40 - GIOVEDI' 26 OTTOBRE 2000 -A teatro TEMPO LIBERO La Valsusa - di Cristiano Giorda Il solito scandalo Fa discutere il. Gesù di Dreyer-Testori-Branciaroli andato in scena al teatro Carignano di Torino Commentare il Gesù di Dreyer-Testori -Branciaroli andato in scena al Carignano riporta la mente , come minimo , ai tempi dell'oratorio, dell'ora di religione , delle insolute e sofferte dispute che da sempre dividono i cattolici sulla rappresentazione della figura del Cristo. Alla critica, e a gran parte del pubblico, non è piaciuto. Perché ? La regia non era il massimo, e va bene. Branciaroli è un'istrione senz'anima, non proprio l'attore più adatto ad incamare il Salvatore, e forse è vero. . Ma l'insofferenza di gran parte di coloro che giudicano male l'allestimento , alla fine. ha forse un'altra motivazione. Questo Gesù degli umili, degli emarginati, dei puri di cuore, continua a dare scandalo. L'attenzione verso gli esclusi, l'accettazione sofferta della durissima vo lontà del Padre, la lontananza da qualsiasi idea di cattolicesimo fiabesco, comodo, fatto di compromes. so, continua ,ad essere inaccettabile per ogni possib~le b orghesia. E Branciaroli è assai rigido nello schierarsi, nel mostrare lo stridente contrasto fra il Gesù degli ultimi e la realtà del mondo. Mette in scena una vicenda am bientata in tempi diversi, come a dire che la storia del mondo è sempre allo stesso punto, la vicenda di Cristo potrebbe essere vali-· da in ogni tempo e in ogni · luogo. Lo interpreta vecchio e stanco, consapevole di portare una verità che non sarà accettata. Gli apostoli sono dei barboni, mentre i capi giudei non lo riconoscono , lo barattano in cambio della tranquillità , chiudono gli occhi di fronte alla portata della sua azione. E poi c'è il giovane emarginato, forse un malato mentale, che recita i blasfemi e scandalosi versi di Giovanni Testori, invoca Dio confondendolo con le più bieche esperienze della sua esistenza. Ed è lui l'ultima persona a cui il Gesù in scena lava i piedi, lui l'ultimo ad entrare nella porta dei salvati. Altri scandali: la proiezione di - Un 'immagine di Gesù e a destra Franco Branciaroli immagini fortissime riprese nei campi di concentramento, poi quelle del Papa che ascolta Bob Dylan nel VAL SusA famoso concerto di qualche anno fa . la chiusura affidata a una ragazza inclnta. Ma come si permet- 25 te, questo Branciaroli, di accostare queste cose, di costringerci a confrontarle con quella storia di duemila anni fa? Chi sono, sembra chiederci, i veri amici e i veri nemici di Cristo ? Chi conoscerà la salvezza ? Domande davvero scandalose , come sempre, che danno un gran fastidio. Ma non si poteva, avrà pensato qualcuno, affidare quest'allestimento a uno Zeffirelli, a qualcuno capace di farci vedere un bel presepino coi pastori felici, col Cristo giovane e vincitore, vestito di bianco, che consuma l'ultima cena allegramente e muore per noi !asciandoci felici e liberi di tomare ad occuparci del Grande Fratello dopo l'avergli tributato un bell'applauso ? Data IL NOSTRO TEMPO 1 ' Un momento del «GesÙ>> diretto da Franco Branciaroli e andato in scena tra le polemiche al Carignano di Torino Riduzione scenica di Brandaroli del testo di Dreyer Qu l« )) • '' ERIKA MONFORTE Per Torino, doveva essere l'evento teatrale più significativo tra le manifestazioni culturali finanziate dalla Regione Piemonte attraverso il Comitato per il Giubileo e il Comitato per l'Ostensione della Sindone: è stata invece una profonda delusione. Il «Gesù» di Carl Theodor Dreyer, sceneggiatura di un film commissionato dagli americani e mai realizzato, ridotto e adattato da Franco ! Pagina 11 Foglio GIUBILEO 5 novembre 2000 Branciaroli e andato in scena al Carignano diTorino dal 17 al 22 ottobre, ha disatteso ogni aspettativa: uno spettacolo confuso e raffazzonato, zeppo di ingredienti eterogenei e mal amalgamati, di una lentezza esasperante, malfatto e mal recitato. I presupposti si chiariscono solo leggendo il programma di sala, perché la messa in scena non è in grado di esplicitarli. Il pubblico si annoia, sbadi- sacrato'' calderone glia, tossisce, molti spettatmi abbandonano il teatro a metà rappresentazione, gli applausi finali sono stentati e perplessi. A Branciaroli era stato chiesto di realizzare uno spettacolo per il Giubileo: il regista-attore torinese ha pensato ad un nuovo allestimento del memorabile «Gesù» da ltii magnificamente interpretato sotto la guida di Aldo Trionfo nell974; tuttavia, del capolavoro di allora sembra rimasto ben poco, giusto un "pre-testo" per cimentarsi in una regia pretenziosa e tutt'altro che curata. Ma perché recuperare quell'evento per poi stravolgerlo? Tanto valeva allora creare qualcosa di completamente diverso. Perché questa bruttura? Perché massacrare la figura di Gesù quando l'intento è tutt'altro che dissacratorio e polemico? E perché la truffa di annunciare come protagonista Branciaroli, per attirare pubblico, quando invece l'attore torinese pronuncia una sola battuta in tutto lo spettacolo? Hanno senso le scene monumentali (e costosissime) se vengono continuamente modificate al punto che i cambi scena durano più degli scambi di battute? Cos'è, uno spettacolo futurista? Va bene che gli apostoli siano trasformati in barboni emarginati, ma perché impiegano tempi biblici per sistemare le loro masserizie ogni volta che devono ascoltare lo scarno Verbo del Maestro e dopo un minuto già se ne vanno? Che Gesù sia vecchio può anche avere un senso, ma perché predica sbraitando, con urla e singhiozzi brechtiana- mente straniati? Perché gli altri interpreti, che gridano e piangono anche loro senza senso, recitano come dilettanti? E soprat-· tutto, che senso ha inserire nella sceneggiatura di Dreyer lunghi stralci di un testo forte, violento ed eterodosso come «

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