A M M O IX !* ¿ * * e J l f S i r TONTO (TORRENTE POHTfAUK ts A G O S T O 1 9 3 3 -X I qm ndtcinA Í« d i com*neái« Ax tftrJ&vxA*! « u c c is e , diremo A& f L U C IO E « M * 16S D I T R I C R ID E N T I E “ IÆ h ì * m á á M. B rc tfÿ i G D R A N I F I R M E ” - T O R I N O S M La s ig a r e tt e I G A A T e g iz ia n e R O E S fa b b r ic e te T S T I A E M e s c l u s i v a m e n t e s i C a ir o e in v e n d i te p r e s s o 1© p r i n c i p a l i r i v e n d i t e d i t a b a c c h i e l o c a l i d i lu s s o 0 110 - Wolff: La scuola degli a. 57 - Amiel: Il desiderio. manti. 58 - Chiarelli: La morte degli amanti. 111 . Benard: Il signor Vernet. 59 - Vanni: Hollywood. 112 - Wexley: Keystone. 60 - Urvanzof: Vera Mirzeva. 113 - Engel e Grunwald: Dolly e ¡I 61 - Saviotti: Il buon Silvestro. suo ballerino. 62 - Amiel: il primo amante. 114 - Herczeg: La volpe azzurra. 63 - Lanza: Il peccato. 115 - Falena: Il duca di Mantova. 64 - Birabeau: Il sentiero degli 113 - Hatvany: Questa sera o mai. scolari. 117 . Quintero: Tamburo e sona 65 . Cenzato: La moglie innamo. glio. rata. 118 - Frank: Toto, 66 - Romains: il signor Lè Trou- 110 - Maugham: Vittoria. hadeo si lascia traviare. 120 - Casella: La morte in vacanza. 67 - Pompei: La signora che ru 121 . Quintero: Il centenario. bava i cuori. 122 - Duvernois: Cuore. GS - Ciapek: R. U. R. 123 - Fodor: Margherita di Na. 69 - Gian Capo: L’uomo in ma. varra. schera. 124 - Veneziani: La finestra sul 70 Armoni: Audace avventura. mondo. 71 De Angelis: La giostra dei 125 - Kistemaekers. L’istinto. peccati. 126 - Lenz: Profumo di mia moglie. 72 Ustrovski: Signorina senza 127 - Wallace: Il gran premio di dote. Ascot. 73 - Mazzolotti: Sei tu l’amore? 128 Sulliotti, Fiorita e Carbone: 74 - G. Antona Traversi: I giorni L’armata del silenzio. più lieti. 120 - De Benedetti e Zorzi: La re 75 - Natanson: Gli amanti ecce sa di Tifi. zionali. 130 - Falena: La Corona di Strass. 76 - Armoni e Gerbidon: Una don. 1 31 - Gherardi: Ombre cinesi. ■lina senza importanza. - Maugham: Circolo. 77 - Bossato e Giancapo: Delitto e 132 133 . Sardou: Marchesa! castigo. 134 . Gotta: Ombra, moglie bella. 78 - Chlumberg: Si recita come si 135 - Molnar: Qualcuno, può. La signorina Chi 79 - Donaudy: La moglie di en. 136 - Mazzolotti: mera. tramili. - Benavente: La señora ama. 80 . Napolitano: Il venditore di 137 138 . Harwood: La via delie Indie. fumo. 130 Maugham: Colui che guada 81 - Devai: Débauché. il pane. 82 - Bocca: Tragedia senza eroe. 140 - gna Coward: La dolce intimità. 83 - Lonsdale: La fine della si- 141 . Hart e Braddei: Nelle miglio gnora Cheyney. ri famiglie. 84 . Falena: Il favorito. 85 - Chiarelli: Le lacrime e le 142 . De Stefani: L’amore canta. 143 - Fodor: Roulette. stelle. 144 - Amiel: Tre, rosso, dispari, 86 - Cenzato: La vita in due. 145 - E. Garcia e Muiloz-Seca: I 87 - Acliard: Non vi amo. milioni dello zio Peteroff. 88 - Ostrovski: Colpevoli senza 146 - Gordin: Oltre l’oceano. colpa. 147 G . Zorzi e G. Sclafani: La 89 Cavacchioli: Cerchio deiia fiaba dei 'Re Magi. morte. 148 - Haiàsz: Mi amerai sempre? 90 Toneili: Sognare! - Maugam: Gran mondo. 91 Crommelynck: Lo scultore di 149 150 - John Colton: Sciangai. maschere. 151 . E. Carpenter: Il padre celibe. 92 - Lengyel: Beniamino. 152 . Eger e Letraz: 13 a tavola. 93 - Bèpaci: L’attesa. 153 - De Benedetti: Non ti conosco 94 . Martinez Sierra: Dobbiamo più. esser felici. Il bacio davanti allo 95 - Bosso di San Secondo: Le 154 • Fodor: specohio. esperienze di Giovanni Arce. 155 - Jerome K. Jerome: Robina in 96 - Bajard e Vailler: La tredice cerca di marito. sima sedia. 156 - Alessi: Il colore dell’anima. 97 . D’Ambra: Montecarlo. 98 . Mancuso e Zucca: interno 1, 157 - Ladislao Bus Fekete: La ta baccheria deiia Generalessa. Duerno 5, Interno 7. 158 - Cesare Vico Lodovici: Ruota. 99 - Apei: Giovanni l’idealista, 100 - Pollock: Hotel Ritz, alle otto! 159 - Michel Mourguet: Amicizia. 160 - Molnar: Armonia. 101 - Veneziani: L'antenato. 161 - Enrico Roma: La corsa dietro 102 - Duvernois: La fuga. l’ombra. 103 - Cenzato: La maniera forte. 162 - Ferdinando Nozière: Quella 104 - Molnar: 1, 2, 3 e Souper. vecchia canaglia... 105 - Sturges: Poco per bene. 106 - Guitry: Mio padre aveva ra 163 . Lonsdale: Aria nuova. 164 . A. Debenedetti: ivi. T. gione, 49 - Geyer: Sera d’inverno. 165 - André Birabeau: Baci perduti. 107 . Martinez Sierra: Noi tre. 50 - Savoir: Passy: 08-45, 166 - Luigi Antonelli: Avventura 108 - Maugham: Penelope. 51 - Birabeau: Peccatuccio. suiia spiaggia. 100 - Vajda: Una signora che vuol 167 - Chiarelli: Fuochi d’artificio. divorziare. 52 . Giactiettl: Il mio dente e il I numeri arretrati da¡ N. 1 al N. 100 costano lire cinque la copia; dai N. 1011 alI N. 150,, "re tre la copia; tuo cuore. 53 . Falena: regina tutti ali altri Launa lira Pomarè. e cinquanta la copia. I numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, ib, i/, ns, zu, zi, z_, z¿, L’ora azzurra. 24543-2Gabor: 33 37. 40. 42. 49, 65, 73, 74, 77, 83, 96, 101, sono esauriti. Ogni richiesta di copie arretrate dev essere ac. 55mpkgnata . Molnar: dal Il Fcigno. uo’ importo anoiie in francobolli, ma non mai marche da bollo. Non si spedisce assegno, 50 . Falconi e Biancoii: L’uomo di Birzuiari. 1 . Antonelli: l| dramma, la commedia e la farsa. 2 ■ Alvarez: Il boia di Siviglia. Eni 3 - Falena: Il buon ladrone. 4 . Giachettii: Il cavallo di Troia. 5 - Goetz: Ingeborg, fq 6 . Bernard: Tripeplatte. » 7 - Gandera e Geyer: L’amanle f ) immaginaria. vg? 8 . Molnar: L’ufficiaie tìeiìa guar d i dia. 9 ■Verneuil: Signorina, vi vo. glio sposare. ^ 9 10 - Gandera: l due signori delia «4% signora. pi® 11 . Auiante: Gelsomino d’Arabia. * 12 . Conti e Codey: Sposami' £ rj 13 - Fodor: Signora, vi ilo già vi. sta in qualche luogo! P 14 - Lothar: Il lupo mannaro. 15 - Bocca: Mezzo gaudio. 16 - Delaquys. Mia moglie. 17 - Bidenti e Falconi: 100 donne nude. 18 - Bonelli: il medico tìeiia signora malata. 0 19 - Ferdinand: un uomo d’oro. 20 - Veneziani: Alga marina. ._, 21 - Martinez Sierra e Maura: Giulietta compra un tìglio! & . 22 - Fodor: Amo un’attrice. 23 - Cenzato: L’occhio del re. ¿A 24 - Molnar: La commedia dei gy buon cuore. 25 . Madis: Fresa al laccio. 26 - Vanni: Una donna quasi one. sta. g fi 27 - Bernard e Fréinont: L’attaché d’ambasciata. «za 28 • Quintero: Le nozze di Quigy nita. 29 - Bragaglia: Don Chisciotte. jA 30 - Boueiii: Storienko. 31 - Mirande e Madis: Simona à ~fatta così. 32 . Molnar: Prologo a re Lear . ^ Generalissimo- Violetta di bosco. 33 - Veneziani: il signore è ser{sbJ Vito. bU 34 - Blandirai: Il borghese romantico. f J 35 - Conty e De Vissant: Mon béguin piazzato e vincente. 36 - Solari: Pamela divorziala. ^ 37 • Vanni: L’amante del sogno. 33 . Gherardi: Il burattino. 39 . Paolieri: L’odore dei sud. 40 - Jerome: Fanny e i suoi doA mestici. 41 - Golette: La vagabonda. 42 - Antonelli: La rosa dei venti. „ ^ 43 . Cavaccliioli: Corte dei mirafey coli. 44 - Massa: L’osteria degli immortali. À 45 - Borg: Buda. 46 . Bonelli: il topo. 2 47 - Nivoix: Èva nuda. 48 - Goetz: Giochi di prestigio. O P5 taM ’ " Maq r h N E L N P R O S S IM O S ' T N U M E R O ^ A k D E P U B B L IC H E R E M O n o L T E M P O Ì ì f N W Èk / f C O M M E D IA ! M IN G IU S E P P E Rappresentata con grande successo da Kiki Palmer e Camillo Pilotto 2 O S THE T R ATTI O D! B E V IL A C Q U A Di questa commedia Gino Rocca ha scritto nel POPO LO D’ITALIA: Bèlla questa commedia di Bevilacqua e moderna più per il suo novo ohiaror di luna che per le note stridu le del suo beffardo coro di spregiudicati irriverenti; bella e tutta cosparsa di fantasmi che risplendono. Questo vuole essere, e sarà meglio in seguito, il teatro educatore del tempo nostro. Per una vittoria italiana di questo stile, oggi più che mai bisogna gioire. E fu vittoria piena, di consènsi, di commozione, di attenzio ne, di applausi. JlLsàsa» té ù u J U 4 & n x M x A escussisi f ls a M , « ^€f d i c s O o p c v n d S L ì n m j t u IA J C 1 0 R I D E N T & q d * ì jl & t ó , I U F F I C I . V I A . & I A C © M © B O V E ., 2 - T O R I N O - T e l . 1 3 .0 1 0 U N FASCICOLO L. l.SO - A B B O N A M E N T O A N N U O L. SO - ESTERO E. co C o s t e l l i l a L IS & T T A B R O C rG -I Una giovanissima di anni, ma non di & A L A R e A R ì Ù esperienza artistiche. Vissuta fin da bambina alla scuola di quel mirabile s&l T jfa ila io scoatpa«o maestro che è Armando Falconi, con nel sangue e nel cuore — per atavis. mo — la fremente passione di reci. tare, Lisetta Broggi è — fra le gio vanissime — l’attrice un po’ « ca nai Ile » amabile e divertente. Ella dà alle creature che rappresenta un tono P I E. T R O S O LA R I tra garbato e furbesco, una maniera ® e r 1i a o «sua» volutamente disinvolta, anche se per giungere a questa disinvoltura impone al suo temperamento molta disciplina e non meno studio. Ora, come tutti gli atteri, fa del cinematogfrafo; ma, esattamente come C. M . F R A N Z E , R O tutti, Io fa pensando al teatro. Il nuovo anno comico deve ancora dar ¿Zfiscaasr^so coki R e iy e lin i ei altre formazioni artistiche; in una di queste — e fra le migliori —< ri troveremo certamente Lisetta Broggi. Dalla nostra copertina, in una posa di voluta civetteria, la giovane attri ce — come dal palcoscenico — do G S O R tE S B A R B A R I E manda con gli occhi furbi molta be. <^1 p e rie lio s p e iia io ie nevolenza; e chi non vorrebbe averne per lei, bella e brava com’è? L U C IO R IS S A N T I a p a ra la <1*cardine M A R IA M A LA T O éi^nlicipca a lle m ie aaaesmari e... UM BERTO M ELH ATE ¿Se anie uova ari B u rro T E R M O C A U T E R IO La nostra copertina è stata eseguita coi nuovo sistema TIPOCALCON dalla Zincografia GONFALONIERI di Torino. Via Vincenza Monti, li I S L T C D R AM M A R O IH A M TRE ATTI T P DI G A L A R I A R T U ’ R a ppB 'ssenisfo c o n g ra n d e s u cce sso d e lla C orraeaania “ SoeH’a c o li a i a l i i .. Questa commedia è notevole, oltre che per le sue doti di assoluta teatralità, di interesse e di abi lità scenica, anche perchè costituisce nella sto ria del nostro teatro il primo e meglio riuscito tentativo di «Teatro poliziesco» fatto da due autori italiani. Questo genere, ritenuto monopolio degli americani e degli inglesi, è stato invece realizzato nella sua forma migliore, con nobiltà di intenti, dimostrando chiaramente che gli au tori italiani hanno tutte le possibilità. Recitata da Ramano Gaio, Nella Sonora, Sandro Raffini, Olinto Cristina, Tino Bianchi e Laura Adani, r.elie parti principali, ha ottenuto a Torino, Mi lano, Roma il più grande successo. In questo mo. mento si sta «girando» del «Trattato scompar so », due edizioni cinematografiche: italiana e francese. Di quella Italiana è regista Mario Bon. nard ohe, con un nucleo di artisti indipendenti, lavora nei teatri della « Cines ». La stampa tutta ha avuto per questo lavoro pa. role incondizionate di lodò. T A A R T S O O IL TRATTATO SCOMPARSO P E K ...S O R ÌA .& & S l^gsa’sé&Efc r -£LsnKia o Ca^lc, il^ la tteSU’ Ì&i*»:Effl&sr&{iSi«> r M iss ESecriCffa 2>2<5vaiasi, «espella st.ejlì’Ai.*ss«iàs*-a tjSào v Jcrlit» I&ÌP43SSJS&, ¿iì^eCÌSVC ^ ILa Cet%Ì©««a Cta^a Ei O EA.4?«jsseI r -^.tsce Es:éa^«ia*£ce ¿sa Casa M s is ia a ? Ssse parafe »■I l Cs523a&sa — E’ stata coinè una follia... In poco più di un’ora... Avevo perduto completamente il controllo di me. Fersen (secco) — Quanto? Carlo — Trecento mila franchi. Fersen (ha negli occhi un fulmineo lampo crudele, che subito vela, fingendo di essere do lorosamente colpito) — Mein Gotti Mein Goti! Trecento mila franchi? ma è un patrimonio! Carlo — Sì, è terribile. Tuttavia io avevo pensato che voi... io avevo sperato... Fersen — ...che io potessi trovarvi trecento mila franchi? E, così, in ventiquattro ore? Ma, my pobre amigo, io non sono Morgan nè Rokefeller, e non ho a mia disposizione le casse della Federal Reserve Bank... Carlo — Non esagerate. Fersen — Esagero? Par my honre, questi giovanotti d’oggi sono straordinari! Dove vo lete che trovi una somma simile? E, anche se potessi trovarla, quale seria garanzia potreste darmi per la restituzione? (Dopo un silenzio) Non rispondete, eh? Natiirlich! Non potete r i spondere. Tutti sappiamo che i l Grande Ammi raglio vostro padre... Carlo — Oh, lasciate stare mio padre! Fersen (con alterigia motteggiatrice) — Ali pardon, excuse me, non sapevo di toccare un argomento tabù. Insomma, voglio dire che è un illustre uomo, vanto del suo Paese, ma che non dispone, non potrebbe disporre facilmente di una simile somma. Carlo — E tuttavia voi avete preteso che, nelle altre cambiali da me rilasciatevi... Oh! (Si porta una mano alla fronte, come per can cellare un ricordo umiliante). Fersen — Es ist eine alte Geschichte. Questa è una vecchia storia. Si trattava di cifre più modeste. (Trae un libretto e lo consulta) Vole vo dire: non così impressionanti. Complessiva mente, fra i tre effetti, cinquantaduemila fran chi. Carlo (amaro) — Io non ne ho avuti che trentacinque mila. Fersen — Eh, parbleu, ci vuole pure qual che piccolo beneficio per compensare il rischio! Business is business! IL tra tta to scomparso Carlo (rifacendolo ironicamente) — Natiirlich! Fersen — C’et ca: natiirlich. (Alzandosi) Comunque, è inutile continuare un discorso pe noso. (Secco) Non dispongo della somma che vi abbisogna, non posso far nulla per voi. (Poi, rifacendosi, viscidamente bonario, gli si avvicina, gli inette la mano sulla spalla) Credetemi, j ’en suis très fâché, me ne dispiace molto. Ma in fine, my dear, coraggio, sono sicuro che finirete per superare anche questo impasse. Caramba! (Con falsa umiltà) Troverete bene qualche al tro finanziariamente più solido di questo povero Fersen e felicissimo di aiutarvi. Auf iviedersehen, mon garçon. E, soprattutto, sangue fred do (ridendo, gli batte una mano sulla spalla e si avvia verso il fondo). Carlo (con disperata implorazione nella vo ce) — Fersen! Fersen (si ferma ma senza voltarsi e lo sbir cia di sbieco, con un sorriso terribile). Carlo — Non potete salvarmi? E’ proprio la vostra ultima parola? Fersen (brutale) — La mia ultima parola! (fa ancora due passi, è alla porta. Lì si ferma e, sempre senza voltarsi) A meno che... Carlo (ha un sobbalzo e si aggrappa a tali parole, come un naufrago all’ancora di salvez za) — A meno che... Fersen — Assicuratevi che nessuno ci possa ascoltare. (Mentre Carlo va a vedere alle porte di sinistra, Fersen, acquistando eli colpo un’a gilità felina che contrasta col suo abituale aplomb un po’ pesante, va ad osservare le varie porte di destra, e specialmente la vetrata, poi ritorna verso Carlo, lo prende per un braccio, parla a bassa voce) Io non ho le trecento mila lire. Ma conosco delle persone sulle quali posso fare sicuro assegnamento... in determinate circo stanze. Sono disposto a interessarle al caso vo stro; e ho qualche speranza (dosando, crudele), molte speranze, anzi quasi la certezza di otte nere la somma che vi occorre. Carlo (con un grido di gioia) — Fersen! voi mi ridate la vita. Fersen (continua, il suo discorso, come se non avesse udito l ’interruzione) ...la somma che vi occorre, ed anche di più... Carlo (subito trasformato, pazzamente al legro) — E non me Io dicevate subito ! Diavolo di un Fersen! Mi avete tenuto sui carboni ar denti per un quarto d’ora! Fersen (c. s.) — ...ed anche di più... ad una condizione. Carlo — Sono pronto a pagare qualunque in teresse! Purché possa uscire da questa tragica via chiusa. Poi, vedrete, cercherò, troverò. Fersen (con un sorriso feroce) — Non si trat ta di questo. Non occorre nè interesse nè resti tuzione. ililiffJiHiHiìTTiMilffiftffiflHMifìiliWi1i'ftr»lfli fìiliffiffiflfl fiïîiftiMIifrifl Ti ifliT Carlo — Ehhh?! Fersen (scandisce le parole a voce bassissi ma, metallica, imperiosa. E’ ora un altro Fer sen, senza maschera). — L ’Ammiraglio Morstan ha concluso e firmato stamane un Trattato Na vale. Carlo (si stacca da lu i con un tremito : inco mincia a comprendere) — Ebbene? Fersen (rapidissimo) — Consegnatemi — per mezz’ora, non di più — il Trattato, e avrete tre cento mila franchi. Carlo (è percosso come eia una mazzata. Con voce semisoffocata balbetta). — E voi ave te potuto credere che io... (Si avventa su Fer sen con la mano sinistra levata per colpirlo, mentre esclama) Miserabile! Vigliacco! (Anche ora e sino alla fine della scena i due parlano a voce concitata, nm bassissima). Fersen (più vigoroso, afferra la mano a volo e la immobilizza) — Calma, giovanotto, un po’ di calma! Carlo (svincolandosi) — Lasciatemi! (Si l i bera, ha un sorriso disperato) Era questa, dun que, la trappola?! Ebbene, me ne dispiace per voi, Fersen, ma l ’avete tesa a voi stesso. Sapete che cosa faccio io, ora? Fersen (sempre padrone di se, freddo, iro nico) — Non precisamente: ma ho il sospetto che vogliate commettere tuta sciocchezza. Carlo — E’ semplicissimo. (Accenna al te lefono che è sul tavolo) Chiamo l ’Ufficio di Po lizia e vi faccio arrestare (Va a passi concitati verso il telefono). Fersen (rimane immobile come una statua) — L ’avevo immaginato: una sciocchezza. V i faccio notare due cose: primo che, qui, siamo nel Principato di Monaco, cioè in un paese neutrale e poco bellicoso, dove evidentemente queste cose hanno un interesse relativo. Carlo — E’ quello che vedremo (consulta febbrilmente la guida telefonica). Fersen (continua, senza tener conto dell’in terruzione) ...in secondo luogo, che io posseg go delle cambiali per cinquantadue mila fran chi firmate da voi e da vostro padre... Carlo (non gli. dà retta, trova il numero nel. la guida) — Ah, ecco. Fersen (continuando tranquillo) ...e che di tali firme l ’illustre Ammiraglio Morstan non ne sa nulla... Carlo (che al telefono ha già fallo due nu meri, sospende, rimanendo indeciso). Fersen (c. s.) — ...perchè le avete falsifica te voi. Carlo (lascia il telefono, si copre il volto con le mani). Fersen (ha un sorriso di trionfo c. tira la bot ta finale). — Adesso, chiamate la Polizia. Se ci tenete proprio a suscitare uno scandalo enor- GALAR E ARTÙ me, che travolga tutta la vostra famiglia, fate pure ! Carlo (schiacciato, si lascia cadere su una se dia). Fersen (si ripulisce la caramella, se la r i none nell’occhio, interroga ironico) — Alors, mon garçon? Che decidete? Carlo (si risolleva di scatto, mostrandogli la porta sempre a voce contenuta, ma piena di fu. rore) — Andatevene! Fersen — Very we'll. Come vi piace. Auf Wiedersehen. Carlo — E, badate, se vi incontro ancora sulla mia strada, vi uccido come un cane. Fersen (che è arrivato alla porta) — Douce ment, doucement, my querido. Dovremo pure incontrarci ancora, almeno una volta, per sal dare quel piccolo conto (tocca di nuovo la tasca^della giacca). Voi sapete che le cambiali sono in bianco : posso farle scadere anche do mani. Carlo — Via, vi ho detto, via! ( Viene dall’esterno il rumore di un’automo bile che arriva). Fersen (continua tranquillo) — V i dò dun que ventiquattr’ore di tempo. Entro domani a quest’ora, o il Trattato, e avrete i trecentomila franchi; o niente Trattato e niente trecentomila franchi; e, per di più, una piccola denuncia per falso. Scegliete. (Terribilmente calmo) Voyons, mon ami, du calme, surtout du calme (cerca il cappello per andarsene; in quél momento Ja ckie apre la porta e subito entrano Anna, la Contessa De Roussel e l ’Ammiraglio, reduci dalla stazione). Anna — Eccoci arrivati, cara amica. Qui po tete riposare. (Mentre Carlo si afretta a baciare la matto della Contessa, Fersen fa un profondo inchino a tutti e si avvia verso la porta. Quando vi giunge, si volge, e, tenendo la caramella con la mano, osserva attentamente la Contessa che, a sua volta, vedendosi osservata, lo guarda un attimo sbattendo le palpebre nervosamente, e poi gli volta le spalle. Ancora profondo in chino di Fersen che esce, seguito da Jaekie). Anna (a Clara) — Volete accomodarvi? (Ma, prima che Clara itossa sedere, Eleonora compare da sinistra con la testa avvolta in una fasciatura bianca, tutta smancerie e comici gri dolini di gioia alternati con gridolini di dolore per il persistente, ma forse in parte immagi nario, mal di testa). Eleonora — Mia buona amica, anzi, posso ormai dire, mia eccellente quasi cognata, se dete, prego. (Si siedono). Se sapeste quanto mi è dispiaciuto di non poter venire alla stazione. Spero vi avranno spiegato... Anna (non senza una leggerissima venatura ironica) — Certamente, zia, la Contessa è al corrente delle disavventure della tua testa. Clara (ad Anna, in tono di rimprovero) — « La Contessa » ancora? Non volete dunque proprio trattarmi con maggior intimità? Anna (sorridendo un po’ imbarazzata) — Scusate, lasciatemi un po’ di tempo. Non mi è facile abituarmi al pensiero che una creatura giovane e bella come voi stia per divenire... (Non le riesce neanche di pronunciare le pa role : « mia madre »). L ’Ammiraglio — E Raytliam non c’è? Jackie — E’ in giardino, Eccellenza. L ’Ammiraglio — Chiamatelo, prego (Jackie apre la vetrata, scende in giardino). Clara (continuando a parlare ad Anna, sem pre con dolcezza) — Lo so, figliuola, che di mamme ve n’è uria sola. E non pretendo di prendere nel vostro cuore un posto die non mi spetta. Ma potremo — volete? — essere buone amiche. Anna — Questo sì, con tutto il cuore. (Si apre la vetrata e compare Giorgio, segui to da Jackie. Subito l ’Ammiraglio va rapida mente verso Clara, seguito un po’ più lenta mente da Giorgio). L ’Ammiraglio (a Clara) — Permettetemi, Clara, di presentarvi il mio fedele collaboratore e giovane amico, Comandante Giorgio Raytham. Clara (Volgendosi lia una brevissima escla mazione, subito troncata) — Ah. L ’Ammiraglio — La contessa Clara De Roussel. Giorgio (sul suo volto si diffonde im ’espressione di stupore angoscioso, che egli però rie sce a dominare quasi immediatamente, irrig i dendosi sull’attenti). Clara (con disinvolta tranquillità) — Sono davvero lieta di conoscervi, Comandarne. Giorgio (inchinandosi) Contessa. Clara (guardandolo fisso negli occhi gli ten. de la mano). Giorgio (dopo un attimo di esitazione, sotto lo sguardo dell’Ammiraglio, prende la mano della Contessa e la sfiora con le labbra. Poi, co me per niettere subito le cose a posto con una « presa di posizione ») — Sua Eccellenza mi ha parlato di voi oggi, per la prima volta. L ’Ammiraglio (quasi scusandosi) — In que sti mesi abbiamo avuto un lavoro massacrante, die richiedeva tutta la nostra attenzione e tut te le nostre energie. Non c’era tempo nè modo di parlare d’altro. ClàRA (con affettuosa ironia) — Ecco cosa si gnifica voler bene ad un soldato. Noi povere donne si passa sempre in seconda linea. L ’Ammiraglio — V i ingannate. Si parla for se meno della donna amata, ci si pensa di più. Clara — ...negli intervalli. L ’Ammiraglio (serio) — Sempre. Eleonora — Parole di marinaio. Non ci cre dete, Clara: i marinai sono sempre malfidi. IL TRATTATO SCOMPARSO Parlo per esperienza personale. Molto tempo fa... sì, insomma, voglio dire che è passato qualche anno... c’era un tenente di vascello che mi faceva una corte spietata. Ebbene... L ’Ammiraglio — Scusa, Eleonora, se inter rompo la tua autobiografia. (A Clara, non sen za un sorrisetto) Rassicuratevi, avrete tutto il tempo di ascoltarla in seguito. Ma ora noi si de ve andare. Come vi ho detto, abbiamo il ram marico di lasciarvi proprio la sera del vostro arrivo, per quel noiosissimo pranzo dai De Broglie: ina è una cerimonia ufficiale a cui non posso mancare. V i terranno compagnia mia so rella e il Comandante Raytham, del quale non ho ancora avuto tempo di fare il meritato elo gio : eccellente ufficiale, fine diplomatico, cau seur brillantissimo. Giorgio (protestando) — Eccellenza. Clara — Un mostro di perfezione, dunque, Voi mi spaventate. Si annoierà a morte con una povera donna ignorante come me. Giorgio! (a ll’ Ammiraglio) •— Perdonate, Eccellenza, ma debbo rammentarvi che an ch’io, questa sera, sono impegnato. Con gli uf ficiali della Commissione Navale. L ’Ammiraglio ( battendosi la mano sulla fron te) — Per Giove! me ne ero dimenticato. Clara — Non ve ne preoccupate. Starei per dire che i vostri incontri diplomatici e semidiplomatici sembrano creati apposta dal buon Dio per favorirmi. Confesso che sono stanchis sima e non ho che un solo desiderio, quello di andarmene subito a letto. Carlo —• Allora io ne approfitto per chie dervi il permesso di uscire. Anna — E naturalmente non ritornerai che all’alba, come al solito. Carlo (sforzandosi di scherzare) — E’ così bello il nascer del sole sul mare! Eleonora (affettuosamente) — Va va, picco la canaglia, va. Carlo ( bacia la mano alla contessa) — A do mani ( agli altri) Good bye (esce per la secolida porta di destra). Eleonora (a Clara) — Io vado a vedere se la vostra camera è in ordine. L ’Ammiraglio (guarda l ’orologio e si rivolge ad Anna) — Noi abbiamo appena il tempo di vestirci. (A Giorgio) E voi, Raytham? Giorgio — Sono pronto. Non ho che da pren dere il mantello. (Va verso la propria camera ed apre la porta per entrarvi). L ’Ammiraclio (richiamandolo) — Allora, r i manete qualche minuto qui a tener compagnia alla Contessa. V i prenderemo in automobile e vi depositeremo passando. Giorgio (si inchina senza rispondere e retro cede. La aorta che dà nella sua camera rimane socchiusa, per modo che si intravede il forzie re). Eleonora (a Clara} — A ben presto, cara. (Entrano a destra l ’Ammiraglio, Eleonora ed Anna. Rimangono soli, in piedi, Clara e Giorgio. Lunga scena muta. Per un attimo i due si guar dano fissi negli occhi. Poi Clara, ostentatamen te, va a sedersi, quasi sdraiandosi, su una noltrona, in atteggiamento di padronanza). Clara (con ironia) — Se non erro, l ’Ammi raglio m i ha fato cenno alle vostre qualità di elegante parlatore... . Giorgio (di colpo va verso Clara, le si pianta dinanzi e parla brevemente, in tono risoluto) —- V i dò ventiquattr’ore di tempo per andar vene da questa casa. Clara (fingendo di non aver inteso bene) — Eli? Come dite? Giorgio — Dico che vi ordino di scomparire subito, e per sempre, dalla vita dell’Ammira glio Morstan. Clara (si guarda intorno ostentatamente). Giorgio — Che cercate? Clara — Cerco il marinaio di servizio, l ’at tendente o il piantone al quale i l Comandante Raytham sta trasmettendo degli ordini. Giorgio — Nè piantone, nè marinaio di ser vizio. Parlo con voi, signora (dopo una brevis sima pausa ironica) contessa Clara De Roussel. Clara (calma) — In tal caso, mi domando se non fareste bene ad andarvene anche voi a let to. Evidentemente lo champagne o il wisky vi hanno giocato qualche brutto tiro. Giorgio — V i prego di smetterla con codesto tono. . , Clara — Oppure avete la febbre e vi rara bene una buona dose di chinino o ai aspirina. Giorgio (fa di nuovo qualche passo nervosa mente: e ritorna verso Clara) — V i impegnate a partire domani e a non ritornare mai più? Clara (ironica) — Ebbene, nella mia vita ho conosciuto molti —• E dove lo tenete questo prezioso talismano? Nel portafogli? o in apposita custodia? o qui, (gli appunta i l dito sul petto) sul vostro stes so cuore? Giorgio — Non ci pensate, sono al sicuro {Istintivamente, il suo sguardo va allo scrigno che si vede attraverso alla porta socchiusa. Non è che un attimo, ma Clara lo ha colto a volo). Clara — Ah.. Giorgio — Non Iio nulla da aggiungere. Se domani non siete partita... Clara — Ebbene, che farete? Giorgio — Consegnerò quelle lettere a ll’Am miraglio. La voce d e ll’Ammiraglio {dall’interno) — Sei pronta, Anna? Là voce di Anna — Un minuto, babbo. (Le ultime battutte del dialogo fra Clara e Giorgio rapidissime, a voce affannosa). Clara — Voi farete questo, voi, un gentil uomo ? Giorgio — Appunto perchè sono un gentil uomo. Clara — Neanche se io vi supplicassi di per donare il mio passato? Giorgio — Se si trattasse solamente di voi, non avrei, difficoltà ad accontentarvi: ciò che può fare o dire la Contessa De Roussel è p ri vo per me di qualsiasi interesse. Ma è in gioco l ’onore del mio Ammiraglio, del mio Capo. C’è un grave pericolo che io minaccia : egli lo ignora, io lo so. Ho il dovere di difenderlo con tutte le armi che posseggo. Clara — Schianterete la sua vita. Giorgio — A questo ho già risposto: c’è qualcosa che conta più della vita. Ecco l ’Am miraglio. {L ’Ammiraglio compare da sinistra vestito in frak, portando sul braccio il soprabito). Clara {a voce bassa) — La mia risposta, ec cola {Poi a voce alta) Caro amico, avete ra gione, il vostro aiutante di bandiera è vera mente un uomo divertente. La sua vita è piena di ricordi {sottolinea le parole) interessanti e la sua conversazione non si può certamente di re che annoi. Tutto qui mi piace {dando un’occhiata di sfida a Raytham) e sono certa che vi trascorrerò delle settimane incantevoli {Ostentatamente si siede). L ’Ammiraglio — Voi siete di un’amabilità squisita. Anna {entra in abito da sera; Eleonora è con lei) — Eccomi, babbo. T i piaccio così? L ’Ammiraglio {con un sorriso di furbesca bonarietà) — E ’ proprio all’Ammiraglio che Miss Morstan vuole piacere? 0 non piuttosto ad un certo Comandante? Anna {con lo stesso tono) — Eccellenza, io rispetto l ’ordine di precedenza gerarchica. Spero che, se il signor Ammiraglio non ha os servazioni da fare intorno alla mia alta uni forme, anche il signor Comandante la troverà di suo gusto. Giorgio — I l signor Comandante ne è sem plicemente incantato. {Entra da destra Jackie). Eleonora ■ — A li la mia testa! la mia testa! Se non la smettete di tubare, mi farete venire uno svenimento! L ’Ammiraglio — Si salvi chi può {A Gior gio) A proposito, si è detto che venivate con noi. Giorgio — Subito. {A Jackie che fa l ’atto di andare verso la camera del Comandante a prendergli il mantello) Lasciate, Jackie, faccio io. {Va nella sua camera). Anna {che in questo frattempo, con l ’aiuto della zia, ha indossato la pelliccia, si congeda, GALAR E ARTÙ da Clara) — Non so dirvi il rammarico die provo nel dovervi lasciare. Clara — Grazie, figliuola. A domani. L ’Ammiraglio ( baciando la mano alla con tessa) — A domani, amica mia. (L ’Ammiraglio ed Anna vanno verso destra, accompagnate da Eleonora, in questo momento Giorgio esce dal la sua camera, tenendo mantello e berretto in mano. Si dirige verso Clara che è rimasta un po’ indietro, nel centro della scena). Giorgio (inchinandosi a Clara) — Contessa. (Poi, a voce bassa) La vostra ultima parola? Clara (ad alla voce risponde tanto al saluto quanto alla domanda di Giorgio) — Sarò mol to lieta, mio caro Comandante, di divenire... vostra suocera. (Giorgio si inchina di nuovo seccamente, raggiunge Anna e l ’Ammiraglio, escono insie me seguiti da Jachie che era rimasto sulla; soglia). Clara (ad Eleonora che le si è avvicinata) —• Ed ora vi chiedo proprio il permesso di r i tirarmi. Eleonora — Non oso contraddirvi. Penso che una buona nottata di sonno vi rimetterà completamente dalle fatiche del viaggio. (Si ode il rumore di un automobile che si allon tana) Così potessi dormire io. A proposito, questa benedetta Alice (Suona il campanello) Anche quella cara ragazza, da qualche tempo in qua, va soggetta a delle .amnesie. Jackìe (comparendo) — La signora ha suo nato ? Eleonora — V i prego, chiamate subito Miss Baskerville (Mentre Jachie sale di corsa la sca la, Eleonora si volge a Clara) Se volete, vi ac compagno dunque alla vostra camera. Clara — Grazie. Alice (compare al primo piano, mentre Ja chie discende rapidamente le scale) — V i pre go di scusarmi, Miss Morstan. Non mi riusci va di trovare le compresse. Eleonora — Per carità! Alice — Rassicuratevi. Eccole (mostra un tubetto). Eleonora — Ali, meno male. Io accompagno la Contessa nella sua camera e poi mi ritiro nella mia. Raggiungetemi là, subito. A lice — Va bene (A Clara) Buona notte, Contessa. Clara — Buona notte. Eleonora — Voi, Jackie, aspetterete il rito r no dei signori. Jackie — Certamente, signora. Eleonora — Ah la mia testa! (Eleonora e Clara escono da sinistra; Jachie esce da destra. Allora Alice discende rapida mente le scale, in punta di piedi. Rimane un attimo esitante, poi va al tavolo, prende ili r i cevitore del telefono, forma un numero). A lice (parlando con voce bassa) — Chi par la?... Qui, la signorina Baskerville. Vorrei parlare con... Ah, sei tu? Un momento (Teme che la sua voce sia ancora troppo folte, prende da una poltrona un cuscino e se lo annoggia alla guancia per smorzare ancor più il suono della voce stessa) Volevo d irli... No, ancora nulla... No, no, non è possibile (Quasi tra se, torcen dosi le mani). Mio Dio, che fare? (Di nuovo al telefono) Ebbene, sì, ti attendo... no, non subi to, assolutamente. Aspetta (Guarda l ’orologio del fondo) Adesso mancano pochi minuti alle nove. A mezzanotte, va bene?... No, il came riere rimane alzato... Dal giardino? Mia come potrai...? Si, lo so, lo so, purtroppo. Va bene. Io ti aspetterò (poiché Jackie è ricomparso di destra, cambia tono) Sì, sì, va bene, signore. Riferirò. (Riappende il ricevitore, poi si volta verso Jackie, quasi volesse giustificarsi). Era una telefonata del... del dottore. Jackie (la guarda un po’ incredulo; ma con l ’aria di dire : queste sono cose che non mi riguardano). Alice (ancora imbarazzata) — Adesso vado a portare la pozione a Miss Morstan. Buona notte, Jackie. Jackie (rispettoso) — Buona notte, Miss Basokervilie. (Alice esce da sinistra, mentre Jackie fini sce di rattizzare il fuoco ed esce a sua volta). (Subito dopo al buio convenzionale del tea tro, cioè buio relativo, succede il buio assolu to. Poi si ode lo scricchiolio di una porta che si apre; e subito qualcuno, assolutamente indi stinguibile, attraversa lentamente la scena te nendo in mano una lampadina accesa, va verso destra, sul fondo, apre la porta di comunica zione che immette nella camera del Coman dante, si avvicina al forziere. Tutto questo è detto solamente per dare all’attore o al regista la nozione precisa dei movimenti. In pratica, non sà dovrà vedere se non la luce della lam padina che, dal centro della scena, si sposta, non senza esitazione, verso il fondo a destra, cì\oè dove si trova la camera del Comandante. Subito dopo, mentre ancora si vede sul fondo la luce di tale prima lampadina, si ode un nuovo scricchiolio della porta, e, dopo un atti, mo, una seconda lampadina nel centro della scena. Allora, improvvisamente, la prima lam padina, sul fondo, si spegne. Subito si spegne anche Valtra, si sente il fracasso di una sedia rovesciata e poi il minore sordo di una collut tazione. Di colpo, una scampanellata. I l rumore della colluttazione cessa un istan te; poi riprende, brevissimo, ed è subito con cluso dal tonfo di un corpo che cade. Seconda scampanellata, più lunga. Nel silenzio che suc cede, l ’orologio a mu. ro scandisce dodici toc. chi. Contemporaneamente si rifà un po’ di luce, cioè quella pe nombra convenzionale che, in scena, vuol si gnificare buio, ma nel la quale si distingue ogni cosa. Nulla è mu tato nella sala; sola mente la porta che dà nella camera del Co mandante è, ora, chiù, sa. Subito l ’ombra di un uomo si proietta dall’ esterno della ve. trata, nettamente sta gliata dalla luce lu nare. Si ode distintamente il rombo di un areoplano che vola a bas sa quota, sopra la casa. Alice discende fu r tivamente la scala, apre la vetrata e lo Sconosciuto entra. Si svolge fra i due un breve dialogo a voce concitata ma som messa). A lice — Presto ! Hanno suonato ora alla porta. (Si accin ge a precederlo per le scale). Lo S co n o sciu to ( trattenendola per un braccio) — Ebbene? A lice —< No. Non ancora. Lo Sconosciuto — Ah, canaglia! Ma io lo ammazzo ! A lice (cercando di trascinarlo via) — Pres t o ! Sali! Possono scoprirci ! Lo Sconosciuto — Lo ammazzo ! (Salgono la scala ra pidi, mentre il velario discende lentamente). F I a e à. e 1 p r im e a líe IN C A S A D ’A L T R I BERL9NO * Riferir°, senza aggiungervi nulla di mio, una conversa zione col capo del VI Reparto del Ministero del Reich per la Propaganda, presidente Laubinger sulla preconizzata rinascita del teatro tedesco: parendomi che più di una delle idee qui presentate abbia oggi diritto di circola zione anche fuori del Reich. — Stato, attore e popolo — dice il «naswBaBMErtwsBgwaaay presidente Laubinger — debbono come in antico ritrovarsi a vicenda. Accanto alla lotta politica deve svolgersi la lotta per la conservazione e lo sviluppo delle forze spirituali del popolo. Soltanto l’azione decisa di questo trinomio può conservare e riformare il patrimonio del la nostra civiltà. Spetta allo Stato segnare le grandi linee direttive dell’Arte, strumento educativo di enorme importanza per la ricostruzione nazionale; al l’attore rispettare la sovrana opera d’arte, servire in umiltà la parola del poeta ; al popolo, liberarsi spontaneamente dalla concezione d’un teatro considerato come ozioso divertimento o eccitazione dei sensi, e cercare in esso, come in passato, un necessario e prezioso elemento di nutrizione spirituale. A questi fini ci occorrono attori senza orgoglio di commedianti, poeti, drammaturghi e regi sti senza ubbie letterarie e snobistiche. Basta con l ’intellettualismo ^nell arte. E’ tempo che sorga un teatro veramente creativo, appassionato, un’arte com prensibile per lutto il popolo. Deve il teatro ridiventare quello che fu nei tem pi migliori: una necessità vitale dell’intero popolo; retta dalla volontà di vita e di civiltà di tutti i lavoratori e di tutte le professioni; uno dei mezzi più cic caci per la spirituale edificazione dell’uomo, una inesauribile fonte di gioia e di sollievo, di forza e di conoscenza. _ . — Idee sostanzialmente non diverse sono state già lanciate da uno dei nostri migliori poeti, Rosso di San Secondo, in un suo manifesto intitolato: «IL teatro è morto, viva la poesia»: cioè una nuova poesia corale, popolare, na zionale. Che cosa può dirmi sulla organizzazione del « Reparto Teatro » nel Mi nistero della Propaganda? Si occupa il Reparto soltanto della organizzazione sindacale e di categoria? . . . . . . . . _ Non soltanto di questi interessi materiali, che consideriamo legittimi e vitali, ma non predominanti. La nostra attenzione è rivolta principalmente a quella che noi chiamiamo la Drammaturgia, alla quale spetta di fissare le diret tive spirituali per il teatro tedesco. . — E’, dunque, compito dello Stato influenzare e dirigere la creazione dei poeti teatrali? . . __ L’opinione contraria è molto diffusa quanto insostenibile. La legittimità della nostra concezione deriva direttamente, come un corollario, dalla conce zione dello Stato come supremo ente politico, cioè sociale e morale. Se noi la sciassimo che le direttive ai poeti fossero date, come per il passato, dalle asso ciazioni che organizzano gli spettatori e vendono gli abbonamenti e, quindi, hanno tutto l ’interesse a conoscere quali generi «vadano^» e quale sia il « gu sto » del pubblico, senza naturalmente andare molto per il sottile se tali generi e tale gusto siano dannosi al costume, inconciliabili coi supremi interessi dello Stato contrari alla tradizione e tali da imbastardire il genio e carattere nazio nale,’ lo Stato non avrebbe altra funzione che quella di finanziare e dovrebbe farsi da parte dinanzi a ogni privato. Lo Stato interverrà continuamente: avre mo nel VI Reparto una sezione per l’Istruzione drammaturgica, una sezione per l ’esame e il controllo degli artisti, una sezione per il collocamento. Non vi sara posto per gli incapaci, per i mezzi talenti. Infine, intendiamo che nella cornice delle Olimpiadi berlinesi del 1936 si svolgano anche le Olimpiadi del leatro, una competizione internazionale, nella quale ciascun popolo dovrà presentare il meglio del proprio teatro. Le Olimpiadi dovranno ridiventare, come le defini va Schiller, la gara dei carri e dei canti. Tutto ciò, come le dicevo, inquadrato da un pensiero fondamentale e dominante: che lo Stato, supremo ente etico, ha non solò il diritto, ma il preciso e categorico dovere di plasmare, regolare e di rigere il teatro, questo grande strumento di espressione e al tempo stesso di educazione del popolo. Páeásee Sola*-* (Si riprende esattamente al punto in cui si è finito l ’Atto Primo ; cioè, appena aperto il velario, l ’orologio ribatte i dodici tocchi della mezzanotte. La scena è ancora semibuia. Giorgio entra dalla porta vetrata. Dopo un attimo compare Jackie, assonnato, gira il commutatore, fa la luce, vede Giorgio). Jackie — Già qui, signor Comandante? Giorgio — Già. Sua Eccellenza? Jackie Sua Eccellenza non è ancora tornato. Giorgio (guarda l ’orologio a muro, controlla i l suo) — Andata pure. Jackie II signor Comandante non ha bisogno di nulla? Giorgio ( impaziente) — No... andate. (In questo momento il rumore di un’automobile che si ferma). Jackie — Eccoli (Esce). Giorgio (passeggia sù e giù nervoso. Poi risoluto, tra se) — E’ necessario. Anna (entra col padre, ha un lieto sorriso) — Oli, Giorgio! Giorgio — Sono rientrato in questo momento. Ma è già più di un’ora che ho lasciato la riunione. Ho fatto la strada a piedi. Anna — E ’ una notte stupenda. Giorgio — Sì? Non ho osservato. Anna Un immenso scintillìo di stelle. E il riflesso argenteo della luna sul mare. L ’Ammiraglio — Cosa vuol dire avere vent’anni! Io non ho no tato che la brezzoiina diaccia. O, per essere più esatti, è la mia vecchia ferita che se n’è accorta. Anna (mettendogli le braccia al collo) — Babbo mio caro. L Ammiraglio — Non si è annoiata troppo la futura signora Ravtham ?1 Anna — No, babbo. E’ stato un trionfo per te. Ed io... temo di aver commesso dei gravi peccati di vanità, pavoneggiandomi un poco, nella mia qualità di figliola di un personaggio tanto illustre. (Accenna al padre). L ’Ammiraglio — Bambina. (Le accarezza i l viso) E adesso la pic cola vanitosa dà la buona notte a tu tti e se ne va a nanna. Anna — Anche tu, babbo, suppongo. L ’Ammiraglio — I l tempo di fumare un sigaro. Anna (minacciandolo scherzosamente col dito) — Ah, vizioso in correggibile! (Lo abbraccia) A domani, papà (dà la mano affet tuosamente al Comandante) A domani, Giorgio. Giorgio (contrariamente al solito, risponde freddo) — Buona notte, Anna. Anna (facendo boccuccia come una bambina) — Uhm, che saluto burocratico! Quando il signor Comandante Raytham sarà mio ma rito, se si permetterà di essere così glaciale... Giorgio — Mi farete il muso? Anna No, ma pregherò Sua Eccellenza rAmmiraglio di met terlo agli arresti. L'Ammiraglio (che nel frattempo si è spuntato un sigaro e lo ha acceso) — Certamente. É di rigore. Anna (guarda di sotto in su Giorgio, poi corre verso di lui e gli dice) — Io poi, da buona mogliettina devota, mi metterò agli ar resti con voi. L ’Ammiraglio (scherzando) — E’ vietato dal regolamento. Anna — Ma rAm miraglio chiuderà un occhio (socchiude scher zosamente un occhio, abbraccia di sfuggita Giorgio e corre via). L’Ammiraglio (la segue con lo sguardo pieno di tenerezza paterna) — Deliziosa, no? Giorgio (distratto) — Deliziosa. L’Ammiraglio (è colpito dalla freddezza di Giorgio, si volge verso di lui, lo osserva un istante, poi) — Insomma, Raytham, che vi ^ n i m i i M w im im m u iu iu iii li. TRATTATO SCOMPARSO accade? Mi sembrate nervoso, tagliato. Mare grosso in vista? Ah, mi scordavo di dirvi che avete fatto ima profonda impressione sui Capo della Delegazione alleata. Egli vi giudica un negoziatore abilissimo, astuto e calmo. Sopra tutto ha apprezzato la vostra inalterabile af fabilità. Giorgio (distratto) — Ah! L ’Ammiraglio (rifacendolo) — Ah! Credo che si ricrederebbe se vi vedesse in questo mo mento, con quella faccia, quasi torva. Che avete ? Giorgio — Eccellenza... (Dopo un’ultima esitazione) Devo parlarvi di mia cosa grave. L ’Ammiraglio — Una cosa grave? (Poiché Giorgio non continua subito) Forse Carlo? Mi fate ricordare che anche lu i era molto nervoso, stasera. Si tratta di mio figlio? Giorgio ( improvvisamente deciso} — No. Del la signora... De Roussel. L ’Ammiraglio (stupito) — Della Contessa? Giorgio — Si, Eccellenza... Voi conoscete la mia devozione illim itata, e, posso ben dirlo, il mio affetto profondo. L ’Ammiraglio — Conosco, apprezzo e ricam bio. Ebbene? Giorgio (quasi precipitosamente) — Spero che mi vorrete perdonare se io mi permetto... Insoinma, è mio dovere di consigliarvi a non spo sare quella donna che non è degna di voi. L ’Ammiraglio ( balza in piedi) — Ehh? (Si domina, ma al tono bonario che ha avuto sin qui si sostituisce un tono secco di comando. E’ un Capo che dà ordini ad un dipendente) Coman dante Raytham, non vi ho chiesto consigli ma spiegazioni. Amo e rispetto la Contessa De Rous sel che è una signora distintissima, assolutamen te irreprensibile. Chiunque altro avesse usato verso la Contessa l ’espressione poco riguardosa che voi vi siete permesso or ora se ne sarebbe già pentito. Ma voi siete il mio fedele collabo ratore di tanti anni e siete colui che deve dive nire il marito di mia figlia: vi invito a spie garvi immediatamente. Giorgio — Eccellenza, voi non potete unire la vostra esistenza, ciré è quella di un prode sol dato e di un grande capo... L ’Ammiraglio (impaziente) — Risparmiate le frasi. Giorgio — Non potete unire un’esistenza onorata e luminosa con quella di una volgare av venturiera. L ’Ammiraglio — Ah, perdio! (Ancora si do. mina) Dei fatti: citate dei fatti, se potete. Giorgio (risoluto) — Dei fatti. (Una pausa) Cinque anni! or sono — ve lo ricorderete, Ec cellenza -— io chiesi un permesso per andare in Francia, dove mio fratello Roberto era morto improvvisamente. Quello che non sapete, e che quasi nessuno sa, è che mio fratello si è am- mazzato. Era caduto nelle mani di una fem mina la quale lo aveva indegnamente sfruttato e poi lo aveva travolto in un ignobile scandalo. Questa donna aveva un compagno che guada gnava denaro in tutte le maniere, ad esclusione di quelle pulite: baro, souteneur, ecc. Scoperti, fecero cadere tutta la colpa su Roberto che, giovane, ingenuo, inerme, non sapendo come difendersi, si uccise. Quando io arrivai a Pa rigi, feci un’inchiesta, appresi tutta la verità. L ’Ammiraglio — Spero, che avrete denun ciato quelle due canaglie. Giorgio — No. Non volevo che tutto quel fango ricadesse sul povero Boby. L ’Ammiraglio — Ebbene, che c’entra tutto questo ? Giorgio — Quel delinquente si faceva chia mare Warreni e la sua compagna era... la don na che voi vorreste sposare. L ’Ammiraglio (dopo un silenzio) — Coman dante Raytham, non posso credere che voi siate un volgare mentitore e calunniatore. Devo pen sare quindi che si tratti di un grottesco, paz zesco errore. Anche in questo caso, però —- voi ve ne renderete conto — le vostre parole pos sono creare fra noi un abisso incolmabile. Giorgio (dignitoso) — Se così fosse, non me ne consolerei mai. Ma non saprei pentirmi di aver compiuto fino in fondo quello che io re puto mio preciso dovere. L ’Ammiraglio — In nome di Dio, le prove di ciò che affermate! Le prove! Giorgio — Sono là, nello scrigno (accenna alla porta della sua camera). L ’Ammiraglio — Vederle (muove due passi verso la camera). Giorgio ■ —• Eccellenza, io vi scongiuro di evi tarmi questa vergogna e questa angoscia. L ’Ammiraglio — Voi non mi avete rispar miato nè l ’una nè l ’altra (fa ancora un passo). Giorgio (tentando ancora di fermarlo) — Ec cellenza, in tanti anni che ho l ’onore di ser vire al vostro fianco, avete mai avuto un dubbio sulla mia lealtà, sulla mia rettitudine? L ’Ammiraglio — Mai... prima d’ora. Giorgio — Ebbene, in nome di questo pas sato, vi scongiuro di credermi sulla parola. L ’Ammiraglio (con un lampo di speranza negli occhi) —• Ciò vorrebbe dire che queste prove non esistono? Giorgio — Esistono. L ’Ammiraglio — E allora, basta con le chiac chiere. La chiave del forziere. Giorgio (con un ultimo disperato tentativo) — Eccellenza. L ’Ammiraglio — Comandante Raytham, è un ordine che vi dò. La chiave! (Giorgio abbassa il capo, rasseenato, trae la chiave. L ’Ammira glio gliele strappa di mano, va verso la camera del Comandante, apre la porta. Subito caccia CALAR E ARTÙ uìi urlo, scorgendo, steso a terra, un corpo ina Giorgio (con un gesto disperato accenna al nimato) Clara! forziere). Giorgio (sbalordito) — Eh?!... L ’Ammiraglio (ha come un colpo al cuore, L ’Ammiraglio (curvandosi coti angoscia sulla si lascia cadere su una sèdia). donna amata) — E ’ ferita. (A Giorgio) Presto, Giorgio (accorre verso di lui) — Eccellenza. avvertite mia sorella. (Poi, chiamando forte) L ’Ammiraglio (lo respinge più con lo sguar jackie! Jackie! do che con le parole) — Non è nulla (Subito Giorgio (uscendo da sinistra) — Subito. di nuovo in piedi, pronto a lottare) Avvertire L ’Ammiraglio (solleva Clara, la adagia su la Polizia! una| poltrona) — Amica mia, mia povera amica. Giorgio (fa l ’atto di slanciarsi fu o ri: ma (Di nuovo forte) jackie! si ferma) —• Forse, Eccellenza, sarebbe lun Jackie (entra da destra, terminando di rive errore. La Polizia locale non dispone di grandi stirsi) — Eccellenza. mezzi. E poi, se colui che ha preso il Trattato L ’Ammiràglio — Correte dal dottor Bonè fuori di qui, a quest’ora sarà già in salvo con nefon. Sapete dove sta? uno yacht o un aeroplano. Jackie — Sì, Eccellenza. Nella villetta qui a L ’Ammiraglio — Pure qualcosa bisogna fare, due passi. subito. (Di colpo ha una idea: si batte una ma L ’Ammiraglio — Che venga immediatamente no sulla fronte) John Brown! (Jackie si inchina e fa per uscire. UAmmiraglio Giorgio — I l detective privato che vi ha salu lo trattiene col gesto) Intendetemi bene: non tato ieri? dovete fare la commissione ad un servo. Chie L ’Ammiraglio —■Sì, è un mio antico ufficia dete di parlare personalmente col dottore. Se è le. Un uomo di prim ’ordine. E, appunto, de g à a letto, aspetterete che si vesta e lo con vo avere un suo biglietto di visita. {Fruga nel durrete qui. portafogli) Questo. (Corre al telefono, fa il nu Jackie (si inchina èd esce. Entrano da sini mero, sempre consultando il biglietto di visita. stra Giorgio ed Anna). Impaziente) Non risponde... Ah, ecco (A l tele Giorgio — Miss Eleonora viene subito. fono) Siete voi, Brown? Qui, l ’Ammiraglio Anna — Babbo, babbo! Ho sentito Giorgio Morstan. Una fortuna che siate in casa. Ho b i che chiamava la zia. Ero ancora in piedi. Che sogno di vedervi, qui, da me... Sì, gravissimo... succede ? Se volete, posso mandarvi l ’auto... Ab, tanto L ’Ammiraglio (accennando a Clara) — Vedi? meglio. Subito. Grazie. V i aspetto. Eleonora (entra da sinistra, in comico desha Anna (che è comparsa da sinistra, mentre b illé ) —■ Ah, mio Dio, che disgrazia! Che di l ’Ammiraglio sta telefonando, si avvicina a sgrazia! E’ svenuta? (Si agita buffamente, sen Giorgio, interrogandolo con lo sguardo. Egli ha za concludere nulla). un gesto di muta angoscia). L ’Ammiraglio (a Giorgio) — Aiutatemi a L ’Ammiraglio (interrogando Anna) — Ha r i portarla di la nella sua camera (escono tutti per preso i sensi ? un attimo. Subito, Alice compare sull’alto della Anna — Non ancora, babbo. scala al primo piano). L'Ammiraglio — E questo dottore che non A lice (parlando sottovoce verso Vintenió) — arriva! (Due apprensioni, due angoscie cozzano Aspetta (guarda giù sospettosamente. In quel dentro di lui. Ora il pensiero del Trattato pren momento ricompare in scena VAmmiraglio che de il sopravvento) Ritorna di là, Anna: devo rimane sulla soglia e non vede Alice. Subito parlare col Comandante. questa, sempre parlando con qualcuno che si Anna (turbata, corre con lo sguardo dal pa suppone sia nella sua camera, mormora impe dre al fidanzato, ha un gesto di muta im riosa) No, no. (Rientra precipitosamente). plorazione). L ’Ammiraglio (dalla soglia, rivolgendosi ver Giorcio (con voce che si sforza di rendere so Vintenio a sinistra) — Spogliatela. Il medico calma) — Andate, Anna. (La accompagna fino verrà subito, spero. alla porta di sinistra). Giorgio (intanto, dominato da un angoscioso L ’Ammiraglio (a Giorgio) — Appena avre pensiero, è corso verso la sua camera, ha aperto mo veduto John Brown, voi avvertirete dell’ac la porta, si è avvicinato al forziere, ha un grido) caduto, con telegramma cifrato, la nostra Am — Ah! basciata a Parigi ed il .Ministro della Marina. L ’Ammiraglio (si volge di scatto) — Che c’è? Poi... Giorgio — Eccellenza! Lo scrigno... Aperto! Jackie (entra quasi correndo) — I l dottore (Fruga rapidamente) I l Trattato! Bonnefon è di là, in anticamera. L ’Ammiraglio (ha una sorda esclamazione di L ’Ammiraglio — Vengo subito (Esce da de ansia atroce e va rapido verso il forziere). stra, rapido). Giorgio — Sparito! Giorgio (si prende la testa fra le mani, co L ’Ammiraglio (con un grido) — No! me se stesse per scoppiargli. Alza ili capo, ve- IL TRATTATO SCOMPARSO de Jackie che lo osserva, si riprende, va al ta volo, si mette a scrivere). L ’Ammiraglio (rientrando col dottore, attra versa la scena senza fermarsi, da destra a sini stra. Si suppone che' lo abbia messo rapidamen te al corrente dell’accaduto e continua) — ...e finora non è rinvenuta. Quando lei l ’avrà esa minata, ...voglio conoscere la verità vera sulla gravità della ferita. I l dottore — Prometto, Eccellenza. (Entrano a sinistra. Subito dopo l ’Ammira glio rientra in scena, vede Raytham che sta scrivendo. I l dolore e l ’ira gli alterano profon damente il viso). L ’Ammiraglio — Comandante Raytham. Giorgio (si alza in piedi, irrigidendosi sulVattenti). L ’Ammiraglio — I l Trattato era affidato a voi. V i rendete conto della responsabilità che grava sulle vostre spalle? Giorgio — Sì, Eccellenza. L ’Ammiraglio — E’ superfluo dire che voi farete — come farò io stesso — il possibile e l ’impossibile per rintracciarlo. Se non ci riu scite, sapete che cosa vi attende. Giorgio (fa cenno di sì col capo, senza par lare). L ’Ammiraglio — I l Consiglio di Guerra. (Poi con un gesto di disperata angoscia) Quanto a me... tutta la mia vita è distrutta. Giorgio (con commozione profonda) — Cre dete, Eccellenza, che io... L ’Ammiraglio (interrompendolo con violen za) — Che cosa devo credere? Questo: che, in vece di vegliare gelosamente sul documento af fidato al vostro onore di soldato, voi passavate il vostro tempo ,a raccogliere — non so dove: nel fango, certamente — delle basse calunnie contro una gentildonna. Giorgio — Ammiraglio, io non ho calunniato nessuno. E la presenza di quella... della Contes sa De Roussel nella mia camera, proprio quan do si scopre il furto, mi fa sospettare che... L ’Ammiraglio — Ebbene? Avanti! Lanciate una nuova accusa contro una donna che non può nemmeno difendersi ! Con maggior ragio ne io potrei sospettare di voi. Giorgio — Eccellenza, non avete il diritto... L ’Ammiraglio — Io ho tu tti i d iritti: anche quello di farvi saltare le cervella. Giorgio — Fatelo. Ma non dubitate del mio onore di soldato. (Nel cupo silenzio che segue all’ultima bat tuta si ode, dall’interno a destra, la... Voce di John Brown — Annunciatemi subito a Sua Eccellenza. Voce di Jackie — Ma, a quest’ora... Brown — Fate quello che vi dico. Jackie (entra e, coll’aria di scusarsi) — C’è un certo signor Biron... Brown (comparendo sulla soglia) — Brown ho detto. John Brown (Poi, inchinandosi pròfondamente a ll’Ammiraglio) Eccomi, Eccellen za. L ’Ammiraglio (va verso di lu i con le mani tese) — Mio caro Brown, vi ringrazio di essere venuto così sollecitamente. Brown •— Mio dovere, Eccellenza. L ’Ammiraglio (accennando a Giorgio) — Voi vi conoscete. Brown — Certamente, ho avuto questo onore poche sere fa. (Salutando) Comandante. Giorgio (freddo) — Signore. L ’Ammiraglio (grave) — Mio caro Brown, salto le parole in utili, e vengo al fatto, che è spaventoso. I l Comandante Raytham conserva va nella sua camera, chiusa in uno scrigno, un documento politico militare di grande impor tanza. Ieri sera alle nove il documento era al suo posto. A mezzanotte non c’era più. Ma non basta... Brown — Scusate, Eccellenza, vorrei vedere subito la camera del Comandante. L ’Ammiraglio — Eccola (Lo conduce verso i l fondo). (Entrano nella camera di Giorgio, ma subito si ode la... Voce di John Brown — Un uomo, là! Nel giardino (Rientra subito, seguito dall’Ammira glio) Si è issato sul muro, è scomparso dall’al tra parte (A Giorgio) Lo conoscete? Giorgio — No. Non so. L ’ho appena intra veduto. Brown — E’ agile come uno scoiattolo. (G ri dando) Presto! Presto! (Si precipita fuori, seguito dall’Ammiraglio e da Giorgio. Contemporaneamente al primo piano compare Alice, si guarda intorno, scen de le scale, in preda a visibile agitazione. Va rapidamente verso la vetrata, ma in quel mo mento compare da destra Jackie). A lice (quasi scusandosi) — Ho udito delle grida. Jackie — Un uomo è fuggito di là (Accenna al giardino). A lice — Un uomo? Jackie — Uno sconosciuto. (Rientrano Brown, il Comandante e l ’Am miraglio). Brown — Era nrevedibile : prima che noi fa cessimo il giro del giardino, l ’individuo ha avuto tutto il tempo di (prendere il largo. L ’Ammiraglio (bruscamente) — Che fate voi qui ? A lice — Eccellenza... Brown — La signorina è...? L ’Ammiraglio — Miss Alice Baskerville, l ’i stitutrice di mia figlia Anna. Brown — La signorina soffre d’insonnia? A lice — Perchè? CAI,Afi E ARTÙ Beown — Ancora alzata a quest’ora! Alice (ironica, e un po’ risentita) Se mai, mi pare che siamo in parecchi, qui, a soffrire dello stesso male. L ’Ammiraglio (burbero) — Vi prego di r i spondere schiettamente a tutte le domande che vi rivolgerà il signor... (presentando) i l signor John Brown. Brown — Un momento, Eccellenza. Mi sem bra essenziale cercar di stabilire subito chi sia e donde sia cascato il misterioso scoiattolo. Dal cielo, non credo. L ’Ammiràglio — Non dovrebbe essere diffi cile. Avrà pur lasciato delle orme. (A l servo) Jackie, correte a vedere. Brown — Permettete, Ammiraglio. Preferi sco vedere io stesso. L ’Ammiraglio — V i accompagno. Intanto fi nirò di mettervi ial corrente dell’accaduto. (UAmmiraglio esce dalla porta vetrata, se guito da John Brown). A lice (a Giorgio) — Che succede, qui, Co mandante? Giorgio (guardandola fìsso) — Stavo per dojnandarlo a voi (Dopo un silenzio, a Jackie). I l dottor Bonnefon? Jackie — E’ sempre di là, con la signora Contessa... Oh, eccolo appunto. I l Dottore (entra da sinistra, accompagnato da Anna) — Non c’è l ’Ammiraglio? Giorgio — Viene subito. Come sta la si gnora? Iq Medico — Fortunatamente la ferita è leg gera. Si tratta, più che altro, di un choc ner voso. Giorgio — E’ rinvenuta? I l Medico — Sì. Giorgio — Potremo dunque sapere... I l Medico (secco) — Adesso è necessaria so pratutto una cosa: lasciarla in pace. Giorgio — Ma... (Dalla porta vetrata rientrano VAmmiraglio e Broivn. I l primo, che sta parlando animatamente, non vede subito i l medico). L ’Ammiraglio (finendo i l racconto) — ...Ed ecco tutto. Ora, caro Brown, Voi ne sapete quanto me. Cioè, ben poco. E capite la gravità desìi avvenimenti. Brown — Comprendo, Eccellenza. L ’Ammiraglio (a Giorgio) — I telegrammi all’Ambasciata. Giorgio — Subito (esce). L ’Ammiraglio (volgendosi, vede Bonnefon) •— Ah, il dottore. (Corre verso di lui) Ebbene? I l Medico — Eccellenza, sono lieto di poterla rassicurare. (Continua a parlare a bassa voce mentre Broivn guarda tutt’ìntorno con occhi esperti, indagatori, esamina tende, tavoli, tap peti). Anna — Che tragica notte, Giorgio. Giorgio (passandosi una mano sulla fronte) Terribile. Brown (continuando nel suo esame, giunge presso di loro e si ferma dinanzi ad Anna) — Miss Morstan, senza dubbio. (A Giorgio) Vo lete avere la cortesia di presentarmi? Giorgio — Ah, certamente. I l signor John Brown. Brown (si inchina profondamente). Giorgio (continuando la presentazione, non senza una lieve punta d’ironia) — I l signore è un famoso detective. Brown — Famoso? Per carità! Diligente, ec co, nulla più che diligente. Anna — Signore. L ’Ammiraglio (al dottore) — Cosicché non posso avere con la Contessa nemmeno un breve colloquio? I l Dottore — Per il momento, lo sconsiglio assolutamente. Nello stato di depressione in cui si trova, bisogna evitarle qualunque emo zione, qualunque fatica. L ’Ammiraglio — Sta bene. Ma Lei è sicuro che domattina... I l Dottore — Per quel tanto, o quel poco, che si può essere sicuri in materia medica. Insomma, secondo ogni ¡probabilità, domattina la crisi sarà passata. Del resto, alle otto io sarò di nuovo qui. L ’Ammiràglio — Grazie, dottore. Mi racco mando. (Lo accompagna). I l Dottore (rivolgendosi agli altri, coti un in chino) — Signori... Anna — A domattina, dottore. ( Il dottore Bonnefon esce, accompagnato dal l ’Ammiraglio, che ritorna subito. Rientra anche Giorgio). Brown (ad Anna) — Vostra zia è sempre presso la Contessa? Anna — Sì, signore. Brown — Sono desolato di disturbarla; ma credo urgente rivolgerle subito una piccola do manda. Se voleste essere così buona... Anna — La chiamo subito. Posso rimanere io presso l ’ammalata? Brown — Per ora sì, signorina. Grazie (Anna via). L ’Ammiraglio — Che intendete fare? Brown — Eccellenza, per il momento mi pre me sopratutto di vedere chiaro in quest’affare dello sconosciuto. Eleonora (entrando, comicamente nervosa) — Eccomi! Dov’è questo bel tipo che ha la pretesa di sottopormi ad un interrogatorio? L ’Ammiraglio (imperativo) — Eleonora, ti prego... Eleonora (squadrando Brown) — Ah, sa reste voi? Avanti! Che volete sapere? Spiccia tevi. Tutti, questa notte, hanno congiurato contro la mia povera testa. IL TRATTATO SCOMPARSO L ’Ammiraglio (a Eleonora) — I l signor John Brown (Brown si inchina) è stato chiamato qui da me per vedere se sia possibile rintracciare un documento misteriosamente scomparso. Io gli dò pieni poteri. Egli è autorizzato a esten dere la sua inchiesta su tutti — mi intendete bene, Brown? — su tutti, a cominciare da me. Mia sorella, miss Eleonora Morstan (ella fa un rapido cenno del capo) è pronta, come.tutti noi, a rispondere a qualsiasi domanda voi cre diate opportuno rivolgerle. Eleonora (con enfasi) — Ma si! Presto! Vo lete anche sottopormi alla tortura? Prontissi ma ! Avanti ! Brown (col suo solito accento leggermente ironico, pince-sans rire) — Non credo che sarà necessario giungere a tale estremo. Tuttavia, prendo atto delle vostre buone disposizioni (Eleonora fa spalluccie. Brown ora parla con al tro accento, ma sempre calmissimo e cortesis simo) Signorina Morstan, un quarto d’ora fa un uomo, che nessuno conosce, o almeno che tutti pretendono di non conoscere, è saltato in giar dino da una finestra di questa casta, si è issato rapidissimo sul muretto di cinta, ed è dileguato prima che noi avessimo tempo di raggiungerlo. Eleonora (ironica) — Naturalmente. I l poli ziotto classico arriva sempre un minuto troppo tardi. Brown (paziente) — Non sempre, ma qualche volta, sì, purtroppo. Tuttavia se è un detective, o, come dite voi, un poliziotto che si rispetti, cerca, dopo, di rifarsi... Voi, signorina Morstan, non avete udito del trambusto, qui? Eleonora — Assolutamente nulla. L ’Ammiraglio — Brown, tanto lei quanto mia figlia non potevano sentire. La camera del la Contessa De Roussel, in cui si trovavano, è dall’altro lato e guarda su un’altra strada. Brown —- Bene. (Sempre parlando a Eleono ra) Ci è bastato dare un’occhiata in giardino per identificare il punto esatto in cui il misterioso individuo è piombato come un bolide: le orme vi sono più profonde. Eleonora — Guarda, guarda, ci vedete an che di notte, voi? come i gatti? Brown — La cosa non vi sembrerà forse tanto sorprendente, signorina Morstan, se vorrete de gnarvi di considerare che c’ èun magnifico chia. ro di luna. (Guardando Alice) Oh, una luna ro mantica che sembra fatta apposta per una bella avventura alla Giulietta e Romeo. Eleonora (aggressiva) — Sarebbe a dire? Non vorrete credere, spero, che io... Brown (con una rapida ma, espressiva occhia ta alle grazie ultradefunte di miss Eleonora) — Voi? Non mi permetterei mai di pensare una simile assurdità. Eleonora (fra se) — Assurdità? Insolente! Brown — Sta di fatto, tuttavia, che le proba- bilità sono ridotte al minimo. Esattamente a due: le due finestre corrispondenti alle orme appartengono rispettivamente, una alla camera di Miss Eleonora Morstan... Eleonora — Insomma, che cosa osate insi nuare, voi? Brown — Non enuncio ipotesi. Espongo dei fatti. Riferisco ciò che mi è stato detto da Sua Eccellenza. L ’Ammiraglio — Certamente. Brown (a Eleonora) — Dunque, una alla vo stra camera: quella al piano rialzato; e l ’altra, quella del primo piano, alla camera di Miss Alice Baskerville. Giorgio — Conclusione? Brown — Conclusione: un secondo prima di balzare brillantemente in giardino, l ’ignoto acrobata era ospite, non so se e quanto gradito, di una delle due suddette signore. Del resto, è una cosa che potremo forse chiarire con un sopraluogo nelle due camere. (A ll’Ammiraglio) Se sua Eccellenza vuole avere la cortesia di ac compagnarmi... Alice (sbarrandogli la strada) — E’ inutile, Eccellenza. Quell’uomo... colui che chiamate lo sconosciuto... (Esita). Brown — Ebbene? Alice — Ebbene... usciva dalla mia camera. Eleonora — Dalla vostra camera, miss Ba skerville? A quest’ora? Brown — Voi sareste dunque Giulietta. E il vostro Romeo sa cavarsi benissimo d’impaccio, anche senza la scala di seta, eh? Vorreste dar ci qualche notizia intorno a codesto... f i danzato. A lice — L ’uomo che stava in camera mia non è il mio fidanzato. Brown (ironico) — Non ne dubito. Alice (sdegnosa) — E non è nemmeno il mio amante ! L ’Ammiraglio — Chi è dunque? A lice — E’ ... Sua Eccellenza mi perdoni, non posso rispondere. Eleomora (con buffa indignazione) — Un uo mo... di notte, nella camera di una fanciulla... Oh, che scandalo! (In questo momento il corn ino di un aeroplano, che già si sentiva da qual che istante, si fa potentissimo. Ed evidentemen te l ’aereo passa proprio sopra la villa). Brown (guarda dalla vetrata) — Deve essere bassissimo. A non piti di cinquanta metri... Ma non si vede nulla. L ’Ammiraglio — Sono due giorni che si d i verte a volare sulla nostra testa. Brown — Lo avete notato anche di giorno? L ’Ammiraglio — Sì, parecchie volte. E’ un aeroplano da turismo. Anna (rientra). L ’Ammiraglio (correndole incontro) — Eb bene, come sta Clara? GALAR E ARTÙ Anna — Riposa, ho creduto bene lasciarla sola. Brown (riprendendo l ’interrogatorio) — Si gnorina Baskerville, vediamo. Volete avere la compiacenza di dirci che cosa fosse venuto a far qui questo misterioso signor X? (Alice ab bassa il capo e tace) Dobbiamo proprio dare la spiegazione più semplice? Una signorina... ab bastanza graziosa. Un giovanotto... un po’ in traprendente. Eh? Alice — Ho già detto di no. Posso giurarlo. Giorgio (accennando al forziere) — E allora è evidente che il furto... A lice — Come? Cosa credete? Ma voi siete pazzo! Mio... quell’uomo non ha nulla a che fare con la sparizione del Trattato. Brown (ironico) — E anche questo, si capisce, siete pronta a giurarlo. A lice — Prontissima. Quell’uomo non è ve nuto qui per fare del male. Giorgio — Allora spiegateci perchè prefe risce saltare dalla finestra anziché passare per la porta, come fanno generalmente i galantuo mini. Brown (c. s.) — Evidentemente si tratta di un ginnasta che vuole tenersi in esercizio. Anna — Scusate, signor Brown, se m i per metto di interloquire. Ma io non credo assolu tamente che Miss Alice possa aver commesso un’azione delittuosa. A lice — Grazie, Miss Morstian. Giorgio — Voi siete troppo buona, Amia, e giudicate gli altri alla vostra stregua. Fatto sta che, rientrando qui, noi abbiamo trovato il for. ziere aperto... L ’Ammiraglio — ... la contessa svenuta... Giorgio — ... e il Trattato sparito... Brown — E, pochi minuti dopo, il signor X si allontanava furtivamente dalla camera di Miss Baskerville. A lice — I l signor X, come lo chiamate voi, era venuto qui esclusivamente per me, perchè dovevo parlargli di un caso di estrema gravità. L ’Ammiràglio — Quale? A lice — Non parlerò. Non posso parlare. Anna — ...Miss Alice, vediamo, pensate che sono in gioco la felicità e l ’onore di tutti noi. Alice (sembra voglia variare e tutti le sono intorno ansiosi, ma poi ella si copre il volto con le mani) — Non posso. Eleonora — Anff, questa ragazza mi farà venire l ’itterizia! Brown (passeggia concitatamente per la ca mera, poi) — Eccellenza, volete avere la com piacenza di chiamare il domestico? L ’Ammiraglio — Jackie? Subito. (Suona). Brown (mentre tutti tacciono e lo guardano, seguita a passeggiare nella camera, osservando tutto, muovendo dei lib ri dallo scaffale. Si cur va prèsso il camino, ne prende un pizzico di cenere, la esamina con una lente : si risolleva e si trova a ll’estremità destra della scena, quan do entra Jackie) Oh, bravo! Vorrei rivolgervi una domanda. Non avete notato nulla di anor male nel contegno della signorina Baskerville in questi giorni? Nulla di strano, o almeno di curioso ? Jackie — Ma... Non saprei. Ah si, stasera, subito dopo che Sua Eccellenza fu uscito... Brown (a ll’Ammiraglio) — A che ora pre cisamente? L ’Ammiraglio — Alle nove. Brown (a Jackie) — Ebbene? Jackie — Ebbene, la signorina scese giù e si mise a telefonare a bassa voce, come se te messe di essere ascoltata. Brown — E ’ vero, miss Baskerville? A chi te lefonavate ? Alice (dopo un’esitazione) — ...Alla stessa persona che poi venne qui. Brown (ironico) — Ecco, adesso siamo perfet tamente al corrente di tutto. Cioè, in sostan za, non sappiamo nulla. L ’Ammiraglio (a Jackie) — Andate pure. Jackie (fa l ’atto di andarsene, poi, dopo due passi, si. ferma e si volta come se volesse par lare). L ’Ammiragliq (che se ne avvede) — Che c’è, Jackie? Jackie — Volevo dire... Ma certo è una cosa senza importanza. L ’Ammiraglio — Non sta ,a voi giudicare ciò che sia importante o no. Dovete dire tutto quel lo che sapete. Inteso? Jackie — Appunto. Oggi la signorina Ba skerville ebbe anche un colloquio, un po’ vio lento, col signor Carlo. L ’Ammiraglio — Con mio figlio? Jackie — Sì, Eccellenza. Brown — Potrei parlare subito col signor Car lo Morstan? Jackie — Non è ancora tornato. Anna — Non c’è da meravigliarsene. Rien tra sempre assai tardi. Eleonora — A vent’anni, si sa... Brown — Certo, certo. Giorgio — Sarà al Casino. Se credete, posso farci due salti io, e ricondurlo noi. Brown (prontissimo) — No! Voi non muove tevi. (Poi, per attenuare, visto che Giorgio ag grotta le sopracciglia, soggiunge scherzoso) Chi sia: può essere in un momento di venal; sareb be un delitto interromperlo. (In questo momento egli è di nuovo presso lo scaffale, ed esamina i lib ri, prendendoli in ma. no uno dopo l ’altro) Vedo che qui c’è una pic cola biblioteca specializzata: «Marmale del perfetto giocatore » « I tre sistemi del Dott. Radius » (Di colpo ha un esclamazione sorda) Ah! IL TRATTATO SCOMPARSO Eleonora (ha un sussulto). L ’Ammiraglio — Che c’è? Brown — Oh, nulla (A Jackie che è rimasto in attesa di ordini) Sta bene, Jackie, andate pure. (Brown trae, di dietro ai lib ri, un involto, e, mentre continua con ostentata indifferenza a parlare dei libri, lo esamina: gli altri ne se guono ansiosi le mosse) Tutti così, questi gio catori. Contano sempre solamente sulla fortu na, ma sembra quasi che se ne vergognino; e allora vogliono darsi l ’aria di scienziati, culto ri del calcolo trascendentale. (Ora ha finito di liberare il pacco da un paio di giornali che, lo avvolgono e tiene in mano una grossa. busta. Subito i l suo volto assume un aspetto di delu sione. Tuttavia chiede all’Ammiraglio il per messo di aprirlo) Posso? L ’Ammiraglio •— Naturalmente. Eleonora (che finora ha seguito con ansia crescente le mosse del detective, fa per slanciar si verso di lui) — Lasciate stare quelle carte! L ’Ammiraglio (la ferma prendendola per il braccio} — Ti ho detto che ho dato a John Brown pieni poteri. (Eleonora rimane così bloc cata, continuando ad agitarsi ed a strillare per chè noti si violi, il suo segreto). Brown — E’ fatale: il nascondiglio prefe rito delle signore per la loro corrispondenza segreta è sempre uno scaffale. (Ride mentre apre la busta). Eleonora (gridando) — Non .avete il d irit to... Quello che fate è ignobile! Ammiraglio — Brown, ditemi subito che cosa sono quelle carte. Mia sorella in questo momento tiene un contegno assolutamente scorretto. Giorgio — I l Trattato? Brown — Non credo. Eleonora (a Giorgio) — Voi osate sospettare di me ? Giorgio (ha un’alzata di spalle). Brown (che ha finito di guardare, dice al l ’Ammiraglio) — Liberate la prigioniera... Miss Eleonora, ecco le vostre carte. Eleonora (si avvicina, e, guardando con sde gno il detective, gli strappa dalle mani il p li co; poi, come se volesse cavargli gli occhi) — Ah, voi... voi! Uff! (Cerca una parola offensi va) Sherlok Holmes da strapazzo! Brown (ironico) — Si fa quel che si può. Eleonora (ha ancora un comico gesto di mi naccia ed esce seguita da Anna). Ammiraglio (trascinando in disparte il de tective) — Che c’era dunque in quel plico? Brown — Nulla di importante, Eccellenza, purtroppo! Ammiraglio — Ma infine? Brown (sottovoce) — Che volete, siamo a pochi chilometri di distanza dalla clinica di quel tale famosissimo professore russo. Le scimmie, mi intendete...? I l legittimo desiderio di ringiovanire... Spiegabili debolezze fem m inili. Ammiraglio (mormorando fra se, con iro nico compatimento) — Vecchia pazza! Brown (come per ritornare in carreggiata, con un violento colpo di sterzo) — E adesso, Eccellenza, io giudico necessario non ritardare nemmeno di un minuto l ’interrogatorio della Contessa de Roussel. Ammiraglio — Ma... il medico... Brown — Capisco. Però di fronte alla gra vità del caso... Clara (compare da sinistra in una veste da camera bianca. E ’ pallidissima, si tiene in pie di a fatica, ma la sorregge una formidabile energia) — I l signore ha ragione. Ammiraglio (nonostante tutto, un naturale impulso lo spinge verso la donila che ama) — Amica mia. Clara (con un triste sorriso) — Temo che fra pochi m inuti non mi chiamerete più con questo nome così dolce. Ammiraglio (cavalleresco) — Perchè mai, Contessa? Clara — ... E non mi chiamerete nemmeno più Contessa, quando vi avrò spiegato... Ammiraglio — Un momento (a Brown) E’ necessaria la presenza di Miss Baskerville? A lice — Stavo appunto per chiedervi il per messo di ritirarm i. Brown — Accordato. A lice (si avvia verso il fondo e incomincia a salire la scala che porta alla sua camera, al primo piano). Brown — Non di là, signorina. Scusate, ma noi desideriamo avervi più vicina. (AH’Ammi raglio) Non c’è una camera disponibile qui? Ammiraglio — Sì, il salotto turco (accenna alla seconda porta di sinistra). Brown — Ottimamente. Vada per il salotto turco (vanno tutti tre verso sinisra) E la si gnorina vorrà avere la compiacenza di lasciarsi chiudere a chiave. A lice (con un gesto di sdegno) ■ — Signore. Brown (con ironia bonaria) — Perdonate, Miss, bisogna essere un po’ indulgenti con queNEI PROSSIMI NUMERI IL L E I, T A P P E T O V E R D E di ALESSANDRO VARALO© E IL SU O R IT R A T T O d i G IG I M IC H E !, OTTI CALAR E ARTÙ sti detectives. Hanno tutti le loro piccole manie. A lice (lo 'guarda fisso in volto, poi) —• Come volete. {Entra, John Broun chiude a chiave e si mette la chiave in tasca). Ammiraglio (a Clara) — Contessa, il dottor Bonnefon ci aveva raccomandato di lasciarvi in ¡assoluto riposo. Clara — Non occorre. E, del resto, non po trei. Dieci minuti fa, ritornata in me, mi son trovata sola e mi sono alzata per venire qua, parlare con qualcuno, cercar di spiegare ,a me stessa ciò che mi è accaduto. Involontariamen te, ho udito quel che si diceva qui. I l Trattato è stato rubato, vero? (gesto di dolore dell’Am miraglio} Ebbene, voglio difendermi subito contro E atmosfera di diffidenza che si sta creando intorno a me a tale riguardo. Vero, Comandante Raytham? (Gesto secco di Raytham). Ma, per essere creduta nella mia difesa, devo prima essere leale nella confessione. Ammiraglio {con ansia) — Confessione? Clara {dopo un silenzio) — Sì. Su me, sulla mia vita, su tutto il mio passato. Giorgio — Permettete allora che io mi ritiri. Clara (ironica) — Perchè? I l inerito di que sta chiarificazione non è tutto vostro? Voi ave te voluto essere insieme testimonio e giudice. Ebbene, il... processo continua. Giorgio — Una cosa sola ora mi interessa : il Trattato. Ammiraglio {imperativo, a Giorgio) — Re state. E anche voi, Brown. {Anche in questo frangente non può derogare dalla sua corret tezza di gentiluomo e presenta Brown a Clara) I l signor John Brown è qui per aiutarci nelle ricerche. (A Brown) E ci potrà forse giovare ciò che la Contessa Clara de Roussel sta per dirci. Clara — Eccellenza, da questo momento voi potete chiamarmi semplicemente Madame War rant. Brown {colpito dal nome) Madame...? Giorgio — Warrant (burocratico) Doppia W iniziale. Ammiraglio — Ma, allora, ciò che mi è stato detto di voi... Clara {abbassa il capo) — Tutto esatto. L ’Ammiraglio —■Voi, un’avventuriera? Voi! Clara — Sì {un silenzio) Potrei cercarmi qualche attenuante : per esempio il bisogno, e soprattutto l ’inesperienza della gioventù, quan do caddi vittima di quel... disgraziato che mi eàniàva... a modo suo, si intende. Avidità di Lfùiso e di piaceri. Bisogno di denaro, denaro, Menare. I debiti, il gioco, poi, giù... più giù... L ’Ammiraglio {con un gesto di dolore) — Oh! Brown {battendosi una mano sulla fronte) — Ci sono! Warrant, quello dell’affare Gould? Clara {annuisce col capo). Brown — Caspita! Un mariuolo di un’astu zia infernale. Clara — Fui prima la sua vittima, poi la sua complice. Giorgio — E anche ora, qui, probabilmente siete stata la sua complice! Clara {guardandolo bene in viso) — Warrant è morto due anni fa! L ’Ammiraglio — Ma come avete potuto men tire così con me... con me... che... Clara — ... che mi amavate. La parola vi brucia? Eppure è per questo che ho mentito: perchè mi amavate. Brown {bonario) — Logica femminile. Clara — Appunto {Qui per un attimo si deve sentire un altro tono. Nelle rapide parole di Clara si delinca la psicologia della creatura « caduta », ma non totalmente perversa; affiora il tragico e il grottesco del gioco dei destini) Da principio, lo confesso, da parte mia non vi fu che il desiderio di una sistemazione ono revole {Con uno scatto di ribellione) Forse che non è la stessa cosa per molte signore e signo rine la cui rettitudine nessuno osa mettere in discussione? I l gran matrimonio che mette a posto per tutta la vita. Ma, per me, la « po sta » era ben più forte. C’era tutto un passato da riscattare. Bisognava che io fossi, non quale ero in realtà, pia quale dovevo apparire perchè voi poteste continuare ad amarmi. L ’ammiraglio — Commediante! Clara — Commediante, sì; ma forse che si può sapere con esattezza dove finisce la sin cerità e dove comincia lia simulazione? Di giorno in giorno, quanto più imparavo a conosqervi, ¡ad ammirare ili vostro ingegno e il vostro cuore... L ’Ammiraglio (sdegnoso) — Oh, frasi! Clara — No, amico mio — lasciate che per 1 ultima volta vi chiami così — non sono frasi. Uno degli errori più gravi — forse errore ne cessario, ma di tragiche conseguenze — è quello di voler dividere tutti gli esseri umani in due grandi categorie, separate da un inva licabile abisso: di qua i puri, di là i reprobi. Come se la realtà consentisse tali distinzioni assolute! La vita è tutta fatta di relativi. In tutti — o in quasi tu tti — c’è la bestia e c’è l ’angelo, un amalgama di fango e di gigli. Brown — Tutto dipende dalle dosi... Clara —■ Sì, in me quasi tutto era fango. E tuttavia, in fondo al mio cuore, c’era —da sempre! — l ’oscura aspirazione a dedicarmi ad un essere degno, a donarmi con purezza, senza, calcolo, a costruirne giorno per giorno la felicità. {AIEAmmiraglio) Questo volevo fare per voi; e forse così avrei potuto cancellare un passato obbrobrioso. L ’Ammiraclio — E per ciò continuavate a tessere una mostruosa rete dì inganni. IL TRATTATO SCOMPARSO Clara —- E’ appunto ciò che volevo dire. Man mano che si ingagliardiva in me un sen timento sincero verso di voi, provavo, per mi lato, il crescente disgusto della mia menzo gna, e, per l ’altro, il sempre più ansioso de siderio di non perdervi... e quindi di continuare a mentire. L ’Ammiraglio —1Di farvi gioco di me. Clara (senza rilevare Vinterruzione) — Ah, non c’è donna perduta che resista a questo di sperato desiderio : di riabilitarsi a fianco di un uomo degno di amore. (Un silenzio) Ecco, ora sapete. Ora vi ho detto tutto. Giorgio — Proprio tutto, Madame Warrent? Non mi pare. V i siete semplicemente dimenti cata di parlarci del furto del Trattato. Clara (sollevando il capo, con una fiamma nello sguardo) — Non so nulla di questo, lo giuro. Voi dimenticate, comandante Rayth.un, che siamo compatrioti. Giorgio — Ebbene? Clara — Ebbene, io sono... quella che sono: ho ingannato, saccheggiato, taglieggiato: ma non ho mai tradito il mio Paese. Anche una donna come me può sentire l ’amore di Patria. Giorgio (con sarcasmo) — Voi? Clara — Io. Anche l ’essere più abietto ama sua madre! (Un silenzio). : Brown — Signora, scusate se un povero detective, per definizione materialista e buro cratico, s’interessa più ai fatti che alle parole. La Contessa... volevo dire Madame Warrent ci ha raccontato delle cose indubbiamente impor tanti; ma non ha ancora avuto la compiacenza di spiegarci come mai Sua Eccellenza l ’abbia trovata ferita e svenuta nella camera del Co mandante, a due piassi dal forziere donde fu sottratto il Trattato. Clara (dopo un attimo di raccoglimento) •— I l Comandante Raytham mi aveva imposto di scomparire, minacciandomi, se non obbedivo, di consegnare ¡all’Ammiraglio Morstan certe let tere che documentano... quello che ho, or ora, confessato di me. Quando stavo per realizzare il mio sogno, ecco che i! mio maledetto passato veniva a vietarmelo brutalmente, assumendo il volto imperioso e beffardo del signore (accett ila a Raytham). Non volli subire l ’imposizione. Decisi di lottare con tutte le forze per conser vare il mio unico bene. Da uno sguardo e un gesto del Comandante avevo intuito che le let tere dovevano essere là. (Accenna alla camera di Giorgio) Dovevo impadronirmene ad ogni costo: e bisognava agire subito, perchè Vulti matum di Raytham era perentorio. L ’occasione si presentava favorevole, perchè tanto l ’Ammi raglio quanto il Comandante erano assenti. Poco prima di mezzanotte, mi alzai dal letto su cui mi ero buttata vestita, entrai là (accenna alla camera di Giorgio) andai allo scrigno, riuscii ad aprirlo. Ma avevo appena afferrato a caso una busta di pelle, quando un’altra persona entrò qui... Jackie (compare dalla porta di destra) — Un telegramma per Vostra Eccellenza. L ’Ammiraglio (apre e legge, poi a Giorgio) — L ’Addetto Navale presso l ’Ambasciata di Parigi annuncia d ’aver ricevuto il dispaccio; egli è ripartito all’istante per Montecarlo. Brown (a Jackie) — I l signor Carlo Mor stan? Jackie — Non è ancora rientrato (via). Brown (a Clara) — Dicevate dunque che un’altra persona è entrata qui. Chi era? Clara — Non lo so. Qui era tutto buio. Ebbi appena il tempo di voltarmi, mi sentii affer rata da due mani di ferro. Poi l ’ignoto... Brown — « Ignoto »? Dunque un uomo. Clara — Non potrei affermarlo con certezza. Mia... si... mi pare. La sua vigoria...- Sì, non poteva essere che un uomo. L ’Ammiraglio —- Ebbene? Proseguite! Clara — Cercò di strapparmi le carte che avevo prese. Mi divincolai e tentai dii fuggire j>er di qua (accenna alla camera in cui si tro vano). Ma l ’ignoto mi fu subito nuovamente addosso e mi colpì, in silenzio, qui. (Accenna all’estremità superiore del torace, a sinistra, proprio sul lìmite del collo). Un colpo non for tissimo, ma... magistrale. Provai un dolore ter ribile. Caddi. E nella caduta ebbi l ’impressione di urtare violentemente, non so, contro il mu lo, o una porta. Poi... (Attimo di esitazione) poi svenni e non ricordo più nulla, fino al momento in cui mi sono ritrovata nel mio letto, di là. L ’Ammiraglio — Ma la busta che avevate presa? Clara (dopo un’esitazione) — L ’ho bultata là, nel fuoco (Accenna al camino). Brown — Prima o dopo di cadere a terra? Clara — Prima...'credo. Appena m i accorsi che lo sconosciuto tentava di strapparmela. Brown — Avete detto nel camino? Siete ben sicura, Madame Warrent, di non commettere una... inesattezza? Clara (dopo un’esitazione) — Sicura. Brown (scrolla il capo) — Credo di poterlo escludere. Giorgio — Naturalmente. C’era da aspettar selo! \ L ’Ammiraglio — Che pensate, voi, Brown? Brown — Una delle due. 0 lo sconosciuto,dopo lo svenimento della signora, ha t<^fto le carte dal fuoco ed è fuggito, oppure... L ’Ammiraglio — Oppure? Brown — Oppure il Comandante ha ragio ne, cioè la signora non ci ha detto tutta la ve rità. CALAR E ARTÙ Giorgio — Ma è evidente! E non occorre (ironico) un famoso detective per comprendere che Madame Warrent ci sta raccontando un sacco di frottole, col preciso scopo di sviare le nostre indagini e dar tempo al suo complice di fuggire. Per me, la cosa è chiarissima. Ma dame Warrent ha fatto entrare qui il suo com plice: insieme hanno aperto il forziere e preso il Trattato. Proprio in quel momento essi sen tono rumore e arrivo io, il guastafeste. Allora Madama simula uno svenimento per accapar rare la mia attenzione e dar tempo all’altro di svignarsela, saltando, come fece, dalla finestra. E’ così, Madama Warrent?! Clara —• Giuro che non so nulla del Trattato (di colpo si lascia cadere su una sedia'). Brown (accorrendo) — Signora. Clara — Non è nulla. Ma sono affranta. (A ll’Ammiraglio) Posso ritornare in camera mia? L ’Ammiraglio — Certamente... cioè credo. (Interroga con lo sguardo Brown). Brown (fa cenno di sì, col capo, senza par lare). 'Clara (va fin sulla soglia di sinistra, si volta, mormora) Eccellenza... (L ’Ammiraglio volge il capo dall’altra parte. Ella ha un sorriso amaro, esce). L ’Ammiraglio — Ebbene, Brown? Brown — Ebbene, la spiegazione data dal Comandante mi persuade poco. Quanto a me, sono propenso a credere che la signora ci abbia detto, almeno in parte, la verità, che voi siete troppo ottimista. quandi ^ M B dirette da Pitigrilli Il n. 220 del 15 agosto contiene novelle e arti coli di : R a ffa e le C a lz in i A l b e r lo Donaudy Ita lo S u llio t ti P a u l G é r a ld y J. Maxime - Davide D in o F a l c o n i Francis d’Àutheville H a ro ld B u tc h e r Leonardo Merrich De Vere Stacpoole R obert Dieudonné C o l e t t e Giorgio — Ed io sono propenso a credere Brown — Un prudente ottimismo costitui sce, molte volte, il segreto, l ’arma del successo. (Dopo un attimo, quasi fra se) Comunque, convengo che dal successo, per ora, siamo ben lontani. (Passeggia su e giù, nervoso). L ’Ammiraglio (chiamando) — Jackie! (A Brown) Fa freddo qui. (A Jackie che è entrato) I l fuoco, prego. (Jackie si mette ad attizzare il fuoco). Brown (che continua a passeggiare, chiede a Jackie) I l signor Carlo Morstan è sempre fuori? Jackie — Sì, signore. Brown — Confesso che sono ansioso di parla re con lui. L ’Ammiraglio — Con mio figlio? Ma non nenserete che... ? Brown — Non penso niente, Eccellenza. Tut tavia... Non avete notato nulla di anormale in lui, in questi giorni? L ’Ammiraglio — Nulla!... Cioè, aspettate. Sì, era un po’ nervoso, taciturno, inquieto. Brown — Ah! L ’Ammiraglio (guardando l ’orologio) — E poi m i pare che,, a quest’ora, dovrebbe essere rientrato. (Rivolgendosi a Jackie, che ha indu giato a rattizzare il fuoco) Jackie, non vi ha det to nulla il signor Carlo prima di uscire? Nulla che possa spiegare la sua assenza tanto prolun gata? Jackie — Nossignore. Brown — Non ha ricevuto, in questi giorni, delle visite... come dire... interessanti? Jackie — Non saprei... Ah, sì, c’è una per sona che è venuta insistentemente a cercarlo: ¡il barone Fersen. Brown (che, mentre rivolge la domanda a Jackie, continua a passeggiare su e "iù seniore osservando tutto, sta voltando la schiena a Ja ckie, mentre questi dice le ultime parole. Subi. to si volge con un grido soffocato) ■ — Avete detto? Jackie — I l barone Fersen. Brown — A li! Perdio! L ’Ammiraglio — Che c’è, Brown? Conoscete ouesto Fersen? Brown —■Ahimè, sì... e no. Appartiene alla categoria degli Giorgio (livido) — Ebbene? Carlo -— Ebbene, il Trattato, affidato a voi, è sparito... come sono spariti nei gorghi della roulette i biglietti da m ille di Fersen. Siamo pari ! Giorgio — Ah, ragazzaccio! (Fa l ’atto di av ventarsi su Carlo, ma questi afferra — natural mente col braccio sinistro, poiché è mancino •— il bastone da passeggio che aveva deposto sulla poltrona presso il camino e fa l ’atto di colpire il Comandante. Giorgio gli stra^oa il bastone di mano. La scena si svolge senza clamore, qua si in sordina. Un silenzio, poi Giorgio depone la mazza in un angolo a sinistra, si assetta gli abiti, riacquista il suo sangue freddo, si av vicina a Carlo). Siamo tu tti vittime dei nostri nervi scossi. Mister Brown ha ragione, un po’ di riposo ci farà bene. A domani, Carlo, e... dimenticate. Carlo (con un sorriso amaro a voce sorda, quasi tra sè) — A domani. (Poi, riprenden dosi) Scusatemi, Raytham. Giorgio — Arrivederci. Carlo — Addio. Giorgio (lo guarda un momento, perplesso, colpito da quell’a addio », e poi entra nella sua camera). Carlo (va al tavolo grande, vi si siede, r i mane un attimo pensoso, estrae dalla tasca dei calzoni una rivoltella, esamina brevemente l ’ar. ma, quindi la pone sul tavolo davanti a sè, prende un foglio di carta e si accìnge, a scri vere. In quel momento al primo piano a sini stra compare Alice, scende senza che Carlo se ne avveda, gli si accosta). A lice (con voce netta) — Ebbene, Carlo? Carlo (solamente ora si accorge della sua presenza) — Tu qui? (Si affretta a coprire la rivoltella con un foglio di carta). A lice — Attendo la risposta. Carlo (con un sorriso ironico) — Sì, proprio stasera! Hai un senso dell’opportunità vera mente eccezionale. A lice — Io combatto la mia battaglia. (Carlo ha un alzata di spalle. Un silenzio. Poi lei, con voce più sorda) Mio padre è stato qui. Carlo (stupito) — Qui? A lice — Stanotte. Di nascosto, naturalmen te: e tu sai il perchè. Domani egli deve par tire. Esige che tu prenda una decisione. i l tra tta to scomparso Carlo (sorridendo amaro) — E ’ curioso: tu tti esigono qualche cosa da me. ■(Giocando sul doppio senso del vocabolo) 0, almeno, vor rebbero esigere... A lice — Mi avevi giurato sul tuo onore... Carlo — Allora potevo fiarlo. Alice — Che c’è di mutato, oggi? Carlo — Tutto. E primo di tutto il mio onore, perchè... (ha un gesto della mano come a dire che si è squagliato). Alice — Non mi ami qiiù, ecco la verità. E cerchi dei pretesti. (Continua con un crescendo di esasperazione che si manifesta nella concita, zione della voce, tenuta però sempre in tono smorzalo). Ma io invece t i amo. Non ho che te, e non rinuncio a nessun costo alla realizza zione del mio sogno. Carlo — Io sono un uomo finito. Finito, ca pisci? Se non lo sai, posso metterti al corrente. Io sono anche un falsario. Ho falsificato su delle cambiali la firma di mio padre. A lice — Oh. (Un silenzio, poi con tenerez za) Ebbene, se soffri, se t i senti in pericolo, è una ragione di più per stringerti a me. Carlo, nelle ore difficili, un cuore che ama può essere un grande conforto. Carlo — No, Alice. Non mi riconosco il diritto di associare la tua esistenza a quella di un individuo fallito, come sono io. A lice — Poiché io stessa te lo chiedo! Carlo —. Ma sono io che non voglio. E poi basta, ti prego, basta. Finiranno per sentirci. A lice (con una nuova ondata di sdegno) — Che m ’importa ormai? Ah, tu « non ti r i conosci il diritto? ». Ma t i sei ben concesso quello di prenderti il mio corpo e i l mio cuore, tutta la mia vita. E ora non hai altro desiderio che quello di sbarazzarti di me. Ma hai fatto male i tuoi conti. Lo scandalo non mi fa paura. Sono decisa a tutto. Carlo (quasi tra se, lúgubremente) — Ecco, in questo, almeno, andiamo d’accordo. Anch’io sono deciso a tutto. A lice (senza raccogliere l’ interruzione, or mai in preda ad un’ esaltazione indomabile) ■ — E mio padre è con me. (Imperativa, violenta) Qual’è la tua conclusione? Carlo (c. s., dando alle sue parole un signi ficato segreto) — Domani. Domani, saprai. Tì giuro che domani ogni cosa sarà sistemata. A lice (con un riso sarcastico) — Domani! Ecco la tua parola! Ma, bada, non credere di continuare a prenderti gioco di me. Mio pa dre attende la mia risposta. 0 mi sposi o... Carlo (ironico)... mi ammazza? A lice (a voce bassa, sorda) Oh, per questo, non c’è bisogno di lu i: basto io! (Questa bat tuta deve essere sottolineata, posta in rilievo dal silenzio che la segue; poi Alice sale rapida le scale, va nella sua camera). Carlo (la segue con lo sguardo. Rimasto solo, toglie il foglio con cui aveva coperto la r i voltella, esamina ancora una volta l ’arma, poi si prende il capo fra le mani. In questo mo mento un braccio si protende attraverso la se conda porta di destra, cercando di raggiungere il commutatore della luce. Carlo ora toglie le titani dal viso; egli non ha visto il braccio, che si ritrae subito, ma ha oscuramente intuito qual cosa di anormale. Alza il capo, dice forte) — Chi è? (Non ode risposta, si alza, tenendo la rivoltella in mano, va fino alla porta, apre, non vede nulla, richiude, ha un gesto come a dire : a ho sognato ». E ritorna verso il tavolo, ma ora si siede dalla parte opposta, in modo da volge re la schiena alla porta di destra. Ridepone la rivoltella e si mette a scrivere; ma subito il braccio riappare attraverso la porta, la mano raggiunge il commutatore, gira la chiavetta. Si fa buio assoluto. Dopo tre secondi un colpo di rivoltella risuona fragoroso. Poi, dopo un at timo di silenzio, si ode...). La voce di Brown (dalla camera del Coman dante) — Presto! Presto! Luce! (Compare, ac cende. Carlo è sempre seduto al tavolo, appa rentemente tranquillo, immobile). Giorgio (apre la porta di camera sua) — Che succede qui? Chi ha sparato? (Dopo un poco compaiono anche, al primo piano a sinistra, l ’Ammiraglio, Giorgio e Alice. Intanto John Brown è accorso presso Carlo). Brown — Signor Carlo! Non avete udito? Signor Carlo! (Poiché Carlo non risponde, John Brown gli pone una mano sulla spalla e subito il giovane crolla giù, di fianco e precipita d i steso per terra : è morto). A lice (ha un grido altissimo, straziante) — Ah! — (E si precipita giù per le scale, mentre l ’Ammiraglio e Giorgio accorrono a loro volta presso il morto). Brown ( il suo sguardo cade sulla rivoltella, la prende). A lice (accorrendo) — Si è ucciso! L ’Ammiraglio (con un espressione di ungoscia inesprimibile, senza parola, interroga con 10 sguardo John Brown). Brown (risollevandosi, dopo aver esaminato 11 cadavere, abbassa il capo) — Un colpo alla tempia. Giorgio (che ha preso in mano la rivoltella) — Ecco la sua rivoltella. Manca un colpo. Ed è ancora calda. L ’Ammiraglio (in quell’attimo domina sola mente l ’impulso paterno, si inginocchia presso il figliolo, gli affonda le mani nei capelli, r i petendo con voce quasi spenta) ■—■ Carlo! F i gliolo! Piccino! Piccolo mio! Wi e e le i s e « o a tl « a ffé (E’ il mattino successivo. Sulla casa è scesa, greve, un’atmo sfera di angoscia e di rovina. Quando si apre il velario, i l cadavere di Carlo è stato trasportato altrove. In primo piano a sinistra sono Eleonora ed Anna sedute, vestite sommariamente, così come si im magina siano accorse subito dopo il colpo di rivoltella', accanto a loro, il Comandante Raytham cerca di confortarle. John Brown è sul fondo presso la vetrata, immobile, pensono, a capo chino). Anna (piangendo) -— Quando arrivammo a Montecarlo, tre mesi fa, era così allegro ! I l inare e i l sole, non vedeva che questo : se ne inebriava. Poi, i l suo sguardo incominciò a farsi scuro. Eleonora — E dire che io schernivo la sua malinconia. Non me io perdonerò mai. Anna — E il babbo? Povero babbo! Non piange, non dice nulla. Guarda così, davanti a sè, come se chiedesse sempre: Perchè? Perchè ? Eleonora Aneli io, sai, da quando fu i svegliata di soprassalto dai colpo — quanto tempo è passato? cinque ore, poco più: e sembi a un eternità ! - da quel momento non faccio che ripetermi la domanda: Perchè? (A Giorgio) Perchè? Giorgio (sviando lo sguardo) — Lo sapete, le perdite al giuoco, le cambiali... Anna (quasi tra sè) — Noi ci ignoriamo reciprocamente, ecco la verità. Si vive l ’uno accanto a ll’altro, magari per tutta la vita. E ognuno è chiuso, murato nella sua solitudine. Se avessi saputo! borse potevo trovare le parole buone che avrebbero impedito i l ge sto orribile. Giorgio Anna, vi supplico. Coraggio. Almeno per vostro padre, per aiutarlo a superare questa prova spaventosa. Anna —- Sì, Giorgio, avete ragione. Giorgio — Non volete ritornare nella vostra camera? Anna — Nella mia camera? Perchè? No, là, vicino a lu i (accenna alla seconda porta di destra) vederlo ancora, in queste poche ore, prima che... (Finisce la frase col gesto che significa: « prima che lo portino via») Vieni, zia? Eleonora — Sì, cara, andiamo. (Entrano a destra, accompagnate fin sulla soglia da Giorgio). Giorgio (rientrando da destra) — Che sfacelo! Ma ben più terri bile per il padre che sa. Brown (lo osserva a lungo in silenzio). Giorgio (se ne accorge) — Perchè mi fissate così? Brown — Pensavo. Giorgio — A che? (Un po’ aggressivo) A l Trattato che avreste do vuto ricuperare? Ormai! Ma quello che, per voi, non è che una pic cola sconfitta professionale, per me è la rovina: la fine della mia carriera, e anche... (accenna con la mano il lato dove è entrata Anna) ... di tutto. Brown — Perchè, voi siete dunque assolutamente certo che que sto Trattato sia ormai irreperibile? Io, no. Giorgio (a cui la calma di John Brown dà sempre ai nervi) — Voi no? (Ironico) Ah, già, il vostro ottimismo, l ’cc arma del successo ». Ma, mi pare che sia un’arma spuntata. Orinai, tutto è chiaro, te rri bilmente chiaro: la morte volontaria di quel ragazzo strappa tutti i veli del mistero. Brown — Convengo che molti sospetti, e legittimi, sii accumu lano su di lui; c, l ’ipotesi che egli stesso, in un momento di follìa, abbia preso il Trattato e lo abbia consegnato a... a chi sa chi, può sembrare la più probabile. Probabile, ho detto, non certa. Giorgio (guardandolo) — Avreste qualche prova in contrario? Brown — Prove, no. Indizi. Soprattutto c’è un punto — oh, una cosa da nulla — che pure basta ,a ri avvolgere nel mistero tutto questo tristo affare, in apparenza chiarito. Perchè Carlo Morstan è venuto a raccoglierla. Ne compresi intorno a Jackie,, come una ferrea morsa: per subito l ’importanza e pensai di trarne vantag usare un termine giuridico, la sua posizione di gio venendo stamane a restituirla... Oh, non indiziato si concretava man mano, e si trasfor vantaggio per me, ma per mia figlia. Speravo mava in posizione di imputato. (A Jackie, con che voi accondiscendeste alle nozze di Alice martellante energia). Voi cercavate il Trattato, con vostro figlio. Io non sapevo che il signor ch’era stato firmato appunto ieri. Entrato là Carlo Morstan fosse... L ’Ammiraglio (richmmato subito all’ungo(accenna alla camera del Comandante) nella notte, per impadronirvene, vi trovate fronte scioso pensiero del figlio, si volge contro Ja a fronte con la Contessa che cerca le sue let ckie) — Ah, voi, Jackie! Belva! Ma sconterete tere e che, per errore, ha preso, insieme a que lungamente ! Jackie —. Non credo! So punirm i da me ste, anche il famoso documento. Tento subito di strappargliele, ma ella, al buio, senza che voi (Fulmineo trae dalla tasca una rivoltella e se ve n’accorgiate, getta la busta in 'bardino. Voi la punta al cuore). Brown (d’un balzo gli è sop'ra) — Eh, no! siete convinto che il documento sia nascosto qui, ma non fate in tempo a cercarlo per l ’improv Sarebbe troppo comodo. Giù la rivoltella. (Con viso sopraggiungere del Comandante: avete ap un colpo secco sulla mano gli fa cadere l ’arma, pena il tempo di nascondere la Contessa, sve che rimbalza rumorosamente per terra). L ’Ammiraglio — Sciagurato! nuta, nella camera di Raytbam, per far credere che essa sia stata ferita dal Comandante. Ma Jackie (si risolleva altero, austero, con una avete urgenza di fare il colpo. L ’aviatore, vo fiamma quasi mistica nello sguardo) — Sono il stro amico, che vola qui sopra giorno e notte, capitano Lekzinski. Ho cercato di servire il attende un segnale per andarvi ad aspettare al mio Paese. largo. Vero, Jackie? Brown — Tristo modo di servirlo, se vi porta Jackie — Non mi strapperete neppure una al delitto c al suicidio (Un silenzio). E adesso; parola. avvertiamo la Polizia... questa volta sul serio (Va verso il telefono). Signorina, prego, il Brown (volgendosi all’Ammiraglio) — Ma Commissariato. questa sala era quasi sempre occupata. Stanotte, Fersen (si guarda intorno rapido poi, a pas deciso a tutto, egli entrò qui. Fu visto da vo stro figlio. Lo uccise per aggravare i sospetti si di lupo, si avvia all’uscita). che già convergevano su di lui. Brown (quando il barone è nuasi sulla por L ’Ammiraglio — Miserabile! ta) —>Ehi, barone, che furia! Dii calme, come dite voi, du calme! Brown —• Tutto ciò era ormai nitidissimo nel Fersen — Se la mia presenza non è più ne mio cervello; ma bisognava darne la prova, cioè montare la trappola per cogliere i l delin cessaria qui... Brown — ... Voi preferireste andarvene. Ca quente sul fatto. Quando, per mio consiglio, la Contessa entra qui fingendo di venire a ritirare pisco, ognuno ha delle simpatie e delle antiuadelle carte, Jackie •— che vi sa tu tti ritira ti tie; e a voi gli agenti di Polizia non sono sim nelle vostre camere e crede che io sia andato patici. Sono desolato, ma non possiamo privarci ad avvertire la Polizia, — si avventa, convinto così presto della vostra amabile compagnia. L ’Autorità sola potrà sriudicare. di porre le mani — finalmente! — sul famoso Fersen (furioso, tra se) — Damned! documento. Così il sorcio è preso. L ’Ammiraglio — Ma allora il Trattato? Brown (al telefono) — Pronto? Pronto? Par Brown ( mende in tasca una busta di pelle, lo con l ’Ufficio di Polizia? la porge, all’Ammiraglio) — Eccolo. L ’Ammiraglio — Oh. Brown, come potrò F IN E , B E L L A C O M M E D IA dirvi la mia gratitudine! Brown ■ — Non a me, Eccellenza. Permetteterj.MMW.iAw Miiii"i m ■"-■* i T E D ’ O R Z A R D IN I l teatro ha, da qualche t e m p o , una parola d’ordi ne mutevole che autori, registi ed attori — a gruppi — si scambiano di periodi in periodi, con visibile orgo glio. Coloro c h e hanno la fortuna di essere i temporanei custodi della nuova parola d’ordine, ne parlano come di un segreto, si considerano — giustamente — i favoriti della sorte. In tre mesi questa parola ha già avuto due nomi: Firenze e Milano. Le recite al Giardino di Boboli e nel Chiostro di Santa Croce con Reinhardt e Salvini da una par te e Copeau dall’altra, sono state per questa città un così grande titolo di merito da richiamare non soltanto i l pubblico internazionale, ma la folla che nel teatro all’aperto sente riavvicinare i l proprio spirito all’arte. Le recite di Milano, nel cortile di S. Ambro gio, con Moissi interprete della « Leggenda di Ognuno » che in questi giorni sono terminate, ancora con le gradinate stipatissime, ne sono la riprova. Ora si sta formando la terza parola d’ordine: Venezia. E sembra voglia, per po tenza suggestiva, guadagnare il primato sulle sue consorelle che l ’hanno preceduta. Perchè il primo esperimento imminente della Compa gnia Palmer, non sarà che un anticipo. Otello presterà il volto cioccolatto necessario a Camillo Pilotto; Gino Cervi che ha allungato i suoi ca pelli fin sul colletto lo aizzerà di fremente gelo sia e Desdemona presterà le sue lunghe trecce bionde a K ik i Palmer perchè, acconciata nel modo più incantevole, sopporti rassegnata le conseguenze. Dopo di che, Venezia avrà com piuto il primo passo nei suoi grandi propositi. Ed ora è necessario pregare un signore che si lascia rosolare dal sole sulla spiaggia e si tra stulla con un bimbo delizioso, suo figlio, di ve nirci in aiuto. E ’ Gino Rocca, appena rito r nato dalla laguna, con un programma quasi del tutto definitivo, per ciò che dovrà essere l ’anno venturo il Primo Festival Drammatico, cioè la nuova manifestazione che la cc Bienna le » accoglierà oltre la Musica ed il Cinema. P E : A R O L A V E N E Z IA Alla intelligente attività di Gino Rocca, al suo valore di autore e di critico, alla sua com petenza di uomo di teatro, alla sua fama di scrittore, ma soprattutto al suo grande amore per Venezia, è stato affidato il compito diretti vo del Festival Drammatico. La passione di Rocca per la « sua » Venezia non è soltanto nel suo ultimo romanzo, nella sua nuova commedia che si intitola appunto « Venezia », e che in questa città sta per es sere rappresentata la prima volta, ma anche nelle sue parole, che sono di intima compia cenza. Parla di Venezia come di una creatura viva, ne discorre con parole sempre accese da un desiderio, direi quasi di protezione, tanto il suo amore è infinito. I l Festival Drammatico si svolgerà dunque dal 7 al 23 luglio 1934, contemporaneamente alle rappresentazioni internazionali cinematogra fiche. Spettacoli: I l mercante di Venezia, di Shakespeare, nel cortile del Palazzo Ducale; protagonista Alessandro Moissi che della tra gedia sarà anche il regista. Poi, Goldoni. Come avrebbe potuto Gino Rocca, dimenticare l ’cc Avvocato veneziano »? E nella scelta, la preferenza è stata data alla Bottega del caffè la cui scena stabile « rappre senta una piazzetta in Venezia, ovvero una stra da alquanto spaziosa con tre botteghe... ». Don Marzio, gentiluomo napoletano, sarà Ermete Zacconi e Pandolfo, biscazziere, sarà Moissi. Questa rappresentazione avrà certamente la più grande risonanza perchè ad essa si dedi cheranno, per la regia, lo stesso Rocca unita mente a Renato Simoni e a Guido Salvini. Quale perfezione non potrà nascere dalla passione, dallo studio, dalla competenza di Simoni e Rocca, e dall’esperienza di Salvini? Ed anche per La Bottega del caffè non si co stituirà un palcoscenico; Venezia non ha biso gno di essere cc rifatta » a Venezia; per la com media dell’* Avvocato Goldoni » Gino Rocca ha scelto con accorgimento e minuziosità di amato re, un campiello dietro la Riva degli Schiavoni che, conforme alla didascalia, non ha bisogno d’altro che di veder comparire, al segnale di inizio, « Ridolfo Trappola ed altri Garzoni ». I l programma comprende, inoltre, una com media nuova italiana. Ma non vi è chi non veda la difficoltà di da re incarico preciso ad un autore; oppure affi darsi ad un concorso. Il discorso sarebbe troppo lungo anche a parlarne; immaginate poi a rea lizzare simile progetto. Ed ecco rivolta la cosa, accortamente: sarà scel ta e rappresentata, in teatro regolare oppure all’aperto, secondo le necessità, quella com media di autore italia no elle avrà già incon trato il favore del pub blico nella rappresenta zione dii una delle no stre Compagnie, e che per le sue doti di nobil tà e d’arte, meglio r i sponderà al program ma di massima del Fe stival. Ecco una grande pos sibilità per gli autori italiani, ecco una affer mazione che potrà por tare alla ribalta interna zionale del successo an che un autore poco noto o del tutto sconosciuto. Infine, poiché come quello cinematografico anche il Festival dram matico sarà internazio nale, concorreranno la Francia, la Germania e la Russia che hanno già data la loro adesione e manderanno il p r ogramma completo all’e poca stabilita. I l Festival drammati co avrà carattere stabi le e si ripeterà ad ogni « Biennale »; Venezia aggiungerà c o s ì una nuova fronda alla sua corona gloriosa delle manifestazioni d’Arte. VlareoBlB. agosto *33. L u c io A n t ic io o a lle m ie m e m o r ie .. . bono profondamente religiosa. Penso, dunque, che non dovrei confessarmi altro che in chiesa; ma l’insistente cortesia con cui mi si domanda questa « Con fessione » m’induce a fare uno strappo a questa che chiamano la « ritrosia del mio carattere» e a dire alcune oose di me: con francescana parsimonia. Credo di poter affermare che, se una passione predominante c’è stata nell’intera mia vita, questa passione è stata l’arte drammatica. Soltanto la passione poteva farmi entrare in arte come io vi entrai. Giovanissima, incominciai a recitare nella Compagnia di un certo Zsmbonini, a Mezzano Inferiore. In quel paesetto non esisteva, un, teatro regolare. Si recitava in uno stanzone di una modesta osteria. Feci buon viso a cattiva sorte, per non tornare scornata alla mia casa, e mi adattai a recitare nei drammoni popolari, davanti ad un pubblico di contadini, i quali mi vedevano volentieri ed anche mi applaudivano. Soltanto, con le due lire al giorno che per cepivo di paga, non riuscivo a sfamar me e la mia povera mamma, la quale — santa come tutte le mamme — mi aveva seguita in quell’avventura, forse perchè aveva letto nei miei occhi un ardore ed una passione che non si sarebbero spenti neppure di fronte ai sacrifici più duri. Durante quelle recite m’offrirono persino una serata d’onore: la prima. Soltanto, quella sera, invece di ceste di fiori, ebbi l’offerta di tre o quattro panieri di noci, di castagne e di mele; e così per quindici giorni potei mangiare la mia « serata d’onore »... Dopo qualche settimana mia madre riuscì a strapparmi da quegli autentici figli di Guittalemme; ma non potè ijnpedirmi di tornare poco dopo al teatro, in una Compagnia regolare, quella Berti-Masi. Non farò qui il curriculum della mia carriera. Ho sempre recitato, piccole, grandi parti, con la stessa] coscienza, cercando di dare al pubblico ogni mia possi bilità, felice quando ho visto ripagata la mia fatica col consenso affettuoso degli spettatori. Ecco perchè, dopo il giudizio autorevole dei più grandi centri, molta gioia ha dato alla mia anima la manifestazione genuina, semplice, a volte ingenua, del pubblico dei piccoli paesi. Ho sognato tante volte di esercitare la mia arte non nelle dorate sale dei grandi teatri, che portano sulle spalle secoli di storia, eredità di gloriose tradizioni, nomi consacrati alla celebrità, ma invece sotto una grande tenda trasportata da un carro e poi issata in mezzo a grandi piazze, sull’orlo di fiumi silenziosi, davanti alle belle chiese delle nostre cittadine italiane... E là chiamare la folla sotto la tenda, e poi — dopo averla sentita palpitare con me — riprendere il viaggio, vedere nuovi paesi, ascoltare nuovi dialetti, seguire l’itinerario dell’antico Carro di Tespi. E compiere in tal modo una piccola opera di cultura e d’italianità, divertendo, in segnando. Perchè ho sempre pensato che il teatro possa insegnare tante e tante cose. E poi vivere in una cameretta mia, al lato della tenda, sempre quella; e non cambiar continuamente di letto e di suppellettili, ma addormentarmi circondata dalle cose più care, quelle che parlano al mio cuore di artista, di figlia, di mamma... Sogni, sogni, chè continuerò, invece, a recitare di città in città, eternamente zingara, nomade come tutti i miei compagni, schiava di una tradizione che dura dai felici tempi in cui Medebac c la sua signora recitavano le commedie del signor avvocato Carlo Goldoni. La confessione potrebbe finir qui, ma poiché nella confessione non bisogna commettere peccati di omissione, aggiungerò che adoro il cinematografo, anche perchè mi pare ohe insegni molto a noi artisti di prosa. Quanti difetti, specialmen te ora che il film è sonoro, potremmo eliminare rivedendoci sullo schermo! Ag giungerò anche che di tutte le parli che io ho interpretato, quella che m’ha, dato maggior godimento è stata « La figlia di Jorio ». E’ una parte che io ho sempre recitato per me, tutta pervasa da un sentimento che oserei quasi dire religioso. Io vorrei che il teatro fosse sempre un teatro di poesia, quella che più giunge a con tatto della folla. Ma ahimè! Il ¡mestiere impone ben altro. Coi versi — dicono — non si vive, ed anche chi recita, purtroppo, deve vivere... A proposito di teatro di poesia, dirò, per finire, che la soddisfazione maggiore della mia carriera di attrice l ’ho provata la sera in cui il pubblico volle che mi presentassi al proscenio dopo l’ultimo atto della « Vita dell’uomo » di Andreieff. In quell’atto non avevo preso parte; ma gli spettatori credettero di riconoscere la mia mano nell’esecuzione generale della commedia. Ed era giustizia, perchè a quell’esecuzione io avevo dato tutta la mia passione. Per una volta tanto mi con sacrarono regista (si dice così, non è vero?) e ne fui superba. PSaasàa MsSafer Z S U L L ’ À T T O R __ ! O ì— LU Q_ z o o o CO o u CO Q L ’abbiamo fatto, questo di scorso sull’attor comico, « nel suo camerino » direte subito voi. Neanche per sogno. Nel suo camerino un attore (illu stre, perchè un attore non i l lustre nel suo camerino non va mai a trovarlo nessuno) non ha nè tempo nè voglia di fare dei discorsi. Prima della rap presentazione ha da vestirsi e da truccarsi; e dopo il succes so deve con una mano asciu garsi la faccia e con l ’altra fa re l ’affabile colla « folla » di amici critici e cacciatori di au tografi e con le signore che, soprattutto a Londra, sono cu riose di vedere di che colore è la veste da camera di un gran de attore. Questo discorso ce lo siamo fatto comodamente se duti nella veranda del Savoy Hotel, in quella siesta che più d’ogni altra ora è propizia al dare verbo ai pensieri asprigni sommormorati con negligenza. Negli specchi di faccia a noi si rifletteva uno scorcio di Ta migi, che è di prammatica chiamare romantico. C O M I C O Avendo dunque preso atto che il successo di Petrolini al Little Theatre era stato im mediato, siamo discesi alle ra gioni del medesimo (chissà perchè la gente dice sempre « risalire alle cause di una co sa », e se bisogna invece cer carle sottoterra?). La ragione del trionfo era stata che Pe trolini si era rivelato di colpo uno di quegli eccezionalissimi attori che diffondono un flu i do mesmerico anche tra un uditorio che non ne capisce la lingua, un mimo così grande come al mondo non ne nasce uno ogni cent’anni; e pochi popoli sentono come gli ingle si la sublime universalità dell ’attor comico. E sull’attor comico Petroli ni m i ha fatto allora una leg giadrissima girandola d’afori smi e paradossi, che lu i sape va benissimo che io vi avrei « rivelato », perchè altrimenti non vi sarebbe stata alcuna ra gione di farla. (Le interviste sono di tre categorie: gli uo m ini politici ve la mandano a casa, tutta pronta e scritta a macchina, domande che l ’uo mo di stato si è fatto da sè, r i sposte che non interessano al cuno, non c’è che da passare lo scartabello in tipografia; le donne celebri non vi dicono niente e potete scrivere tutto quello che vi pare; e quando, infine, vi trovate con un arti sta, non commettete la scioc chezza, come usano il giornali sti americani, di domandargli che cosa pensi della metropoli o della conferenza mondiale, perchè il solo argomento che un artista conosce bene è se stesso: e, modestia a parte, di rebbe Petrolini, un artista è sempre più interessante dei nove decimi della umanità. Chiusa la parentesi). Perchè l ’attor comico Petro lin i ha avuto a Londra un suc cesso strabiliante? Per una ragione eterna e universale : perchè il comico è più vicino all’animo umano che il tragico. A l tragico l ’umanità è abi tuata. La vita è tragica, dal mattino che ti svegli: ospeda li, bambini abbandonati, m i seria. L ’umanità ha sotto gli occhi il tragico tutto il giorno. Quindi, quando l ’umanità ve de il comico, lo sente. L ’uinanità tende al comico non soltanto per il bisogno di bilanciare il gravame della sua miseria quotidiana, ma perchè nel comico trova quel senso del fantastico che essa non sa crearsi da sè. Chi è povero di fantasia non può inventare il comico. In fatti, provati un po’ a inven tare qualcosa di comico! Tutto è fatale, in serie. Ma l ’umorismo bisogna inventarlo; occorre la fantasia. Naturalmente, anche il co mico deriva dal tragico. Per chè vi è sempre un senso co mico nelle tragedie altrui (questo lo aveva già detto 0scar Wilde, il quale, essendo per istinto un umorista, voleva a tu tti i costi sembrar tragico). Un uomo cammina dietro un funerale e non s’avvede che si fa gocciolare la candela sulle scarpe. Quell’uomo è buffissi mo; eppure per lu i il funera le può essere una tragedia. E uno qualunque può domanda re: « Chi è morto? ». « I l si gnore che è nella prima vet tura... ». La cronaca triste che diventa commedia. Un tale si addolora enormemente leg gendo sul giornale la lista dei morti: « Vedi un po’ quanta gente muore! ». Ma un amico lo consola dicendogli: a Non vedi, brutto scemo, che appres so vien la lista dei nati? ». Ancora un esempio ? Due « tifosi » si in contrano in Galleria (o in Piazza Castello o da Aragno) dopo vent’anni, nel 1933. « Dimmi un po’, si domandano, a te piace di più Zacconi ne gli Spettri o nella Mor te Civile? ». Non sem bra una domanda co mica? Eppure sotto vi è tutta la tragedia della crisi del teatro... Ma non parliamo male di Maometto. Domanda inevitabile: che cosa occorre per di ventare un attor comi co? Saper guardare le piccole cose della nostra vita. Essere osservatori. C’è tanta gente che cre de di saper osservare la vita! Per scrivere una poesia basta saper sen tire poeticamente. Per scrivere un romanzo ba sta narrare con sempli cità. Per essere un at tor comico basta saper mettere in uso quel do no di natura che è la comunicatività dell’ar te. E’ semplicissimo. Semprechè natura ve l ’abbia donata. LE M i l U O V A A L B O R R O ... Signore e signori, vi confesso che sin da ragazzo ho sempre avuto un culto per il bello in generale ed in particolare per il teatro, il cinematografo e le uova al burro. Molli critici hanno intuito nei miei personaggi comici un substrato di malin conia che affiora velata. Ebbene è vero. Nulla avvilisce l ’uomo più che essere buffo, più che essere vittima di quelle infelicità che viste dagli altri son motivo di buon umore. Ed io, mentre presto pel pubblico l ’esteriorità al personaggio, dentro soffro per lui. E vi confesso che quando questo personaggio non é quello d’una pochade, ma un uomo di cui si può ascoltare il cuore, intuirne la sensibilità, il carattere, per quanto il suo aspetto possa essere buffo, per quanto le situazioni lo ricoprano di ridicolo, di grottesco, io son pronto — mentre il pubblico ride — a versare clandestinamente una lagrima per lui. Pel cinematografo mi avviene l ’inverso. Il personaggio lo vivo quando non lo rappresento. Mi spiego. Quando non sono avanti l’obbiettivo mi trattengo con lui, mi fingo lui. Dico le sue parole. Vivo le sue situazioni. Mi credo lui. Quando devo girarlo (come si dice in gergo cinematografico dal movimento della manovella) il tra gico artifizio della macchina da presa fotografica e sonora, quel dover vivere il per sonaggio non per scene, ma per quadri che spesso durano pochi secondi, un attimo, e che mai si susseguono nell’ordine cronologico, o comunque logico, sì cruda) convenzione mi fredda ogni emozione interpretativa, e allora vivo il personaggio attraverso lo sensazioni che m’ha trasmesso quando eravamo a quattr’occhi, che in quel momento divengono retroattive. Trovo interessantissimo però anche fare del cinematografo. E ci si affeziona incomparabilmente di più a un soggetto cinematografico che ad un lavoro teatrale. E’ un po’ il sentimento dell’autore verso il proprio libro. Tanto che, notate, gli attori dicono: « il mio film »; mai: « la mia commedia ». Vi racconterò poi che dal giorno della mia scrittura per incidere dischi alla Columbia, sacrifico volentieri anche a Euterpe. E qui non ho preferenze di generi. M’è uguale: canzoni, serenate, inni, canti popolari, canti nazionali. Eccezione: canto funebre. L’incidere un disco è la gioia del cantare una canzone. Rappresenta una inie zione di buon untore. Pel primo disco inciso però, « Ugo », la preoccupazione aveva il sopravvento e per ogni « Ugo », ed erano molti, lanciato nel refrain, era un gocciolone di su dore che mi cadeva dalla fronte. Se qualcuno sorriderà pensando a Melnati chansonnier, questo qualcuno certo non ha sentito i miei dischi. Gli altri so che si stupiscono per il vigore di certe note. Ma c’è trucco. Quando incido m’avvicino tanto con la bocca al microfono che anche un sospiro parrebbe un do di petto. Questa malizia però costituisce una costante preoccupazione per l ’ingegnere che dirige le incisioni, che teme, data la lontananza che trascorre da un angolo all’altro della ptia bocca, che in un acuto glielo ingoi. In quanto alle uova, vi farò la vera e propria confessione. Una volta i miei mezzi finanziari non m’acconsentivano alla mensa nulla di più prelibato che due uova al burro. Ora potrei offrirmi qualche cosa di più, ma lo stomaco si è talmen te abituato a quella quotidiana somministrazione, ch’io vi sono condannato. E forse anche v’è una punta di romanticismo verso quei due occhi gialli, fissando i quali tante riflessioni e sogni ho tessuto nei giorni tapini di bolletta. Ma chissà perchè gli artisti, come le nespole, devono stare prima a maturare sulla paglia. Quanto aguzzar l ’ingegno per arrotondar la pancia! Se qualcuno poi fosse curioso di qualche noterella biografica, informerò che sono figlio d’arte. Vale a dire figlio di attore. Che sono nato a Livorno per caso, trovandosi i miei genitori a recitare a quel Politeama. Sicché ch’io sia livornese non lo si può avvertire quando parlo, mentre invece, per la comunanza allora con una coetanea, adesso quando piango lo fo con spiccato accento livornese. Chi con pazienza m’istruì è Armando Falconi. E a lui sono tanto grato e gli porto dell’affetto. Fu in Compagnia sua, al Teatro Chiarella di Torino, che in Dora o le spie di Sardou, ebbi l ’emozionante battesimo del primo applauso a scena aperta. L’applauso l ’aveva proprio scritto l’autore, io merito non ne avevo; ma, finito lo spettacolo, corsi a casa e con lagrime di gioia svegliai la mamma per informarla dell’avvenimento. Il pubblico quella sera non sapeva certo ch’io mi chiamavo Melnati e ancor meno che con così poca fatica aveva fatto due cuori felici. M elm ail if Camillo Filetto quand’era n e lla Compagnia Zabum 8, spesso doveva can tare e poiché l'otti. mo Pllotto non ha molto orecchio, rego larmente stonava da capo a fondo. Una sera, a teatro, Pilotto aveva invita to dei parenti a sen tire la rivista in cui egli lavorava. Durante un coro, uno dei nipotini os servò compiaciuto: — Senti quanto è , , „, . bravo lo zio Camil lo: Mentre tutti stonano, lui soltanto canta giu sto! €V Ettore Petrolini, che a Parigi in questi gior ni ha ottenuto successi trionfali, una sera dopo lo spettacolo assisteva « chez le Clochard » a una discussione di eleganza femminile capitanata da Lucienne Boyer, la quale sosteneva una bat taglia a favore della nuova moda che si 'vorreb be lanciare a Parigi. Secondo questa moda le signore eleganti dovrebbero tingersi le unghie dello stesso colore dell’abito che indossano... A troncare la foga della Boyer intervenne Petrolini con un argomento decisivo. Cosicché — disse — quando una signora è in lutto dovrebbe portare le unghie nere?! Sai che scicche!... 0 A Carlo Salsa piacciono la buona tavola e le buone sigarette. Un giorno fumava e centelli nava il caffè, alternando un sorso della bevanda a una boccata di fumo. Ma sbagliò e posò sulle labbra la sigaretta dalla parte accesa. Brucia tosi, cominciò a urlare. E ia moglie carezzevole u gli disse: — Ma perchè urli? Ringrazia Iddio di esser tene accorto subito. Mario Pompei si è sposato. La sua gentile consorte è bella, gentile e soprattutto previ dente. Per convincerci di questa utilissima qualità della sua mogliettina, Pompei ci ha detto: Figuratevi: essa ha l ’abitudine di scrivere le lettere con la data di sette giorni dopo ogni volta che incarica me d’impostarle! m Giancapo va direttore della « Illustrazione Italiana ». —■ Complimenti! — esclama incontrandolo un amico lanfranconista. — Così darai largo svi. luppo alla parte enigmistica. — Eh? — Aggiungerai ai giochi sicuramente l’«homme-rebus... ». **> A proposito di Enigmistica, possiamo anti cipare questa sciarada che sarà di attualità fra pochi giorni dopo qualche lavoro della nuova Compagnia di Spettacoli Meda all’Olimpia: t e i C’è un prim’atto un po’ «primiero », ma, al secondo, « altro » davvero... Tutto assiem, grazie al «totale », « francamente non c’è male! ». §™ s Soluzione: «Barba-risi ». § Le notizie curiose da Nuova York: Al teatro ippodromo si è data la « Cavalleria »... w Lfc « Fiaccola » dannunziana, la «Fiam mata »... Niente da stupirsi se il successo della Melato e di Ninchi è così caloroso... Si parlava delle economie a cui i capomici sono costretti, dati i tempi diffìcili per il teatro. Io — diceva Raffaele Viviani — avevo una compagnia che mi costava mille e cinquecento lire il giorno. Ebbene, sono riuscito a far sì che mi costasse la metà. — Riducendo le paghe? — No, cacciando via metà degli attori. k Durante le prove della «Leggenda di Ognu no », un’attrice si avvicina a Caramba, in un « momento diffìcile ». — Scusi, commendatore, come sarò vestita? Io rappresento le Opere... — Rappresenta le opere? _ fa il maestro infastidito — allora raffigurerà... il Teatro alla Scala! Il dottor Mario Musella, autore di «Anni s Malanni », ce l ’aveva con un giovane presun tuoso che si atteggiava a letterato e sballava giudizii su questo e su quello con una igno. ranza pari alla disinvoltura. Dopo aver espresso un giudizio poco riguar doso su Massimo Bontempelli, quello domandò a Musella: — Lei, dottore, che ne pensa? — Penso che lei è un idiota... -— Questo è un insulto? — No — rispose tranquillamente il medico Musella — è una diagnosi! ® Gli attori non sanno mai che cosa si scrive di loro. Eppure un giudizio o una notizia può — qualche volta — dare possibilità di scritture, di miglioramenti, di affermazioni. Ma come fare per sapere tutto ciò che si scri ve in Italia, in Europa e nel mondo su una persona? Sappiano gli attori -che esiste in Ita lia « L’Eco -della Stampa », Ufficio di ritagli di giornali e riviste, diretto da Umberto Frugiuele, ed ha sede a Milano in Via Giuseppe Compa gnoni, 28. L’abbonamento -costa poche lire. Ogni autore drammatico ha le sue debo lezze. L’avvocato .Romualdi, per esempio, quan do è in Tribunale non fa che parlare dei suoi successi con i suoi colleghi. Mercoledì scorso alle undici e ventidue di. ceva all’avvocato Bonollo: — Quando ho dato la mia ultima commedia, gli applausi si sentivano a tre chilometri di di stanza! — Ah sì? — osserva meravigliato l ’avvocato Bonollo. — E che commedia recitavano a tre chilometri di distanza? () Seccato di questa risposta, per confortarsi, Giuseppe Romualdi abborda l'avvocato Bruno Cassinelli. — Beh, tu che ne pensi dell’ultimo mio lavoro teatrale? — Io? — fa Cassinelli. — Sì... mica male, però avrei preferito una commedia... 4- Al teatro Manzoni di Roma si rappresentava una sera la « Cavalleria rusticana ». L’esecuzione lasciava a desiderare, specialmente a cau- sa del tenore che era sfia tato. 11 pubblico a più ri prese aveva mormorato con tro Turiddu, ma, bene o male, l ’opera era giunta quasi al termine senza in cidenti notevoli. Ecco che al finale si sentì urlare la famosa frase: « Hanno ammazzato coni, pare. Turiddu! ». Allora, una voce dal lubbione tuonò: —. Hanno fatto bene! Po teva cantare meglio!... § Ermete Zucconi raccon ta: Una sera, in un paese del la provincia toscana, tanti anni or sono, recitavo un dramma: «Riccardo III » e nella mia parte c’era, na turalmente, la famosa fra se: «11 mio regno per un cavallo! ». Uscendo dal teatro, a rap presentazione finita, mi vi. di avvicinare un tipo di campagnolo che bonaria mente mi propose: — Senta signore, io avrei un cavallo da vendere. Se lei è sempre dello stesso parere, ci si potrebbe met tere d’accordo! Un'attrice, carica più di anni che di virtù, ama mol to farsi fare dei doni dai suoi infiniti ammiratori. Ella è nata il 29 febbraio, cosicché non potrebbe fe steggiare il suo genetliaco che ogni quattro anni. — E’ una fortuna! — le dice qualcuno. — Niente affatto, è una di. sgrazia — risponde lei. — Sarebbero tanti doni ed omaggi di meno, se non avessi adottato un sistema: il 29 febbraio in cui nacqui era un giovedì. Cosi, io ce lebro il mio genetliaco ogni giovedì... ■y Campo molto a rumore fra le nostre attrici ed i no stri attori, dopo la notizia relativa alla prossima rego lare compagnia drammatica con Alessandro Moissi. Chi sarà la prim’attrice? E gli altri, chi saranno? Dobbiamo dirvelo? Beli: tut ti i nomi, quello della pri m’attrice e quelli di altri quattro principali attori co minciano con la lettera M... IL P E R F E T T O S P E T T A T O R E SI s i g n o r e E’ un cliente che ha l ’imperioso dovere di arrivare presto m o llo OraSSO e mettersi in mezzo alla fila di poltrone. Questo gli ** impedirà, prima di tutto, di schiacciare le spettatrici nel l’andare a raggiungere il suo posto e poi gli eviterà di constatare che gli altri spettatori hanno deciso di fare il vuoto intorno alla sua persona. Il cliente molto grasso ha bisogno di una poltrona e mezzo, data la sua pinguedine. Ne prenderà, dunque, un quarto supplementare sulla poltrona a destra e un quarto supplementare sulla poltrona a sinistra esattamente. Così occuperà di fatto ben tre posti, ma non pagherà che un posto solo. Al cine, matografo, come nella vita, bisogna usare dei riguardi ai signori molto grassi. Il s ig n o re II cliente molto alto non è effettivamente pericoloso che per rno!lO a llo Persona Situata immediatamente dietro le sue spalle. E’ soprattutto un cliente molto ingombrante. Quando la star abbraccia il fatalone del film, si ha invece l’impressione che abbracci il cliente molto alto che sta davanti a noi. Durante la proiezione dei film di attualità, le orecchie del cliente molto alto si aggrappano continuamente agli alberi delle corazzate americane. I l s i g n o r e 11 cliente molto piccolo si mette dove può, poverino, m o llo ©ÌCCOIo 6ccefiuato tra il diente mollo alto e quello molto grasso. •* Se poi è veramente molto piccolo, non ha che da portare con sè una enciclopedia per sedercisi sopra e agitare una bandierina nazionale al disopra della sua testa, per dimostrare che la sua poltrona è effettivamente occupata. Il SÌOnorS II miope ha un effettivo interesse a collocarsi in prima fila, men n i ì O D fi tre s' Proietta U comico. Invece, si troverà molto meglio ” nell’ultima fila, se si tratta di un film con fantasmi, vampiri e allucinazioni. E ls ia n o re II signore presbite non ha che a fare esattamente la manovra j | e contraria, in modo da regolare il suo interesse e la sua sensip re s o bilità. D’altronde, il presbite può benissimo intendersi col miope, in modo da realizzare una media. Ils iq n o r e B signore zoppo non è imbarazzato che in caso di panico o di eccessiva affluenza. Il sabato sera e la domenica sera, dovrà Z u p p o aatenersj dall’andare al cinematografo. Una volta seduto nella sua poltrona, il cliente zoppo diventa uno spettatore come tutti gli altri. Il s iq n o re 11 cliente gobbo è la sola persona che sopportiamo volentieri » davanti alla nostra poltrona. Le sue spalle non superano quasi g O D D maj ja spalliera della poltrona. Per giunta, toccare la sua gobba porta fortuna. 19 s iq n o re II cliente freddoloso è un uomo prudente e non si mette mai nelle prime file, a causa dei sospiri che arrivano dall’orchestra, fr e c a o O Non si mette mai nelle ultime file, per via del ghiaccio che esiste fra la maschera e il direttore del locale. Non si mette mai a sinistra, per via dell’uscita di soccorso e non si mette mai a destra, perchè è precisamente a destra che si trova la porta d’ingresso per gli spettatori che arrivano quando il film è già cominciato. Il cliente freddoloso ha, quindi, tutto l ’interesse a mettersi nel centro della sala, fra il signore congestionato, la signora enorme, il signore che russa e l ’innamorato. Esistono, infine, degli altri tipi di spettatori, ma debbo limitarmi ad mia sem plice enumerazione. C’è lo spettatore che ha mangiato troppo, quello che ha troppo bevuto, quello che non ha mangiato affatto, quello che sternuta, quello che ha male ai denti, quello che pensa a tutt’altro, quello che parla col vicino, eccetera. C’è poi lo spettatore che non è nè alto, nè piccolo, nè grasso, nè magro, nè buono, nè cattivo, nè bello, nè brutto, quello che ha una moglie, un mestiere, una suocera e una motocicletta. Di questo spettatore sebbeme sia il più frequente, non si sente mai parlare. E’ lo spettatore medio e non interessa nessuno. CreorilGS B a r W in L A M EL M PER A G L IG L IO R M ANTENERE I E R I A D 1 C O N T R IB U T O LA S A LU T E PERFETTA C o n Sto il c a lo re ed lì b r i v id o n o n c ’è p ro ie z io n e p iù e ffic a c e d e l S o s s io “ A E R TiX ,, il fa m o s o te s s u to CELLULARE ch e s o ìis e n te s i v o s tro c o rp o d i tra s p ira re b e n e , m a n te n e n d o lo ad ugual© te m p a ra tu ra . A s s ic u ra te v i d i o tte n e re l ’ o r ig in a le e la m ig lio r e m a g lie ria ira te ssu to c e lio ¡a re " A E R T E X „ In vendita nei m iglicri negozi d i a b b ig lia m e n to m a s c h ile / M / MS Èjjmà / J j O gni capo Xj5SSÌi2j§S\ É iE R T E ^ f deve p o rta re questa etichetta THE C E L L U L A R C L O T H IN G LTD . LO N D O N E. C . 2 48 proprietà’ le tte ra ria e a rtistica riservate A-R-S (Anonima Roto-Stampa) Via M onti, ,9 - Torino — ernesto scialpi, responsabile d e f u l q e m i I %f a i s t t o r i a I l « & r i« 1 « | U u o m in i « l c ÿ M i i i C e rm e M E m * n u e le , 31 I L A N O U à U à m OD

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Il dramma : rivista mensile di commedie di grande successo. - Torino : Grandi firme, 1925-1992.

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