NOTIZIARIO DEL TEATRO STABILE DELLA CITTA' DI TORINO PIAZZA CASTELLO 215 TELEFONO 53.97.07 Autor. del Trlb. di Torino N. 1681 del 3 Nov. 1964 Responsabile NUCCIO MESSINA Spedizione In Abbonamento Postale IV gruppo Febbraio Marzo 1974 N. 44 La sera del 4 febbraio st maugura, nel palazzo di via Bogino 8 (reso disponibile con il trasferimento degli uffici nella nuova sede di piazza Castello), il Centro Studi e Documentazione del T.S. T. l bei locali di via Bogino, che furono sede della gloriosa Accademia dei Concordi, ben si prestano ad ospitare un organismo di cultura: la loro collocazione e la loro superficie assicurano al nostro Centro ampie possibilità di svilupppo e di rapporto con il pubblico, nel cuore del centro storico cittadino, a fianco del nuovo edificio della Biblioteca Nazionale. • Il Centro Studi è un servizio culturale del Teatro Stabile di Torino alla cittadinanza. Attraverso le sue diverse sezioni intende aiutare l·e ricerche di studenti e studiosi; favorire il lavoro di documentazione e di preparazione di chi agisce operativamente nel teatro; fornire agli interessati, professionisti e non, le informazioni richieste dalle loro necessità o dalle loro curiosità; stimolare indagini conoscitive e studi approfonditi; diventare insomma un punto di riferimento e d'incontro per tutti coloro che allo spettacolo s'accostano non come meri fruitori ma come partecipi consapevoli. Offre una biblioteca specializzata ed un archivio documentario ricco dì materiale prezioso; mette a disposizione tutto ciò che può essere utile a "ricostruire" gli spettacoli allestiti dal Teatro Stabile e tutto ciò che può servire ad approfondire il discorso sull'animazione nelle scuole, attività alla quale il teat·ro torinese, primo tra gli enti te·atraH italiani a gestione pubblica, ha voluto da anni dedicare una parte rilevante delle proprie energie; allarga i suoi interessi al settore della musica popolare, cercando di occuparsene con la serietà scientifica che l'argomento merita; propone dibattiti e colloqui, indicazioni dì possibili spettacoli ed occasioni dì esperienze teatrali eterodosse. Ha un suo programma, ma è aperto alle sollecitazioni e ai suggerimenti di quanti vorranno collaborare alla sua rius·cita. Ha sue attrezzature, ma ha bisogno della partecipazione attiva de·lla gente per diventare, com'è nelle nostre intenzioni, un centro propulsare di iniziative culturali e un centro irradiatore di fermenti vitali. BIBLIOTECA Sì articola attualmente in tre parti. Alcune sale ospitano la Biblioteca già di Lucio Ridenti - il compianto fondatore e direttore di IL DRAMMA - e a lui dedicata, dono della Regione Piemonte al Centro Studi del Teatro Stabile. La raccolta, comprendente circa 5.000 volumi, è particolarmente rcica dì testi, documenti e opere critiche sul teatro italiano e francese e comprende anche preziosi autografi di personalità della nostra scena, oltre a importanti materiali di e su Renato Spimoni. La seconda sezione, che costituisce la vera e propria Biblioteca del Centro Studi, ospita soprattutto testi, documenti e opere critiche sul teatro contemporaneo nelle principali lingue europee. t: attualmente in (segue a pag. 2) POSITIVI COMMENTI ALLA NOSTRA ' U A DO " PER IL. DEBUTTO TORINESE E IN TUTTA LA TOURNEE Alberto Blandi su S MP Provatevi a leggere, o a rileggere, una qualsiasi delle dieci Fiabe scritte dal 1761 al 1765 da Carlo Gozzi e capirete che non avrebbe molto sugo portare sul palcoscenico, pari pari, un'invenzione cosl bislacca, un cumulo cosl informe di brutti versi, di lazzi scipiti e di fanfaluche per fanciullirui. Eppure le commedie gozziane hanno sovente sollecitato l'estro degli uomini di teatro, e forse più all'estero che da noi. Queste Fiabe infatti sono un ammasso di ferraglie, mà a frugarci dentro. si possono scovare tutti i pezzi, e alcuni di prim'ordine, che servono per costruire una splendida macchina teatrale. In altre parole si tratta prima di ogni cosa di buttare all'aria un testo, di rielaborarlo e di trasformarlo in spettacolo. Ed è quanto ha tentato, ora, il regista Virginio Puecher con Turando! che lo Stabile di Torino ha presentato, e diciamo subito con buonissimo successo di pubblico, domenica pomeriggio al Carignano. Che poi Puecher sia rimasto ugualmente fedele al Gozzi lo dimostra anche un altro fatto: proprio lui, regista impegnato, si è ben guardato dal caricare la favola di significati lasciando, caso mai ce ne fossero, che venissero fuori da soli. Il risultato è stato uno spettacolo spiritoso e divertente, ma anche costruito e diretto con intelligenza e con passione: uno spettacolo che riesce a librarsi in quel cielo di stracci e di illusiorui che è per Puecher il teatro di sempre. Circola nella rappresentazione un'aria vagamente espressionistica (anche quando ride, si sa, l'espressionismo è tetro), ma la rallegrano e la rischiarano satiriche e parodistiche fumisterie, ironiche contaminazioni di gusti e di mode, la parlata dialettale delle maschere e le loro pagliacciate all'insegna di una discontinuità e di un'eterogeneità che fanno da sigla anche ai fantasiosi costumi di Vittorio Rossi e alle scene dello stesso regista. La recitazione di tutti è, giustamente, ambigua e su diversi piani, senza essere epicamente estraniata che sarebbe un po' troppo. I suoi modelli sono Franco Branciaroli, che sostiene la parte del principe Galaf con disinvoltura e sicurezza, e Relda Ridoni che, in quel personaggio da tragedia mancata che è Adelma, riesce a distinguerlo dalle altre donnette e ancelle. Quanto alla protagonista, Carmen Scarpitta danza, canta e si spoglia con brio, e soprattutto s'affida alla sua notevolissima mimica. (segue a pag. 2) COMMENTI A 11 TURANDOT 11 {contmua da pag . 1) Paolo Emilio Poesia su LA NAZIONE Una Turandot bella e perfida, sinuosa come una donna serpente e graffiante come una donna felino, carica di ironia, vibratile e suasiva è Carmen Scarpitta che ha, come poche altre attrici, il dono di saper affrontare e risolvere un genere in bilico fra la prosa e il music-ha1l. Tenebroso e fascinoso, ma insieme candido e candidamente comico, spasimoso e divertente il Calaf che Franco Branciaroli impersona con sapido gusto. Splendida Adelma è Reida Ridoni, che si conferma attrice di rarissime doti. Renzo Giovampietro è l'aio Barach e lo disegna con un gusto continuamente sorretto dalla sapienza di una dizione allenata da tempo al verso, Un grottesco, potente Altoum ce lo dà Andrea Bosich con ricchi tratti di bonomia, di ilare caricatura e di tonitruante possanza. Pungente, piccante, lietissima è Marisa Minelli nelle vesti della schiava Zelima. E non vanno taciuti l'esemplare Pantalone di Alessandro Esposito cui fa riscontro il gustoso Tartaglia di Franco Ferratone, non vanno taciuti né il Brighella di Valeriano Gialli né il Truffaldino di Enzo Turrin, né la Schirina di Liana Gasartelli. Caloroso il successo, con numerose chiamate alla fine di ciascuno dei due tempi. In merito alla nostra TURANDOT, Ludovico Zorzi, di cui il parere può essere considerato indubbiamente autorevole nel campo del Teatro veneto del '700, ci scrive da Firenze: « A me lo spettacolo è piaciuto molto; anzitutto lo trovo molto "gozziano" (di un Gozzi come potrebbe essere oggi); e poi di un eccellente livello tecnico-professionale (il che, sempre oggi, con quel che si vede a teatro, non è purtroppo un pregio da poco). Esso rimane tra le cose migliori e più 'divertenti" e intelligenti che ho visto da anni a questa parte ». Piero Perona su STAMPA SERA Gli attori sembrano liberi di sfrenarsi in un'interminabile gamma di modulazioni e di intonazioni. Primadonna come cinquant'anni fa, Carmen Scarpitta deve tuttavia spogliarsi bene, cantare con ironia, fare di due parole in croce un arzigogolo o un poema, pronunciare con naturale propensione le immancabili parolacce. Così piace all'uno e piace all'altro e acquista molto come donna fatale. Per Franco Branciaroli la parte di Calaf, principe dei Tartari Nogaesi, è uno degli scalini verso una maturità che si intravede neppur troppo lontana. Roberto De Monticelli su Luigi Barbara su IL GIORNO IL CORRIERE DELLA SERA In complesso lo spettacolo è piacevole. In testa agli interpreti bisogna mettere lei, la Scarpitta, Turandotte più che Turandot, cot suoi gridolini di belvetta isterica e di bambina carogna, il suo sorriso canzonatorio, mezzaluna che ghigliottina gli ardori virili del suo spastmante, l'istinto istrionico che la J:a ancheggiare e cantare con una specie di roca rabbia . Accanto le collocheremmo subito quell'eccellente attrice parodistico-comica che è Relda Ridoni, che con ironia consapevole e finta tontaggine fa dell'innamorataschiava Adelma, tipica "seconda punta" di ruolo, un'assai buffa caricatura. Arturo Lazzari su L'UNITÀ Carmen Scarpitta è una Turandot eroina a fumetti, sottilmente ironica. Disegna il suo personaggio con autorità e si muove nella favola a suo agio, caricaturalmente sottolineando la crudeltà della principessa, la sua aria fatale. Fa con signorilità un delizioso spogliarello (e il lato "osé" di questa l'urandot è tutto qui). Relda Ridoni è Adelma: la sua è una eccellente prova di maturità, di intelligeriza, di gusto, di comicità. Le basta un piccolo gesto, uno strizzamento di occhi per darci il risvolto ironico del suo personaggio e delle situazioni ottima. E veniamo al protagonista maschile: un Franco Branciaroli aitante, spavaldo, vestito e truccato da Zorro, che passa attraverso la vicenda con una sua comica testardaggine, con un suo candore che lo spinge e volersi a tutti i costi integrare nel mondo di Turandot. Una parte scritta per lui .. CENTRO STUDI E DOCUMENTAZI ONE {continua da pag. 1) Dopo Torino lo spettacolo è stato presentato in tutti i maggiori centri dei Piemonte, a Prato, a Bergamo, a Lecco, ecc. Nella loto: La scena del ' Gran Divano' di Turandot. Mariapia Bonanate su IL NOSTRO TEMPO La storia della principessa crudele che fa decapitare i principi aspiranti alla sua mano se non sanno risolvere i tre enigmi che lei pone e che infine, vinta dal principe Calaf, se ne innamora e lo sposa, quando potrebbe evitarlo per avere vinto un'ultima scommessa, diviene una favola « sul potere assoluto e sulla dabbenaggine degli eroi», un'amara de-isione della crudeltà e della insensatezza dell'autorità, quando si fa ottuso capriccio e rapporto di forza. Ed in questa dimensione i personaggi si appiattiscono e si riducono a superfici parlanti e urlanti, divengono maschere di una tragica realtà che affonda le sue radici nei piccoli mali individuali, nelle grettezze, nelle miserie quotidiane e nei grandi mali sociali, qui identificati con il potere dei pochi, la sottomissione dei molti, la indifferenza dei più, l'insulsaggine dei 11 buonin e dei 11 SOgnatori 11 • Franco Quadri su PANORAMA Anche se si apre con la principessa Turandot in groppa a una motocicletta, se mischia scorribande di cavalli finti a travestimenti caricaturali, o ef- fetti derisori a tirate d'opera, lo spettacolo montato da Virginio Puecher sul testo settecentesco di Cado Gozzi non è così dissacrante come Valentina Cortese, rifiutandolo, voleva far credere. Tra il circo, l'operetta, il cabaret, il teatro eroico, oscillano i gesti e le intonazioni che la spiritosa Relda Ridoni e il magnetico Franco Branciaroli imprimono ai loro personaggi: Carmen Scarpitta rinuncia volutamente a ogni interpretazione per giocare la sua protagonista su due toni in contrasto, con grosso fascino e un evidente godimento tecnico. Il risultato del faticoso intruglio riesce sorprendentemente a dar ragione all'autore e al regista, perché con tutte le mediazioni intellettualistiche o falsamente popolaresche dell'ingranaggio il pubblico finisce con l'aderire ai vecchi trucchi della fiaba. Guido Boursier su LA GAZZETTA DEL POPOLO Le più precise sono state la Scarpitta e Relda Ridoni: la prima con movenze serpentine, soprassalti di voce, insinuante e provocante, una carognetta viziata che sa svoltare nel lieto fine mentre l'altra si addobba di regali come un a!lbero di Natale e diventa da borghese nevrotica madama soddisfatta. corso di completamento e prevede aggiornamenti continui. La schedatura di tutti i libri, sinora awenuta solo in parte, segue il sistema cosiddetto decimale e offre, attraverso una nutrita rete di rimandi, le più ampie possibilità di reperimento di un'opera (attraverso il titolo, il nome dell'autore, l'eventuale titolo originale e la sua collocazione nel tempo). C'è infine una sezione riviste che affianca alle raccolte complete d i IL DRAMMA, COMOEDiA, SCENA. RIO, L'ARTE DRAMMATICA, LA RIV.STA ITALIANA DEL DRAMMA incluse nella Biblioteca Ridenti, molti altri periodici specializzati italiani e stranieri. ARCHIVIO STORICO DEL TEATRO STABILE Documenta, con manifesti, locandine, copioni, programmi, fotografie, ritagli stampa ecc., gli spettacoli presentati dall'Ente a partire dal 1955, anno della sua fondazione. La documentazione è integrale, per molti spettacoli, da bozzetti di scene e costumi, da oggetti scenici e da registrazioni audiovisive. ARCHIVIO DOCUMENTARIO DELLO SPETTACOLO È una raccolta di ritagli, fotografie, programmi ecc., sul teatro italiano e straniero dal 1945 a oggi. Sono per or.·a circa quindicimila buste articolate in diverse sezioni (attori e registi, autori, opere, teatri stabili, compagnie private, festival, premi) e in fase di schedatura ragionata. Il nucleo della raccolta è costituito dall'archivio della rivista IL DRAMMA, appositamente acquistato; e soggetto agli indispensabili aggiornamenti. Puecher come Vachtangov st e servito del testo del Gozzi per sbizzarrire la fantasia, per aggiornare, sfrondare, rifare in un liberissimo gioco iridescente. · N"ei due tempi, nei quali lo spettacolo è suddiviso, si assiste a una commistione di maniere di far teatro, che frastorna : balletto, pantomima, farsa (con gli immancabili armadi), dramma, opera buffa e soprattutto parodia. È una Turandot in cui c'è di tutto . Carmen Scarpitta ha mostrato grinta e notevoli risorse; in un frammento fra cabarettistico e rivistaiolo ha suscitato un convinto, prolungato applauso. La sua nudità è ragguardevole ma non ostentata. È malvagia in giusta misura, inquietante e sprezzante, sempre a suo agio, anche quando la costringono dentro la bara di vetro, patetica Biancaneve che attende il bacio benefico del bel Principe Azzurro. Calaf è Franco Branciaroli, un giovane che si è adeguato con impeto nel ruolo del bravaccio, facile preda d'una violenza superiore della quale non sembra consapevole. Calaf è la vittima predestinata della perfidia di tre femmine coalizzate, un eroe da "western" che si allea regolarmente dalla parte della giustizia e corre a dar man forte allo sceriffo. Un imperatore Altoum piacevolissimo è Andrea Bosich, sempre lì lì per ruzzolare e non sfugge il ribadito significato; Relda Ridoni è una Adelma sensibilissima e piena di arguzia; Renzo Giovampietro, un corposo e preciso Barach, maestro in incognito di Calaf; Marisa Minelli una schiava Zelima, impertinente ed espressiva. Vanno pure ricordati Liana Casartelli, Edoardo Florio e le maschere Alessandro Esposito, Franco Ferrarone, Valeriano Gialli e Enw Turrin. Da registrare un caloroso successo. SEZIONI IN CORSO DI ALLESTIMENTO 1. TEATRO PIEMONTESE: comprenderà opere, documenti, cimeli e materiale figurativo sul teatro in Piemonte, dialettale e no . 2. ANIMAZ:ONE : sarà luogo d'incontro e di dibattito tra gli animatori del Teatro Stabile e quanti si interessano a questo problema. Metterà a disposizione degli studiosi una biblioteca specializzata e una raccolta, il più possibile completa, di relazioni di esperienze compiute soprattutto in Italia. 3. SEZIONE DI DOCUMENTAZIONE SULLA MUSICA POPOLARE. Realizzata in collaborazione con la Associazione Museo Vivo, è una raccolta di documenti sulla cultura orale italiana, e in particolare su quella piemontese, comprendente registrazioni su nastro magnetico, dischi, documenti fotografici, nonché una piccola biblioteca specializzata. La sezione curata da Roberto Leydi è corredata di impianti per l'ascolto, individuale e collettivo, dei brani musicali in essa conservati. Intende essere occasione di dibattito culturale e stimolo a serie ricerche sul campo. MANIFESTAZIONI Sono previste con periodicità quindicinale. Comprenderanno, oltre alla presentazione delle varie sezioni del Centro, mostre di bozzetti scenografici e di materiali dell'animaz ione nelle scuole, conversazioni di personalità della cultura e dello spettacolo, serate multimedia a carattere sperimentale, letture sceneggiata di testi di ieri e di oggi che presentino particolari motivi d'interesse, incontri con gruppi teatrali sperimentali per dar loro modo di far conoscere i lavori che hanno in corso, ecc. Per il termine della stagione è anche previsto un convegno-laboratorio sull'attività di animazione nelle scuole a Torino, con interventi di personaHtà attivamente impegnate nel settore anche in altre località. IL NOSTRO TERZO SPETTACOLO NERONE È MORTO IN SCENA DA MARZO A Nerone è morto?, del maggior drammaturgo ungherese di questo dopoguerra, Miklòs Hubay, non è un dramma storico in quanto i personaggi non sono visti nella loro dimensione reale, ma già trasposti nel mito; e non è neanche, nonostante le apparenze, una commedia alla Giraudoux perché all'autore non interessano tanto i paradossi, il gusto dell'anacronismo, il funambolismo verbale, ma i personaggi di Nerone, Seneca, Agrippina, Poppea, Pietro e Paolo, Petronio Arbitro ... come occasioni per una meditazione su un tema che la storia europea di questo secolo " Nerone è morto? " sarà interpretato dalla nostra compagn ia stabile (protagonista Franco Branciaroli) e si avvarrà della partecipazione straordinaria di Wanda Osiris. ha reso di scottante attualità. Questo tema è la costruzione di un tiranno. Costruzione eminentemente teatrale: l'uomo per accedere a condizione di tiranno deve passare , • MAGGIO attraverso procedimenti paragonabili a quelli dell'attore che si trasforma in personaggio da commedia, si trucca - fisicamente e psicologicamente - si traveste, si esibisce, gigioneggia, ha bisogno di un pubblico senza il quale la sua esistenza non avrebbe alcun significato. Non è dunque solo un attore, ma un divo perennemente sotto i riflettori, continuamente pronto a recitare la sua parte. Nei rari momenti in cui vorrebbe sfuggire a questa condizione sono gli altri che lo costringono a rientrarvi, perché del tiranno si finisce con l'aver bisogno, magari anche soltanto per dare maggior forza drammatica alla propria ribellione. È Nerone che condannando Pietro e Paolo al martirio li fa santi e dà, di fatto, un contributo determinante alla diffusione del loro messaggio. È Nerone che uccidendo Agrippina, strangolando Poppea e costringendo al suicidio Seneca e Petronio, trasforma questi cortigiani di un'epoca remota in elementi del patrimonio di riferimenti per i secoli futuri. Questo suo porsi nella storia come al centro di un palcoscenico, totalmente indifferente a tutto ciò che non riguarda il suo ego nella dimensione ingigantita che proietta se stesso, lo distacca radicalmente dal prototipo dell'eroe borghese, sia pure glorificato sulle pubbliche piazze. Un suo monumento non è immaginabile come fatto meramente decorativo, ma diventa subito spet tacolo: ha bisogno di particolari illuminazioni, di contorni suggestivi, di spettatori disposti a farsi abbagliare. EMINARI DI DRAMMATIZZAZIONE PER INSEGNANTI 11 lavoro di animazione teatrale che il T.S.T. propone quest'anno agli insegnanti e alle scuole di Torino tende a collegare in modo più stretto l'attività di animazione con la concreta pratica scolastica. Gli interventi delle équipes di animatori si innestano nel lavoro di alcune scuole e costituiscono gli elementi di un corso decentrato di drammatizzazione. 1 seminari, con i quali ci proponiamo di offrire agli insegnanti interessati un'informazione, per quanto possibile puntuale e stimolante. sulle principali tecniche di animazione, si svolgono quindi nelle sedi decentrate e gli insegnanti si inseriscono in ciascun gruppo a seconda della scuola in cui insegnano, del quartiere in cui risiedono e della disponibilità oggettiva di posti, spazio, ecc. Gli incontri hanno di volta in volta impostazioni teoriche e indirizzi pratici attraverso l'utilizzazione delle varie tecniche e dei mate riali. Gli insegnanti sono in vitati a sperimentare le attività illustrate e a discuterne l'efficacia e le possibilità didattiche e formative . Agli insegnant' che partecipano ai corsi viene inoltre fornita una bibliografia e altro materiale relativo a'le varie esperienze pedagogiche incentrate sulla proposta della libera espressionE\. Il nostro RE GIOVANNI, di cui abbiamo dato notizie nel precedente numero del notiziario, prosegue la tournée che può definirsi a tutti gli effetti 'trionfale". Lo spettacolo è già stato presentato a Prato, Pistoia, Vercelli, Biella, Novara, Bergamo, Genova, Casale, Seregno, Bologna, Pisa, Lucca, Fidenza, Ferrara, Faenza, Padova, Trieste e Verona. Effettuerà ancora alcuni debutti in Emilia e sarà a Roma al Teatro Quirino dal 5 febbraio; concluderà la tournée a Napoli partecipando alla Rassegna indetta dalla Regione Campania. I giornali di tutte le città si occupano del nostro spettacolo con interesse e con note positive. Rietmann ha scritto sul Secolo XIX che <>. Il Giornale di Bergamo riferisce: <>. Paolo Emilio Poesia su La Nazione di Firenze riferisce: << Spettacolo di altissimo livello e di una rara godibilità, RE GIOVANNI allinea un potente schieramento di forze: Giulio Bosetti che è il Re e che fa vibrare di volta in volta la corda aeu t a della finzione e quella dell'abbandono al melodramma con una forza straordinaria; Corrado Pani che tocca con il Bastardo uno dei momenti più alti, forse anche il più alto, della sua carriera per l'incisività, l'aggressività, il distacco lucido e l'implacabilità con la quale mette a fuoco il personaggio; Paola Borboni, maestosa e infida regina madre, imperiosa e spietata; Leda Negroni eccellente Costanza, giustamente acclamata a scena aperta, che trova note di rara potenza e di autentica bellezza. Un Cardinale Legato che è tutto un ricamo di ironia e di sottigliezze ce lo offre Andrea Matteuzzi con sapiente bravura; e Mario Piave è un Filippo di Francia piacevolmente battagliero. Rino Sudano impersona con eccellente flemmatica sicurezza il Cittadino di Angers. E ancora dovrei citare il bravo Emilio Marchesini, Vittorio Stagni, Bruno Slaviero, Franco Ferrari, Luigi Palchetti, Piero Caretta, Saverio Marconi, Bruno Vilar, Mario Salvaderi, nonché i tre fanciulli Dario Angileni, Antonio Nassa e Marcello Mastroianni, oltre a dire dei •Piccoli Cantori' diretti da Roberto Goitre. Successo, come prevedibile, magnifico». LA STREGA con ANNA PROCLEMER Il testo che Anna Proclemer ha mes- so in scena, con la regia di Valeria Zurlini, è assolutamente inedito, anzi, l'autrice, l'inglese Elisabeth Berger, era finora praticamente sconosciuta. Il titolo dello spettacolo "La Strega", tutto impostato sulla !ematica dell'occultismo e della parapsicologia, si riferisce ad una donna che ha una carica di ipersensibilità così intensa da stabilire un contatto con una suicida di molti anni prima. La vicenda si svolge in una casa di campagna, dove sono in vacanza due coppie di coniugi. Quella più giovane litiga, ma non ha eccessivi problemi; l'altra, a cui è morto da poco il tiglio, sta tentando di rimarginare la ferita, ma in un clima di profonda incomprensione reciproca. Una sera, piomba nella casa uno sconosciuto, che in realtà è figlio del padrone di casa, e che lì visse molti anni con la giovane moglie, angariandola e facendola soffrire al punto da spingerla a suicidarsi. Il nuovo venuto "riconosce" in Laura - la donna che ha perso il figlio colei che può metterlo in comunicazione con la scomparsa: e la comunicazione awiene. Dalla seduta spiritica, che dura tutta la notte, emergono rivelazioni, confessioni e memorie censurate che si intrecciano mettendo crudelmente a nudo le pieghe riposte dei caratteri dei protagonisti. Si avvertono nella commedia animata di psicologica suspence, strani brividi: sottili e inestricabili percezioni che investono tutti i personaggi, facendo sì che essi finiscano per scoprire e rilevare del tutto il proprio "io". Accanto ad Anna Proclemer sono Mario Feliciani, lo scrittore marito di Laura, Daniela Nobili e Virgilio Zernitz, la coppia giovane, e Gabriele Antonini , il giovane sconosciuto che cerca la verità. Le sce·· ne e i costumi sono di Patrizio Vici, e la colonna musicale utilizza vecchie incisioni del clarinettista Artie Shaw. STAGIONE DI SEI SPETTACOLI IN ABBONAMENTO 2a RASSEGNA DELLE COOPERATIVE TEATRALI Collettivo di Parma Teatro Studio Mejerchol'd uando no1 mor 1 La co ~a e sempre del diavolo ci destiamo di Dario Fo di H. Ibsen Traduzione di Anita Rho Regìa: Bogdan Jerkovic Scene e costumi: Giancarlo Bignardi Musiche: Fiorenzo Carpi Interpreti: Roberto Abbati - Paolo Bocelll - Giorgio Gennari - Walter Le Moli Fulvio Redeghieri - Luciana Negrini - Ornella Vannetti - Marcello Vazzoler. Una storia al .ce~tro della quale sta una ragazza, Amalasunta, prontiSSima a valersi della credulità del prosSimo e persone che si vendicano della propria credulità accusandola di stregoneria ; un duca, Galeazzo, che sa di dover morire assassinato e nel tentativo di sottrarsi alla sorte favorisce le arti magiche e i rapporti che ne der~vano; un trafficante, nel panni di un monaco, eminenza grigia al servizio degli imperiali da cui il duca dipende; un diavolo buono che parla veneto e sfrutta la sua capacità di introdursi nei corpi dei poveri mortali per Imparare da questi la cattiveria e divenire cosi un vero diavolo (salvo poi prendersi la colpa di tutto d1venendo così il capro espiatorio della malvagità umana). La storia si svolge per colpi di scena, il duca v1ene ucc1so 1n duello dal monaco; Brancalone - tale è il nome del diavolo- entra nel corpo di un manichino del_ duca e impedisce in tal modo al popolo di far piazza pul1ta della corte corrotta e conferisce infine un cappello rosso cardinalizio al monaco. Basterebbe questo a raccontare 'LA COLPA ,; SEMPRE DEL DIAVOLO' se non fosse che in questa storia fantastica, tutta inventata con gli espedienti tradizionali della farsa, compare quel 'risvolto' storico (scomodo) che sono i •ca tari• ovvero i seguaci del movimento eretico che dilagò in Alta Italia nel Medioevo propugnando, contro la corruzione del clero, gli ideali evangelici. 1 loro sussulti di ribellione, la loro sete di giustizia sociale verranno fatti passare per eresie, prodotti diabolici, sobil'azioni 'comunistiche' sataniche. E così il tema di fondo de llo spettacolo viene a galla proprio con questa presenza 'umile' sempre vilipesa (dai potenti), sempre 'usata' a fini di tornaconto personale ma come dice il nostro •diavolon• in chiusura 'par adeso•. 'LA COMPAGNIA DEL COLLETTIVO' ha scelto un allestimento del genere continuando la sua ricerca programmatica di una drammaturgia che - tenendo in debito conto la lezione brechtiana - affonda le proprie radici nella tradizione italiana come fatto culturale nazionale: dalle sue origini popolari di drammatizzazione rituale- così come lo delinea il Teschi in un suo ormai famoso studio sulle origini del nostro teatro - fino ai suoi più autentici eredi del '900 (ad esempio dell'attor comico della prima metà di questo secolo) che, lo si vog li a o no, sono nati e divenuti famosi nel teatro dialettale o nell'avanspettacolo tutti generi - guarda il caso - meno •nobili' e •artistici•. Con Dario Fo questa 'tradizione' - tenuta in vita prima solo da alcune figure- si nobilita in drammaturgia con tutto il bagaglio teorico che gli çompete. Ecco dunque la scelta de 'La Compagnia del Collettivo' che diviene verifica e affermazione che attraverso l'unico autore moderno italiano di teatro si può tentare di costruire superando così anche le colonne d'Ercole fondate sul pregiudizio dell'irripetibilità dell'esperienza (legata a detta di molti - unicamente sull'interprete) tipico delle 'analisi' sbrigative che ancor oggi pesano su questa tradizione - ed allargare la problematica di un teatro popolare-nazionale che realizzi 'un teatro ingenuo ma non primitivo, poetico ma non romantico, realistico ma non cronachistico'. Regia: Giuliano Merlo Impianto scenico: Emanuele Luzzati Costumi: Dada Saligeri Personaggi e interpreti: Rubek, Virginio Gazzolo Maja, Angela Cardile L'ispettore, Mario Socci Il cacciatore d'orsi, Gino Lavagetto La signora straniera, Della Bartolucci La diaconessa, Nunzia Greco Scritto nel 1899 'Quandc noi morti ci destiamo' è l'ultima opera di Ibsen . La nostra vita è morte (si dice nel testo), quando ci destiamo ci accorgiamo di non essere mai stati vivi. Arnold Rubek, il famoso scultore, ha sacrificato l'amore di una donna alla sua arte; ha trasfuso nell'opera d'arte, nel 'loro figlio', la bellezza la felicità la vita di lei. Per essere certo di carpire il segreto della sua bellezza, non ha voluto toccare il suo corpo. Poi lei si è vendicata contro se stessa, si è data a tutti perché non aveva potuto essere di lui. Ma anche Rubek non è passato invano contro la colpa - la colpa contro l'amore il suo spirito inaridito ha a poco a poco trasformato e distrutto la grande opera; si è imposto al mondo con un monumento mostruoso, che non esprime più la suprema bellezza ma la invincibile animalità dell'uomo. Ora è un ricco signore non più giovane che si è permesso il lusso di una moglie giovane e vivace ai cui piedi mette la sua ricchezza. Un desiderio invincibile lo ha riportato in patria; e qui incontra nuovamente lei; e nuovamente il passato ritorna e si tiene giudizio. La giovane moglie, Maja, si :ascia rapire da un cacciatore e la incontriamo l'ultima vol ta mentre cantando traversa un bosco sulla montagna . (Cosi Brand aveva incontrato Agnese, che passeggiava rapita, ma Brand ha fatto sua la donna, e Rubek invece la perde). Un'altra volta saliamo verso le vette (tema ricorrente in Ibsen) e Rubek e il suo antico amore perduto e "mai più ritrovato" sono anch'essi travolti dalla valanga. Una voce si alza e non annuncia più che 11 Dio è caritàw (come in Brand); la sola parola che accompagna la loro scomparsa è 'Pax vobiscum'. Lo spettacolo colloca la vicenda tra il 1870 e il 1900, un trentennio in cui si manifesta con violenza la crisi della società borghese con tutti quei contraccolpi (ideo logic i culturali e politici) che segnano prima una disperata difesa poi una vera e propria riaffermazione (giù giù fino alle due guerre mondiali) della società capitalistica. La realizzazione tende a evidenziare le mistificazioni operate dal 'gra nde artista' Rubek (un simbolo dello stesso Ibsen) il quale in nome di un'arte individualistica e romantica cerca di superare l'apparente dissidio tra arte e vita con la riaffermazione volontaristica e idealistica del proprio io assoluto. Un modo tipico, questo, affatto borghese di recuperare la propria crisi in nome di una fede totale nell'individuo (privato) contro la stessa storia (qui, l'arte di Rubek) che appartiene alla collettività. * * * Riproporre il "MARAT-SADE" quando ancora è recente il ricordo della splendida messa in scena di Peter Brook che molti hanno potuto anche vedere nella ve rsione cinematografica, è indubbiamente un atto di coraggio, ma anche una scelta felice che evita l'imbalsamazione dell'opera migliore di Peter Weiss. Un plauso dunque, a priori, al 'Gruppoteatro'. La trama del dramma è nota. Siamo nel 1808, Napoleone è all'apogeo e nel 'manicomio-mode llo' di Charento n de Sade ha il permesso di organizzare con gli altri ricoverat i delle recite teatrali. Sceglie un soggetto famoso, l 'assassin io di Mara! per mano di Carlotta Corday, ma lo spettacolo che ne vien fuori non è una rievocazio ne storica bensì l 'occasione per un contraddittorio politico. Nel corso della vicenda teatrale, Sade interrompe ripetutame nte l'azione per rivolgersi direttamente a Marat, per avviare con lui un "discorso sulla rivoluzione'. ,; un confronto serrato in cui ad ogni affermazione del rivoluzionario il marchese contrappone una sua implacabile negazione. Se il primo esalta le masse, il secondo crede solo nell'individualismo più sfrenato. Al tribune che ha fede nella rivoluzione e quindi nel progresso della storia, il marchese addita l ' immutabilità della natura. Ambedue credono nella violenza, ma per Mara! essa ha uno scopo, per Sade è irrazionale. Lo scontro è totale e senza soluzioni. Tuttavia gli 'avvenimenti" sembrano dar ragione a Sade: le ultime scene del dramma mostrano il rivoluzionario politicamente sempre più isolato. Solo allora, quando ha già "perso', Carlotta Corday gli vibra il colpo mortale. Gianfranco Mazzoni, regista del 'Gruppoteatro', ha dato all'opera di Weiss una versione, che pur nel suo stile dichiaratamente 'epico' non ha alcuna pesantezza didascalica. Anzi, l'impostazione dei movimenti corali, l'uso di una scenografia e di un commento musicale efficaci, la creazione di alcuni 'tipi" (i tre Musicanti, il Banditore, le Suore repressive) rivelano gusto dello spettacolo e fantasia espressiva. Nell'ex cappella coperta di lugubri tappezzerie al numero 20 della rue Chaptal i parigini di mezzo secolo fa andavano a gustare le delizie della paura. Cosi descriveva i pochi istanti che precedevano l'aprirsi del sipario Re né Berte n, medico e autore del Grand Gu1gnol: "Ne l mezzo di questa improvvisa oscurità,. in questo sile,nzio impressionante, violato a volte da nsa nervose, lana imbevuta d'angoscia pesa sulle fronti moll1. Tutte le gnda di terrore, i rantoli d'agonia che così spesso si sono uditi su questa scena sembrano emergere dallo spessore dei muri n. ' Al Grand Guignol si andava per stravaganza, per capnccio, ma soprattutto per sentirsi a disagio, secondo _guelfa sensibilità morbosa che spmgeva le nspettab1i1 SI· gnore a chiedere ai loro amanti di visitare "quelle case'. 11 Grand Guignol, che teatralmente si fondava su una azione velocissima un intreccio ingegnoso e sorprese macabre a ripetizia'ne, esaurì i suoi tempi d'oro in.torn~ agli anni trenta .. La storia stava ~reparando o,rron ven e non immag1nat1, e per gli amanti del bnv1do 1! cmema con i suoi vampiri riusciva a essere più realistico e mozza-fiato. Indifferente a qualsiasi ideologia ma legato a l filone del naturalismo, il Grand Guignol aveva abolito gli spaventi ultraterreni collocando la paura in luoghi reali: nei manicomi, nelle prigioni, nelle caserme, negl1 ospedali. Involontariamente riuscì cosi a portare in teatro la ferocia nascosta delle istituzioni. In questa orripilante fotografia 'casuale' della società d:allora la Cooperativa Teatro Uomo, tro~a la s.ua. giustificazione per presentare il collage di .testi che V~rgli1o Bardella ed Ermes Lasagni hanno messo ms1eme con 1! 11tolo d1 Grand Guignol: passione, delitto, pazzia nel salotto borghese del '900. Ed è infatti in un salotto weve delle paccottiglie dell'epoca che si svolgono le c1nque truc1 vicende di vergini accecate, b1mb1 sgozzati,_ a~aches sanguinari, storie che il tempo ha reso ~rreSIS!Iblil come certe fotografie d'antiquariato. Lo spettacolo ha una sua cifra ironica precisa e coerente: enfatizza, demistifica comportamenti (e l'inerente bassa letteratura d'appoggio) , mette in caricatura atteggiamenti e anche rileva certi nodi mentali .e. certe realtà dolorose, quel tanto di morale o d1 magan Inconsapevole denuncia che i l Grand Guignol stesso portava avanti (e tutto un capitolo, ad esempio, potrebbe essere steso sul suo rapporto con la scienza). Persegue il divertimento con ricchezza e finezza di trovate e di segni, affronta con intelligenza le diffic~ltà prodotte, nonch,é dalla stessa struttura drammaturg1ca a spezzon1 e nmandi prescelta dal passaggio della serietà motivazionale del genere alla beffa, non meno seria, organizzata per n p ~esentar lo. AL TEATRO GOBETTI dal 5 dal 12 dal 19 dal 26 dal 26 dal 2 al 10 febbraio COLLETTIVO DI PARMA al 17 febbraio TEATRO STUDIO MEJERCHOL'D al 24 febbraio GRUPPOTEATRO febbraio al 3 marzo TEATRO UOMO al 31 marzo COMPAGNIA DELL'ATTO al 7 aprile TEATRO BELLI ABBONAMENTI: Poltrona L. 6.600 Poltroncina L. 4.800 Numerato 'Giovani a teatro' L. 3.500 TURNO A: Martedì 5 febbr. - 12 febbr. - 19 febbr. - 26 febbr. - 26 marzo - 2 aprile TURNO B: Mercoledì 6 febbr. - 13 febbr. - 20 febbraio - 27 febbr. - 27 marzo - 3 aprile TURNO C: Giovedì 7 febbr. - 14 febbr. - 21 febbr. - 28 febbr. - 28 marzo · 4 aprile TURNO D: Venerdì 8 febbr.- 15 febbr.- 22 febbr. - l o marzo - 29 marzo - 5 aprile GLI ABBONATI HANNO DIRITTO AL POSTO FISSO (SENZA ULTERIORE PRENOTAZIONE) PER TUTTE LE RECITE DEL LORO TURNO. Le rappresentazioni di sabato e domenica si svolgono fuori abbonamento. La vendita degli abbonamenti si effettua dal 22 gennaio presso la nuova Biglietteria del Teatro Stabile piazza Castello ang. via Verdi, te!. 538.542-538.261 Compagnia dell'Atto Teatro Belli Le VISIOni di • 1mone Machard L'educazione parlamentare di Bertolt Brecht di Roberto Lerici Regìa : Mohamed Morgan Collaborazione dell'Accademia d'Arte Drammatica "Silvio d'Amico". Traduzione: Giuseppina Panzieri Musica: Hanns Elsler Scene: Giovanni Licheri e M. Morgan Costumi: Dafne Ciarrocchl. Personaggi e interpreti: Sindaco, Enrico Salvatore Capitano Honoré Fetain, Remo Foglino Henri Soupeau, Renato Campese Madame Soupeau, Hilde Maria Renzi Simone Macnard, Anna Leonardi Maurice, Romolo Barbona Robert, Franco Delgado Georges, Claudio Trionfi Una donna, Teresa De Sio Père Gustave, Alberto Sorrentino Madame Machard, Gianna Anselmi Capttano tedesco, Gianni Conversano Il sergente, !angelo, Franco Patano Regìa di Roberto Lerici Scene e costumi di Maurizio Mamml Personaggi e interpreti: Onorevole Otto, Antonio Salines Lei, moglie dell'on. Otto, Magda Mercatali Presidente, Roberto Bonanni Onorevole Due, Maurizio Romoli Onorevole Tre, Libero Sansavlnl Onorevole Sei, Silvio Fiore Onorevole Sette, Felice LeveraHo Brecht a llora in Finlandia, annota l'idea di comporre una "G1ovanna d'Arco 1940" il 7 luglio 1940, c ioè tre settimane dopo la caduta della Franc1a . IVIa comincia a lavorare al breve dramma sooo nel dicembre dell'anno segueme, in America, chiedendo la collaborazione del veccnro amico Lion Feuchtwanger dr cui aveva lelto un libro su lla ca1astrofe fra.lcese. Deve passare però un aotro anno pnma che questa collaborazione diventi ape~ ra.ne. r\Je i novembre 1942 una vrvace d.scussrone tra r due spinge Brecht a decidere di fare della protagonista u.1a rayaLza (e non prù una groya•le <:ionna) perc•l~ .artnmentl, egli d1ce, non può mot1vare 1! suo potnott1smo. Al pnnc.plo del giugno 1943 l 'opera è pronta e voene musicala da Hanns t:rs.er, ma verrà pubblrcata e rappresen ta>. Il dialogo de La Rigenerazione basterebbe da solo a provare il contrario: un dialogo che è vivacissimo perché vero, nel quale le balordaggini di un vecchio svampito, i 'lapsus' e gli "atti mancati" di tutti. le orribili verità che vengono fuori con masochistica, candida crudeltà dalla bocca di Enrico (un personaggio che parla come una personificazione dell'inconscio) creano dei personaggi autencicamente teatrali e indimenticabili. Gli elementi della commedia sono molteplici: un vecchio che si sottopone ad una operazione di ringiovanimento (una 'rigenerazione • che assomiglia M N MANUALE DI TEATRO messo In scena dal Teatro di Roma, desunto dal quasi omonimo testo di Achille Campanile che al fregia della prestigiosa fascetta del Premio Viareggio 1973, segna l'atteso ritorno alle scene del grande umorista che, fin dai tempi In cui dominava Il teatro realistico-borghese, ha attaccato le strutture linguistiche con Il suo acido corrosivo, preparando la rivoluzione di lonesco. SI tratta di un collage di brevissimi aHI unici e di tragedie in due battute, messo insieme da Filippo Crivelli, che è anche Il regista dello spettacolo. Nel vari quadri di MANUALE DI TEATRO riscopriamo l'essenziale schema di un umorismo che, muovendo dalla banalità, la rovescia per cogliere ed evidenziare quel tanto di scarto che rimane tra Il reafe e Il linguaggio che lo esprime. Campanile si Impadronisce generalmente di uno stereotlpo, di un luogo comune del linguaggio quotidiano: Incomincia ad alterarlo In qualche sfumatura, poi, per successivi passaggi lo distorce, lo smonta, lo piega a significati contraddltorl, lo sottopone ad un carico crescenle di Interpretazioni assurde, finché la formula, sgretolata dalla comicità, sco:>pla come un palloncino da fiera. L'assurdo non rimane però categoria astratta, ma riporta una lezione di fondo: rilevando che le difficoltà della comunicazione si approfondiscono proprio nelle formule più comuni e volgarizzate del linguaggio, Invita a cogliere le contraddizioni dell'uniformità che cl circonda per mettere In moto la creatività personale. Achille Campanile. molto ad una analisi); la paura della morte incombente su una famiglia borghese, che cela dietro il rituale della quotidiana rispettabilità inquietudini profonde; l'idealizzazione di un "caro estinto" piuttosto scomodo per tutti che ci si sforza di ricordare bello quando non resta di lUJi che l'immagine ripugnante della sua degradazione fisica durante la malattia (un invecchiamento precoce lo ha condotto a:Ila morte e l'oscura certezza della stessa fine unitamente alle lusinghe di un nipote interessato, spingeranno il vecchio a sottoporsi all'operazione). L'operazione non otterrà apprezzabili risultati sul fisico del vecchio, ma lo renderà sicuro del proprio ringiovanimento, curioso del proprio passato, ribollente di voglie dominate durante tutta la vita dalla ,,'~o~~le', dalla "rispettabilità', dalla v1rtu . Ma il consuntivo è fallimentare: <> è semplice. A chi non ha le carte in regola per vivere resta solo la fantasia per sconfiggere la grande balena nera che è lo Stato, con le fogne burocratiche, i miasmi che filtrano tra le spalline dorate quando chi le indossa non ne sente più il decoro . Il capitano, Achab o Voigt, non riuscirà a guastare le grandi carni del cetaceo: anzi, ne verrà risucchiato come un granchio che speri solo di essere vomitato alla vita, dopo aver scalfito in qualche modo la crosta. Lo spettacolo parte sotto i rintocchi di un sinistro valzer, un mondo che gira e trasferisce il nostro eroe da un punto all'altro della sua avventura: un tunnel a spirale che si morde continuamente la coda prima di riaffrontare il girotondo. Con Luciano Damiani, scenografo e costumista il cui contvibuto va molto al di là dell'illustrazione elegante e storicamente acuta, si è pensato al << girevole >> come a una soluzione tecnica che scandisca la fuga di Voigt, la corsa nel velodromo costellato di uffici, stazioni, caserme; e ne faccia dolorosamente gustare i battiti. L'impianto vuole eludere le secche di un magico realismo bontempelliano per sfogliare (principali che vanno e vengono, proiezioni con aquile e castelli, materiali tormentati, martirizzati sino a rinascere come invenzioni assolute; e colori sui quali si abbattono stemmi, putti che reggono cannoni, un << sancta sanctorum >> dell'iconografia tedesca già avvertita dei primi echi hitleriani), un album abbastanza cattivito, anche insolente dove le foto-cartoline vengono fora te per leggerne meglio il cuore borghese o la grinta del potere. Siamo in cabaret dove gli incubi non temono il sarcasmo, anzi lo invocano per liberarsi di ogni detrito espressionista che sia percorso da troppi brividi. Via il belletto, se rischia di annerire la favola, d'incupirla con le tetre sagome di Grosz, di popolarla di troppi crani lucidi, di bocche sventrate, di occhi al bistro. Si apriranno le finestre perché soffi un vento che afflosci i manichini di Bob Fosse ( << Cabaret >>) e ne rianimi altri, magari del grande avanspettacolo, capaci di evocare subito una comicità sgangherata ma prepotente e anche perfida (c'è odore di caserma, di latrina, di <>: e l'uniforme ne rimane intrisa, anche se poi saprà sventolare su qualche albero della cuccagna, ridendo magari di se stessa). L'apologo, quindi , non teme di a:ddentrarsi nel trivio così come riesce a farsi aggredire dal << gran patetico » senza venirne soffocato. Sì, perché Zuckmayer ha sempre in serbo qualche goccia di acido fenico per illividire quel po' di zucchero sparso sui personaggi che sono tanti (sessanta, settanta se ne perde il conto ). Nell'ambito della nostra collaborazione con l'Università degli Studi abbiamo organizzato, con il Centro universitario di Studi sul Cinema e le Arti dello Spettacolo, una rassegna dedicata al cinema tedesco del periodo dal 1919 al 1933, a commento del Seminario tenuto dal Prof. Piergiorgio Tone presso la Facoltà di Lettere e FHo·s ofia sul tema: " Segno e utopia nel cinema di Weimar dall'espressionismo alla Neue Sachlichkeit "· Le proiezioni sono in programma al Teatro Gobetti dal 14 gennaio all'11 marzo, tutti i lunedì, alle ore 16 e alle ore 20,30, con il seguente calendario: 14 gennaio "Schloss Vogeliid* (Castello Vogeliid), regia di F. W. Murnau, 1921 (Nosferatu, eine Symphonie des Grauens" (Nosferatu, una sinfonia dell'orrore), regia di F. W. Murnau, 1922 21 gennaio "Dr. Mabuse, der Spieler" l) Der grosse Spieler; Il) Inferno (Mabuse, il giocatore. l) Il grande giocatore; Il) Inferno), regia di F. Lang , 1922 28 gennaio "Di e Nibelungen *. l) Siegfried; Il) Kriemhilds Rache (l Nibelunghi. l) Sigfrido, Il) La vendetta di Crimilde), regia di F. Lang, 1923-24 4 febbraio "Das Wachsfigurenkabinett" (Il baraccone delle figure di cera), regia çli P. Leni, 1924 "Das Kabinett des dr. Caligari" (Il gabinetto del dr. Caligari), regia di R. Wiene, 1919 11 febbraio "Der letze Mann" (L'ultimo uomo), regia di F. W. Murnau, 1924 18 febbraio *Faust', regia di F. W. Murnau, 1926 4 marzo "Die Weber" (l tessitori). regia di F. Zelnik , 1927 11 marzo "Der blaue Engel" (L'angelo azzur ro) , regia di J. von Sternberg, 1930 Sandra Bolchi ~d ca~ Lo spettacolo-recital è composto di brani tratti dalle opere degli scrittori piemontesi più rappresentativi delle varie epoche, dal mondo di un'Arcadia vista con l'occhio disincantato del Duca Carlo Emanuele I di Savoia alla raccolta e sofferta poesia di P.inin Pacòt. Soggetto, la Donna, vista sotto illuminazioni diverse, secondo il diverso atteggiamento degli scrittori che sono - oltre i già citati - il settecentesco Padre Isler, il caustico parroco della Crocetta, dalla poesia popolarmente gravida di umori, in un dialetto ruvidamente vivo e curioso; il più aristocratico Balbis che sorride della debolezza delle vedove smaniose di altri mariti; Edoardo Calvo, una delle voci poetiche più significative della letteratura dialettale piemontese, non secondo certo ad altri poeti dialettali di altre regioni. più fortunatamente entrati nella storia letteraria nazionale. Di questo poeta si celebra quest'anno il 2o Centenario della nascita e una edizione completa delle sue opere curate dal Centro Studi piemontesi è augurabile serva a rivalutarlo e a riportarlo alla popolarità che giustamente godette nel secolo scorso. Un'altra voce è riproposta e anch'essa attende la sua rivalutazione - nello spettacolo: quella fremente di Amalia Guglielminetti con le sue Donne appassionate e calde nelle loro rinunce volontarie o concessioni generate da "vortici di passione". In contrasto con le rinunce doloranti ma meno "fiammeggianti" che si impongono le Donne di Nino Costa, il quale dipinge anche altri ritratti casalinghi di diverso taglio, ironico, delicatamente pungente. nostra E ancora Brofferio, con quadre.ti affettuosamente beffardi, e i quasi dimenticati Soddanino, Alarni, Solferini con poesiole che sono veri e propri "sketch", attorno a una scena di "Addio giovinezza", specchio di atteggiamenti e sentimenti ormai petduti, ma che sanno ancora indurre alla partecipazione, magari distanziata da un: "Cose d'altri tempi'"· Una galleria di ritratti femminili dal XVI al XX secolo, ritratti accostati a contrasto, che può anche intitolarsi al verso gozzamano "Donna: mistero senza fine bello!". Accompagnano i quadretti di prosa e poesia numerose canzoni piemontesi; da Sigismondo d 'India fino a Brofferio una serie preziosa di musiche eseguite dai "Cantastorie": Maria Granata, Adriana Ternengo, Guido Sportelli . Il recital - che è incentrato sulla partecipazione di Piera Cravignani e s·i avvale inoltre dell'interpretazione di alcuni giovani attori del Teatro Piemontese (Sandrina Morra, Gianni Mongiana) e allievi attori del T .S.T. - ha compiuto una intensa tournée in varie città della Provincia di Torino. servendo, in alcune, come primo nipporto con un pubblico che da molti anni - forse da sempre - non aveva avuto incontri con il Teatro professionale e, in altre, come piacevole approfondimento della cultura dialettale piemontese. Data la sua agilità lo spettacolo verrà ancora presentato in teatri e biblioteche di vari centri della Provincia di Torino e della Regione. ISTITUTO BANCARIO SAN PAOLO DI TORINO ISTITUTO DI CREDITO DI DIRITTO PUBBLICO FONDATO NEL 1563 Direzione Generale: Torino - Piazza San Carlo 156 • Fondi patrimoniali 45,1 miliardi di lire • Depositi fiduciari e cartelle fondiarie in Circolazione: oltre 3.000 miliardi di lire • 220 filiali in Piemonte, Emilia, Lazio, Liguria, Lombardia, Toscana, Valle d'Aosta • Delegazioni di Credito Fondiario a Bari, Catania e Napoli • Uffici di rappresentanza a Francoforte s/m., Londra, Parigi, Zul'igo • Banca - Borsa - Cambio • Credito fondiario • Finanziamento opere pubbliche • Credito agrario CALENDARIO D GLI SP TEATRO GOBETI'I 4 Febbraio, lunedì 5 Febbraio, Martedì 6 FebbraJi.o, Mercoledì ---7 Febbraio, Giovedì 8 Febbraio, Venerdì 9 Febbraio, Sabato 10 Febbra,io, Domenica 11 Febbraio, Lunedì 12 Febbraio, Martedì 13 Febbraio, Mercoledì 14 Febbraio, Giovedì 15 Febbraio, Venerdì 16 Febbra!Ìo, Sabato 1-7 Febbra!Ìo, Domenica 18 Febbraio, Lunedì -19 Febbraio, Martedì 20 Febbraio, Mercoledì - 21 22 23 24 25 26 27 28 1• 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 :9 20 21 22 23 24 25 26 27 28 --- 29 30 31 1• 2 3 4 5 6 7 8 9 Febbraio, Giovedì Febbraio, Venerdì Febbraro, Sabato Febbraio, Domenica Febbraio, Lunedì Febbraio, Martedì Febbraio, Mercoledì Febbraio, Giovedì Marzo, Venerdì Marzo, Sabato Marzo, Domenica Marzo, Lunedì Marzo, Martedì Marzo Mercoledì Marzo Giovedì Marzo, Venerdì Marzo, Sabato Marzo, Domenica Marzo, Lunedì Marzo, Martedì Marzo, Mercoledì Ma,rzo, Giovedì Marzo,. Venerdì Marzo, Sabato Marzo, Domenica Marzo, Lunedì Marm, Martedì Marzo, Mercoledì Marzo, Giovedì Marzo, Venerdì Marzo, Sabato Marzo, Domenica Marzo, Lunedì Marzo, Martedì Marzo, Mercoledì Marzo, Giovedì Marzo, Venerdì Marzo, Sabato Marzo, Domenica Arpcile, Lunedì Aprile, Martedì Aprile, Mercoledì Aprile, Gi

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Informazioni al pubblico [poi] Notiziario del Teatro Stabile della Città di Torino. - Torino : Teatro Stabile della Città di Torino, 1964-1975

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